I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 1/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Titolo: “Telerilevamento dati di un impianto di produzione con pannelli fotovoltaici” Classi: 4Bn, 4Bt e 5Bn Istituto Istruzione Superiore: PRIMO LEVI – Torino www.iisprimolevi.it A.S. 2012 / 2013 Progetto effettuato in collaborazione con la ditta: ASJA S.p.A. Via Ivrea 70, Rivoli – TO www.asja.biz I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 2/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 1 1. Introduzione Ogni luogo in cui l'uomo svolge la sua attività giornaliera necessita di energia. L'aumento senza precedenti storici del prezzo del petrolio e i cambiamenti climatici hanno recentemente riacceso l'interesse della politica internazionale per le fonti energetiche rinnovabili. Lo “sviluppo" sproporzionato rispetto alle risorse naturali, il riscaldamento della crosta terrestre, la riduzione delle risorse idriche, sono solo alcuni dei tanti fenomeni disastrosi che stanno annunciando un futuro a tinte fosche per il pianeta e per le generazioni a venire. Per ridurre rapidamente le emissioni di CO2 l'unica soluzione è il passaggio alla generazione di energia da fonti rinnovabili, e principalmente dal sole. Tra le diverse tecnologie attraverso cui è possibile sfruttare la fonte solare, il fotovoltaico rappresenta quella di gran lunga più di usa. Il presente lavoro si colloca all'interno di un progetto denominato “Elios Power” (finanziato dalla ditta Asja) che ha come obiettivo finale la realizzazione di un ambiente per il monitoraggio, la gestione, la manutenzione e la sicurezza di un impianto fotovoltaico. Gli aspetti affrontati in questa scheda riguardano la progettazione e la realizzazione di una base di dati da utilizzare per immagazzinare i parametri forniti dai vari dispositivi monitorati e la progettazione e realizzazione del portale web che permetta all'utente di visualizzare l'andamento dell’impianto, con la possibilità di visionare grafici e tabelle. Nella fase preliminare è stata fatta una breve introduzione sulle caratteristiche principali di un impianto fotovoltaico e sul Quarto Conto Energia, un decreto ministeriale nel quale trovare tutte le informazioni in materia di incentivi ed erogazioni di finanziamenti per la vendita di energia prodotta da fonti solari. Nella fase di progettazione del sistema è stata fatta una rigorosa analisi dei principali punti di un impianto che necessitano di essere monitorati in quanto facilmente soggetti a logorio o a guasti tecnici. Successivamente è stata fatta una scelta dei possibili dispositivi necessari al monitoraggio puntuale delle grandezze nei punti critici ed è stato progettato un database che immagazzinasse tali valori. La progettazione del database è stata fatta considerando la presenza di tutti i dispositivi posti nei punti critici e rendendo tale struttura il più possibile modulare, in modo da potersi prestare a modifiche in base alle esigenze del monitoraggio. Tale database verrà utilizzato per fornire tutte le informazioni richieste dall'utente tramite l'utilizzo del portale web. Il portale è stato progettato e realizzato con l'obiettivo di fornire una struttura di facile utilizzo da parte dell'utente, senza tralasciare la possibilità di ulteriori integrazioni future nella fase di gestione. 1.2 Le Fonti di Energia Rinnovabile 1.2.1 L’Italia e le fonti di energia rinnovabile Da quando, nel 2005, è entrato in vigore il protocollo di Kyoto, in Italia si è cominciata a sentire l’esigenza di fare qualcosa in più nei confronti della disastrosa situazione climatica. L’Unione Europea il 23 Gennaio 2008 ha approvato il pacchetto clima detto ”20-20-20”. Con tale sigla si identificano gli obiettivi di riduzione dei gas serra e di efficienza energetica. Entro il 2020 l’UE dovrà diminuire del 20% l’emissione di I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 3/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN gas serra, aumentare del 20% l’efficienza energetica degli edifici e utilizzare per almeno il 20% fonti di energia rinnovabile. Il Bilancio Energetico nazionale evidenzia la produzione di energia da fonti rinnovabili pari al 16,7% del fabbisogno nazionale in netto aumento per il raggiungimento degli obiettivi del pacchetto clima. Questo grazie ad una maggiore attenzione dei governi al problema ambientale della produzione di energia. Figura 1.1 – Differenti tipologie produzione elettrica Infatti negli ultimi anni c’è stata una progressiva sensibilizzazione affiancata da provvedimenti legislativi che incentivano le fonti di energia rinnovabile. Il principale provvedimento è stato realizzato attraverso la legge detta ”Conto Energia”. Tale legge, sul modello tedesco, prevede una incentivazione pecuniaria sulla produzione di energia da fonti rinnovabili. Rispetto al passato quando si incentivava l’energia rinnovabile tramite assegnazione di parte della somma dell’investimento a fondo perduto, il meccanismo del conto energia diventa un finanziamento in conto esercizio. Il principio consiste nell’incentivazione della produzione elettrica con cadenza tipicamente bimestrale per i primi 20 anni (in alcuni casi 15 anni) di vita dell’impianto. Il proprietario, anno dopo anno, percepisce un incentivo che deriva dalla produzione in kWh dell’impianto moltiplicata per una tariffa dipendente dalla tipologia e dall’anno di entrata in esercizio. Il sistema di produzione deve necessariamente essere connesso alla rete elettrica (grid connected) a deve avere una dimensione superiore I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 4/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN ad 1 kWp. Ogni anno la tariffa incentivante decresce del 2% fino ad arrivare ad un tetto massimo kWp da installare specificato sul portale del GSE (www.gse.it). Oltre all’incentivazione in ”Conto Energia” chi installa un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili può avere un sensibile risparmio nei costi dell’energia elettrica. Questo accade perché la produzione di energia viene direttamente collegata alle utenze e quindi si ha un fattore di contemporaneità di produzione rispetto al consumo che permette un risparmio energetico dipendente dalle abitudini di utilizzo. 1.2.2 Le principali fonti di energia rinnovabile 1.2.2.1 Gli impianti di produzione di energia idroelettrica Figura 1.2: Distribuzione degli impianti idroelettrici La maggior parte di energia elettrica prodotta in Italia che non utilizza combustibili fossili è l’energia idroelettrica con centrali installate sopratutto in Italia settentrionale. L’idroelettrico in Italia ha una storia che fonda le proprie radici nel lontano 1889. Già poi nel 1965 la produzione di energia da turbine idroelettriche rappresentava il 65% del fabbisogno nazionale. Successivamente all’impennata dei fabbisogni energetici, l’utilizzo di centrali idroelettriche ha continuato a soddisfare circa il 15-18 per cento degli interi consumi. Ad oggi continua a rappresentare circa il 12% anche se, dagli ani 60, lo sfruttamento elle risorse è considerevolmente aumentato fino ad una quasi saturazione (dai 12.517 MW del 1963 ai 21.343 MW attuali) dei siti d’installazione. La rappresentazione cartografica della distribuzione regionale della numerosità degli impianti mostra che in Italia il numero maggiore di installazioni d’impianti idroelettrici è presente nelle regioni settentrionali. Infatti nell’Italia settentrionale vi è il più alto numero di impianti realizzati: in particolare in Piemonte, in Trentino Alto Adige ed in Lombardia, che insieme esprimono oltre il 55,3% del totale nazionale. Nell’Italia centrale si distinguono le Marche, con il 4,8% d’impianti istallati. Un impianto idroelettrico, sfruttando un dislivello morfologico, trasforma l’energia potenziale dell’acqua in energia meccanica tramite una turbina la quale, collegata ad un I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 5/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN generatore, viene trasformata in energia elettrica. Esistono tre tipologie di impianti idroelettrici, gli impianti a bacino, a serbatoio o ad acqua fluente. Gli impianti a bacino dispongono di un serbatoio con una capacità che permette la generazione di energia per meno di 400 ore e più di 2. Quelli a serbatoio invece hanno una capacità maggiore di 400 ore. Figura 1.3: Funzionamento di un impianto idroelettrico Infine gli impianti ad acqua fluente sfruttano esclusivamente il flusso d’acqua presente nell’alveo del fiume. Gli impianti a serbatoio o a bacino necessitano di grandi opere strutturali se non sono presenti dei serbatoi naturali mentre gli impianti ad acqua fluente sono soggetti a periodi di intensa produzione e periodi di scarsa produttività. In Italia sta aumentando il numero di piccoli impianti idroelettrici ad acqua fluente sia da parte di enti produttori di energia elettrica ma anche da parte di singole realtà industriali o artigianali. 1.2.2.2 Gli impianti eolici/minieolici Le pale eoliche sono collegate ad un rotore collegato a sua volta ad un generatore per la produzione di energia elettrica e vengono azionate dall’energia cinetica del vento che le fa ruotare. La rotazione viene trasferita ad un sistema meccanico di moltiplicazione dei giri che trasforma la rotazione in energia elettrica la quale viene immessa nella rete. La turbina eolica viene collocata sulla testa rotante di una torre con sufficiente altezza in modo da evitare turbolenze del terreno o di eventuali ostacoli. La ventosità del sito d’installazione rappresenta un fattore determinante per verificare la fattibilità dell’impianto. Dato che la producibilità è direttamente proporzionale al cubo della velocità del vento piccole differenze di velocità possono incidere sulla convenienza o meno dell’impianto. Esistono turbine eoliche di taglia differente da quelle di piccola taglia che vanno da 1 kW a 200 kW con una torre di altezza dai 10 ai 30 metri a quelle di taglia oltre i 1000 kW che hanno un diametro del rotore dai 55 agli 80 metri e l’altezza della torre dai 60 ai 120 metri. Le turbine di piccola taglia possono essere utilizzate per soddisfare il fabbisogno di piccole utenze o gruppi di utenze mentre quelle di media dimensione o di grandi dimensioni possono soddisfare il fabbisogno di industrie o complessi artigianali. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 6/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 1.4: Schema di un impianto eolico Figura 1.5: Mappa della ventosità annua a 75 metri s.l.m Negli ultimi anni c’è stata una tendenza di aumento della taglia media di aereogeneratori, che è infatti passato dai 50 kW degli anni ’80 fino ai 5 MW odierni. Si è I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 7/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN anche verificato un aumento costante delle potenze installate anche derivato dall’evoluzione tecnica degli aereogeneratori che li ha resi più stabili, con una manutenzione meno frequente (ogni 6 mesi circa) e con durata media di oltre 20 anni. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo assistito ad un’evoluzione costruttiva che ha permesso l’introduzione sul mercato di aereogeneratori ad asse verticale che hanno delle caratteristiche di durata superiori ai classici generatori a tre pale. In generale nel quinquennio 2004-2008 il numero d’impianti è più che raddoppiato con un tasso di crescita annuo del 19%. Si prevede, inoltre, un ulteriore sviluppo di impianti eolici di piccole dimensioni derivato da aggiornamenti normativi che prevedono un incentivazione più consistente. Infatti, per gli impianti eolici entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, di potenza nominale non superiore agli 0,2 MW l’energia riconosciuta all’intervento effettuato immessa nel sistema elettrico può essere incentivata, con una tariffa onnicomprensiva di 30 €/Cent al kWh per un periodo di 15 anni. Restano comunque in vigore le incentivazioni derivanti dai certificati verdi che sono dei titoli negoziabili corrispondenti a un quantitativo di emissione di anidride carbonica. I certificati verdi possono essere rivenduti ad aziende o enti o nazioni che non utilizzano fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, migliorando il bilancio ambientale globale. Nelle pagine successive, nella sezione che si occupa dell’incentivazione degli impianti da fonti rinnovabili, verrà approfondito il concetto di certificado verde e certificato bianco, evidenziandone le differenze e le peculiarità. 1.2.3 Gli Impianti fotovoltaici Un modulo fotovoltaico trasforma direttamente l’energia solare in energia elettrica sfruttando l’effetto fotovoltaico caratteristico di alcuni materiali presenti in natura tra cui il silicio. Questi semiconduttori, se colpiti da radiazione luminosa generano elettricità. L’elemento base di un modulo fotovoltaico è la cella che ha una potenza variabile tra 1 e 2 Watt. Un modulo può contenere decine di celle collegate in serie e a sua volta essere collegato in serie o parallelo con altri moduli, formando un generatore che può avere le dimensioni di pochi kWp fino a generatori di più MWp. L’unità di misura degli impianti fotovoltaici è il Wp (Watt Peak). Il Wp è la producibilità di una cella alle condizioni standard di laboratorio (STC - Standard Test Condition) cioè ad una temperatura di 25°C, con un irraggiamento di 1000 W/m2. Il Wp suddivide anche le classi di moduli a seconda del rendimento, si possono trovare sul mercato moduli da 10 Wp fino a 300 Wp. I moduli che formano il generatore devono avere un’esposizione corretta all’irraggiamento solare al fine di produrre energia in maniera ottimale. Nel nostro paese i moduli hano la massima produzione se orientati verso Sud con un’inclinazione di circa 30°. La resa per ogni kWp installato dipende dalla latitudine, da Nord a Sud dell’Italia oscilla tra da i 1000 kWh ai 1400 kWh. Un kWp richiede una superficie netta, a seconda della tecnologia, tra gli 8 e i 10 2 m . L’installazione di un impianto fotovoltaico può avvenire su superfici piane, come appezzamenti di terra o su superfici inclinate come tetti, facciate o pareti. Per ogni tipologia d’installazione esistono delle strutture di sostegno fisse o mobili. Le strutture mobili, detti inseguitori, sono in grado di seguire il sole al fine di mantenere la superficie dei moduli sempre ortogonale rispetto ai raggi. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 8/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 1.6: Schema di collegamento di un impianto fotovoltaico solari. I moduli producono corrente continua che, per essere immessa in rete, necessita di un convertitore statico (inverter). L’inverter trasforma la corrente continua in alternata alla tensione di rete e permettono l’immissione di energia sulla rete elettrica esistente. E’ possibile utilizzare un impianto fotovoltaico senza disporre di una rete elettrica, utilizzando degli accumulatori di corrente. Tale tipologia di impianto è chiamato ”impianto ad isola” e viene utilizzato in zone dove non è presente una rete elettrica. 1.2.3.1 Storia della tecnologia fotovoltaica Durante l’anno 1839 un fisico francese, Edmond Becquerel si accorse dell’effetto fotoelettrico mentre faceva esperimenti con una soluzione elettrolitica e due elettrodi metallici. Si accorse che l’esposizione alla luce alterava la corrente tra gli elettrodi. Fu poi nel 1876 che William Grylls Adams e Richard Evans Day si accorsero delle proprietà fotoelettriche del selenio. Anche se il selenio aveva un efficienza molto bassa e fu sostituito con celle al silicio, Adams provò che un materiale allo stato solido poteva convertire la luce in elettricità segnando un notevole passo avanti alla ricerca. Charles Fritts, inventore americano, nel 1883 sviluppò la prima cella solare accoppiando un materiale conduttore con un sottile strato d’oro. La cella aveva un’efficienza pari all’1%. Russell Shoemaker Ohl è stato un ingegnere americano riconosciuto a livello internazionale come autore del brevetto per le moderne celle solari. Egli fu un noto ricercatore sul comportamento di alcuni cristalli, ha lavorato negli anni ’30 all’AT&T Bell Lab. Nel 1939 ha scoperto la barriera PN chiamata ”P-N junction” alla base delle moderne celle fotovoltaiche. La sua ricerca sui cristalli e sui diodi lo portò a sviluppare la prima cella solare al silicio. Nel 1954, tre ricercatori americanti, Gerald Pearson, Calvin Fuller e Daryl Chapin, progettarono una cella al silicio capace di un’efficienza di conversione pari al 6% con luce solare. Crearono un array di diverse strisce di silicio, ciascuna delle dimensioni di una lama di rasoio, le posizionarono alla luce diretta del sole, facendo in modo che producesse energia elettrica. Crearono quindi il primo modulo fotovoltaico, la cui conseguenza sul mercato fu un prototipo di batteria a celle solari annunciata nel 1955 dai laboratori Bell. 1.2.4 Incentivazione degli impianti da fonti rinnovabili L’italia ha recepito la direttiva Europea per l’incentivazione da fonti rinnovabili in modo da ottemperare agli obiettivi del protocollo di Kyoto. L’art. 2 del Dlgs 387/03 identifica le fonti energetiche rinnovabili in “le fonti energetiche non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 9/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN intende: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.” L’incentivazione e sviluppo delle fonti rinnovabili prevede il rilascio dei certificati verdi e una tariffa omnicomprensiva per impianti infieriori ad 1 MW. La tariffa omnicomprensiva è applicabile agli impianti entrati in esercizio a partire dal 1 Gennaio 2008 di potenza elettrica non superiore a 0,2 MW per gli impianti eolici e non superiore ad 1 MW per gli altri impianti. Ai sensi dell’articolo 2, comma 144, tabella 3 della Legge Finanziaria 2008 e dell’articolo 3 comma 1 del DM 18/12/2008 gli impianti fotovoltaici non possono accedere alla tariffa omnicomprensiva ma si applicano gli incentivi descritti nel DM 19/02/2007 detti ”Conto Energia Fotovoltaico”. 1.2.4.1 Conto Energia Il meccanismo del Conto Energia ha avuto una prima emanazione nel 28 luglio 2005 mentre è attualmente regolato dal DM del 19/02/2007. Il Conto Energia incentiva l’energia elettrica prodotta agli impianti fotovoltaici per un periodo di 20 anni. La produzione viene calcolata installando un contatore di produzione a monte delle utenze e collegato direttamente all’uscita degli inverter. Al momento del collegamento dell’impianto viene riconosciuta una tariffa che varia in base all’integrazione architettonica. Se l’integrazione architettonica è totale la tariffa è del 5% superiore rispetto ad un impianto fotovoltaico complanare al tetto. Gli impianti a terra o la cui inclinazione e orientamento si discostino dalla superficie del tetto hanno una tariffa remunerativa minore. Questo meccanismo tende ad incentivare lo smaltimento dell’amianto riconoscendo una tariffa superiore del 5% in caso di rimozione della copertura in amianto e installazione dell’impianto fotovoltaico. Inoltre, scuole, enti sanitari e pubblici possono beneficiare di un ulteriore 5% d’incentivazione. Considerando la radiazione annuale, l’efficienza e la durata di un impianto fotovoltaico il Conto Energia ammortizza il costo di un impianto fotovoltaico dai 5 ai 10 anni, remunerando il soggetto responsabile dell’impianto per i successivi 10 anni. Da un punto di vista fiscale il ricavo del Conto Energia, per un privato, non si cumula al reddito dato che è considerato un incentivo a fondo perduto. L’azienda, invece, detrae annualmente una quota d’ammortamento pari a circa il 9% e porta l’acquisto dell’impianto a credito IVA. L’incentivazione del Conto Energia prescinde dal risparmio energetico o dall’utilizzo che se ne fa. E’ un meccanismo di copertura dell’investimento che ha lo scopo di mantenere in esercizio gli impianti fotovoltaici più a lungo possibile. 1.2.4.2 Certificati Verdi I certificati verdi sono titoli negoziabili per l’incentivazione da fonti rinnovabili che corrispondo ad una quantità definita di emissioni di anidride carbonica. E’ una quantificazione del risparmio di un impianto da fonti rinnovabili (solare, eolico etc..) rispetto ad uno da fonti fossili (petrolio, gas, carbone) espressa come quantità di anidride carbonica evitata. Il gestore dell’impianto richiede un certificato verde dal GSE (Gestore Servizi Energetici) che può rivendere ad industrie o attività che dovrebbero utilizzare delle fonti rinnovabili ma non lo fanno. I certificati verdi sono stati introdotti a seguito della liberalizzazione del settore elettrico. Essi permettono alle imprese che non possono produrre il 2% di fabbisogno di energia da fonti rinnovabili di rispettarne l’obbligo acquistando i certificati presso la borsa del GSE fino a raggiungere il 2% della propria produzione. Tale quota si I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 10/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN incrementa dello 0,35% dal 2004. I certificati verdi possono essere accumulati e venduti successivamente al rialzo a causa della domanda di mercato. Questo meccanismo crea un mercato di titoli energetici che possono essere scambiati incrementando i profitti per quelle aziende che riducono i gas inquinanti utilizzando il meccanismo del libero mercato. Il meccanismo d’incentivazione può essere calibrato in modo da poter sviluppare alcuni settori invece che altri in modo da poter evitare conseguenze derivanti dalla degradazione del territorio o di paesaggi di valore storico culturale per l’installazione selvaggia diurna determinata tipologia di impianti. Inoltre il meccanismo dei certificati verdi deve essere valutato come una parte dei meccanismi d’incentivazione delle fonti rinnovabili e per l’ottimizzazione delle risorse energetiche del paese. 1.2.4.3 Certificati Bianchi I certificati bianchi sono un titolo che attesta il risparmio energetico. I distributori di energia elettrica e gas hanno il diritto di ricevere un certificato bianco al momento del raggiungimento del risparmio equivalente ad una tonnellata di petrolio. Per far questo intervengono attraverso la cogenerazione o attraverso misure di promozione rivolte agli utenti finali e che abbiano lo scopo di diminuire il consumo energetico. Ogni certificato equivale a 100 euro per 5 anni e ha la conseguenza di far risparmiare ai consumatori fino a 800 euro l’anno. Dato che il meccanismo funziona e negli ultimi anni ha dato dei risultati superiori alle previsioni è logico pensare che saranno fissati obiettivi più ambiziosi di risparmio energetico al 2012 che potrebbero arrivare a circa 5 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio riducendo le emissioni di anidride carbonica di 13 milioni di tonnellate pari alle emissioni di 6 milioni di auto. Questo strumento permette di avvicinarci considerevolmente all’obiettivo fissato per l’accordo di Kyoto. 1.2.5 Lo Scambio sul Posto: risparmio sulle spese energetiche Con il termine di ”Scambio sul Posto” si identifica la possibilità di un utente di produrre e utilizzare l’energia autoprodotta connettendola al proprio impianto elettrico. L’energia prodotta attraverso fonti rinnovabili viene collegata in parallelo alle utenze in bassa tensione. Dato che l’energia prodotta localmente viene immessa ad una tensione di poco superiore alla tensione di rete, questa ha la priorità sull’assorbimento delle utenze. Tramite questo meccanismo si ottiene un considerevole risparmio energetico derivante dal mancato prelievo di energia per i propri bisogni dalla rete elettrica. L’energia prodotta in eccesso viene poi ceduta alla rete e conteggiata tramite un apposito contatore. Il GSE remunera l’immissione in rete corrispondendo una tariffa per ciascun kWh immesso. L’assorbimento da rete quindi avviene esclusivamente per carichi superiori rispetto alla produzione istantanea o nelle ore di fermo del generatore. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 11/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 1.7: Collegamento di un generatore fotovoltaico per lo scambio sul posto Tale meccanismo di collegamento incentiva il consumo istantaneo dell’energia prodotta dal generatore mentre risulta poco conveniente la cessione alla rete e il successivo rimborso per ciascun kWh immesso dato che il prezzo di cessione risulta pesantemente inferiore a quello di acquisto. 1.2.6 Ottimizzazione dei consumi rispetto alla produzione Per sua natura l’energia prodotta da fonti rinnovabili non è totalmente prevedibile quindi il concetto dell’utilizzo sfruttando al massimo l’erogazione di energia dalla fonte nell’istante di produzione permette un risparmio generale sia per l’utente che per il gestore di rete il quale non è costretto a sostenere i costi di dispacciamento e le relative perdite di potenza. Tabella 1.1: Percentuale di consumo in tariffa fascia bassa e tariffa fascia alta di un’abitazione. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 12/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Se poi individuiamo esclusivamente impianti di media piccola entità quindi inferiori ai cento kilowatt possiamo considerare l’ottimizzazione dello scambio sul posto come il miglior meccanismo di risparmio energetico. A tale affermazione possono seguire degli esempi di conferma. Ipotizziamo, com’è nella stragrande maggioranza dei casi, un’abitazione che consuma energia e le viene tariffata secondo due fasce, la fascia alta dalle ore 8.00 alle ore 19.00 e la fascia bassa dalle 19.00 alle 8.00. A seconda dell’utilizzo dell’energia il costo totale annuo della spesa elettrica può variare dal dieci al venti per cento meno se si ottimizzano i consumi nella fascia più conveniente di utilizzo. Se inseriamo poi una fonte di energia rinnovabile, quindi per sua natura non prevedibile, allora possiamo ancora di più rendere conveniente l’utilizzo dell’energia prodotta da tale fonte ottenendo dei risparmi superiori al settancinque per cento, come da tabella. Tabella 1.2: Percentuale di risparmio con scambio sul posto da fonte rinnovabile Le tabelle indicano chiaramente come l’utilizzo delle fonti rinnovabili nel momento della produzione possa essere rilevante ai fini del risparmio energetico della singola unità abitativa o artigianale. A tale proposito è stato effettuato uno studio per la riduzione dei costi e l’ottimizzazione dei consumi da fonti rinnovabili tramite impianto domotico. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 13/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 2 2. Introduzione alla rete elettrica in alternata Comprendere l’alimentazione in C.A. Come risulta possibile monitorare tutta l’energia consumata dagli apparecchi collegati alla rete elettrica della casa?. Per capire come risulta possibile è utile conoscere come gli apparecchi interagiscono con il sistema elettrico. Non tutte le apparecchiature interagiscono con il sistema elettrico nello stesso modo. In questo capitolo innanzitutto si discute dei carichi resistivi e come sia possibile il calcolo del loro consumo. Si passa poi a discutere dei carichi reattivi e anche dei carichi non lineari. Infine, si dimostrerà come si misura la direzione del flusso di potenza, che è importante se l'energia viene generata e sia consumata. 2.1 Carichi resistivi Le lampadine ad incandescenza, i boiller (scaldabagni elettrici), i ferri da stiro, le cucine elettriche sono tutte apparecchiature abbastanza semplici che utilizzano tutta l'energia fornita. Sono dei carichi resistivi “puri” il che significa che il loro assorbimento di corrente è uguale alla tensione divisa per la resistenza (legge di Ohm). Un carico puramente resistivo dà un'uscita d'onda di tensione e corrente simile al seguente: Figura 2.1: Diagramma della Tensione, corrente, grafico di potenza con un carico puramente resistivo La linea gialla è la rappresentazione della potenza in un determinato momento (in qualsiasi istante esprime la sua potenza istantanea) che è uguale al prodotto della tensione e della corrente in un determinato momento. Si noti come la potenza è sempre positiva in questo caso, la direzione positiva è l’energia che fluisce verso il “carico” (resistenza dell’utilizzatore). 2.2 Parzialmente carichi reattivi Tuttavia gli utilizzatori come i frigoriferi, le lavatrici, i trapani e le saldatrici ad arco, non si comportano come semplici utilizzatori di tipo puramente resistivo perché utilizzano un motore che può essere semplificato con una induttanza in serie ad un resistore, quindi per questo tipo di apparecchiature non solo assorbono una certa I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 14/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN quantità di energia, ma anche la rilasciano sulla rete di alimentazione. Questi hanno carichi di tipo “induttivo” (ad esempio motori) o capacitivo (es. saldatrici ad arco) oltre alla componente resistiva. Un carico parzialmente induttivo fornisce una rappresentazione dell'onda di tensione e corrente simile alla seguente: Figura 2.1: Diagramma della tensione, corrente, rappresentazione grafica della potenza con un carico parzialmente reattivo. Si noti come la linea gialla vada ora sul quadrante negativo per un certo periodo di tempo, il verso della potenza assume un valore di energia positiva quando fluisce verso il carico e assume un verso negativo quando l’energia rifluisce dal carico. 2.3 Potenza reale, potenza reattiva e potenza apparente. Guardando sia i grafici della tensione, corrente e della potenza di cui sopra la frequenza di rete della potenza assorbita varia dalle 50 alle 60 volte al secondo, con una elevata precisione da parte del gestore pubblico (in Italia si ha una frequenza di 50 Hz). Per gli esseri umani che non riescono a valutare la potenza con il cambiamento a questa velocità e quindi necessario utilizzare un valore più adeguato per il calcolo della potenza: la media delle potenze istantanee che viene denominata potenza reale (o potenza attiva). La potenza reale è spesso definita come la potenza utilizzata da un dispositivo per la produzione di lavoro utile. Osservando il grafico sopra il quadrante positivo si nota che la potenza viene scaricata sul carico dalla rete mentre nella parte negativa la potenza viene fornita dal carico verso la linea di alimentazione. La potenza reale è quella che è stata effettivamente utilizzata dal carico meno la potenza che torna alla linea. La potenza reattiva è la misura del potenza che deve andare dal carico alla rete elettrica. Un'altra misura utile di potenza è il potenza apparente, che è il prodotto della Root-Mean-Squared (RMS) della tensione per il valore RMS della corrente. Per carichi puramente resistivi la vera potenza è uguale alla potenza apparente. Ma per tutti gli altri carichi la potenza reale è inferiore alla potenza apparente. La potenza apparente è una misura della potenza attiva e reattiva, ma non è la somma delle due, come la somma delle due non tiene conto delle differenze di fase. Relazione tra potere reale, reattiva e apparente per carichi sinusoidali IDEALI: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 15/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Potenza reale = Potenza Apparente x cosΦ Potenza Reattiva = Potenza Apparente x sinΦ cosΦ è anche definito come “fattore di potenza” Una nota su carichi non lineari La relazione precedente, per il fattore di potenza, è valida solo per i carichi lineari sinusoidali. La maggior parte delle forniture di alimentazione per i dispositivi portatili come alimentatori in corrente continua (Direct Current = DC) esercitano un carico non lineare sulla rete, il loro assorbimento di corrente spesso è simile a questo diagramma: Figura 2.1: Diagramma della tensione, corrente, rappresentazione grafica della potenza con un carico parzialmente reattivo. Possiamo ancora calcolare Fattore di Potenza dalla seguente equazione: Fattore di Potenza = Potenza Reale / Potenza Apparente ma fattore di potenza = cosΦ non sarebbe corretto, dovrebbero essere aggiunte le armoniche delle frequenze superiori. Il valore del fattore di potenza misura quanto l'efficienza di alimentazione è influenzata sia dalla fase di latenza φ e sia dal contenuto armonico della corrente di ingresso. 2.4 Determinare la direzione del flusso di potenza. Fino ad ora, in questo capitolo si è assunto che il carico stia consumando energia. Se invece stiamo generando energia, allora la direzione dei flussi di corrente viene invertita. Ma poiché la corrente è alternata, la direzione è comunque in retromarcia, dalle 50 (o 60) volte al secondo. Abbiamo bisogno di un riferimento per confrontare la direzione della corrente. Fortunatamente, abbiamo la forma della tensione. Nel diagramma 1, le onde di tensione e di corrente salivano e scendevano insieme. Quando la tensione è positiva (sopra l'asse x), allora la corrente era troppo positiva, e quando la tensione è negativa (sotto l'asse x), allora la corrente era troppo negativa. La potenza è uguale al prodotto della tensione per la corrente e quindi la potenza era sempre tutta positiva, quindi la curva di potenza è sempre sopra l'asse x nel quadrante positivo. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 16/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Se l’utilizzatore invece sta generando una potenza, la direzione della corrente viene invertita rispetto a come era prima. Ora, quando la tensione è positiva (sopra l'asse x), allora la corrente è negativa (sotto l'asse x), e quando la tensione è negativa, allora la corrente è positiva. La potenza sempre negativa e tutta la curva della potenza è sotto dell'asse x (quadrante negativo). Figura 2.1: Diagramma della Tensione, corrente, grafico della potenza durante la generazione. Il segno della potenza indica quindi se la potenza viene consumata o generata dal circuito utilizzatore. Ci sono parecchie variabili che possiamo misurare sui consumi energetici nei sistemi di corrente alternata. Ognuno con i suoi usi. Per l'applicazione dei consumi di energia famigliare la misurazione più utile è quella della potenza reale o attiva in quanto è quella che fornisce quanta potenza tutti i vostri apparecchi sono in realtà si sta usando di tutti i vostri apparecchi ed è ciò che la bolletta indica chiaramente. 2.5 I contatori I contatori di potenza sono alcune volte denominati contatori di energia e viceversa. Per definizione, la Potenza (attiva) è una misura di energia consumata per ottenere un lavoro utile. Per esempio, una lampadina ad incandescenza (una normale lampadina a bulbo) con una scritta stampigliata sul bulbo di 100W consumerà circa 100 watts di Potenza attiva per creare una sorgente luminosa (luce) e anche calore. L’energia, per definizione, è la misura della quantità di lavoro che è necessario consumare in un certo periodo di tempo. Nell’esempio della lampadina ad incandescenza se viene mantenuta accesa per un’ora esatta, essa consumerà: 100 W * 3600 secondi (1 ora = 3600 secondi) = 360000 Ws (watt al secondo) = 100 Wh (watt all’ora) = 0,1 kWh (kilowatt all’ora) di energia. I contatori della luce sono denominati anche contatori di potenza o contatori di energia o contatori di kilowatt. L’uscita dell’impulso di energia (Energy Pulse = EP) è una indicazione reale della Potenza attiva assorbita dal carico, che viene registrata dal contatore, la cui frequenza di aggiornamento dell’impulso (può essere: luminoso, con contatto a relè o con uscita seriale compatibile con i principali standard RS485, etc) è direttamente proporzionale alla potenza attiva. Per esigenze di memorizzazione, il contatore normalmente include almeno due differenti impulsi in uscita per pilotare correttamente il display visualizzatore di I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 17/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN conteggio raggiunto dei KW e normalmente esiste anche un semplice led indicatore che lampeggia con una frequenza corrispondente alla Potenza attiva fornita all’utilizzatore. Il valore di default è di 1000 (nelle abitazioni con contratto del contatore fino a 3KW) oppure 10000 impulsi per ogni kilowatt all’ora consumato, mentre il numero degli impulsi generati per il display visualizzatore è di 100 impulsi per kilowatt all’ora. 2.5.1 Impariamo a conoscere il contatore elettronico I contatori elettronici vengono installati dal fornitore locale di energia elettrica, tipicamente si avrà AEM (Iride) oppure ENEL. Entrambi i gestori di energia hanno avviato la sostituzione del vecchio contatore elettromeccanico da alcuni anni, che si limitava a misurare i consumi di energia elettrica, con il nuovo contatore elettronico, che possiede molte funzionalità in più. Il nuovo contatore è parte di un sistema complesso, in grado di eseguire a distanza la lettura dei consumi e le operazioni di gestione del contratto (attivazione, variazioni, ...), rendendo più semplice, trasparente e rapido il rapporto tra gestore di distribuzione ed i propri Clienti. Figura 2.1: Tipico contatore della luce I vantaggi del Contatore Elettronico Il Contatore Elettronico consente di superare le rigidità del vecchio sistema, garantendo significativi vantaggi per il Cliente. Permette di gestire più razionalmente gli elettrodomestici e gli apparati elettrici. Sullo schermo a cristalli liquidi è possibile ad esempio: • controllare i consumi del periodo di fatturazione in corso e di quello precedente; • conoscere in ogni momento l’effettiva potenza assorbita dagli elettrodomestici e dagli apparati elettrici. Ogni due minuti, infatti, il contatore registra ed aggiorna automaticamente i chilowatt (kW) assorbiti; • leggere la potenza massima assorbita; • verificare il motivo dell’eventuale scatto del limitatore mediante la lettura di messaggi esplicativi. Rende possibili varie offerte commerciali differenziate: la flessibilità del contatore elettronico apre la strada a nuove tariffe, differenziate in base alle varie modalità di consumo. Inoltre, non appena riceverà la comunicazione in bolletta relativa all’attivazione della telegestione, sarà possibile: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 18/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN • avere la bolletta calcolata sulla base dei consumi effettivi e puntualmente registrati, senza più ricevere bollette di acconto o conguaglio e senza più dover comunicare la lettura del contatore; • ottenere rapidamente l’attivazione o la modifica del contratto con una semplice telefonata al numero verde gratuito, senza interventi presso il Cliente. Il contatore elettronico consente, per un tempo illimitato, il prelievo di una potenza fino al 10% in più a quella sottoscritta a livello contrattuale. Ad esempio: per un contratto tipico casalingo da 3 kW è possibile prelevare senza limiti di tempo fino a 3,3 kW; se si superano i 3,3 kW viene data la possibilità di prelevare fino a 4 kW per almeno tre ore; se si preleva una potenza superiore ai 4 kW, l’interruttore scatta dopo due minuti. 2.5.2 Guardiamo insieme il Contatore Elettronico Per prendere confidenza con le funzioni del contatore elettronico, si leggano queste pagine e seguano le istruzioni interagendo con l’apparecchio. Sul display si trovano tante informazioni utili. a destra. Per ottenerle basta premere in sequenza il pulsante di lettura Guardando sul display nell’angolo in basso a sinistra, appare sempre un’indicazione a cui deve prestare attenzione: se compare il simbolo L1 (o contemporaneamente L1, L2, L3 per il contatore trifase), il contatore sta funzionando correttamente; se compare il simbolo V!, e comunque c’è energia elettrica in casa, può ignorare la segnalazione. Diversamente, in caso di mancanza di energia elettrica, contattare gli operatori al Numero Verde di Segnalazione Guasti. Gli indicatori di consumo al display. sono quelle due piccole luci (led), poste a sinistra accanto Quando lampeggiano, c’è consumo di energia elettrica. Quando sono entrambe accese e fisse, non c’è consumo da almeno venti minuti. L’interruttore si trova in basso al centro. Serve per interrompere o riattivare l’alimentazione di energia elettrica. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 19/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 2.1: Tipico contatore della luce Attenzione: come per il precedente contatore, l’interruttore non sostituisce i dispositivi di sicurezza, come ad esempio la protezione differenziale, previsti dalla normativa vigente (legge 46 del 5/3/1990 “Norme per la sicurezza degli impianti” e relativi regolamenti di attuazione). Non sostituisce, inoltre, i dispositivi di sezionamento, protezione e manovra previsti dalla normativa tecnica vigente (norma CEI 64-8). L’interfaccia ottica posta in alto e sotto il pulsante di lettura è riservata ad eventuali interventi dell’operatore autorizzato. I dati di targa indicano le caratteristiche del contatore ed il nome del costruttore. Per riconoscere la tipologia di contatore installato si può leggere la seguente dicitura: • GISM per il contatore monofase, prevalentemente in uso presso le abitazioni; • GIST per il contatore trifase, prevalentemente utilizzato nelle forniture per usi diversi dalle abitazioni. 