Umanesimo, Rinascimento e Rivoluzione scientifica - - Volume 4 La Rivoluzione Scientifica sk 4.7.1 pag. 1 La rivoluzione scientifica nei suoi tratti generali Che cosa cambia con la rivoluzione scientifica Il periodo di tempo che va pressappoco dalla data di pubblicazione del De Revolutionibus di Niccolò Copernico, e cioè dal 1543, all’opera di Isaac Newton, i cui Philosopiae Naturalis Principia Mathematica furono pubblicati per la prima volta nel 1687, si è ormai soliti indicarlo come il periodo della “rivoluzione scientifica”. Si tratta di un movimento di idee che acquista nel Seicento i suoi caratteri qualificanti nell’opera di Galileo, che trova i suoi filosofi nelle idee di Bacone e Cartesio, e che poi avrà le sua espressione ormai classica nell’immagine newtoniana dell’universo concepito come una macchina, come un orologio. Trainante, in questo processo di idee, è certamente quella “rivoluzione astronomica” la quale in Copernico, Tycho Brahe, Keplero e Galileo ha i rappresentanti più prestigiosi e che confluirà nella “fisica classica” di Newton. In questo periodo, dunque, muta l’immagine del mondo: vengono abbattuti i pilastri della cosmologia aristotelico-telemaica: Copernico mette il Sole, invece della Terra, al centro del mondo; Tyco Brahe elimina le sfere materiali che, nella vecchia cosmologia, avrebbero, nel loro moto, trainato i pianeti e all’idea di orbe (o sfera) materiale sostituisce la moderna idea di orbita; Keplero compie il rivoluzionario passaggio dal moto circolare (“naturale” e “perfetto”, nella vecchia cosmologia) al movimento ellittico dei pianeti; Galileo mostra la falsità della distinzione fra fisica terrestre e fisica celeste, facendo vedere che la Luna è della stessa natura della Terra; Newton, con la sua teoria gravitazionale, unificherà la fisica di Galileo e quella di Keplero. Durante i centocinquant’anni che corrono tra Copernico e Newton, non muta soltanto l’immagine del mondo, ma anche le idee sull’uomo, sulla scienza, sull’uomo di scienza, sul lavoro scientifico e le istituzioni scientifiche, sui rapporti tra scienza e società, sulle relazioni tra scienza e filosofia e tra sapere scientifico e fede religiosa. 1. La terra non è più il centro dell’universo, ma è un corpo celeste come gli altri. E non potrebbe essere che altri uomini siano pure su altri pianeti? In che modo potrebbe resistere la verità della narrazione biblica sulla discendenza di tutti gli uomini da Adamo ed Eva? Come Dio potrebbe aver redento altri eventuali uomini? Questi interrogativi si erano già avvertiti con la scoperta dei “selvaggi” d’America, mettendola cultura occidentale davanti all’ “esperienza della diversità”. E quando Bruno squarcerà i confini del mondo e farà diventare infinito l’universo, il pensiero tradizionale si troverà nell’urgenza di reperire una nuova dimora di Dio. 2. Muta l’immagine del mondo, muta l’immagine dell’uomo. Muta progressivamente anche l’immagine della scienza. La scienza non è più né l’intuizione privilegiata del singolo mago né il commento a un filosofo (Aristotele) che ha detto “la” verità, non è più cioè un discorso sopra “il mondo di carta”, bensì indagine e sopra il mondo della natura. Si tratta di un processo complesso che trova l’esito più chiaro nella fondazione galileiana del metodo scientifico e quindi nella autonomia della scienza dalle proposizioni di fede e dalle concezioni filosofiche. La scienza è scienza sperimentale. E attraverso l’esperimento gli scienziati tendono all’ottenimento di proposizioni vere sul mondo. 3. Il tratto più caratteristico della scienza moderna si riassume proprio nel metodo: questo esige da una parte immaginazione e creatività di ipotesi e dall’altra il pubblico controllo di queste immaginazioni. E’ l’idea di scienza metodologicamente regolata e pubblicamente controllabile a esigere le nuove istituzioni scientifiche, come le accademie, i laboratori, i contatti internazionali (si pensi a tutti gli importanti epistolari). Ed è sulla base del metodo sperimentale che si fonda l’autonomia della scienza; questa trova le sue verità indipendentemente dalla filosofia e dalla fede. Tale indipendenza si trasforma in scontro, in tragedia nel “caso Galilei”. Lutero, Melantone e Calvino si opporranno duramente alla concezione copernicana. E la Chiesa cattolica processerà per due volte Galileo, che sarà condannato e costretto all’abiura. Umanesimo, Rinascimento e Rivoluzione scientifica - - Volume 4 La Rivoluzione Scientifica sk 4.7.1 pag. 2 La rivoluzione scientifica nei suoi tratti generali Per Copernico, per Keplero e per Galileo la nuova teoria astronomica non è una pura supposizione matematica, non è un semplice strumento calcolo, utile per fare il calendario, ma una descrizione vera della realtà; la Scrittura non ha come compito quello di informarci sul mondo, ma è parola di salvezza che offre un senso alla vita degli uomini. 