Università degli Studi di Firenze FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA Corso di Laurea in Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia “ RIDUZIONE DEGLI ARTEFATTI DA PROTESI METALLICHE IN RISONANZA MAGNETICA ” Tesi di Laurea di: Mori Virginia Relatore : Dott. Alessandro Passeri Correlatore : Dott. Giacomo Belli ANNO ACCADEMICO 2006/2007 1 RINGRAZIAMENTI Desidero ringraziare il Prof. Alessandro Passeri che mi ha seguito con particolare attenzione nella stesura della mia tesi, al Dott. Sandro Santini che mi ha dato l’opportunità di eseguire lo studio presso la Risonanza Magnetica dell’ospedale di Empoli. Un particolare ringraziamento è rivolto al TSRM sig. Daniele Di Feo che mi ha fornito un grande aiuto e una preziosa disponibilità nello svolgimento della mia tesi. Ringrazio inoltre i miei genitori, mia sorella e il mio fidanzato per il loro costante e amorevole sostegno datomi nel corso dei tre anni. Inoltre un pensiero e un grandissimo ringraziamento è rivolto ai miei compagni di università e alla mia Tutor Formativa sig.ra Simona Francioni che mi ha dato preziosi consigli e un’ ammirevole sostengo nel corso degli anni fornendoci sempre un saldo punto di riferimento. 2 “Nelle sfide della vita il colpo perfetto scaturisce dall’intuizione. Ma possiamo dimenticare la tecnica solo dopo che ci siamo impadroniti totalmente di essa.” 3 INTRODUZIONE............................................................................6 CAPITOLO 1..................................................................................7 1.1 RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE.................................7 1.1.2 PRINCIPI FISICI ..................................................................8 1.1.3 SPIN E MOMENTO MAGNETICO NUCLEARE ..........................................9 1.1.4 INTERAZIONE DEI NUCLEI CON UN CAMPO MAGNETICO STATICO ..............11 1.1.5 ECCITAZIONE A IMPULSI O RADIO FREQUENZA (RF)...........................16 CAPITOLO 2................................................................................29 2.1 LE SEQUENZE......................................................................29 2.1.1 LA SEQUENZA SPIN ECHO (SE).....................................................30 CAPITOLO 3................................................................................39 3.1 ARTEFATTI............................................................................39 3.1.2 ARTEFATTO “WARP AROUND”, DA RIBALTAMENTO.............................43 3.1.3 ARTEFATTO DA “ MOVIMENTO “.....................................................45 3.1.4 ARTEFATTO DA “ TRONCAMENTO “.................................................47 3.1.5 ARTEFATTO “SPIKE”...................................................................49 3.1.6 ARTEFATTO “ZIPPER”.................................................................51 CAPITOLO 4................................................................................52 4.1 SUSCETTIVITA’ MAGNETICA..............................................52 4 4.1.1 MATERIALI DIAMAGNETICI, PARAMAGNETICI E FERROMAGNETICI...............54 4.1.1 A) DIAMAGNETISMO ...................................................................55 4.1.1 B) PARAMAGNETISMO ................................................................57 4.1.1 C) FERROMAGNETISMO...............................................................59 4.1.2 ARTEFATTO METALLICO PRODOTTO NELL’IMAGING DI RISONANZA MAGNETICA ......................................................................................................63 4.1.2 IMPIANTI METALLICI...................................................................63 4.1.2 ARTEFATTI NELL’IMMAGINE DI RISONANZA MAGNETICA........................64 CAPITOLO 5................................................................................67 5.1 PARTE SPERIMENTALE......................................................67 5.1.1INTRODUZIONE...........................................................................67 5.1.2 CRITERI DI COMPATIBILITÀ DEI MEZZI DI SINTESI METALLICI CON LA RISONANZA MAGNETICA ........................................................................68 5.1.3 RISULTATI E CONCLUSIONI ..........................................................70 BIBLIOGRAFIA............................................................................80 5 INTRODUZIONE Con l’introduzione della Risonanza magnetica nella pratica clinica si è posto fin dall’inizio il problema degli studi effettuati su pazienti portatori di mezzi di sintesi metallici, infatti questi elementi studiati con tecniche tradizionali determinano la produzione di un‘area di “vuoto” di segnale nella loro sede creando inoltre la distorsione del segnale nelle aree adiacenti rendendo così le immagini poco diagnostiche. Attualmente i soggetti portatori di mezzi di sintesi metallici vengono studiati con tecniche tradizionali come la radiografia convenzionale, artografia, scintigrafia ossea ma queste tecniche hanno bassa specificità. Una prima soluzione è stata quella di introdurre materiali compatibili con la risonanza magnetica, come il titanio una lega che riduce gli effetti di distorsione sul campo magnetico, la seconda di riuscire ad ottimizzare le tecniche di risonanza magnetica tentando di ridurre l’artefatto da suscettibilità magnetica generato mezzi di sintesi metallici. Lo scopo di questo lavoro è stato ottimizzare le sequenze utilizzate convenzionalmente al fine di studiare soggetti portatori di mezzi di sintesi metallici rendendo le immagini clinicamente diagnostiche. 6 CAPITOLO 1 1.1 RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE La risonanza magnetica nucleare è una tecnica usata per ottenere immagini accurate del corpo umano. Si basa sull’interazione tra i nuclei atomici e i campi magnetici esterni. Questa proprietà fu scoperta, contemporaneamente ed indipendentemente, da Felix Bloch e Edward Mills Purcell nel 1946, e valse loro il premio nobel per la fisica nel 1952. Il successo della risonanza magnetica nucleare è dovuto a tre fattori principali:l’acquisizione di immagini di sezioni (secondo piani con orientamento qualsiasi) e di volumi; l’osservazione di grandezze fisiche caratteristiche della struttura tessutale con notevole capacità di discriminare i tessuti molli; l’uso di radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti. 7 1.1.2 PRINCIPI FISICI Neutroni e protoni, dotati di spin 1/2, formano in molti casi nuclei atomici con spin diverso da zero ed a tale spin è associato un momento magnetico. L’applicazione di un intenso campo magnetico tende ad allineare il momento magnetico lungo direzioni preferenziali; a differenti orientazioni del momento magnetico corrispondono differenti stati energetici. Come espresso dalla formula di Larmor, la differenza tra i vari livelli energetici è proporzionale al momento magnetico ed alla intensità del campo magnetico applicato. Irraggiando un sistema di nuclei con un’onda elettromagnetica di frequenza pari alla frequenza di Larmor è possibile fornire energia al sistema nucleare: tale effetto è noto come risonanza magnetica nucleare (NMR). In questo paragrafo verranno descritti i principi fisici alla base del fenomeno della risonanza magnetica nucleare. Si illustrerà, qualitativamente, come la tecnica NMR consenta di ottenere informazioni utili su di un sistema di nuclei dotati di momento magnetico: in particolare saranno presi in esame nuclei con spin 1/2 come l’idrogeno. Quest’ultimo, dato l’elevato fattore 8 giromagnetico e la grande abbondanza all’interno delle strutture biologiche, riveste un ruolo primario per studi in ambito biofisico. Figura 1 :Modello semplificato del protone 1.1.3 Spin e momento magnetico nucleare Lo spin è un fenomeno quanto-meccanico che giustifica l’interazione di un nucleo con un campo magnetico. Lo spin viene indicato con I, detto anche numero quantico di spin. Tale parametro può assumere soltanto valori interi o semi-interi, 9 dipendenti dal numero di protoni e neutroni presenti nel nucleo; se I = 0 il nucleo non avrà interazioni con un campo magnetico. Noi ci interesseremo del nucleo dell’atomo di idrogeno, che ha un solo protone ed ha I = 1/2. Ad ogni nucleo è associato un momento angolare p dato da: p= h •I 2π dove h = 6,63 x J x sec è la costante di Planck. 