2.5.6 Il display e le funzioni del contatore Premendo in sequenza il pulsante di lettura, può visualizzare facilmente sul display una serie di informazioni utili. Ad esempio: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 20/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 2.1: Indicazione disponibili sul contatore NOTE 1. La prima visualizzazione riporta il codice della tariffa applicata al contratto, mentre le visualizzazioni successive riportano la descrizione della tariffa stessa. 2. La potenza istantanea. Il valore indicato sul display viene calcolato e aggiornato automaticamente ogni due minuti. 3. La lettura del periodo di fatturazione corrente e precedente. Se in sequenza appaiono le sigle A2 e A3 il contratto è a tariffa bioraria; la sigla A2 indica la lettura in kWh dell’energia utilizzata nelle ore a maggior costo e la sigla A3 indica la lettura in kWh dell’energia utilizzata nelle ore a minor costo. 4. La potenza massima del periodo di fatturazione corrente e precedente. Si tratta di un valor medio calcolato in un intervallo di 15 minuti e viene aggiornato ogni quarto d’ora se il valore è superiore al precedente. Se in sequenza appaiono le sigle P2 e P3 significa che il contratto è a tariffa bioraria; la sigla P2 indica la potenza massima in kW nelle ore a maggior costo e la sigla P3 indica la potenza massima in kW nelle ore a minor costo. Ulteriori segnalazioni in caso di supero della potenza disponibile. Il contatore elettronico, superata la potenza disponibile, effettua delle verifiche al 2°, al 92° e al 182° minuto e visualizza le seguenti informazioni: • Dopo due minuti “RIDURRE CARICO SUPERO POTENZA PER PIU’ DEL XX%” • Dopo 92 minuti “ RISCHIO DISTACCO SUPERO POTENZA PER PIU’ DEL XX%” Se l’interruttore scatta, il valore di potenza istantanea letto sul display non è quello che ha causato l’interruzione della fornitura. Dopo lo stacco, ovvero dopo 182 minuti, sul display viene evidenziato il messaggio: “DISTACCO IMPOSTO SUPERO POTENZA PER PIU’ DEL XX%”. Questo messaggio scompare quando l’interruttore viene riattivato. 2.6 Il contatore bidirezionale. Il contatore bidirezionale serve per misurare l’energia prelevata dalla rete e quella immessa in rete. Il contatore elettronico bidirezionale misura l’energia che viene prelevata e immessa nella rete di fornitore di energia. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 21/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Il contatore elettronico bidirezionale è riconoscibile: • dalle due frecce poste sui dati di targa; Figura 2.1: Targhetta di riconoscimento di un contatore bidirezionale • dalle quattro icone presenti sul display che indicano il verso di percorrenza dell’energia attiva, ossia le modalità di scambio energetico, e la relativa caratteristica dell’energia reattiva (capacitiva o induttiva). Queste quattro icone appaiono sul display solo una alla volta, mai contemporaneamente. Figura 2.1: Display del contatore bidirezionale Se appaiono le seguenti due icone energia dalla rete del distributore. significa che stai prelevando Se appaiono le seguenti due icone energia nella rete di del distributore. significa che stai immettendo Se si possiede un impianto per la produzione di energia elettrica (per esempio, un impianto fotovoltaico) connesso in rete, premendo in sequenza il PULSANTE di lettura, si può visualizzare facilmente sul DISPLAY una serie di utili informazioni. In tal caso l’energia elettrica può essere prelevata dalla rete oppure immessa in rete o autoconsumata. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 22/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 3 3.1 Introduzione al fotovoltaico La società odierna dipende dall'impiego giornaliero di enormi quantità di energia (circa 300TWh/giorno) che vengono principalmente estratte da combustibili fossili. Il consistente consumo di tali risorse porterà ad una riduzione della disponibilità innescando complesse dinamiche socio-politiche; a tutto ciò si devono necessariamente associare gli effetti sulla qualità della vita dovuti alla massiccia emissione di CO2 ed altri inquinanti nell'atmosfera. Tra le varie fonti “rinnovabili" il fotovoltaico può contribuire alla generazione distribuita di energia, con il beneficio di riduzione delle perdite legate al trasporto e al peak shaving 1(Assorbimento di picchi di consumo) di rete. A tutto ciò va aggiunto il fatto che la grande modularità dei sistemi fotovoltaici permette di adattarsi a diverse tipologie di utenza, dai piccoli impianti domestici su tetto fino agli impianti a terra. La produzione di energia da fonte solare è tra le fonti rinnovabili più pulite, in quanto le sue emissioni di gas inquinanti sono nulle per tutto il periodo di vita dell'impianto. Un importante valore intrinseco del fotovoltaico è quello di utilizzare delle aree che non possono essere sfruttate per nessun altro ne, ad esempio superfici di discariche dismesse o aree degradate da riqualificare. La peculiarità di un impianto fotovoltaico è sicuramente legata all'elevato costo del sistema; in Italia attualmente il costo di investimento di un impianto è stimabile in 5000-8000 euro per KWp a seconda delle taglie e del tipo di applicazione. Il costo totale è dunque composto dalle seguenti voci: costi strutturali, ai quali vanno aggiunti i costi di installazione e i costi tecnici. L'acquisto dei moduli incide sulla spesa totale per il 50-70%, a seconda della potenza dell'impianto, mentre la fase di progettazione e installazione vanno dal 15% per gli impianti più piccoli al 5% per gli impianti di grande potenza. L'inverter vale circa il 14% del totale mentre risulta assai difficile stimare il costo delle strutture di sostegno dei moduli in quanto dipende da vari fattori quali il materiale utilizzato, il luogo di installazione, la superficie di appoggio. Ad ogni modo tale costo si può approssimare a circa il 10% del totale. Il costo della manutenzione ordinaria, invece, risulta essere basso. Questa tecnologia, infatti, non ha alcuna parte in movimento, così che non si ha usura di nessuna apparecchiatura interna. Il costo annuo di manutenzione e gestione dunque si aggira intorno allo 0,5% dell'investimento. In definitiva dunque un impianto fotovoltaico ideale dovrebbe essere di facile installazione (nel migliore dei casi non deve essere richiesta la presenza di un installatore) e di controllo (utilizzando ad esempio una stazione di controllo in modalità remota), affidabile e facile da riparare in caso di necessità (concetto che porterebbe alla creazione di una rete globale di assistenza). Per poter quindi ottenere i miglior benefici possibili, monitorare l'impianto diventa necessario. 3.2 Il Fotovoltaico Il fotovoltaico2(Il termine fotovoltaico deriva dall'unione di due parole: “Photo" dal greco phos (Luce) e “Volt" da Alessandro Volta, il primo a studiare il fenomeno elettrico. Quindi il termine fotovoltaico significa letteralmente: “Elettricità dalla luce") è la tecnologia che permette di produrre energia elettrica mediante la conversione diretta della luce solare senza l'uso di combustibili e senza parti meccaniche in movimento.[1] Il silicio è il materiale più impiegato per la produzione di celle fotovoltaiche; I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 23/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN nell'industria fotovoltaica viene utilizzato il silicio cristallino (sia mono che poli) e quello amorfo. Nella forma cristallina gli atomi di silicio sono ordinati in maniera regolare, mentre nell'amorfa sono distribuiti in maniera casuale. La più piccola unità che consente di trasformare direttamente la luce del sole in energia elettrica è la cella fotovoltaica, costituita da un materiale semiconduttore opportunamente trattato e di spessore molto sottile (200 -350 µ). La cella fotovoltaica è sostanzialmente un diodo, cioè una giunzione PN tra due semiconduttori P ed N. I fotoni presenti nella radiazione luminosa separano gli “elettroni" dagli atomi di silicio, formando le \lacune". Gli elettroni sono carichi negativamente e le lacune sono cariche positivamente; le coppie elettrone - lacuna, create per effetto fotoelettrico, migrano nel campo elettrico della giunzione e generano in un circuito esterno la corrente elettrica. La cella fotovoltaica è anche detta foto-pila o batteria solare. Le tipologie di celle fotovoltaiche più comuni sono: silicio monocristallino: presentano un'efficienza del 16-17%; sono abbastanza costosi e, venendo estratti da lingotti cilindrici, è improbabile riuscire a ricoprire superfici estese senza sprecare materiale o spazio. silicio policristallino: sono celle più economiche ma con un'efficienza più bassa (15-16%) che però hanno il vantaggio della facilità con cui è possibile tagliarle in forme adatte per essere unite in moduli. Figura 3.1: Cella fotovoltaica silicio amorfo: le celle così fatte presentano una bassa efficienza (circa 8%) ma sono molto più economiche da produrre. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 24/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Ovviamente la tipologia di cella da scegliere dipende, oltre che dal costo anche dalle condizioni di esposizione alla luce solare. Considerando la tipologia cristallina per ottimizzare la produzione elettrica è necessario che la cella sia orientata verso sud e inclinata opportunamente verso lo zenit3(Queste due condizioni sono quelle che caratterizzano l'irraggiamento diretto) . Va da sè che, qualora queste due condizioni non siano soddisfatte (ovvero con la componente preponderante di luce di usa) è consigliabile l'utilizzo del silicio amorfo che ha il vantaggio di un costo industriale inferiore. Si può dunque dire che il silicio cristallino lavora meglio in condizioni di luce diretta, mentre l'amorfo funziona meglio con luce di usa. Essendo inoltre differenti i tassi di conversione dell'energia fotonica in energia elettrica a seconda del materiale usato appare chiaro che per ottenere un kilowatt di potenza sia necessaria una quantità inferiore di silicio cristallino che non di amorfo. In termini di spazio occupato si può affermare che per un kilowatt di potenza con il monocristallino serve una superficie di 8 mq, con il policristallino di 9 mq e con l'amorfo di 16 mq. Il modulo (o pannello) è il componente elementare di un generatore fotovoltaico, formato da più celle collegate tra loro in modo da ottenere valori di tensione e corrente adatti ai comuni impieghi. Nel modulo le celle sono protette dagli agenti atmosferici da un vetro e sul lato posteriore da materiali isolanti e plastici. Il numero massimo di celle contenute in un modulo è limitato soprattutto dalla necessità di avere moduli facilmente maneggiabili. Il peso e le dimensioni di un modulo devono essere tali da permettere il montaggio anche in condizioni difficili e con poche persone. I moduli oggi più comuni in commercio hanno una potenza di picco4(Il termine “potenza di picco" indica la massima potenza che la cella fotovoltaica genera in condizioni di lavoro ottimali. Tale grandezza viene indicata con l'unità di misura Wp ed esprime la potenza elettrica generata (in Watt) in condizioni standard. Infatti, la potenza di picco viene definita in base a delle condizioni di funzionamento standard, le quali corrispondono ad irraggiamento di 1.000 W/m2 e ad una temperatura della cella di 25°C.) compresa tra gli 80 e i 300 W. Per calcolare, quanti moduli occorrono per un impianto si divide il numero dei Watt richiesti per il valore di picco del modulo scelto (Es: 1.000 Wp : 175Wp = 5,71 moduli, il che significa che ci vorranno 6 moduli con potenza di picco 175 Wp). La tensione generata da una singola cella risulta essere troppo piccola per essere praticamente sfruttata. Vengono quindi connesse in serie più celle per ottenere la tensione desiderata e montate su un’intelaiatura che conferisca rigidità all’insieme. Un particolare vetro antiriflesso viene sovrapposto alle celle e sigillato per tutto il suo perimetro in modo che l’insieme sia protetto dagli agenti atmosferici. Questo è il “Modulo Fotovoltaico”, cioè l’unità minima di un impianto in grado di generare energia elettrica a tensione sfruttabile. Generalmente i moduli sono costituiti da 36 celle connesse in serie per una tensione risultante di circa 18V. Quasi sempre sul retro di ogni modulo, vi è la cassetta di terminazione dotata di coperchio stagno. All’interno vi sono i morsetti per prelevare la tensione e i diodi di BY-PASS. Lo scopo di questi diodi e di evitare il danneggiamento delle celle in caso di malfunzionamento. Infatti, se una cella che compone il modulo viene ombreggiata e le terminazioni del modulo si trovano in cortocircuito (ad esempio se il regolatore di carica è entrato in funzione) o la tensione è molto bassa, la cella oscurata si trova ad essere polarizzata inversamente con una tensione uguale alla tensione a vuoto di tutta la serie formata dalle celle rimanenti. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 25/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN In questo caso, in mancanza dei diodi di by-pass, la cella si troverebbe a dover dissipare la potenza generata dalle rimanenti celle del modulo con conseguente danneggiamento. Cerchiamo di chiarire meglio il concetto. Supponiamo per semplicità, che il modulo sia composto da solo 2 celle, che chiameremo A e B. Figura 3.2: Due celle fotovoltaiche collegate in serie Queste celle, se investite da radiazione solare, si comportano come dei generatori di elettricità e ai loro capi si sviluppa una determinata tensione che, all’uscita del modulo, sarà di valore doppio poiché si trovano collegate in serie tra di loro. Quando invece NON sono investite da radiazione solare NON generano elettricità e, avendo una loro resistenza interna, si comportano come un qualsiasi carico. Se all’uscita del modulo (investito dal sole), formato dalle celle A e B, inseriamo un carico C, quest’ultimo sarà attraversato da una corrente che scorrerà dal - al + (senso reale e non teorico). Figura 3.3: Due celle fotovoltaiche collegate in serie al carico I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 26/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Supponiamo ora che la cella A venga oscurata mentre la B continua ad essere investita dal sole. In questo caso la cella B continua a comportarsi come un generatore. mentre la A non è altro che un carico che si trova in serie al carico C collegato al modulo Figura 3.4: Due celle fotovoltaiche collegate in serie al carico con singola cella oscurata e quindi la corrente generata dalla cella B attraverserà il carico collegato al modulo e il carico rappresentato dalla cella A. Se il carico C è molto elevato (resistenza molto bassa) o addirittura un cortocircuito, tutta l’energia prodotta dalla cella B dovrà essere dissipata dalla cella A, che si danneggerebbe irrimediabilmente! A questo inconveniente si può ovviare mettendo in parallelo alle celle dei diodi polarizzati in senso di NON conduzione. Considerando il senso reale della corrente, i diodi conducono solo quando il catodo è negativo rispetto all’anodo. Figura 3.5: Due celle fotovoltaiche collegate in serie al carico con singola cella oscurata In una situazione normale (insolazione su tutte le celle) è come se i diodi non ci fossero (infatti si trovano ad essere NON polarizzati in senso di non conduzione), ma se una delle due celle fosse oscurata, la corrente generata da quella ancora attiva NON attraverserà più l’altra cella, ma scorrerà nel diodo in parallelo ad essa, cioè sarà BYPASSATA. In realtà nella cella oscurata passerà ancora una debole corrente, ma il suo valore sarà del tutto trascurabile. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 27/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 3.6: Due celle fotovoltaiche collegate in serie con diodi di “BYPASS” È ovvio che se al posto della cella A venisse oscurata la cella B, quest’ultima sarebbe bypassata dal diodo D2. Il caso che il carico C diventi un cortocircuito, si può verificare quando la batteria ha raggiunto la sua carica completa e il regolatore di carica, di tipo parallelo, è entrato in funzione cortocircuitando l’uscita del modulo. In questa situazione, le celle ombreggiate verrebbero danneggiate se il modulo fotovoltaico fosse privo dei diodi di by-pass. Nella realtà, salvo qualche caso (ad esempio nei moduli composti da celle di silicio amorfo a tripla giunzione che hanno un diodo per ogni cella), i diodi di by-pass sono due e ciascuno si trova in parallelo ad una metà di celle che compongono il modulo. Se una qualsiasi cella del gruppo A viene ombreggiata, il diodo Dl bypassa l’interno gruppo A. mentre se viene ombreggiata una cella del gruppo B sarà il diodo D2 a bypassare l’intero gruppo B. Figura 3.7: Serie di celle fotovoltaiche (stringa) con diodo di protezione I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 28/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 3.8: Serie di celle fotovoltaiche (stringa) con diodo di protezione Ogni modulo fotovoltaico è caratterizzato dai seguenti parametri: Nc = numero di celle Pmax = potenza massima (Wp) Vmax = tensione alla massima potenza (V) Imax = corrente alla massima potenza (A) Voc = tensione a vuoto (V) Isc = corrente di cortocircuito (A) I valori relativi a questi parametri si riferiscono alla condizione STC (Standard Test Condition) che sono: IRRAGGIAMENTO 1 KW/m2 = 100mW/cm2 TEMPERATURA 25°C AIR MASS 1,5 Figura 3.9: Composizione spettrale della luce solare con attenuazione atmosferica AM 1,5 Collegando tra di loro più moduli si ottiene il PANNELLO FOTOVOLTAICO, cioè l’insieme dei moduli capaci di produrre la potenza richiesta alla tensione stabilita, Generalmente i moduli hanno una tensione nominale di 12V per cui, collegandoli in serie si ottiene una tensione multipla di 12 con uguale corrente, ma essendo aumentata la tensione anche la potenza aumenta. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 29/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Collegandoli in parallelo la tensione resta invariata, ma le correnti si sommano, per cui anche la potenza aumenta. In entrambi i casi la potenza risultante è uguale alla somma delle potenze dei singoli moduli fotovoltaici. Più moduli collegati in serìe si definisce STRINGA. Per ottenere la potenza richiesta alla tensione voluta si collegano più stringhe in parallelo. Nei collegamento in parallelo, siano moduli o stringhe, occorre sempre inserire un DIODO DI BLOCCO per ogni unità. Lo scopo di questo diodo è di impedire che, qualora l’erogazione dei singoli moduli o stringhe non sia bilanciata, gli squilibri di tensione tra le unità possano provocare del ricircoli di corrente verso quelle a tensione minore. Inoltre, questo diodo, serve ad evitare che una eventuale batteria collegata all’uscita del pannello o modulo fotovoltaico possa scaricarsi su quest’ultimo nei periodi di oscuramento o mancanza di insolazione (es. la notte). Questo diodo deve essere di tipo SCHOTTKY per avere una minima caduta di tensione. Figura 3.10: Esempio di collegamento parallelo di 3 moduli M1 = 12V – 40W M2 = 12V – 40W TOTALE STRINGA = 24V – 80W Figura 3.11: Esempio di collegamento serie di 2 moduli “STRINGA” I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 30/159 M1 M2 M3 M4 Classi 4BN, 4BT, 5BN = = = = 12V 12V 12V 12V – – – – 30W 30W 30W 30W TOTALE STRINGA = 24V – 120W Figura 3.12: Esempio di collegamento serie e parallelo di 4 moduli “STRINGA” I dispositivi LVD sono molto utili per il controllo di carichi medio-piccoli. Una tipica applicazione è quella della gestione di un impianto luci. Se queste vengono dimenticate accese, naturalmente, la batteria inizia a scaricarsi ma, raggiunta la tensione di “guardia” di 10,6 V, il carico viene disattivato salvando così l’efficienza della batteria. Appena la tensione sale e raggiunge i 12,6 V, il carico viene nuovamente inserito. Un dispositivo del genere può essere inserito tra BATTERIA e CARICO (impianto luci) in quegli impianti dove il regolatore di carica ne è sprovvisto. In figura è illustrato lo schema di un dispositivo LVD. L’elemento che funge da interruttore per DISINSERIRE o INSERIRE il carico è un MOS-FET di potenza dalle cui caratteristiche dipende la corrente controllabile. Ad esempio, con un IRFZ34N si possono controllare correnti fino circa a 10A. mentre con I’IRFZ44N si può arrivare anche a 20°. In entrambi i casi, se vengono utilizzati per correnti elevate (vicine a quelle citate) occorre applicargli un buon dissipatore. La scelta del MOS-FET dovrà cadere comunque su quelli a canale N del tipo A RIEMPIMENTO, con resistenza diretta piccolissima (inferiore a 60 mOhm). Il componente IRFZ44N, ad esempio, ha una resistenza diretta di circa 22 mOhm. Come elemento di controllo e comparazione viene utilizzato un normalissimo 555. Anche se ciò può apparire strano, occorre tener presente che questo integrato è composto da due comparatori ed un flip—flop. cioè tutto il necessario per il buon funzionamento di tutto il sistema! Il circuito integrato IC1 garantisce una tensione stabile per le funzioni di IC2 (555) anche se la tensione di batteria subisce, ovviamente, delle variazioni. Agli ingressi esterni dei due comparatori (pin 2 e 6 viene applicata la tensione di batteria che, durante le fasi di scarica e carica subisce delle variazioni. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 31/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Quando questa tensione supera i 12,6 V l’uscita del flip—liop ( pin 3) è bassa (0V). Il LED VERDE si illumina, il transistor Q1 è interdetto, per cui al collettore si avrà la tensione di batteria che applicata al gate di Q2 lo fa entrare in conduzione collegando il carico alla batteria. Quando invece la tensione della batteria scende a 10,6 V, l’uscita del flip—flop (pin 3 diventa alta (circa 7,5V). In queste condizioni il LED VERDE si spegne e si illumina quello rosso, il transistor Q1 entra in conduzione e la tensione al suo collettore, e quindi al gate di Q2, va a 0. Il MOS—FET non conduce più disconnettendo perciò il carico della batteria. Tramite i due trimmer si regolano le soglie dì intervento. Figura 3.13: Regolatore di carica per impianti fotovoltaici 12V – 40W Quindi continuando l'analisi dei componenti di un impianto, si ha il generatore elettrico, cioè l'insieme di alcuni moduli che permettono di fornire l'energia elettrica richiesta. I moduli possono essere connessi in serie o in parallelo. Collegandoli in serie si ottiene la cosiddetta “stringa”, mentre se vengono connessi in parallelo formano il Generatore Fotovoltaico. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 32/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 3.14: Campi fotovoltaici Ciascuna stringa deve essere provvista di un diodo di blocco. Le stringhe vengono collegate in parallelo ad un quadro di campo collegato a sua volta ad un gruppo di conversione detto “inverter" che trasforma la corrente continua prodotta dai moduli in corrente alternata. Il quadro di parallelo, il sistema di conversione ed il quadro di consegna devono essere dotati di tutte le protezioni ai vari livelli richieste dalle norme di sicurezza. La formazione delle stringhe è importante per il dimensionamento dell'impianto e la scelta dell'inverter. Per rendere compatibile l'energia generata dai moduli fotovoltaici con gli elettrodomestici e le apparecchiature utilizzate nelle abitazioni, occorre trasformare la corrente da continua in alternata alla frequenza ed alla tensione di funzionamento della rete elettrica. Questo si ottiene interponendo tra i moduli e la rete un inverter. L'inverter è un dispositivo elettronico in grado di convertire la corrente continua in corrente alternata. In base al tipo di energia generata gli inverter possono essere inverter trifasi (normalmente riservati ad impianti di maggiore potenza) ed inverter monofasi od inverter di stringa. L'inverter, quindi, è un componente molto importante per l'efficienza, la produttività e l'affidabilità dell'impianto fotovoltaico. In particolare, l'inverter svolge le seguenti mansioni: adatta la corrente e la tensione prodotta dal generatore e quella della rete; protegge contro guasti, sovratensioni e sovraccarichi; controlla e gestisce l'intero sistema. 3.3 Tipologie di impianti fotovoltaici La più diffusa classificazione dei sistemi fotovoltaici si basa sull'utilizzo o il non utilizzo della rete di distribuzione dell'energia elettrica. Si parla quindi di: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 33/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Impianti fotovoltaici isolati (stand alone) Impianti fotovoltaici connessi alla rete (grid connect) Figura 3.15: Schema semplificato di un impianto FV collegato in rete 3.3.1 Impianti fotovoltaici Stand Alone Gli impianti Stand Alone sono impianti non connessi alla rete elettrica nazionale, nei quali l'energia elettrica prodotta viene direttamente consumata dall'utente e la parte in eccedenza viene accumulata in apposite batterie, che provvederanno a renderla utile nelle ore in cui manca l'insolazione. Vengono soprattutto utilizzati dove non arriva la rete elettrica o dove sarebbe molto costoso farla arrivare (ad es. baite, siti archeologici, illuminazione stradale, alimentazione per telecamere di sorveglianza, cancelli elettrici, ecc.) I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 34/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 3.16: Schema di un impianto “stand alone” Come è visibile dalla figura 3.3 i componenti di un impianto “stand alone” sono: Pannelli fotovoltaici: hanno il compito di trasformare l'irraggiamento solare in corrente elettrica continua. Convertitore statico: in questa tipologia di impianto il convertitore può essere del tipo DC/DC (viene detto anche chopper) oppure DC/AC (in questo caso si parla di inverter) a seconda delle applicazioni. Accumulatori: rappresentano una parte fondamentale dell'impianto in quanto accumulano l'energia necessaria da utilizzare quando i moduli non sono in grado di produrne a causa di condizioni ambientali avverse. Il problema principale degli accumulatori è legato alla continua carica/scarica che comporta un deterioramento più veloce rispetto alla vita media dell'impianto che è stimata in circa 25 anni (tipicamente vanno cambiati 3 o 4 volte). In quasi tutti gli impianti fotovoltaici è previsto un sistema di accumulo (batteria) la cui funzione è immagazzinare energia (fornita dal pannello fotovoltaico) durante il giorno per poi restituirla nella notte o nei periodi di scarsa insolazione. Le batterie disponibili in commercio lavorano ad una tensione di 12V o suoi multipli. Il tipo di batteria più idonea ad essere impiegata negli impianti fotovoltaici dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: ELEVATA EFFICIENZA - rapporto tra energia fornita ed energia immagazzinata. LUNGA DURATA - numero di cicli carica-scarica.BUONA RESISTENZA AGLI SBALZI DI TEMPERATURA – per gli impianti in quota. BASSA MANUTENZIONE - utenze isolate - remote. RIDOTTA AUTOSCARICA – per impianti che rimangono inattivi per un lungo periodo ad esempio per alcuni mesi. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 35/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Le batterie che, in qualche misura, corrispondono alle esigenze sopra descritte sono del tipo PIOMBO-ACIDO sviluppate per le esigenze automobilistiche e ormai collaudate da decenni. Esistono anche batterie con elettrolita non liquido ma in forma di gel. Questo consente una ridottissima manutenzione e un trasporto più agevole. per contro però sono disponibili in commercio con capacità non molto grandi e richiedono regolatori di carica dedicati, inoltre questi tipi di batterie hanno un costo decisamente più elevato rispetto a quelle tradizionali. Ogni elemento che compone una batteria ha una tensione nominale di 2V. Durante la fase di carica occorre fare in modo che questa tensione non superi determinati valori, altrimenti gli elementi svilupperebbero gas con conseguente surriscaldamento. Durante la scarica è bene che la tensione di ogni elemento non scenda al di sotto di 1,85 V. TEMPERATURA ELETTROLITA in °C 15 25 35 TENSIONE SVILUPPO V/elemento 2,445 2.400 2,335 GAS in Variazione della tensione di sviluppo gas in funzione della temperatura. La capacità nominale di una batteria è riferita ad una scarica completa in 10 ore (con tensione finale di 1.85V per elemento). Se la scarica avviene in tempi più brevi la capacità effettiva si riduce, mentre aumenta se la scarica avviene in tempi più lunghi. CAPACITÀ NOMINALE di una batteria da 100A/h ORE SCARICA CAPACITÀ A/h VARIAZIONE della CAPACITA’ 5 90 10 100 24 120 48 136 72 144 120 150 240 156 -10% --- +20% +36% +44% +50% +56% Nella precedente tabella è possibile notare la variazione di capacità di una batteria da 100A/h in funzione del tempo di scarica (tensione finale/elemento 1,85V). Regolatore di carica: è il dispositivo che ha il compito di impedire che all'interno degli accumulatori si verifichino eccessi di carica e scarica troppo veloci, dunque di preservare l'efficienza delle batterie e prolungarne la vita attraverso varie funzionalità: o ricarica a corrente e tensione controllata delle batterie; o ricerca del punto di massima potenza del campo fotovoltaico (MPPT); o stacco del campo fotovoltaico dalla batteria in caso di voltaggio inferiore a quello utile ad essa, come ad esempio dopo il tramonto; o stacco del campo fotovoltaico dalla batteria quando quest'ultima ha raggiunto la carica totale; I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 36/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN o stacco dei carichi elettrici dalla batteria nel caso in cui quest'ultima si sia scaricata. Una batteria con tensione nominale di 12V è composta da 6 elementi e quindi, durante la fase di carica, occorre fare in modo che la sua tensione non superi i 14,1V circa altrimenti si svilupperebbero i dannosi gas di cui abbiamo già accennato. Abbiamo precedentemente visto che i moduli fotovoltaici composti da 36 celle sviluppano una tensione di circa 18V, tensione che cala a batteria completamente scarica per poi risalire man mano che si carica ma, quando quest’ultima ha raggiunto la sua carica completa, la tensione applicata supera i 14,1V e perciò potrebbe danneggiare la batteria stessa. Per evitare questa spiacevole situazione occorre inserire tra pannello e batteria un REGOLATORE DI CARICA. Il mercato offre una notevole varietà di questi prodotti. Per correnti del pannello fotovoltaico inferiori a 30÷40A generalmente vengono impiegati regolatori completamente elettronici, mentre per correnti superiori si ricorre a regolatori elettronici con attuazione elettromeccanica (relè). I regolatori più diffusi sono del tipo ON—OFF che consistono nella completa connessione O sconnessione del pannello fotovoltaico dalla batteria quando la tensione della stessa supera una determinata soglia (generalmente 14.1V). Il pannello può essere lasciato a circuito aperto (regolazione serie) o in cortocircuito (regolazione parallelo). In piccoli impianti si preferisce la regolazione del tipo parallelo perché non essendoci elementi di regolazione in serie, non vi è neppure su questi alcuna caduta di tensione, per cui la tensione fornita dal pannello viene completamente utilizzata. Tra i regolatori di tipo ON—OFF (sono quelli che a noi interessano) ne esistono due tipi: 1. REGOLATORI VERSO IL PANNELLO Il pannello fotovoltaico viene scollegato o cortocircuitalo quando la tensione di batteria raggiunge i 14,1V: viene invece ricollegato o eliminato il cortocircuito quando la batteria scende a 12,5V. 2. REGOLATORI VERSO IL PANNELLO E VERSO IL CARICO Oltre ad espletare le funzioni precedentemente descritte, controlla anche la corrente verso il carico, scollegandolo se viene superato un determinato amperaggio o se la tensione di batteria scende al di sotto di un certo valore (generalmente 10,8V). Esistono altri tipi di regolatori più sofisticati che lavorano in PWM (PULSE WIDTH MODULATION - MODULAZIONE A LARGHEZZA Dl IMPULSO). Agiscono cioè sulla larghezza degli impulsi di corrente inviati alla batteria. Alcuni modelli sono dotati di circuito LVD ( LOW VOLTAGE DISCONNECT) che ha la funzione di disconnettere il carico in caso di troppo assorbimento o abbassamento della tensione di batteria. Alcuni regolatori (quelli più sofisticati) incorporano un displav (generalmente a cristalli liquidi, per il basso consumo) che segnala lo stato della batteria, la corrente fornita dai moduli e la corrente assorbita dal carico. Quasi lutti i moderni regolatori PWM operano secondo un determinato algoritmo agendo su diversi livelli. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 37/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 3.17: Diagramma di carica di un moderno regolatore PWM Particolari regolatori, oltre alle funzioni già descritte, gestiscono un sistema di illuminazione determinandone l’accensione ed il tempo di alimentazione. Sono dotati di crepuscolare elettronico e di un temporizzatore che consente la selezione di diversi programmi. L’autoapprendimento della durata della notte consente l’accensione anche una o due ore prima dell’alba. Un normale modulo fotovoltaico a 35 o 36 celle può essere usato per caricare piccole batterie o mantenere la carica di batterie più grandi (ad es. in auto o camper durante soste molto lunghe) collegandolo senza il regolatore di carica, a condizione che la corrente generata non sia troppo elevata (meno di 1A). In questo caso occorre interporre tra il modulo e la batteria un diodo a bassa caduta di tensione (SCHOTTKY) in modo da impedire che la batteria stessa si scarichi sul modulo durante i periodi di assenza o scarsa insolazione. MBR16O = 1A-60V MBR54O = 5A-40V MBR 1541 CT= 2x 15A-45V M8R340 = 3A-40V MBR1O45 10A-45V M8R4060 PT2x40A-60V ALCUNE SIGLE E CARATTERISTICHE DEI DIODI SCHOTTKY PIU’ USATI Figura 3.18: Circuito per carica batteria senza regolatore. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 38/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 3.19: Esempio di regolatore di carica verso il pannello (tipo parallelo) Figura 3.20: Esempio di regolatore di carica verso il pannello (tipo parallelo) e verso il carico (tipo serie) Figura 3.21: Esempio di regolatore di carica verso il pannello (tipo serie) Per alcuni impianti. i regolatori più diffusi sono quelli tipo parallelo. Quando la tensione della batteria raggiunge i 14,1V (piena carica), un transistor di potenza. (MOS-FET) entra in conduzione mettendo in cortocircuito il pannello fotovoltaico. Come si può notare nell’esempio di regolatore di carica tipo serie non è presente il diodo di blocco in quanto è già il transistor di potenza che impedisce la circolazione di corrente in senso inverso (dalla batteria al pannello). Il regolatore di carica andrà scelto tenendo conto della corrente di Io (tipo parallelo) cortocircuito che il pannello può fornire. Diremo ancora che esistono regolatori gestiti da un MICROPROCESSORE che permette di adattarsi a tutti i tipi di batterie ed operare in qualsiasi condizione I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 39/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN ambientale. Il microprocessore riconosce la tensione, il comportamento e l’età della batteria, ottimizzando la carica sulla base del suo reale stato e della temperatura ambientale. Il regolatore provvede alla carica in tampone ciclica ed all’equalizzazione, col risultato di massimizzare il trasferimento di energia dal modulo fotovoltaico alla batteria. Tutto questo consente uno sfruttamento ottimale della batteria con un aumento notevole dell’efficacia del sistema. Inoltre, una particolare funzione, provvede mensilmente ad una carica a fondo della batteria per un periodo limitato (circa 1 ora), causando perciò uno sviluppo controllato dei gas e, di conseguenza, un rimescolamento dell’elettrolita. Con questa operazione si evita la solfatazione delle piastre, prolungando la vita della batteria. Questi tipi di regolatori di carica si adattano automaticamente alla 12V tensione nominale dell’impianto (12 oppure 24V). In molti regolatori di carica per impianti fotovoltaici e presente il sistema LVD (Low Voltage Disconnect) il cui scopo è quello di disconnettere il carico in caso di abbassamento della tensione di batteria al di sotto di un certo valore. Infatti quando la batteria si scarica troppo, oltrepassando il valore di guardia (generalmente 10,4 — 10,8V, per batterie a 12V), diventa poi difficile poterla nuovamente ricaricare e, comunque, ci sarebbe una grande perdita della sua efficienza. Figura 3.22: Salva batteria per impianti fotovoltaici e sistemi antifurto ELENCO COMPONENTI IC1=7808/09 IC2=555 L2=Led Rosso T1-T2=2 x R2-R4-R5= 3 x 1 Kohm R8-R9-R10=3x 10 KOhm Q1=BC547 Q2=IRFZ34N L1=Led Verde Trimmer 10 KOhm R1=15 KQhm R3= 1 Mohm R6= 33 KOhm R7=56 Kohm C1-C2=10 MF 25V 10 MF 25V C3=1000pF 3.3.2 Impianti fotovoltaici Grid Connect Gli impianti grid connect sono impianti collegati in parallelo alla rete elettrica pubblica, progettati per immettere nella stessa l'energia elettrica prodotta, diventando delle piccole centrali elettriche in grado di azzerare o ridurre il fabbisogno energetico di qualsiasi edificio a uso pubblico, industriale, abitazione private, ecc. I principali componenti di un impianto fotovoltaico grid connect sono: campo fotovoltaico, il cui compito è quello di raccogliere energia solare tramite i moduli fotovoltaici; I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 40/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN inverter, il quale è deputato a stabilizzare l'energia raccolta, a convertirla in corrente alternata ed a immetterla in rete; quadro di protezione e controllo che viene situato tra l'inverter e la rete che questo alimenta; i cavi di connessione, spesso sottovalutati, i quali devono presentare un'adeguata resistenza alle temperature e ai raggi UV. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 41/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 3.23: Schema a blocchi di un impianto “grid connect” 3.4 Quarto Conto Energia Il 5 maggio 2011 il Ministro dello Sviluppo Economico e il Ministro dell'Ambiente hanno firmato il decreto ministeriale che determina una nuova disciplina delle modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici. Il quarto Conto Energia pone le basi per lo sviluppo di medio-lungo periodo del comparto, accompagnandolo al raggiungimento dell'autosufficienza economica. Attraverso la razionalizzazione e una progressiva riduzione delle tariffe, sarà possibile controllare e impiegare con maggiore efficacia l'onere a carico di cittadini e imprese. Il quarto Conto Energia prevede un nuovo sistema di regolazione automatica del livello degli incentivi in relazione alla potenza installata che entrerà a regime a partire dal 2013. Nel periodo transitorio è previsto una diminuzione progressiva necessaria per allineare il nostro Paese ai livelli comunitari e assicurare la salvaguardia degli investimenti in corso. Inoltre un tetto di spesa massima ed un registro tenuto dal GSE5(Gestore dei Servizi Energetici) solo sui grandi impianti (superiori a 1 MWp su tetto e 200 kWp a terra), consentiranno di limitare i fenomeni speculativi. La tariffa a percepita viene determinata dal momento dell'entrata in esercizio dell'impianto, con la garanzia del rispetto dell'iter di connessione da parte del gestore di rete, in conformità con i tempi e le relativi sanzioni previste dall'Autorità per l'energia I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 42/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN elettrica e il gas. Con questo nuovo sistema si prevede di raggiungere la grid parity - e cioè la competitività della tecnologia - all'incirca nel 2017. Come conseguenza di quanto finora detto, assume un ruolo fondamentale il monitoraggio dell'impianto fotovoltaico. Riuscire a capire in tempo reale se il sistema è in stallo o non funziona correttamente è molto importante perché evita lunghi stop dell'impianto (nel caso di impianti stand alone causa la scarica degli accumulatori, mentre per gli impianti grid connect si ha una perdita economica in quanto non si immette energia nella rete). I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 43/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 4 4. L'importanza del monitoraggio di un impianto fotovoltaico Ogni giorno un numero sempre maggiore di impianti fotovoltaici, sia industriali che civili, vengono installati senza prevedere un'adeguata manutenzione. I sistemi tecnologici, sopratutto quando sono in forte sviluppo, necessitano di una manutenzione ordinaria e straordinaria effettuata da tecnici specializzati che, tuttavia, non garantisce la costante e piena efficienza di un impianto fotovoltaico e, ancor meno, l'intervento preventivo per un imminente perdita di energia o per un guasto. I sistemi fotovoltaici non richiedono una eccessiva manutenzione ed i loro costi di gestione sono abbastanza bassi: il processo che trasforma la luce solare in energia elettrica non è soggetto ad usura. Nonostante ciò, gli impianti fotovoltaici richiedono una regolare pulizia dei pannelli e per rendere al meglio devono essere ben esposti al sole ed in una zona ventilata. Canadian Solar, fra le maggiori società al mondo che operano nel mercato dell'energia solare, ha stilato e reso pubblica una lista di consigli utili alla manutenzione degli impianti fotovoltaici: 1. Controllare l'impianto annualmente in modo da prevenire eventuali futuri guasti o blocchi. Sopratutto nei periodi più freddi, la struttura di supporto dei moduli può danneggiarsi a causa del peso della neve o delle variazioni termiche. Sarà dunque buona norma testare l'impianto prima del periodo di sua maggior produttività, onde evitare battute d'arresto nel suo funzionamento con conseguenti perdite di produttività. 