4. La scienza non punta più alle essenze o sostanze delle cose e dei fenomeni, ma alla qualità delle cose e degli eventi oggettivamente e quindi pubblicamente controllabili e quantificabili; non più il che cosa, ma il come. 5. Se il processo della rivoluzione scientifica è anche un processo di rifiuto della filosofia aristotelica, non dobbiamo affatto pensare che esso sia privo di presupposti filosofici. E’ il grande tema neoplatonico del Dio che geometrizza e che, creando il mondo, lo crea imprimendo in esso un ordine matematico e geometrico che il ricercatore deve inseguire. Il Neoplatonismo è la “filosofia” della rivoluzione scientifica e sarà rilevante la presenza della tradizione magica e di quella ermetica all’interno del processo che porta alla scienza moderna; ricordiamo che aveva come principi fondamentali il parallelismo tra macrocosmo e microcosmo, la simpatia cosmica e la concezione dell’universo come un essere vivente. In realtà il progressivo affermarsi della visione copernicana del mondo ridurrà sempre di più lo spazio dell’astrologia. Ma la scienza moderna autonoma dalla fede, pubblica nei controlli, regolata da un metodo, correggibile e in progresso, con un linguaggio specifico e chiaro, con le sue tipiche istituzioni è davvero l’esito di un lungo e tortuoso processo. La rivoluzione scientifica, in breve, non è una marcia trionfale. La formazione di un nuovo tipo di sapere che richiede l’unione di scienza e tecnica Un’altra caratteristica fondamentale della rivoluzione scientifica è la formazione di un sapere che, diversamente dal sapere precedente, quello medievale, riunisce teoria e pratica, scienza e tecnica, dando così origine a un nuovo tipo di “dotto” ben diverso dal filosofo medievale, dall’umanista, dal mago, dall’astrologo o anche dall’artigiano o dall’artista del Rinascimento: è lo scienziato il fautore di una nuova forma di sapere, pubblico,controllabile e progressivo. La rivoluzione scientifica creo lo scienziato sperimentale moderno, la cui esperienza è l’esperimento, reso sempre più rigoroso da nuovi strumenti di misura via via più precisi. Il nuovo sapere e l’unione fra teoria e pratica, che spesso si risolve nella cooperazione tra scienziati da una parte e tecnici e artigiani dall’altra sono dunque la stessa cosa. Scienziati ed artigiani L’incontro tra sapere scientifico e tecnico, tra l’intellettuale e l’artigiano, è un fatto della rivoluzione scientifica. Quel che importo è la natura di questo contatto: sono stati gli scienziati a creare la scienza; ma questa sorse e si sviluppò anche perché trovò tutta una base tecnologica. Il tecnico è colui che sa che e spesso sa anche come. Ma è lo scienziato che sa perché. Una nuova forma di sapere e una nuova figura di dotto La scienza moderna non è più il sapere delle università, ma non si può ridurre nemmeno alla pratica degli artigiani. Il ritrovato nesso tra teoria e pratica, cioè tra sapere e tecnica, rende conto di (e in parte si identifica con) un altro evidente fenomeno creato dalla rivoluzione scientifica. La prima idea sugli strumenti che affiora dagli scritti di alcuni grossi esponenti della rivoluzione scientifica è quella per cui lo strumento viene visto come aiuto e potenziamento dei sensi. D’altro canto letture tecnicamente attrezzate hanno dimostrato come alcune “sensate esperienze” di Galilei implichino un uso dello strumento non quale potenziamento dei sensi, ama come un ingegnoso mezzo “per correlare grandezze essenzialmente diverse, non omogenee”. Lo strumento appare come mezzo che, spingendosi all’interno degli oggetti, garantisce una maggiore oggettività contro i sensi e loro testimonianze. Nel corso della rivoluzione scientifica vediamo gli strumenti entrare con funzione conoscitiva dentro alla scienza: la rivoluzione scientifica sancisce al legalità degli strumenti scientifici.