3410− Poiché il nucleo ha una carica elettrica ad esso è associato un momento magnetico di dipolo μ dato da: μ =γ • p con γ che viene detto fattore (o rapporto) giromagnetico. Nucleo Spin 1H (idrogeno) 1/2 Rapporto giromagnetico γ/2π (mH/T) 42.577 23Na (sodio) 3/2 11.268 31P (fosforo) 1/2 17.254 19F (fluoro) 1/2 40.077 10 La seguente tabella (1.1) riporta le proprietà magnetiche di alcuni nuclei 1.1.4 Interazione dei nuclei con un campo magnetico statico La presenza di un momento di dipolo magnetico fa sì che i nuclei con spin diverso da zero si comportino in un campo magnetico come una barretta magnetica avente due poli (nord e sud), assumendo quindi opportuni orientamenti. Secondo il modello quantico il numero di tali orientamenti è pari a (2I+1), i quali corrispondono ai diversi livelli energetici permessi: per nuclei con I=1/2 si hanno due possibili stati energetici del protone, corrispondenti a misure della proiezione di μ 11 lungo Bo ad orientamento parallelo “up” al campo applicato Bo (stato a bassa energia) e l’altro ad orientamento antiparallelo ”down” al campo applicato Bo (stato ad alta energia). La differenza di energia tra due livelli adiacenti é data da: ΔE = μ • Bo h =γ • Bo I 2π Facendo ricorso alla legge di Planck si nota che transizioni da un livello di energia ad uno adiacente possono essere indotte applicando radiazioni aventi ω L = γ • Bo . Tale frequenza frequenza ωL/2π , dove viene detta “frequenza di Larmor” ed il fenomeno viene detto risonanza magnetica nucleare (NMR); nel campo biofisico, dove si utilizzano campi magnetici dell’ordine dei Tesla, la frequenza di Larmor assume valori nel range delle radiofrequenze. 12 Figura 2 :Moto di precessione di M intorno alla direzione del campo B0 a frequenza di Larmor ω. In figura 2 è rappresentato l’equivalente classico del modello quantistico discusso poco sopra, dove la frequenza di Larmor rappresenta la velocità di rotazione del momento magnetico del protone nel suo moto di precessione intorno B0. Da ora in poi considereremo soltanto nuclei con I=1/2, in ragione dell’elevato valore del fattore giromagnetico (tab. 1.1): fattori giromagnetici maggiori permettono di avere la stessa separazione fra livelli energetici utilizzando campi magnetici statici inferiori. L’intensità del campo magnetico esterno e l’energia termica determinano se il nucleo si allineerà nel verso parallelo (condizione di minima energia) o antiparallelo (condizione di massima energia) al campo. 13 Figura 3 :Orientamento dei nuclei: a sinistra in assenza di campo magnetico; a destra il campo magnetico B0 induce una magnetizzazione netta M A parità di B0, materiali con differenti valori di γ rispondono con diverso “gap” energetico fra gli stati protonici “up” e “down”. Per esempio, usando i valori della precedente tabella si calcola che la frequenza di Larmor dell’idrogeno con un campo magnetico di 1.5 T è 63,85MHz. Per osservare fenomeni di risonanza, deve essere applicata ai nuclei un’onda elettromagnetica propagatesi nella direzione del campo esterno B0, polarizzata circolarmente nel piano perpendicolare alla direzione di B0, e variabile alla frequenza di Larmor. In queste condizioni l’atomo acquista energia e risuona. Si parla di condizione di risonanza magnetica del nucleo. Il campo magnetico che la provoca si chiama campo di eccitazione o campo a 14 radio frequenza, essendo la frequenza di Larmor dell’idrogeno entro la banda delle radio frequenze per tutti i valori significativi di B0 (0,1 - 4 T). In conclusione per ottenere la condizione di risonanza dei protoni si deve applicare un campo magnetico totale dato dalla somma dei valori di del campo Bo e B1. Per descrivere il moto della magnetizzazione in presenza del campo rotante è utile scegliere un sistema di riferimento che ruoti intorno a B0 nella stessa direzione in cui precedono gli spin con frequenza pari a quella di oscillazione del campo B1. In tale riferimento, nella condizione di risonanza, i nuclei sono sottoposti ad un campo efficace. Dove x', y', z' sono i versori degli assi del sistema rotante. Si ricava che la magnetizzazione precede intorno all’asse x' con velocità γB1. Quindi, dopo un tempo t, M0 ha ruotato intorno a x' di un angolo α dato da α = γ • B1• t L’angolo a si chiama angolo di flip (flip angle) ed è un parametro essenziale dei metodi delle sequenze di eccitazione usate in NMR. 15 1.1.5 Eccitazione a impulsi o Radio frequenza (RF) Nella tecnica di eccitazione a impulsi la risonanza viene indotta attivando il campo a radio frequenza per un tempo tw definito dalla seguente relazione: α = γ • B1• t w Sotto l’effetto del campo di eccitazione il vettore magnetizzazione viene perturbato dalla sua posizione di equilibrio cosicché diventano non nulle le sue componenti nel piano xy (componenti trasverse). . 16 Figura 4: Angolo di flip α In particolare la magnetizzazione può trovarsi ai seguenti angoli: α=π/2, la magnetizzazione giace nel piano xy (impulso a 90°). α=π, la magnetizzazione è diretta lungo –z (impulso a 180°). 1.1.6 Ricezione del segnale Una volta cessata l’eccitazione il vettore magnetizzazione tende a riportarsi nella sua posizione di equilibrio (decadimento) inducendo, in una bobina ricevente posta nel piano xy, un segnale alla frequenza di Larmor detto segnale di decadimento libero FID (free induction decay). Il decadimento avviene secondo due costanti di tempo caratteristiche: T1 e T2 .T1 è la costante di tempo secondo cui la componente longitudinale di M torna alla posizione di equilibrio e si definisce tempo di rilassamento longitudinale o spinreticolo. T2 invece caratterizza il decadimento delle componenti 17 trasversali: immediatamente dopo l’impulso a radio frequenza tutti gli spin precedono in fase; venendo meno l’eccitazione gradualmente essi perdono la coerenza di fase cosicché il loro effetto tende a zero in maniera esponenziale. T2 si definisce anche tempo di rilassamento magnetico trasversale o spin-spin. Eventuali disomogeneità di campo magnetico comportano un maggiore defasamento con un’ulteriore riduzione del tempo di rilassamento trasversale. Si definisce quindi un tempo di rilassamento efficace T2* che tiene conto di tale effetto. Risulta sempre T2* < T2 < T1 e generalmente T2 << T1. 18 19 20 Figura 5 :Tempo di rilassamento per la materia grigia a 1,5 T: a sinistra T1 (950 ms), a destra T2 (100 ms) Figura 6 :Andamento del FID. Dato che il segnale rilevabile dal ricevitore è di debole intensità, per migliorare il rapporto segnale-rumore si ricorre alla tecnica di “averaging”: Il segnale FID viene ottenuto più volte ripetendo con un certo intervallo di tempo l’impulso di eccitazione. L’intervallo di ripetizione TR è una variabile molto importante nel processo di formazione dell’immagine: tempi troppo brevi non permettono a tutti i nuclei, eccitati dall’impulso a radio frequenza, di tornare all’equilibrio; d’altra parte maggiore è TR e maggiore è la durata dell’esame. Nella seguente tabella sono riportati i valori della 21 densità degli spin dell'idrogeno, del T1 e del T2 per i comuni tessuti che compongono il corpo: Tessuto T1(s) T2(ms) ρ CFS 0.8-20 110-2000 70-230 Bianca 0.76-1.08 61-100 70-90 Grigia 1.09-2.15 61-109 85-125 Muscolo 0.95-1.82 20-67 45-90 Grasso 0.2-0.75 53-94 50-100 1.1.7 Codifica spaziale Oltre al campo magnetico statico e all’impulso a radio frequenza, vengono applicati dei campi lentamente variabili: i cosiddetti gradienti di localizzazione spaziale. Essi vengono prodotti tramite bobine supplementari dette bobine dei gradienti e hanno intensità non superiore a una piccola frazione del campo statico Bo. 22 Usualmente le tre direzioni dello spazio vengono definite in modo da avere l’asse z coincidente con l’asse del magnete (e quindi del paziente), l’asse x in direzione orizzontale, l’asse y in direzione verticale. Tra i vari metodi di ricostruzione dell’immagine riportiamo, come esempio, la procedura di acquisizione planare mediante trasformata di Fourier. Il gradiente nella direzione z è usato tipicamente per la selezione del piano (slice). Viene applicato un gradiente di campo magnetico lineare cosicché l’intensità del campo magnetico e, conseguentemente, la frequenza di Larmor aumenti lungo la direzione z. In pratica, tutti i protoni del piano a quota z hanno frequenza di Larmor. Lo spessore Δz della sezione dipende dall’intensità del gradiente e dallo spettro di frequenza dell’impulso RF cosicché a questo punto, gli spin di una stessa slice, ribaltati nel piano xy tramite l’impulso a radiofrequenza e il procedimento di selezione del piano, precedono tutti in fase e alla stessa frequenza di risonanza intorno al campo magnetico statico. Se adesso si applicano i gradienti Gx e Gy rispettivamente per gli intervalli di tempo tx e ty, il vettore di magnetizzazione M effettua moti di precessione con pulsazioni dove il primo gradiente Gx, introduce una codifica di fase: la fase, al termine dell’intervallo 23 tx, dipende dalla posizione dei nuclei lungo la direzione x, Gy effettua la codifica di frequenza: al termine dell’intervallo ty gli spin precedono con diversa frequenza di risonanza e risultano ulteriormente sfasati lungo l’asse x. Il gradiente Gy viene applicato durante la fase di registrazione del segnale infatti è anche detto gradiente di lettura. Figura 7 : Applicazione del gradiente Gz e piano eccitato. 