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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Titolo: “Telerilevamento dati di un impianto di produzione
con pannelli fotovoltaici”
Classi: 4Bn, 4Bt e 5Bn
Istituto Istruzione Superiore:
PRIMO LEVI – Torino
www.iisprimolevi.it
A.S. 2012 / 2013
Progetto effettuato in collaborazione
con la ditta:
ASJA S.p.A. Via Ivrea 70, Rivoli – TO
www.asja.biz
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Capitolo 1
1. Introduzione
Ogni luogo in cui l'uomo svolge la sua attività giornaliera necessita di energia.
L'aumento senza precedenti storici del prezzo del petrolio e i cambiamenti climatici
hanno recentemente riacceso l'interesse della politica internazionale per le fonti
energetiche rinnovabili.
Lo “sviluppo" sproporzionato rispetto alle risorse naturali, il riscaldamento della
crosta terrestre, la riduzione delle risorse idriche, sono solo alcuni dei tanti fenomeni
disastrosi che stanno annunciando un futuro a tinte fosche per il pianeta e per le
generazioni a venire.
Per ridurre rapidamente le emissioni di CO2 l'unica soluzione è il passaggio alla
generazione di energia da fonti rinnovabili, e principalmente dal sole.
Tra le diverse tecnologie attraverso cui è possibile sfruttare la fonte solare, il
fotovoltaico rappresenta quella di gran lunga più di usa.
Il presente lavoro si colloca all'interno di un progetto denominato “Elios Power”
(finanziato dalla ditta Asja) che ha come obiettivo finale la realizzazione di un ambiente
per il monitoraggio, la gestione, la manutenzione e la sicurezza di un impianto
fotovoltaico. Gli aspetti affrontati in questa scheda riguardano la progettazione e la
realizzazione di una base di dati da utilizzare per immagazzinare i parametri forniti dai
vari dispositivi monitorati e la progettazione e realizzazione del portale web che
permetta all'utente di visualizzare l'andamento dell’impianto, con la possibilità di
visionare grafici e tabelle.
Nella fase preliminare è stata fatta una breve introduzione sulle caratteristiche
principali di un impianto fotovoltaico e sul Quarto Conto Energia, un decreto ministeriale
nel quale trovare tutte le informazioni in materia di incentivi ed erogazioni di
finanziamenti per la vendita di energia prodotta da fonti solari.
Nella fase di progettazione del sistema è stata fatta una rigorosa analisi dei
principali punti di un impianto che necessitano di essere monitorati in quanto facilmente
soggetti a logorio o a guasti tecnici. Successivamente è stata fatta una scelta dei
possibili dispositivi necessari al monitoraggio puntuale delle grandezze nei punti critici
ed è stato progettato un database che immagazzinasse tali valori.
La progettazione del database è stata fatta considerando la presenza di tutti i
dispositivi posti nei punti critici e rendendo tale struttura il più possibile modulare, in
modo da potersi prestare a modifiche in base alle esigenze del monitoraggio.
Tale database verrà utilizzato per fornire tutte le informazioni richieste dall'utente
tramite l'utilizzo del portale web. Il portale è stato progettato e realizzato con l'obiettivo
di fornire una struttura di facile utilizzo da parte dell'utente, senza tralasciare la
possibilità di ulteriori integrazioni future nella fase di gestione.
1.2 Le Fonti di Energia Rinnovabile
1.2.1 L’Italia e le fonti di energia rinnovabile
Da quando, nel 2005, è entrato in vigore il protocollo di Kyoto, in Italia si è
cominciata a sentire l’esigenza di fare qualcosa in più nei confronti della disastrosa
situazione climatica. L’Unione Europea il 23 Gennaio 2008 ha approvato il pacchetto
clima detto ”20-20-20”. Con tale sigla si identificano gli obiettivi di riduzione dei gas
serra e di efficienza energetica. Entro il 2020 l’UE dovrà diminuire del 20% l’emissione di
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gas serra, aumentare del 20% l’efficienza energetica degli edifici e utilizzare per almeno
il 20% fonti di energia rinnovabile.
Il Bilancio Energetico nazionale evidenzia la produzione di energia da fonti
rinnovabili pari al 16,7% del fabbisogno nazionale in netto aumento per il
raggiungimento degli obiettivi del pacchetto clima. Questo grazie ad una maggiore
attenzione dei governi al problema ambientale della produzione di energia.
Figura 1.1 – Differenti tipologie produzione elettrica
Infatti negli ultimi anni c’è stata una progressiva sensibilizzazione affiancata da
provvedimenti legislativi che incentivano le fonti di energia rinnovabile. Il principale
provvedimento è stato realizzato attraverso la legge detta ”Conto Energia”. Tale legge,
sul modello tedesco, prevede una incentivazione pecuniaria sulla produzione di energia
da fonti rinnovabili.
Rispetto al passato quando si incentivava l’energia rinnovabile tramite
assegnazione di parte della somma dell’investimento a fondo perduto, il meccanismo del
conto energia diventa un finanziamento in conto esercizio. Il principio consiste
nell’incentivazione della produzione elettrica con cadenza tipicamente bimestrale per i
primi 20 anni (in alcuni casi 15 anni) di vita dell’impianto.
Il proprietario, anno dopo anno, percepisce un incentivo che deriva dalla
produzione in kWh dell’impianto moltiplicata per una tariffa dipendente dalla tipologia e
dall’anno di entrata in esercizio. Il sistema di produzione deve necessariamente essere
connesso alla rete elettrica (grid connected) a deve avere una dimensione superiore
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ad 1 kWp. Ogni anno la tariffa incentivante decresce del 2% fino ad arrivare ad un tetto
massimo kWp da installare specificato sul portale del GSE (www.gse.it).
Oltre all’incentivazione in ”Conto Energia” chi installa un impianto di produzione di
energia da fonti rinnovabili può avere un sensibile risparmio nei costi dell’energia
elettrica. Questo accade perché la produzione di energia viene direttamente collegata
alle utenze e quindi si ha un fattore di contemporaneità di produzione rispetto al
consumo che permette un risparmio energetico dipendente dalle abitudini di utilizzo.
1.2.2 Le principali fonti di energia rinnovabile
1.2.2.1 Gli impianti di produzione di energia idroelettrica
Figura 1.2: Distribuzione degli
impianti idroelettrici
La maggior parte di energia elettrica prodotta in Italia che non utilizza combustibili
fossili è l’energia idroelettrica con centrali installate sopratutto in Italia settentrionale.
L’idroelettrico in Italia ha una storia che fonda le proprie radici nel lontano 1889. Già poi
nel 1965 la produzione di energia da turbine idroelettriche rappresentava il 65% del
fabbisogno nazionale. Successivamente all’impennata dei fabbisogni energetici, l’utilizzo
di centrali idroelettriche ha continuato a soddisfare circa il 15-18 per cento degli interi
consumi. Ad oggi continua a rappresentare circa il 12% anche se, dagli ani 60, lo
sfruttamento elle risorse è considerevolmente aumentato fino ad una quasi saturazione
(dai 12.517 MW del 1963 ai 21.343 MW attuali) dei siti d’installazione.
La rappresentazione cartografica della distribuzione regionale della numerosità
degli impianti mostra che in Italia il numero maggiore di installazioni d’impianti
idroelettrici è presente nelle regioni settentrionali. Infatti nell’Italia settentrionale vi è il
più alto numero di impianti realizzati: in particolare in Piemonte, in Trentino Alto Adige
ed in Lombardia, che insieme esprimono oltre il 55,3% del totale nazionale. Nell’Italia
centrale si distinguono le Marche, con il 4,8% d’impianti istallati.
Un impianto idroelettrico, sfruttando un dislivello morfologico, trasforma l’energia
potenziale dell’acqua in energia meccanica tramite una turbina la quale, collegata ad un
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generatore, viene trasformata in energia elettrica. Esistono tre tipologie di impianti
idroelettrici, gli impianti a bacino, a serbatoio o ad acqua fluente. Gli impianti a bacino
dispongono di un serbatoio con una capacità che permette la generazione di energia per
meno di 400 ore e più di 2. Quelli a serbatoio invece hanno una capacità maggiore di
400 ore.
Figura 1.3: Funzionamento di un impianto idroelettrico
Infine gli impianti ad acqua fluente sfruttano esclusivamente il flusso d’acqua
presente nell’alveo del fiume. Gli impianti a serbatoio o a bacino necessitano di grandi
opere strutturali se non sono presenti dei serbatoi naturali mentre gli impianti ad acqua
fluente sono soggetti a periodi di intensa produzione e periodi di scarsa produttività. In
Italia sta aumentando il numero di piccoli impianti idroelettrici ad acqua fluente sia da
parte di enti produttori di energia elettrica ma anche da parte di singole realtà industriali
o artigianali.
1.2.2.2 Gli impianti eolici/minieolici
Le pale eoliche sono collegate ad un rotore collegato a sua volta ad un generatore
per la produzione di energia elettrica e vengono azionate dall’energia cinetica del vento
che le fa ruotare. La rotazione viene trasferita ad un sistema meccanico di
moltiplicazione dei giri che trasforma la rotazione in energia elettrica la quale viene
immessa nella rete. La turbina eolica viene collocata sulla testa rotante di una torre con
sufficiente altezza in modo da evitare turbolenze del terreno o di eventuali ostacoli. La
ventosità del sito d’installazione rappresenta un fattore determinante per verificare la
fattibilità dell’impianto.
Dato che la producibilità è direttamente proporzionale al cubo della velocità del
vento piccole differenze di velocità possono incidere sulla convenienza o meno
dell’impianto. Esistono turbine eoliche di taglia differente da quelle di piccola taglia che
vanno da 1 kW a 200 kW con una torre di altezza dai 10 ai 30 metri a quelle di taglia
oltre i 1000 kW che hanno un diametro del rotore dai 55 agli 80 metri e l’altezza della
torre dai 60 ai 120 metri.
Le turbine di piccola taglia possono essere utilizzate per soddisfare il fabbisogno di
piccole utenze o gruppi di utenze mentre quelle di media dimensione o di grandi
dimensioni possono soddisfare il fabbisogno di industrie o complessi artigianali.
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Figura 1.4: Schema di un impianto eolico
Figura 1.5: Mappa della ventosità annua a 75 metri s.l.m
Negli ultimi anni c’è stata una tendenza di aumento della taglia media di
aereogeneratori, che è infatti passato dai 50 kW degli anni ’80 fino ai 5 MW odierni. Si è
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anche verificato un aumento costante delle potenze installate anche derivato
dall’evoluzione tecnica degli aereogeneratori che li ha resi più stabili, con una
manutenzione meno frequente (ogni 6 mesi circa) e con durata media di oltre 20 anni.
Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo assistito ad un’evoluzione costruttiva che ha
permesso l’introduzione sul mercato di aereogeneratori ad asse verticale che hanno
delle caratteristiche di durata superiori ai classici generatori a tre pale.
In generale nel quinquennio 2004-2008 il numero d’impianti è più che raddoppiato
con un tasso di crescita annuo del 19%. Si prevede, inoltre, un ulteriore sviluppo di
impianti eolici di piccole dimensioni derivato da aggiornamenti normativi che prevedono
un incentivazione più consistente. Infatti, per gli impianti eolici entrati in esercizio in
data successiva al 31 dicembre 2007, di potenza nominale non superiore agli 0,2 MW
l’energia riconosciuta all’intervento effettuato immessa nel sistema elettrico può essere
incentivata, con una tariffa onnicomprensiva di 30 €/Cent al kWh per un periodo di 15
anni.
Restano comunque in vigore le incentivazioni derivanti dai certificati verdi che
sono dei titoli negoziabili corrispondenti a un quantitativo di emissione di anidride
carbonica. I certificati verdi possono essere rivenduti ad aziende o enti o nazioni che non
utilizzano fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica, migliorando il bilancio
ambientale globale. Nelle pagine successive, nella sezione che si occupa
dell’incentivazione degli impianti da fonti rinnovabili, verrà approfondito il concetto di
certificado verde e certificato bianco, evidenziandone le differenze e le peculiarità.
1.2.3 Gli Impianti fotovoltaici
Un modulo fotovoltaico trasforma direttamente l’energia solare in energia elettrica
sfruttando l’effetto fotovoltaico caratteristico di alcuni materiali presenti in natura tra cui
il silicio. Questi semiconduttori, se colpiti da radiazione luminosa generano elettricità.
L’elemento base di un modulo fotovoltaico è la cella che ha una potenza variabile tra 1 e
2 Watt. Un modulo può contenere decine di celle collegate in serie e a sua volta essere
collegato in serie o parallelo con altri moduli, formando un generatore che può avere le
dimensioni di pochi kWp fino a generatori di più MWp.
L’unità di misura degli impianti fotovoltaici è il Wp (Watt Peak). Il Wp è la
producibilità di una cella alle condizioni standard di laboratorio (STC - Standard Test
Condition) cioè ad una temperatura di 25°C, con un irraggiamento di 1000 W/m2. Il Wp
suddivide anche le classi di moduli a seconda del rendimento, si possono trovare sul
mercato moduli da 10 Wp fino a 300 Wp.
I moduli che formano il generatore devono avere un’esposizione corretta
all’irraggiamento solare al fine di produrre energia in maniera ottimale. Nel nostro paese
i moduli hano la massima produzione se orientati verso Sud con un’inclinazione di circa
30°. La resa per ogni kWp installato dipende dalla latitudine, da Nord a Sud dell’Italia
oscilla tra da i 1000 kWh ai 1400 kWh.