2. Tenere sotto controllo tramite strumenti di monitoraggio il rendimento dei pannelli e dell'impianto fotovoltaico. Tramite l'impiego di tali strumenti si possono ricavare molti dati utili, fra cui l'energia prodotta, l'indice di irraggiamento e la temperatura dei moduli. 3. Se non si è in possesso di strumenti di monitoraggio un buon modo di controllare se l'impianto funziona bene e quello di confrontare i dati forniti dall'impianto stesso con quelli di altri impianti attivi nelle zone limitrofe, o con valori presenti sul web. 4. Una causa di malfunzionamento è l'“inquinamento": se l'impianto è situato in zone di campagna, foglie ed escrementi di uccelli possono finire sulla superficie dei moduli; inoltre anche i vegetali possono insidiare la struttura del sostegno a terra dei moduli, trattenendo la polvere. Con questi pochi consigli, la manutenzione dell'impianto sarà assicurata. Tuttavia si può ulteriormente migliorare la produttività utilizzando sistemi di monitoraggio che riescano anche a fare previsione. I sistemi di monitoraggio tradizionali utilizzano prodotti off-the-shelf1(In ingegneria gestionale l'espressione componente (Commercial) Off-The-Shelf si riferisce a componenti hardware e software disponibili su mercato per l'acquisto da parte di aziende di sviluppo interessate ad utilizzarle all'interno dei loro progetti di sviluppo.) , che vengono integrati ad hoc nel sistema. Questi prodotti sono in grado di raccogliere dati, immagazzinarli in un server via web e limitare i costi di monitoraggio per fasce di prezzo, non consentendo però una significativa penetrazione di mercato a livello residenziale. L'avvento di una nuova generazione di soluzioni per il monitoraggio dell'energia rinnovabile (spesso indicata con il termine Monitoraggio 2.0) prende in considerazione anche gli impianti residenziali. I dispositivi che ne fanno parte permettono la visualizzazione dei dati relativi alle prestazioni attuali rispetto a quelle stimate, direttamente da un portale on-line. Le soluzioni di monitoraggio 2.0 hanno dato una I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 44/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN forte importanza sia ai proprietari degli impianti, i quali forniscono le informazioni rilevanti, sia agli installatori che forniscono i dati di un controllo economico continuo del rendimento dell'impianto. Con un sistema di monitoraggio 2.0, se un impianto è inattivo o si discosta di una certa percentuale definita dall'utente dal rendimento previsto, vengono inviate subito segnalazioni per avvisare l'installatore della deviazione delle prestazioni. La produzione di energia di un impianto fotovoltaico dipende da numerosi fattori tecnologici e ambientali; ad esempio la potenza prodotta, a parità di tecnologia, dipende dall'irraggiamento solare e da altri fattori ambientali. Proprio per questo la potenza complessiva prodotta non è un parametro sufficiente a rilevare il corretto funzionamento o il malfunzionamento delle singole componenti di un impianto. Anche per questo motivo il monitoraggio in tempo reale (o comunque a determinati istanti temporali) può consentire di: Ottimizzare la produzione in funzione delle condizioni ambientali e meteorologiche o delle risorse disponibili; molti impianti, infatti, sono ancora poco ottimizzati da un punto di vista produttivo e della gestione per cui la loro efficienza è relativamente bassa rispetto alle potenzialità dell'impianto; Controllare il corretto funzionamento delle singole componenti oltre che dell'impianto stesso; Garantire la sicurezza degli impianti contro danni e intrusioni. Oltre agli aspetti del monitoraggio e della sicurezza degli impianti, è oggi sempre più importante per il mercato dell'energia avere strumenti in grado di fare previsione in breve tempo sulla “produzione" e disponibilità di energia sul territorio. 4.1 Il progetto Elios Power Questo lavoro è incastonato all'interno di un progetto ben più articolato: il progetto Elios Power, il cui obiettivo e quello di realizzare una piattaforma ICT2(Information and Communication Technology) per il monitoraggio e l'ottimizzazione della produzione di energia da sorgenti fotovoltaiche. Elios Power si propone di realizzare un ambiente per il monitoraggio, la gestione, la manutenzione e la sicurezza di un impianto fotovoltaico utilizzando le potenzialità offerte dalle moderne tecnologie ICT e dall'evoluzione dei sistemi di produzione di energia fotovoltaica. Integrando queste tecnologie il progetto Elios Power consentirà: Il monitoraggio in tempo reale della produzione di energia e dell'efficienza di un impianto nel suo complesso e delle sue singole componenti; La rilevazione di malfunzionamenti e di situazioni critiche per le singole componenti dell'impianto; Il monitoraggio in tempo reale dei fattori ambientali/meteorologici che influenzano la produzione dell'energia da parte dell'impianto; Il controllo e la gestione della sicurezza contro atti vandalici, furti e malfunzionamenti; La disponibilità di dati storici e di informazioni sulla manutenzione e programmazione di interventi sui vari componenti dell'impianto; Per raggiungere questi obiettivi il progetto realizzerà una piattaforma tecnologica innovativa composta dai seguenti ambienti: 1. Un ambiente per il monitoraggio e la gestione dell'impianto (MPN = Monitoring Plant Network) composto da sensori e attuatori utili sia per misurare parametri e grandezze fisiche, sia per rilevare il corretto funzionamento delle varie componenti dell'impianto, sia per gestire il controllo degli accessi. MPN contiene inoltre una serie di strumenti per il controllo a distanza dell'impianto, per ottimizzare la I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 45/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN produzione o per mettere in condizioni non operative componenti che presentano malfunzionamenti; 2. Un ambiente di comunicazione wireless (WCE = Wireless Communication Environment) per consentire la connessione dei sensori e dei sistemi di controllo sia a livello di copertura dell'area dell'impianto, sia a livello geografico verso un eventuale centro servizi posto al di fuori dell'impianto; 3. Un centro di monitoraggio (MC = Monitoring Centre) che elabora i dati, invia segnalazioni o informazioni agli operatori e gestisce i vari attuatori per ottimizzare la produzione di energia. 4.2 L'analisi di un impianto Per questo lavoro è stato preso in considerazione un impianto3(L'impianto mostrato in figura 2.1 è un impianto montato su tetto con una potenza nominale di 18,43 KW. Inoltre si tratta di un impianto classificato BT (Bassa Tensione) in quanto produce una potenza inferiore ai 200 KWp ed è alimentato con tensione a 380V.) grid-connect di medie dimensioni sul quale sono state fatte accurate analisi sui vari punti dove il monitoraggio potrebbe migliorare la produttività. 1 – Quadro di campo e manovra 2 – Scaricatore 3 - Quadro Fotovoltaico – Rete 4 – Scaricatore 3 poli+neutro 5 – Misuratore di energia immessa/prelevata dalla rete 6 – Campo fotovoltaico 7 – Sez. portafusibile con fusibile 4A - 900Vc.c. 8 – Sezionatore lato DC Vmax = 1000Vc.c. 20Amin. 9 – Inverter 10 – Sezionatore 2 poli AC – 16A 11 – Interruttore magnetotermico differenziale 4 poli 63A – Idn 0,3A – Pot. Int. 6kA I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 46/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 12 - Interruttore magnetotermico 4 poli 63A – Idn 0,3A – Pot. Int. 6kA 13 - Interruttore generale MTD In=63A Idn=0,5° reg. 14 – Contatore per la misura dell’energia prodotta 15 – Protezione di interfaccia 16 – Teleruttore 4 poli 63A Figura 4.1: Pianta di un impianto grid-connect In figura 4.1 sono indicati i principali punti dove il monitoraggio potrebbe migliorare la produzione. Punto A: monitoraggio di tensione, corrente e frequenza nella parte di immissione alla rete. Può essere utile per capire se, a causa di malfunzionamenti di qualche componente a valle, si attiva il blocco di protezione di interfaccia. Punto B: monitoraggio di tensione e corrente nella parte di linea connessa alle altre utenze che usufruiscono dell'energia prodotta. Fare un confronto con i dati ottenuti al punto precedente può rivelarsi utile al fine di comprendere il motivo per cui può attivarsi la protezione di interfaccia, ad esempio se il blocco è dovuto a fluttuazioni di tensioni e/o frequenza. Punto C: monitoraggio tramite un contatore con clock per rilevare il numero di volte che si attiva la protezione di interfaccia. L'impianto in questione è composto da più di 3 inverter ed è necessario, in accordo con la norma CEI 11-20 e con le Regole tecniche di connessione del Distributore di Energia Elettrica (ENEL Distribuzione, ACEA, AEM, etc.), inserire il blocco di protezione di interfaccia. Punto D: monitoraggio di tensione e corrente per verificare eventuali malfunzionamenti del contatore fornito dal distributore. Punto E: monitoraggio di tensione, corrente e frequenza per rilevare malfunzionamenti degli inverter4(Ogni inverter presente nell'impianto è dotato di una protezione di interfaccia interna che controlla la disponibilità della rete di uscita. Tuttavia non tutti gli inverter sono dotati di protezione di interfaccia specialmente quelli superiori a 20KW, i quali devono per legge avere una protezione di interfaccia esterna) . In aggiunta, se gli inverter sono posti all'interno di un locale chiuso, si può fare monitoraggio della temperatura ambiente del locale e della temperatura del dissipatore degli inverter, per poter, ad esempio, attivare un sistema di ventilazione meccanizzato che riduca il calore nel locale. Punto F: monitoraggio di tensione in continua e corrente in continua. Tipicamente i punti E e F sono in realtà un unico punto, in quanto spesso gli inverter forniscono informazioni sia per il lato in corrente continua sia per quello in alternata. Punto G: monitoraggio di tensione e corrente per rilevare quale stringa non funziona correttamente. Se per progettazione tutte le stringhe sono omogenee5(Per omogeneità si intende: marca, modello, tilt (inclinazione sul piano orizzontale) e azimut (orientamento che per convenzione si fissa sul Sud=0° Est=-90° Ovest=+90°)) bastano i valori di tensione; può inoltre essere utile per rilevare guasti dei fusibili e/o eventuali gruppi di moduli/stringhe non funzionanti. I moduli fotovoltaici connessi allo stesso inverter con singolo MPPT (Maximum Power Point Tracker) sono identici, ovvero sono della stessa marca, forniscono la stessa potenza e hanno la stessa inclinazione. Se l'inverter presenta MPPT diversi è possibile collegare anche moduli diversi o con diverse esposizioni in ingresso a distinti MPPT. L'unico vincolo che rimane è che le stringhe afferenti al singolo MPPT devono essere omogenee. Punto H: monitoraggio ambientale da effettuarsi su campo tramite l'impiego di sonde di temperatura e di sensori di irraggiamento da posizionare su tutti o su alcuni dei moduli presenti nell'impianto per ottenere informazioni importanti sul rapporto temperatura modulo/produzione di energia. Inoltre, utilizzando una stazione meteo, si possono ottenere informazioni utili al fine di fare previsioni sulle condizioni atmosferiche I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 47/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN e per riuscire, tramite l'impiego eventualmente di sensori dedicati, a capire se un pannello e sporco, bagnato o mal funzionante. Risulta ovvio che il monitoraggio di tutti questi parametri richiede una infrastruttura hardware e informatica molto complessa da gestire con la normale rete di acquisizione e controllo. L’obiettivo dichiarato del progetto prevede un metodo di acquisizione e gestione di pochi ed essenziali elementi con la possibilità da remoto di intervenire manualmente solo in casi estremi, il cui funzionamento non deve interferire in alcun modo con il preesistente hardware ma dovrà lavorare in parallelo senza effettuare nessuna modifica sull’hardware o sul software già predefinito Una caratteristica certamente non secondaria è che occorre mantenere i costi del nuovo hardware e software entro un valore estremamente contenuto con una elevata propensione alla modularità che fornisca una adeguata adattabilità per una vasta area di impianti fotovoltaici Vediamo la tipica configurazione di un campo fotovoltaico che occorre prendere in considerazione: 1. Cabina di produzione 2. Cabina di distribuzione 3. stazione meteorologica I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 48/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 4.2: Schema a blocchi della CABINA PRODUZIONE Figura 4.3: Schema a blocchi STAZIONE METEOROLOGICA della Figura 4.4: Schema a blocchi della CABINA ENEL DISTRIBUZIONE La figura 4.5 fornisce delle chiare indicazioni sulle distanze espresse in metri che esistono tra i vari circuiti. In particolare si devono coprire le seguenti distanze: a) tratta di circa 20÷30 metri tra la stazione meteo e la cabina di produzione b) tratta di circa 1000÷1500 metri tra la cabina di produzione e la cabina di distribuzione Enel I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 49/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 4.5: Schema Topografico della disposizione reale dell’Hardware Queste distanze si intendono “outdoor” (all’aria aperta)che risulta in contrapposizione a “indoor” (all’interno dei locali), e nella migliore delle ipotesi devono essere perfettamente visibili tra loro, cioè non vi sono ostacoli tra le due postazioni. Si deve a questo punto considerare la possibilità di trasmissione tra le due cabine: a) utilizzando come mezzo trasmissivo uno o più cavi di rame. b) Utilizzando una rete wi-fi A prima vista la soluzione al punto A) sembra la più facile da implementare ma sapendo che il campo è già perfettamente funzionante, risulta impossibile far passare un cavidotto sotterraneo (tubo corrugato posto alla profondità di circa 60÷100 cm) senza dover modificare il posizionamento dei moduli fotovoltaici. Quindi per ovvie ragioni di costo si è passati a gestire i dati da acquisire con il punto b) ovvero utilizzando la ricetrasmissione sulle frequenze di circa 2,4 GHz. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 50/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 5 5. Generalità e informazioni di base sulle reti In ambito informatico una rete viene definita come l'insieme di due o più computer od altri dispositivi in grado di scambiarsi informazioni o dati. Esistono molte tipologie di reti e quindi di suddivisione delle stesse che, generalmente, vengono suddivise in base alla forma dell'architettura: Stella: in questo tipo di reti c'è un computer centrale, solitamente un server, che si occupa di smistare tutte le comunicazioni tra i vari client. Fisicamente tale rete ha tanti cavi quanti sono i client connessi al centro-stella (server); Bus: questa configurazione, al contrario di quella a stella, non prevede un server centrale perciò l'informazione generata viene inviata su un cavo (detto appunto bus) che collega in parallelo tutti i computer che sono in grado di ascoltare i dati che vi transitano. Anello: detta anche “Token Ring”, anche questa configurazione prevede, come quelle a bus, la presenza di un solo cavo di collegamento che però collega i vari computer in serie, anziché in parallelo, formando un anello chiuso. La comunicazione tra i computer avviene attraverso l'assegnazione ciclica di un Token (gettone), cioè il diritto di un computer a comunicare. Il proprietario immette il dato sulla rete che viene trasmessa al computer successivo che, nel caso sia lui il destinatario, accetterà il dato, altrimenti lo passerà a quello successivo, fino al raggiungimento del destinatario. Quest'ultimo accetterà il dato ma non lo cancellerà dalla rete perché, essendo ad anello, dovrà ritornare al mittente che, alla ricezione, provvederà a passare il Token al computer successivo, in maniera ciclica. Mesh: in questa configurazione non esistono né una struttura server-client né una vera e propria forma fisica. Ogni computer deve funzionare da server e da client, quindi ripetere i dati ricevuti ma indirizzati ad altri computer. Questo tipo di rete offre notevoli vantaggi in ambito delle tipologie wireless. Ai fini pratici, le reti di tipo Bus e ad Anello, stanno andando in disuso, mentre quelle a Stella sono preferite in ambito aziendale o casalingo, tramite l'uso di switch. La classificazione di una rete viene anche integrata da quella riguardante le dimensioni della rete stessa. Entrano perciò in gioco i seguenti acronimi: PAN: detta anche Personal Area Network, indica una rete di ridottissime dimensioni e composta da un paio di elementi poco distanti tra loro (generalmente una stanza); LAN: detta anche Local Area Network, è una rete di dimensioni più rilevanti rispetto la PAN, sia dal punto di vista geografico (anche un edificio intero) sia in termini di computer collegati; CAN: detta anche Campus Area Network, è una rete di dimensioni maggiori di una LAN, che permette geograficamente la connessione di qualche edificio; MAN: detta anche Metropolitan Area Network, indica una rete in grado di coprire geograficamente un'area metropolitana; WAN: detta anche Wide Area Network, indica una rete in grado di coprire geograficamente intere regioni o nazioni; GAN: detta anche Global Area Network, indica l'unione di più reti WAN. La corretta descrizione della rete deve perciò comprendere: architettura, dimensione, tipologia wired o wireless (cablata o senza fili). Come si riconoscono i PC in rete: ovvero l'indirizzo IP v4 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 51/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN L'indirizzo IP fa parte del protocollo standard TCP/IP che s'è imposto sulle reti e che permette ad ogni dispositivo d'avere un numero univoco. Gli indirizzi sono formati da 4 gruppi di 8 bit con numeri compresi tra 0 e 255 (un esempio è 192.168.1.0) nel quale sono presenti intervalli pubblici e privati; ad esso si affianca la sottorete o Subnet Mask (un esempio è 255.255.0.0) che dev'essere uguale in tutti i dispositivi appartenenti alla stessa rete. Esiste una notevole differenza tra gli indirizzi IP pubblici e privati: se gli indirizzi di un sito internet sono risolvibili da qualsiasi nodo, gli indirizzi privati sono risolvibili solo all’interno della LAN di appartenenza. Nella tabella seguente è possibile apprezzare le differenze tra le classi di indirizzi IP privati possibili: Come s’è visto, l’indirizzo IP si compone dalla numerazione XXX.YYY.ZZZ.UUU ed il numero degli indirizzi privati disponibili per ogni sottorete può essere facilmente spiegato dalla tabella seguente: Le due classi comunemente usate sono la B e la C, mentre le grandi organizzazioni preferiscono utilizzare la A che poi suddividono tramite la subnet mask in molte sottoreti; gli indirizzi di classe D ed E sono usati per scopi particolari: la classe D non identifica né la rete né l’host ma un indirizzo di trasmissioni in Multicast; la classe E, invece, serve per scopi futuri. In alcuni file di configurazione appare la sintassi XXX.YYY.ZZZ.UUU/B. Con /B si indica il numero di byte fissi del network. Quando il valore di B è 8, significa che XXX è fisso; quando è 16, significa che XXX.YYY sono fissi; quando è 24, significa che XXX.YYY.ZZZ sono fissi. Il numero degli host possibili sulla rete dipende quindi dai byte rimasti liberi. L’immagine riassuntiva a seguire fornisce una visione generale di quanto descritto, considerando sia l'indirizzamento di tipo pubblico, sia privato: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 52/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 5.1: Classi di indirizzamento Un esempio pratico potrebbe avere i valori seguenti: Figura 5.2: Esempio di indirizzi IP L'indirizzo IP oltre che fisso, può essere assegnato attraverso un DHCP server. Esso è il responsabile dell'assegnazione automatica degli indirizzi IP ai dispositivi che vi si collegano. L'indirizzo delle periferiche cambia ad ogni connessione ma resta pur sempre valido perché esso opera in un range prestabilito, escludendo la possibilità d'errore nelle configurazioni generali. 5.1 Accenni sull'indirizzamento IP v6 A causa della saturazione dello spazio di IP v4, l'ICANN, l'organizzazione che si occupa dell'assegnazione degli indirizzi IP, ha proceduto alla definizione della nuova versione del protocollo. Tale versione è basata su indirizzi a 128 bit anziché a 32 e ciò permette l'assegnazione di un numero decisamente maggiore di indirizzi. L'indirizzo IP v6 è costituito da 128 bit (16 byte), viene descritto da 8 gruppi di 4 numeri esadecimali che rappresentano 2 byte ciascuno (quindi ogni numero varia tra 0 e 65535) separati dal simbolo "due punti". Un esempio di indirizzo IP v6 è 2001:0DB8:0000:0000:0000:0000:0000:0001, che può essere abbreviato in 2001:DB8::1 (i due punti doppi rappresentano la parte dell'indirizzo che è composta di soli zeri consecutivi. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 53/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 5.3: Indirizzi con IPv6 Si può usare una sola volta, per cui se un indirizzo ha due parti composte di zeri la più breve andrà scritta per esteso). I dispositivi connessi ad una rete IP v6 ottengono un indirizzo di tipo unicast globale, vale a dire che i primi 48 bit del suo indirizzo sono assegnati alla rete a cui esso si connette, mentre i successivi 16 bit identificano le varie sottoreti a cui l'host è connesso. Gli ultimi 64 bit sono ottenuti dall'indirizzo MAC dell'interfaccia fisica. Per una descrizione decisamente più esaustiva, consultare IP v6 su Wikipedia. 5.2 Il wireless Prima di iniziare l'esposizione riguardante il Wi-Fi, occorre fare una panoramica sul wireless, il cui sviluppo iniziò nel 1970 e si cercò di unire fra loro computer senza l'ausilio di fili elettrici. La prima applicazione funzionante derivò dalla necessità di collegare fra loro le isole Hawaii, attraverso la rete AlohaNet. Di recente, nel 1994, la comodità di collegare senza cavo i cellulari al palmare od in generale al personal computer, spinse IBM, Ericsson, Nokia e Toshiba alla creazione dello standard Bluetooth. Esistono diversi gruppi di reti wireless, che si differenziano tra loro non solo per la velocità di trasmissione dati, ma anche dall'uso per la quale sono state create: PAN wireless: tecnologie ad onde radio sopperiscono all'intralcio delle connessioni tra portatili, PDA, cellulari, lettori MP3 e macchine fotografiche, rendendo semplice la sincronizzazione di dati, fotografie, musiche ed altri contenuti. Le PAN (Personal Area Network) hanno un raggio d'azione tipicamente limitato a pochi metri di distanza. Di questa categoria fanno parte: il Bluetooth, che consente una connessione a 721Kbps (le ultime revisioni fino a qualche Mbit) alla massima distanza di 10 metri e progettato per essere economico, semplice da usare e da integrare, con un consumo ridottissimo; IrDA (Infrared Device Application), che consente collegamenti ad infrarosso tra dispositivi posti in visibilità reciproca ad una massima distanza di 1 o 2 metri, con velocità di 4Mbps. LAN wireless: applicazione di maggior rilievo che consente la connettività ad una LAN cablata, mediante l'uso di dispositivi detti punti d'accesso (o brevemente AP). Agli albori sorsero grossi problemi di interoperabilità a causa delle diverse tecnologie implementate e ci si rese ben presto coscienti che servisse uno standard. Nel 1997, l'IEEE approvò lo standard Wireless Ethernet, 802.11 (2Mbps) la cui variante 802.11b (11Mbps) detta anche Wi-Fi, riscosse notevole successo. Il suo raggio di copertura in campo aperto è nelle condizioni migliori è di 400 metri. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 54/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN MAN wireless: è un campo di applicazione del Broadband Wireless o Wireless Local Loop che consente la distribuzione di dati come internet, telefonia, ecc, su un agglomerato urbano. E' principalmente usato in alternativa al costoso cablaggio dell'ultimo miglio nella telefonia. L'architettura fa parte del gruppo di lavoro IEEE 802.16. WAN wireless: nella categoria delle Wide Area Network fa parte il dominio che prevede la diffusione delle applicazioni previste sia per le reti cablate (LAN) che per le MAN ma con copertura totale, anziché localizzata in prossimità dei punti d'accesso. A questa categoria appartiene per esempio la telefonia GPRS, EDGE, UMTS o superiori e Wi-MAX. Le classificazioni PAN, LAN, MAN e WAN qui descritte non sono nette, ma solamente indicative per i campi di applicazione delle varie tecnologie. 5.3 Il Wi-Fi e gli standard Detto anche “wireless fidelity”, è il marchio che contraddistingue gli apparati conformi allo standard IEEE 802.11x, dove diversi produttori si sono riuniti formando la “Wi-Fi Alliance” con l'obbiettivo di garantire la compatibilità reciproca dei propri dispositivi. Responsabile della standardizzazione mondiale dei protocolli di scambio dati è l'IEEE (Institute Of Electrical and Electronics Engineers) che ha elaborato gli attuali e futuri standard. Ad oggi sono state rilasciate le seguenti norme: 802.11: primo rilascio nella banda di frequenza di 2,4GHz, raggiunge una velocità di 2Mbit/s. Modulazione di tipo DSSS (Direct Sequence Spread Spectrum). 802.11a: operante nella banda di frequenza di 5GHz (5,15 – 5,35GHz), raggiunge una velocità di trasferimento dati di 54Mbit/s; potenza massima di 30mW e 8 canali disponibili. Modulazione di tipo OFDM (Orthogonal Frequency Division Multiplexing). 802.11b: operante con una frequenza di 2,4GHz, raggiunge una velocità di trasferimento dati di 11Mbit/s. Sono disponibili diversi canali (in realtà sono solo 3 quelli non sovrapposti: 1, 6 ,11) in base al paese d'appartenenza (USA 11, Francia 8, Europa 13, Giappone 14); potenza massima di 100mW con modulazione HRDSSS (High Rate - Direct Sequence Spread Spectrum). 802.11c: mai rilasciato all'uso pubblico, s'è trattato solo da ponte tra l'802.11b e l'802.11d. 802.11d: si tratta principalmente dell'internazionalizzazione del 802.11b. 802.11e: migliora l'802.11b nella qualità del servizio per la trasmissione di audio e video. 802.11f: è principalmente la raccomandazione ai costruttori di apparati di migliorare l'interoperabilità e d'implementare il roaming. 802.11g: operante con una frequenza di 2,4GHz, è un'evoluzione di 802.11b e raggiunge una velocità di trasferimento dati di 54Mbit/s. Usa gli stessi canali di 802.11b e mantiene la retro compatibilità; potenza massima di 100mW e modulazione di tipo OFDM. 802.11h: standard allargato di 802.11a, che aggiunge la banda operante a 5,725 – 5,825GHz, con altri 4 canali, potenza di 200mW, selezione dinamica della frequenza (DFS) e regolazione automatica del livello di trasmissione necessario (TPC, Transmit Power Control). 802.11i: evoluzione di 802.11g, ne mantiene le caratteristiche ma introduce il protocollo di cifratura WPA2. 802.11j: modifica ai layer MAC di 802.11 e PHY di 802.11a per la normalizzazione, ovvero la compatibilità, con il mercato Giapponese. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 55/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 802.11k: tratta il radio resource management, ovvero la standardizzazione della misurazione dei sorgenti radio. 802.11n: evoluzione di 802.11i e ratificato ufficialmente verso la metà del 2008. Secondo quanto riportato su http://arstechnia.com/news.ars/post/200611298322.htm, la prima generazione dei moduli 802.11n offre velocità pari a 480Mbps e un limite teorico prossimo a 600Mbps. In termini di copertura si afferma che le nuove tecnologie offrano il 50% di distanza in più rispetto a un link 802.11g permettendo maggior copertura e velocità del link grazie ad un particolare algoritmo e l'impiego simultaneo di più antenne e canali. 802.11p: comunicazione veicolare utilizzando la frequenza di 5,9GHz con velocità del datalink da 6Mbps. 802.11r: dovrebbe introdurre il Fast Roaming, per la gestione del passaggio da un access point all'altro senza introdurre disconnessioni al link. 802.11s: introduzione del supporto alla tipologia di rete Wireless Mesh. 802.11t: è principalmente la raccomandazione ai costruttori di apparati alla “gestione e test”. 802.11u: evoluzione che consentirà la connessione alle reti non 802, come le reti cellulari. 802.11v: introdurrà la “gestione delle reti wireless”. 802.11y: è il sinonimo di reti IEEE802.11 Alcuni produttori offrono tecnologie proprietarie aggiuntive allo standard, con lo scopo di migliorarne le funzionalità o l'efficienza, ma ciò costituisce l'insorgere di problematiche durante l'uso di apparati con chipset diverso. 5.4 Canali e frequenze di lavoro Nella seguente tabella sono elencati graficamente gli 8 canali utilizzati dallo standard 802.11a: Figura 5.4: Canali e frequenze di lavoro a seguire la tabella riguardante la variante dello standard 802.11a, le aggiunte di 802.11h, che lavora nella banda dei 5,7 Ghz e che aggiunge ulteriori 4 canali: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 56/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 5.5: Canali e frequenze di lavoro Attualmente in Europa lo standard 802.11b/g/n è il più diffuso e di seguito sono rappresentati i diversi canali disponibili con relativa frequenza. La sua conoscenza permette d'accordare opportunamente l'elemento irradiante di una antenna home-made in modo d'avere un rendimento migliore ad un particolare canale. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 57/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Se si preferisce, è possibile rappresentare graficamente la tabella precedente nel modo seguente: Figura 5.6: Canali standard europeo 802.11b/g/n Non tutti i canali sono disponibili in tutte le nazioni anche in ambito continentale. In USA e Canada sono disponibili i canali da 1 a 11; in Europa da 1 a 13 ad eccezione della Francia dove sono disponibili da 1 a 8 e in Spagna da 1 a 11; in Giappone da 1 a 14. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 58/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 5.5 Tipi di apparati disponibili Trascurando quegli apparati dotati di caratteristiche e funzionalità particolari, la classificazione è così suddivisa: AP: Access Point è il modo di funzionamento a “punto d'accesso” e cioè quel dispositivo che consente di collegare ad una rete cablata i client Wi-Fi. Esso in pratica è la stazione centrale di trasmissione e ricezione di una rete senza fili. Client: sono quei dispositivi con interfaccia d'interconnessione PCI, PCMCIA, USB, ecc, che si collegano ed autenticano attraverso le onde radio ad un access point. Apparati multimodalità: sono dispositivi ethernet che permettono il funzionamento Wi-Fi in modalità multipla come AP, Client, Bridge e Repeater. Non sempre sono garantite l'interoperabilità tra apparati con chipset diverso ed il funzionamento simultaneo di più modalità. Repeater: il ripetitore è un dispositivo in grado di ripetere il segnale di un access point, permettendo l'estensione della rete Wi-Fi, introducendo però un dimezzamento della banda disponibile. Allo stato attuale non è possibile ripetere più d'una volta il segnale di un AP collegandosi ad un altro repeater; si può comunque collegare più repeater ad un AP purché siano in comunicazione diretta con l'AP base. Bridge wireless-ethernet: sono apparati particolari, studiati e realizzati appositamente per realizzare un BRIDGE (ponte) wireless tra due reti LAN. L'unica modalità di funzionamento di cui dispongono è quella di bridge. A questa categoria appartengono i D-Link DWL810. 5.6 Modalità di funzionamento Infrastructure: una rete wireless gestita in questa modalità sfrutta un AP come nodo centrale di smistamento dei dati ed ha un raggio d'azione di gran lunga superiore ad una rete Ad-Hoc. Ad-Hoc: in una rete Ad-Hoc due o più schede client comunicano direttamente tra loro, senza alcun access point che faccia da centro di smistamento dei dati. E' simile ad una rete peer to peer perciò ogni pc è collegato direttamente con un altro. Vi sono alcune problematiche con questo tipo di rete quando si hanno più di tre client. Si consiglia perciò l'uso di IP fissi. Wireless Bridge (o Point to Point Bridge): è la modalità di funzionamento che permette l'unione e la connessione di due reti cablate attraverso il Wi-Fi. Tutti i dispositivi ed i pc devono appartenere alla stessa classe e sottorete d'indirizzi IP; i gruppi di lavoro possono essere diversi. Si tratta di una sorta di configurazione adhoc fra access point, ed è per questo motivo che le schede client non hanno possibilità di connessione. Wireless Multi Bridge (o Point to Multipoint Bridge): è quella modalità che permette l'unione di tre o più reti cablate attraverso il Wi-Fi. E' un'estensione della modalità bridge, perciò ne eredita da essa le impostazioni e le caratteristiche principali. WDS: particolare modalità che permette al dispositivo di funzionare simultaneamente sia da bridge sia da access point. Roaming (o Multi AP): è quella particolare funzione che permette il passaggio di un client da un access point all'altro senza l'interruzione della comunicazione (per intenderci, è come per i cellulari, passando da un ponte ad un altro, non cade la telefonata). Non tutti gli apparati lo supportano. Hot Spot: sebbene non sia una modalità di funzionamento, la definizione è qui inserita poiché trattasi di un'area in cui, tramite la W-Lan, si ha accesso alla rete (internet compresa) con vari servizi. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 59/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 5.7 Compatibilità Sebbene oggigiorno esistano, e si tende ad utilizzare, apparati multi-standard, è buona norma utilizzare quanto più possibile apparati appartenenti alla stessa famiglia o al limite che usino lo stesso chipset. Da tutto questo trarrà certamente vantaggio la “semplicità” della gestione degli apparati e della rete, evitando di passare notti insonni nel tentativo di capire cosa non funziona nella rete stessa. Come si è potuto notare nel paragrafo relativo al Wi-Fi (1.4), non tutti gli standard sono compatibili tra loro perciò l'802.11h sarà retro compatibile con l'801.11a e l'802.11g e sue evoluzioni sono attualmente retro compatibili con l'802.11b. Questa compatibilità è comunque garantita solo quando gli apparati funzionano in modalità AP/Client (certificata con la presenza del marchio Wi-Fi), considerando che il bit-rate generale della rete si attesterà sul livello del client più lento presente. 5.8 Velocità di una rete wireless Gli standard di fatto presenti sul mercato sono tre e precisamente l'802.11a/b/g/n le cui velocità dichiarate dai costruttori sono: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 60/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Il bit-rate indicato per ogni standard è comunque quello massimo teorico e mai corrisponde alla velocità reale raggiungibile. Esso dipende da molti fattori ambientali ed alcuni standard risentono più di altri del livello di crittografia applicato; questo è il caso di 802.11b che rallenta in modo percepile quando la codifica WEP è attiva (insignificante invece nell'evoluzione fuori standard 802.11b+). Da notare che durante i test pratici si è evidenziata una netta differenza della velocità della rete utilizzando apparati multifunzione, dove il massimo si è sempre ottenuto utilizzando la modalità di funzionamento come ponte (o Bridge). E' comunque possibile stilare la velocità reale di una rete in presenza di condizioni ottimali di funzionamento: In questo paragrafo non è stato preso in considerazione 802.11n poiché, a causa dell'uso simultaneo di 3 antenne, rende difficoltosa ed economicamente svantaggiosa l'installazione in outdoor. 5.9 Installazione generica e disturbi ambientali Le reti Wi-Fi sono relativamente facili sia nell'installazione che nell'utilizzo ma, nel caso si presentino dei problemi, è meglio sapere a cosa prestare particolare attenzione. In questa sezione si tratterà l'installazione classica indoor (all’interno di un appartamento) di un Access Point. Siccome la trasmissione dei dati avviene per mezzo di onde radio, le reti W-Lan risultano sensibili alle interferenze ed è di primaria importanza scegliere la posizione migliore dove installare l'Access Point. Una posizione centrale nell'appartamento o nel locale dove diffondere il segnale è la condizione migliore, oltre al fatto che dovrebbe I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 61/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN essere posto con l'antenna ad un'altezza sufficientemente alta, onde prevenire riflessioni dovute a mobili o elettrodomestici. E' altresì utile mantenere le antenne distaccate dai muri o dai case dei Personal Computer (20 centimetri possono talvolta fare la differenza) e lontano da fonti di disturbo. Gli apparati conformi agli standard 802.11b/g/n soffrono particolarmente dei disturbi generati dalle apparecchiature che funzionano sulla stessa frequenza (2,4GHz) e dotate di potenza particolarmente elevata come i forni a microonde ed i video-sender (i ripetitori AV che servono per portare il segnale di un decoder o videoregistratore ad un altro televisore). La tecnologia Bluetooth sebbene operante sulla stessa frequenza, non desta particolari problemi poiché impiega potenze nettamente inferiori, oltre ad un tipo di modulazione diversa. Non sempre la causa di malfunzionamento di una W-Lan è dovuta a disturbi ed interferenze, molto spesso è dovuto ad un inspiegabile basso livello del segnale ricevuto: le attenuazioni e disturbi dei materiali edilizi. Le onde radio sono purtroppo sensibili ai tipi di materiali impiegati nella costruzione delle opere murarie che ne attenuano il livello fino alla completa schermatura. Muri in cemento armato possono schermare o attenuare completamente il segnale, rendendo praticamente impossibile la realizzazione di una rete wireless; in questa condizione bisogna affidarsi a tecniche alternative, stendendo un cavo ethernet, oppure, se proprio non si vuole intervenire con “la forza bruta” ed esistono finestre adiacenti, posizionare gli Access Point con relative antenne accostati alle finestre. Prove pratiche hanno dimostrato che pareti divisorie in cartongesso possono riflettere ed indebolire il segnale. Il fatto è da ricercare nel tipo di minerale usato e dal modo con cui è costruito il telaio interno che, se realizzato mediante griglia metallica, può costituire ulteriore ostacolo al passaggio della radiofrequenza. Tendendo il cartongesso ad assorbire e trattenere l'umidità dell'aria, le onde radio, in particolare modo quelle a 2,4 GHz, tendono a comportarsi come un debolissimo forno a microonde e, cedono energia nel tentativo di riscaldare l'acqua presente. Quest'ultima considerazione è da tener particolarmente presente nelle realizzazioni outdoor (in ambiente esterno), dove la presenza di piante, o peggio ancora d'un bosco, può decretare il fallimento d'un progetto. Di seguito, è possibile vedere alcuni esempi di come posizionare un router Wi-Fi all'interno di un appartamento. Figura 5.7: Appartamento o ambiente “A” I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 62/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 5.8: Appartamento o ambiente “B” Nelle figure precedenti, le frecce azzurre indicano il percorso diretto delle onde radio, mentre quelle rosse il percorso delle onde radio riflesse. Lo studio del posizionamento di un Access Point o di un Router Wi-Fi permette una migliore copertura degli ambienti ma bisogna considerare che nella pratica, non sempre la riflessione del segnale porta a concreti benefici poiché il segnale potrebbe risultare attenuato o annullato. 