24 Figura 8 :Codifica spaziale 2D. Fase e frequenza degli spin dipendono dalla localizzazione spaziale. Usando tutti e tre i gradienti si può ottenere la codifica spaziale tridimensionale. Il segnale registrato è funzione del tempo, della codifica di fase e della codifica di frequenza: S = S (t, Gx , Gy, T pe ) Dove T pe è il tempo di applicazione del gradiente Gy . Introducendo le seguenti grandezze: k x = γ • G x •t k y = γ • G y •T pe Tramite un cambiamento di coordinate si può descrivere il segnale secondo il formalismo del k-space, che consiste nella rappresentazione dei dati registrati nello spazio delle coppie (kx, ky): 25 S = S (k x ,k y ) Per passare dal k-space all’immagine si opera la trasformata di Fourier bidimensionale di ciascuna slice. I volumi si ricostruiscono a partire dalle slice. Figura 9 :Conversione tra K-space e spazio dell’immagine. 1.1.8 Struttura della risonanza 26 Figura 10 : Rappresentazione schematica dell’hardware della risonanza. Nella parte superiore dello schema si trovano i componenti dell'apparecchiatura localizzati nella stanza del tomografo. Il magnete produce il campo magnetico B0. All’interno del magnete ci sono le bobine dei gradienti che producono i gradienti di B0 nelle direzioni x, y e z. Dentro le bobine dei gradienti c'è la bobina di RF, che produce il campo magnetico B1. La bobina di RF inoltre acquisisce il segnale proveniente dagli spin presenti all'interno del corpo. Il paziente viene posizionato dentro al magnete su di un lettino controllato da un computer. La stanza dove ha luogo la 27 scansione e' circondata da uno schermo per RF il quale impedisce che gli impulsi RF di alta potenza possano irradiare le zone circostanti e che i vari segnali RF provenienti da stazioni televisive e postazioni radio siano captati dall'apparecchio. Il controllo dell'apparecchiatura di RM e di tutti i suoi componenti è effettuato con un computer. I componenti della sezione RF (rappresentati nella figura in verde) sono la sorgente RF e il programmatore di impulsi. La sorgente produce un'onda sinusoidale della frequenza desiderata. Il programmatore di impulsi genera impulsi a RF. l'amplificatore RF ne aumenta la potenza dai mW ai kW. La sezione dedicata alla formazione dei gradienti di codifica spaziale è rappresentata nella figura in arancione. Essa comprende il programmatore degli impulsi di gradiente che stabilisce la forma e l'ampiezza di ciascuno dei tre gradienti di campo, e l'amplificatore dei gradienti che ne aumenta la potenza a un livello sufficiente per "pilotare" le relative bobine. L'operatore seleziona e personalizza la sequenza di imaging attraverso una consolle. Egli può vedere le immagini su un video facente parte della consolle o in alternativa stamparne una copia su pellicola. 28 CAPITOLO 2 2.1 LE SEQUENZE Le immagini di Risonanza magnetica, dipendono principalmente dall’intensità del campo magnetico applicato, dai parametri intrinseci del tessuto (tempo di rilassamento T1-T2 e Densità Protonica) e da parametri estrinseci operatore dipendente. Le sequenze si basano sull’invio di impulsi di radiofrequenza e su variazioni dei gradienti magnetici locali, applicati in presenza del campo magnetico principale. Le diverse modalità di generazione dell’echo contraddistingue i tipi di sequenze impiegate in RM. Le principali sequenze usate per produrre immagini di risonanza magnetica sono: la spin echo (SE), la gradient recalled echo (GRE), la echo planar imaging (EPI), la turbo spin echo (TSE) e le Half-Fourier Aqisition single shot turbo spin echo (HASTE) . 29 2.1.1 La sequenza spin echo (SE) Come noto, gli spin cominciano a perdere la coerenza di fase dopo l’applicazione dell’impulso a 90°. Grazie a questa proprietà, è possibile registrare un segnale chiamato eco. Nella sequenza spin echo, vengono prima di tutto applicati il gradiente in direzione z e l’impulso di eccitazione a RF tale da indurre un ribaltamento di 90° degli assi di precessione. Al termine di questo impulso ha inizio il processo di rilassamento che dà luogo al segnale FID. Figura 11 : diagramma temporale della sequenza SE Questo, tuttavia, non viene raccolto: si preferisce piuttosto, per considerazioni legate alla struttura del ricevitore, applicare, 30 dopo un certo tempo, un impulso di eccitazione a 180° che ha l’effetto di rifasare il moto di precessione dei nuclei producendo un eco che costituisce il reale segnale acquisito. Le sequenze spin echo vengono usate per ricavare immagini di T1, T2 e di densità di protonica. Per l’acquisizione dei dati e la successiva ricostruzione di un’immagine RM sono necessarie tante successive sequenze d’impulsi a 90° e 180° quante sono le linee della matrice. Nello sviluppo della sequenza SE, le variabili di maggior interesse sono : il tempo di ripetizione (TR) cioè l’intervallo di tempo tra l’inizio di una sequenza e l’inizio della successiva e il tempo di echo (TE), cioè l’intervallo di tempo tra l’invio dell’impulso a 90° e la comparsa dell’echo. La semiotica del segnale dipende dal TR e dal TE. Dal TR dipende anche il tempo di acquisizione della sequenza e quindi la durata dell’esame. In una sequenza SE, il tempo di acquisizione è infatti regolato dall’equazione : Ta = TR x NEX x NPCF Ta : tempo di acquisizione 31 TR: tempo di ripetizione NEX : numero delle eccitazioni o misure NPCF : il numero di passi della codifica di fase ( cioè il numero di linee della matrice lungo l’asse della codifica di fase). Sono caratterizzate da buona qualità dell’immagine e consentono di ottenere dettagliate ricostruzioni anatomiche. 2.1.2 La sequenza gradient recalled echo (GRE) Nella sequenza GRE, l’impulso di eccitazione RF produce un angolo di flip, α, tipicamente compreso tra 0° e 90°. Figura 12 : diagramma temporale della sequenza GRE 32 L’eco è formata attivando un gradiente di polarità opposta (eco di gradiente), e quindi l’impulso a 180° presente nella sequenza spin echo non è necessario. Un angolo di flip piccolo permette che il decadimento longitudinale della magnetizzazione sia rapido, quindi un nuovo impulso a radiofrequenza può essere applicato dopo poco tempo rendendo le sequenze GRE più veloci delle SE. Le sequenze gradient recalled echo possono essere usate per ottenere immagini relative ai tempi di decadimento T1 e T2* e alla densità protonica. A causa dell’assenza dell’impulso a 180°, i protoni sono soggetti a maggiori disomogeneità del campo magnetico e quindi vanno velocemente fuori fase, per cui l’intensità del segnale decade più rapidamente. Le sequenze GE sono pertanto particolarmente sensibili all’inomogeneità del campo magnetico statico. Il vantaggio della sequenza GE è la possibilità di acquisizioni rapide infatti vengono particolarmente utilizzate per studi dinamici, mentre il grande svantaggio è l’elevata presenza di artefatti da suscettibilità magnetica dovuti se presenti da protesi metalliche, che la rendono meno idonea e la meno utilizzata per l’esecuzione di esami in presenza di tali presidi. 33 2.1.3 La sequenza Echo Planar Imaging (EPI) L’echo planare è una sequenza di imaging di risonanza magnetica molto veloce: si possono ottenere immagini in tempi inferiori a 100 ms pur mantenendo contrasti simili alle sequenze spin echo e gradient recalled echo. Le sequenze convenzionali di imaging, infatti, registrano una linea del k-space ad ogni passo della codifica di fase. Poiché si ha un passo della codifica di fase ogni TR secondi, il tempo richiesto per la produzione dell'immagine è dato dal prodotto di TR per il numero di passi della codifica di fase. L'imaging echo planare, invece, registra tutte le linee dello spazio-k in un singolo TR. L’impulso RF a 90° viene applicato insieme ad un gradiente di selezione della slice Gs. Successivamente vengono applicati un impulso di gradiente di codifica di fase iniziale Gφ e un impulso di gradiente di codifica di frequenza iniziale Gf per posizionare gli spin nell'angolo dello spazio-k. Segue un impulso a 180° . Dopodichè le direzioni della codifica di fase e di frequenza sono alternate così da scandire rapidamente l'intero k-space. 