Un kWp richiede una superficie netta, a seconda della tecnologia, tra gli 8 e i 10
2
m .
L’installazione di un impianto fotovoltaico può avvenire su superfici piane, come
appezzamenti di terra o su superfici inclinate come tetti, facciate o pareti.
Per ogni tipologia d’installazione esistono delle strutture di sostegno fisse o mobili.
Le strutture mobili, detti inseguitori, sono in grado di seguire il sole al fine di mantenere
la superficie dei moduli sempre ortogonale rispetto ai raggi.
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Figura 1.6: Schema di collegamento di un impianto fotovoltaico solari.
I moduli producono corrente continua che, per essere immessa in rete, necessita
di un convertitore statico (inverter). L’inverter trasforma la corrente continua in
alternata alla tensione di rete e permettono l’immissione di energia sulla rete elettrica
esistente. E’ possibile utilizzare un impianto fotovoltaico senza disporre di una rete
elettrica, utilizzando degli accumulatori di corrente.
Tale tipologia di impianto è chiamato ”impianto ad isola” e viene utilizzato in zone
dove non è presente una rete elettrica.
1.2.3.1 Storia della tecnologia fotovoltaica
Durante l’anno 1839 un fisico francese, Edmond Becquerel si accorse dell’effetto
fotoelettrico mentre faceva esperimenti con una soluzione elettrolitica e due elettrodi
metallici. Si accorse che l’esposizione alla luce alterava la corrente tra gli elettrodi. Fu
poi nel 1876 che William Grylls Adams e Richard Evans Day si accorsero delle proprietà
fotoelettriche del selenio. Anche se il selenio aveva un efficienza molto bassa e fu
sostituito con celle al silicio, Adams provò che un materiale allo stato solido poteva
convertire la luce in elettricità segnando un notevole passo avanti alla ricerca. Charles
Fritts, inventore americano, nel 1883 sviluppò la prima cella solare accoppiando un
materiale conduttore con un sottile strato d’oro. La cella aveva un’efficienza pari all’1%.
Russell Shoemaker Ohl è stato un ingegnere americano riconosciuto a livello
internazionale come autore del brevetto per le moderne celle solari. Egli fu un noto
ricercatore sul comportamento di alcuni cristalli, ha lavorato negli anni ’30 all’AT&T Bell
Lab. Nel 1939 ha scoperto la barriera PN chiamata ”P-N junction” alla base delle
moderne celle fotovoltaiche. La sua ricerca sui cristalli e sui diodi lo portò a sviluppare la
prima cella solare al silicio.
Nel 1954, tre ricercatori americanti, Gerald Pearson, Calvin Fuller e Daryl Chapin,
progettarono una cella al silicio capace di un’efficienza di conversione pari al 6% con
luce solare. Crearono un array di diverse strisce di silicio, ciascuna delle dimensioni di
una lama di rasoio, le posizionarono alla luce diretta del sole, facendo in modo che
producesse energia elettrica. Crearono quindi il primo modulo fotovoltaico, la cui
conseguenza sul mercato fu un prototipo di batteria a celle solari annunciata nel 1955
dai laboratori Bell.
1.2.4 Incentivazione degli impianti da fonti rinnovabili
L’italia ha recepito la direttiva Europea per l’incentivazione da fonti rinnovabili in
modo da ottemperare agli obiettivi del protocollo di Kyoto. L’art. 2 del Dlgs 387/03
identifica le fonti energetiche rinnovabili in “le fonti energetiche non fossili (eolica,
solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica,
gas residuati dai processi di depurazione e biogas). In particolare, per biomasse si
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intende: “la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura
(comprendente sostanze vegetali e animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie
connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.”
L’incentivazione e sviluppo delle fonti rinnovabili prevede il rilascio dei certificati
verdi e una tariffa omnicomprensiva per impianti infieriori ad 1 MW.
La tariffa omnicomprensiva è applicabile agli impianti entrati in esercizio a partire
dal 1 Gennaio 2008 di potenza elettrica non superiore a 0,2 MW per gli impianti eolici e
non superiore ad 1 MW per gli altri impianti.
Ai sensi dell’articolo 2, comma 144, tabella 3 della Legge Finanziaria 2008 e
dell’articolo 3 comma 1 del DM 18/12/2008 gli impianti fotovoltaici non possono
accedere alla tariffa omnicomprensiva ma si applicano gli incentivi descritti nel DM
19/02/2007 detti ”Conto Energia Fotovoltaico”.
1.2.4.1 Conto Energia
Il meccanismo del Conto Energia ha avuto una prima emanazione nel 28 luglio
2005 mentre è attualmente regolato dal DM del 19/02/2007.
Il Conto Energia incentiva l’energia elettrica prodotta agli impianti fotovoltaici per
un periodo di 20 anni. La produzione viene calcolata installando un contatore di
produzione a monte delle utenze e collegato direttamente all’uscita degli inverter.
Al momento del collegamento dell’impianto viene riconosciuta una tariffa che varia
in base all’integrazione architettonica. Se l’integrazione architettonica è totale la tariffa è
del 5% superiore rispetto ad un impianto fotovoltaico complanare al tetto. Gli impianti a
terra o la cui inclinazione e orientamento si discostino dalla superficie del tetto hanno
una tariffa remunerativa minore.
Questo meccanismo tende ad incentivare lo smaltimento dell’amianto
riconoscendo una tariffa superiore del 5% in caso di rimozione della copertura in
amianto e installazione dell’impianto fotovoltaico. Inoltre, scuole, enti sanitari e pubblici
possono beneficiare di un ulteriore 5% d’incentivazione.
Considerando la radiazione annuale, l’efficienza e la durata di un impianto
fotovoltaico il Conto Energia ammortizza il costo di un impianto fotovoltaico dai 5 ai 10
anni, remunerando il soggetto responsabile dell’impianto per i successivi 10 anni. Da un
punto di vista fiscale il ricavo del Conto Energia, per un privato, non si cumula al reddito
dato che è considerato un incentivo a fondo perduto. L’azienda, invece, detrae
annualmente una quota d’ammortamento pari a circa il 9% e porta l’acquisto
dell’impianto a credito IVA. L’incentivazione del Conto Energia prescinde dal risparmio
energetico o dall’utilizzo che se ne fa. E’ un meccanismo di copertura dell’investimento
che ha lo scopo di mantenere in esercizio gli impianti fotovoltaici più a lungo possibile.
1.2.4.2 Certificati Verdi
I certificati verdi sono titoli negoziabili per l’incentivazione da fonti rinnovabili che
corrispondo ad una quantità definita di emissioni di anidride carbonica. E’ una
quantificazione del risparmio di un impianto da fonti rinnovabili (solare, eolico etc..)
rispetto ad uno da fonti fossili (petrolio, gas, carbone) espressa come quantità di
anidride carbonica evitata.
Il gestore dell’impianto richiede un certificato verde dal GSE (Gestore Servizi
Energetici) che può rivendere ad industrie o attività che dovrebbero utilizzare delle fonti
rinnovabili ma non lo fanno.
I certificati verdi sono stati introdotti a seguito della liberalizzazione del settore
elettrico. Essi permettono alle imprese che non possono produrre il 2% di fabbisogno di
energia da fonti rinnovabili di rispettarne l’obbligo acquistando i certificati presso la
borsa del GSE fino a raggiungere il 2% della propria produzione. Tale quota si
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incrementa dello 0,35% dal 2004. I certificati verdi possono essere accumulati e venduti
successivamente al rialzo a causa della domanda di mercato.
Questo meccanismo crea un mercato di titoli energetici che possono essere
scambiati incrementando i profitti per quelle aziende che riducono i gas inquinanti
utilizzando il meccanismo del libero mercato. Il meccanismo d’incentivazione può essere
calibrato in modo da poter sviluppare alcuni settori invece che altri in modo da poter
evitare conseguenze derivanti dalla degradazione del territorio o di paesaggi di valore
storico culturale per l’installazione selvaggia diurna determinata tipologia di impianti.
Inoltre il meccanismo dei certificati verdi deve essere valutato come una parte dei
meccanismi d’incentivazione delle fonti rinnovabili e per l’ottimizzazione delle risorse
energetiche del paese.
1.2.4.3 Certificati Bianchi
I certificati bianchi sono un titolo che attesta il risparmio energetico. I distributori
di energia elettrica e gas hanno il diritto di ricevere un certificato bianco al momento del
raggiungimento del risparmio equivalente ad una tonnellata di petrolio. Per far questo
intervengono attraverso la cogenerazione o attraverso misure di promozione rivolte agli
utenti finali e che abbiano lo scopo di diminuire il consumo energetico. Ogni certificato
equivale a 100 euro per 5 anni e ha la conseguenza di far risparmiare ai consumatori
fino a 800 euro l’anno.
Dato che il meccanismo funziona e negli ultimi anni ha dato dei risultati superiori
alle previsioni è logico pensare che saranno fissati obiettivi più ambiziosi di risparmio
energetico al 2012 che potrebbero arrivare a circa 5 milioni di tonnellate equivalenti di
petrolio riducendo le emissioni di anidride carbonica di 13 milioni di tonnellate pari alle
emissioni di 6 milioni di auto. Questo strumento permette di avvicinarci
considerevolmente all’obiettivo fissato per l’accordo di Kyoto.
1.2.5 Lo Scambio sul Posto: risparmio sulle spese energetiche
Con il termine di ”Scambio sul Posto” si identifica la possibilità di un utente di
produrre e utilizzare l’energia autoprodotta connettendola al proprio impianto elettrico.
L’energia prodotta attraverso fonti rinnovabili viene collegata in parallelo alle utenze in
bassa tensione.
Dato che l’energia prodotta localmente viene immessa ad una tensione di poco
superiore alla tensione di rete, questa ha la priorità sull’assorbimento delle utenze.
Tramite questo meccanismo si ottiene un considerevole risparmio energetico
derivante dal mancato prelievo di energia per i propri bisogni dalla rete elettrica.
L’energia prodotta in eccesso viene poi ceduta alla rete e conteggiata tramite un
apposito contatore. Il GSE remunera l’immissione in rete corrispondendo una tariffa per
ciascun kWh immesso. L’assorbimento da rete quindi avviene esclusivamente per carichi
superiori rispetto alla produzione istantanea o nelle ore di fermo del generatore.
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Figura 1.7: Collegamento di un generatore fotovoltaico per lo scambio sul posto
Tale meccanismo di collegamento incentiva il consumo istantaneo dell’energia
prodotta dal generatore mentre risulta poco conveniente la cessione alla rete e il
successivo rimborso per ciascun kWh immesso dato che il prezzo di cessione risulta
pesantemente inferiore a quello di acquisto.
1.2.6 Ottimizzazione dei consumi rispetto alla produzione
Per sua natura l’energia prodotta da fonti rinnovabili non è totalmente prevedibile
quindi il concetto dell’utilizzo sfruttando al massimo l’erogazione di energia dalla fonte
nell’istante di produzione permette un risparmio generale sia per l’utente che per il
gestore di rete il quale non è costretto a sostenere i costi di dispacciamento e le relative
perdite di potenza.
Tabella 1.1: Percentuale di consumo in tariffa fascia bassa e tariffa fascia alta di
un’abitazione.
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Se poi individuiamo esclusivamente impianti di media piccola entità quindi inferiori
ai cento kilowatt possiamo considerare l’ottimizzazione dello scambio sul posto come il
miglior meccanismo di risparmio energetico. A tale affermazione possono seguire degli
esempi di conferma. Ipotizziamo, com’è nella stragrande maggioranza dei casi,
un’abitazione che consuma energia e le viene tariffata secondo due fasce, la fascia alta
dalle ore 8.00 alle ore 19.00 e la fascia bassa dalle 19.00 alle 8.00.
A seconda dell’utilizzo dell’energia il costo totale annuo della spesa elettrica può
variare dal dieci al venti per cento meno se si ottimizzano i consumi nella fascia più
conveniente di utilizzo. Se inseriamo poi una fonte di energia rinnovabile, quindi per sua
natura non prevedibile, allora possiamo ancora di più rendere conveniente l’utilizzo
dell’energia prodotta da tale fonte ottenendo dei risparmi superiori al settancinque per
cento, come da tabella.
Tabella 1.2: Percentuale di risparmio con scambio sul posto da fonte rinnovabile
Le tabelle indicano chiaramente come l’utilizzo delle fonti rinnovabili nel momento
della produzione possa essere rilevante ai fini del risparmio energetico della singola
unità abitativa o artigianale. A tale proposito è stato effettuato uno studio per la
riduzione dei costi e l’ottimizzazione dei consumi da fonti rinnovabili tramite impianto
domotico.
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Capitolo 2
2. Introduzione alla rete elettrica in alternata
Comprendere l’alimentazione in C.A.
Come risulta possibile monitorare tutta l’energia consumata dagli apparecchi
collegati alla rete elettrica della casa?. Per capire come risulta possibile è utile conoscere
come gli apparecchi interagiscono con il sistema elettrico.
Non tutte le apparecchiature interagiscono con il sistema elettrico nello stesso
modo. In questo capitolo innanzitutto si discute dei carichi resistivi e come sia possibile
il calcolo del loro consumo. Si passa poi a discutere dei carichi reattivi e anche dei
carichi non lineari. Infine, si dimostrerà come si misura la direzione del flusso di
potenza, che è importante se l'energia viene generata e sia consumata.