5.10 Livelli di protezione Una trasmissione di dati attraverso onde radio può benissimo essere ascoltata ed intercettata da chiunque possiede l'attrezzatura adatta. Per questo motivo è necessario provvedere ad impedire che malintenzionati o semplici curiosi possano violare la nostra privacy; perciò è bene non sottovalutare mai i problemi di sicurezza di una rete wireless. Sebbene risulta difficile difendersi dai cracker, il cui comportamento è eticamente ben diverso da quello di un hacker, è bene approntare un qualche tipo di codifica che renda almeno difficoltoso o laborioso l'attacco alla vostra rete, cercando così di scoraggiare il curioso di turno. Sembrerà un discorso piuttosto paranoico ma almeno il vostro vicino di casa non “scroccherà” la vostra connessione ad internet e non rovisterà nel contenuto degli hard disk dei PC collegati. Quando escono dalla fabbrica gli Access Point o gli apparati multifunzione, sono configurati per consentire qualsiasi connessione e non risulta attiva nessuna chiave di codifica delle informazioni. Ciò non è una dimenticanza o l'indicazione di scarsa qualità del prodotto, ma semplicemente una comodità offerta per essere subito operativi e pronti al funzionamento. Nessuna rete deve essere posta in attività mantenendo le impostazioni originali ed è a carico dell'utente provvedere immediatamente alla sua configurazione. Teoricamente la codifica andrebbe attivata dopo aver effettuato le varie prove di comunicazione e impostazioni generali degli apparati, o fintanto che si ha la connessione diretta all'apparato, mediante connessione ethernet. Se questa condizione non viene rispettata, si corre il rischio di escludersi dalla rete. Si raccomanda l'uso del livello di codifica quanto più elevato possibile. WEP e WPA: all'inizio la cifratura dei dati fu affidato al WEP (Wired Equivalent Privacy) con chiave di codifica a 64 e 128 bit, una tecnica che prevedeva un I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 63/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN livello di privacy equivalente a quello di una rete cablata ma presto si rivelò il suo limite e la sua insicurezza (è infatti possibile ricostruire la chiave di rete semplicemente “ascoltando” il traffico scambiato), ma se ne consiglia sempre l'attivazione. Gli standard 802.11b,g ammettono una codifica WEP fino a 128 bit, con l'802.11a si raggiungono i 152 bit. Esistono tuttavia tecnologie proprietarie che permettono una codifica WEP di 256 bit come nel caso di 802.11b+ che sebbene offre maggior protezione, è compatibile solo con apparati dotati dello stesso chipset. Esiste in molti casi la possibilità d'inserire più chiavi che, associato al metodo Open Key, permette il cambio automatico delle chiavi ad intervalli regolari. Con l'introduzione di 802.11g, fece la comparsa il WPA (Wi-Fi Protected Access) decisamente più sicuro del WEP e basato sul protocollo Tkip (Temporal Key Integrity Protocol), supportando i server di autenticazione, soluzione particolarmente interessante nell'uso aziendale ma onerosa in termini d'uso casalingo o amatoriale. In quest'ultimo caso è bene prendere in considerazione la variante WPA-Psk (Pre-Shared Key) dove sarà l'utente stesso ad assegnare la password d'accesso Master Key a ciascun apparato, poi sarà il protocollo Tkip che basandosi su essa, genererà altre chiavi sicure. Con l'802.11i, è introdotto il WPA2 che è basato sul protocollo AES (Advanced Encryption Standard) con chiavi da 128, 192, 256 bit e teoricamente compatibile con il WPA. Per utilizzare questo standard non è però possibile il solo aggiornamento del software o firmware dell'apparato, serve infatti un nuovo tipo di hardware. MAC: altro metodo, decisamente sicuro, ma non assoluto, per proteggere la rete wireless, consiste nel filtrare gli indirizzi MAC delle schede di rete e far accedere solo quelli autorizzati, semplicemente compilando una lista di controllo. Come tutte le applicazioni elettroniche ed informatiche, è certamente possibile falsificare un indirizzo MAC con tecniche di spoofing ma richiede scaltrezza e conoscenze più approfondite da parte dei cracker. SSID: per offrire un ulteriore strato di protezione dei dati trasmessi, la disattivazione della pubblicazione di SSID (Service Set Identifier, corrisponde al nome identificativo della rete), rende la rete non identificabile ma utilizzando particolari programmi, resta pur sempre visibile il canale utilizzato. In questo modo sarà l'utente a dover fornire lo SSID ai client. Applicando le informazioni acquisite in questa sezione ed assegnando indirizzi IP fissi, disabilitando cioè il server DHCP integrato nell'apparato, si mette la rete in condizione d'esercizio con un buon livello di protezione, migliorabile installando su ogni PC un firewall. Una protezione estremamente efficace, sarebbe quella d'implementare un tunnel VPN. La protezione di una W-Lan deve essere fatta a strati multipli, dove, più strati sono presenti, maggiore è il livello di sicurezza. Applicando quanto descritto sopra, un cracker dovrebbe scoprire il canale utilizzato, SSID, l'intervallo degli indirizzi IP validi, la chiave crittografica ed un indirizzo MAC valido e violare una VPN se presente. Certamente nulla è impossibile ma è estremamente laborioso carpire tutte le informazioni. In questa sezione non sono state prese in considerazione le reti Ad-Hoc, ossia quelle reti wireless funzionanti senza Access Point. In questa modalità non esistono funzioni di sicurezza avanzate e, poiché insicura, se ne sconsiglia l'uso permanente. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 64/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 6 6. Introduzione e concetti di base sulle onde radio Prima di cimentarsi nella realizzazione di una rete Wi-Fi o comunque wireless, è bene apprendere alcune informazioni di base per stabilirne la fattibilità. In questa sezione, verranno trattate inizialmente informazioni teoriche di base per poi passare a regole di carattere pratico che pur basandosi sulle nozioni teoriche precedentemente esposte, semplificheranno certamente lo studio sulla realizzazione pratica d'un progetto. La prima norma da tenere sempre presente è che un link (collegamento) al limite minimo della potenza di funzionamento non sarà mai stabile e al presentarsi delle prime variazioni ambientali critiche (come la pioggia, la neve, ecc.), esso cadrà inesorabilmente. Prove pratiche hanno evidenziato che basta un 30% di potenza in più del minimo indispensabile per prevenire l'insorgere di problemi. Onde evitare di creare confusione è utile procedere a piccoli passi, fornendo i concetti di base. 6.1 Energia RF L'energia a Radio Frequenza, comunemente abbreviata in RF, può essere definita nel modo più semplice possibile come un segnale a corrente alternata che forma un movimento sia sul piano elettrico sia su quello magnetico che, a loro volta, si sviluppano sul piano della propagazione in modo perpendicolare. La loro posizione rispetto alla terra o alla direzione del piano di propagazione, determina il tipo di polarizzazione che può essere di tipo orizzontale, verticale o circolare. La RF è definita, oltre dalla polarizzazione, anche dalle caratteristiche di frequenza e di lunghezza d'onda, che sono inversamente proporzionali l'una dall'altra. La frequenza viene indicata in Hertz, in onore al suo scopritore Heinrich Hertz, che definì 1Hz come un ciclo completo di un'onda sinusoidale in un secondo. La figura a seguire mostra graficamente quanto esposto: Figura 6.1: Rappresentazione grafica di una sinusoide La lunghezza d'onda è definita tipicamente in metri ed è la lunghezza fisica dell'onda sinusoidale; da essa dipende fortemente la lunghezza dell'elemento irradiante. L'ampiezza indica il massimo valore sia positivo che negativo che l'onda raggiunge. Nella paragrafo “formule utili” è possibile trovare la relazione tra frequenza e lunghezza d'onda. 6.2 Divisione dello spettro radio I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 65/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Lo spettro della radiofrequenza è diviso, come accade similmente con lo spettro della luce visibile che viene diviso in colori, in bande radio che sono ulteriormente suddivise in canali. Iniziando da una frequenza di 9KHz si dividono in: Come già accennato precedentemente, le bande di frequenza sono ulteriormente divise in canali individuali che rappresentano piccoli pezzi della banda disponibile e permettono ad una trasmittente e ad un ricevitore di operare esattamente ad una frequenza ben definita. I canali non sono tutti uguali ma sono in numero diverso e posseggono diversa larghezza di banda in base alla divisione di spettro appartenente ed al tipo di uso o di servizio designato. 6.3 Principio di base di un trasmettitore Il compito del trasmettitore è quello di generare e trasmettere nell'aria il segnale a radiofrequenza opportunamente modulato, ed è composto da diversi elementi elettronici, ognuno dei quali ha un compito preciso. Per facilitarne la comprensione, è opportuno utilizzare uno schema a blocchi semplificato: Figura 6.2: Schema a blocchi di un trasmettitore L'oscillatore ha il compito di generare il segnale a radiofrequenza di base, chiamata anche portante. Nelle moderne radio è sostituito da un sintetizzatore a PLL. Molto si potrebbe dire a riguardo di questo stadio ma siccome lo scopo è dare solo informazioni di base, in parole molto semplici l'oscillatore non è altro che un amplificatore che funziona in regime di risonanza ad una ben definita frequenza. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 66/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Il modulatore ha l'importante compito di “inserire” ovvero miscelare un qualunque segnale, nel nostro caso specifico i dati, nella radiofrequenza di base o portante. Esso determina anche il tipo di modulazione usata che può essere AM (Amplitude Modulation, modulazione d'ampiezza) oppure FM (Frequency Modulation, modulazione di frequenza). La modulazione d'ampiezza è usata principalmente per le trasmissioni audio monofoniche a lunga/lunghissima distanza poiché non è richiesta la visibilità ottica tra trasmittente e ricevitore; il suo lato negativo è che risulta essere suscettibile alle cariche elettriche nell'atmosfera. La modulazione FM è usata per tutti gli altri tipi di trasmissioni, dove deve essere garantita maggiore fedeltà di riproduzione su lunghe distanze; il suo lato negativo è che deve esserci visibilità ottica tra trasmettitore e ricevitore, non presenta i difetti della modulazione AM. Esistono tuttavia molti tipi di modulazione come la DSSS o la OFDM, utilizzate per la trasmissione di dati. Nelle immagini seguenti è possibile vedere alcuni esempi di modulazione: Figura 6.3: Modulazione AM Figura 6.4: Modulazione FM Figura 6.5: Modulazione OFDM I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 67/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 6.6: Modulazione DSSS Nella modulazione DSSS il frequency offset indica lo scostamento in frequenza, in MHz, dal centro del canale utilizzato. Analizzando attentamente la figura, si può capire che un segnale con questo tipo di modulazione occupa più di un canale ed introduce “rumore” in quelli adiacenti. - L'amplificatore ha, come facilmente intuibile, il compito di amplificare e cioè aumentare l'ampiezza del segnale senza però introdurre distorsioni. Alla sua uscita è collegato il cavo d'antenna, possibilmente a bassa perdita (attenuando il meno possibile il segnale) e l'antenna stessa. 6.4 Principio di base di un ricevitore Il compito del ricevitore è quello di ricevere il segnale a radiofrequenza modulato e renderlo all'uscita il più possibile simile all'originale. E' composto da diversi elementi elettronici, ognuno dei quali ha un compito preciso. Per facilitarne la comprensione, è opportuno utilizzare uno schema a blocchi semplificato: Figura 6.7: Schema a blocchi di un ricevitore Il ricevitore funziona in modo simile ma contrario al trasmettitore. In realtà il discorso è molto più complesso poiché per spiegare anche a grandi linee come funziona un ricevitore, occorre introdurre alcuni blocchi che permettano di capire meglio lo schema sopra esposto che, risulta essere eccessivamente semplificato. Comunque sia, l'antenna capta il segnale modulato presente nell'etere e lo invia tramite il cavo d'antenna all'amplificatore interno che provvede ad innalzarne l'ampiezza per meglio gestirne le elaborazioni successive. A questo punto però occorre introdurre gli altri blocchi necessari. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 68/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 6.8: Schema a blocchi di un ricevitore Un oscillatore locale crea la stessa frequenza RF di base del trasmettitore e la invia al mixer che provvede a “togliere” dal segnale modulato captato dall'antenna ed amplificato, la frequenza portante. Il segnale ottenuto passa attraverso un filtro che provvede a “ripulire” ulteriormente il segnale risultante che viene poi amplificato. Il demodulatore infine compie l'operazione inversa del modulatore: alla sua uscita si ha praticamente lo stesso segnale che aveva modulato la portante nel trasmettitore, nel nostro caso i dati. E' utile far notare che per tutti i link a comunicazione bidirezionale, come quelli delle W-LAN Wi-Fi, gli apparati contengono sia trasmettitore che ricevitore. Il trasmettitore ed il ricevitore sono connessi all'antenna attraverso un particolare circuito di commutazione ad alta frequenza. 6.4 Il dB Il decibel è il rapporto tra due valori (uno dei quali di riferimento) e normalmente nel campo delle telecomunicazioni è riferito alle potenze in gioco. Essendo un valore relativo, indica perciò lo scostamento dal valore preso come riferimento, il cui valore è definito dalla formula generica: dB = 10 Log (P2/P1) P1 indica il valore di riferimento (nel Wi-Fi è di 1 mW) e P2 la potenza dell'apparato preso in esame. Essendo logaritmico, i suoi valori rappresentano una compressione dei valori reali che esprime. Un valore di 3dB indica perciò un fattore 2 (il doppio), -3dB un fattore -2 (la metà). Negli apparati trasmittenti/riceventi è indicato anche un valore in dB negativi. Esso indica quel valore inferiore alla potenza di riferimento che il ricevitore è in grado di “sentire”. Per meglio capire, il diagramma seguente può essere meglio di molte parole: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 69/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 6.9: Livelli di potenza In linea generale i termini più comunemente usati sono il dBm riferito ad una potenza campione di 1mW; il dBi che è riferito al guadagno d'antenna ideale isotropica; il dBW che è riferito ad una potenza campione di 1W. 6.5 Power (o Link) Budget e l'EIRP Il Power (o Link) Budget è il termine che indica la somma algebrica dei guadagni e delle perdite che concorrono in un link. Esso è indispensabile per verificare sia la realizzazione pratica sia la corrispondenza dello stesso alle normative vigenti. Semplificando molto le variabili in gioco, la rappresentazione grafica di una installazione tipica reale, può essere così esposta: Figura 6.10: Power Budget Come si può notare le zone in verde concorrono all'aumento della potenza e quelle in rosso, indicano le perdite di segnale e perciò ad una perdita di potenza. Gli elementi che compongono il Power Budget sono quindi riassumibili in: Potenza radio: è la potenza d'emissione dello stadio finale del trasmettitore (A e G). E' espresso in W (Watt) ma nel caso degli apparati Wi-Fi, in mW. In quest'ultimo caso, tale potenza viene espressa in dBm ed è un valore positivo. Cavo d'antenna e connettori: i cavi d'antenna e relativi connettori, introducono delle perdite (B e F). Espresse in dB (riferito al metro di lunghezza o su 100m di I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 70/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN cavo), sono sempre di valore negativo e variano anche di molto in base al tipo di cavo e connettore impiegato. Antenna: sebbene di tipo passivo, in base alla conformazione e geometria, introduce un guadagno positivo (C e E) supplementare espresso in dB. Essa ha il compito d'irradiare e ricevere il segnale. Propagazione nello spazio libero: è l'attenuazione, espressa in dB, che il segnale subisce attraversando l'aria e lo spazio (D) per raggiungere l'antenna remota (E). Il Power Budget avrà perciò il valore fornito dalla formula algebrica: PB = A (dBm) + C (dB) – B cavi(dB) – B connettori (dB) Questo valore non dev'essere mai superiore al limite imposto dalle vigenti leggi (massimo 20dBm EIRP per le reti Wi-Fi.). Può essere comunque superiore se le due stazioni trasmittenti/riceventi appartengono a radioamatori, i cui limiti dipendono dal tipo di patente posseduta. Il limite massimo di 20dBm EIRP all'antenna, usando la frequenza di 2,4GHz, indica la potenza effettiva isotropica irradiata e cioè quella potenza che viene irradiata in ogni direzione dall'antenna. 6.6 Fresnel Zone L'effetto Fresnel è quell'insieme di fenomeni d'interferenza che sono sempre presenti nelle trasmissioni a radiofrequenza. L'utilizzo di alta frequenza richiede poi che le antenne siano a portata ottica e che non vi siano ostacoli d'ogni genere interposti. Si definisce LOS (Line of Sight ovvero “linea di visibilità”) quella linea ottica diretta e priva di ostacoli tra due punti. Quest'ultima condizione è facilmente verificabile ed in caso di distanze particolarmente elevate, l'utilizzo di un binocolo costituisce valido aiuto. Ostacoli che possono oscurare la LOS possono essere di varia natura: · elementi caratteristici della zona: montagne o colline; · palazzi o altre costruzioni; · piante o boschi; · curvatura terrestre: solo a grandi distanze In un radio link non basta considerare la sola LOS, parte dell'energia irradiata vi si trova intorno. Si può immaginare questa zona come un ellissoide o un dirigibile il cui asse è la LOS stessa. Questo spazio viene definito come ZONA di FRESNEL e non dovrebbe mai essere attraversato da oggetti o elementi elencati sopra. Se un oggetto solido come un monte o un palazzo rientra in tale zona, il segnale può essere deviato (per riflessione) e/o attenuato di potenza (per assorbimento o per cammini multipli del segnale). La zona di Fresnel assume dimensioni variabili e dipendenti dalla frequenza e dal percorso del segnale. Figura 6.11: Effetto “Fresnel zone” L'immagine qui sopra può rappresentare il tipico esempio di zona di Fresnel non libera, sebbene la LOS lo risulti. Fenomeni di diffrazione e riflessione possono deviare parte del segnale originale. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 71/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Siccome queste riflessioni non sono mai in fase, il segnale può risultare attenuato in potenza o annullato completamente (tipico nei fenomeni di cammini multipli, detti anche Multi-Path). Anche la presenza di piante attenua il segnale. · Da queste considerazioni si intuisce che antenne a “visibilità ottica” diretta non garantisce in teoria l'efficienza di un link. Prove pratiche “sul campo” hanno però evidenziato che è sufficiente avere il 60% del raggio massimo della zona di Fresnel libera da occlusioni per avere un link efficiente ed in particolare, il 60% per la modulazione DSSS e l'80% per la FHSS, Frequency Hopping Spread Spectrum. Fonte http://www.radiolan.com/fresnel.html dov'è possibile calcolare una Fresnel di prova. Il calcolo della zona di Fresnel è usato per dimensionare la posizione in altezza di antenne ed è ricavabile mediante apposite tabelle. In caso di particolari occlusioni, è bene optare nel cambio di posizione dell'antenna in modo tale d'aver almeno il 60% del raggio massimo di tale zona libero o meglio ancora fino ad ottenere le condizioni di funzionamento ottimali come riportate nella figura seguente. Figura 6.12: Effetto “Fresnel zone” I raggi d'esempio sono stati calcolati ipotizzando la presenza di un ostacolo esattamente alla metà della distanza del link. Propagazione nell'aria I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 72/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Le onde radio sono il mezzo per trasportare e trasferire dati a distanza e supponendo d'usare una antenna omnidirezionale (detta anche isotropica), escono da essa con un Power Budget definito e teoricamente si diffondono nell'aria in modo uniforme in ogni direzione (come una sfera che si espande dal centro, dove risiede l'antenna). In realtà, il segnale è attenuato perché soggetto ad interferenze di vario tipo: colpiscono ostacoli come edifici, alberi ed oggetti in movimento, venendo riflesse, attenuate e deviate dalla LOS dalla gravità, dall'effetto Fresnel, dai percorsi multipli ed altro. L'effetto risultante di tutte queste interferenze è che il segnale radio ideale, partito dall'antenna trasmittente, giunge all'antenna ricevente attenuato, distorto e sfasato. Da quanto appreso finora, si deduce che nel calcolo totale della potenza del sistema, va considerata anche la potenza minima indispensabile al ricevitore per riconoscere il segnale (sensibilità) che andrà sommata anch'essa algebricamente. Si definisce margine di guadagno (MG) la stima della potenza a cui il ricevitore sarà messo in condizioni di lavoro, le cui prove pratiche hanno dimostrato debba essere di circa 15dB superiore alla soglia minima per avere un link stabile nelle varie stagioni. MG = PB (dB) – Perdite propagazione (dB) – sensibilità ricevitore (-dB) 6.7 Quale distanza si ottiene? Quanto lontano si può andare? Molte sono le variabili in gioco ma usando particolari accorgimenti, è possibile aumentarla o almeno sapere quanta potenza è necessaria per raggiungere una distanza definita. Ci sono 4 fattori da tener presente di cui su 3 si può avere una certa padronanza d'intervento: 1. L'EIRP del sistema: aumentando la potenza in uscita o il guadagno delle antenne e limitando le perdite dei cavi e dei connettori, si fa più strada. 2. Linea di visibilità (o LOS): maggiore è l'arco di visibilità migliori sono le condizioni d'esercizio poiché si attenuano i fattori ambientali come la crescita di rami e foglie, l'abbattimento della potenza a causa di ghiaccio, della polvere, ossidazione e guano. 3. La sensibilità del ricevitore: rappresentando “l'orecchio” del sistema, più è bassa, meglio è. Può essere migliorata abbassando la velocità del link. Le caratteristiche di sensibilità generalmente aumentano col diminuire della velocità, non di rado passando ad esempio da 11Mbit/s a 5,5Mbit/s, si guadagnano 3 dB che passando a 2 Mbit/s diventano 6dB, corrispondenti di fatto ad un raddoppio della distanza mantenendo invariata la potenza. 4. Effetto Fresnel: superati i 2 Km, gli effetti si fanno rilevanti. 6.8 Il puntamento Quando la distanza inizia ad essere rilevante o quando s'impiegano antenne di tipo direttivo, il puntamento delle stesse in modo ottimale assume un carattere importante nella realizzazione del link. Sebbene non sia indispensabile, è sempre bene avere a disposizione ciò che personalmente definisco come “kit di sopravvivenza Wi-Fi” che si compone di: 1. Un ap anche economico, con connettore per antenna esterna e piuttosto “elastico” in termini d'alimentazione. 2. Una scheda client possibilmente PCMCIA o USB, per computer portatile, dotata di attacco per antenna esterna e compatibile con il programma Network Stumbler. 3. Una serie di connettori ed adattatori, in particolare da sma o rp-sma ad N. 4. Un computer portatile con il software Network Stumbler. Questi componenti, oltre a rendere semplice il puntamento, possono tornare utili per fare delle verifiche veloci quando si ha l'impressione che il link realizzato “rallenti” o quando si devono apportare modifiche anche rilevanti. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 73/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Accendiamo il portatile e colleghiamo in modo “volante” l'antenna alla scheda client e verifichiamo con Network Stumbler se intorno a noi sono presenti altre reti wireless e su quale canale lavorano. Si tenga presente, come visto nel capitolo precedente, che i canali disponibili non sovrapposti sono solo 3 ed è bene scegliere uno di questi. Scegliamo il tipo di polarizzazione, verticale o orizzontale, tenendo presente la morfologia circostante e considerando il fatto che prove pratiche hanno dimostrato che la polarizzazione verticale offre prestazioni migliori ma non sempre è possibile usarla e, siccome ogni impianto fa storia a sé, non è detto che sia oltretutto la più efficiente. Verificato il funzionamento e la connessione tra gli apparati, si procede al fissaggio di un'antenna da un lato del link ed utilizzando un binocolo, la si punta verso la “destinazione” e vi si collega l'AP del kit di sopravvivenza, impostato per l'uso dell'antenna esterna. Effettuata una rapida verifica delle connessioni, si procede ad alimentare l'apparato. Spostandoci sull'altro lato (la destinazione del link), si monterà l'antenna avendo cura di mantenere la stessa polarizzazione e vi si collegherà la scheda client. Accendiamo il portatile ed avviamo il programma Network Stumbler, muovendo l'antenna dall'alto in basso e da destra verso sinistra verifichiamo se c'è disponibilità del link. Quando lo si rileva, serrare leggermente le viti di fissaggio, selezioniamo dal pannello di sinistra del programma il canale dell'ap remoto e far compiere dei piccoli scostamenti all'antenna in modo da ottenere il massimo segnale. Fissare in modo definitivo l'antenna cercando di non farle compiere scostamenti. Spegnere il computer e scollegare l'antenna dalla scheda. Portandosi sull'altro lato del link, togliere l'alimentazione all'AP del kit e ripetere l'operazione nel senso opposto. Ultimate queste ultime operazioni, avrete un bel link funzionante. Si ricorda di non usare tutta la potenza degli apparati ma quanto basta per avere un link stabile. Trasmettere a piena potenza generalmente non è sinonimo di massima velocità ottenibile, spesso si ottiene l'effetto inverso perché è come ascoltare musica a tutto volume utilizzando le cuffie... il risultato finale è che sentirete del gran rumore senza distinguere nulla. Il fatto d'usare poca potenza, garantisce anche ad altri la realizzazione di un proprio link wireless e consente un risparmio energetico non indifferente con un link attivo 24/24 ore. 6.9 Le antenne per outdoor Le antenne hanno particolare importanza nelle applicazioni radiotrasmittentiriceventi, ad esse è affidato il compito d'irradiare e di ricevere il segnale nell'etere e per questi motivi, possiedono guadagno sia in trasmissione che in ricezione. La scelta e l'installazione del tipo più opportuno d'antenna può essere particolarmente impegnativo e difficile, dipendente di sovente dalle condizioni morfologiche del territorio. Per comprenderne le differenze tra i vari tipi disponibili è utile capire il concetto principale: la direzionalità, cioè la capacità dell'antenna di diffondere i segnale in determinate direzioni, piuttosto che in altre. Si deduce perciò che i tipi d'antenna possono essere: 1. Omnidirezionale o isotropica: diffonde il segnale a radiofrequenza tutt'intorno; idealmente il segnale si propaga come fosse una sfera (in realtà somiglia più ad una mela...) al cui centro risiede l'antenna. Questo tipo d'antenna non possiede generalmente alto guadagno poiché l'energia viene “dispersa” in ogni direzione, rendendola perciò la favorita in applicazioni dove è richiesta la copertura di ambienti non necessariamente estesi. Sebbene ve ne siano di svariati tipi e costruzioni, la sua forma tipica è quella di una stilo. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 74/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 6.13: Antenna di tipo omnidirezionale 1. Direzionale e direttiva: hanno la peculiarità di concentrare il segnale in una zona, nella direzione del suo sviluppo. Dietro di sé, il segnale è fortemente ridotto d'intensità poiché ha scarse condizioni d'irradiazione. Il suo guadagno varia molto dal tipo di costruzione e dal materiale impiegato. Nelle versioni ad alto guadagno, il puntamento è particolarmente impegnativo poiché il segnale viene concentrato in un solo ipotetico punto. Particolare importanza riveste l'angolo d'apertura del segnale e la sua polarizzazione che può essere verticale se il suo campo si propaga sull'asse verticale o orizzontale se si propaga sull'asse orizzontale. Considerando il fatto che ci sarebbe da dire molto riguardo le antenne, ma poiché questa breve introduzione alle antenne si rivolge essenzialmente all'uso più che alla tecnica delle stesse, si ritiene utile soffermarsi su quelle di tipo direzionale, di ampio uso nei link a media e lunga distanza. 6.10 Direzionali e direttive Da quanto esposto al punto nelle generalità, si evince che le direttive e direzionali posso essere di diverso tipo come per esempio: 1. Yagi: simili in tutto per tutto alle antenne utilizzate per la ricezione dei segnali televisivi, si riconoscono per l'elevato numero di elementi che la compongono (composta cioè da quelli che vengono volgarmente chiamati “baffi”, tanto per intenderci...). Sono delle buone antenne e l'angolo di apertura del segnale diminuisce con l'aumentare del guadagno, come del resto accade con qualsiasi antenna direttiva. Vengono spesso impiegate nei centri urbani, in condomini, poiché si mimetizzano facilmente tra le antenne per la televisione. Ci sono alcune caratteristiche che però ne limitano l'impiego: A) più il guadagno è alto, più l'antenna si sviluppa in lunghezza, rendendone difficile l'installazione; B) sono piuttosto sensibili alla pioggia e durante la stagione invernale, formazioni di ghiaccio e neve, ne abbattono notevolmente il guadagno rallentando il link, fino ai casi più estremi in cui si perde. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 75/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 6.14: Antenna di tipo direzionale Yagi Le antenne Yagi permettono dei link piuttosto lunghi, intorno ai 10 Km. Utilizzando il programma Nec2, è possibile creare una simulazione grafica dell'irradiazione, sia sul piano orizzontale sia su quello verticale, di una Yagi avente 16 elementi, come quella illustrata sopra e circa 15dB di guadagno: Figura 6.15: Diagramma di polarizzazione Figura 6.16: Diagramma di polarizzazione sul piano orizzontale di una antenna di tipo sul piano verticale di una antenna di tipo direzionale Yagi direzionale Yagi 2. Parabole: Sono antenne particolarmente indicate quando la distanza inizia ad essere rilevante. Posseggono generalmente grande guadagno con dimensioni piuttosto ridotte che comunque aumentano con l'aumentare del guadagno. Sono composte da un elemento irradiante che si trova fisicamente nel fuoco di una griglia o di un disco parabolico. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 76/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Queste ultime hanno una resa migliore ma le rendono molto visibili e sensibili alle forze di trazione generate dal vento. Possedendo grande direzionalità e quindi pochi gradi d'apertura del segnale, su grandi distanze, non è semplice il puntamento e spesso ci si aiuta col binocolo. Figura 6.17: Antenna di tipo parabola Il perché del grande guadagno è facilmente spiegabile mostrando i lobi d'irradiazione del segnale di un'antenna di tipo direttivo, come riportato nel disegno seguente: Figura 6.18: Antenna di tipo parabola Generalmente, in commercio, si possono facilmente reperire parabole dai 15 ai 24dB di guadagno ma, se si vuole salire, occorre darsi al modding ed utilizzare dei riflettori offset, normalmente impiegati per la ricezione delle emittenti satellitari. In I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 77/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN questo caso basterà posizionare nel fuoco, al posto dell’LNB, una cantenna oppure una BiQuad. Nota particolare riguarda a questo punto il montaggio su palo che andrà eseguito al contrario, in modo che il puntamento non sia verso il cielo… Di seguito è possibile vedere alcuni esempi: Figura 6.19: Antenna di tipo parabola 3. A guida d'onda: è la più semplice tra le antenne a guida d'onda, particolarmente amata tra gli appassionati perché di semplice costruzione, con un costo di realizzazione decisamente irrisorio. Fondamentalmente è costituita da un barattolo in metallo e dall'elemento irradiante, il dipolo, che da sperimentazioni effettuate deve avere un diametro di 2 mm. Lo stesso dipolo è generalmente ricavato o saldato direttamente sul connettore d'antenna usato, tipicamente un N femmina. Lo schema di costruzione tipico è il seguente: Figura 6.20: Antenna a guida d’onda Siccome la frequenza utilizzata è di 2,45GHz, “Lo” ha valore di 122 mm ed il diametro “D” del barattolo dev’essere di circa 10 centimetri. La lunghezza del barattolo non è propriamente critica e dev’essere uguale o superiore a 3/4Lg. Dati questi valori, si deduce che Lo/4 è di 31 mm. Il valore di Lg dipende invece dal diametro del barattolo scelto. Di seguito sono forniti alcuni valori d’esempio, per l’uso in Wi-Fi: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 4. Progetto: Elios Power pag. 78/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Le antenne Gregoriane: sono particolari antenne paraboliche che hanno una doppia riflessione. Una prima riflessione parabolica convoglia il segnale verso il fuoco del paraboloide primario. Un secondo riflettore (convesso) posto opportunamente prima del fuoco focalizza il segnale verso l'illuminatore posto al centro del primo riflettore parabolico. Figura 6.21: Antenna Gregoriana 5. Antenna a guida d'onda “Slotted Waveguide 180°”: Sebbene la sua costruzione richieda una lavorazione tramite macchine a controllo numerico (e quindi alto costo di realizzazione), questo tipo d'antenna è particolarmente utile quando gli angoli d'apertura del segnale devono essere piuttosto elevati (max 160-170°) ed accompagnati da un guadagno d'antenna medio-alto. Il suo sviluppo in altezza dipende dal numero di slot presenti e possiede polarizzazione orizzontale. Superato un certo numero di slot, data l'enorme lunghezza, si preferisce montarla in orizzontale. Questo tipo d'antenna viene anche realizzata con apertura di 360° (omnidirezionale). In figura è possibile vedere un tipico esempio di slotted waveguide con i suoi caratteristici slot, in questo caso sono ben 16: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 79/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 6.22: Antenna a guida d’onda Slotted Waveguide 180° Come detto in precedenza, a causa dell’elevata precisione della lavorazione richiesta, una realizzazione home-made è quasi impossibile. A titolo informativo, è giusto dire che esistono comunque delle sperimentazioni che utilizzano una barra di polistirolo ricoperta di carta stagnola, ricavando le aperture incidendo la stessa. Utilizzando il programma Nec2, è possibile creare una simulazione grafica dell'irradiazione sui piani di elevazione ed azimutale di una slotted waveguide 180° avente 8 slot: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 80/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 6.23: Polarizzazione asse orizzontale e verticale per una antenna a guida d’onda Slotted Waveguide 180° 6. BiQuad: Esteticamente piccola, la BiQuad vanta grande popolarità grazie alla sua semplicità costruttiva e di puntamento, ha apertura di 180° e guadagno nell'ordine dei 10-11dB. Sebbene il principio di costruzione sia sempre uguale, ne esistono svariate realizzazioni, impieganti materiali e forme diverse (particolare è l'impiego di vecchi cd). Nella foto è possibile vederla nella sua realizzazione tipica, utilizzando lamine di rame. Figura 6.24: Antenna a BiQuad 6.11 Formule utili Sebbene questa sezione non vuole assumere carattere prettamente tecnico, viene fornita una serie di formule matematiche che semplificano lo studio e la realizzazione di un link wireless. · Lunghezza d'onda λ (in metri): λ = 300 / f dove f = frequenza in MHz · La densità di potenza in un punto qualsiasi di distanza (d), utilizzando un'antenna di tipo omnidirezionale, è dato dalla formula: P(d) = EIRP / (4 * π * d2) [W/mq] · La potenza al ricevitore è data dalla formula: Pr = EIRP * Gar * [λ / (4 * π * d)]2 Gar = guadagno antenna ricevente · L'attenuazione dovuta alla distanza (d): Ad = [λ / (4 * π * d)]-2 · Power o Link Budget (PB): PB = Papp (dBm) + Gant (dB) – Pcavi(dB) – Pcon (dB) Papp = potenza apparato Gant = guadagno antenna Pcavi = perdita cavi Pconn = perdita connettori · Margine di guadagno (MG): MG = PB (dB) – Perdite propagazione “Ad”(dB) – sensibilità ricevitore (-dB) · Direttività: Direttività = (π * D / λ)² π =3,14 D = il diametro dell'antenna I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 81/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN λ = lunghezza d'onda Per esempio, se il diametro è 66cm, la formula diventa: direttività = (3,14 * 0,66 / 0,12)² ovvero 17,7 * 17,7 = 298 La direttività è proporzionale all'area di cattura dell'antenna, ma per ottenere il guadagno bisogna tener presente altri problemi come lo spillover (l'illuminatore irradia anche al di fuori della parabola) e le perdite sull'illuminatore, così, nella migliore delle ipotesi, si riescono ad ottenere rendimenti pari a 0,6, ovvero: guadagno = rendimento * direttività secondo l'esempio riportato sopra, allora si ottiene: guadagno = 0,6 * 298 = 178 che corrisponde a circa 22dB (o dBi, in quanto ci si riferisce al modello dell'antenna isotropica, ergo dB = 10 Log(guadagno)) I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 82/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 7 7. La scelta dei componenti e gli strumenti utilizzati In questo capitolo vengono elencate le possibili scelte dei componenti da usare fornendone delle brevi descrizioni per motivarne la scelta. Successivamente verranno descritti gli strumenti utilizzati per la realizzazione del sistema informativo per il monitoraggio in tempo reale. Un obiettivo primario di questo lavoro è la progettazione di un prodotto che sia possibile usare in tutti gli impianti. Per questo motivo, come tipo di trasmissione, è stato scelto il wireless. Questa scelta è motivata dal fatto che la tecnologia wireless è facilmente adattabile anche a impianti già in funzione, mentre se si volesse usare la trasmissione cablata sarebbe necessario, con conseguente aumento del costo, creare una nuova rete nell'impianto. Il processo di individuazione e selezione dei componenti da assemblare per comporre il prototipo è stato influenzato dalla ricerca di particolari elementi qualitativamente idonei ma allo stesso tempo in grado di mantenere i costi al di sotto della soglia prestabilita. Per raggiungere questa finalità è stato necessario scegliere componenti elettronici di buona fattura che, ripetutamente testati, garantissero un comportamento altamente affidabile. 7.1 Preventivo per la realizzazione del sistema di monitoraggio La stesura dell'elenco dei possibili componenti per la realizzazione del sistema di monitoraggio è stata fatta analizzando alcuni aspetti fondamentali dell'impianto, quali: la conoscenza della distanza che intercorre tra il campo fotovoltaico e l'unità di controllo e gestione o anche la semplice unità adibita ad immagazzinare i dati. Questo tipo di informazione risulta fondamentale nella scelta di una tecnologia di trasmissione piuttosto che di un'altra (infatti se le distanze sono minime si potrà usare la tecnologia wireless Wi-Fly oppure ZigBee, mentre se le distanze cominciano ad essere considerevoli (> 100 m) una buona scelta potrebbe essere l'installazione di trasmettitori Wi-Fi); la distanza che c'è tra i vari componenti dell'impianto e l'unità di controllo e gestione o la semplice unità atta all'immagazzinamento dei dati. Anche in questo caso si può scegliere tra Wi-Fly o ZigBee per piccole distanze (in alternativa si può decidere di realizzare una rete via cavo tramite interfaccia RS485 con protocollo MODBUS) oppure optare per il Wi-Fi qualora la distanza risultasse considerevole. Il tipo di inverter installato nell'impianto, in quanto è utile sapere se il dispositivo è dotato di uscite che forniscono i dati via wireless (es. Wi-Fly, Zig-Bee, Bluetooth, Wi-Fi) o via cavo tramite interfacce RS232 o RS485. Nel nostro caso tale dispositivo non ci è stato commissionato e pertanto verrà solo brevemente indicato nel capitolo. Per quanto riguarda il monitoraggio delle stringhe una buona scelta consiste nel prendere i parametri fondamentali da due stringhe orientate diversamente o composte da moduli di materiale diverso in modo da riuscire ad avere un sufficiente set di dati che può coprire abbastanza bene la disomogeneità dell'impianto. Anche questo punto non è stato richiesto dal committente. Prendendo sempre come esempio l'impianto di figura 4.5, si è scelto di creare una rete che implementi lo standard Wi-Fi per trasmettere i dati all'unità centrale provenienti dal pannello e dal contatore. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 83/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Di seguito sono elencati i dispositivi scelti per implementare il sistema. Locale Dispositivi scelti n. 1 SENSORE TEMPERATURA INTERNO n. 1 SENSORE TEMPERATURA ESTERNO n. 1 SENSORE UMIDITA' INTERNO n. 1 SENSORE LUCE (PIRANOMETRO) Stazione n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3 meteo n. 1 RX/TX a 2.4GHz con MODULO RN-XV WIFLY n. 2 BATTERIE LION DA 3,7V/2A n. 1 PANNELLO SOLARE 10V/1,3W n. 1 ALIMENTATORE 5V/3,3V 1 ALIMENTATORE 5V/3,3V n. 1 SENSORE LUCE CONTATORE 1 n. 1 SENSORE LUCE CONTATORE 2 n. 1 CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE n. 1 CONTATTO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE n. 1 RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE n. 1 RELE' RIARMO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3 n. 1 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 PER SCHEDA ARDUINO Cabina n. 1 SWITCH 4 PORTE RJ45 Produzione n. 1 ROUTER / SWITCH WI-FI n. 1 ACCESS POINT NANOSTATION 2 n. 1 ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT NANOSTATION 2 n. 1 MODULO GSM/GPRS n. 1 ANTENNA PER GSM/GPRS LINEA ADSL CON WI-FI + PRESA RETE LAN RJ45 n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V n. 1 SENSORE LUCE CONTATORE 3 n. 1 CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE n. 1 RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3 Cabina n. 1 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 PER SCHEDA Distribuzione ARDUINO n. 1 ACCESS POINT NANOSTATION 2 n. 1 ANTENNA GREGORIANA n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V In dettaglio si avrà: 7.2.1 7.2.2 7.2.3 7.2.4 7.2.5 Analizzatore di rete elettrica (non utilizzato nel progetto) I trasformatori di misura (non utilizzato nel progetto) Misure di tensione in corrente alternata con un AC adattatore di alimentazione CA (non utilizzato nel progetto) Sensore di irraggiamento (piranometro) Sensore di temperatura per esterno DS18B20 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 7.2.6 7.2.7 7.2.8 7.2.9 7.2.10 7.2.11 7.2.12 7.2.13 7.2.14 7.2.15 7.2.16 7.2.17 7.2.18 7.2.19 7.2.20 7.2.21 Progetto: Elios Power pag. 84/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Sensore di temperatura per interno DHT22 Scheda Arduino Uno Modulo GSM/GPRS & GPS Shield V2 per Arduino Modulo Real Time Clock (RTC) Shield per Arduino Modulo Ethernet Shield REV3 - PoE Ready per Arduino Modulo RN-XV WiFly della Roving Networks Modulo XBee Shield per Arduino (non utilizzato nel progetto) Modulo trasmittente XBee (non utilizzato nel progetto) Access Point/Client Outdoor modello NANOSTATION 2 Il PoE (Power Over Ethernet) La stazione meteo (non utilizzato nel progetto) Batterie e circuito regolatore di ricarica Panello solare fotovoltaico Interfaccia ottica per lettura Contatore con uscita impulsiva a led Interfaccia relè per riarmo contatore Interfaccia lettura contatto pulito Scegliere Arduino è vantaggioso perché, oltre ad avere un costo contenuto, utilizza un circuito stampato che integra un microcontrollore con PIN connessi alle varie porte di Input/Output e un'interfaccia USB che consente la comunicazione con il computer. Inoltre viene affiancato da un ambiente di sviluppo integrato (IDE) adatto a qualsiasi sistema operativo, che consente di scrivere programmi con un linguaggio semplice e intuitivo derivato dal linguaggio C. Altra particolarità di Arduino è che le informazioni sull'hardware e sui progetti sono disponibili per chiunque ne avesse necessità: si tratta quindi di un hardware “Open Source”. 7.2 Descrizione dei componenti scelti 7.2.1 Analizzatore di rete (non utilizzato in questo progetto) Un analizzatore di rete è uno strumento impiegato per analizzare le proprietà delle reti elettriche, in particolare il comportamento associato alla riflessione ed alla trasmissione di segnali elettrici. Gli analizzatori di rete sono usati principalmente per le alte frequenze, tipicamente da alcune centinaia di KHz fino a molti GHz. Gli analizzatori di reti elettriche sono strumenti multifunzionali che misurano la corrente continua, la corrente alternata, l'intensità di corrente DC, l'intensità di corrente AC e la potenza in watt. Per monitorare il lato delle stringhe in continua si può utilizzare il controllore di stringa CE-AD12 prodotto dalla A&G Engineering SRL. Il dispositivo consente di misurare simultaneamente tensione, corrente e potenza in uscita da una stringa fotovoltaica (tensione massima fino a 1000V, corrente massima fino a 100A) e dispone di uscita RS485 con protocollo MODBUS. Rappresenta una soluzione molta compatta, infatti utilizza un unico trasduttore per le misure. In tal modo effettuando dei confronti fra i valori forniti da ciascuna stringa monitorata si riesce immediatamente ad individuare un eventuale malfunzionamento dovuto ad un guasto che altrimenti sembrerebbe dovuto alla mancanza di sole. Se ad esempio si hanno 30 stringhe da 2KW ciascuna, la potenza totale fornita è di 30 * 2KW = 60KW. Supponendo che una stringa si guasti e non fornisca potenza, la potenza totale fornita diventa di 58KW. Se si legge solo il valore globale dall'inverter non si è in grado di determinare se questa diminuzione di potenza è dovuta ad una riduzione di intensità della luce solare o ad un guasto di una stringa, tranne che non vi siano installati anche dei sensori di irradiazione. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 85/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Utilizzando questo dispositivo si ha la possibilità di individuare il guasto in tempo reale consentendo un rapido intervento. Per monitorare, invece, il lato in corrente alternata una buona scelta è l'impiego dell'indicatore multifunzione WM12DINAV53DS prodotto da Carlo Gavazzi Automation SPA. Questo indicatore trifase presenta una tastiera di programmazione integrata ed è particolarmente indicato per la visualizzazione delle variabili elettriche principali. E' dotato di una custodia per montaggio con guida DIN1(Supporto metallico per sostenere le varie apparecchiature elettriche tipo salvavita, timer, magnetotermici, ecc. Lo si può trovare all'interno di quadri elettrici, dai più piccoli (come quello che si trova in casa) ai quadri industriali.), ha un grado di protezione frontale IP402(Secondo la norma CEI 70-1(Norma italiana che corrisponde alla EN 60529) il grado di protezione dell'involucro di apparecchiature elettriche con tensione nominale non superiore a 72.5 KV viene così descritto: la prima cifra indica il grado di protezione contro il contatto di corpi solidi esterni e contro l'accesso a parti pericolose, mentre la seconda cifra indica la protezione contro la penetrazione dei liquidi. Esiste inoltre un terzo valore che indica il grado di resistenza meccanica dell'involucro. Quindi una protezione IP40 vuol dire: 1a cifra: 4. Il materiale è protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 1 mm ed è protetto contro l'accesso con filo. 2a cifra: 0. Il materiale non è protetto contro la penetrazione di liquidi) e una porta RS485 di comunicazione seriale. Un'ulteriore soluzione alternativa è data dall'analizzatore di energia trifase EM24DIN, sempre prodotto da Gavazzi, il quale presenta un joystick di programmazione incorporato e un display LCD per la visualizzazione dei dati; è particolarmente indicato per misurare l'energia attiva e reattiva. Anch'esso presenta una custodia per il montaggio a guida DIN, ma ha una protezione frontale IP50. L'analizzatore può essere dotato di uscite digitali, ciascuna delle quali può essere utilizzata per la ritrasmissione, mediante impulsi, dell'energia attiva o reattiva misurata, o anche utilizzabile come uscite per segnalare allarmi. 7.2.2 I trasformatori di misura (non utilizzati in questo progetto) Utilizzo dei trasformatori di misura Nella distribuzione elettrica MT (media tensione) i valori elevati di corrente e di tensione non permettono il loro utilizzo diretto dalle unità di misura o protezione. I trasformatori di misura sono necessari per fornire dei valori utilizzabili da questi dispositivi che possono essere: * apparecchi analogici, che utilizzano direttamente il segnale fornito * unità di trattamento numerico con microprocessore. Figura 7.1: Esempio di utilizzo dei trasformatori di misura in una catena di protezione I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 86/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN I trasformatori di misura sono dei seguenti tipi: 2. Trasformatori di corrente. Connessi sul circuito primario alla rete MT, forniscono al circuito secondario un valore di corrente ridotto e proporzionale alla corrente del sistema su cui sono installati. 3. Trasformatori di tensione. Connessi sul circuito primario alla rete MT, forniscono al circuito secondario un valore di tensione ridotto e proporzionale alla tensione del sistema su cui sono installati. I trasformatori di corrente (TA) hanno la funzione di fornire al secondario una corrente proporzionale a quella del circuito MT su cui sono installati. L'avvolgimento primario, connesso in serie al circuito MT, è sottoposto alle stesse sovracorrenti e al livello di tensione del sistema MT. Figura 7.2: Trasformatori di misura del tipo in corrente TA (Ip = corrente del circuito primario e Is = corrente del circuito secondario) L'avvolgimento secondario ha quasi sempre uno dei morsetti collegati a terra. L'avvolgimento secondario non deve mai essere a circuito aperto (cortocircuitarlo). Principio di funzionamento Il TA alimenta frequentemente un carico fortemente resistivo (Rc + cavetti) e può essere rappresentato dal seguente circuito equivalente. Figura 7.3: Circuito equivalente del trasformatore di corrente TA I1: corrente primaria I2 = I1/Kn: corrente secondaria del TA ideale. Is: corrente secondaria effettivamente circolante Im: corrente magnetizzante E: forza elettromotrice indotta Vo: tensione d'uscita Lm: induttanza di magnetizzazione (saturabile) equivalente del TA Rct: resistenza secondaria del TA I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 87/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Rwir: resistenza dei cavetti di connessione Rc: resistenza del carico La corrente I2 è l'immagine perfetta della corrente primaria I1 con il rapporto di trasformazione. La corrente reale di uscita (Is) è soggetta a un errore dovuto alla corrente di magnetizzazione (Im). Figura 7.4 - Curva di magnetizzazione (d'eccitazione) del TA Tensione d'uscita in funzione della corrente magnetizzazione Vs = f (Im) Il TA ha un'unica curva di magnetizzazione (a temperatura e frequenza data). Con il rapporto di trasformazione, essa caratterizza il suo funzionamento. La curva di magnetizzazione (tensione Vs, corrente di magnetizzazione Im) può essere divisa in 3 zone: 1 - zona lineare: Im è molto bassa e la tensione Vs (quindi Is) aumenta in maniera praticamente proporzionale alla corrente primaria. 2 - zone intermedia: non c'è un reale punto di rottura ed è difficile situare un punto preciso corrispondente alla tensione di saturazione. 3 - zone satura: la curva diventa quasi orizzontale; l'errore del TA è elevatissimo, la corrente secondaria è deformata dalla saturazione ed il valore efficace è molto basso. I trasformatori di tensione (TV) hanno la funzione di fornire al secondario una tensione proporzionale a quella del circuito MT su cui sono installati. L'avvolgimento primario, connesso in parallelo al circuito MT tra fase-fase o fase e terra, è sottoposto alle stesse sovratensioni. L'avvolgimento secondario fornisce una tensione costante indipendentemente dal carico collegato. L'avvolgimento secondario non deve mai essere cortocircuitato. Figura 7.5 Circuito semplificato di un trasformatore di tensione IS: corrente secondaria Us: tensione secondaria Zc: impedenza di carico. I trasformatori di tensione hanno due funzioni essenziali: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 88/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN adattare il valore della tensione MT del primario alle caratteristiche delle apparecchiature di misura o di protezione connesse, fornendo una tensione secondaria d'intensità proporzionalmente ridotta isolare il circuito di potenza dal circuito di misura e/o protezione Costituzione e tipi Un trasformatore di tensione è costituito da un avvolgimento primario, da un nucleo magnetico e da uno o più avvolgimenti secondari, tutti inglobati in resina epossidica. Ci sono due tipi di TV, in accordo al tipo di collegamento: fase - fase: avvolgimento primario collegato tra due fasi fase - terra: avvolgimento primario collegato tra fase e terra Figura 7.6 – Collegamento dei trasformatori di tensione TV 7.2.3 Misure di tensione in corrente alternata con un AC adattatore di alimentazione CA (non utilizzato in questo progetto) Per calcolare la potenza reale, la potenza apparente e il fattore di potenza è necessaria una misura della tensione alternata A.C.. Questa misura può essere fatta in modo sicuro (senza necessità di lavorare con le alte tensioni) utilizzando un adattatore da tensione AC a tensione AC. Il trasformatore adattatore fornisce l’isolamento tra l'alta e la bassa tensione AC. Limiti della tensione di rete in a.c. Lo standard di rete domestica per l'Europa è di 230 V ± 10%, fornendo un limite inferiore di 207 V e un limite superiore di 253 V. È consentito un limite per avere una caduta di tensione entro l'installazione del 5%, il che fornisce un limite inferiore di 185,5 V. Si fornisce brevemente in questa sezione i componenti elettronici necessari per interfacciare una elevata tensione AC alla scheda Arduino. Nel caso di misura di tensione con un trasformatore TV (trasformatore di tensione) l'obiettivo principale per l'elettronica di condizionamento del segnale è di ridurre la tensione di ingresso da 220 Vc.a. a circa 9÷12 Vc.a. tramite un opportuno circuito condizionatore il cui ingresso è collegato ad un trasformatore TV in modo che soddisfi i requisiti di ingresso degli ingressi analogici della scheda Arduino. Ovvero ottenere una tensione positiva compresa tra 0V e la massima tensione applicabile al convertitore Analogico / Digitale che ADC (normalmente è di 5V). I trasformatori TV, possono essere equivalenti ai comuni trasformatori di alimentazione utilizzati per alimentare piccole radio, telefonini, etc. La prima cosa che è importante conoscere leggendo sulla targhetta del trasformatore sono i dati caratteristici dello stesso (ad esempio si avrà: 9 Vc.a. RMS – 500mA). I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 89/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Il segnale in uscita dal trasformatore di tensione in c.a. possiede una forma d'onda quasi perfettamente sinusoidale. Se si dispone di un trasformatore con un primario collegato alla 230V e un secondario in bassa tensione di 9V (RMS) si dovrebbe ottenere un segnale di picco positivo di circa 12,7 V e il segnale di picco negativo di circa -12,7 V. Tuttavia a causa della regolare la tensione con questo tipo di adattatore quando l'adattatore non è caricato (ovvero quando non è collegato ad una resistenza di carico sul secondario, come in questo caso) l'uscita è spesso intorno a 10V÷12V (RMS) dando una tensione di picco di circa 14V÷17V. La tensione di uscita del trasformatore è proporzionale alla tensione di ingresso Va.c. L'elettronica di condizionamento del segnale deve quindi convertire l'uscita del trasformatore ad una forma d'onda che ha un picco positivo inferiore ai 5 V e un picco negativo che sia superiore a 0V e quindi dobbiamo: 1) ridimensionare la forma d'onda 2) aggiungere un offset (una tensione continua) in modo che non vi sia alcuna componente negativa. La forma d'onda può essere ridotta utilizzando un semplice partitore di tensione collegato tra i terminali del secondario del trasformatore mentre la piccola tensione di offset in continua può essere aggiunta utilizzando una sorgente di tensione creata da un altro partitore di tensione collegato tra alimentazione della scheda Arduino. Vediamo lo schema elettrico (a sinistra) e le forme d'onda di tensione (a destra): Figura 7.7 – Schema elettrico e forme d’onda dell’interfaccia con un trasformatore di tensione TV I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 90/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN I resistori R2 e R1 formano un partitore di tensione che riduce la tensione di alimentazione in c.a. mentre i resistori R3 e R4 forniscono la tensione di polarizzazione (offset positivo di +2,5 V). Il condensatore C1 fornisce un percorso a bassa impedenza verso massa per il segnale in alternata. I resistori R1 e R2 devono essere scelti per fornire un picco di tensione di uscita di circa 1 V, per un trasformatore in c.a. con un secondario da 9V RMS si può determinare una combinazione della resistenza R1=10 Kohm mentre R2 = 100 Kohm fornirebbe un output adatto: picco di tensione di uscita = R1 / (R1 + R2) x picco di tensione di ingresso = 10K / (10K + 100K) x 12,7 V = 1,15V La tensione di polarizzazione è fornita dal partitore composto da R3 e R4 che deve essere la metà della tensione di alimentazione (+5 V) e quindi entrambi i valori di R3 e R4 devono essere uguali. Un valore di resistenza maggiore riduce ovviamente il consumo di energia. Se la scheda Arduino funziona con una alimentazione a +5V la forma d'onda risultante del circuito ha un picco positivo di 2,5 V + 1,15V = 3,65V ed un picco negativo di 1,35 V soddisfano i requisiti dell’input analogico di tensione della scheda Arduino e lasciando spazio in modo che non vi è alcun rischio in caso di sovra o sotto tensione. Con lo schema del circuito precedente si ottiene una relativamente semplice tensione di polarizzazione che però ha alcune limitazioni. Per offrire un circuito con prestazioni migliori bisogna ricorrere ad un circuito più complicato con amplificatore operazionale. Tensione di polarizzazione con buffer di corrente La relativamente semplice sorgente di polarizzazione di tensione illustrato nel circuito precedente ha alcune limitazioni se è richiesta un'elevata precisione, questa può essere migliorata con l'aggiunta di un amplificatore operazionale. La funzione dell’amplificatore operazionale è quella di essere utilizzato come un inseguitore di tensione, e bufferizza (rende disponibile una elevata corrente con una bassissima impedenza in uscita ed elevatissima in ingresso) il punto medio della tensione che appare al punto di connessione tra R3 e R4. Ciò riduce significativamente l'impedenza del generatore di tensione, con conseguente miglioramento delle prestazioni. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 91/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.8 – Schema elettrico migliorato con un trasformatore di tensione TV Note: 1. questa modifica potrebbe non essere adatta nel caso in cui la fonte di alimentazione sono delle batterie, 2. ogni coppia di resistori pari fino a 100 Kohm può essere utilizzato per R3 e R4, mentre C1 può essere ridotto fino a 100 nF per valori di resistenza alla fascia alta (> 470 Kohm). 7.2.4 Sensore di irraggiamento (piranometro) Volendo trattare l’argomento dell’Energia Solare è bene avere qualche conoscenza sul SOLE che è sempre stato riconosciuto come fonte di ogni vita e, in molte civiltà, oggetto di adorazione. Dell’enorme quantità di energia che irradia nello spazio, quella che raggiunge il nostro pianeta è soltanto una frazione piccolissima. Ciò nonostante si tratta ancora di un ammontare enorme (circa 745 quadrimilioni di KW/h) che opportunamente utilizzata potrà senz’altro, alleggerire, se non risolvere, il pesante problema legato all’energia che ormai è diventata la linfa vitale della nostra società. Il Sole Il sole è la stella attorno a cui orbitano i pianeti del nostro Sistema Planetario. Poiché dista circa 150 milioni di chilometri, viene visto dalla Terra come un disco di circa mezzo grado di diametro, pari a quello della luna piena. mentre le altre stelle appaiono sempre puntiformi. La superficie è la parte luminosa del sole. È uno strato di poche centinaia di chilometri di spessore chiamato FOTOSFERA. Al centro avvengono le reazioni di fusione nucleare dell’Idrogeno in Elio che generano l’energia della stella. La sua temperatura è di circa 15 milioni di °C. Al di sopra della fotosfera si estende la CROMOSFERA, uno strato spesso circa 2000 Km con strutture allungate, che si innalzano fino a 10000 Km. La temperatura sale fino a 8000÷10000°C. Oltre a questo strato ha inizio la CORONA, con bassa densità e temperatura dell’ordine di milioni di gradi, visibile durante le Eclissi di sole. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 92/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN PRINCIPALI DATI RELATIVI AL SOLE • Raggio: 696500 Km • Massa: 2 x 1033 • Densità media: 1,41 g/cm3 • Temperatura superficiale: 5700 °C • Accelerazione di gravità alla superficie: 274 m/s2 • Distanza dalla terra: da 147,1 a 152,1 milioni di Km • Irradiamento: 36,4 MW/m2 Energia Solare Il sole irraggia energia sotto forma di radiazione elettromagnetica di lunghezza d’onda compresa tra 0,2 e 3µm. Questa radiazione é composta da una componente visibile e da una non visibile. La parte visibile ha una lunghezza d’onda compresa tra 0,4 e 0,8µm. L’energia generata dal sole si manifesta sotto forma di flusso continuo di fotoni che partono dalla superficie del sole stesso e in circa 8 minuti e mezzo raggiungono la terra. Ogni fotone che raggiunge la terra ha tutta l’energia che possedeva in partenza dal sole. Tutta l’energia che arriva sopra l’atmosfera (COSTANTE SOLARE) è pari a 1,92 cal/cm2 x min. = circa 1353 Kw/m2. Sul suolo terrestre, a livello del mare, l’energia disponibile è minore a causa dell’assorbimento che la radiazione subisce nell’attraversare l’atmosfera. La radiazione che giunge al suolo si compone di “RADIAZIONE DIRETTA” e “RADIAZIONE DIFFUSA”. La radiazione diretta è dieci volte maggiore di quella diffusa, quando il sole è sulla verticale del luogo. La radiazione diffusa eguaglia quella diretta quando il sole è vicino all’orizzonte. Nei giorni nuvolosi la radiazione diffusa supera in intensità la radiazione diretta. Oltre alle condizioni atmosferiche, l’intensità dell’irraggiamento solare disponibile sulla terra dipende dalla massa d’aria attraversata dalla radiazione. In condizioni atmosferiche favorevoli, la massima intensità di radiazione incidente a mezzogiorno, su una superficie orizzontale al livello del mare, è di 1 KW per metro quadrato. Ad una altezza di 1000 metri questo valore sale a circa 1,05 KW/m2 e sulle a 152,1 alte montagne è superiore a 1,1KW/m2. Il valore della costante solare, cioè l’intensità di irraggiamento oltre l’atmosfera che, come già detto, è di circa 1,353 KW/m2 viene definito AM0 (AIR MASS ZERO), mentre il massimo valore sul suolo terrestre a livello del mare (1 KW/m2) si definisce AM1 (AIR MASS UNO). I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 93/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.9: Variazione dell’intensità di radiazione in funzione dell’altitudine rispetto al livello del mare. PS = potenza della radiazione su superficie ortogonale alla radiazione stessa = KW/m2 Km = chilometri di altitudine. Orientamento e inclinazione dei Pannelli Fotovoltaici In un impianto fotovoltaico, uno dei fattori più importanti è l’esposizione del modulo o del pannello. A questo proposito occorre tener presente che, come già accennato, i raggi del sole colpiscono la terra, in condizione di cielo sereno e a mezzogiorno, con la potenza di 1KW/m2. Nell’arco della giornata, però l’irraggiamento non è sempre uguale ma dal mattino alla sera presenta valori diversi. A questo punto entra in ballo il fattore ESH (Equivalent Sun Hours Ore di sole 2 equivalente) che indica quanti KWh/m colpiscono una superficie piana in un giorno. Il fattore ESH varia a seconda della latitudine, del periodo dell’anno, delle condizioni ambientali e metereologiche, e viene riportato in apposite tabelle. Il fattore ESH è di fondamentale importanza per il dimensionamento degli impianti fotovoltaici. Per meglio comprendere è bene fare un esempio: Il valore ESH (ricavato dall’apposita tabella) per una superficie piana parallela al suolo (non inclinata) a Bologna, nel periodo estivo, è pari a 5,29. Ciò sta a significare che, anche se l’irraggiamento non è sempre uguale nell’arco della giornata, è come se i raggi del sole colpissero la superficie in oggetto alla massima intensità (1 KW/m2) per 5,29 ore al giorno. Per cui il fattore ESH, può anche essere espresso in KWh/m2 al giorno. A volte i dati vengono forniti in Kcal/m2 al giorno e per trasformarli in KWh/m2 al giorno è sufficiente dividerli per 860. Kcal/m2 g _______________ = KWh/m2 g 860 Per ricevere la massima insolazione, nel nostro emisfero(boreale), i pannelli fotovoltaici vanno, naturalmente, orientati a SUD. mentre l’inclinazione dipende dalla latitudine del sito di installazione e dal periodo di utilizzo dell’impianto. Se l’utilizzo è ANNUALE, l’inclinazione che consente di captare la massima energia solare è pari alla latitudine del sito. Ad es. se installato a Pisa, 43° 40’. α = 43 40’. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 94/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.10: Inclinazione di un pannello solare. Per un USO ANNUALE l’inclinazione è pari alla LATITUDINE del SITO Se l’uso è ESTIVO è bene che l’inclinazione sia di circa 10°÷20° in meno rispetto alla latitudine. Figura 7.11: Inclinazione di un pannello solare. Per un USO ESTIVO si avrà: α = LATITUDINE DEL SITO –10°÷20° Per il periodo INVERNALE è invece più proficuo aumentare l’inclinazione di 10°÷20°. Figura 7.12: Inclinazione di un pannello solare. Per un USO INVERNALE si avrà: α = LATITUDINE DEL SITO +10°÷20° In zone dove si prevede la presenza, con una certa frequenza, di nebbie mattutine, è opportuno orientare i pannelli di 5°÷10° verso SUD-OVEST rispetto al sud (AZIMUT +5°÷10°). I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 95/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN È buona norma scegliere l’inclinazione del pannello considerando il periodo peggiore del tempo di utilizzo dell’impianto, perciò per utilizzo annuale si dovrà scegliere l’inclinazione per il miglior valore ESH per periodo invernale. Sempre per utilizzo annuale ma, per impianti senza sistema di accumulo, ad esempio quelli connessi alla rete elettrica di distribuzione (GRID-CONNECTED), l’inclinazione migliore per il pannello è di una angolazione pari alla latitudine del sito. Ciò è dovuto al fatto che, in questi impianti, è importante produrre più energia possibile nell’arco dell’anno senza tener conto dei cattivi periodi di soleggia mento, in quanto è sempre disponibile l’energia fornita dalla rete elettrica. In qualsiasi tipo di impianto occorre fare molta attenzione che non vi siano ombreggiamenti anche parziali del pannello. Anche se una sola cella restasse ombreggiata, il rendimento del pannello calerebbe bruscamente. ESEMPI DI VALORI ESH GIORNALIERI MEDI STAGIONALI SU PANNELLI ORIENTATI A SUD DIVERSAMENTE INCLINATI LOCALITÀ LATITUDINE BOLZANO 46° 28’ TORINO 45° 11’ INCLINAZIONE 0° 30° 45° 60° 0° 30° 45° 60° INVERNO 1,29 1,99 2,20 2,28 1,46 2,26 2,50 2,60 PRIMAV. 3,64 3,81 3,67 3,34 3,78 3,95 3,80 3,45 VALORI ESH ESTATE 4,59 4,47 4,20 3,69 4,75 4,62 4.33 3,78 AUTUNNO 2,25 3,06 3,24 3,24 2,21 2,93 3,08 3,06 I valori stagionali sono stati calcolati con la media dei valori ESH giornalieri dei seguenti mesi: DICEMBRE - GENNAIO - FEBBRAIO = INVERNO MARZO - APRILE - MARZO = PRIMAVERA GIUGNO - LUGLIO - AGOSTO = ESTATE SETTEMBRE - OTTOBRE - NOVEMBRE = AUTUNNO I valori ESH della tabella sono frutto di dati statistici che rappresentano la media di diverse annate, evidentemente possono subire variazioni. Sono stati considerati in modo molto prudente in modo che nell’utilizzarli non si vada incontro ad avvilenti delusioni. Quindi la produzione di energia di una cella solare dipende da diversi fattori. Prima di tutto, una cella solare non risponde in maniera costante a tutte le frequenze della radiazione incidente, ad esempio una cella in silicio ha un'efficienza massima in corrispondenza dell'intervallo delle frequenze della luce visibile. In secondo luogo, la producibilità di una cella solare, e di conseguenza di un sistema fotovoltaico, dipende dalla radiazione incidente sulla sua superficie. In ultimo, ma non per questo meno importante, c'è un altro effetto che influenza le prestazioni di un sistema fotovoltaico: la temperatura. Infatti come tutti gli altri dispositivi a semiconduttore, le celle solari sono molto sensibili alla temperatura. Un aumento di temperatura riduce la band gap di un semiconduttore, influenzando la maggior parte dei suoi parametri, dunque valori alti di temperatura causano una minor produzione di energia da parte del sistema fotovoltaico. Per queste ragioni è molto importante controllare i parametri di un impianto tramite precisi strumenti: i sensori di irraggiamento solare: Solarimetro e Piranometro. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 96/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Un solarimetro è uno strumento usato per la misurazione del flusso della radiazione solare. Ci sono sostanzialmente due tipi di solarimetri: i piranometri e i solarimetri che usano l'effetto fotovoltaico. Un solarimetro che utilizza l'effetto fotovoltaico ha lo stesso comportamento di un sistema fotovoltaico: produce cioè un segnale elettrico in funzione della luce incidente, rispondendo in particolare alla luce visibile con una risposta che dipende dalla temperatura della cella. Pertanto i valori che fornisce devono necessariamente essere corretti in base al valore assunto dalla temperatura. Questa misura può essere ottenuta grazie ad una termocoppia. Un piranometro serve invece per misurare la radiazione globale su di una superficie (radiazione diretta e diffusa). Il principio di funzionamento è tipicamente basato sulla misura della differenza di temperatura tra una superficie scura (superficie che può assorbire la maggior parte della radiazione solare) ed una chiara (superficie che tende a riflettere, assorbendo una minor quantità di calore). Questa differenza viene misurata tramite l'utilizzo di una termopila3(Una termopila è composta da termocoppie generalmente connesse in serie.) : la differenza di potenziale che si genera in essa a causa del gradiente di temperatura tra le due superfici, consente di misurare il valore della radiazione solare globale incidente. 7.2.4.1 Introduzione al piranometro modello LP-PYRA03AV Il piranometro LP-PYRA03, misura l’irradiamento su una superficie piana (Watt/m2). L’irradiamento misurato è la somma dell’irradiamento diretto prodotto dal sole e dell’irradiamento diffuso (Irradiamento Globale). L’ LP-PYRA03 rientra nei piranometri di Seconda Classe secondo la norma ISO 9060, e secondo la pubblicazione “Guide to meteorological Instruments and Methods of Observation’”, quinta edizione (1983) dell’WMO. Il piranometro è prodotto in due versioni: LP-PYRA03AC ATTIVO con uscita in CORRENTE 4÷20 mA LP-PYRA03AV ATTIVO con uscita in TENSIONE 0÷1V o 0÷5V o 0÷10V Figura 7.13: Sensore di irraggiamento (piranometro modello LPPYRA03AV) I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 97/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 7.2.4.2 Principio di Funzionamento Il piranometro LP-PYRA03 si basa su un sensore a termopila. La superficie sensibile della termopila è coperta con vernice nera opaca che permette al piranometro di non essere selettivo alle varie lunghezze d’onda. Il campo spettrale del piranometro è determinato dalla trasmissione della cupola in vetro tipo K5. L’energia radiante è assorbita dalla superficie annerita della termopila, creando così una differenza di temperatura tra il centro della termopila (giunto caldo) ed il corpo del piranometro (giunto freddo). La differenza di temperatura tra giunto caldo e giunto freddo è convertita in una “differenza di potenziale” grazie all’effetto Seebeck. L’LP-PYRA03 è provvisto di una cupola di diametro esterno di 32 mm e spessore 4 mm al fine di garantire un adeguato isolamento termico della termopila dal vento, e per ridurre la sensibilità all’irradiamento termico. La cupola protegge la termopila dalla polvere che depositandosi sulla parte annerita ne potrebbe modificare la sensibilità spettrale. Per evitare che in particolari condizioni climatiche si formi condensa sulla parte interna della cupola, all’interno del piranometro sono inserite pastiglie di silica-gel che assorbono l’umidità. 7.2.4.3 Installazione e montaggio del piranometro per la misura della radiazione globale. • Il piranometro va installato in una postazione facilmente raggiungibile per una periodica pulizia della cupola e per la manutenzione. Allo stesso tempo si dovrebbe evitare che costruzioni, alberi od ostacoli di qualsiasi tipo superino il piano orizzontale su cui giace il piranometro. Nel caso questo non sia possibile è raccomandabile scegliere una posizione in cui gli ostacoli presenti sul percorso del sole dall’alba al tramonto siano inferiori a 5° (N.B. La presenza di ostacoli sulla linea dell’orizzonte influenza in maniera sensibile la misura dell’irradiamento diretto). • Il piranometro va posto lontano da ogni tipo di ostacolo che possa proiettare il riflesso del sole (o la sua ombra) sul piranometro stesso. • Quando il piranometro è utilizzato senza lo schermo bianco deve essere posizionato in maniera che il connettore sia dalla parte del polo NORD, se lo si usa nell’emisfero NORD, dalla parte del polo SUD se lo si usa nell’emisfero SUD, in accordo alla norma ISO TR9901 ed alle raccomandazioni dell’WMO. In ogni caso è preferibile attenersi a questa raccomandazione anche quando è utilizzato lo schermo. • Per un accurato posizionamento orizzontale, si possono utilizzare i fori presenti sul corpo dei piranometri o gli opportuni accessori. 7.2.4.4 Connessioni Elettriche e requisiti dell’elettronica di lettura L’LP-PYRA03 viene prodotto in due versioni, LP-PYRA03AC e LP-PYRA03AV. La tensione richiesta è di: 8÷30 VDC per le versioni LP-PYRA03AC e LP-PYRA03AV con uscita 0÷1V e 0÷5V. 14÷30 VDC per la versione LP-PYRA03AV con uscita 0÷10V. • Tutte le versioni sono provviste di connettore di uscita a 4 poli • Il cavo opzionale, terminato da una parte con il connettore, è in PTFE resistente agli UV, è provvisto di 3 fili più la calza (schermo), la corrispondenza tra i colori del cavo ed i poli del connettore è visibile nella seguente figura. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 98/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.14: Collegamenti del sensore piranometro modello LP-PYRA03AV Connettore Funzione Colore A Schermo ( ) (+) Vout (-) Vout e (-)Vcc (+) Vcc Nero B C D Rosso Blu Bianco Per verificare il corretto funzionamento del piranometro LP-PYRA03AV occorre effettuare un collegamento con un alimentatore e un multimetro secondo lo schema seguente, la resistenza di carico per la lettura del segnale deve essere ≥ 100 KΩ. Figura 7.15: Collegamenti di prova per verificare il corretto funzionamento del sensore piranometro modello LP-PYRA03AV 7.2.4.5 Manutenzione Al fine di garantire un elevata precisione delle misure è necessario che la cupola esterna del piranometro sia mantenuta sempre pulita, pertanto maggiore sarà la frequenza di pulizia della cupola migliore sarà la precisione delle misure. La pulizia può essere eseguita con normali cartine per la pulizia di obbiettivi fotografici e con acqua, se non fosse sufficiente usare Alcol ETILICO puro. Dopo la pulizia con l’alcol è necessario pulire nuovamente la cupola con solo acqua. 7.2.4.6 Taratura ed esecuzione delle misure per il modello LP-PYRA03 La sensibilità del piranometro S (o fattore di calibrazione) permette di determinare l’irradiamento globale misurando un segnale in Volt ai capi della termopila. Il fattore S è dato in μV/(Wm-2). Misurata la differenza di potenziale (DDP) ai capi della sonda l'irradiamento Ee si ottiene dalla seguente formula: Ee= DDP / S Dove: Ee: è l’Irradiamento espresso in W/m2, I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 99/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN DDP: è la differenza di potenziale espressa in μV misurata dal multimetro S: è il fattore di calibrazione riportato sull’etichetta del piranometro (e sul rapporto di taratura) in μV/(W/m2). La sensibilità del piranometro è regolata in fabbrica in modo che a seconda della versione scelta si abbia: 0÷1 V = 0.. 2000 W/m2 0÷5 V = 0.. 2000 W/m2 0÷10 V = 0.. 2000 W/m2 Per ottenere il valore di irradiamento una volta nota la tensione di uscita (Vout) dello strumento si deve applicare la seguente formula: Ee =2000⋅Vout per la versione 0÷1V Ee =400⋅Vout per la versione 0÷5V Ee =200⋅Vout per la versione 0÷10V Dove: Ee: è l’Irradiamento espresso in W/m2, Vout: è la tensione di uscita (in Volt) misurata con il Voltmetro Ogni piranometro è tarato singolarmente in fabbrica ed è contraddistinto del suo fattore di calibrazione. Per poter sfruttare appieno le caratteristiche dell’LP-PYRA03 è consigliabile eseguire la verifica della taratura con frequenza annuale. 7.2.5 Sensore di temperatura per esterno DS18B20 Il termometro digitale DS18B20 offre una risoluzione da 9-bit a 12-bit per la misura della temperatura in gradi Celsius e ha una funzione di allarme con due valori di trigger superiore e inferiore impostabili separatamente. Il DS18B20 comunica su un bus “1-Wire” che per definizione richiede solo una linea dati (e ovviamente la massa GND) per la comunicazione con un microprocessore centrale. Possiede una range di temperatura di funzionamento da -55 °C a +125 °C e una precisione di ± 0,5 °C nel range da -10 °C a +85 °C. Inoltre, il DS18B20 può ricavare potenza direttamente dalla linea di dati ("potenza parassita"), eliminando la necessità di un alimentatore esterno. Ogni DS18B20 possiede un unico codice seriale a 64 bit, che permette un funzionamento di più DS18B20s sullo stesso bus 1-Wire. Così, è possibile rilevare con un solo microprocessore la temperatura di molti DS18B20s anche se sono distribuiti su una vasta area. Le applicazioni che possono beneficiare di questa funzionalità includono HVAC1(è un acronimo inglese, molto usato in tutti i campi dell'industria, che sta per Heating, Ventilation and Air Conditioning, ovvero "riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria") controlli ambientali, i sistemi di sorveglianza della temperatura all'interno degli edifici, attrezzature o macchinari, e il controllo di processo e sistemi di controllo. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 100/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.16: Sensore di temperatura tipo DS18B20 7.2.6 Sensore di temperatura e umidità DHT22 Il sensore che è stato scelto è il DHT-22, prodotto da Aosong della Cina. Il DHT-22 utilizza un condensatore polimero per rilevare la temperatura e l'umidità, misurando la temperatura dell'aria tra -40 e 80 gradi centigradi, e l'umidità relativa tra 0 e 100%. Le informazioni necessarie per la calibrazione sono memorizzate in un minuscolo microcontrollore a 8-bit posto all'interno del DHT-22, e ciascuna unità viene testata e collaudata in fabbrica. In altre parole, questo sensore è pronto all'uso appena viene estratto dal suo contenitore. Il DHT-22 ha quattro piedini, ma solo tre sono utilizzati. Se si guarda il sensore di fronte, il pin più a sinistra è utilizzato per la tensione di alimentazione del sensore (da 3,3 V a 6 V, useremo il 5 V presenti sulla scheda Arduino), la seconda uscita corrisponde al pin dati dal sensore, il terzo pin non è collegato e il pin più a destra è collegato a GND. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 101/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.17: Sensore di temperatura e umidità DHT22 7.2.7 Scheda Arduino Uno Una scheda Arduino si basa su un microcontrollore a 8 bit, con l'aggiunta di componenti supplementari che rendere più semplice l'interazione in altri circuiti. La versione UNO utilizza un microcontrollore Atmega328 programmato per lavorare come convertitore USB-Seriale. Per implementare il comportamento interattivo, Arduino è fornita di potenzialità di Input/Output, grazie alle quali riceve i segnali raccolti dai vari sensori. Per interagire con l'esterno Arduino UNO utilizza attuatori pilotati dai canali di output in dotazione. L'alimentazione della scheda può avvenire o tramite la porta USB del PC, o attraverso i più comuni alimentatori USB, o anche tramite un adattatore in corrente continua a 9 Volt con connettore cilindrico tipo jack. Figura 7.18: Scheda Arduino Uno 7.2.8 Modulo GSM/GPRS & GPS Shield V2 per Arduino Quando non si ha la possibilità di collegarsi ad una rete Lan o Wi-Fi già esistente è possibile utilizzare il GPRS shield. Questo shield permette di eseguire sia le comunicazioni GSM sia le connessioni GPRS grazie al modulo SIM900 vero cuore dello shield e del modem di connessione. Il GM862-Quad è un modulo per comunicazioni mobili sviluppato da Telit. E’ basato sullo standard GSM, di cui supporta le quattro bande di frequenza utilizzabili (850, 900, 1800 e 1900 MHz), inoltre abilita l’impiego dei servizi di trasmissione di dati I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 102/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN a pacchetto attraverso la tecnologia GPRS integrando la gestione dello stack con protocollo TCP/IP. Tra le principali caratteristiche, la possibilità di inviare, ricevere o processare SMS, di attivare una connessione con un server tramite l’apertura di un socket, di comunicazione con la cella a cui è connesso per ottenere informazioni relative alla propria localizzazione. Necessita di essere equipaggiato con un SIM card da inserire nell’alloggiamento apposito, per abilitare le funzionalità di invio di SMS e comunicazione con il server, che rappresentano i due metodi previsti per trasmettere i dati raccolti dalla stazione. Per ottenere una migliore connettività occorre infine collegare il modulo ad una antenna esterna GSM QUAD band; nello specifico ne è stata scelta una di piccole dimensioni prodotta da Taoglas. Figura 7.19: Scheda MODULO GSM con Figura 7.20: Scheda SIM900 SIM900 per Arduino GMS/GPRS PER Figura 7.21: Schematico collegamenti per controllo Scheda GMS/GPRS SIM900 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 103/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 7.2.9 Modulo Real Time Clock (RTC) Shield per Arduino (non utilizzato in questo progetto) L’idea di un dispositivo che permetta di mantenere quanto più bassi possibili i consumi è incentrata sulla capacità di limitare il comportamento dello stesso unicamente alle fasi di sensing e comunicazione dei dati, mantenendo la stazione spenta per il restante tempo. Per riuscire in tale intento, si è dovuto inserire un componente che garantisse questa funzione di sincronizzazione. Il Real Time Clock DS1307 della SPARKFUN ELECTRONICS, consente, tramite la gestione di un segnale di interrupt, di risvegliare il sistema dalla modalità di ’sleep’ in cui esso normalmente si trova in modo da permettergli di svolgere le funzionalità standard prima di spegnersi nuovamente. L’oscillatore al quarzo contenuto nel clock, genera infatti un segnale periodico che permette di tenere traccia dell’orario anche quando tutti gli altri componenti sono inattivi, e risvegliare così la stazione ad intervalli periodici ogni x minuti. Questo si ottiene mediante la presenza di una batteria di backup che mantiene attivo il quarzo anche in assenza dell’alimentazione. Figura 7.22: Scheda Real Time Clock RTC per Arduino 7.2.10 Modulo Ethernet Shield REV3 - PoE Ready per Arduino A nostro parere, lo Shield Ethernet (Figura 6-1 e Figura 6-2) è uno dei più importanti che possiate collegare alla scheda Arduino, e forse è il primo che si dovrebbe acquistare e utilizzare. La possibilità di collegare Arduino ad una connessione Ethernet e quindi utilizzarlo per accedere a Internet, permettono di gestire da remoto uno o più controlli. Ad esempio si può utilizzare Arduino per creare un piccolo server web, come nel progetto da implementare, in modo che vengano spediti on-line i dati rilevati da uno o più sensori. Ma risulta anche possibile gestire le uscite della scheda Arduino, cioè fornire all’utente remoto connesso su internet la possibilità di modificare lo stato (accensione/spegnimento) di un classico utilizzatore (led, relè, motore, ventola, etc). Senz’altro avrete notato come lo Shield Ethernet ha la forma molto simile Arduino. E’ stato costruito in quel modo per essere compatibili: i lunghi pin di uno Shield Ethernet permettono l’incastro verso il basso nei pin femmina della scheda Arduino in modo da ottenere un collegamento stabile tra le due schede posizionate una sopra all’altra a formare un tipico panino a più strati (sandwich). La porta Ethernet Lo Shield Ethernet che utilizziamo richiede un cavo con connettori standard RJ-45. Una estremità del cavo di rete sarà collegata al connettore RJ-45 dello Shield, mentre l'altra estremità si collega al router Internet, switch o hub della rete lan. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 104/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Nella parte inferiore dello Shield, o nella confezione, si dovrebbe vedere un adesivo stampato con una sequenza di lettere e numeri, qualcosa come "90-A2-DA ..." e così via. Questo è l'indirizzo MAC (Media Access Control). Un indirizzo MAC è un identificatore completamente univoco per tutti i dispositivi che possono essere connessi a Internet. Quindi, occorre annotare l'indirizzo MAC del proprio Shield Ethernet in un posto sicuro, e non rimuovere l'adesivo. Dal momento che tutti gli shield Ethernet si assomigliano, il modo più semplice per distinguerli l'uno dall'altro è leggendo l'etichetta dell'indirizzo MAC. L'indirizzo IP Avrete anche bisogno di conoscere il Protocollo Internet (IP) del router. Questo è il numero che viene assegnato ad ogni dispositivo su una rete locale. Per la maggior parte dei router venduti in Italia, l'indirizzo IP predefinito è 192.168.1.1. In windows per trovare l'indirizzo IP del router occorre: 1. Fare clic su Connessioni di rete. 2. Il pulsante destro del mouse su una connessione di rete. 3. Fare clic su Stato, quindi fare clic sulla scheda Supporto. 4. Il "Gateway predefinito" è l'indirizzo IP del router, che in questo caso è davvero 192.168.1.1. 5. Inoltre, prendere nota della subnet mask (255.255.255.0) perché potreste averne bisogno in seguito. Lo shield Ethernet Arduino è una scheda elettronica basata sul Controller Ethernet TCP/IP W5100. Dispone di 14 I/O digitali pin, 6 ingressi analogici, un cristallo oscillatore a 16 MHz, una connettore RJ45, un header ICSP e un pulsante di reset. I pin 10, 11, 12 e 13 sono riservati per interfacciamento con il modulo Ethernet e non possono essere utilizzati. Questo riduce il numero di pin disponibili a 9, con quattro disponibili come uscite PWM. Una alimentazione opzionale PoE da applicare sul modulo Ethernet può essere aggiunta alla scheda. La scheda Ethernet differisce da altre schede in quanto non hanno un integrato USB-seriale, ma ha un'interfaccia Wiznet Ethernet. Figura 7.23: Scheda rete Lan Ethernet per Arduino versione R3 La slot per SD Card I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 105/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Lo Shield Ethernet prevede l'alloggiamento di una scheda SD. Esso consente di scrivere e leggere (memorizzare e recuperare) i dati da e verso una scheda microSD. Le prove che sono state effettuate con una scheda microSD da 4 GB che ne permettono un corretto funzionamento. Si consiglia di acquistare una scheda microSD che venga fornita con un modello “full-size SD” (figura 7.21), oppure acquistare un adattatore a parte, perché questo vi permetterà di scambiare la scheda tra Arduino e altri lettori di schede di dimensioni maggiori o minori. Poiché i segnali per la slot della scheda SD e quello della porta Ethernet lavorano sullo stesso circuito hardware seriale, si precisa che sarà possibile utilizzare un solo dispositivo alla volta. Ai fini pratici, questo non dovrebbe incidere molto sulle tempistiche di lavoro, ma bisogna essere consapevoli della limitazione mentre viene effettuata la programmazione della porta Ethernet o della scheda microSD. Il pin 10 è riservato per l'interfaccia Wiznet, mentre per la scheda microSD è riservato il pin 4. Figura 7.24: Slot per SD card disponibile sulla scheda Ethernet Arduino 7.2.11 Modulo RN-XV WiFly della Roving Networks Il modulo RN-XV si basa su un processore a 32 bit SPARC con modulo Wi-Fi che incorpora lo standard 802.11 b/g e lo stack TCP/TP, un RTC (orologio in tempo reale), un Crypto Accelerator con il supporto e la gestione di interfaccia digitale di potenza e analogici. Il modulo offre funzionalità aggiuntive attraverso i suoi GPIO (General Purpose Input Output) programmabili (10) e input ADC (8). Gli ingressi dell’ADC possiedono una risoluzione a 14 bit (tensione compresa tra 0 e 0,4V in ingresso con una risoluzione di 0,4 / 214 = 24,41µV), mentre il GPIO può essere configurato per fornire funzionalità standard o segnalazione di stato ad un microcontrollore host per ridurre la necessità di polling seriale(tecnica utilizzata in programmazione per leggere periodicamente tutti gli input collegati e rilevare se devono essere gestiti dal proprio software. Questa tecnica si contrappone con la gestione degli ingressi tramite interrupt dei sensori) tra il modulo Wi-Fi e il microcontrollore host. Il modulo è pre-caricato con il firmware per semplificare l'integrazione e ridurre al minimo i tempi di sviluppo dell'applicazione. Nella configurazione più semplice, I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 106/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN l'hardware richiede solo quattro connessioni (alimentazione di 3,3V, TX, RX e GND) per creare una connessione di dati wireless. Figura 7.25: Modulo RN-XV WiFly Configurazione Il modulo WiFly funziona in due modalità: 1) data mode (modalità dati) 2) command mode (modalità di comando). In modalità dati, il modulo può accettare connessioni in ingresso o avviare le connessioni in uscita. Per configurare i parametri e / o visualizzare la configurazione corrente, è necessario mettere il modulo in modalità di comando (chiamato anche modalità di configurazione). Accesso alla modalità di comando Per impostazione predefinita, il modulo è in modalità dati. Inviando la sequenza di caratteri “$$$” (senza i doppi apici) sì può passare alla modalità di comando per il modulo. È necessario inviare $$$ tutti insieme e senza caratteri aggiuntivi prima o dopo. Non è necessario inviare un ritorno a capo (CR = Carriage Return) o avanzamento riga (LF = Line Feed) dopo la modalità di comando $$$ per entrare. La risposta del modulo si ottiene con la stampa della stringa “CMD” (senza doppi apici) per indicare che è disponibile questa modalità. Una volta in modalità comando, è possibile configurare il dispositivo Wi-Fly utilizzando semplici comandi ASCII, ogni comando deve terminare con un CR ovvero un ritorno a capo. La maggior parte dei comandi validi restituiscono un “AOK”, quelli non validi restituiscono una descrizione del tipo “ERR”. Per uscire dalla modalità comando, inviare “exit” seguito da un CR. Il modulo risponde con “EXIT”, indicando che è uscito dalla modalità di comando e si trova in modalità dati. Si noti che è presente un buffer di 250 ms prima e dopo la sequenza di caratteri “$$$”. Se i caratteri vengono inviati prima o dopo la sequenza all'interno di questo intervallo di 250 ms, il modulo WiFly li tratta come fossero dei dati e li passa sopra al protocollo TCP o UDP, in tal caso il modulo non entra in modalità di comando. È possibile visualizzare i vari parametri, come il nome SSID, il canale, l'indirizzo IP, la porta seriale, e altre impostazioni e configurarli in modalità comando. Si invia il comando al modulo attraverso l’UART o via remoto tramite telnet. Quando si utilizza l'interfaccia UART, le impostazioni di comunicazione devono corrispondere a quelle di default memorizzate nel modulo di WiFly. Il valore predefinito è di 9.600 baud, 8 bit, nessuna parità, 1 bit di stop e controllo di flusso hardware disabilitato. È possibile accedere alla modalità di comando a livello locale tramite l'interfaccia UART, in qualsiasi momento, indipendentemente da una connessione TCP attiva. La ditta Roving Networks suggerisce di utilizzare sia il software “TeraTerm” (Windows OS) oppure “CoolTerm” (Mac OS-X) come emulatore di terminale. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 107/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Quando viene fornito l’alimentazione al modulo Wifly, questo tenta di collegarsi al punto di accesso memorizzato nelle sue impostazioni di configurazione. Se il modulo non riesce ad effettuare il collegamento, entra in modalità automatica di collegamento ed inizia una serie di scansioni e tentativi per collegarsi ad una rete wireless. Questa modalità può causare una momentanea indisponibilità dell’UART. Per evitare problemi di configurazione, la funzione di autoscansione è disabilitata quando il modulo si trova in modalità di comando, rendendo più semplice la sua configurazione. È possibile disattivare la funzione di autoscansione utilizzando il comando “wlan set join 0”. Questo comando impedisce al modulo WiFly la possibilità effettuare una scansione delle reti nel tentativo di collegarsi in automatico ad una rete non richiesta. Creazione di una rete personalizzata da parte del modulo WiFly Utilizzando la modalità personalizzata è possibile configurare il dispositivo eliminando la necessità per il modulo di essere associato ad una rete preesistente. Nella modalità personalizzata, il modulo crea una propria rete "on demand" a cui è possibile connettersi tramite il computer come si farebbe con qualsiasi altra rete wireless. Per attivare la modalità personalizzata (denominata “ad hoc” sul manuale di riferimento) utilizzando l’hardware, occorre collegare il pin GPIO9 (pin 8 del modulo) a livello alto (+3,3 V) al momento dell'accensione. In tal caso il modulo WiFly crea una rete personalizzata con le seguenti impostazioni: SSID (nome della rete wireless): WiFly-GSX-68, dove “68” sono gli ultimi due byte dell'indirizzo MAC del dispositivo Canale: 1 DHCP: Off Indirizzo IP: 169.254.1.1 Netmask: 255.255.0.0 Con il ponticello configurato per la rete personalizzata (“ad hoc”), le precedenti impostazioni di configurazione salvate vengono ignorare. Per collegarsi dal computer alla rete WiFly-GSX-XX non è richiesta nessuna passphrase (password). Attualmente il modulo WiFly supporta solo la modalità OPEN per la creazione di reti personalizzate. Potrebbero essere necessari alcuni minuti per Windows per assegnare un indirizzo IP e la connessione alla rete. Potete controllare il vostro l'indirizzo IP del computer eseguendo il comando “ipconfig /all” nella finestra di comando DOS. Se collegato alla rete wireless, questo comando visualizza l’indirizzo IP di tutte le schede di rete disponibili sul computer e la loro maschera di rete. L'indirizzo IP assegnato automaticamente deve essere sulla sottorete 169.254, altrimenti il modulo WiFly non sarà accessibile. Se il vostro computer dispone di wireless e di un'interfaccia cablata, potrebbe essere necessario disattivare l'hardware dell’interfaccia LAN cablata prima di connettersi alla rete personalizzata. Se la LAN cablata è attivata, il computer può assegnare un indirizzo IP che non si trova sulla stessa sottorete del modulo WiFly. Una volta collegato con un indirizzo IP appropriato è possibile utilizzare il comando telnet nel modulo WiFly sulla porta 2000: telnet 169.254.1.1 2000 La risposta “*HELLO*” (senza doppi apici) rende disponibile la modalità di comando utilizzando la sequenza di caratteri “$$$” e la configurazione del modulo. Un metodo più veloce e fortemente consigliato è quello di lavorare in remoto con l’ausilio di un software denominato Teraterm che è gratuito. Vediamo la procedura di un primo collegamento e configurazione del modulo. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 108/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Prima di fornire la tensione di alimentazione al modulo WiFly controllare attentamente i collegamenti secondo quanto è richiesto per la configurazione minima: pin 1 del modulo WiFly collegato ad un alimentatore da 3,3V (ATTENZIONE! NON COLLEGARE il modulo al pin denominato “3.3V” della scheda Arduino perché la corrente massima (circa 50 mA) che la scheda Arduino può fornire è nettamente inferiore a quella richiesta da modulo (da 120 mA a 240 mA a seconda della configurazione) pin 8 del modulo WiFly collegato a 3,3V (per effettuare un boot con una configurazione personalizzata “ad hoc”). ATTENZIONE! Effettuando questo tipo di collegamento si cancellano tutti i precedenti comandi e/o predisposizioni impartite al modulo WiFly, quindi procedere con cautela. pin 10 del modulo WiFly collegato a GND Fornire la tensione di alimentazione di 3,3 V con un opportuno alimentatore in grado di fornire almeno 500mA a 3,3V stabilizzati in continua. Sulla scheda di rete Wi-fi del notebook effettuare una ricerca della rete denominata “WiFly-GSX-XX” dove nel nostro caso viene associato al valore “XX” il numero “68” (vedere la figura 7.19) e procedere alla connessione. Ovviamente il modulo deve essere distante al massimo 20-30 metri dal notebook. Figura 7.26: Tipica configurazione “ad hoc” ovvero personalizzata senza password Mandare in esecuzione il software “Teraterm” impostando i seguenti parametri 169.254.1.1 porta 2000 su opzione TELNET I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 109/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.27: Tipica configurazione iniziale “ad hoc” ovvero personalizzata senza l’utilizzo di una password Attendere la risposta “*HELLO*” (senza doppie virgolette) Digitare “$$$” (per entrare in modalità comandi, tutti i comandi sono da digitare senza le doppie virgolette) Digitare “set wlan join 4” (predispone il modulo in modalità personalizzata) Digitare “set wlan ssid dati_meteo” (definisce il nome della rete come “data_meteo”) Digitare “set wlan chan 1” (utilizza il canale 1 per la rete personalizzata) Digitare “set ip address 192.168.1.199” (predispone l’indirizzo IP del modulo) Digitare “set ip netmask 255.255.255.0” (predispone la netmask) Digitare “set ip gateway 192.168.1.1” (predispone il gateway, ovvero occorre fornire l’indirizzo IP dell’Access Point per poter accedere a Internet) Digitare “set ip dhcp 0” (non viene utilizzato il DHCP) Digitare “set dns address 192.168.1.1” (viene utilizzato come IP del DNS l’IP dell’Access Point) Digitare “set ip localport 8888” (viene utilizzata la porta 8888) Digitare “set ip tcp-mode 0x4” (viene utilizzato il protocollo TCP) Digitare “set ip host 192.168.1.105” (indicare l’indirizzo IP della porta del server (nel caso di prova l’IP della scheda wireless del notebook), si ricorda che la porta di comunicazione è settata di default al valore 2000) Digitare “set ip remote 8888” (indicare la porta di comunicazione con il server o notebook. Si ricorda che la porta di comunicazione è settata di default al valore 2000) Digitare “set ip protocol 0x13” (accetta i seguenti protocolli TCP, UDP e HTTP) Digitare “save” (salva i parametri nella memoria eeprom interna al modulo) Digitare “get wlan” (visualizza i nuovi parametri) Digitare “get ip” (visualizza i nuovi parametri) *HELLO* CMD set wlan join 4 AOK <2.32> set wlan ssid dati_meteo AOK <2.32> set wlan chan 1 AOK <2.32> set ip address 192.168.1.199 AOK <2.32> set ip netmask 255.255.255.0 AOK Figura 7.28: Configurazione iniziale “ad hoc” tramite il software Teraterm da postazione remota (tramite scheda di rete Wi-Fi di un notebook) I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power <2.32> set ip gateway 192.168.1.1 AOK <2.32> set ip dhcp 0 AOK <2.32> set dns address 192.168.1.1 AOK <2.32> set ip localport 8888 AOK <2.32> set ip tcp-mode 0x4 AOK <2.32> set ip host 192.168.1.105 AOK <2.32> save Storing in config <2.32><2.32> get wlan SSID=dati_meteo Chan=1 ExtAnt=0 Join=4 Auth=OPEN Mask=0x1fff Rate=12, 24 Mb Linkmon=0 Passphrase=ciao TxPower=0 <2.32> <2.32> get ip IF=UP DHCP=OFF IP=192.168.1.199:8888 NM=255.255.255.0 GW=192.168.1.1 HOST=192.168.1.105:8888 PROTO=UDP,TCP,HTTP, MTU=1524 FLAGS=0x7 TCPMODE=0x4 BACKUP=0.0.0.0 <2.32> pag. 110/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.28: Configurazione iniziale “ad hoc” tramite il software Teraterm da postazione remota (tramite scheda di rete Wi-Fi di un notebook) Per modificare l’indirizzo IP della scheda di rete wireless del notebook Pannello di controllo Connessioni di rete selezionare la scheda di rete wireless con il pulsante destro del mouse un clic su “Proprietà” Seleziona “Protocollo Internet versione 4” un clic su “Proprietà” seleziona “Utilizza il seguente indirizzo IP” digita nella casella denominata “Indirizzo IP” il valore: “192.168.1.105” digita nella casella denominata “Subnet mask” il valore: “255.255.255.0” digita nella casella denominata “Gateway” il valore: “192.168.1.199” digita nella casella denominata “Server DNS preferito” il valore: “192.168.1.199” un clic su “OK” un clic su “Si” un clic su “Chiudi” Per inserire i nuovi parametri sul PC occorre rinominare il nome della rete (SSID) seguente: “dati_meteo” Pannello di controllo Sistema un clic su “Cambia impostazioni del gruppo di lavoro o dominio” un clic su “Cambia” sostituire il vecchio gruppo di lavoro con “DATI_METEO” un clic su “OK” un clic su “OK” un clic su “OK” un clic su “Chiudi” un clic su “Riavvia ora” per riavviare il notebook. Effettuare il reset del modulo WI-Fly oppure togliere l’alimentazione per qualche secondo e rifornirla. Sulla scheda di rete Wi-fi del notebook effettuare una ricerca della rete denominata “dati_meteo” e procedere alla connessione. Ovviamente il modulo deve essere distante al massimo 20-30 metri dal notebook. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 111/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Mandare in esecuzione il software “Teraterm” impostando i seguenti parametri 192.168.1.199 porta 8888 su opzione TELNET Attendere la risposta “*HELLO*” Digitare “$$$” (per entrare in modalità comandi e proseguire con i nuovi comandi da trasmettere al modulo) Ad esempio volendo configurare in modalità immediata il GPIO8 (corrispondente al pin 4 del modulo) come INPUT occorre digitare “set sys mask 0x20f0” Collegare il pin 4 del modulo Wi-Fly a 3,3V Per leggere e verificare il livello alto del pin digitare “show io” (che visualizza lo stato digitale di tutti i pin). Ad esempio il risultato sarà “8510”. Considerando che il primo carattere “8” è solamente un preambolo, e quindi non si deve considerare, occorre valutare il bit 8 ovvero il carattere “5” che corrisponde in binario ac “1001” il cui bit meno significativo risulta a livello HIGH (livello 1). Collegare il pin 4 del modulo Wi-Fly a GND Per leggere e verificare il livello basso del pin digitare “show io” (che visualizza lo stato digitale di tutti i pin). Ad esempio il risultato sarà “8400”. Considerando solamente il secondo carattere “4” si ottiene in binario ac “0100” il cui bit meno significativo risulta a livello LOW (livello 0). Ad esempio volendo configurare in modalità immediata il GPIO8 (corrispondente al pin 4 del modulo) come OUTPUT occorre digitare “set sys mask 0x21f0” Per settare immediatamente l’output (pin 4 del modulo) denominato GPIO8 a livello HIGH digitare “set sys output 0x0100 0x0100” Controllare con un tester che il pin 4 sia a livello HIGH (circa 3,3 V) Per settare immediatamente l’output (pin 4 del modulo) denominato GPIO8 a livello LOW digitare “set sys output 0x0000 0x0100” Controllare con un tester che il pin 4 sia a livello LOW (circa GND = 0 V) Figura 7.29: Tipica risposta al comando PING da finestra DOS dopo la configurazione del modulo Wi-Fly Sintassi dei comandi Per inviare i comandi al modulo, si invia una parola chiave seguita dai parametri opzionali. I comandi sono “case sensitive” (attenzione alle maiuscole!) e non è possibile utilizzare gli spazi nei parametri. Utilizzare un carattere “$” per indicare uno spazio, ad esempio, “MY NETWORK” dovrebbe essere scritto come “MY$NETWORK”. I dati di input in formato esadecimale possono essere sia maiuscoli o minuscoli, mentre i dati di testo (stringa), come il SSID, è di tipo “case sensitive”. È possibile utilizzare una scorciatoia per i parametri. Per esempio, i seguenti comandi sono equivalenti: • Set uart baudrate 115200 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 112/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN • Set uart b 115200 • set u b 15200 Non è possibile utilizzare una scorciatoia per le parole chiave di comando. Ad esempio, “s uart baudrate 115200” è illegale. È possibile digitare i numeri in formato decimale (ad esempio, 115200) o esadecimale. Per inserire un numero in esadecimale, utilizzare il prefisso “0x”. Per esempio, il valore esadecimale FF verrebbe immesso come 0xFF. Ci sono cinque categorie di comando generali, come mostrato nella tabella. Tipo di Comando Set commands Get commands Status commands Action commands File I/O commands Descrizione Impostare i comandi hanno effetto immediato e sono memorizzati in memoria quando il comando "save" viene fornito al modulo. Questi comandi recuperano le informazioni memorizzate nel modulo e lo visualizzano. Questi comandi visualizzano lo stato dell'interfaccia, lo stato IP, ecc Utilizzare questi comandi per eseguire operazioni quali la scansione, connessione, disconnessione, ecc Utilizzare questi comandi per aggiornare, caricare e salvare la configurazione, eliminare i file, ecc È necessario salvare le modifiche apportate con il comando “save” altrimenti il modulo ricarica le impostazioni precedenti quando viene riavviato oppure all'accensione. In considerazione dell’elevato numero di comandi disponibili e dell’enorme quantità di opzioni si rimanda il lettore alle specifiche tecniche del modulo stesso. 7.2.12 Modulo XBee Shield per Arduino (non utilizzato nel progetto) Il modulo XBee Shield consente ad una scheda Arduino la comunicazione in modalità wireless tramite il protocollo XBee coprendo distanze che vanno dai 100 m indoor ai 300 m all'aperto (outdoor), tramite l'utilizzo della line-of-sight4(Linea di vista, nella terminologia delle telecomunicazioni è il percorso ottico in linea retta fra un dispositivo trasmettitore ed uno ricevitore. La sua importanza sta nel fatto che, così come la luce, ogni onda elettromagnetica si propaga in linea retta in un mezzo isotropico. In fisica l'isotropia è la proprietà di indipendenza dalla direzione, da parte di una grandezza definita nello spazio.) . Figura 7.30: Modulo Arduino Shield 7.2.13 Modulo trasmittente XBee (non utilizzato nel progetto) I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 113/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Il modulo XBee è una soluzione compatibile con lo standard ZigBee/IEEE 802.15.4 che soddisfa la necessità di una rete a basso costo e a basso consumo, pensata principalmente per l'utilizzo con sensori. I moduli sono semplici da utilizzare, richiedono pochissima energia e costituiscono una soluzione efficace ed affidabile per la trasmissione di dati critici; inoltre le dimensioni estremamente compatte fanno risparmiare spazio prezioso nelle applicazioni in cui è presente. Figura 7.31: Modulo XBee Il più grande vantaggio di questi moduli consiste nel fatto che essi sono bidirezionali, a differenza di molti altri sistemi economici che lavorano a 433MHz che invece sono unidirezionali, e quindi sono in grado di trasmettere e ricevere i dati in entrambe le direzioni, il che consente di testare facilmente (da entrambi i lati) se il sistema sta funzionando correttamente. Il secondo vantaggio consiste nell'indirizzamento univoco di questi moduli. Ogni XBee, infatti, ha un numero seriale univoco; ciò significa che due o più unità possono essere impostate per scambiare dati esclusivamente tra di loro, ignorando tutti i segnali di altri eventuali moduli presenti. Il terzo vantaggio consiste nella logica precostruita all'interno dei moduli XBee: infatti sono già implementati tutti i necessari controlli tipici di una trasmissione wireless, quali ad esempio l'error checking. 7.2.14 Access Point/Client Outdoor modello NANOSTATION 2 Un Access Point (AP) è un dispositivo elettronico di telecomunicazioni che permette all'utente mobile di collegarsi ad una rete wireless direttamente tramite il suo terminale se dotato di scheda wireless. Se viene collegato fisicamente ad una rete cablata (oppure via radio ad un altro Access Point), può ricevere ed inviare un segnale radio all'utente grazie ad antenne e apparati di ricetrasmissione, permettendo così la connessione sotto forma di accesso radio. Per rispettare le specifiche del progetto, in cui si presuppone una distanza massima di 2000 metri (2 Km) con totale visibilità ottica tra le due postazioni, si è dovuto abbandonare l’idea di utilizzare dei moduli Wi-Fly oppure XBEE per la ridotta potenza utile su una antenna esterna in quanto il range di distanza massima coperta è di circa 300 metri. Quindi si passato a utilizzare una apparecchiatura che permetta di coprire senza problemi la distanza massima richiesta. Consultando alcuni newsgroup si focalizzato l’attenzione sul dispositivo Access Point denominato NanoStation2 della ditta Ubiquiti Networks che soddisfa pienamente i prerequisiti richiesti. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 114/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.32: Access Point Nanostation 2 Vediamo le principali caratteristiche del progetto: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 115/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.33: Caratteristiche dell’Access Point modello NanoStation2 7.2.14.1. Collegamento hardware Collegare il dispositivo alla rete è molto semplice, in quanto utilizza la tecnologia con il POE (Power Over Ethernet). Per questo occorre collegare la Nanostation2 con un cavo diretto Ethernet (connettori tipo RJ45) e l'adattatore di alimentazione in dotazione. Prima di tutto collegare un cavo dall’uscita denominata “POE” dell’alimentatore con l'altra estremità al dispositivo Nanostation2 con entrata denominata “LAN”. L'altro cavo ethernet è collegato tra l'ingresso denominato “LAN” dell’alimentatore e la scheda Ethernet del computer o notebook. Figura 7.34: Collegamenti tra l’alimentatore e l’Access Point modello NanoStation2 Ora basta collegare l'adattatore di alimentazione ad una presa del 220Vca. 7.2.14.2. Applicazioni I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power Questo dispositivo può essere applicazioni: - Semplice AP (Access Point) - Ripetitore Wireless - Bridge pag. 116/159 impostato Classi 4BN, 4BT, 5BN e utilizzato per diverse tipi di 7.2.14.3. Configurazione del computer in grado di configurare il dispositivo Questo capitolo spiega come configurare la connessione di rete per ottenere l'accesso al dispositivo così come arriva settato dalla fabbrica. Nel computer o notebook aprire “Pannello Controllo” “Connessioni di rete” Connessione alla rete locale (occorre selezionare la scheda di rete a cui è stato fisicamente collegato il cavo di rete ethernet) pulsante destro del mouse un clic su Proprietà. In Generale, selezionare Protocollo Internet (TCP / IP) e fare clic Proprietà. Selezionare “Internet Protocol (TCP / IP) versione 4” un clic su “Proprietà” Inserire l'indirizzo IP e la subnet mask. L'indirizzo IP predefinito dell’Access Point è 192.168.1.20, che non può essere utilizzato per il notebook. Quindi inserire un indirizzo IP 192.168.1.21 e gateway 192.168.1.20 Fare clic su OK e Chiudi Figura 7.35: Settaggi di default per accedere all’Access Point modello NanoStation2 Aprire il browser (es. Internet Explorer, Firefox, Opera, ecc) e digitare nella barra degli indirizzi: “http://192.168.1.20” oppure “192.168.1.20” (senza doppie virgolette. Questo è l'indirizzo predefinito del NanoStation2), quindi premere il tasto “Invio”. Quando la pagina di connessione all’AP (Access Point) viene visualizzata digitare il nome utente di default "ubnt" e la password "ubnt" qui sotto: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 117/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.36: Username e password di default per accedere all’Access Point modello NanoStation2 7.2.14.4. Configurazione semplice AP (Access Point) Consideriamo questa topologia semplicemente per collegarsi in rete (configurazione non utilizzata nel progetto): Un router / gateway connesso a Internet e / o ad una LAN privata (Indirizzo IP: 192.168.1.1/24) Un Access Point NanoStation2 con sistema operativo AirOS collegato direttamente al router (indirizzo IP: 192.168.1.20/24) Uno o più client wireless (notebook, WiFi-Phone, altri dispositivi wireless ...) Il router assegna gli indirizzi IP ai dispositivi di rete dal server DHCP. In alternativa, se si preferisce, è possibile impostare l'indirizzo IP statico sul client. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 118/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.37: Collegamenti tra l’Access Point NanoStation2 e altri dispositivi wireless 7.2.14.4. Configurazione ripetitore wireless (Access Point con WDS [Wireless Distribution System]) I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 119/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.38: Collegamenti tra due Access Point NanoStation2 configurati come ripetitori wireless Idealmente, questa configurazione che è quella utilizzata nel presente progetto in quanto configura due NanoStation2 come ripetitori di segnali, permettendo l’estensione della copertura fino a circa 10 km (10000 metri). Un sistema di distribuzione wireless (WDS) è un sistema che consente l'interconnessione wireless di punti di accesso in una rete con standard IEEE 802.11. Esso consente l'espansione di una rete wireless utilizzando più punti di accesso senza la necessità di una dorsale cablata per collegarli. Il vantaggio notevole rispetto ad altre soluzioni è che nella configurazione WDS si conservano gli indirizzi MAC dei client. Tutte le stazioni di base di un sistema di distribuzione wireless devono essere configurate per utilizzare lo stesso canale radio, lo stesso metodo di crittografia (nessuna, WEP o WPA) e le stesse chiavi di crittografia. La configurazione Access Point con WDS prevedere due modalità di connettività wireless tra due Access Point: Bridging wireless, in cui i punti di accesso WDS possono comunicare solo tra di loro e non consentono ai client wireless o ai PC di accedervi Ripetitore Wireless, in cui due o più Access Point comunicano tra loro e con i PC wireless Prima di iniziare la configurazione di entrambi gli AP, è necessario raccogliere l'indirizzo WLAN MAC (Wireless MAC) di entrambi, in realtà è l'indirizzo fisico dei dispositivi. Per leggere il MAC occorre effettuare il login utente tramite browser e annotare queste informazioni. Per esempio faremo riferimento ai seguenti due indirizzi: Access Point AP#1 WLAN MAC 00:27:22: AF:AA:E3 cabina Produzione Access Point AP#2 WLAN MAC 00:27:22: AF:AB:83 cabina Distribuzione Siate sicuri di conoscere i WLAN MAC di entrambi i dispositivi prima di iniziare la configurazione. Nella seguente figura si può visualizzare una tipica configurazione tra due Access Point Nanostation2 per lavorare in modalità WDS. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 120/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Title SCHEMA DEI RIPETITORI ACCESS POINT WDS NANOSTATION2) Size B WLAN MAC 00:27:22:AF:AA:E3 ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT ACCESS POINT NANOSTATION 2 SCHEDA ARDUINO UNO R3 192.168.1.20 255.255.255.0 192.168.1.1 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 192.168.1.100 255.255.255.0 192.168.1.1 Date: ANTENNA SATELLITARE / WI-FI Document Number G. Carpignano Rev 2 Friday , March 08, 2013 Sheet WLAN MAC 00:27:22:AF:AB:83 1 of 2 ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT ACCESS POINT NANOSTATION 2 ROUTER SATELLITARE / SWITCH WI-FI 192.168.1.21 255.255.255.0 192.168.1.1 192.168.1.1 255.255.255.0 SWITCH 4 PORTE RJ45 SCHEDA ARDUINO UNO R3 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 192.168.1.101 255.255.255.0 192.168.1.1 CABINA PRODUZIONE CABINA ENEL DISTRIBUZIONE Figura 7.39: Collegamenti tra la Cabina di Produzione e quella di Distribuzione con due Access Point NanoStation2 configurati come ripetitori wireless in modalità WDS Vediamo passo-passo come configurare entrambi gli Access Point NanoStation2 in modalità WDS. Configurazione dell’Access Point #1 (Cabina di Produzione) Dopo aver effettuato i collegamenti alla scheda di rete Lan e aver fornito l’alimentazione all’AP#1 (Cabina Produzione), effettuare un test tramite il comando DOS: PING 192.168.1.20 Verificare che l’AP confermi con una risposta entro un tempo <10 msec, altrimenti ricontrollare i collegamenti della Lan Ethernet Lanciare il browser al seguente indirizzo: 192.168.1.20 alla richiesta di “Nome utente” inserire "ubnt" e come “Password” inserire "ubnt" Comparirà una videata simile alla seguente: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 121/159 Figura 7.40: Scheda “MAIN” relativa all’interfaccia dell’AP#1 IP 192.168.1.20 Classi 4BN, 4BT, 5BN Cabina di Produzione Effettuare un clic sulla scheda denominata “NETWORK” e modificare i parametri secondo la figura seguente: Figura 7.41: Scheda “NETWORK” relativa all’interfaccia dell’AP#1 Produzione IP 192.168.1.20 Cabina di I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 122/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche Attendere il completamento del processo Effettuare un clic sulla scheda denominata “WIRELESS” e modificare i parametri secondo la figura seguente: Figura 7.42: Scheda “WIRELESS” relativa all’interfaccia dell’AP#1 Produzione IP 192.168.1.20 Cabina di Si noti l’inserimento del MAC relativo all’AP#2 (Cabina di Distribuzione) e la spunta sull’opzione “Auto” Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche Attendere il completamento del processo Effettuare un clic sulla scheda denominata “ADVANCED” e modificare i parametri secondo la figura seguente: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 123/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.43: Scheda “ADVANCED” relativa all’interfaccia dell’AP#1 Produzione IP 192.168.1.20 Cabina di Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche Attendere il completamento del processo Configurazione dell’Access Point #2 (Cabina di Distribuzione) Dopo aver effettuato i collegamenti alla scheda di rete Lan e aver fornito l’alimentazione all’AP#2 (Cabina Distribuzione), effettuare un test tramite il comando DOS: PING 192.168.1.20 (questo IP è provvisorio) Verificare che l’AP confermi con una risposta entro un tempo <10 msec, altrimenti ricontrollare i collegamenti della Lan Ethernet Lanciare il browser al seguente indirizzo: 192.168.1.20 alla richiesta di “Nome utente” inserire "ubnt" e come “Password” inserire "ubnt" Per il corretto funzionamento della linea wireless DSL è indispensabile il puntamento e l’allineamento dell'AP Nanostation2! La scelta della posizione dove installare l'antenna è importante inoltre si consiglia l'installazione sullo stesso palo dell’antenna e quanto più in alto sia possibile rispetto al suolo. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 124/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Posizionare l'antenna all’esterno orientandola verso la posizione della seconda cabina da raggiungere rispettandone la polarizzazione (posizione: sopra/sotto/verticale, ecc.) E’ assolutamente necessario che non vi siano ostacoli frapposti fra i due AP. Occorre fissare l'AP e l'antenna in maniera stabile, in modo che non possa ruotare né sull’asse verticale né sull’asse orizzontale in caso di vento, pioggia, etc e verificare in tal senso anche il fissaggio del supporto a cui viene fissato lo stesso Access Point (palo antenna, staffa, supporto ecc.); Studiare e quindi predisporre il puntamento e l’inclinazione che dovrà essere adattata per orientare al meglio il pannello/antenna tra i due AP; Comparirà una videata simile alla seguente: Figura 7.44: Scheda “MAIN” relativa all’interfaccia dell’AP#2 IP 192.168.1.21 Cabina di Produzione Effettuare un clic sulla scheda denominata “NETWORK” e modificare i parametri secondo la figura seguente: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 125/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.45: Scheda “NETWORK” relativa all’interfaccia dell’AP#2 Produzione IP 192.168.1.21 Cabina di Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche Attendere il completamento del processo ATTENZIONE! Avendo modificato l’indirizzo IP della scheda di rete dell’AP#2, occorre entrare nuovamente sul browser e digitare il nuovo indirizzo IP che sarà: 192.168.1.21, quindi fornire il nome utente e la password Effettuare un clic sulla scheda denominata “WIRELESS” e modificare i parametri secondo la figura seguente: I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 126/159 Figura 7.46: Scheda “WIRELESS” relativa all’interfaccia dell’AP#2 Produzione IP 192.168.1.21 Classi 4BN, 4BT, 5BN Cabina di Si noti l’inserimento del MAC relativo all’AP#1 (Cabina di Produzione) e la spunta sull’opzione “Auto” Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche Attendere il completamento del processo Se i parametri configurati nei due AP sono corretti e il loro posizionamento è perfetto si otterrà una buona ricezione che può essere visualizzata con i led disponibili direttamente sul pannello posteriore degli AP. Il modo migliore per verificare il collegamento è quello di iniziare dalla postazione Cabina di Distribuzione con un comando DOS del seguente tipo: PING 192.168.1.20 (IP dell’AP Cabina di Produzione) PING 192.168.1.1 (IP del Router (gateway) situato sulla Cabina di Produzione) Se le risposte sono positive risulta ovvio che sarà possibile navigare utilizzando un browser qualsiasi. 7.2.14.4. Configurazione Bridge (ponte) Questa modalità, non utilizzata nel presente progetto, consente di: Condividere una connessione internet con i vicini di casa che risiedono magari dall'altra parte della strada (si ricordi che occorre avere il permesso legale del provider). Per creare un ponte tra la tua Internet / rete locale con quella di un altro edificio. Permette di ottenere uno standard trasparente di livello 2 per unire due reti LAN. 7.2.15 Il PoE (Power Over Ethernet) I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 127/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Quando si effettua l’installazione in ponti radio isolati si richiede una realizzazione più originale e costosa che impiega senz’altro fonti d'alimentazione alternative come i pannelli fotovoltaici. In questo tipo di realizzazione, il risparmio energetico assume carattere di vitale importanza poiché l'autonomia di servizio non è infinita ma ben definita e limitata. In casi particolari, ai pannelli fotovoltaici si aggiunge un generatore eolico che permette un'autonomia di funzionamento in condizioni “critiche” ben superiore. Simili realizzazioni richiedono la presenza di circuiti elettronici particolari gestiti da microcontrollore per il controllo della carica della/e batteria/e tampone e gestione dei dispositivi presenti nel ponte. Da quanto qui esposto, si capisce che pochi si affidano a questo tipo d'impianto e la causa è da ricercare nella difficoltà del dimensionamento delle singole parti che richiedono competenza tecnica. Figura 7.47: Antenna di tipo direzionale Il principio di funzionamento dell'impianto ad energia solare è riassumibile nel seguente schema a blocchi, da cui si evince il livello di complessità costruttivo: Figura 7.48: Alimentazione di un impianto con regolatore e cella fotovoltaica Per mezzo del circuito di carica (CC), l'energia prodotta dal pannello solare PS (o dai pannelli solari, in questo caso servirebbe un circuito particolare di accoppiamento) viene fornita alla batteria che in questo modo viene caricata. L'alimentazione dell'apparato è generalmente prelevata dal circuito di carica che deve altresì gestire i carichi, evitando di sottoporre la batteria a condizioni di funzionamento dannose come lo sono l'eccessiva carica e scarica. Un riduttore di tensione (RID) si occupa d'adattare la tensione fornita dalla batteria a quella richiesta dall'apparato. Sovente vengono impiegati riduttori di tipo switching che garantiscono elevata efficienza e rendimento con poco calore prodotto. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 128/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN L’installazione con singolo cavo per dati e alimentazione: è il tipo d'installazione più frequente ed utilizzato quando non si vuole “stendere” (posizionare) un cavo aggiuntivo per l'alimentazione dell'apparato e si vuole limitare l'uso di pressa-cavi nella scatola. Questa tecnica prende il nome di PoE (Power Over Ethernet) e prende spunto dallo standard 802.3af/at. Ciò nonostante è possibile crearsi un PoE senza ricorrere ad apparati commerciali; grazie al cavo utilizzato per lo standard ethernet che, fino a 802.3u (fast ethernet, 100Mbit/s) non impiegando tutte le coppie presenti per la trasmissione dei dati, è possibile destinare quelle libere ad altro scopo. In figura è possibile vedere come realizzarne una versione home-made: Figura 7.49: Cavo con modifiche per supportare il PoE Non sempre il PoE risulta essere la soluzione migliore a causa dei suoi limiti: - la piccola sezione dei conduttori presenti impone dei limiti sulla massima corrente circolante; - la caduta di tensione che si viene a creare a causa del precedente fattore limitante e la lunghezza del cavo, sottopone l'apparato a stress da sotto-alimentazione, rendendolo instabile. Questo problema aumenta con l'aumentare della lunghezza della linea ethernet. Esiste tuttavia il modo per ovviare a questi fattori limitanti, ricorrendo all'uso di tensioni d'alimentazione, a monte del PoE, più alta di quanto necessario ed usare un circuito di riduzione a valle, interno alla scatola, nei pressi dell'apparato. Questa tecnica è spesso utilizzata ma, oltre a concorrere nell'aumento del costo di realizzazione, introduce, a causa del riduttore di tensione, una fonte di calore all'interno della scatola che può essere notevolmente ridotto grazie all'uso di riduttori switching. Le installazioni in scatola perfettamente stagna: è il tipo d'installazione utilizzata in quei luoghi dove l'aria è addizionata di sostanze corrosive. Alcune prove pratiche hanno dimostrato che l'esposizione all'aria ricca di salsedine tipica delle zone rivierasche, provoca malfunzionamenti dovuti alla corrosione delle piste di rame dei circuiti stampati degli apparati. In questo caso, sebbene sia consigliato l'uso di dispositivi nati per esterno. La linea di principio di tale realizzazione prevede l'apertura dell'apparato ed il montaggio sui chip che generano calore, di particolari dissipatori cilindrici con interno cavo, costruiti su misura, al cui interno viene fatta circolare l'aria prelevata dall'esterno I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 129/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN della scatola stagna tramite una serie di tubazioni che costituisce un vero e proprio sistema a pompa di calore. 7.2.16 La stazione meteo (non utilizzato nel progetto) La stazione meteo LaCrosse WS2357 è un sistema meteorologico capace di leggere, elaborare e visualizzare dati provenienti da tre sensori esterni, sia attraverso cavi collegati, o segnali di frequenza 433 MHz senza fili. In dotazione alla stazione c'è un display a cristalli liquidi dove vengono visualizzate tutte le informazioni meteorologiche, con possibilità di scelta tra i dati dell'ultimo minuto o tra i valori massimi di ogni parametro monitorato. I dati ricevuti sono aggiornati in maniera continua per fornire le ultime informazioni meteorologiche; il sensore igrotermico è l'unità principale per la comunicazione dei dati, dal momento che i sensori di vento e di pioggia sono collegati ad esso che gli fornisce l'alimentazione e viene usato per le comunicazioni con la stazione base. Figura 7.50: Stazione meteo LaCrosse WS2357 7.2.17 Batterie e circuito regolatore di ricarica Il dispositivo viene alimentato grazie ad un pack costituito da una coppia di batterie ricaricabili agli ioni di litio (LIon), da 3,7V e 2000mAh ciascuna, che, collegate in serie, forniscono una tensione complessiva di 7,4V. Il circuito di ricarica e monitoraggio esegue un controllo costante sulla carica residua a disposizione avvisando l’utente, tramite l’accensione di un led temporizzato a circa 1-2 secondi, quando essa scende al di sotto della soglia critica, e necessita perciò di essere reintegrata. Il ripristino della carica può avvenire attraverso l’impiego di un normale trasformatore, o con un modulo supplementare, costituito da un piccolo pannello solare studiato appositamente per rendere il sistema indipendente e completamente autosufficiente. Esso consentirebbe inoltre di aggiungere un’altra misura a quelle già presenti, quella relativa alla radiazione solare. Il regolatore di carica impiega il Microcontrollore ATMEGA328. Oltre ad avere un funzionamento intelligente, il circuito risulta molto semplificato. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 pag. 130/159 Progetto: Elios Power 12VBAT+ Classi 4BN, 4BT, 5BN V_FOTOVOLTAICO D6 ALLA SCHEDA ARDUINO D9 R16 I_BAT 2 1 1 VBAT- R17 A1 8.2K A2 R20 47K R18 1K 8.2K ALLA SCHEDA ARDUINO MODULO PANNELLO SOLARE JP8 1 2 3 VBAT+ I_PANSOL BY W80-200 SCHOTTKY BATTERIA 12V / 7AH JP7 R19 BATTERIA 12V 2 MODULO PANNELLO SOLARE 47K 2 3 R24 C10 D13 + C8 1U TANT 100N C11 + 100N 2 1 C9 1U TANT 5.1V ZENER 5.1V ZENER 1 Q2 R21 0.1 3 D14 R23 R22 0.1 RFG70N06 MOSFET N DGS 2.2K 2.2K Figura 7.51: Schema del circuito regolatore di carica R1 A4 I_BAT U3A LM324 11 11 2 100K 6 1 5 U3B LM324 7 VCC 5.1V ZENER VCC 3 D11 1 180K 4 4 4 2 14 5.1V ZENER 12 LM324 10K 4 11 13 8 + I_PANSOL U3D + 10 - 9 LM324 - 11 U3C ALLA SCHEDA ARDUINO 2 100K R3 3 + 180K R2 + 10K 1 ALLA SCHEDA ARDUINO R15 3 - R14 - R13 D2 A3 Figura 7.52: Schema del convertitore corrente/tensione utilizzato nel circuito regolatore di carica JP1 F1 2 1 Q1 1 R4 1K 2 3 D13 D6 D9 ALLA SCHEDA ARDUINO RFG70N06 MOSFET N DGS 1A FAST FUSE 12VBAT+ +VLOAD -VLOAD LOAD LOAD R10 Figura 7.53: Schema del circuito regolatore di carica 390 R7 390 R8 390 D7 D3 D4 LED YELLOW LOAD ON LED GREEN BATTERIA >13,8V LED RED RICARICA BATTERIA <13,8V I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 131/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN La scheda Arduino tramite un primo input analogico del convertitore A-D (pin analogico A1) misura la tensione della batteria. Se è inferiore a 12V ed il pannello riceve una insolazione sufficiente, ha inizio un ciclo di carica. Durante questa fase il MOS-FET denominato Q2 è interdetto (pin digitale D6 a livello basso) e LD2 risulta spento. Quando la batteria raggiunge 13,8V, la carica viene interrotta per l’entrata in conduzione di Q2 che cortocircuita il pannello. In questa situazione D7 (colore rosso) si illumina. Se la tensione di batteria è bassa ma il pannello, a causa di una scarsa insolazione, non fornisce una tensione sufficiente per la ricarica della batteria, il LED D1 (colore verde) lampeggia: in caso contrario resta acceso. Il ciclo di carica riprende quando la tensione di batteria scende sotto i 12V. I cicli di carica (e scarica) si ripetono con questi valori per 20 volte. Alla ventunesima viene effettuata una carica PROFONDA della batteria, per rigenerare la stessa. In questo caso la carica prosegue sino a quando la tensione della batteria non raggiunge i 14,4V. L’assorbimento del carico collegato all’uscita è controllato dal MOS-FET Q1. Se la tensione di batteria supera gli 11V Q1 conduce (D3 colore giallo acceso) consentendo l’alimentazione del carico. Se la tensione scende sotto i 10V il MOS-FET si interdice bloccando l’erogazione di corrente. Questo regolatore è di tipo parallelo con LVD. Nella figura xxx si può notare come sia possibile amplificare la piccola tensione presente ai capi dei resistori R21 e R22 che essendo collegati rispettivamente in serie alla batteria (R21) ed al pannello solare (R22) permettono di convertire la corrente erogata dalla batteria e dal pannello in una corrispondente tensione che verrà, in primo luogo prelevata con un amplificatore operazionale con elevatissima impedenza d’ingresso a guadagno unitario e poi amplificata di circa una trentina di volte per ottenere un range di tensioni compreso tra 0 e 5V, idoneo per pilotare l’input analogico di una scheda Arduino, con una corrente compresa tra 0 e 2A. Può essere utilizzato per tensioni nominali di 12 o 24V. La corrente massima dei moduli non deve superare i 15A, e anche la corrente massima del carico è di 15A. Figura 7.54: Batteria al Piombo ricaricabile da 12V / 7Ah 7.2.18 Panello solare fotovoltaico I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 132/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Non rappresenta un modulo autonomo in senso stretto, poiché è stato inserito direttamente nel prototipo di base, tuttavia l’impiego di una cella solare appare indispensabile per il funzionamento del dispositivo denominato “Stazione Meteorologica”, in quanto le batterie verranno ricaricate tramite l’energia solare perché non risulta disponibile nessun tipo di alimentazione in alternata o continua che sia utilizzabile. L’alimentazione tramite pannello solare permette d’altra parte di rendere la stazione completamente autosufficiente, e in grado di ricaricarsi da sola nel tempo senza bisogno di essere posizionata vicino ad una presa elettrica. 7.2.18.1 Dimensionamento Prima di affrontare i calcoli per il dimensionamento del pannello fotovoltaico è bene fare una considerazione che ci aiuterà a comprenderne meglio l’utilizzo. Istintivamente viene da paragonare il pannello fotovoltaico con la rete elettrica, ma le rispettive forniture di elettricità hanno filosofie completamente diverse. Il pannello fotovoltaico è da considerarsi una fonte di energia, mentre la rete elettrica fornisce si energia, ma è da considerarsi una fonte di potenza. Se, ad esempio, abbiamo un contratto con la società di distribuzione elettrica da 3Kw, significa che in qualsiasi momento possiamo collegare all’impianto un carico fino a 3Kw, anche 24 ore su 24, ma non potremo mai collegare carichi superiori alla potenza contrattuale (l’impianto verrebbe disattivato dal limitatore di corrente). Perciò tutti i ragionamenti si effettuano in termini di potenza. La capacità di fornitura elettrica di un impianto fotovoltaico si valuta invece in Wh, e perciò si parla di energia. Se, ad esempio, un impianto fotovoltaico può fornire una energia di 500Wh al giorno, significa che se colleghiamo all’impianto un carico di 500w, nell’arco della giornata potremmo utilizzarlo solo per un ora. Se il carico è invece di soli 50W lo si potrà alimentare per 10 ore. In sostanza, il prodotto della potenza del carico per le ore di funzionamento non deve mai superare la capacità di fornitura di energia dell’impianto (nel nostro esempio 500Wh), altrimenti la batteria (che rappresenta il sistema di accumulo di energia) si scaricherebbe di più di quanto il generatore fotovoltaico (modulo e pannello) è in grado di ricaricarla e in breve tempo l’impianto risulterebbe inutilizzabile. Perciò tutti i ragionamenti vanno fatti (considerando la potenza del carico e le ore di utilizzo nell’arco della giornata) in termini di energia. Non sono pochi coloro che non hanno ben chiaro i concetti di POTENZA ed ENERGIA. Vediamo di chiarire il concetto nel modo più semplice possibile. Supponiamo, a titolo di esempio, di dover spostare un qualsiasi oggetto di un certo peso, ad una distanza di tre metri. Dobbiamo quindi esercitare un LAVORO e spendere perciò una certa ENERGIA. Questo lavoro lo possiamo fare, fondamentalmente, in due diversi modi: 1. Spostare l’oggetto, ad una distanza di tre metri, come stabilito, in un tempo brevissimo. 2. Spostare l’oggetto, sempre alla stessa distanza (tre metri) impiegando tantissimo tempo. Nel primo caso abbiamo impiegato MOLTA POTENZA. Nel secondo caso abbiamo impiegato POCA POTENZA. In entrambi i casi abbiamo però speso la stessa ENERGIA, perché abbiamo fatto lo stesso LAVORO. Possiamo perciò affermare che la POTENZA è la velocità di utilizzazione (o di produzione) di ENERGIA. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 133/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Naturalmente la quantità di energia che l’impianto fotovoltaico può fornire dipende dall’insolazione, e quindi è variabile nel corso dell’anno e dalle condizioni metereologiche. Questi fattori devono essere presi in considerazione per un corretto dimensionamento dell’impianto. Il modo di operare nel dimensionamento di un impianto fotovoltaico si può comprendere abbastanza bene se lo si paragona ad un impianto idraulico con vasca di accumulo. Supponiamo che la vasca contenga 50 litri di acqua e che noi ne preleviamo, per il nostro fabbisogno, 5 litri ogni giorno. Se vogliamo che la vasca continui a contenere acqua, per poterla poi utilizzare, bisogna che ogni giorno siano introdotti 5 litri d’acqua (la stessa quantità giornalmente prelevata). Se invece di 5 litri giornalieri gliene introduciamo soltanto 3, potremo prelevare acqua per un certo periodo, ma è inevitabile che prima o poi la vasca resterà vuota! Infatti, ogni giorno trascorso la quantità di acqua contenuta nella vasca diminuirà di 2 litri e dopo 25 giorni sarà vuota. L’impianto fotovoltaico si comporta in modo analogo, dove la batteria è paragonabile alla vasca, la corrente generata dal pannello all’acqua versata nella vasca e la corrente consumata nel carico all’acqua prelevata. Figura 7.55: Similitudine con un impianto idraulico Se ad esempio, con un determinato carico preleviamo dalla batteria 30Ah al giorno, il pannello fotovoltaico deve essere in grado di fornire almeno 30Ah al giorno (qualche cosa in più per sopperire alle perdite) altrimenti, a lungo andare, ci ritroveremo con la batteria scarica e l’impianto diventerà inutilizzabile. Appare perciò evidente quanto sia importante, per la scelta del pannello fotovoltaico da impiegare nell’impianto, prevedere la quantità di energia da consumarsi giornalmente. Da quanto fin qui esposto si può dedurre che i parametri fondamentali da conoscere per poter dimensionare correttamente un impianto sono tre: 1. Luogo di installazione (per poter conoscere il valore ESH). 2. Posizionamento del pannello fotovoltaico (orientamento e inclinazione) 3. Consumo giornaliero previsto (Wh). Prevedere i consumi giornalieri è cosa da farsi per ogni tipo di impianto, mentre per i punti 1 e 2 si potranno assumere valori abbastanza precisi soltanto per installazioni fisse I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 134/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN (case isolate, ripetitori, luci giardini, ecc.), mentre per installazioni mobili (camper, imbarcazioni, ecc.) occorrerà avvalersi di valori medi e basandosi quasi sempre su un pannello posizionato orizzontalmente, per cui l’orientamento non ha più significato. Un tipico impianto fotovoltaico è composto dal pannello (uno o più moduli) che rappresenta il generatore, dal regolatore di carica e dalla batteria che è il sistema di accumulo di energia. Se il carico deve essere alimentato a corrente alternata, occorrerà far uso di un INVERTER collegato alla batteria come già accennato precedentemente. Se il modulo fotovoltaico non è sufficiente a fornire l’energia necessaria occorre comporre un pannello formato da due o più moduli collegati in parallelo tra loro (se la tensione di lavoro è già quella prevista) tramite una apposita scatola di giunzione che incorpora i diodi di blocco. Figura 7.56: Tipico impianto Fotovoltaico con due moduli collegati in parallelo Se si utilizzano carichi che hanno un forte assorbimento (anche istantaneo) come ad esempio INVERTER motori ecc., è bene scavalcare il regolatore e alimentarli direttamente dalla batteria, mentre l’uscita del regolatore la si può tranquillamente utilizzare per alimentare gli impianti delle luci. Figura 7.57: Tipico impianto Fotovoltaico con corrente del carico controllata dal regolatore I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 135/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.58: Impianto con luci collegate al regolatore e carichi a forte assorbimento istantaneo collegati direttamente alla batteria tramite un inverter Abbiamo già detto precedentemente che per poter dimensionare correttamente un impianto fotovoltaico occorre conoscere 3 parametri, e cioè il valore ESH (Equivalent Sun Hours Ore di sole equivalente), l’orientamento e l’inclinazione del pannello e i consumo giornaliero previsto. Però, essendo il valore ESH (ricavato dalle tabelle) in relazione al posizionamento del pannello, i parametri si riducono a due. Diremo perciò che i due parametri che importano sono il valore ESH e il consumo giornaliero previsto. Da tutto ciò si deduce che la potenza di picco che dovrà avere il pannello fotovoltaico è data dal consumo giornaliero previsto diviso il valore ESH: Dove Wp= potenza di picco del pannello e Wh consumo giornaliero. Tenendo conto che nell’impianto esistono perdite inevitabili dovute al rendimento dei vari dispositivi utilizzati (in particolar modo la batteria) e al fatto che nei calcoli viene tenuta in considerazione la potenza di picco del modulo fotovoltaico che la si ottiene a circa 17V (per impianti a 12V) e non a 12V, occorre aumentare di circa il 50% il valore della potenza di picco del modulo necessario. Perciò la formula definitiva diventa: Dove: Wp = Wh * 1,5 / ESH Wp = potenza di picco del pannello Wh = consumo giornaliero Il dimensionamento del regolatore di carica non presenta particolari problemi. Basterà infatti che la sua corrente massima sia superiore a quella di corto-circuito del modulo o insieme di moduli (pannello). Se, ad esempio, useremo un modulo fotovoltaico con una corrente di cortocircuito di 4A, il regolatore dovrà essere in grado di sopportare una corrente di almeno 4,5A. Se useremo un pannello composto da 3 moduli fotovoltaici in parallelo con una corrente di cortocircuito di 2,5A ognuno, il regolatore dovrà sopportare una corrente di almeno (2,5 * 3 =7,5) 8A. A questo punto dobbiamo pensare al dimensionamento della batteria. Anche in questo caso il calcolo è molto semplice, teoricamente basterà, infatti che la capacità della batteria sia uguale alla corrente (Ah) consumata giornalmente. Ma siccome è prudente pensare che il sole potrebbe mancare per diversi giorni, è bene che, in presenza di questo evento, la batteria provveda ad alimentare l’impianto. GIORNI ACCUMULO ESTATE ANNUALE SUD CENTRO NORD 2 6 3 10 5 15 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 136/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Nel nostro paese i giorni di riserva raccomandati variano da 2 a 15 a seconda della latitudine e del periodo dell’anno. La prima cosa che dobbiamo fare è trasformare i Wh consumati giornalmente in Ah (questo perché le batterie hanno la capacità espressa in Ah). perciò, se l’impianto è a 12V occorrerà dividere i Wh di consumo giornaliero per 12: Ah= Wh / 12 La formula definitiva per ricavare il valore della capacità della batteria idonea all’impianto sarà: Ah = Wh * giorni accumulo / 12 Dove: Ah = capacità batteria Wh = consumo giornaliero Se, ad esempio, l’impianto (funzionante a 12V) è ubicato nel centro Italia e viene utilizzato solo nel periodo estivo con un consumo giornaliero di 300Wh, la batteria dovrà avere una capacità di: 300 * 3 / 12 = 75Ah Se invece lo stesso impianto viene utilizzato tutto l’anno la capacità della batteria deve essere: 300 * 10 / 12 = 250 Ah A questo punto, per concludere, vediamo alcuni esempi di impianti fotovoltaici a 12V ubicati in zone diverse che utilizzano vari tipologie di carichi standard come da apposita tabella. N. Tipologia utilizzatore A Lampada o plafoniera basso consumo B Lampada o plafoniera basso consumo C Lampada o plafoniera a LED D E F G H I L Piccola TV LCD TV Videoregistratore Radio Piccola radio trasmittente TX Ventilatore Frigorifero 60 litri basso consumo Assorbimento 11W (luminosità = 55W lampada a incandescenza) 24W (luminosità = 100W lampada a incandescenza 0,5W (luminosità = 20W lampada a incandescenza 8W 45W 30W 10W 20W 20W 15W (consumo medio) TABELLA CONSUMI CON CARICHI STANDARD Nel progetto da considerare per la stazione meteo i consumi previsti sono nettamente inferiori come è possibile vedere dalla seguente tabella: N. 1 2 3 4 5 Tipologia utilizzatore Scheda Arduino Modulo WiFly n. 1 piranometro n. 2 Sensori di temperatura Circuito regolatore di carica TOTALE Assorbimento 30mA con Vcc = 5V 0,15W 240mA max. con Vcc = 3,3V 0,792W 250mA max con Vcc = 5V 1,25W 1,5mA * 2 = 3mA max con Vcc = 5V 0,015W 100mA max con Vcc = 5V 0,5W 0,15 + 0,792 + 2, 5 + 0,015 + 0,5 = 3,957W I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 137/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Altri dati necessari come il valore ESH relativo al sito in cui è posizionato il pannello fotovoltaico sono: Posizione: Torino Periodo: tutto l’anno solare Orientamento: a SUD Inclinazione: di 30° è 5,03 ESH: 3,44 Abbiamo, a questo punto, tutte le indicazioni per poter compilare la tabella, dalla quale scaturisce che il pannello fotovoltaico deve essere da 20W e dovrà utilizzare una batteria da 12V nominali con una capacità di 7Ah. SITO: Torino PERIODO: Annuale CARICA TIPO POTENZA ISTANTANEA UTILIZZO (ore giornaliere) CONSUM O (giornalie ro) 1 - Scheda Arduino 0,15 W 24 ore 3,6 Wh 0,792 W Attivo ogni 5 minuti per 30 secondi circa 2,4 ore 1,9 Wh 24 ore 30 Wh 24 ore 0,36 Wh 24 ore 12 Wh 2 - Modulo WiFly 31,25 W Piranometro 4 - Sensori 0,015 W temperatura 5 - Circuito regolatore 0,5 W di carica Wp Pannello: Capacità Batteria (tensione 12V): Corrente Regolatore carica: ORIENTAMENTO: GIORNI ACCUMULO: Wh * 1,5 / ESH Wh * 1,5 / Vbatt Wp / Vbatt Sud INCLINAZIONE: 30° 15 Media ESH: 3,44 TOTALE (consumo giornaliero) 47,86 Wh 47,86 * 1,5 / 3,44 47,86 * 1,5 / 12 20,86 / 12 20,86 Wp 5,98 Ah 1,73 A Tabella con valori da adottare secondo i parametri inseriti forniti. 7.2.19 Interfaccia ottica per lettura Contatore con uscita impulsiva a led Una delle principali necessità imposte dal committente è stata la richiesta di non interferire sul circuito già installato e funzionante. Siccome si rende necessario rilevare i consumi dei contatori relativi alla potenza erogata (contatore di produzione) ed assorbita (contatore di scambio) senza modificare o collegarsi ai trasformatori di corrente TA esistenti, l'unica possibilità di monitorare i consumi è quella utilizzare una interfaccia ottica che registri il lampeggio del contatore, cioè i dati di produzione e scambio dell’impianto. Questi dati vengono elaborati dal microcontrollore e infine trasmessi via radio al database per essere memorizzati e renderli consultabili in qualsiasi momento. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 138/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.59: Differenti tipi di foto resistori disponibili in commercio 7.2.19.1 Le Fotoresistenze Modificano la resistenza in funzione dell’intensità della radiazione luminosa che le colpisce. Il principio di funzionamento è basato sulla caratteristica di alcuni semiconduttori (solfuro di cadmio, solfuro di piombo, silicio, antimoniuro di indio) di diminuire la propria resistenza all’aumentare della radiazione luminosa incidente. La variazione di resistenza è dovuta al fatto che l’energia associata alla radiazione incidente provoca la scissione di un numero di legami covalenti proporzionale all’intensità della luce medesima. Questo determina il passaggio di alcuni elettroni dalla banda di valenza a quella di conduzione, pertanto migliora la conducibilità della fotoresistenza. Le fotoresistenze non hanno verso di polarizzazione, in quanto non vi sono giunzioni sul percorso della corrente. Nella condizione di buio completo, le fotoresistenze presentano una resistenza dell’ordine di 106 - 108 ohm, mentre in piena luce, il valore scende ad alcune decine di ohm. Si osservi nella figura come la zona interna rappresenta l’elemento di semiconduttore fotosensibile, mentre le parti a pettine sono gli elettrodi, disposti in modo da presentare la massima superficie di contatto con il semiconduttore. Le fotoresistenze commerciali hanno forte dispersione delle caratteristiche, pertanto non risultano adatte ad impieghi di precisione, ma si prestano a funzionamenti di tipo on-off (sensori). Il tempo di risposta di una fotoresistenza ad una variazione luminosa è relativamente elevato, infatti non giunge, in condizioni normali, al di sotto di 0,3 - 0,4 ms. In particolare, il tempo maggiore si ha in corrispondenza del ritorno al valore di resistenza elevata, dopo un forte illuminamento, che ha prodotto un abbassamento della resistenza stessa. Pur avendo le fotoresistenze alcune limitazioni trovano nel nostro caso un perfetto utilizzo riuscendo a soddisfare pienamente le caratteristiche richieste: 1. tempi di transizione del fronte di salita e di discesa non superiori ad 1msec. 2. necessità di rilevare l’accensione e spegnimento di un un diodo led luminoso che possiede una forte luminosità e quindi con un elevato contrasto tra lo stato acceso e quello spento I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 139/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 3. componente con un basso costo e con la possibilità, nel nostro caso, di non interferire con i circuiti già predisposti, in quanto non richiede nessun tipo di collegamento elettrico, ma solo dovrà essere posizionato sopra la finestra trasparente disponibile sui contatori di energia. Figura 7.60: Lettura del Contatore con uscita impulsiva a led In figura 7.60 è stato rappresentato un tipico impianto che utilizza una o più interfaccie ottiche per rilevare gli impulsi luminosi emessi dai contatori. Nella figura seguente 7.61 si trova il tipico circuito per acquisire l’informazione luminosa. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 140/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN VCC VT+ 1 R1 1 3 FOTORESISTORE1 2 R3 7 R2 + 6 - VPIN1 10K 1 LM339 3 12 10K U1A VOUT 2 U2A 1 R4 10K 3 2 VCC VIN 7408 3 R5 5 R6 VT- 1 10K 4 10K VPIN2 2 12 2 + U1B LM339 3 R7 VIN DESCRIZIONE SE ENTRAMBI I TRIMMER R7 E R4 SONO TUTTI RUOTATI VERSO R4 SI HA UN PARTITORE FORMATO DA 3 RESISTENZE ENTRAMBE DEL VALORE DI 10KOHM. QUINDI VT- VALE 1,666V MENTRE VT+ VALE 3,333V. 10K VT+ VT- VPIN1 VPIN2 VOUT 1V 3,666V 1,666V +VSAT=VCC -VSAT=GND GND 2V 3,666V 1,666V +VSAT=VCC +VSAT=VCC VCC Title ELIOS POWER - CIRCUITO RILEVATORE LAMPEGGI LED CONTATORE Size A 4V 3,666V 1,666V -VSAT=GND +VSAT=VCC GND Date: Document Number CLASSI 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI Saturday , March 23, 2013 Sheet Rev 2 3 of 9 Figura 7.61: Interfaccia ottica per la lettura del Contatore con uscita impulsiva a led L’utilizzo dell’amplificatore operazionale LM324 permette di regolare le due soglie di intervento denominate VT+ e VT- tramite i due trimmer R2 e R7. Nella figura è stata aggiunta una porta AND per indicare che le due uscite confluiscono in una sola. In realtà la funzione della porta AND viene svolta agevolmente dalla configurazione di uscita dell’operazionale che è di tipo “Open Collector”, ovvero a collettore aperto, quindi basta unire le due uscite insieme e collegarle ad una sola resistenza di “pullup” per ottenere la funzione AND desiderata. LED ILLUMINATO LED SPENTO Figura 7.62: Circuito duplicatore di frequenza ottenuto con amplificatori operazionali VOUT Il circuito di figura 7.61 se viene analizzato in un diagramma temporale si presenta come un duplicatore di frequenza, in quanto ad ogni fronte genera un impulso la cui larghezza può essere regolata tramite i trimmer R2 e R7. La necessità di ottenere un impulso ad ogni fronte deriva dalla gestione dell’interrupt con il microcontrollore ATMEGA328 e sarà analizzata nel capitolo successivo. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 141/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN J2 2 ALLA SCHEDA ARDUINO PIN ANALOGICO 1 2 PHOTORESISTOR1 D1 1N4148 1 FOTORESISTORE 5V J5 A0 2 1 D4 1N4148 1 R3 10K Figura 7.63: Schema elettrico di una generica interfaccia con uscita analogica per lettura dell’impulso luminoso fornito dal contatore di energia. Se il fotoresistore (collegato a J2) è illuminato in uscita del connettore J5, che risulta collegato all’ingresso analogico A0, si avrà una tensione prossima a +5V, in caso contrario, la tensione disponibile è di circa 0V. Un metodo alternativo che non è stato utilizzato a causa dell’impossibilità di utilizzo con l’interrupt del microcontrollore è quello rappresentato in figura 7.63, nel quale si utilizza un ingresso analogico (ad esempio A0) del microcontrollore che viene interfacciato con un resistore R3 e la fotoresistenza (collegata esternamente al connettore J2) in modo da formare un partitore di tensione con le seguenti caratteristiche: • se il fotoresistore è illuminato si ottiene ai suoi capi una piccola caduta di tensione dovuta alla piccola resistenza (<100Ω) che determina una tensione prossima ai 5V all’ingresso analogico A0. (Si ricorda che il convertitore A/D interno al microcontrollore può rilevare una tensione analogica compresa tra 0 e +5V che verrà convertita in un corrispondente valore numerico compreso tra 0 e 1023). • se il fotoresistore non è illuminato (oscurato) si ottiene ai suoi capi una grande caduta di tensione dovuta alla elevata resistenza (>1MΩ) che determina una tensione prossima a 0V all’ingresso analogico A0. 7.2.20 Interfaccia relè per riarmo contatore Il relè, o relàis, è uno dei dispositivi elettromeccanici più conosciuti. Spesso sono racchiusi dentro un involucro trasparente, che permette di capirne subito il funzionamento. L'avvolgimento di rame alla sinistra non è altro che una bobina che se alimentata attira verso il basso l'astina metallica indicata con la freccia rossa rivolta verso il basso. L'astina metallica è fissata al contatto C che significa "comune". Se la bobina viene alimentata essa si trasforma in un elettromagnete che attira verso il basso l'astina, la quale a sua volta sposta il contatto C verso destra, il quale non tocca più il contatto NC (normalmente chiuso) ma entra in contatto con NA, permettendo quindi il passaggio della corrente tra C ed NA. Se viene tolta alimentazione alla bobina, automaticamente il contatto torna alla posizione iniziale. Si noti che utilizzando i contatti NC-C come interruttore, l'interruttore risulta sempre su ON, mentre alimentando la bobina stacca e va in OFF. Al contrario utilizzando NA-C l'interruttore è sempre su OFF, mentre alimentando la bobina abilita la conduzione tra NA-C che risulta quindi come un interruttore su ON. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 142/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Figura 7.64 - Schema di funzionamento del relè diseccitato. Legenda: 1. Bobina 2. Ancora 3. Contatto mobile Figura 7.65 - Schema di funzionamento del relè eccitato. Legenda: 1. Bobina 2. Ancora 3. Contatto mobile Il relè permette con una piccola tensione di controllare una grande potenza, per esempio un relè può accendere o spegnere il motore di un refrigeratore comandato da un sensore di temperatura: il semplice sensore di temperatura non potrebbe mai pilotare direttamente l'alimentazione a 220V. Ad esempio il ticchettio che sentite abilitando le indicazioni luminose di svolta negli scooter o nelle automobili, non è altro che l'accensione e lo spegnimento di un relè che viene pilotato da un semplice temporizzatore. 12V R2 J2 K2 1 5 LED RELE2 2 D3 3 330 4 1 2 D4 1N4148 1 2 RELAY SPDT R4 1 1K 2 Q2 2N1711 3 1 2 3 N.C. COMUNE N.A. RELE2 RELE' DISTRIBUZIONE 1 Figura 7.66: Interfaccia relè utilizzata per il riarmo degli interruttori generali magnetotermici RELE_DISTRIB2MT R6 10K In questo semplice circuito un relè viene controllato da un transistor 2N1711. Forse avete già notato la presenza del diodo 1N4148: questo diodo è fondamentale durante l'utilizzo di un relè, per via di un fenomeno elettrico conosciuto come "Picco di Lentz". In poche parole, quando si toglie alimentazione ad una bobina, essa rispedisce indietro un brevissimo picco di tensione molto elevata, contraria alla tensione di alimentazione. Questo diodo risulta un cortocircuito per tensioni contrarie a quelle di alimentazione, quindi quando il picco esce dal relè si annulla su se stesso attraverso il diodo. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 143/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN La bobina del relè utilizza uno scambio libero per ottenere il riarmo di un interruttore generale. Si precisa che l’ingresso digitale denominato RELE_DISTRIB2MT sarà collegato ad una uscita digitale del microcontrollore ricordando che un livello logico basso (GND 0V) applicato a questo ingresso determina una corrente di base nulla per cui il transistor si trova in interdizione, cioè la corrente di collettore sarà nulla e di conseguenza il relè è diseccitato. Al contrario, se l’uscita del microcontrollore sale ad un valore prossimo a +5V (livello alto) si avrà una debole corrente di base in grado di polarizzare la giunzione VBE a circa 0,6V che determina una amplificazione di corrente del collettore mandando il transistor in saturazione. In tale modo la VCE del transistor scende a valori prossimi a circa 0,2V permettendo il passaggio della corrente nella bobina del relè, ovviamente attivandolo. 7.2.21 Interfaccia lettura contatto pulito Una caratteristica dei contatti è che possono essere aperti o chiusi a seconda delle necessità, essi si trovano normalmente nei teleruttori. E’ caratterizzato dalla presenza di una bobina che, nel momento in cui viene attraversata da una corrente, si eccita, attirando a sé un dispositivo mobile interno all'apparecchio, facendo sì che i contatti ausiliari si aprano o si chiudano a seconda del tipo a cui appartengono. I contatti ausiliari, solitamente sono: • NC (Normally Close normalmente chiuso) si aprono quando la bobina si "eccita" (cioè viene attraversata da una corrente). • NO (Normally Open normalmente aperto) si chiudono quando la bobina si "eccita" (cioè viene attraversata da una corrente). La più importante necessità nel progetto è proprio quella di leggere (rilevare) se un contatto dell’interruttore generale è aperto o chiuso. Per tale motivo si è scelto di gestire il processo tramite l’interrupt del microcontrollore. In pratica le vie possibili per leggere un contatto sono due: • Leggere nel tempo continuamente gli ingressi per rilevare le variazioni • Utilizzare l’interrupt e quindi gestire nel programma principale tutte le altre necessità perché solo nel momento in cui si è verificata una variazione dell’input digitale questa verrà gestita da una apposita routine. Nel nostro caso si devono gestire contemporaneamente 2 contatti, e inoltre il microcontrollore possiede solo due linee di interrupt verso il mondo esterno. Quindi si hanno le seguenti necessità da gestire contemporaneamente: 1. due sensori ottici che vengono utilizzati per gestire l’impulso luminoso che viene trasmesso dai due contatori di energia 2. due contatti (puliti) che devono essere monitori costantemente Come risulta evidente gli ingeressi di interrupt sono esattamente la metà di quelli necessari, pertanto si sono raggruppati i due sensori ottici che confluiscono in un solo interrupt e i due contatti che anche loro confluiranno in solo ingresso di interrupt. Questa tipologia di raggruppamento, anche se determina un lieve aumento del software, permette di gestire contemporaneamente le singole attività senza la preoccupazione di perdere qualche informazione importante. Inoltre è possibile stabilire a priori la priorità da attribuire ai segnali da gestire. In figura 7.67 si vede un esempio di circuito per gestire i due contatti, nel nostro caso di tipo NO (Normally Open) utilizzando una semplice porta AND, formata dai diodi D5, D6 e dalla resistenza R9. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 144/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN VCC VCC CONTATTO DISTRIBUZIONE J4 1 BT R8 10K CONT_DISTRIB1BT VCC 1 2 CONTATTO DISTRIBUZIONE 2 MT R7 10K J3 CONT_DISTRIB2MT 1 2 C1 C2 R9 10K CONTATTO1 INT_CON1_CON2 CONTATTO2 100N 100N D5 1 INTERRUPT CONTATTO1 CONTATTO2 2 1N4148 D6 1 2 1N4148 Figura 7.67: Interfaccia lettura contatti puliti 7.3 Nozioni sulla struttura hardware implementata In questo lavoro l'attenzione è stata rivolta ai problemi di natura ambientale che riguardano principalmente: La costruzione di una rete wireless per gestire la sonda di temperatura e il ricevitore infrarosso; La configurazione di una stazione meteo per la ricezione dei parametri ambientali. Figura 7.68: Circuito di prova realizzato per la ricezione dei dati dal sensore di temperatura 7.4 Comunicazione La fase di comunicazione ha come obiettivo finale quello di permettere all’utente di visionare i dati raccolti dalla stazione rendendoli accessibili in maniera immediata a partire dalla loro misurazione. A tale scopo sono state studiate due diverse modalità attraverso cui è possibile disporre delle misure: • visualizzazione tramite web browser di una pagina personale posta sul dominio iisprimolevi.it, contenente l’anagrafica di tutte le misure effettuate; I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 145/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN • comunicazione dell’ultima misura su dispositivo mobile tramite l’invio di un SMS alla stazione; Ogni qualvolta viene effettuata una procedura di sensing, il dispositivo provvede ad inviare l’insieme delle misure a disposizione ad un server, che a sua volta ha il compito di memorizzarle nel database specifico. La trasmissione è gestita in due modalità differenti: 1) in condizioni normali viene utilizzata la linea ADSL oppure HDSL con collegamento satellitare che è disponibile presso il campo di produzione 2) in alternativa, cioè in tutte quelle situazioni di emergenza o di non disponibilità del collegamento satellitare si può utilizzare direttamente il modulo GSM/GPRS. Il sistema si connette quindi ad internet dalla rete telefonica mobile attraverso un APN, contatta il server al suo indirizzo, procede ad instaurare una connessione TCP tramite l’apertura di un socket, ed infine trasmette i dati prima di terminare la stessa. Dal momento che la comunicazione avviene sulla rete mobile GSM, è necessario accertarsi che la zona nella quale si andrà a collocare la stazione sia coperta dal segnale. Pur rappresentando indubbiamente la procedura più importante relativamente alla gestione dei dati, quella appena presentata non è tuttavia l’unica ad essere abilitata dalla piattaforma; essa, infatti, è anche in grado di rispondere a specifiche richieste inviate tramite SMS, restituendo, sempre tramite un messaggio dello stesso formato, il set contenente gli ultimi valori misurati. Ad ogni nuova accensione, prima di iniziare la comunicazione con l’esterno, il modulo controlla lo stato della propria memoria di ricezione SMS, e, in caso di arrivo di nuovi messaggi, processa singolarmente ciascuno di essi. Ciò avviene dapprima controllando se all’interno del testo è presente una particolare stringa che è utilizzata come chiave di verifica di autenticità, quindi estraendo il numero del mittente, ed inviando infine la risposta contenente gli ultimi dati a disposizione. Esaurite queste operazioni il messaggio è cancellato e, qualora ne siano presenti altri, si passa ad analizzare i successivi. Una volta completate le attività di gestione degli SMS e trasmissione GPRS, la stazione ha completato il suo ciclo di funzionamento e può tornare nello stato di inattività per risvegliarsi al successivo segnale di interrupt, che scatterà all’ora successiva. La stringa contenente gli ultimi valori misurati resta tuttavia sempre in memoria; in tal modo, se durante questo periodo di spegnimento l’utente fosse interessato a conoscere queste grandezze, non potendo visualizzarli sullo schermo di un display LCD per avere una lettura immediata delle stesse. Un’ultima caratteristica non abilitata nel presente progetto è quella fornita dal modulo GSM che permette di operare l’autolocalizzazione del dispositivo a partire dai dati di cella cui esso è collegato, i quali, una volta inviati al server, possono essere risolti tramite un’interrogazione nella latitudine e longitudine, fornendo così la posizione geografica. 