34 Figura 13 : diagramma temporale della sequenza Epi Lo sviluppo dell'imaging echo planare ha permesso di produrre immagini di risonanza magnetica in tempo reale. La sua più grande applicazione è la risonanza magnetica funzionale del cervello. L'imaging funzionale è quello che collega funzioni del corpo o pensieri a specifiche zone del cervello. 2.1.4 La sequenza Turbo Spin-Echo (TSE) Questo tipo di sequenza contiene molti impulsi di eccitazione, ognuno dei quali è seguito da un treno d’impulsi di rifocalizzazione 35 che, a sua volta genera un treno di echi di spin. Le sequenze TSE hanno un impulso a 90° seguito da un treno d’impulsi di rifocalizzazione a 180°. Queste immagini possono avere una alta risoluzione spaziale e un alto rapporto segnale rumore. Con la tecnica TSE, la maggior parte del tempo viene impiegata per applicare gli impulsi di rifocalizzazione e per campionare gli echi. Infatti durante un certo TE, vengono registrati più echi, questo aumenta l’efficienza di un fattore pari al numero di echi che possono essere ottenuti prima che sia raggiunto il TE effettivo. Due fattori maggiormente determinanti per l’efficienza delle tecniche TSE è Echo Spacing (ES) cioè il tempo tra gli echi e l’Echo Train Lenght (ETL) cioè il numero di echi generati nello stesso TR per mezzo dell’impulso a 180 ° successivi al primo a 90°, questi echi sono codificati da un diverso gradiente di codifica di fase e sono responsabili della contemporanea trascrizione di più linee del K spazio. Per una data durata di treno di echi, se gli echi vengono ottenuti più rapidamente, si può aumentare la lunghezza del treno 36 di echi, riducendo, così, il numero di eccitazioni che devono essere ripetute. La maggior parte delle sequenze TSE sono implementate i modo tale che l’echo spacing sia minimizzato , anche se le variazioni della larghezza di banda influenzano la durata del campionamento dell’echo e, quindi hanno un effetto determinante sull’echo spacing. All’aumentare della larghezza di banda, l’echo spacing si riduce. Per questa ragione, la banda di campionamento deve essere la più larga possibile nelle tecniche TSE a meno di limitazione dell’hardware del sistema. 2.1.5 La sequenza Half-Fourier Aqisition single shot turbo spin echo (HASTE) Generalmente, la qualità delle immagini TSE è migliore se il treno di echi non è più lungo del necessario per riempire il TE ef, in quanto treni di echi più lunghi tendono ad aumentare gli artefatti. D’altra parte, si ottengono dei benefici quando tutti gli echi vengono ottenuti con un solo treno. 37 Le tecniche Single Shot possono essere utilizzate se il tempo di acquisizione è ridotto al minimo. Si usano diverse strategie contemporaneamente. Il campionamento dei dati dovrebbe essere il più veloce possibile, e può essere ottenuto con una banda di ricezione ampia e una commutazione rapida dei gradienti. Le misure per diminuire la quantità di dati necessari per la ricostruzione dell’immagine riducono ulteriormente la durata del treno di echi. Queste misure includono il campionamento parziale di ogni eco e la ricostruzione di Fourier parziale, che, applicate contemporaneamente comportano l’acquisizione di poco più del 25% del K-space mentre il resto viene interpolato. La Singole Shot TSE ha un TR infinito, in quanto l’impulso di eccitazione non viene ripetuto. Questo rimuove la pesatura in T1. Gli artefatti da movimento sono molto meno pesanti nelle immagini Single Shot, che spesso possono essere acquisite in meno di mezzo secondo. Benefici ulteriori includono l’assenza di transizioni brusche nel riempimento del K-space, e, di conseguenza, l’artefatti sui contorni e dei Ghost. I limiti maggiori di questa sequenza è il basso rapporto segnale/rumore. 38 CAPITOLO 3 3.1 ARTEFATTI Una grande varietà di artefatti possono essere prodotti nell’imaging di Risonanza Magnetica. In questo capitolo vengono descritti i più comuni artefatti come l’artefatto : Chemical-Shift, Warp Around o da Ribaltamento, da Movimento, da Troncamento, Spike e Zipper . L’eliminazione di alcuni di questi artefatti può essere eseguita solamente dal personale ingegneristico ma il tecnico di radiologia e il medico radiologo hanno la responsabilità di riconoscerli. In seguito verrà mostrato l’aspetto e la descrizione di questo tipo di artefatti, illustrando le basi fisiche e il modo per ridurli. Un artefatto in un immagine è una qualsiasi caratteristica che appare nell’immagine e che non è presente nella struttura anatomica esaminata. Talvolta è il risultato di una distorsione o assenza del segnale con conseguente Possono somma presentarsi o anche cancellazione per un dell’ mal ‘informazione. funzionamento 39 dell’apparecchiatura o una scelta tecnica inappropriata. E' importante familiarizzare con la comparsa di artefatti poiche' questi possono nascondere o compromettere l'accertamento di una patologia. Di conseguenza gli artefatti in un'immagine possono produrre falsi negativi e falsi positivi. 3.1.1 Artefatto “ Chemical Shift” Un artefatto da chemical shift e' dovuto alla differenza nella composizione chimica (frequenza di Larmor) di grasso e acqua. L'artefatto si manifesta in un'immagine come un'alterata registrazione dei pixel contenenti grasso da quelli contenenti acqua. La differenza di chemical shift tra acqua e tessuto adiposo o assimilabile a grasso e' approssimativamente di 3.5 ppm che, a 1.5 Tesla, corrisponde a una differenza di frequenza tra acqua e grasso di circa 220 Hz. Nella direzione della codifica di frequenza, la frequenza del segnale è usata per definire la localizzazione spaziale. L’effetto di questa variazione nella direzione della codifica di frequenza provoca nell’immagine un bordo nero tra l’interfaccia grasso-acqua e un bordo brillante nell’interfaccia opposta. 40 Questo tipo di artefatto è definito come chemical shift di primo genere. Nelle sequenze convenzionale GRE o SE non ci sono effetti da chemical shift nella direzione della codifica di frequenza mentre nelle sequenza EPI l’effetto di questo artefatto si produce nella direzione della codifica di fase. Durante il gradiente di codifica di fase, gli spin del grasso e dell'acqua acquistano fase a differenti velocità. L'effetto ottenuto e' che gli spin del grasso e dell'acqua nello stesso voxel sono codificati come se fossero localizzati in voxel differenti. Un aspetto diverso di questo artefatto e l’artefatto di secondo livello e si può notare in immagini GRE , questo effetto si basa sulla differenza di frequenza di precessione tra i protoni dell’acqua e quelli del grasso e si verifica quando le magnetizzazioni di chemical shift diversi sono fuori fase le une rispetto alle altre. Fasi opposte di magnetizzazioni di protoni dell’acqua e del grasso riducono, per esempio, l’intensità di segnale, poiché il risultato è la cancellazione del segnale invece che la somma dei segnali. Questo tipo di artefatto viene eliminato utilizzando sequenze standard come le SE o le TSE, nelle quali gli impulsi di rifocalizzazione correggono le differenze di chemical shift. Nelle sequenze GRE, invece questo 41 artefatto viene eliminato scegliendo un TE in modo tale che le magnetizzazioni dei protoni del grasso e dell’acqua siano in fase. L’entità di entrambi i tipi di artefatto può essere ridotta al minimo sopprimendo il segnale del grasso, impiegando tecniche di soppressione del chemical shift del grasso o di annullamento utilizzando sequenze IR. (a) (b) Figura 14 : Artefatto da chemical shift. a) l’immagine mostra un grave artefatto dovuto ad una insufficiente soppressione del grasso; b) immagine con saturazione del grasso, mostra una diminuzione dell’artefatto. 42 3.1.2 Artefatto “Warp Around”, da ribaltamento La risoluzione spaziale di un’ immagine può essere migliorata riducendo il suo campo di vista (FOV). Il FOV è spesso più piccolo della parte del corpo che viene acquisita. Queste situazioni possono portare ad artefatti da ribaltamento, nei quali i dati dell’immagine al di fuori del FOV vengono ribaltati e rappresentati sul lato opposto dell’immagine. Gli artefatti da ribaltamento posso verificarsi su entrambi gli assi di una sezione d’immagine e sull’asse di codifica della sezione di un’ acquisizione tridimensionale. Sull’asse di codifica di frequenza, i dati dell’immagine vengono rappresentati secondo la frequenza dei segnale RM ricevuti. Il range delle frequenze campionate è definito dalla larghezza della banda di campionamento, che è sinonimo di velocità di campionamento. Con le moderne attrezzature l’artefatti da ribaltamento sull’asse di frequenza vengono evitati utilizzando filtri digitali che eliminano i segnali con frequenze al di fuori del range desiderato. Sull’asse di codifica di fase questi artefatti sono più difficili da prevenire. 