2.1 Carichi resistivi
Le lampadine ad incandescenza, i boiller (scaldabagni elettrici), i ferri da stiro, le
cucine elettriche sono tutte apparecchiature abbastanza semplici che utilizzano tutta
l'energia fornita. Sono dei carichi resistivi “puri” il che significa che il loro assorbimento
di corrente è uguale alla tensione divisa per la resistenza (legge di Ohm). Un carico
puramente resistivo dà un'uscita d'onda di tensione e corrente simile al seguente:
Figura 2.1: Diagramma della Tensione, corrente, grafico di potenza con un carico puramente
resistivo
La linea gialla è la rappresentazione della potenza in un determinato momento (in
qualsiasi istante esprime la sua potenza istantanea) che è uguale al prodotto della
tensione e della corrente in un determinato momento. Si noti come la potenza è sempre
positiva in questo caso, la direzione positiva è l’energia che fluisce verso il “carico”
(resistenza dell’utilizzatore).
2.2 Parzialmente carichi reattivi
Tuttavia gli utilizzatori come i frigoriferi, le lavatrici, i trapani e le saldatrici ad
arco, non si comportano come semplici utilizzatori di tipo puramente resistivo perché
utilizzano un motore che può essere semplificato con una induttanza in serie ad un
resistore, quindi per questo tipo di apparecchiature non solo assorbono una certa
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quantità di energia, ma anche la rilasciano sulla rete di alimentazione. Questi hanno
carichi di tipo “induttivo” (ad esempio motori) o capacitivo (es. saldatrici ad arco) oltre
alla componente resistiva. Un carico parzialmente induttivo fornisce una
rappresentazione dell'onda di tensione e corrente simile alla seguente:
Figura 2.1: Diagramma della tensione, corrente, rappresentazione grafica della potenza con un
carico parzialmente reattivo.
Si noti come la linea gialla vada ora sul quadrante negativo per un certo periodo di
tempo, il verso della potenza assume un valore di energia positiva quando fluisce verso
il carico e assume un verso negativo quando l’energia rifluisce dal carico.
2.3 Potenza reale, potenza reattiva e potenza apparente.
Guardando sia i grafici della tensione, corrente e della potenza di cui sopra la
frequenza di rete della potenza assorbita varia dalle 50 alle 60 volte al secondo, con una
elevata precisione da parte del gestore pubblico (in Italia si ha una frequenza di 50 Hz).
Per gli esseri umani che non riescono a valutare la potenza con il cambiamento a
questa velocità e quindi necessario utilizzare un valore più adeguato per il calcolo della
potenza: la media delle potenze istantanee che viene denominata potenza reale (o
potenza attiva).
La potenza reale è spesso definita come la potenza utilizzata da un dispositivo
per la produzione di lavoro utile. Osservando il grafico sopra il quadrante positivo si nota
che la potenza viene scaricata sul carico dalla rete mentre nella parte negativa la
potenza viene fornita dal carico verso la linea di alimentazione. La potenza reale è quella
che è stata effettivamente utilizzata dal carico meno la potenza che torna alla linea.
La potenza reattiva è la misura del potenza che deve andare dal carico alla rete
elettrica.
Un'altra misura utile di potenza è il potenza apparente, che è il prodotto della
Root-Mean-Squared (RMS) della tensione per il valore RMS della corrente. Per carichi
puramente resistivi la vera potenza è uguale alla potenza apparente. Ma per tutti gli altri
carichi la potenza reale è inferiore alla potenza apparente. La potenza apparente è una
misura della potenza attiva e reattiva, ma non è la somma delle due, come la somma
delle due non tiene conto delle differenze di fase.
Relazione tra potere reale, reattiva e apparente per carichi sinusoidali IDEALI:
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Potenza reale = Potenza Apparente x cosΦ
Potenza Reattiva = Potenza Apparente x sinΦ
cosΦ è anche definito come “fattore di potenza”
Una nota su carichi non lineari
La relazione precedente, per il fattore di potenza, è valida solo per i carichi lineari
sinusoidali. La maggior parte delle forniture di alimentazione per i dispositivi portatili
come alimentatori in corrente continua (Direct Current = DC) esercitano un carico non
lineare sulla rete, il loro assorbimento di corrente spesso è simile a questo diagramma:
Figura 2.1: Diagramma della
tensione, corrente, rappresentazione
grafica della potenza con un carico
parzialmente reattivo.
Possiamo ancora calcolare Fattore di Potenza dalla seguente equazione:
Fattore di Potenza = Potenza Reale / Potenza Apparente
ma fattore di potenza = cosΦ non sarebbe corretto, dovrebbero essere aggiunte le
armoniche delle frequenze superiori.
Il valore del fattore di potenza misura quanto l'efficienza di alimentazione è
influenzata sia dalla fase di latenza φ e sia dal contenuto armonico della corrente di
ingresso.
2.4 Determinare la direzione del flusso di potenza.
Fino ad ora, in questo capitolo si è assunto che il carico stia consumando energia.
Se invece stiamo generando energia, allora la direzione dei flussi di corrente viene
invertita. Ma poiché la corrente è alternata, la direzione è comunque in retromarcia,
dalle 50 (o 60) volte al secondo. Abbiamo bisogno di un riferimento per confrontare la
direzione della corrente. Fortunatamente, abbiamo la forma della tensione. Nel
diagramma 1, le onde di tensione e di corrente salivano e scendevano insieme.
Quando la tensione è positiva (sopra l'asse x), allora la corrente era troppo
positiva, e quando la tensione è negativa (sotto l'asse x), allora la corrente era troppo
negativa.
La potenza è uguale al prodotto della tensione per la corrente e quindi la potenza
era sempre tutta positiva, quindi la curva di potenza è sempre sopra l'asse x nel
quadrante positivo.
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Se l’utilizzatore invece sta generando una potenza, la direzione della corrente
viene invertita rispetto a come era prima. Ora, quando la tensione è positiva (sopra
l'asse x), allora la corrente è negativa (sotto l'asse x), e quando la tensione è negativa,
allora la corrente è positiva. La potenza sempre negativa e tutta la curva della potenza è
sotto dell'asse x (quadrante negativo).
Figura 2.1: Diagramma della Tensione, corrente, grafico della potenza durante la generazione.
Il segno della potenza indica quindi se la potenza viene consumata o generata dal
circuito utilizzatore.
Ci sono parecchie variabili che possiamo misurare sui consumi energetici nei
sistemi di corrente alternata. Ognuno con i suoi usi. Per l'applicazione dei consumi di
energia famigliare la misurazione più utile è quella della potenza reale o attiva in quanto
è quella che fornisce quanta potenza tutti i vostri apparecchi sono in realtà si sta usando
di tutti i vostri apparecchi ed è ciò che la bolletta indica chiaramente.
2.5 I contatori
I contatori di potenza sono alcune volte denominati contatori di energia e
viceversa. Per definizione, la Potenza (attiva) è una misura di energia consumata per
ottenere un lavoro utile. Per esempio, una lampadina ad incandescenza (una normale
lampadina a bulbo) con una scritta stampigliata sul bulbo di 100W consumerà circa 100
watts di Potenza attiva per creare una sorgente luminosa (luce) e anche calore.
L’energia, per definizione, è la misura della quantità di lavoro che è necessario
consumare in un certo periodo di tempo. Nell’esempio della lampadina ad incandescenza
se viene mantenuta accesa per un’ora esatta, essa consumerà:
100 W * 3600 secondi (1 ora = 3600 secondi) = 360000 Ws (watt al secondo) =
100 Wh (watt all’ora) = 0,1 kWh (kilowatt all’ora) di energia.
I contatori della luce sono denominati anche contatori di potenza o contatori di
energia o contatori di kilowatt.
L’uscita dell’impulso di energia (Energy Pulse = EP) è una indicazione reale della
Potenza attiva assorbita dal carico, che viene registrata dal contatore, la cui frequenza
di aggiornamento dell’impulso (può essere: luminoso, con contatto a relè o con uscita
seriale compatibile con i principali standard RS485, etc) è direttamente proporzionale
alla potenza attiva.
Per esigenze di memorizzazione, il contatore normalmente include almeno due
differenti impulsi in uscita per pilotare correttamente il display visualizzatore di
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conteggio raggiunto dei KW e normalmente esiste anche un semplice led indicatore che
lampeggia con una frequenza corrispondente alla Potenza attiva fornita all’utilizzatore.
Il valore di default è di 1000 (nelle abitazioni con contratto del contatore fino a
3KW) oppure 10000 impulsi per ogni kilowatt all’ora consumato, mentre il numero degli
impulsi generati per il display visualizzatore è di 100 impulsi per kilowatt all’ora.
2.5.1 Impariamo a conoscere il contatore elettronico
I contatori elettronici vengono installati dal fornitore locale di energia elettrica,
tipicamente si avrà AEM (Iride) oppure ENEL. Entrambi i gestori di energia hanno
avviato la sostituzione del vecchio contatore elettromeccanico da alcuni anni, che si
limitava a misurare i consumi di energia elettrica, con il nuovo contatore elettronico, che
possiede molte funzionalità in più.
Il nuovo contatore è parte di un sistema complesso, in grado di eseguire a
distanza la lettura dei consumi e le operazioni di gestione del contratto (attivazione,
variazioni, ...), rendendo più semplice, trasparente e rapido il rapporto tra gestore di
distribuzione ed i propri Clienti.
Figura 2.1: Tipico contatore della luce
I vantaggi del Contatore Elettronico
Il Contatore Elettronico consente di superare le rigidità del vecchio sistema,
garantendo significativi vantaggi per il Cliente.
Permette di gestire più razionalmente gli elettrodomestici e gli apparati elettrici.
Sullo schermo a cristalli liquidi è possibile ad esempio:
• controllare i consumi del periodo di fatturazione in corso e di quello precedente;
• conoscere in ogni momento l’effettiva potenza assorbita dagli elettrodomestici e
dagli apparati elettrici. Ogni due minuti, infatti, il contatore registra ed aggiorna
automaticamente i chilowatt (kW) assorbiti;
• leggere la potenza massima assorbita;
• verificare il motivo dell’eventuale scatto del limitatore mediante la lettura di
messaggi esplicativi.
Rende possibili varie offerte commerciali differenziate:
la flessibilità del contatore elettronico apre la strada a nuove tariffe, differenziate
in base alle varie modalità di consumo.
Inoltre, non appena riceverà la comunicazione in bolletta relativa all’attivazione
della telegestione, sarà possibile:
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• avere la bolletta calcolata sulla base dei consumi effettivi e puntualmente
registrati, senza più ricevere bollette di acconto o conguaglio e senza più dover
comunicare la lettura del contatore;
• ottenere rapidamente l’attivazione o la modifica del contratto con una semplice
telefonata al numero verde gratuito, senza interventi presso il Cliente.
Il contatore elettronico consente, per un tempo illimitato, il prelievo di una
potenza fino al 10% in più a quella sottoscritta a livello contrattuale.
Ad esempio: per un contratto tipico casalingo da 3 kW è possibile prelevare senza
limiti di tempo fino a 3,3 kW; se si superano i 3,3 kW viene data la possibilità di
prelevare fino a 4 kW per almeno tre ore; se si preleva una potenza superiore ai 4 kW,
l’interruttore scatta dopo due minuti.
2.5.2 Guardiamo insieme il Contatore Elettronico
Per prendere confidenza con le funzioni del contatore elettronico, si leggano queste
pagine e seguano le istruzioni interagendo con l’apparecchio.
Sul display
si trovano tante informazioni utili.
a destra.
Per ottenerle basta premere in sequenza il pulsante di lettura
Guardando sul display nell’angolo in basso a sinistra, appare sempre un’indicazione a cui
deve prestare attenzione:
se compare il simbolo L1 (o contemporaneamente L1, L2, L3 per il
contatore trifase), il contatore sta funzionando correttamente;
se compare il simbolo V!, e comunque c’è energia elettrica in casa, può
ignorare la segnalazione. Diversamente, in caso di mancanza di energia elettrica,
contattare gli operatori al Numero Verde di Segnalazione Guasti.
Gli indicatori di consumo
al display.
sono quelle due piccole luci (led), poste a sinistra accanto
Quando lampeggiano, c’è consumo di energia elettrica.
Quando sono entrambe accese e fisse, non c’è consumo da almeno venti minuti.
L’interruttore
si trova in basso al centro. Serve per interrompere o riattivare
l’alimentazione di energia elettrica.
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Figura 2.1: Tipico contatore della
luce
Attenzione: come per il precedente contatore, l’interruttore non sostituisce i dispositivi
di sicurezza, come ad esempio la protezione differenziale, previsti dalla normativa
vigente (legge 46 del 5/3/1990 “Norme per la sicurezza degli impianti” e relativi
regolamenti di attuazione). Non sostituisce, inoltre, i dispositivi di sezionamento,
protezione e manovra previsti dalla normativa tecnica vigente (norma CEI 64-8).
L’interfaccia ottica
posta in alto e sotto il pulsante di lettura è riservata ad
eventuali interventi dell’operatore autorizzato.
I dati di targa
indicano le caratteristiche del contatore ed il nome del
costruttore.
Per riconoscere la tipologia di contatore installato si può leggere la seguente
dicitura:
• GISM per il contatore monofase, prevalentemente in uso presso le abitazioni;
• GIST per il contatore trifase, prevalentemente utilizzato nelle forniture per usi diversi
dalle abitazioni.
