Archivio selezionato: Massime ESTREMI Autorità: Cassazione penale sez. V Data: 13 gennaio 2006 Numero: n. 7193 Parti: Fonti: Cass. pen. 2007, 4, 1658 CLASSIFICAZIONE TRUFFA Artifici e raggiri ipotesi varie TESTO TRUFFA - Circostanze aggravanti - Truffa contrattuale - Danno patrimoniale di rilevante gravità - Criteri di valutazione. In tema di truffa contrattuale, l'ingiusto profitto, con correlativo danno del soggetto passivo, consiste essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto, indipendentemente o meno dallo squilibrio oggettivo delle rispettive prestazioni, sicché la sussistenza dell'aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 61, comma 1 n. 7 c.p.) deve essere valutata con esclusivo riguardo al valore economico del contratto in sé, al momento della sua stipulazione, e non con riguardo all'entità del danno risarcibile, che può differire rispetto al valore, in ragione dell'incidenza di svariati fattori concomitanti o successivi, tra cui la decisione del deceptus di agire o meno in sede civile per l'annullamento del contratto. NOTE GIURISPRUDENZIALI (1) Il principio richiamato in sentenza è quello prevalente nell'orientamento giurisprudenziale pur trovandosi anche pronunce parzialmente difformi. Secondo la suprema Corte, Sez. II, 23 settembre 1997, Marrosu, in C.E.D. Cass., n. 210456, nella truffa contrattuale l'ingiusto profitto, con correlativo danno del soggetto passivo, consiste essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto, indipendentemente o meno dallo squilibrio oggettivo delle rispettive prestazioni. Conseguentemente la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 61, n. 7, c.p. non può che essere valutata con esclusivo riguardo al valore economico del contratto in sé. D'altronde anche Sez. I, 24 aprile 1996, Lualdi, ivi, n. 205180, ritiene che ai fini della valutazione del danno di particolare rilevanza è necessario riferirsi al momento consumativo del delitto, a nulla rilevando le circostanze che possono verificarsi dopo tale momento. Nello stesso senso Sez. II, 13 dicembre 1982, Gava, ivi, n. 159923, secondo cui nella truffa contrattuale tutti gli elementi dell'ingiusto profitto e del danno vanno individuati, indipendentemente da uno squilibrio tra il valore delle controprestazioni, nel vantaggio e nel pregiudizio rispettivamente derivanti alle parti dalla stipula del contratto che, senza artifici e raggiri, non sarebbe stato concluso dalla parte offesa. Sempre in tema di profitto si veda anche Sez. II, 4 marzo 2003, De Francesco, in questa rivista, 2004, p. 2875, laddove viene specificato che la sussistenza dell'ingiusto profitto e del correlativo danno non sono esclusi dal fatto che il raggirato abbia corrisposto il prezzo del servizio fornito quando risulti che esso sia stato acquistato per effetto del raggiro. Non dello stesso avviso, anche se solo parzialmente, Sez. un., 16 dicembre 1998, Cellammare, in C.E.D. Cass., n. 212080, che affermando in primis come la truffa sia reato istantaneo e di danno, perfezionandosi nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica abbia seguito la deminutio patrimonii del soggetto passivo, sostiene il principio secondo cui in tale delitto, mentre il requisito del profitto può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico, l'elemento del danno deve avere contenuto necessariamente patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale. Così anche Sez. II, 6 marzo 1974, Margotta, ivi, n. 128270. In tema di valutabilità della stipula di un contratto preliminare quale strumento sussumibile ai sensi della fattispecie ad oggetto si abbia riguardo a Sez. II, 25 novembre 1997, Di Santo, in questa rivista, 1999, p. 887, che lo ritiene idoneo ove si accompagni ad un precostituito proposito di non adempiere, sufficiente ad integrare, sul piano del dolo, elemento intenzionale del reato, ed allorché il patrimonio del soggetto passivo ne sia rimasto, in conseguenza, depauperato. Anche la dottrina si mostra divisa. Da una parte c'è chi ritiene la necessità di misurare il danno anche in base alla posizione individuale di chi lo subisce, mutando il valore delle cose in rapporto alla differente utilità personale che esse posseggono per i diversi individui. In questo senso ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, parte speciale, vol. I, Giuffrè, 2000, p. 357; MAGLIARO, Truffa e danno patrimoniale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1963, p. 1202. Ciò implica che, in sede di accertamento del danno, si tenga conto anche delle esigenze personali del soggetto raggirato: in altri termini, si tratta di verificare se, al di là della eventuale equivalenza economica, la controprestazione ricevuta sia per lui utile e pacificamente utilizzabile. Dall'altra si ritiene inaccettabile pretendere di personalizzare la valutazione del danno sulla base di criteri soggettivi potendosi al più ancorare la valutazione dell'utilità personale al giudizio ragionevole di un osservatore obiettivo riferito ad un modello ricostruito sulla base delle caratteristiche tipiche dei soggetti rientranti nella cerchia sociale e/o professionale cui il soggetto passivo di volta in volta appartiene. Si veda FIANDACA - MUSCO, Diritto penale parte speciale, i delitti contro il patrimonio, vol. II, Zanichelli, 2002, p. 180. In quest'ultimo senso anche MAGGINI, La truffa, Cedam, 1988, p. 26 ss., che ritiene che ove il bene acquisito risulti oltre che economicamente equivalente, in qualche modo utile per l'acquirente raggirato, è sin dall'inizio esclusa ogni forma di danno e perciò la truffa non è configurabile. Respingendo in tal senso quell'indirizzo giurisprudenziale assai rigoristico che fa nella sostanza consistere il danno nel nocumento che la condotta ingannatoria arreca alla semplice libertà di contrarre. In senso conforme alla giurisprudenza invece MARINI, Profili della truffa nell'ordinamento penale italiano, Giuffrè, 1970. CORRELAZIONI Legislazione correlata: Codice Penale art. 61 Tutti i diritti riservati - © copyright 2002 - Dott. A. Giuffrè Editore S.p.A.