43 Un artefatto da ribaltamento può produrre sulle immagini Gradient Echo eseguito su parti del corpo ampie un artefatto particolare “zebrato”. Figura 15 : Artefatto da ribaltamento. immagine della testa, come si vede il naso si estende oltre il limite sinistro del campo di vista e la sua immagine e' stata ribaltata comparendo nel lato destro dell'immagine. La disomogeneità di campo magnetico al di fuori del FOV producono artefatti che si sovrappongono all’immagine primaria. Le strisce sono causate dalla conseguente interferenza di fase. Il solo 44 modo per evitare una misurazione di fase ambigua è quello di utilizzare sull’asse di codifica di fase un FOV abbastanza grande. 3.1.3 Artefatto da “ Movimento “ Come dice il nome, gli artefatti da movimento sono dovuti al movimento dell'oggetto esaminato o di una sua parte durante la sequenza di imaging. Il movimento di tutto l'oggetto durante la sequenza di imaging generalmente dell'intera immagine ad opera di comporta "immagini l'offuscamento fantasma" nella direzione di codifica di fase. Gli errori di codifica di fase dovuti a movimento si manifestano come artefatti lungo l’asse di codifica di fase, a prescindere dalla direzione del movimento. Questo artefatto (normalmente in si manifesta aumento) come dell’intensità del un’alterazione segnale, spesso accompagnato da una riduzione di intensità del segnale relativo alla struttura in movimento. Si consideri, ad esempio, un’immagine addominale che contenga la cistifellea con un segnale ad alta intensità che si sta muovendo durante la respirazione. L’effetto è come se l’intensità del segnale di questa cistifellea fosse 45 rappresentata erroneamente in varie posizioni lungo l’asse di codifica di fase. Se il movimento fosse completamente casuale, la posizione di questa rappresentazione scorretta del segnale varierebbe in modo casuale. Gli artefatti, in questo caso, sarebbero “spalmati” lungo l’asse di codifica di fase. Spesso, invece, il movimento è ripetitivo e periodico, come per il movimento da respirazione o di attività cardiaca. L’artefatto da movimento periodico è più coerente e si trova ad intervalli regolari lungo l’asse di codifica di fase. La forma di questi artefatti spaziati in modo regolare assomiglia in genere a quella struttura in movimento. Gli artefatti che si creano da movimenti periodici durante l’acquisizione dell’immagine vengono quindi spesso chiamati “ghost” fantasma. La distanza tra i ghost dipende dall’intervallo di tempo tra i movimenti ripetitivi e la forma delle variazioni del gradiente di codifica di fase. La distanza tra i ghost aumenta all’aumentare dell’intervallo tra i movimenti e all’aumentare del tempo di ripetizione o alla riduzione della frequenza cardiaca. 46 (a) (b) Figura 16 :artefatto da movimento: a)immagine addominale ottenuta senza apnea respiratoria; b) immagine addominale in apnea respiratoria con lieve artefatto da movimento dovuto al battito cardiaco Quando il tempo di ripetizione è sufficientemente corto da far sì che un movimento non si ripeta, il ghost non si propaga lungo l’intero asse di codifica di fase. Piuttosto, il ghost sulle immagini rapide come queste possono manifestarsi come blurring (offuscamento) dei contorni. 3.1.4 Artefatto da “ Troncamento “ I segnali di Risonanza Magnetica sono delle onde. Sono mappati spazialmente secondo quella che la loro frequenza e la loro 47 fase. Nel tentativo di creare una da una serie complessa di segnali analogici un’immagine con un numero finito di pixel, i dati vengono troncati. Questo fatto produce degli artefatti. L’immagine è un’approssimazione della regione d’interesse, dal momento che la risoluzione spaziale è limitata dalle dimensioni dei voxel. L’analisi di Fourier comporta la rappresentazione della struttura all’interno di un’immagine come una complessa combinazione di onde. Le variazioni rapide d’intensità di segnale, all’interfaccia tra strutture ad alta e bassa intensità si segnale, possono produrre un artefatto ad anello (ring-down), che consiste in bande chiare e scure alternate, la cui intensità si riduce in rapporto alla distanza dall’interfaccia ad alto contrasto. L’entità degli artefatti da troncamento può essere ridotta aumentando la risoluzione spaziale dell’immagine o riducendo il contrasto dell’interfaccia. 48 a) b) Figura 17 : artefatto da troncamento. Sequenza SE T1. nell’immagine a) la matrice utilizzata è 64x64-b) la matrice utilizzata è 256x256. come si può notare l’artefatto viene eliminato aumentando la matrice d’ acquisizione. 3.1.5 Artefatto “Spike” I gradienti applicati nelle sequenze EPI possono produrre dei punti di errata acquisizione oppure possono formare una punta di rumore nel K-space. I dati errati possono essere uno o più punti nel K- space, che hanno un’intensità troppo bassa o troppo alta rispetto all’intensità del restante K-space. La convoluzione di questo Spike, con tutte le altre informazioni dell’immagine derivanti dalla trasformata di 49 Fourier, si presenta come bande scure che giacciono sopra l’immagine. Il dislocamento dello spike di rumore risultante al centro del Kspace determina lo spazio tra le bande e l’angolazione delle bande viene determinato dalla direzione della codifica. L’artefatto da Spike di solito risulta transitorio ma se dovesse persistere è lecito informare il personale ingegneristico. Questo artefatto avviene molto spesso in casi in cui la connessione elettrica viene danneggiata e produce archi o per rottura di un interconnessione di una banda rendendo questo artefatto più evidente. (a) (b) Figura 18 : artefatto Spike. Nell’immagine b,il punto presente nel k- space,risulta formare nell’immagine a, il tipico artefatto a bande 50 3.1.6 Artefatto “Zipper” Questo tipo di artefatto è comune alla strumentazione, è causato da una interferenza nella stanza del magnete. L ‘immagine si presenta come una regione di incremento di rumore con una finestra di uno o due pixel che si estende nella direzione della codifica di frequenza fino o al di fuori dell’immagine. Tutte le stanza del magnete sono schermate per eliminare le interferenze dalle stazioni locali (computer) che emettono un segnale elettromagnetico che potrebbe interferire con il segnale. La perdita è causata di solito da sistemi elettronici, portati nella stanza del magnete e la frequenza generata dall’apparecchio è raccolta dalle bobine . Figura 19 : artefatto a zipper. Prodotto da apparecchi elettronici presenti nella stanza del magnete. 51 La persistenza del problema anche dopo la rimozione o disconnessione elettrica degli apparecchi elettronici nella stanza può indicare che la gabbia di Faraday è stata compromessa. CAPITOLO 4 4.1 SUSCETTIVITA’ MAGNETICA Se una sostanza è posta in un campo magnetico, la magnetizzazione è indotta all’interno della sostanza stessa e si aggiunge alla magnetizzazione del campo magnetico applicato. La proporzione fra la magnetizzazione indotta e quella relativa al campo applicato è definita suscettibilità magnetica della sostanza. Questa è la misura del grado alla quale la sostanza è suscettibile alla magnetizzazione attraverso un campo esterno. L’importanza della suscettibilità magnetica può essere sia negativa che positiva e può essere espressa in termini di unità elettromagnetiche per grammo di metallo. 52 Questa magnetizzazione antiparallela (diamagnetica) indotta o può essere parallela orientata (paramagnetica, ferromagnetica) al campo magnetico esterno. La suscettività magnetica misura il grado di magnetizzazione in un materiale in corrispondenza di un campo magnetico. Rappresentata dal simbolo χ, essa risulta essere il rapporto: M X= H dove M è la magnetizzazione ed H il campo magnetico applicato. Se χ è positiva, allora il materiale è detto paramagnetico ed il campo magnetico è potenziato dalla presenza del materiale stesso, se la suscettività è invece negativa, il materiale è detto diamagnetico ed il campo è indebolito dal materiale. Caso a parte è un materiale ferromagnetico. In questo caso la suscettività magnetica è non-lineare. La risposta è dipendente dallo stato del campione e può andare in direzioni differenti da quelle del campo applicato. 