2.5.6 Il display e le funzioni del contatore
Premendo in sequenza il pulsante di lettura, può visualizzare facilmente sul display una
serie di informazioni utili.
Ad esempio:
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Figura 2.1: Indicazione disponibili sul contatore
NOTE
1. La prima visualizzazione riporta il codice della tariffa applicata al contratto, mentre le
visualizzazioni successive riportano la descrizione della tariffa stessa.
2. La potenza istantanea. Il valore indicato sul display viene calcolato e aggiornato
automaticamente ogni due minuti.
3. La lettura del periodo di fatturazione corrente e precedente. Se in sequenza appaiono
le sigle A2 e A3 il contratto è a tariffa bioraria; la sigla A2 indica la lettura in kWh
dell’energia utilizzata nelle ore a maggior costo e la sigla A3 indica la lettura in kWh
dell’energia utilizzata nelle ore a minor costo.
4. La potenza massima del periodo di fatturazione corrente e precedente. Si tratta di un
valor medio calcolato in un intervallo di 15 minuti e viene aggiornato ogni quarto d’ora
se il valore è superiore al precedente. Se in sequenza appaiono le sigle P2 e P3 significa
che il contratto è a tariffa bioraria; la sigla P2 indica la potenza massima in kW nelle ore
a maggior costo e la sigla P3 indica la potenza massima in kW nelle ore a minor costo.
Ulteriori segnalazioni in caso di supero della potenza disponibile.
Il contatore elettronico, superata la potenza disponibile, effettua delle verifiche al
2°, al 92° e al 182° minuto e visualizza le seguenti informazioni:
• Dopo due minuti “RIDURRE CARICO SUPERO POTENZA PER PIU’ DEL XX%”
• Dopo 92 minuti “ RISCHIO DISTACCO SUPERO POTENZA PER PIU’ DEL XX%”
Se l’interruttore scatta, il valore di potenza istantanea letto sul display non è
quello che ha causato l’interruzione della fornitura.
Dopo lo stacco, ovvero dopo 182 minuti, sul display viene evidenziato il
messaggio: “DISTACCO IMPOSTO SUPERO POTENZA PER PIU’ DEL XX%”.
Questo messaggio scompare quando l’interruttore viene riattivato.
2.6 Il contatore bidirezionale.
Il contatore bidirezionale serve per misurare l’energia prelevata dalla rete e quella
immessa in rete.
Il contatore elettronico bidirezionale misura l’energia che viene prelevata e
immessa nella rete di fornitore di energia.
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Il contatore elettronico bidirezionale è riconoscibile:
• dalle due frecce poste sui dati di targa;
Figura 2.1: Targhetta di riconoscimento di un contatore bidirezionale
• dalle quattro icone presenti sul display che indicano il verso di percorrenza
dell’energia attiva, ossia le modalità di scambio energetico, e la relativa caratteristica
dell’energia reattiva (capacitiva o induttiva). Queste quattro icone appaiono sul display
solo una alla volta, mai contemporaneamente.
Figura 2.1: Display del contatore bidirezionale
Se appaiono le seguenti due icone
energia dalla rete del distributore.
significa che stai prelevando
Se appaiono le seguenti due icone
energia nella rete di del distributore.
significa che stai immettendo
Se si possiede un impianto per la produzione di energia elettrica (per esempio, un
impianto fotovoltaico) connesso in rete, premendo in sequenza il PULSANTE di lettura, si
può visualizzare facilmente sul DISPLAY una serie di utili informazioni.
In tal caso l’energia elettrica può essere prelevata dalla rete oppure immessa in
rete o autoconsumata.
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Capitolo 3
3.1 Introduzione al fotovoltaico
La società odierna dipende dall'impiego giornaliero di enormi quantità di energia
(circa 300TWh/giorno) che vengono principalmente estratte da combustibili fossili. Il
consistente consumo di tali risorse porterà ad una riduzione della disponibilità
innescando complesse dinamiche socio-politiche; a tutto ciò si devono necessariamente
associare gli effetti sulla qualità della vita dovuti alla massiccia emissione di CO2 ed altri
inquinanti nell'atmosfera.
Tra le varie fonti “rinnovabili" il fotovoltaico può contribuire alla generazione
distribuita di energia, con il beneficio di riduzione delle perdite legate al trasporto e al
peak shaving 1(Assorbimento di picchi di consumo) di rete. A tutto ciò va aggiunto il fatto che la
grande modularità dei sistemi fotovoltaici permette di adattarsi a diverse tipologie di
utenza, dai piccoli impianti domestici su tetto fino agli impianti a terra. La produzione di
energia da fonte solare è tra le fonti rinnovabili più pulite, in quanto le sue emissioni di
gas inquinanti sono nulle per tutto il periodo di vita dell'impianto.
Un importante valore intrinseco del fotovoltaico è quello di utilizzare delle aree che
non possono essere sfruttate per nessun altro ne, ad esempio superfici di discariche
dismesse o aree degradate da riqualificare.
La peculiarità di un impianto fotovoltaico è sicuramente legata all'elevato costo del
sistema; in Italia attualmente il costo di investimento di un impianto è stimabile in
5000-8000 euro per KWp a seconda delle taglie e del tipo di applicazione. Il costo totale
è dunque composto dalle seguenti voci: costi strutturali, ai quali vanno aggiunti i costi di
installazione e i costi tecnici.
L'acquisto dei moduli incide sulla spesa totale per il 50-70%, a seconda della
potenza dell'impianto, mentre la fase di progettazione e installazione vanno dal 15% per
gli impianti più piccoli al 5% per gli impianti di grande potenza.
L'inverter vale circa il 14% del totale mentre risulta assai difficile stimare il costo
delle strutture di sostegno dei moduli in quanto dipende da vari fattori quali il materiale
utilizzato, il luogo di installazione, la superficie di appoggio.
Ad ogni modo tale costo si può approssimare a circa il 10% del totale.
Il costo della manutenzione ordinaria, invece, risulta essere basso. Questa
tecnologia, infatti, non ha alcuna parte in movimento, così che non si ha usura di
nessuna apparecchiatura interna. Il costo annuo di manutenzione e gestione dunque si
aggira intorno allo 0,5% dell'investimento.
In definitiva dunque un impianto fotovoltaico ideale dovrebbe essere di facile
installazione (nel migliore dei casi non deve essere richiesta la presenza di un
installatore) e di controllo (utilizzando ad esempio una stazione di controllo in modalità
remota), affidabile e facile da riparare in caso di necessità (concetto che porterebbe alla
creazione di una rete globale di assistenza).
Per poter quindi ottenere i miglior benefici possibili, monitorare l'impianto diventa
necessario.
3.2 Il Fotovoltaico
Il fotovoltaico2(Il
termine fotovoltaico deriva dall'unione di due parole: “Photo" dal greco phos (Luce) e “Volt" da
Alessandro Volta, il primo a studiare il fenomeno elettrico. Quindi il termine fotovoltaico significa letteralmente: “Elettricità dalla
luce")
è la tecnologia che permette di produrre energia elettrica mediante la conversione
diretta della luce solare senza l'uso di combustibili e senza parti meccaniche in
movimento.[1]
Il silicio è il materiale più impiegato per la produzione di celle fotovoltaiche;
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nell'industria fotovoltaica viene utilizzato il silicio cristallino (sia mono che poli) e quello
amorfo. Nella forma cristallina gli atomi di silicio sono ordinati in maniera regolare,
mentre nell'amorfa sono distribuiti in maniera casuale.
La più piccola unità che consente di trasformare direttamente la luce del sole in
energia elettrica è la cella fotovoltaica, costituita da un materiale semiconduttore
opportunamente trattato e di spessore molto sottile (200 -350 µ).
La cella fotovoltaica è sostanzialmente un diodo, cioè una giunzione PN tra due
semiconduttori P ed N. I fotoni presenti nella radiazione luminosa separano gli
“elettroni" dagli atomi di silicio, formando le \lacune". Gli elettroni sono carichi
negativamente e le lacune sono cariche positivamente; le coppie elettrone - lacuna,
create per effetto fotoelettrico, migrano nel campo elettrico della giunzione e generano
in un circuito esterno la corrente elettrica.
La cella fotovoltaica è anche detta foto-pila o batteria solare.
Le tipologie di celle fotovoltaiche più comuni sono:
silicio monocristallino: presentano un'efficienza del 16-17%; sono abbastanza
costosi e, venendo estratti da lingotti cilindrici, è improbabile riuscire a ricoprire
superfici estese senza sprecare materiale o spazio.
silicio policristallino: sono celle più economiche ma con un'efficienza più bassa
(15-16%) che però hanno il vantaggio della facilità con cui è possibile tagliarle in
forme adatte per essere unite in moduli.
Figura 3.1: Cella fotovoltaica
silicio amorfo: le celle così fatte presentano una bassa efficienza (circa 8%) ma
sono molto più economiche da produrre.
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Ovviamente la tipologia di cella da scegliere dipende, oltre che dal costo anche dalle
condizioni di esposizione alla luce solare. Considerando la tipologia cristallina per
ottimizzare la produzione elettrica è necessario che la cella sia orientata verso sud e
inclinata opportunamente verso lo zenit3(Queste due condizioni sono quelle che caratterizzano l'irraggiamento
diretto)
. Va da sè che, qualora queste due condizioni non siano soddisfatte (ovvero con la
componente preponderante di luce di usa) è consigliabile l'utilizzo del silicio amorfo che
ha il vantaggio di un costo industriale inferiore. Si può dunque dire che il silicio
cristallino lavora meglio in condizioni di luce diretta, mentre l'amorfo funziona meglio
con luce di usa.
Essendo inoltre differenti i tassi di conversione dell'energia fotonica in energia
elettrica a seconda del materiale usato appare chiaro che per ottenere un kilowatt di
potenza sia necessaria una quantità inferiore di silicio cristallino che non di amorfo. In
termini di spazio occupato si può affermare che per un kilowatt di potenza con il
monocristallino serve una superficie di 8 mq, con il policristallino di 9 mq e con l'amorfo
di 16 mq.
Il modulo (o pannello) è il componente elementare di un generatore fotovoltaico,
formato da più celle collegate tra loro in modo da ottenere valori di tensione e corrente
adatti ai comuni impieghi.
Nel modulo le celle sono protette dagli agenti atmosferici da un vetro e sul lato
posteriore da materiali isolanti e plastici. Il numero massimo di celle contenute in un
modulo è limitato soprattutto dalla necessità di avere moduli facilmente maneggiabili. Il
peso e le dimensioni di un modulo devono essere tali da permettere il montaggio anche
in condizioni difficili e con poche persone. I moduli oggi più comuni in commercio hanno
una potenza di picco4(Il termine “potenza di picco" indica la massima potenza che la cella fotovoltaica genera in
condizioni di lavoro ottimali. Tale grandezza viene indicata con l'unità di misura Wp ed esprime la potenza elettrica generata (in
Watt) in condizioni standard. Infatti, la potenza di picco viene definita in base a delle condizioni di funzionamento standard, le quali
corrispondono ad irraggiamento di 1.000 W/m2 e ad una temperatura della cella di 25°C.)
compresa tra gli 80 e i 300
W. Per calcolare, quanti moduli occorrono per un impianto si divide il numero dei Watt
richiesti per il valore di picco del modulo scelto (Es: 1.000 Wp : 175Wp = 5,71 moduli, il
che significa che ci vorranno 6 moduli con potenza di picco 175 Wp).
La tensione generata da una singola cella risulta essere troppo piccola per essere
praticamente sfruttata.
Vengono quindi connesse in serie più celle per ottenere la tensione desiderata e
montate su un’intelaiatura che conferisca rigidità all’insieme. Un particolare vetro
antiriflesso viene sovrapposto alle celle e sigillato per tutto il suo perimetro in modo che
l’insieme sia protetto dagli agenti atmosferici.
Questo è il “Modulo Fotovoltaico”, cioè l’unità minima di un impianto in grado di
generare energia elettrica a tensione sfruttabile.
Generalmente i moduli sono costituiti da 36 celle connesse in serie per una tensione
risultante di circa 18V.
Quasi sempre sul retro di ogni modulo, vi è la cassetta di terminazione dotata di
coperchio stagno.
All’interno vi sono i morsetti per prelevare la tensione e i diodi di BY-PASS.
Lo scopo di questi diodi e di evitare il danneggiamento delle celle in caso di
malfunzionamento. Infatti, se una cella che compone il modulo viene ombreggiata e le
terminazioni del modulo si trovano in cortocircuito (ad esempio se il regolatore di carica
è entrato in funzione) o la tensione è molto bassa, la cella oscurata si trova ad essere
polarizzata inversamente con una tensione uguale alla tensione a vuoto di tutta la serie
formata dalle celle rimanenti.
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In questo caso, in mancanza dei diodi di by-pass, la cella si troverebbe a dover
dissipare la potenza generata dalle rimanenti celle del modulo con conseguente
danneggiamento.
Cerchiamo di chiarire meglio il concetto.
Supponiamo per semplicità, che il modulo sia composto da solo 2 celle, che
chiameremo A e B.
Figura 3.2: Due celle
fotovoltaiche collegate in serie
Queste celle, se investite da radiazione solare, si comportano come dei generatori
di elettricità e ai loro capi si sviluppa una determinata tensione che, all’uscita del
modulo, sarà di valore doppio poiché si trovano collegate in serie tra di loro.
Quando invece NON sono investite da radiazione solare NON generano elettricità
e, avendo una loro resistenza interna, si comportano come un qualsiasi carico.