7.5 Controllo dei consumi Dal momento che l’intera stazione viene alimentata da una coppia di batterie LIon ricaricabili, è evidentemente necessario cercare di ridurre al minimo i cicli di funzionamento della stessa, in modo da ottenere una maggiore durata dell’apparato riducendone, di conseguenza, le necessità di caricamento. A tal fine sono stati individuati due possibili stati in cui il sistema può trovarsi, denominati rispettivamente “sleep” e “active”, attraverso la gestione dei quali si è in grado di limitare i consumi energetici. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 146/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Lo stato “sleep” sta ad indicare che la stazione è inattiva, condizione in cui essa si trova durante la larga maggioranza del tempo e che permane fino a quando il clock non alza un segnale di interrupt, segnalando in questo modo la necessità di cambiare stato. Questo può essere programmato con una cadenza voluta da meno di un secondo a qualche ora, nel nostro caso si può programmare ad esempio ad ogni ora. In questa configurazione tutti i componenti risultano spenti dal momento che nessuno di essi è alimentato; soltanto il clock, grazie alla presenza della sua batteria di backup, è in grado di tenere il conteggio del tempo reale e gestire gli allarmi, mentre la scheda Arduino viene posta in modalità “power down”, in grado di ricevere unicamente segnali di interrupt per forzarne il risveglio. Lo stato “active” denota invece un funzionamento a pieno regime del dispositivo, il quale, come esposto dettagliatamente in precedenza, effettuerà le operazioni di sensing, trasmissione dei dati rilevati sul protocollo TCP ed eventuale gestione degli SMS e comunicazione GPRS, per poi tornare in modalità “sleep”. Il periodo di attività ha una durata che si attesta attorno ai trenta secondi. Appare quindi chiaro come un sistema così progettato risulti altamente efficiente; esso infatti richiede una spesa energetica contenuta per un periodo estremamente breve di tempo. Considerando che esso lavora per trenta secondi all’interno di ogni intervallo di un’ora, questo rappresenterà soltanto il 0,83% (30s/3600s) del tempo totale, mentre il restante 99,16% non richiederà alcun consumo. Accanto a questo lavoro di riduzione dei periodi di attività, ne è stato svolto un altro, altrettanto importante, mirato ad alleggerire al massimo il codice eseguito, diminuendo così il numero di operazioni che il sistema deve svolgere. Questa ottimizzazione, ottenuta attraverso una programmazione snella ed essenziale, punta ad alleggerire il carico di processing sul microcontrollore, garantendo prestazioni migliori sia in termini di velocità che di risparmio energetico. 7.6 Gli strumenti utilizzati In questa sezione verranno descritti tutti gli strumenti utilizzati per la realizzazione del sistema di monitoraggio. 7.6.1 Il software di configurazione per i moduli Wi-Fi TERATERM è un software free utilizzato per la configurazione dei moduli wireless Wi-Fi. L'interfaccia grafica si compone essenzialmente di quattro schermate: PC Settings, Range Test, Terminal e Modem Configuration. La schermata “PC Settings" consente di rendersi conto di quale sia la porta COM associata al modulo, di effettuare un test di comunicazione per verificarne il corretto funzionamento avendo cura di impostare correttamente il baud rate del modulo e il formato del pacchetto seriale di dati: di default il baud rate è di 9600, i bit di dati sono 8, senza bit di parità e con un singolo bit di stop. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 147/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 8 8. Introduzione alla software Lo sviluppo del progetto Elios Power ha seguito due piani paralleli, profondamente diversi ma complementari. Il primo ha riguardato l’implementazione dei dispositivi vero e propri, sotto forma di stazione mobile dotata di alta flessibilità ed a basso consumo. A partire da queste caratteristiche è stato necessario scegliere con attenzione e assemblare i numerosi componenti per svolgere le funzioni di sensing, comunicazione e gestione consumi. Il secondo piano è invece consistito nell’ideazione di una struttura informatica a supporto del cosiddetto lato server, che ha lo scopo fondamentale di memorizzare al suo interno i dati inviati dalle diverse stazioni e presentarli ai rispettivi utenti. Ciò è stato fatto al fine di realizzare un servizio semplice, altamente personalizzato, capace di lavorare in tempo reale e del tutto automatizzato. Tale struttura si appoggia sul sito web della scuola www.iisprimolevi.it, che rappresenta l’interfaccia grafica attraverso cui è possibile visionare i dati misurati dalla propria stazione, strutturati in opportuni grafici, e condividerli con altri utenti. Anche in questo caso, si è data molta importanza al web design, cercando di utilizzare un layout essenziale e gradevole allo stesso tempo. 8.1 MySQL e lo schema relazionale La scelta del Data Base Management System (DBMS) da utilizzare è ricaduta sul prodotto di Sun Microsystem: MySQL. La versione utilizzata nel sistema sviluppato è la 5.3. MySQL è un DBMS relazionale, composto da un client con interfaccia a caratteri e un server, entrambi disponibili sia per sistemi Unix come GNU/Linux che per Windows, anche se prevale un suo utilizzo in ambito Unix. Dal 1996 supporta la maggior parte della sintassi SQL e si prevede in futuro il pieno rispetto dello standard ANSI. Possiede delle interfacce per diversi linguaggi, compreso un driver ODBC, due driver Java e un driver per Mono e .NET. Il codice di MySQL viene sviluppato fin dal 1979 dalla ditta TcX ataconsult, adesso MySQL AB, ma è solo dal 1996 che viene distribuita una versione che supporta SQL, prendendo spunto da un altro prodotto: Msql. Il codice di MySQL è di proprietà della omonima società, viene però distribuito con la licenza GNU GPL oltre che con una licenza commerciale. Fino alla versione 4.0, una buona parte del codice del client era licenziato con la GNU LGPL e poteva dunque essere utilizzato per applicazioni commerciali. Dalla versione 4.1 in poi, anche il codice dei client è distribuito sotto GNU GPL. Esiste peraltro una clausola estensiva che consente l’utilizzo di MySQL con una vasta gamma di licenze libere. Nel sistema sviluppato il DBMS svolge un ruolo fondamentale. Esso è utilizzato, oltre che per la naturale memorizzazione dei dati provenienti dalla Wireless Sensor Network (WSN), anche per la memorizzazione delle query attive e delle condizioni di controllo che esse definiscono. Inoltre, sempre tramite database, è strutturata la comunicazione tra i due sistemi dislocati: il Query Manager e l’Host Wrapper. L’invio dei dati da e verso i due sottosistemi avviene tramite apposite tabelle. La comunicazione avviene così sempre in modo “indiretto”, consentendo scalabilità a entrambi i sottosistemi. Si delega direttamente al DBMS, tramite le apposite API, l’instaurazione e la gestione della comunicazione e di eventuali connessioni concorrenti. 8.2 Codice sorgente I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 148/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Il microprocessore sulla scheda è programmato utilizzando il linguaggio di programmazione Arduino (basato su Wiring) e l’ambiente di sviluppo Arduino (basato su Processing). Della totalità del codice scritto per il dispositivo, circa 1500 righe complessivamente, la parte più rilevante è quella relativa alle librerie dei diversi componenti, mentre la restante è costituita dal programma che viene caricato e fatto girare sulla scheda hardware. Per ciascun componente è stata infatti realizzata una specifica libreria che incorpora tutte le funzioni implementate; essa è costituita da due file (H e INO) contenenti l’insieme dei parametri, delle classi e dei metodi utilizzati. Il programma che abilita il funzionamento della stazione, o Main, è un file in formato INO (PDE) contenente alcune funzioni, la prima denominata “setup”, la quale comprende le operazioni che vengono compiute una sola volta, all’iniziale accensione del sistema, e la seconda detta “loop”, che raccoglie una serie di azioni ripetute ciclicamente finché la scheda non viene riavviata o spenta. Durante il setup il dispositivo si limita a operare un test per verificare la connettività, inviando al server i dati della cella GSM di riferimento, che verrano successivamente sfruttati per effettuare la localizzazione. Una volta ultimato il setup, il microcontrollore entra nel loop dove, in assenza di segnali di interrupt, permane nello stato di sleep. I due eventi in grado di riattivare la stazione sono legati all’allarme orario generato dal clock. Nel caso di interrupt innescato automaticamente ogni ora il sistema svolge tre distinte funzioni: effettua il sensing, comunica i dati raccolti al server e risponde ad eventuali SMS ricevuti inviando tali misure. Al contrario, nel caso di interrupt attivato manualmente, l’unica azione compiuta è quella di memorizzare i dati contenuti in memoria. Al fine di rendere maggiormente chiaro e leggibile il codice sviluppato, esso è stato completamente integrato da una serie di commenti supplementari. 8.3 La pagina web: www.istitutoprimolevi.gov.it/elios_power Come descritto in precedenza, le misure, una volta che sono state correttamente rilevate e trasmesse dalle stazioni, vengono immagazzinate all’interno di un server. Da questo momento in poi la gestione, la manipolazione e la presentazione finale dei dati avvengono attraverso il dominio www.istitutoprimolevi.gov.it, e sono realizzate grazie ad una serie di script PHP e Java. Per ottenere questi risultati ci si è perciò indirizzati verso quelle soluzioni mirate a garantire la sicurezza e il mantenimento dell’integrità dei dati, oltre a permetterne la visualizzazione in un modo rapido e intuitivo. Anche in questa circostanza si è prestata molta attenzione al design dell’interfaccia d’utente, così da renderla semplice e originale. 8.3.1 Caratteristiche Così come avvenuto per il dispositivo, si è ritenuto importante individuare quelle caratteristiche che risultassero maggiormente distintive per l’infrastruttura informatica; ovverosia: Semplicità; Personalizzazione; Aggiornamento in tempo reale; Automatizzazione. Ognuna di queste quattro proprietà contribuisce in maniera determinante a creare un servizio di presentazione dei dati che risulti ottimale. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 149/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 8.3.1.1 Semplicità Il primo aspetto che è apparso importante da curare è quello riguardante la strutturazione dei numerosi dati a disposizione. Essa, infatti, è realizzata in modo da risultare molto semplice, così da permettere una chiara e rapida consultazione da parte degli utenti. Tale obiettivo è stato raggiunto grazie all’impiego di diversi grafici che hanno lo scopo di raggruppare le varie tipologie di misurazione per mostrarne l’evoluzione nel tempo sia dal punto di vista giornaliero che settimanale e mensile. Accanto ai grafici vengono forniti, a partire dai dati a disposizione, alcuni consigli utili a comprendere meglio i mutamenti climatici in atto, o volti a migliorare le condizioni di comfort ambientale. Attraverso questo tipo di approccio è quindi possibile avere un’immediata idea del comportamento dell’ambiente senza bisogno di dover interpretare direttamente una grande mole di dati, la cui analisi risulterebbe altrimenti molto complessa. 8.3.1.2 Personalizzazione Alla base del successo di un qualsiasi tipo di servizio vi è, nella larga maggioranza dei casi, la capacità di personalizzazione dello stesso. Una segmentazione più fine degli utenti, consente, infatti, l’erogazione di un servizio che sia estremamente specifico e, di conseguenza, in grado di venire puntualmente incontro alle esigenze di ogni singolo fruitore. Da questo punto di vista non fa eccezione la funzione di visualizzazione dei dati offerta da Elios Power. Una volta completata la procedura di inserimento del dispositivo sarà possibile accedere ad una pagina personale all’interno della quale si è in grado di navigare attraverso varie schermate contenenti i grafici, la mappa di localizzazione ed altre informazioni relative alle misure. 8.3.1.3 Aggiornamento in tempo reale Un’altra importante proprietà è quella che consente di avere a disposizione i dati immediatamente dopo che sono stati rilevati dal dispositivo. Per questa ragione il sistema di memorizzazione è stato programmato in modo da mettere a disposizione l’ultima misura effettuata nell’istante stesso in cui essa è immagazzinata nel server; essa viene inserita nella pagina personale ed è quindi visionabile pochi secondi dopo essere stata rilevata. 8.3.1.4 Automatizzazione Per permettere un funzionamento che risulti ottimale, l’infrastruttura informatica che si occupa della gestione dei dati è stata studiata per possedere un alto grado di automatizzazione, ed essere di conseguenza in grado di coordinare diverse stazioni. Le attività di creazione, aggiornamento e modifica dei file relativi ad ogni dispositivo sono infatti effettuate in maniera del tutto automatica dagli script implementati, senza bisogno di alcun controllo da parte degli amministratori. 8.3.2 Funzionalità Il server, situato nel dominio iisprimolevi.it è gestito dall’Internet Service Provider (ISP) Aruba, contiene la totalità dei file che si occupano della gestione dei dati, oltre a un database con l’elenco degli utenti registrarti al servizio con i relativi identificativi delle stazioni. Le misure trasmesse con cadenza oraria dai numerosi dispositivi seguono sempre lo stesso iter: dapprima sono immagazzinate all’interno di un documento specifico per ogni stazione, successivamente vengono processate al fine di calcolare o aggiornare, a I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 150/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN seconda dei casi, campi aggregati quali massimi, minimi e medie; infine sono pronti ad essere visualizzati sotto forma di grafici contenuti nelle singole pagine personali. Esistono inoltre altre due funzioni supplementari che consentono di utilizzare in maniera differente l’anagrafica dei dati raccolti; nel primo caso è possibile collegare al sevizio un account Twitter, in modo da condividere le proprie informazioni orarie e renderle visibili tramite il popolare portale di microblogging. Nel secondo caso, si può scaricare direttamente dalla propria pagina un documento in formato XLS, che permette di utilizzare i dati complessivi raccolti all’interno di specifici software per svolgere simulazioni energetiche. 8.3.2.1 Memorizzazione Il modulo GSM/GPRS, contenuto in ogni dispositivo, permette l’invio tramite GPRS delle misurazioni raccolte durante la fase di acquisizione. I dati ricevuti dal server, vengono così immagazzinati in un database che prende il nome dal numero telefonico della SIM utilizzata per la trasmissione, in modo da identificare univocamente ogni stazione. Ad ogni comunicazione in entrata, il sistema controlla se esiste già un documento con l’identificativo in questione e, in caso negativo, provvede a crearlo. Il file in questione possiede una struttura ad albero, che si sviluppa a partire da due campi: il primo, denominato “anagrafica_geo”, contiene le informazioni relative alla localizzazione del dispositivo; il secondo, definito “data”, raccoglie le diverse misure registrate nel tempo. Un altro dato che viene calcolato è quello relativo all’altitudine, che risulta necessario per riportare la pressione atmosferica misurata dal valore assoluto a quello relativo (pressione atmosferica a livello del mare), generalmente usato come riferimento in meteorologia. Il campo aggregato “data” si occupa invece di immagazzinare nel tempo le misure ricevute; ognuna di esse è identificata da una diversa “entry”, caratterizzata da cinque attributi che indicano la data (anno, mese, giorno, ore e minuti), e contenente il vettore con i tipi di misure (temperatura esterna, temperatura interna, umidità). L’inserimento delle entry è stato studiato in modo da porre la più recente in cima alla lista, e di seguito le altre. A partire da questo file, ne viene inoltre creato un secondo, definito “extended”, che si occupa di calcolare i valori massimi, minimi e medi per ogni giorno ed ogni mese dell’anno. Esso segue la stessa configurazione del primo e contiene due campi: “days” e “months”. Il primo calcola i tre parametri in ambito giornaliero a partire dalle ventiquattro misurazioni orarie, il secondo effettua lo stesso procedimento ma rispetto ai giorni in un mese. In questo modo i massimi, i minimi e le medie vengono costantemente aggiornati ad ogni nuova entry, e sono disponibili in tempo reale; in aggiunta il server non viene sovraccaricato poiché distribuisce nel tempo il numero di operazioni da svolgere. 8.3.2.2 Presentazione La presentazione finale dei dati è affidata al sito web www.istitutoprimolevi.gov.it. In esso sono presenti cinque pagine: 1. Home: contiene una descrizione generale del dispositivo e delle sue principali caratteristiche; 2. Blog: raccoglie una serie di articoli / specifiche inerenti al progetto; 3. Project: descrive in maniera dettagliata componenti e metodi impiegati, consente inoltre di scaricare il codice prodotto; 4. Elios Power: permette l’accesso al servizio personalizzato di presentazione delle misure raccolte; I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 151/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN 5. Credits: offre una breve panoramica degli sviluppatori. Attraverso la pagina home ciascun utente è in grado, dopo aver effettuato una semplice registrazione, di accedere alla sezione personale contenente l’interfaccia di visualizzazione dei dati. All’interno della pagina sono presenti due sezioni: “account”, “weather measurements”. Nella prima sono raccolte le informazioni basilari di ogni stazione; essa si articola in due fondamentali schermate chiamate “station” e “location”. In quella principale sono inseriti i dati più recenti, affinché possano essere consultabili in maniera immediata: accanto ai valori relativi all’ultima misurazione disponibile, è presente una tabella che riassume alcuni indici (dew point, summer index, heat index), ricavabili a partire dai dati a disposizione, con lo scopo di fornire un’indicazione sul comfort ambientale. La schermata “location” provvede invece ad indicare su una mappa la posizione della stazione. La seconda sezione si occupano invece di presentare graficamente i dati, raggruppati in misure climatiche. Ciascuna delle quattro variabili calcolate è rappresentata attraverso due schermate: una, oraria, che raccoglie le singole misure mostrandone l’evoluzione nel tempo; l’altra, giornaliera, che fornisce i valori massimi minimi e medi stimati quotidianamente nell’arco delle ventiquattro ore e riassume i valori di riferimento del mese corrente. Il primo grafico riassume quindi la totalità dei dati a disposizione, a partire dalla messa in funzione del dispositivo, presentandoli con la granularità più fine e in modo da poter apprezzare le variazioni che avvengono su base oraria. Il secondo grafico, al contrario, effettua una strutturazione più complessa calcolando, a partire dalle ventiquattro misure svolte ogni giorno, gli estremi positivi e negativi oltre a stimarne la media. Anche in questo caso viene mostrata l’evoluzione temporale delle suddette misure, così da evidenziarne le variazioni. Accanto a questo grafico ne è posto un altro, che riassume gli stessi indici ma con riferimento mensile. Figura 8.1: Schermata web: home I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 152/159 Figura 8.2: Schermata web: Presentazione Figura 8.3: Schermata web: Dati Figura 8.4: Schermata web: Amministrazione Classi 4BN, 4BT, 5BN I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 153/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Capitolo 9 Conclusioni Il lavoro presentato è consistito nell’implementazione di un originale ed innovativo servizio per il monitoraggio ambientale del corretto funzionamento di un impianto fotovoltaico, che è stata affrontata da diversi punti di vista. L’idea di base era di realizzare un prototipo che fosse in grado di abbattere i costi senza utilizzare il preesistente impianto di rilevazione effettuando sempre la raccolta e presentazione di dati fondamentali con la possibilità di controllo in tempo reale. Per questo motivo, le problematiche con cui ci si è dovuti confrontare hanno riguardato non soltanto gli aspetti di progettazione hardware/software, tipici dei sistemi embedded e delle reti wireless di sensori, ma anche quei risvolti propri della produzione industriale come l’impatto sul costo finale ed il design di progetto. Avendo scelto di lavorare con la piattaforma open source Arduino, ci si è dovuti confrontare inoltre con le caratteristiche specifiche dell’hardware, come la memoria estremamente esigua (2kB) e l’impossibilità di eseguire programmazione multi tread. Per quanto concerne l’infrastruttura informatica sviluppata per le gestione dei dati di ogni stazione, si è cercato di scrivere la maggior parte del codice sotto forma di script PHP, che viene eseguito integralmente lato server, limitando all’utilizzo di Javascript (che al contrario viene caricato dalla macchina) solo quelle Applet per la visualizzazione dei dati, scritte appositamente con tale linguaggio. In questo modo si è riuscito a rendere più agile, e di conseguenza più veloce, il caricamento della pagina web. Gli ambiti più legati ad una eventuale commercializzazione sono stati presi in considerazione, anche se affrontati solo parzialmente. Trattandosi infatti di una implementazione prototipale, tale sviluppo ha rappresentato la prima tra le numerose fasi che dovranno essere in seguito realizzate per poter arrivare ad un prodotto finito disponibile per il mercato. L’obiettivo finale che ci si era prefisso, quello di creare un prototipo stabile, funzionale e testato sul medio periodo è stato raggiunto con successo; floweather infatti ha mostrato un comportamento affidabile e robusto nel corso dei numerosi test cui è stato sottoposto, fornendo misurazioni sempre coerenti e senza manifestare malfunzionamenti di sorta. I risultati ottenuti in merito alla sperimentazione di un singolo dispositivo, naturalmente, andrebbero estesi al caso di un maggior numero di stazioni disposte in punti strategici all’interno di una data area urbana che si vuole esaminare, effettuando un’analisi più completa e creando una mappa del clima e dell’inquinamento cittadino. Le maggiori potenzialità, che sono state solamente intraviste, riguardano, infatti, la possibilità di creare una rete distribuita composta da numerosi dispositivi, così da mettere in relazione i dati raccolti da ciascuna stazione e aggregarli in un’unica struttura di visualizzazione. Per ciò che concerne gli sviluppi futuri del progetto, una prima direttrice potrebbe essere rappresentata dalla realizzazione dei moduli aggiuntivi precedentemente individuati, la cui integrazione provvederebbe a completare le funzionalità del sistema, oltre ad aprire nuove prospettive di utilizzo. Un altro degli aspetti sui quali sarà necessario intervenire in futuro è quello concernente il collegamento elettrico tra i vari componenti elettronici. Alla breadboard assemblata per l’occasione, tipica della realizzazione prototipale, verrà sostituito un circuito stampato o PCB, il quale, oltre a garantire una qualità indubbiamente superiore, produrrebbe una sostanziale riduzione degli ingombri. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 154/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN Anche dal punto di vista dei costi, questa scelta comporterebbe un vantaggio, riducendo il prezzo finale, specie nell’ottica di una produzione in scala. La creazione di un microcontrollore che si possa sostituire alla scheda Arduino costituisce un’altra affascinante idea, e consentirebbe di progettare un componente studiato ad hoc per venire incontro alle particolari esigenze relative alla tecnologia impiegata. Così facendo, si disporrebbe di un hardware ottimizzato e particolarmente adatto per quelle applicazioni mobili che devono mantenere sotto controllo i propri consumi. La possibilità di mettere un commercio un prodotto consumer come floweather appare realistica, data l’assenza sul mercato di un sistema con simili caratteristiche e funzionalità, e considerato l’interesse sempre crescente che si sta sviluppando attorno alle tematiche riguardanti l’ambiente e la qualità della vita dei cittadini nei centri urbani. I campi di applicabilità di una piattaforma di questo genere potrebbero essere molteplici, spaziando dalla coltivazione agricola al monitoraggio climatico effettuato in ambienti critici, dalla rilevazione di incendi al controllo sui cambiamenti climatici che investono gli habitat naturali al fine di proteggere le specie a rischio di estinzione (sia animali che vegetali). Basti pensare ai vantaggi che si potrebbero ottenere nel ramo dell’enologia, dove una precisa analisi di fattori quali temperatura, umidità e pressione atmosferica rappresenta un elemento essenziale tanto nella fase di viticoltura quanto in quella di conservazione in cantina. Come sottolineato nei capitoli precedenti, pur non rappresentando l’obiettivo primario del progetto, uno dei possibili utilizzi è quello concernente la raccolta e l’analisi scientifica dei dati. Infatti, per quanto il dispositivo in questione si discosti dalla classica definizione di nodo di una rete di sensori (in quanto più complesso, voluminoso e indubbiamente costoso), esso tuttavia possiede di fatto le caratteristiche di autolocalizzazione e di controllo dei consumi, oltre a realizzare il rilevamento e la trasmissione dei dati seguendo i principi dei comuni sensori. Da questo punto di vista, un’ipotesi interessante è quella che prevede l’impiego delle stazioni come semplici nodi di una rete, abilitata dallo sfruttamento di un protocollo di comunicazione a corto raggio per trasmissioni in radiofrequenza (come ad esempio ZigBee), da sostituire al modulo GSM. In questo modo, i diversi dispositivi disseminati nell’ambiente sarebbero in grado di comunicare direttamente tra loro, così da consentire un utilizzo tipico delle reti wireless di sensori. In conclusione, si può affermare che gli sforzi volti alla progettazione e all’implementazione del prototipo floweather hanno prodotto i risultati che erano stati prefissati preliminarmente, presentando un dispositivo che si pone in maniera innovativa nei confronti delle misurazioni ambientali, ed in particolare dei dati climatici. Le quattro prospettive principali che hanno guidato lo sviluppo del progetto, ossia l’interesse per l’ambiente, i costi ridotti, la filosofia open source e la sostenibilità, provvedono a fornire una caratterizzazione esclusiva e originale, conferendo in questo modo un valore aggiunto al lavoro. La presenza di un’infrastruttura informatica, creata per il servizio di gestione e visualizzazione dei dati, completa il sistema offrendo l’opportunità di presentare i dati agli utenti in maniera del tutto personale, permettendone la consultazione in tempo reale. Le prospettive future possono essere innumerevoli, per lo più mirate ad estendere le funzionalità della stazione e a compiere quei passi nella prospettiva di un percorso che porti il prototipo a diventare un prodotto. I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 155/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN ALLEGATI ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT Title TELERILEVAMENTO DATI PANNELLI FOTOVOLTAICI (SCHEMA A BLOCCHI) Size B ANTENNA WI-FI Date: Document Number CLASSI 4BN-4BT-5BN - I.I.S. PRIMO LEVI Monday , March 18, 2013 Sheet Rev 2 8 of 9 ACCESS POINT NANOSTATION 2 SCHEDA WIFI A 2.4GHZ CON MODULO RN-XV WIFLY ROVING SENSORE LUCE CONTATORE 1 [F1] ANTENNA PER GSM/GPRS SCHEDA ARDUINO UNO R3 SENSORE LUCE CONTATORE 2 [F2] MODULO GSM/GPRS CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [C1] SENSORE TEMPERATURA INTERNO [T1] ANTENNA SATELLITARE / WI-FI ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT SCHEDA ARDUINO UNO R3 SCHEDA ARDUINO UNO R3 ACCESS POINT NANOSTATION 2 ROUTER SATELLITARE / SWITCH WI-FI CONTATTO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE [C2] SENSORE TEMPERATURA INTERNO [T1] RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [R1] SENSORE LUCE (PIRANOMETRO) [L1] SENSORE LUCE CONTATORE 3 [F3] SHIELD ETHERNET REV. 3 SWITCH 4 PORTE RJ45 CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [C3] RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [R3] RELE' RIARMO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE [R2] STAZIONE METEO CABINA ENEL DISTRIBUZIONE CABINA PRODUZIONE < 30 METRI STAZIONE METEO < 1500 METRI CABINA ENEL DISTRIBUZIONE CABINA PRODUZIONE n. 1 SENSORE TEMPERATURA INTERNO [T1] n. 1 SENSORE TEMPERATURA ESTERNO [T2] n. 1 SENSORE LUCE (PIRANOMETRO) [L1] n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3 n. 1 RX/TX a 2.4GHz con MODULO RN-XV WIFLY oppure XBEE NESSUN CAVO DI COLLEGAMENTO CON CABINA DI PRODUZIONE (ALIMENTAZIONE AUTONOMA) n. 2 BATTERIE LION DA 3,7V/2A n. 1 PANNELLO SOLARE 10V/1,3W n. 1 ALIMENTATORE 5V/3,3V 1 ALIMENTATORE 5V/3,3V Title TELERILEVAMENTO DATI PANNELLI FOTOVOLTAICI Size B Date: Document Number CLASSI 4BN-4BT-5BN Rev 2 I.I.S.PRIMO LEVI Monday , March 18, 2013 Sheet 4 of 9 SHIELD ETHERNET REV. 3 n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. n. 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 SENSORE LUCE CONTATORE 1 [F1] SENSORE LUCE CONTATORE 2 [F2] CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [C1] CONTATTO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE [C2] RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [R1] RELE' RIARMO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE [R2] SCHEDA ARDUINO UNO R3 SHIELD ETHERNET REV. 3 PER SCHEDA ARDUINO SWITCH 4 PORTE RJ45 ROUTER / SWITCH WI-FI ACCESS POINT NANOSTATION 2 ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT NANOSTATION 2 MODULO GSM/GPRS ANTENNA PER GSM/GPRS PRESA DI ALIMENTAZIONE 220V MONOFASE COLLEGATO CON CAVO ALLA CABINA ENEL DISTRIBUZIONE ALIMENTAZIONE SERVIZI A 24VCA LINEA ADSL CON WI-FI + PRESA RETE LAN RJ45 n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V n. n. n. n. n. n. n. 1 1 1 1 1 1 1 SENSORE LUCE CONTATORE 3 [F3] CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [C3] RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [R3] SCHEDA ARDUINO UNO R3 SHIELD ETHERNET REV. 3 PER SCHEDA ARDUINO ACCESS POINT NANOSTATION 2 ANTENNA GREGORIANA PRESA DI ALIMENTAZIONE 220V MONOFASE COLLEGATA CON CAVO ALLA CABINA PRODUZIONE ALIMENTAZIONE SERVIZI A 24VCA n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 U1 5V 25 22 F2_CONT2 21 CONT_DISTRIB1BT CONT_DISTRIB2MT 19 18 17 D5/PWM A1 D04 A2 D3/PWM A3 D2 A4 D1/TX A5 D0/RX 1 2 3 2 4 N.C. COMUNE N.A. 1 2 RELE2 RELE' DISTRIBUZIONE 1 RELAY SPDT 1 1 2 1 330 D4 1N4148 R4 2 Q2 2N1711 3 1 1K RELE_DISTRIB2MT 8 D7 A0 D3 LED RELE2 RELE_DISTRIB2MT R5 10K VIN 20 2 Q1 2N1711 3 1 5 3 1K 9 D9 R6 10K RELE_DISTRIB1BT VCC 7 D6/PWM F1_CONT1 R3 RELE_DISTRIB1BT 10 J2 K2 RELE1 RELE' DISTRIBUZIONE 2 RELAY SPDT 11 GND 23 1 2 D2 1N4148 12 D9/PWM GND 24 4 N.C. COMUNE N.A. 2 D10/PWM 330 1 2 3 3 1 D11/PWM 3.3V D1 2 RESET R2 5 13 D12 26 LED RELE1 14 D13 VCC 12V J1 K1 15 GND 27 Classi 4BN, 4BT, 5BN 12V R1 16 AREF 28 pag. 156/159 Progetto: Elios Power VCC CONT_DISTRIB2MT 6 CONT_DISTRIB1BT 5 4 INT_CON1_CON2 3 INT_F1_F2 CONTATTO DISTRIBUZIONE J4 1 BT CONT_DISTRIB1BT VCC R7 10K CONTATTO DISTRIBUZIONE 2 MT R8 10K J3 CONT_DISTRIB2MT 1 2 1 2 2 C1 C2 1 R9 10K CONTATTO1 INT_CON1_CON2 SCHEDA ARDUINO UNO 100N D5 1 INTERRUPT CONTATTO1 CONTATTO2 VCC CONTATTO2 100N 2 1N4148 D6 1 2 R10 1N4148 VCC 1 PHOTORESISTOR3 FOTORESISTORE LUCE AMBIENTE VCC - 2 R11 10K 3 6 U2A + 1 - D7 1N4148 INTERRUPT FOTORESISTORE1 FOTORESISTORE2 LM339 7 LM339 12 1 2 INT_F1_F2 J5 12 1 2 2 4 1 J6 D8 1N4148 U2B + 5 R14 10K PHOTORESISTOR2 1 2 2 3 FOTORESISTORE1 CONTATORE1 PHOTORESISTOR1 3 1 R13 10K 3 2 FOTORESISTORE2 CONTATORE2 R12 10K R15 10K VCC VCC F2_CONT2 R16 10K VCC 9 1 C3 100N C4 100N GND LM339 VSS R18 10K 3 12 14 12 D9 1N4148 LM339 + 1 1 2 D10 1N4148 13 - U2C - 2 + 10 2 8 2 3 11 R19 10K R17 10K U2D 3 F1_CONT1 R20 10K Title 1 ELIOS POWER - CABINA DISTRIBUZIONE ENEL 3 Size B Document Number CLASSE 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI Date: U1 12V 27 26 25 24 23 RESET D11/PWM 3.3V D10/PWM 5V D9/PWM GND D9 22 F2_CONT2 21 CONT_PROD1BT CONT_PROD2MT 20 19 18 17 13 D2 1N4148 11 LED RELE2 D7 A0 D5/PWM A1 D04 A2 D3/PWM A3 D2 A4 D1/TX A5 D0/RX 4 R4 1 1K RELE_PROD2MT R6 10K 7 RELE_PROD1BT NON DISPONIBILE-RX_GPRS 6 NON DISPONIBILE-TX_GPRS VCC VCC 5 R7 10K R8 10K 4 INT_CON1_CON2 3 RELE2 2 Q2 2N1711 3 1K RELE_PROD2MT 8 N.C. COMUNE N.A. 1 2 D4 1N4148 2 Q1 2N1711 3 1 10 9 1 2 3 3 RELAY SPDT R3 RELE_PROD1BT GND VIN J2 5 330 RELE1 RELAY SPDT 12 9 of K2 D3 2 4 1 2 1 3 2 330 N.C. COMUNE N.A. R5 10K D6/PWM F1_CONT1 D1 1 1 28 LED RELE1 14 1 2 3 2 D12 VCC R2 5 Rev 3 Sheet 12V J1 K1 15 1 D13 R1 16 1 GND 2 AREF Monday , March 18, 2013 CONTATTO PRODUZIONE 1 BT VCC INT_F1_F2 J4 J3 CONT_PROD1BT CONTATTO PRODUZIONE 2 MT 1 2 CONT_PROD2MT 1 2 2 C1 C2 1 R9 10K CONTATTO1 INT_CON1_CON2 SCHEDA ARDUINO UNO 100N D5 1 INTERRUPT CONTATTO1 CONTATTO2 VCC CONTATTO2 100N 2 1N4148 D6 1 2 R10 1N4148 VCC 1 PHOTORESISTOR3 FOTORESISTORE LUCE AMBIENTE VCC 1 2 INT_F1_F2 J5 LM339 7 6 D7 1N4148 3 2 R11 10K U2A + 1 LM339 12 2 PHOTORESISTOR2 3 U2B + R13 10K 1 4 12 D8 1N4148 5 3 J6 1 2 R14 10K 3 1 2 2 1 FOTORESISTORE1 CONTATORE1 PHOTORESISTOR1 2 FOTORESISTORE2 CONTATORE2 R12 10K INTERRUPT FOTORESISTORE1 FOTORESISTORE2 R15 10K VCC VCC F2_CONT2 R16 10K D10 1N4148 1 2 13 8 2 LM339 D9 1N4148 14 C3 100N C4 100N LM339 R18 10K GND VSS 1 - + Title ELIOS POWER - CABINA PRODUZIONE 3 1 R20 10K + R17 10K U2C 3 2 10 2 12 1 11 R19 10K 3 9 U2D 3 VCC 12 F1_CONT1 Size B Date: Document Number CLASSE 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI Monday , March 18, 2013 Sheet Rev 3 2 of 9 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 pag. 157/159 Progetto: Elios Power Classi 4BN, 4BT, 5BN JP1 F1 12VBAT+ 1N4007 +VLOAD 2 1 1A FAST FUSE -VLOAD D1 LOAD R1 R2 R3 10K 180K 2 3 1 1 LOAD 23 V_PIRANOMETRO 22 21 V_PANSOL 20 19 18 I_PANSOL_AMP GND D9 17 D7 A0 D5/PWM A1 D04 A2 D3/PWM A3 D2 A4 D1/TX A5 D0/RX 2 7 R6 VCC + C1 10U-25V-TANT D2 3.3V 2 VOUT GND 5 VIN C2 10U-15V-TANT + LM1117 3 11 1 4 RX I_BAT 10 10K 9 R7 R8 390 VIN 11 1 11 GND D6/PWM V_BAT I_BAT_AMP D9/PWM TX 1 I_BAT_AMP U4 390 8 JP3 3.3V 1 R9 1K 7 6 D3 LED Y ELLOW D4 LED GREEN 5 LOAD ON BATTERIA >13,8V TX_WIFLY 2 RX_WIFLY 3 VDD 4 4 6 DATI_TEMPERATURA 2 7 R10 1 8 9 390 D7 SCHEDA ARDUINO UNO UART_TX GPIO2/SENS3 UART_RX GPIO3/SENS4 GPIO8 5 3 SENSOR2 10 SENSOR5 RESET UART_CTS GPIO5 GPIO6/SENS7 GPIO7 NC GPIO9 GPIO4/SENS6 GPIO1 UART_RTS GND GPIO14 20 SENSOR2_WIFLY 19 1 2 3 1 24 D10/PWM 5V 3 R5 8.2K 12 12VBAT+ U3B LM324 6 18 1N4007 SENSOR 2 SENSOR 5 GND D5 ANALOG SENSOR WIFLY 17 ANALOG INPUT MODULO WIFLY SENSOR5_WIFLY 16 VCC 2 25 3.3V U3A LM324 2 1 26 14 13 U2 3.3V VOLTAGE REGULATOR 5V D6 15 1N4007 14 2 27 D11/PWM JP2 JUMPER 3 5.1V ZENER VCC RESET 2 4 D12 28 1 R4 1K 15 + D13 16 - GND + AREF 2 Q1 RFG70N06 MOSFET N DGS - U1 100K 13 C3 100N C4 100N 12 3.3V 11 LED RED GND RICARICA BATTERIA <13,8V 10K D8 VCC RESTORE_WIFLY SENSORE VCC JP5 TEMPERATURA 3 DATI_T1 2 T1 1 GND DS18B20 2 2 10N 12VBAT+ V_FOTOVOLTAICO R19 C11 + C8 1U-15V-TANT 100N 100N 2 D16 D6 ELIOS POWER - STAZIONE METEO Document Number CLASSI 4BN-4BT-5BN R17 A1 A2 R18 D13 + + C8 1U TANT 100N 100N 2 1 C11 5.1V ZENER 5.1V ZENER 3 R24 C9 1U TANT C10 R22 0.1 1 100K 11 6 1 5 U3B LM324 7 4 11 I_BAT U3A 390 D7 D3 D4 LED YELLOW LOAD ON LED GREEN BATTERIA >13,8V LED RED RICARICA BATTERIA <13,8V R3 VCC Title 5.1V ZENER VCC 3 A4 180K LM324 4 2 14 D11 R2 10K 2 ALLA SCHEDA ARDUINO 2 11 12 LM324 5.1V ZENER + 4 8 U3D 4 11 - I_PANSOL 13 + LM324 - 10 U3C + 9 R1 3 - 1 100K R8 390 ALLA SCHEDA ARDUINO R15 3 R7 ALLA SCHEDA ARDUINO + 180K R10 RFG70N06 MOSFET N DGS - R14 LOAD 390 D9 2.2K 10K -VLOAD LOAD D6 2.2K R13 9 3 D14 R23 3 D13 1 Q2 R21 0.1 1 2 MODULO PANNELLO SOLARE 47K 2 of +VLOAD 2 1 R4 1K JP8 R19 2 1 JP1 Q1 1 2 BATTERIA 12V Sheet 1A FAST FUSE MODULO PANNELLO SOLARE 1K 8.2K ALLA SCHEDA ARDUINO R20 47K Rev 3 Monday , March 18, 2013 12VBAT+ 3 2 1 1 VBAT- R16 D13 I_PANSOL 3 F1 I_PANSOL 14 Title ALLA SCHEDA ARDUINO D9 BYW80-200 SCHOTTKY 12 R22 0.1 Date: V_FOTOVOLTAICO LM324 8 RFG70N06 MOSFET N DGS R23 Size B 12VBAT+ U3D VCC 2.2K 2.2K 2 10 13 RFG70N06 MOSFET N DGS 3 + VFV- LM324 1 Q2 1 2 1 R24 C9 1U-15V-TANT C10 D15 5.1V ZENER 5.1V ZENER R21 0.1 1N4148 U3C MODULO PANNELLO SOLARE 47K 2 9 4 2 VFV+ I_PANSOL_AMP 1 2 V_PIRANOMETRO D14 JP8 11 1K BATTERIA 12V 1 R18 8.2K 1 100K 4 V_PANSOL R20 47K 1 VBAT- R17 V_BAT 8.2K 11 R16 I_BAT 2 1 MODULO PANNELLO SOLARE 3 1 2 1N4148 I_PANSOL BY W80-200 SCHOTTKY + VBAT+ JP9 VBAT+ R15 3 - D12 8.2K 180K + BATTERIA 12V / 7AH JP7 1N4148 PIRANOMETRO R14 10K - C7 100N 2 1 R13 D10 5.1V ZENER 2 1 DATI_TEMPERATURA D11 SENSORE T2 I_BAT RESTORE FACTORY MODULO WIFLY 1N4148 SENSORE T1 BATTERIA 12V / 7AH JP7 RESTORE WIFLY GND 2 1 1N4148 RESET WIFLY R12 4.7K D9 SENSORE VCC JP6 TEMPERATURA 3 DATI_T2 2 T2 1 GND DS18B20 PIRANOMETRO JP4 1 C5 C6 100N VSS R11 WIFLY RN-XV CIRCUITO DI CARICA PANNELLO FOTOVOLTAICO D2 A3 Size B Date: Document Number CLASSE 4BN-4BT-5BN Rev 2 I.I.S. PRIMO LEVI Monday , March 18, 2013 Sheet 5 of 9 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 JP1 2 3 D2 C3 + C4 100N 10U-25V 1 5 8 HEADER 1 2 3 4 5 6 7 8 4 ISO2 TIL117 5V_OPTO2 2 2 1 5V_OPTO1 12V_OPTO TXD1 GND_OPTO JUMPER JP13 D DE RE DIR2 D5 1 R 5.1V R10 120 5 1 22 5V_OPTO2 R17 2.2K 1 JUMPER JP19 2 1 75176 R15 3.3K VCC JP17 2 R13 R12 2.2K JP15 JUMPER 1 2 3 4 5 6 7 8 1 2 3 4 5 6 7 8 5.1V 8 HEADER 1 2 3 4 5 6 7 8 2 R11 120 5.1V 22 1 1 R19 1K ISO4 TIL117 VCC1 5 ISO5 4 TIL117 DIR1_OPTO R21 1K DIR1 R22 2.2K RXD2 RXD1 1 TXD2 5 DIR2 4 ISO6 TIL117 2 VCC D7 D8 1 2 1 2 GND TXD1 1N4007 5V_OPTO1 C6 25V C7 100N D9 1N4007 GND_OPTO C8 C12 100N 7805 1U-TANT VOUT 12V_OPTO 3 C9 + C10 100N 1N4007 GND_OPTO RXD1 DIR1 JP24 D10 10U-25V TXD1 1 2 3 UART 2 VIN + DIR1 GND + 1 JP23 VCC1 GND1 VCC1 1 2 GND1 1 7805 1U-TANT VOUT RXD1 U5 12V_OPTO 2 VIN + 3 2 1 GND U4 5V_OPTO2 C11 100N 1N4007 2 ALIMENTAZIONE C5 75176 5V_OPTO1 R20 2.2K 1 1 2 3 2 5V_OPTO1 JP22 GND 4 GND_OPTO VCC1 UART VCC DE RE R16 3.3K 2 1 2 3 D R14 JUMPER 2 DIR2 JP21 R 1 JUMPER JP20 2 1 8 HEADER RXD2_OPTO RXD2 A B R18 1K 4 TXD2 6 7 1 JP18 DISTANZA MAX. 1000 METRI CON BAUD RATE 2400 BPS GND_OPTO U2 JP12 JUMPER D6 8 HEADER 8 HEADER 5V_OPTO1 D4 JP16 1 1 2 3 4 5 6 7 8 RXD2 5 22 JUMPER CAVO RETE ETHERNET CON PLUG RJ45 22 6 7 A B JP14 5.1V 22 ISO3 4 4 TIL117 DIR2_OPTO 3 2 R6 3.3K 1 JUMPER JP10 2 1 1 1 D3 JP11 JUMPER 1 5 4 ISO1 TIL117 R8 8 U3 TXD_OPTO1 5 1 5V_OPTO2 R3 1K ALIMENTAZIONE OPTO 2 JUMPER JP9 2 1 2 5V_OPTO2 VCC GND 1 1 2 JP8 R7 22 2 JP6 JP7 3.3K VCC R1 2.2K GND_METEO ALIMENTAZIONE METEO 8 HEADER DISTANZA MAX. 100 METRI CON CAVO ETHERNET CATEGORIA 5 R5 R9 1K 5V_OPTO1 12V_METEO 1 2 8 HEADER 8 HEADER TXD2 JP5 1 7805 C2 1U-TANT JP4 1 2 3 4 5 6 7 8 2 + VOUT JP3 1 2 3 4 5 6 7 8 8 1 TXD_OPTO VIN GND 1 C1 100N 2 R2 2.2K R4 1K CAVO ALIMENTAZIONE CON PLUG RJ45 JP2 VCC1 1N4007 1 2 3 4 5 6 7 8 GND VCC U1 2 D1 1N4007 5 VCC Classi 4BN, 4BT, 5BN 2 1 MONTATO SU DISSIPATORE 5V_OPTO2 VCC pag. 158/159 Progetto: Elios Power ALIMENTAZIONE STAZIONE METEO CABINA PRODUZIONE Title PROGETTO ELIOS POWER - MODULO RS485 CON OPTOISOLATORE + ALIMENTAZIONE Size B Date: Document Number CLASSI 4BN-4BT-5BN Monday , March 18, 2013 Rev 2 Sheet 1 of 9 I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013 Progetto: Elios Power pag. 159/159 Classi 4BN, 4BT, 5BN VCC R1 VT+ 1 1 3 FOTORESISTORE1 2 2 R2 + 6 LM339 VOUT 2 1 3 D1 VPIN1 1 - 10K 10K 12 R3 7 U1A U2A 1N4148 1 R4 10K 3 2 VCC VIN 7408 3 R5 5 R6 1 VT- 2 10K 4 VPIN2 2 LM339 R7 3 1 1N4148 VIN 10K 12 2 D2 + U1B 10K VT+ VT- VPIN1 VPIN2 1V 3,666V 1,666V +VSAT=VCC -VSAT=GND GND 2V 3,666V 1,666V +VSAT=VCC +VSAT=VCC VCC DESCRIZIONE SE ENTRAMBI I TRIMMER R7 E R4 SONO TUTTI RUOTATI VERSO R4 SI HA UN PARTITORE FORMATO DA 3 RESISTENZE ENTRAMBE DEL VALORE DI 10KOHM. QUINDI VT- VALE 1,666V MENTRE VT+ VALE 3,333V. VOUT Title ELIOS POWER - CIRCUITO RILEVATORE LAMPEGGI LED CONTATORE Size A 4V 3,666V 1,666V -VSAT=GND +VSAT=VCC GND Date: Document Number CLASSI 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI Monday , March 18, 2013 Rev 2 Sheet 3 of 9 Title SCHEMA DEI RIPETITORI ACCESS POINT WDS NANOSTATION2) Size B WLAN MAC 00:27:22:AF:AA:E3 ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT ACCESS POINT NANOSTATION 2 SCHEDA ARDUINO UNO R3 192.168.1.20 255.255.255.0 192.168.1.1 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 192.168.1.100 255.255.255.0 192.168.1.1 Date: ANTENNA SATELLITARE / WI-FI Rev 2 I.I.S. PRIMO LEVI Monday , March 18, 2013 Sheet WLAN MAC 00:27:22:AF:AB:83 6 of 9 ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT ACCESS POINT NANOSTATION 2 ROUTER SATELLITARE / SWITCH WI-FI 192.168.1.21 255.255.255.0 192.168.1.1 192.168.1.1 255.255.255.0 SWITCH 4 PORTE RJ45 CABINA PRODUZIONE Document Number CLASSI 4BN-4BT-5BN SCHEDA ARDUINO UNO R3 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 192.168.1.101 255.255.255.0 192.168.1.1 CABINA ENEL DISTRIBUZIONE