53 Figura 20 : La variazione della densità del flusso magnetico (numero delle linee di forza) in un campo magnetico è illustrata in Figura per un campione diamagnetico (a) e paramagnetico (b). 4.1.1 Materiali diamagnetici, paramagnetici e ferromagnetici I materiali magnetici sono suddivisibili in tre classi generali: diamagnetici, paramagnetici e ferromagnetici, a seconda del diverso comportamento magnetico assunto in presenza di un campo applicato esterno, esplicitato attraverso il valore della suscettività. 54 4.1.1 a) Diamagnetismo Le sostanze diamagnetiche reagiscono ad un campo esterno (H) manifestando un debole momento magnetico indotto, antiparallelo rispetto ad H, che scompare al venire meno del campo stesso. Sono materiali i cui atomi non presentano un momento magnetico spontaneo in quanto possiedono tutti gli orbitali atomici riempiti o non ci sono elettroni spaiati; in presenza di un campo esterno la loro tendenza è quella di modificare le orbite elettroniche in modo da opporsi alla perturbazione imposta. Il diamagnetismo è un fenomeno intrinseco di tutti i materiali, ma risulta evidente solo quando ferromagnetismo e paramagnetismo non ne mascherano gli effetti. Negli atomi che non presentano momento magnetico intrinseco, questo fenomeno rappresenta l’unico effetto risultante dall’applicazione di un campo esterno, inoltre il momento così indotto risulta diamagnetiche indipendente dalla temperatura. presentano suscettività Le sostanze negativa, piccola, usualmente dell’ordine di 10-6-10-5, e sono contraddistinte da una relazione linearmente inversa tra M e H. La suscettibilità negativa deriva dall’induzione del campo magnetico esterno per l’effetto 55 elettromagnetico ( la legge di Lenz) sul movimento orbitale dell’elettrone. I momenti magnetici derivanti dal movimento orbitale dell’elettrone o dallo spin nucleare sono molto più deboli (di almeno due ordini di grandezza) di quelli risultanti dal movimento dell’elettrone. In molte sostanze il dipolo elettronico cancella il momento di spin degli elettroni. Il Diamagnetismo si manifesta solo quando la grande maggioranza degli elettroni sono “dipoli”. La suscettibilità diamagnetica è generalmente indipendente da fattori esterni. La maggior parte dei componenti inorganici e organici sono esclusivamente diamagnetici, nel senso che ogni atomo induce un effetto magnetico derivante dal movimento orbitale e quindi una componente diamagnetica è presente in tutti i materiali. I materiali diamagnetici sono di basso interesse generale come agenti di contrasto perché i loro effetti sul segnale nucleare è trascurabile. I materiali diamagnetici sono stati usati come agenti di contrasto in Risonanza Magnetica per situazioni dove potessero distribuirsi o amalgamarsi con un tessuto normale alterando direttamente il segnale della regione sull’immagine. Per esempio 56 l’acqua, il grasso e il perfluorocarbone e il diossido di carbonio sono stati usati come agenti di contrasto gastrointestinale, che hanno un’azione di rimozione dei normali contenuti dell’intestino. Le sostanze paramagnetiche e ferromagnetiche sono caratterizzate da effetti magnetici predominanti di spin elettronici non appaiati. Tutti questi materiali hanno suscettibilità positiva e quindi inducono una magnetizzazione positiva. Questi oggetti tendono a muoversi verso un punto alto del campo quando è applicato un campo magnetico esterno non uniforme. 4.1.1 b) Paramagnetismo Gli atomi delle sostanze paramagnetiche sono caratterizzati dal fatto di possedere un momento magnetico dovuto ad elettroni spaiati in orbitali parzialmente riempiti. Anche le sostanze paramagnetiche presentano diamagnetismo, ma l’importanza di questo fenomeno è mascherata dall’effetto di allineamento dei momenti atomici. Le sostanze paramagnetiche presentano una relazione lineare, direttamente proporzionale tra M e H, il valore della loro suscettività è positivo, ridotto, decrescente (a parità di 57 campo) al crescere della temperatura. Nei materiali paramagnetici la suscettività assume valori dell’ordine di 10 sostanze occorre una dipendenza della -2 –10-4. Per tali suscettività dalla temperatura espressa dalla legge di Curie : χ=C/T “C” è un parametro detto costante di Curie. Questa dipendenza dalla temperatura si spiega considerando il materiale come un insieme di momenti magnetici indipendenti, dovuti a ciascun atomo (o molecola) che compone la sostanza. In assenza di un campo applicato i singoli vettori m assumono direzioni casuali a causa dell’agitazione termica, cosicché la magnetizzazione netta risultante è nulla. Tuttavia, se si applica un campo, i momenti magnetici tendono a disporsi lungo la sua stessa direzione, anche se sono contrastati dall’agitazione termica che ne consente una parziale orientazione. È possibile pertanto considerare la legge di Curie come descrittiva del paramagnetismo, valutando l’effetto antagonista di due fenomeni:1) la tendenza dell’insieme dei momenti magnetici m ad assumere direzione coincidente con quella del campo esterno H; 2) l’agitazione termica degli atomi, che tende ad imprimere una direzione casuale ad ogni momento intrinseco. 58 Si noti che la legge di Curie si basa sull’assunto che i momenti magnetici degli atomi siano influenzati unicamente dal campo esterno e dall’agitazione termica, non si considera una loro interazione; inoltre quando H = 0 la direzione media dei momenti atomici è casuale ed il momento risultante è nullo. Quando la temperatura è molto bassa (T << 100 K) o il campo molto alto la suscettività paramagnetica è indipendente dal campo applicato. Sotto queste condizioni la suscettività di un materiale è proporzionale al contenuto di ferro. Come con i materiali diamagnetici la misura del campo magnetico indotto entro il materiale è proporzionale alla forza del campo applicato. Comunque la direzione del campo magnetico è adesso allineata, invece che opposta al campo applicato. 4.1.1 c) Ferromagnetismo Diversamente dai materiali paramagnetici, i momenti atomici delle sostanze ferromagnetiche hanno fra loro interazioni molto forti. Queste interazioni sono prodotte da forze di scambio tra elettroni, come risultato di un allineamento parallelo o antiparallelo dei momenti atomici. L’interazione fra i diversi momenti elettronici 59 è molto forte e tale da allineare tutti i momenti magnetici elementari del materiale, anche in assenza di un campo esterno. L’origine fisica del campo molecolare ha fornito la dimostrazione teorica, associandola a un fenomeno quantistico legato alle forze di interazione tra spin elettronici adiacenti. Inoltre, perché si possa osservare il fenomeno della magnetizzazione spontanea in una sostanza sono necessarie alcune condizioni: • gli atomi interessati devono possedere almeno un elettrone spaiato • questi elettroni devono trovarsi in un orbitale direzionato, come l’orbitale d o f • deve esserci una distanza interatomica adeguata perché si verifichi l’interazione di scambio ferromagnetica (se gli elettroni sono troppo vicini gli spin di segno uguale si respingono, se sono lontani non si ha interazione). Quando un materiale ferromagnetico subisce un riscaldamento, perde le proprietà ferromagnetiche e si comporta come un paramagnete. Questo accade perché l’agitazione termica all’interno del reticolo disturba l’allineamento dei momenti magnetici atomici e, al di sopra della temperatura di Curie “Tc”, si ha il predominio 60 sulle forze di allineamento dei momenti magnetici, producendo così un effetto di orientazione casuale. Quando la temperatura si mantiene inferiore alla temperatura di Curie, T < Tc, il materiale conserva le proprietà ferromagnetiche. Quando T = Tc la suscettività diverge. Poiché esiste proporzionalità diretta tra la temperatura di Curie e la costante del campo molecolare, Tc fornisce una misura della forza d’interazione tra i momenti magnetici degli atomi. Inoltre, la temperatura di Curie è una proprietà caratteristica di ogni sostanza. In natura esistono tre soli elementi ferromagnetici a temperatura ambiente: il ferro (TC = 770°C), il cobalto (TC = 1131°C) e il Nichel (TC = 358°C). Il comportamento di un materiale ferromagnetico sotto l’azione di un campo esterno, oltre che dall’energia di scambio, è regolato dall’equilibrio di diversi altri termini energetici. Il processo di magnetizzazione di un materiale come risposta a un campo