Se all’uscita del modulo (investito dal sole), formato dalle celle A e B, inseriamo un
carico C, quest’ultimo sarà attraversato da una corrente che scorrerà dal - al + (senso
reale e non teorico).
Figura 3.3: Due celle
fotovoltaiche collegate in serie
al carico
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Supponiamo ora che la cella A venga oscurata mentre la B continua ad essere
investita dal sole.
In questo caso la cella B continua a comportarsi come un generatore. mentre la A
non è altro che un carico che si trova in serie al carico C collegato al modulo
Figura 3.4: Due celle
fotovoltaiche collegate
in serie al carico con
singola cella oscurata
e quindi la corrente generata dalla cella B attraverserà il carico collegato al modulo e il
carico rappresentato dalla cella A.
Se il carico C è molto elevato (resistenza molto bassa) o addirittura un
cortocircuito, tutta l’energia prodotta dalla cella B dovrà essere dissipata dalla cella A,
che si danneggerebbe irrimediabilmente!
A questo inconveniente si può ovviare mettendo in parallelo alle celle dei diodi
polarizzati in senso di NON conduzione.
Considerando il senso reale della corrente, i diodi conducono solo quando il catodo
è negativo rispetto all’anodo.
Figura 3.5:
Due celle
fotovoltaiche
collegate in
serie al carico
con singola
cella oscurata
In una situazione normale (insolazione su tutte le celle) è come se i diodi non ci
fossero (infatti si trovano ad essere NON polarizzati in senso di non conduzione), ma se
una delle due celle fosse oscurata, la corrente generata da quella ancora attiva NON
attraverserà più l’altra cella, ma scorrerà nel diodo in parallelo ad essa, cioè sarà
BYPASSATA.
In realtà nella cella oscurata passerà ancora una debole corrente, ma il suo valore
sarà del tutto trascurabile.
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Figura 3.6: Due celle
fotovoltaiche collegate
in serie con diodi di “BYPASS”
È ovvio che se al posto della cella A venisse oscurata la cella B, quest’ultima
sarebbe bypassata dal diodo D2.
Il caso che il carico C diventi un cortocircuito, si può verificare quando la batteria
ha raggiunto la sua carica completa e il regolatore di carica, di tipo parallelo, è entrato
in funzione cortocircuitando l’uscita del modulo.
In questa situazione, le celle ombreggiate verrebbero danneggiate se il modulo
fotovoltaico fosse privo dei diodi di by-pass.
Nella realtà, salvo qualche caso (ad esempio nei moduli composti da celle di silicio
amorfo a tripla giunzione che hanno un diodo per ogni cella), i diodi di by-pass sono due
e ciascuno si trova in parallelo ad una metà di celle che compongono il modulo.
Se una qualsiasi cella del gruppo A viene ombreggiata, il diodo Dl bypassa l’interno
gruppo A. mentre se viene ombreggiata una cella del gruppo B sarà il diodo D2 a
bypassare l’intero gruppo B.
Figura 3.7: Serie di celle fotovoltaiche
(stringa) con diodo di protezione
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Figura 3.8: Serie di celle
fotovoltaiche (stringa)
con diodo di protezione
Ogni modulo fotovoltaico è caratterizzato dai seguenti parametri:
Nc = numero di celle
Pmax = potenza massima (Wp)
Vmax = tensione alla massima potenza (V)
Imax = corrente alla massima potenza (A)
Voc = tensione a vuoto (V)
Isc = corrente di cortocircuito (A)
I valori relativi a questi parametri si riferiscono alla condizione STC (Standard Test
Condition) che sono:
IRRAGGIAMENTO 1 KW/m2 = 100mW/cm2
TEMPERATURA
25°C
AIR MASS
1,5
Figura 3.9: Composizione spettrale
della luce solare con attenuazione
atmosferica AM 1,5
Collegando tra di loro più moduli si ottiene il PANNELLO FOTOVOLTAICO, cioè
l’insieme dei moduli capaci di produrre la potenza richiesta alla tensione stabilita,
Generalmente i moduli hanno una tensione nominale di 12V per cui, collegandoli in
serie si ottiene una tensione multipla di 12 con uguale corrente, ma essendo aumentata
la tensione anche la potenza aumenta.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Collegandoli in parallelo la tensione resta invariata, ma le correnti si sommano,
per cui anche la potenza aumenta.
In entrambi i casi la potenza risultante è uguale alla somma delle potenze dei
singoli moduli fotovoltaici.
Più moduli collegati in serìe si definisce STRINGA.
Per ottenere la potenza richiesta alla tensione voluta si collegano più stringhe in
parallelo.
Nei collegamento in parallelo, siano moduli o stringhe, occorre sempre inserire un
DIODO DI BLOCCO per ogni unità.
Lo scopo di questo diodo è di impedire che, qualora l’erogazione dei singoli moduli
o stringhe non sia bilanciata, gli squilibri di tensione tra le unità possano provocare del
ricircoli di corrente verso quelle a tensione minore. Inoltre, questo diodo, serve ad
evitare che una eventuale batteria collegata all’uscita del pannello o modulo fotovoltaico
possa scaricarsi su quest’ultimo nei periodi di oscuramento o mancanza di insolazione
(es. la notte).
Questo diodo deve essere di tipo SCHOTTKY per avere una minima caduta di
tensione.
Figura 3.10:
Esempio di
collegamento
parallelo di 3
moduli
M1 = 12V – 40W
M2 = 12V – 40W
TOTALE STRINGA = 24V – 80W
Figura 3.11: Esempio di collegamento
serie di 2 moduli “STRINGA”
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M1
M2
M3
M4
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=
=
=
=
12V
12V
12V
12V
–
–
–
–
30W
30W
30W
30W
TOTALE STRINGA = 24V – 120W
Figura 3.12: Esempio di collegamento
serie e parallelo di 4 moduli “STRINGA”
I dispositivi LVD sono molto utili per il controllo di carichi medio-piccoli. Una tipica
applicazione è quella della gestione di un impianto luci. Se queste vengono dimenticate
accese, naturalmente, la batteria inizia a scaricarsi ma, raggiunta la tensione di
“guardia” di 10,6 V, il carico viene disattivato salvando così l’efficienza della batteria.
Appena la tensione sale e raggiunge i 12,6 V, il carico viene nuovamente inserito.
Un dispositivo del genere può essere inserito tra BATTERIA e CARICO (impianto
luci) in quegli impianti dove il regolatore di carica ne è sprovvisto.
In figura è illustrato lo schema di un dispositivo LVD.
L’elemento che funge da interruttore per DISINSERIRE o INSERIRE il carico è un
MOS-FET di potenza dalle cui caratteristiche dipende la corrente controllabile.
Ad esempio, con un IRFZ34N si possono controllare correnti fino circa a 10A.
mentre con I’IRFZ44N si può arrivare anche a 20°. In entrambi i casi, se vengono
utilizzati per correnti elevate (vicine a quelle citate) occorre applicargli un buon
dissipatore.
La scelta del MOS-FET dovrà cadere comunque su quelli a canale N del tipo A
RIEMPIMENTO, con resistenza diretta piccolissima (inferiore a 60 mOhm). Il componente
IRFZ44N, ad esempio, ha una resistenza diretta di circa 22 mOhm.
Come elemento di controllo e comparazione viene utilizzato un normalissimo 555.
Anche se ciò può apparire strano, occorre tener presente che questo integrato è
composto da due comparatori ed un flip—flop. cioè tutto il necessario per il buon
funzionamento di tutto il sistema!
Il circuito integrato IC1 garantisce una tensione stabile per le funzioni di IC2 (555)
anche se la tensione di batteria subisce, ovviamente, delle variazioni.
Agli ingressi esterni dei due comparatori (pin 2 e 6 viene applicata la tensione di
batteria che, durante le fasi di scarica e carica subisce delle variazioni.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Quando questa tensione supera i 12,6 V l’uscita del flip—liop ( pin 3) è bassa (0V).
Il LED VERDE si illumina, il transistor Q1 è interdetto, per cui al collettore si avrà la
tensione di batteria che applicata al gate di Q2 lo fa entrare in conduzione collegando il
carico alla batteria.
Quando invece la tensione della batteria scende a 10,6 V, l’uscita del flip—flop (pin
3 diventa alta (circa 7,5V). In queste condizioni il LED VERDE si spegne e si illumina
quello rosso, il transistor Q1 entra in conduzione e la tensione al suo collettore, e quindi
al gate di Q2, va a 0. Il MOS—FET non conduce più disconnettendo perciò il carico della
batteria.
Tramite i due trimmer si regolano le soglie dì intervento.
Figura 3.13: Regolatore di
carica per impianti
fotovoltaici 12V – 40W
Quindi continuando l'analisi dei componenti di un impianto, si ha il generatore
elettrico, cioè l'insieme di alcuni moduli che permettono di fornire l'energia elettrica
richiesta. I moduli possono essere connessi in serie o in parallelo.
Collegandoli in serie si ottiene la cosiddetta “stringa”, mentre se vengono connessi
in parallelo formano il Generatore Fotovoltaico.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Figura 3.14: Campi fotovoltaici
Ciascuna stringa deve essere provvista di un diodo di blocco. Le stringhe vengono
collegate in parallelo ad un quadro di campo collegato a sua volta ad un gruppo di
conversione detto “inverter" che trasforma la corrente continua prodotta dai moduli in
corrente alternata. Il quadro di parallelo, il sistema di conversione ed il quadro di
consegna devono essere dotati di tutte le protezioni ai vari livelli richieste dalle norme di
sicurezza. La formazione delle stringhe è importante per il dimensionamento
dell'impianto e la scelta dell'inverter.
Per rendere compatibile l'energia generata dai moduli fotovoltaici con gli
elettrodomestici e le apparecchiature utilizzate nelle abitazioni, occorre trasformare la
corrente da continua in alternata alla frequenza ed alla tensione di funzionamento della
rete elettrica. Questo si ottiene interponendo tra i moduli e la rete un inverter.
L'inverter è un dispositivo elettronico in grado di convertire la corrente continua in
corrente alternata. In base al tipo di energia generata gli inverter possono essere
inverter trifasi (normalmente riservati ad impianti di maggiore potenza) ed inverter
monofasi od inverter di stringa.
L'inverter, quindi, è un componente molto importante per l'efficienza, la produttività
e l'affidabilità dell'impianto fotovoltaico. In particolare, l'inverter svolge le seguenti
mansioni:
adatta la corrente e la tensione prodotta dal generatore e quella della rete;
protegge contro guasti, sovratensioni e sovraccarichi;
controlla e gestisce l'intero sistema.
3.3 Tipologie di impianti fotovoltaici
La più diffusa classificazione dei sistemi fotovoltaici si basa sull'utilizzo o il non
utilizzo della rete di distribuzione dell'energia elettrica.
Si parla quindi di:
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Impianti fotovoltaici isolati (stand alone)
Impianti fotovoltaici connessi alla rete (grid connect)
Figura 3.15: Schema semplificato di un impianto FV collegato in rete
3.3.1 Impianti fotovoltaici Stand Alone
Gli impianti Stand Alone sono impianti non connessi alla rete elettrica nazionale,
nei quali l'energia elettrica prodotta viene direttamente consumata dall'utente e la parte
in eccedenza viene accumulata in apposite batterie, che provvederanno a renderla utile
nelle ore in cui manca l'insolazione. Vengono soprattutto utilizzati dove non arriva la
rete elettrica o dove sarebbe molto costoso farla arrivare (ad es. baite, siti archeologici,
illuminazione stradale, alimentazione per telecamere di sorveglianza, cancelli elettrici,
ecc.)
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Figura 3.16: Schema di un impianto “stand alone”
Come è visibile dalla figura 3.3 i componenti di un impianto “stand alone” sono:
Pannelli fotovoltaici: hanno il compito di trasformare l'irraggiamento solare in
corrente elettrica continua.
Convertitore statico: in questa tipologia di impianto il convertitore può essere
del tipo DC/DC (viene detto anche chopper) oppure DC/AC (in questo caso si
parla di inverter) a seconda delle applicazioni.
Accumulatori: rappresentano una parte fondamentale dell'impianto in quanto
accumulano l'energia necessaria da utilizzare quando i moduli non sono in grado di
produrne a causa di condizioni ambientali avverse. Il problema principale degli
accumulatori è legato alla continua carica/scarica che comporta un deterioramento
più veloce rispetto alla vita media dell'impianto che è stimata in circa 25 anni
(tipicamente vanno cambiati 3 o 4 volte).
In quasi tutti gli impianti fotovoltaici è previsto un sistema di accumulo (batteria)
la cui funzione è immagazzinare energia (fornita dal pannello fotovoltaico) durante il
giorno per poi restituirla nella notte o nei periodi di scarsa insolazione.
Le batterie disponibili in commercio lavorano ad una tensione di 12V o suoi
multipli.
Il tipo di batteria più idonea ad essere impiegata negli impianti fotovoltaici
dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
ELEVATA EFFICIENZA - rapporto tra energia fornita ed energia immagazzinata.
LUNGA DURATA - numero di cicli carica-scarica.BUONA RESISTENZA AGLI SBALZI
DI TEMPERATURA – per gli impianti in quota.
BASSA MANUTENZIONE - utenze isolate - remote.
RIDOTTA AUTOSCARICA – per impianti che rimangono inattivi per un lungo
periodo ad esempio per alcuni mesi.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Le batterie che, in qualche misura, corrispondono alle esigenze sopra descritte
sono del tipo PIOMBO-ACIDO sviluppate per le esigenze automobilistiche e ormai
collaudate da decenni.
Esistono anche batterie con elettrolita non liquido ma in forma di gel.
Questo consente una ridottissima manutenzione e un trasporto più agevole. per
contro però sono disponibili in commercio con capacità non molto grandi e richiedono
regolatori di carica dedicati, inoltre questi tipi di batterie hanno un costo decisamente
più elevato rispetto a quelle tradizionali.
Ogni elemento che compone una batteria ha una tensione nominale di 2V.
Durante la fase di carica occorre fare in modo che questa tensione non superi
determinati valori, altrimenti gli elementi svilupperebbero gas con conseguente
surriscaldamento.
Durante la scarica è bene che la tensione di ogni elemento non scenda al di sotto
di 1,85 V.
TEMPERATURA ELETTROLITA in °C
15
25
35
TENSIONE SVILUPPO
V/elemento
2,445
2.400
2,335
GAS
in
Variazione della tensione di sviluppo gas in funzione della temperatura.
La capacità nominale di una batteria è riferita ad una scarica completa in 10 ore
(con tensione finale di 1.85V per elemento).
Se la scarica avviene in tempi più brevi la capacità effettiva si riduce, mentre
aumenta se la scarica avviene in tempi più lunghi.
CAPACITÀ NOMINALE di una batteria da 100A/h
ORE SCARICA
CAPACITÀ A/h
VARIAZIONE
della
CAPACITA’
5
90
10
100
24
120
48
136
72
144
120
150
240
156
-10%
---
+20%
+36%
+44%
+50%
+56%
Nella precedente tabella è possibile notare la variazione di capacità di una batteria da
100A/h in funzione del tempo di scarica (tensione finale/elemento 1,85V).
Regolatore di carica: è il dispositivo che ha il compito di impedire che all'interno
degli accumulatori si verifichino eccessi di carica e scarica troppo veloci, dunque di
preservare l'efficienza delle batterie e prolungarne la vita attraverso varie
funzionalità:
o ricarica a corrente e tensione controllata delle batterie;
o ricerca del punto di massima potenza del campo fotovoltaico (MPPT);
o stacco del campo fotovoltaico dalla batteria in caso di voltaggio inferiore a
quello utile ad essa, come ad esempio dopo il tramonto;
o stacco del campo fotovoltaico dalla batteria quando quest'ultima ha
raggiunto la carica totale;
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o stacco dei carichi elettrici dalla batteria nel caso in cui quest'ultima si sia
scaricata.
Una batteria con tensione nominale di 12V è composta da 6 elementi e quindi,
durante la fase di carica, occorre fare in modo che la sua tensione non superi i 14,1V
circa altrimenti si svilupperebbero i dannosi gas di cui abbiamo già accennato.
Abbiamo precedentemente visto che i moduli fotovoltaici composti da 36 celle
sviluppano una tensione di circa 18V, tensione che cala a batteria completamente
scarica per poi risalire man mano che si carica ma, quando quest’ultima ha raggiunto la
sua carica completa, la tensione applicata supera i 14,1V e perciò potrebbe danneggiare
la batteria stessa.
Per evitare questa spiacevole situazione occorre inserire tra pannello e batteria un
REGOLATORE DI CARICA.
Il mercato offre una notevole varietà di questi prodotti.
Per correnti del pannello fotovoltaico inferiori a 30÷40A generalmente vengono
impiegati regolatori completamente elettronici, mentre per correnti superiori si ricorre a
regolatori elettronici con attuazione elettromeccanica (relè).
I regolatori più diffusi sono del tipo ON—OFF che consistono nella completa
connessione O sconnessione del pannello fotovoltaico dalla batteria quando la tensione
della stessa supera una determinata soglia (generalmente 14.1V).
Il pannello può essere lasciato a circuito aperto (regolazione serie) o in
cortocircuito (regolazione parallelo). In piccoli impianti si preferisce la regolazione del
tipo parallelo perché non essendoci elementi di regolazione in serie, non vi è neppure su
questi alcuna caduta di tensione, per cui la tensione fornita dal pannello viene
completamente utilizzata.
Tra i regolatori di tipo ON—OFF (sono quelli che a noi interessano) ne esistono due
tipi:
1. REGOLATORI VERSO IL PANNELLO
Il pannello fotovoltaico viene scollegato o cortocircuitalo quando la tensione di
batteria raggiunge i 14,1V: viene invece ricollegato o eliminato il cortocircuito quando la
batteria scende a 12,5V.
2. REGOLATORI VERSO IL PANNELLO E VERSO IL CARICO
Oltre ad espletare le funzioni precedentemente descritte, controlla anche la
corrente verso il carico, scollegandolo se viene superato un determinato amperaggio o
se la tensione di batteria scende al di sotto di un certo valore (generalmente 10,8V).
Esistono altri tipi di regolatori più sofisticati che lavorano in PWM (PULSE WIDTH
MODULATION - MODULAZIONE A LARGHEZZA Dl IMPULSO). Agiscono cioè sulla
larghezza degli impulsi di corrente inviati alla batteria.
Alcuni modelli sono dotati di circuito LVD ( LOW VOLTAGE DISCONNECT) che ha la
funzione di disconnettere il carico in caso di troppo assorbimento o abbassamento della
tensione di batteria.
Alcuni regolatori (quelli più sofisticati) incorporano un displav (generalmente a
cristalli liquidi, per il basso consumo) che segnala lo stato della batteria, la corrente
fornita dai moduli e la corrente assorbita dal carico. Quasi lutti i moderni regolatori PWM
operano secondo un determinato algoritmo agendo su diversi livelli.
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Figura 3.17:
Diagramma di
carica di un
moderno regolatore
PWM
Particolari regolatori, oltre alle funzioni già descritte, gestiscono un sistema
di illuminazione determinandone l’accensione ed il tempo di alimentazione.
Sono dotati di crepuscolare elettronico e di un temporizzatore che consente la
selezione di diversi programmi. L’autoapprendimento della durata della notte consente
l’accensione anche una o due ore prima dell’alba.
Un normale modulo fotovoltaico a 35 o 36 celle può essere usato per caricare
piccole batterie o mantenere la carica di batterie più grandi (ad es. in auto o camper
durante soste molto lunghe) collegandolo senza il regolatore di carica, a condizione che
la corrente generata non sia troppo elevata (meno di 1A).
In questo caso occorre interporre tra il modulo e la batteria un diodo a bassa
caduta di tensione (SCHOTTKY) in modo da impedire che la batteria stessa si scarichi sul
modulo durante i periodi di assenza o scarsa insolazione.
MBR16O = 1A-60V
MBR54O = 5A-40V
MBR 1541 CT= 2x 15A-45V
M8R340 = 3A-40V
MBR1O45 10A-45V
M8R4060 PT2x40A-60V
ALCUNE SIGLE E CARATTERISTICHE DEI DIODI SCHOTTKY PIU’ USATI
Figura 3.18: Circuito
per carica batteria
senza regolatore.
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Figura 3.19: Esempio
di regolatore di carica
verso il pannello (tipo
parallelo)
Figura 3.20: Esempio
di regolatore di carica
verso il pannello (tipo
parallelo) e verso il
carico (tipo serie)
Figura 3.21: Esempio
di regolatore di carica
verso il pannello (tipo
serie)
Per alcuni impianti. i regolatori più diffusi sono quelli tipo parallelo.
Quando la tensione della batteria raggiunge i 14,1V (piena carica), un transistor di
potenza. (MOS-FET) entra in conduzione mettendo in cortocircuito il pannello
fotovoltaico.
Come si può notare nell’esempio di regolatore di carica tipo serie non è presente il
diodo di blocco in quanto è già il transistor di potenza che impedisce la circolazione di
corrente in senso inverso (dalla batteria al pannello).
Il regolatore di carica andrà scelto tenendo conto della corrente di Io (tipo
parallelo) cortocircuito che il pannello può fornire.
Diremo ancora che esistono regolatori gestiti da un MICROPROCESSORE che
permette di adattarsi a tutti i tipi di batterie ed operare in qualsiasi condizione
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ambientale.
Il microprocessore riconosce la tensione, il comportamento e l’età della batteria,
ottimizzando la carica sulla base del suo reale stato e della temperatura ambientale.
Il regolatore provvede alla carica in tampone ciclica ed all’equalizzazione, col
risultato di massimizzare il trasferimento di energia dal modulo fotovoltaico alla batteria.
Tutto questo consente uno sfruttamento ottimale della batteria con un aumento
notevole dell’efficacia del sistema.
Inoltre, una particolare funzione, provvede mensilmente ad una carica a
fondo della batteria per un periodo limitato (circa 1 ora), causando perciò uno sviluppo
controllato dei gas e, di conseguenza, un rimescolamento dell’elettrolita.
Con questa operazione si evita la solfatazione delle piastre, prolungando la vita
della batteria.
Questi tipi di regolatori di carica si adattano automaticamente alla 12V tensione
nominale dell’impianto (12 oppure 24V).
In molti regolatori di carica per impianti fotovoltaici e presente il sistema LVD (Low
Voltage Disconnect) il cui scopo è quello di disconnettere il carico in caso di
abbassamento della tensione di batteria al di sotto di un certo valore. Infatti quando la
batteria si scarica troppo, oltrepassando il valore di guardia (generalmente 10,4 —
10,8V, per batterie a 12V), diventa poi difficile poterla nuovamente ricaricare e,
comunque, ci sarebbe una grande perdita della sua efficienza.
Figura 3.22:
Salva batteria
per impianti
fotovoltaici e
sistemi antifurto
ELENCO COMPONENTI
IC1=7808/09
IC2=555
L2=Led Rosso
T1-T2=2 x
R2-R4-R5= 3 x 1 Kohm
R8-R9-R10=3x 10 KOhm
Q1=BC547 Q2=IRFZ34N
L1=Led Verde
Trimmer 10 KOhm
R1=15 KQhm
R3= 1 Mohm
R6= 33 KOhm
R7=56 Kohm
C1-C2=10 MF 25V 10 MF 25V
C3=1000pF
3.3.2 Impianti fotovoltaici Grid Connect
Gli impianti grid connect sono impianti collegati in parallelo alla rete elettrica
pubblica, progettati per immettere nella stessa l'energia elettrica prodotta, diventando
delle piccole centrali elettriche in grado di azzerare o ridurre il fabbisogno energetico di
qualsiasi edificio a uso pubblico, industriale, abitazione private, ecc.
I principali componenti di un impianto fotovoltaico grid connect sono:
campo fotovoltaico, il cui compito è quello di raccogliere energia solare tramite i
moduli fotovoltaici;
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inverter, il quale è deputato a stabilizzare l'energia raccolta, a convertirla in
corrente alternata ed a immetterla in rete;
quadro di protezione e controllo che viene situato tra l'inverter e la rete che
questo alimenta;
i cavi di connessione, spesso sottovalutati, i quali devono presentare
un'adeguata resistenza alle temperature e ai raggi UV.
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Figura 3.23: Schema a blocchi di un impianto “grid connect”
3.4 Quarto Conto Energia
Il 5 maggio 2011 il Ministro dello Sviluppo Economico e il Ministro dell'Ambiente
hanno firmato il decreto ministeriale che determina una nuova disciplina delle modalità
di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici.
Il quarto Conto Energia pone le basi per lo sviluppo di medio-lungo periodo del
comparto, accompagnandolo al raggiungimento dell'autosufficienza economica.
Attraverso la razionalizzazione e una progressiva riduzione delle tariffe, sarà possibile
controllare e impiegare con maggiore efficacia l'onere a carico di cittadini e imprese.
Il quarto Conto Energia prevede un nuovo sistema di regolazione automatica del
livello degli incentivi in relazione alla potenza installata che entrerà a regime a partire
dal 2013.
Nel periodo transitorio è previsto una diminuzione progressiva necessaria per
allineare il nostro Paese ai livelli comunitari e assicurare la salvaguardia degli
investimenti in corso. Inoltre un tetto di spesa massima ed un registro tenuto dal
GSE5(Gestore dei Servizi Energetici) solo sui grandi impianti (superiori a 1 MWp su tetto e 200
kWp a terra), consentiranno di limitare i fenomeni speculativi.
La tariffa a percepita viene determinata dal momento dell'entrata in esercizio
dell'impianto, con la garanzia del rispetto dell'iter di connessione da parte del gestore di
rete, in conformità con i tempi e le relativi sanzioni previste dall'Autorità per l'energia
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elettrica e il gas. Con questo nuovo sistema si prevede di raggiungere la grid parity - e
cioè la competitività della tecnologia - all'incirca nel 2017.
Come conseguenza di quanto finora detto, assume un ruolo fondamentale il
monitoraggio dell'impianto fotovoltaico. Riuscire a capire in tempo reale se il sistema è
in stallo o non funziona correttamente è molto importante perché evita lunghi stop
dell'impianto (nel caso di impianti stand alone causa la scarica degli accumulatori,
mentre per gli impianti grid connect si ha una perdita economica in quanto non si
immette energia nella rete).
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Capitolo 4
4. L'importanza del monitoraggio di un impianto fotovoltaico
Ogni giorno un numero sempre maggiore di impianti fotovoltaici, sia industriali che
civili, vengono installati senza prevedere un'adeguata manutenzione. I sistemi
tecnologici, sopratutto quando sono in forte sviluppo, necessitano di una manutenzione
ordinaria e straordinaria effettuata da tecnici specializzati che, tuttavia, non garantisce
la costante e piena efficienza di un impianto fotovoltaico e, ancor meno, l'intervento
preventivo per un imminente perdita di energia o per un guasto.