applicato, per esempio, è di norma anisotropo, dipende cioè dalla direzione lungo la quale il campo e la magnetizzazione sono rilevate. Si può considerare l’anisotropia come una forza che tende a vincolare il vettore magnetizzazione lungo particolari direzioni; esistono tre tipi fondamentali di anisotropia: 1) cristallina, legata a 61 proprietà intrinseche del materiale; 2) indotta, causata da effetti di riordinamento atomico nella struttura reticolare dovuta a sforzi applicati (ad esempio trattamenti termici applicati sotto tensione meccanica o in presenza di un campo esterno); 3) di forma, determinata dalla geometria del campione in esame. Nel caso dell’anisotropia cristallina vi sono alcuni assi cristallografici definiti direzioni di facile magnetizzazione, determinati dalla simmetria reticolare, lungo i quali il processo di magnetizzazione è favorito; in assenza di campo applicato il vettore magnetizzazione tende a disporsi lungo tali assi, inoltre lungo tali direzioni la saturazione si raggiunge a campi applicati più bassi. Per deviare il vettore M da tali direzioni occorre compiere un lavoro equivalente all’energia di anisotropia magneto-cristallina immagazzinata nella struttura del materiale; l’origine di questo genere di anisotropia è da ricondursi al tipo d’interazione che si stabilisce tra gli spin elettronici e gli orbitali dei legami interatomici nei solidi (campo cristallino). Un altro termine energetico entra in gioco quando gli spin si allineano lungo la direzione del campo esterno; grazie all’accoppiamento spin-orbita, anche gli orbitali d o f, responsabili del ferromagnetismo, si orientano. Poiché questi orbitali non 62 possiedono simmetria sferica, si ha come conseguenza una deformazione della struttura, un riarrangiamento delle orbite che comporta una deformazione elastica del materiale. In conclusione tutti i materiali godono di proprietà magnetiche: • I materiali ferromagnetici sono fortemente attratti da magneti • I materiali non ferromagnetici sono debolmente respinti o debolmente attratti 4.1.2 Artefatto metallico prodotto nell’imaging di Risonanza Magnetica 4.1.2 Impianti metallici I rischi potenziali associati all’utilizzo della Risonanza Magnetica in pazienti con impianti ferromagnetici sono correlati all’introduzione di correnti elettriche, riscaldamento, l’ interpretazione sbagliata di un artefatto come una cosa patologica e la possibilità di movimento o rimozione dell’impianto. 63 Correnti elettriche: Le correnti elettriche possono essere generate in materiali conduttivi da gradienti di campo magnetico o dal movimento di materiali conduttivi attraverso il campo magnetico statico. Gli impianti conduttivi possono essere riscaldati dall’introduzione di forze elettromotive soggette ai gradienti del campo magnetico statico. 4.1.2 Artefatti nell’immagine di Risonanza Magnetica Gli oggetti metallici non ferromagnetici appaiono nelle immagini di risonanza magnetica come zone focali caratterizzate da intensità di segnale molto bassa o assente. Questo tipo di artefatto è comunque limitato all’area dove si trova la struttura metallica (clips, vite, protesi articolare, ecc..) che lo causa e interferisce parzialmente con la lettura di tutta l’immagine. La distorsione dell’immagine per la presenza di un oggetto metallico è causata dalla variazione del campo magnetico locale che perturba il rapporto tra posizione e frequenza che è fondamentale per la corretta ricostruzione dell’immagine. Il grado di distorsione dell’immagine dipende dalla suscettibilità magnetica, dalla dimensione, dalla forma, dall’orientamento e dalla 64 posizione dell’oggetto nel corpo, così come dalla tecnica utilizzata per acquisire le immagini (es:i parametri specifici delle sequenze) e dalla ricostruzione dell’immagine. Questo artefatto lo si può correggere in genere con la semplice rimozione dei metalli quando possibile (protesi dentarie, oggetti metallici su indumenti). Gli oggetti non ferromagnetici tendono a produrre artefatti meno evidenti rispetto agli oggetti ferromagnetici. Gli oggetti metallici ferromagnetici oltre all’area focale a bassa intensità di segnale, provocano la distorsione e l’obliterazione del segnale proveniente anche dai tessuti circostanti, rendendo così l’immagine non diagnostica. Oggetti metallici grandi ma non ferromagnetici come le protesi d’anca, provocano ampie zone focali di perdita di segnale con parziale distorsione della restante immagine; al contrario piccole quantità di sostanza ferromagnetica, come l’ossido di ferro contenente in alcuni trucchi, sono sufficienti per produrre gravi distorsioni delle immagini. L’effetto missile: è la causa più comune di danno legato all’uso dell’imaging di Risonanza Magnetica. L’effetto missile si riferisce alla capacità del campo magnetico statico di attrarre 65 oggetti ferromagnetici che possono essere spinti di conseguenza nel magnete da forza considerevole. Questa situazione può essere un rischio considerevole per il paziente dentro lo scanner o per qualsiasi altra persona che si trovi sulla traiettoria del missile ferromagnetico. In casi estremi il magnete deve essere “spento”per estrarre degli oggetti ferromagnetici dai sistemi di Risonanza Magnetica con magneti superconduttori. Per proteggere dalle catastrofi causate dell’effetto missile, l’area immediata intorno al magnete della Risonanza Magnetica deve essere marcata, delineata e descritta con segnaletica di attenzione e messa in sicurezza da staff a conoscenza della sicurezza. In più tutti i pazienti, i visitatori e altre persone che entrano nell’area del magnete devono essere protetti e gli devono essere tolti oggetti metallici e devono essere informati sul possibile rischio. Vari fattori influenzano il rischio di eseguire un esame di Risonanza Magnetica in un paziente con protesi, dispositivi, materiali o oggetti ferromagnetici, tra cui l’intensità del campo magnetico statico e dei gradienti di campo, il grado di 66 ferromagnetismo dell’oggetto, la geometria, la sede, e l’orientamento dell’oggetto in esame ed il tempo intercorso dal suo posizionamento. Questi fattori dovrebbero essere attentamente considerati prima di sottoporre ad un paziente con protesi ferromagnetica all’esame di Risonanza Magnetica, soprattutto se è localizzato in un’area del carpo potenzialmente pericolosa come vicino a strutture nervose o tessuti molli nei quali il movimento o la dislocazione dell’oggetto potrebbe provocare un danno al paziente. CAPITOLO 5 5.1 PARTE SPERIMENTALE 5.1.1Introduzione La Risonanza Magnetica riveste un ruolo di esame di prima scelta, oltre che nella diagnosi di molte patologie osteoarticolari, 67 midollari o lesioni trabecolari delle ossa, anche nella valutazione di follow up dopo interventi chirurgici in pazienti con impianti metallici in cui si presenti o persista una sintomatologia dolorosa. La possibilità di effettuare studi multiplanari, l’elevato contrasto ma soprattutto la possibilità di eseguire sequenze sempre più veloci che risentono poco degli artefatti provocati da eventuali impianti metallici, rendono la Risonanza Magnetica ormai insostituibile in questo ambito diagnostico. 5.1.2 Criteri di compatibilità dei mezzi di sintesi metallici con la risonanza magnetica Sebbene l’elenco delle protesi, materiali, dispositivi ed oggetti testati per proprietà ferromagnetiche sia stato pubblicato e aggiornato in diverse occasioni, sono necessari alcuni consigli e precauzioni nel loro utilizzo. Le case di produzione possono cambiare la composizione delle protesi, materiali, dispositivi o oggetti senza che ne sia richiesta la notifica o un’approvazione dalla Food And Drug Administration (FDA) a condizione che la funzione della protesi rimanga la stessa. 68 Pertanto, le sedi ove si eseguono esami di Risonanza Magnetica possono scegliere di eseguire delle linee guida e come contattare la ditta di produzione del dispositivo se, dalla precedente valutazione, siano stati modificati alcuni componenti. E’ disponibile l’elenco di tutti i devices sinora testati su apparecchi da 1,5-3T on-line sul sito www.mrisafety.com. Numerosi studi stabiliscono le proprietà ferromagnetiche dei diversi impianti, materiali, dispositivi ed oggetti biomedici, misurando le forze di deflessione, di attrazione o altri aspetti di interazione associati al campo magnetico statico e/o generati dai gradienti di un sistema di Risonanza Magnetica. Gli studi hanno dimostrato che le procedure di Risonanza Magnetica possono essere eseguite tranquillamente se l’oggetto metallico non è ferromagnetico o se risulta solo minimamente attratto dal campo magnetico in relazione alla sua applicazione in vivo. Ogni protesi, materiale, dispositivo ed oggetto metallico dovrebbero essere sperimentato con tecniche ex vivo prima di procedere ad un esame di Risonanza Magnetica nei pazienti in cui è posizionato. 