I sistemi fotovoltaici non richiedono una eccessiva manutenzione ed i loro costi di
gestione sono abbastanza bassi: il processo che trasforma la luce solare in energia
elettrica non è soggetto ad usura. Nonostante ciò, gli impianti fotovoltaici richiedono una
regolare pulizia dei pannelli e per rendere al meglio devono essere ben esposti al sole ed
in una zona ventilata.
Canadian Solar, fra le maggiori società al mondo che operano nel mercato
dell'energia solare, ha stilato e reso pubblica una lista di consigli utili alla manutenzione
degli impianti fotovoltaici:
1. Controllare l'impianto annualmente in modo da prevenire eventuali futuri guasti o
blocchi. Sopratutto nei periodi più freddi, la struttura di supporto dei moduli può
danneggiarsi a causa del peso della neve o delle variazioni termiche. Sarà dunque
buona norma testare l'impianto prima del periodo di sua maggior produttività,
onde evitare battute d'arresto nel suo funzionamento con conseguenti perdite di
produttività.
2. Tenere sotto controllo tramite strumenti di monitoraggio il rendimento dei pannelli
e dell'impianto fotovoltaico. Tramite l'impiego di tali strumenti si possono ricavare
molti dati utili, fra cui l'energia prodotta, l'indice di irraggiamento e la temperatura
dei moduli.
3. Se non si è in possesso di strumenti di monitoraggio un buon modo di controllare
se l'impianto funziona bene e quello di confrontare i dati forniti dall'impianto
stesso con quelli di altri impianti attivi nelle zone limitrofe, o con valori presenti
sul web.
4. Una causa di malfunzionamento è l'“inquinamento": se l'impianto è situato in zone
di campagna, foglie ed escrementi di uccelli possono finire sulla superficie dei
moduli; inoltre anche i vegetali possono insidiare la struttura del sostegno a terra
dei moduli, trattenendo la polvere.
Con questi pochi consigli, la manutenzione dell'impianto sarà assicurata.
Tuttavia si può ulteriormente migliorare la produttività utilizzando sistemi di
monitoraggio che riescano anche a fare previsione.
I sistemi di monitoraggio tradizionali utilizzano prodotti off-the-shelf1(In ingegneria
gestionale l'espressione componente (Commercial) Off-The-Shelf si riferisce a componenti hardware e software disponibili su
mercato per l'acquisto da parte di aziende di sviluppo interessate ad utilizzarle all'interno dei loro progetti di sviluppo.)
, che
vengono integrati ad hoc nel sistema. Questi prodotti sono in grado di raccogliere dati,
immagazzinarli in un server via web e limitare i costi di monitoraggio per fasce di
prezzo, non consentendo però una significativa penetrazione di mercato a livello
residenziale.
L'avvento di una nuova generazione di soluzioni per il monitoraggio dell'energia
rinnovabile (spesso indicata con il termine Monitoraggio 2.0) prende in considerazione
anche gli impianti residenziali. I dispositivi che ne fanno parte permettono la
visualizzazione dei dati relativi alle prestazioni attuali rispetto a quelle stimate,
direttamente da un portale on-line. Le soluzioni di monitoraggio 2.0 hanno dato una
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
forte importanza sia ai proprietari degli impianti, i quali forniscono le informazioni
rilevanti, sia agli installatori che forniscono i dati di un controllo economico continuo del
rendimento dell'impianto.
Con un sistema di monitoraggio 2.0, se un impianto è inattivo o si discosta di una
certa percentuale definita dall'utente dal rendimento previsto, vengono inviate subito
segnalazioni per avvisare l'installatore della deviazione delle prestazioni.
La produzione di energia di un impianto fotovoltaico dipende da numerosi fattori
tecnologici e ambientali; ad esempio la potenza prodotta, a parità di tecnologia, dipende
dall'irraggiamento solare e da altri fattori ambientali. Proprio per questo la potenza
complessiva prodotta non è un parametro sufficiente a rilevare il corretto funzionamento
o il malfunzionamento delle singole componenti di un impianto.
Anche per questo motivo il monitoraggio in tempo reale (o comunque a determinati
istanti temporali) può consentire di:
Ottimizzare la produzione in funzione delle condizioni ambientali e meteorologiche
o delle risorse disponibili; molti impianti, infatti, sono ancora poco ottimizzati da
un punto di vista produttivo e della gestione per cui la loro efficienza è
relativamente bassa rispetto alle potenzialità dell'impianto;
Controllare il corretto funzionamento delle singole componenti oltre che
dell'impianto stesso;
Garantire la sicurezza degli impianti contro danni e intrusioni.
Oltre agli aspetti del monitoraggio e della sicurezza degli impianti, è oggi sempre più
importante per il mercato dell'energia avere strumenti in grado di fare previsione in
breve tempo sulla “produzione" e disponibilità di energia sul territorio.
4.1 Il progetto Elios Power
Questo lavoro è incastonato all'interno di un progetto ben più articolato: il
progetto Elios Power, il cui obiettivo e quello di realizzare una piattaforma ICT2(Information
and Communication Technology)
per il monitoraggio e l'ottimizzazione della produzione di energia
da sorgenti fotovoltaiche.
Elios Power si propone di realizzare un ambiente per il monitoraggio, la gestione, la
manutenzione e la sicurezza di un impianto fotovoltaico utilizzando le potenzialità offerte
dalle moderne tecnologie ICT e dall'evoluzione dei sistemi di produzione di energia
fotovoltaica. Integrando queste tecnologie il progetto Elios Power consentirà:
Il monitoraggio in tempo reale della produzione di energia e dell'efficienza di un
impianto nel suo complesso e delle sue singole componenti;
La rilevazione di malfunzionamenti e di situazioni critiche per le singole
componenti dell'impianto;
Il monitoraggio in tempo reale dei fattori ambientali/meteorologici che influenzano
la produzione dell'energia da parte dell'impianto;
Il controllo e la gestione della sicurezza contro atti vandalici, furti e
malfunzionamenti;
La disponibilità di dati storici e di informazioni sulla manutenzione e
programmazione di interventi sui vari componenti dell'impianto;
Per raggiungere questi obiettivi il progetto realizzerà una piattaforma tecnologica
innovativa composta dai seguenti ambienti:
1. Un ambiente per il monitoraggio e la gestione dell'impianto (MPN = Monitoring
Plant Network) composto da sensori e attuatori utili sia per misurare parametri e
grandezze fisiche, sia per rilevare il corretto funzionamento delle varie componenti
dell'impianto, sia per gestire il controllo degli accessi. MPN contiene inoltre una
serie di strumenti per il controllo a distanza dell'impianto, per ottimizzare la
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
produzione o per mettere in condizioni non operative componenti che presentano
malfunzionamenti;
2. Un ambiente di comunicazione wireless (WCE = Wireless Communication
Environment) per consentire la connessione dei sensori e dei sistemi di controllo
sia a livello di copertura dell'area dell'impianto, sia a livello geografico verso un
eventuale centro servizi posto al di fuori dell'impianto;
3. Un centro di monitoraggio (MC = Monitoring Centre) che elabora i dati, invia
segnalazioni o informazioni agli operatori e gestisce i vari attuatori per ottimizzare
la produzione di energia.
4.2 L'analisi di un impianto
Per questo lavoro è stato preso in considerazione un impianto3(L'impianto mostrato in figura
2.1 è un impianto montato su tetto con una potenza nominale di 18,43 KW. Inoltre si tratta di un impianto classificato BT (Bassa
Tensione) in quanto produce una potenza inferiore ai 200 KWp ed è alimentato con tensione a 380V.)
grid-connect di
medie dimensioni sul quale sono state fatte accurate analisi sui vari punti dove il
monitoraggio potrebbe migliorare la produttività.
1 – Quadro di campo e manovra
2 – Scaricatore
3 - Quadro Fotovoltaico – Rete
4 – Scaricatore 3 poli+neutro
5 – Misuratore di energia immessa/prelevata dalla rete
6 – Campo fotovoltaico
7 – Sez. portafusibile con fusibile 4A - 900Vc.c.
8 – Sezionatore lato DC Vmax = 1000Vc.c. 20Amin.
9 – Inverter
10 – Sezionatore 2 poli AC – 16A
11 – Interruttore magnetotermico differenziale 4 poli 63A – Idn 0,3A – Pot. Int. 6kA
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12 - Interruttore magnetotermico 4 poli 63A – Idn 0,3A – Pot. Int. 6kA
13 - Interruttore generale MTD In=63A Idn=0,5° reg.
14 – Contatore per la misura dell’energia prodotta
15 – Protezione di interfaccia
16 – Teleruttore 4 poli 63A
Figura 4.1: Pianta di un impianto grid-connect
In figura 4.1 sono indicati i principali punti dove il monitoraggio potrebbe
migliorare la produzione.
Punto A: monitoraggio di tensione, corrente e frequenza nella parte di immissione
alla rete. Può essere utile per capire se, a causa di malfunzionamenti di qualche
componente a valle, si attiva il blocco di protezione di interfaccia.
Punto B: monitoraggio di tensione e corrente nella parte di linea connessa alle
altre utenze che usufruiscono dell'energia prodotta. Fare un confronto con i dati ottenuti
al punto precedente può rivelarsi utile al fine di comprendere il motivo per cui può
attivarsi la protezione di interfaccia, ad esempio se il blocco è dovuto a fluttuazioni di
tensioni e/o frequenza.
Punto C: monitoraggio tramite un contatore con clock per rilevare il numero di
volte che si attiva la protezione di interfaccia. L'impianto in questione è composto da più
di 3 inverter ed è necessario, in accordo con la norma CEI 11-20 e con le Regole
tecniche di connessione del Distributore di Energia Elettrica (ENEL Distribuzione, ACEA,
AEM, etc.), inserire il blocco di protezione di interfaccia.
Punto D: monitoraggio di tensione e corrente per verificare eventuali
malfunzionamenti del contatore fornito dal distributore.
Punto E: monitoraggio di tensione, corrente e frequenza per rilevare
malfunzionamenti degli inverter4(Ogni inverter presente nell'impianto è dotato di una protezione di interfaccia
interna che controlla la disponibilità della rete di uscita. Tuttavia non tutti gli inverter sono dotati di protezione di interfaccia
specialmente quelli superiori a 20KW, i quali devono per legge avere una protezione di interfaccia esterna)
. In aggiunta, se
gli inverter sono posti all'interno di un locale chiuso, si può fare monitoraggio della
temperatura ambiente del locale e della temperatura del dissipatore degli inverter, per
poter, ad esempio, attivare un sistema di ventilazione meccanizzato che riduca il calore
nel locale.
Punto F: monitoraggio di tensione in continua e corrente in continua. Tipicamente
i punti E e F sono in realtà un unico punto, in quanto spesso gli inverter forniscono
informazioni sia per il lato in corrente continua sia per quello in alternata.
Punto G: monitoraggio di tensione e corrente per rilevare quale stringa non
funziona correttamente. Se per progettazione tutte le stringhe sono omogenee5(Per
omogeneità si intende: marca, modello, tilt (inclinazione sul piano orizzontale) e azimut (orientamento che per convenzione si fissa
sul Sud=0° Est=-90° Ovest=+90°))
bastano i valori di tensione; può inoltre essere utile per rilevare
guasti dei fusibili e/o eventuali gruppi di moduli/stringhe non funzionanti. I moduli
fotovoltaici connessi allo stesso inverter con singolo MPPT (Maximum Power Point
Tracker) sono identici, ovvero sono della stessa marca, forniscono la stessa potenza e
hanno la stessa inclinazione. Se l'inverter presenta MPPT diversi è possibile collegare
anche moduli diversi o con diverse esposizioni in ingresso a distinti MPPT. L'unico vincolo
che rimane è che le stringhe afferenti al singolo MPPT devono essere omogenee.
Punto H: monitoraggio ambientale da effettuarsi su campo tramite l'impiego di
sonde di temperatura e di sensori di irraggiamento da posizionare su tutti o su alcuni dei
moduli presenti nell'impianto per ottenere informazioni importanti sul rapporto
temperatura modulo/produzione di energia. Inoltre, utilizzando una stazione meteo, si
possono ottenere informazioni utili al fine di fare previsioni sulle condizioni atmosferiche
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e per riuscire, tramite l'impiego eventualmente di sensori dedicati, a capire se un
pannello e sporco, bagnato o mal funzionante.
Risulta ovvio che il monitoraggio di tutti questi parametri richiede una
infrastruttura hardware e informatica molto complessa da gestire con la normale rete di
acquisizione e controllo.