69 Successivamente a tale esame, deve essere determinata la presenza e il relativo grado di ferromagnetismo, in tal modo da poter prendere una decisone competente a riguardo di eventuali rischi associati, dovuti ad interazioni con i campi magnetici dell’apparecchio di Risonanza Magnetica. In ultima analisi come si è già accennato, alcuni corpi estranei, protesi o dispositivi metallici anche se debolmente ferromagnetici, pur non pregiudicando la sicurezza dei pazienti portatori che devono essere sottoposti ad esame di Risonanza Magnetica, producono artefatti. L’entità degli artefatti dipende dalla massa, dalla suscettibilità magnetica, dalla forma, dall’orientamento degli oggetti metallici nonché dall’intensità del campo magnetico statico e dal tipo di sequenza impiegata. 5.1.3 Risultati e Conclusioni Il medico radiologo ha messo a confronto le immagini di tutti gli esami eseguiti in questo studio prendendo in considerazione le dimensioni dell’area di caduta del segnale che si determinava 70 intorno all’impianto metallico e l’interferenza che la stessa aveva sulle regioni di maggiore interesse dal punto di vista diagnostico: in particolare si è valutato se e quanto l’artefatto da suscettibilità magnetica interferiva con la visualizzazione della protesi. In questo caso l’osservazione ha comportato la valutazione di tutte le sequenze effettuate nelle indagini eseguite nel corso dello studio e la comparazione di altri esami a cui era stato sottoposto il paziente stesso. Dalla nostra osservazione sono emersi differenti elementi. Il corretto posizionamento del paziente ha sempre una fondamentale importanza in Risonanza Magnetica ma, per pazienti con impianti metallici tale aspetto assume rilevanza apicale. Come è noto anche in letteratura le sequenze Gradient Echo, che maggiormente risentono degli effetti di suscettibilità magnetica, poco si prestano agli studi in Risonanza Magnetica in soggetti con impianti metallici. Nel nostro caso abbiamo messo a confronto le immagini ottenute con una scansione coronale Gradient Echo ( Medic ) con una scansione coronale Turbo Spin Echo. Nelle immagini ottenute con Turbo Spin Echo gli artefatti risultavano di modesta entità, 71 mentre nelle sequenze Gradient Echo si verificava un’estesa distorsione con conseguente impossibilità di fare diagnosi. Figura 21 : Immagine Gradient Echo: l’artefatto si presenta in maniera molto evidente con una grande area di distorsione. 72 Figura 22 :Immagine Turbo Spin Echo: l’artefatto è limitato all’area dell’impianto metallico risultando di modesta entità Nelle sequenze assiali pesate in T1 - T2- DP, sono state apportate alcune variazioni nella costruzioni della sequenza. Sono state innanzitutto effettuate sequenze Turbo Spin Echo variando l’ETL, TE rispetto alle sequenze standard. In questo modo sono state ottenute significative modificazioni per quel che concerne la formazione di artefatti. Nella Sequenza coronale Turbo Spin Echo pesata in T2 con modifica dei parametri TE, ETL l’artefatto risulta ancora molto 73 evidente e l’area circostante la protesi risulta distorta impedendo al medico radiologo di fare una giusta diagnosi. Figura 23 : Immagine Turbo Spin Echo coronale T2: sono state apportate leggere variazioni del TE e ETL ma l’artefatto risulta ancora molto evidente. Nelle sequenze assiali T1-T2-DP sono stati apportati in maniera più significativa le variazioni del TE e l’ETL. Infatti come si può notare l’area di vuoto del segnale viene limitato all’area della protesi e rendendo così l’immagine pulita da artefatti da suscettibilità magnetica e permettendo al medico radiologo di fare una giusta diagnosi. 74 Figura 24 : Immagine Turbo Spin Echo assiale T1 Figura 25 : Immagine Turbo Spin Echo assiale T2 75 Figura 26 : Immagine Turbo Spin Echo assiale DP Una minima variazione dell’area di alterato segnale da impianto metallico RM-compatibile varia in parte anche in rapporto ad altri paramenti quali il gap, le dimensioni del FOV, il bandwidtch di radiofrequenza e la matrice. I trattamenti chirurgici con mezzi di sintesi metallici non sono infrequenti, possono essere di tipo diverso e richiedono nel followup e nel controllo post-chirurgico il ricorso alla diagnostica con Risonanza Magnetica. Attualmente vengono utilizzati metalli non ferromagnetici come il titanio puro, le leghe al titanio, il nitinolo ed altri composti. 76 L’elemento che era stato impiantato nel nostro paziente, del nostro studio era costituita da lega in titanio. Le leghe in titanio hanno il vantaggio di non essere ferromagnetiche e di essere Rm-compatibili. Oggetti costruiti con tali metalli se vengono introdotti nel campo magnetico statico di elevata intensità (1,5T) non subiscono movimenti di traslazione, né una significativa distorsione. Per tale motivo è possibile sottoporre all’esame di Risonanza Magnetica i soggetti a cui siano stati impiantati mezzi di sintesi al titanio subito dopo l’intervento chirurgico. Per contro le caratteristiche di tali materiali sono tali da produrre artefatti caratterizzati da una zona di caduta del segnale, non solo nella sede dell’impianto, ma anche nelle immediate vicinanze. Sebbene le alterazioni siano contenute rispetto a quanto si verificava con i vecchi materiali ferromagnetici, bisogna tuttavia tenere conto e trovare artifizi che ne riducano gli effetti negativi sulla qualità delle immagini. La prima considerazione da fare è l’entità e l’estensione dell’area di caduta del segnale che è 77 strettamente correlata alle dimensioni, alla massa e all’orientamento del mezzo di sintesi. Per tale motivo vi è un’ aumentata tendenza ad utilizzare strumenti che uniscono il pregio della resistenza a quello delle dimensioni più contenute. Per quanto concerne i parametri di Risonanza Magnetica la nostra esperienza è i linea con quanto risulta dalla letteratura: le sequenze Gradient Echo sono quelle che più risentono degli artefatti da suscettibilità magnetica e che pertanto non sono assolutamente da utilizzare in soggetti sottoposti ad interventi chirurgici di osteosintesi, mentre le sequenze Turbo Spin Echo sono le più idonee nello studio di pazienti sottoposti ad interventi chirurgici che impiegano mezzi di sintesi. Con l’impiego di sequenze Turbo Spin Echo i dati sono univoci in quanto , infatti, l’incremento del numero dell’ETL e la riduzione del TE ha dimostrato una riduzione dell’ampiezza dell’area di alterato segnale e globalmente, tali variazioni si sono dimostrate significative. Il nostro studio è stato mirato alla ricerca dei parametri che risultassero ottimali, con l’apparecchiatura di Risonanza Magnetica 78 utilizzata presso il nostro Servizio, nella valutazione pre e post operatoria di pazienti poratori di mezzi di sintesi metallici. La necessità di offrire un’ottimale accuratezza diagnostica deriva dall’esigenza di ridurre sia il tempo di ospedalizzazione, sia i rischi intra-opratori, che le complicanze post-operatorie secondarie all’intervento chirurgico e di poter studiare nel tempo questi pazienti. 79 BIBLIOGRAFIA 1) S. Webb The Physics of Medical Imaging (Medical Science Ser) Iop Publishing Ldt-1988 2) F.Mazzucato Anatomia Radiologica – II Tecnica e metodologia propedeutiche alla diagnostica mediante immagini Piccin Padova-1997 3) G.Gavelli, A. Lentini Guida Alla Diagnostica per immagini con le tecniche computerizzate Vol. I Tomografia Computerizzata Risonanza Magnetica Piccin Padova-1998 4) D. G. Mitchell Principi di risonanza magnetica Centro Scientifico editore -1999 80 1) Sofka CM, Potter HG, Figgie M, Laskin R. Magnetic resonance imaging of total knee arthroplasty Clinical orthopaedics and related research-2003 Jan;(406):129-35 2)Alfred Stadler, Wolfgang Schima, Ahmed Ba-Ssalamah, Joachim Kettenbach and Edith Eisenhuber Artifacts in body MR imaging: their appearance and how to eliminate them. European Radiology-2006;Vol. 17, N° 5 / May, 2007, 1242–1255 3) Jiachen Zhuo, MS and Rao P. Gullapalli, PhD AAPM/RSNA Physics Tutorial for Residents,MR Artifacts, Safety, and Quality Control RadioGraphics -2006;26:275-297 4) Olsen RV, Munk PL, Lee MJ, Janzen DL, MacKay AL, Xiang QS, Masri B. 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