L’obiettivo dichiarato del progetto prevede un metodo di acquisizione e gestione di
pochi ed essenziali elementi con la possibilità da remoto di intervenire manualmente
solo in casi estremi, il cui funzionamento non deve interferire in alcun modo con il
preesistente hardware ma dovrà lavorare in parallelo senza effettuare nessuna modifica
sull’hardware o sul software già predefinito
Una caratteristica certamente non secondaria è che occorre mantenere i costi del
nuovo hardware e software entro un valore estremamente contenuto con una elevata
propensione alla modularità che fornisca una adeguata adattabilità per una vasta area di
impianti fotovoltaici
Vediamo la tipica configurazione di un campo fotovoltaico che occorre prendere in
considerazione:
1. Cabina di produzione
2. Cabina di distribuzione
3. stazione meteorologica
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Figura 4.2: Schema a blocchi della CABINA PRODUZIONE
Figura 4.3: Schema a blocchi
STAZIONE METEOROLOGICA
della Figura 4.4: Schema a blocchi della CABINA
ENEL DISTRIBUZIONE
La figura 4.5 fornisce delle chiare indicazioni sulle distanze espresse in metri che
esistono tra i vari circuiti. In particolare si devono coprire le seguenti distanze:
a) tratta di circa 20÷30 metri tra la stazione meteo e la cabina di produzione
b) tratta di circa 1000÷1500 metri tra la cabina di produzione e la cabina di
distribuzione Enel
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Figura 4.5: Schema Topografico della disposizione reale dell’Hardware
Queste distanze si intendono “outdoor” (all’aria aperta)che risulta in
contrapposizione a “indoor” (all’interno dei locali), e nella migliore delle ipotesi devono
essere perfettamente visibili tra loro, cioè non vi sono ostacoli tra le due postazioni.
Si deve a questo punto considerare la possibilità di trasmissione tra le due cabine:
a) utilizzando come mezzo trasmissivo uno o più cavi di rame.
b) Utilizzando una rete wi-fi
A prima vista la soluzione al punto A) sembra la più facile da implementare ma
sapendo che il campo è già perfettamente funzionante, risulta impossibile far passare un
cavidotto sotterraneo (tubo corrugato posto alla profondità di circa 60÷100 cm) senza
dover modificare il posizionamento dei moduli fotovoltaici.
Quindi per ovvie ragioni di costo si è passati a gestire i dati da acquisire con il punto
b) ovvero utilizzando la ricetrasmissione sulle frequenze di circa 2,4 GHz.
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Capitolo 5
5. Generalità e informazioni di base sulle reti
In ambito informatico una rete viene definita come l'insieme di due o più computer
od altri dispositivi in grado di scambiarsi informazioni o dati. Esistono molte tipologie di
reti e quindi di suddivisione delle stesse che, generalmente, vengono suddivise in base
alla forma dell'architettura:
Stella: in questo tipo di reti c'è un computer centrale, solitamente un server, che
si occupa di smistare tutte le comunicazioni tra i vari client. Fisicamente tale rete
ha tanti cavi quanti sono i client connessi al centro-stella (server);
Bus: questa configurazione, al contrario di quella a stella, non prevede un server
centrale perciò l'informazione generata viene inviata su un cavo (detto appunto
bus) che collega in parallelo tutti i computer che sono in grado di ascoltare i dati
che vi transitano.
Anello: detta anche “Token Ring”, anche questa configurazione prevede, come
quelle a bus, la presenza di un solo cavo di collegamento che però collega i vari
computer in serie, anziché in parallelo, formando un anello chiuso. La
comunicazione tra i computer avviene attraverso l'assegnazione ciclica di un
Token (gettone), cioè il diritto di un computer a comunicare. Il proprietario
immette il dato sulla rete che viene trasmessa al computer successivo che, nel
caso sia lui il destinatario, accetterà il dato, altrimenti lo passerà a quello
successivo, fino al raggiungimento del destinatario. Quest'ultimo accetterà il dato
ma non lo cancellerà dalla rete perché, essendo ad anello, dovrà ritornare al
mittente che, alla ricezione, provvederà a passare il Token al computer successivo,
in maniera ciclica.
Mesh: in questa configurazione non esistono né una struttura server-client né una
vera e propria forma fisica. Ogni computer deve funzionare da server e da client,
quindi ripetere i dati ricevuti ma indirizzati ad altri computer. Questo tipo di rete
offre notevoli vantaggi in ambito delle tipologie wireless.
Ai fini pratici, le reti di tipo Bus e ad Anello, stanno andando in disuso, mentre
quelle a Stella sono preferite in ambito aziendale o casalingo, tramite l'uso di switch. La
classificazione di una rete viene anche integrata da quella riguardante le dimensioni
della rete stessa. Entrano perciò in gioco i seguenti acronimi:
PAN: detta anche Personal Area Network, indica una rete di ridottissime
dimensioni e composta da un paio di elementi poco distanti tra loro (generalmente
una stanza);
LAN: detta anche Local Area Network, è una rete di dimensioni più rilevanti
rispetto la PAN, sia dal punto di vista geografico (anche un edificio intero) sia in
termini di computer collegati;
CAN: detta anche Campus Area Network, è una rete di dimensioni maggiori di
una LAN, che permette geograficamente la connessione di qualche edificio;
MAN: detta anche Metropolitan Area Network, indica una rete in grado di
coprire geograficamente un'area metropolitana;
WAN: detta anche Wide Area Network, indica una rete in grado di coprire
geograficamente intere regioni o nazioni;
GAN: detta anche Global Area Network, indica l'unione di più reti WAN.
La corretta descrizione della rete deve perciò comprendere: architettura,
dimensione, tipologia wired o wireless (cablata o senza fili).
Come si riconoscono i PC in rete: ovvero l'indirizzo IP v4
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L'indirizzo IP fa parte del protocollo standard TCP/IP che s'è imposto sulle reti e
che permette ad ogni dispositivo d'avere un numero univoco. Gli indirizzi sono formati
da 4 gruppi di 8 bit con numeri compresi tra 0 e 255 (un esempio è 192.168.1.0) nel
quale sono presenti intervalli pubblici e privati; ad esso si affianca la sottorete o Subnet
Mask (un esempio è 255.255.0.0) che dev'essere uguale in tutti i dispositivi
appartenenti alla stessa rete. Esiste una notevole differenza tra gli indirizzi IP pubblici e
privati: se gli indirizzi di un sito internet sono risolvibili da qualsiasi nodo, gli indirizzi
privati sono risolvibili solo all’interno della LAN di appartenenza.
Nella tabella seguente è possibile apprezzare le differenze tra le classi di indirizzi
IP privati possibili:
Come s’è visto, l’indirizzo IP si compone dalla numerazione XXX.YYY.ZZZ.UUU ed il
numero degli indirizzi privati disponibili per ogni sottorete può essere facilmente
spiegato dalla tabella seguente:
Le due classi comunemente usate sono la B e la C, mentre le grandi organizzazioni
preferiscono utilizzare la A che poi suddividono tramite la subnet mask in molte
sottoreti; gli indirizzi di classe D ed E sono usati per scopi particolari: la classe D non
identifica né la rete né l’host ma un indirizzo di trasmissioni in Multicast; la classe E,
invece, serve per scopi futuri.
In alcuni file di configurazione appare la sintassi XXX.YYY.ZZZ.UUU/B. Con /B si
indica il numero di byte fissi del network. Quando il valore di B è 8, significa che XXX è
fisso; quando è 16, significa che XXX.YYY sono fissi; quando è 24, significa che
XXX.YYY.ZZZ sono fissi. Il numero degli host possibili sulla rete dipende quindi dai byte
rimasti liberi.
L’immagine riassuntiva a seguire fornisce una visione generale di quanto descritto,
considerando sia l'indirizzamento di tipo pubblico, sia privato:
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Figura 5.1: Classi di indirizzamento
Un esempio pratico potrebbe avere i valori seguenti:
Figura 5.2: Esempio di indirizzi IP
L'indirizzo IP oltre che fisso, può essere assegnato attraverso un DHCP server.
Esso è il responsabile dell'assegnazione automatica degli indirizzi IP ai dispositivi che vi
si collegano. L'indirizzo delle periferiche cambia ad ogni connessione ma resta pur
sempre valido perché esso opera in un range prestabilito, escludendo la possibilità
d'errore nelle configurazioni generali.
5.1 Accenni sull'indirizzamento IP v6
A causa della saturazione dello spazio di IP v4, l'ICANN, l'organizzazione che si
occupa dell'assegnazione degli indirizzi IP, ha proceduto alla definizione della nuova
versione del protocollo. Tale versione è basata su indirizzi a 128 bit anziché a 32 e ciò
permette l'assegnazione di un numero decisamente maggiore di indirizzi.
L'indirizzo IP v6 è costituito da 128 bit (16 byte), viene descritto da 8 gruppi di 4
numeri esadecimali che rappresentano 2 byte ciascuno (quindi ogni numero varia tra 0 e
65535) separati dal simbolo "due punti". Un esempio di indirizzo IP v6 è
2001:0DB8:0000:0000:0000:0000:0000:0001,
che
può
essere
abbreviato
in
2001:DB8::1 (i due punti doppi rappresentano la parte dell'indirizzo che è composta di
soli zeri consecutivi.
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Figura 5.3: Indirizzi con
IPv6
Si può usare una sola volta, per cui se un indirizzo ha due parti composte di zeri la
più breve andrà scritta per esteso). I dispositivi connessi ad una rete IP v6 ottengono un
indirizzo di tipo unicast globale, vale a dire che i primi 48 bit del suo indirizzo sono
assegnati alla rete a cui esso si connette, mentre i successivi 16 bit identificano le varie
sottoreti a cui l'host è connesso. Gli ultimi 64 bit sono ottenuti dall'indirizzo MAC
dell'interfaccia fisica. Per una descrizione decisamente più esaustiva, consultare IP v6 su
Wikipedia.
5.2 Il wireless
Prima di iniziare l'esposizione riguardante il Wi-Fi, occorre fare una panoramica sul
wireless, il cui sviluppo iniziò nel 1970 e si cercò di unire fra loro computer senza
l'ausilio di fili elettrici.
La prima applicazione funzionante derivò dalla necessità di collegare fra loro le
isole Hawaii, attraverso la rete AlohaNet. Di recente, nel 1994, la comodità di collegare
senza cavo i cellulari al palmare od in generale al personal computer, spinse IBM,
Ericsson, Nokia e Toshiba alla creazione dello standard Bluetooth. Esistono diversi gruppi
di reti wireless, che si differenziano tra loro non solo per la velocità di trasmissione dati,
ma anche dall'uso per la quale sono state create:
PAN wireless: tecnologie ad onde radio sopperiscono all'intralcio delle
connessioni tra portatili, PDA, cellulari, lettori MP3 e macchine fotografiche,
rendendo semplice la sincronizzazione di dati, fotografie, musiche ed altri
contenuti. Le PAN (Personal Area Network) hanno un raggio d'azione tipicamente
limitato a pochi metri di distanza. Di questa categoria fanno parte: il Bluetooth,
che consente una connessione a 721Kbps (le ultime revisioni fino a qualche Mbit)
alla massima distanza di 10 metri e progettato per essere economico, semplice da
usare e da integrare, con un consumo ridottissimo; IrDA (Infrared Device
Application), che consente collegamenti ad infrarosso tra dispositivi posti in
visibilità reciproca ad una massima distanza di 1 o 2 metri, con velocità di 4Mbps.
LAN wireless: applicazione di maggior rilievo che consente la connettività ad una
LAN cablata, mediante l'uso di dispositivi detti punti d'accesso (o brevemente AP).
Agli albori sorsero grossi problemi di interoperabilità a causa delle diverse
tecnologie implementate e ci si rese ben presto coscienti che servisse uno
standard. Nel 1997, l'IEEE approvò lo standard Wireless Ethernet, 802.11 (2Mbps)
la cui variante 802.11b (11Mbps) detta anche Wi-Fi, riscosse notevole successo.
Il suo raggio di copertura in campo aperto è nelle condizioni migliori è di 400
metri.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
MAN wireless: è un campo di applicazione del Broadband Wireless o Wireless
Local Loop che consente la distribuzione di dati come internet, telefonia, ecc, su
un agglomerato urbano. E' principalmente usato in alternativa al costoso cablaggio
dell'ultimo miglio nella telefonia. L'architettura fa parte del gruppo di lavoro IEEE
802.16.
WAN wireless: nella categoria delle Wide Area Network fa parte il dominio che
prevede la diffusione delle applicazioni previste sia per le reti cablate (LAN) che
per le MAN ma con copertura totale, anziché localizzata in prossimità dei punti
d'accesso. A questa categoria appartiene per esempio la telefonia GPRS, EDGE,
UMTS o superiori e Wi-MAX.
Le classificazioni PAN, LAN, MAN e WAN qui descritte non sono nette, ma
solamente indicative per i campi di applicazione delle varie tecnologie.
5.3 Il Wi-Fi e gli standard
Detto anche “wireless fidelity”, è il marchio che contraddistingue gli apparati
conformi allo standard IEEE 802.11x, dove diversi produttori si sono riuniti formando la
“Wi-Fi Alliance” con l'obbiettivo di garantire la compatibilità reciproca dei propri
dispositivi.
Responsabile della standardizzazione mondiale dei protocolli di scambio dati è
l'IEEE (Institute Of Electrical and Electronics Engineers) che ha elaborato gli attuali e
futuri standard.
Ad oggi sono state rilasciate le seguenti norme:
802.11: primo rilascio nella banda di frequenza di 2,4GHz, raggiunge una velocità
di 2Mbit/s. Modulazione di tipo DSSS (Direct Sequence Spread Spectrum).
802.11a: operante nella banda di frequenza di 5GHz (5,15 – 5,35GHz), raggiunge
una velocità di trasferimento dati di 54Mbit/s; potenza massima di 30mW e 8
canali disponibili. Modulazione di tipo OFDM (Orthogonal Frequency Division
Multiplexing).
802.11b: operante con una frequenza di 2,4GHz, raggiunge una velocità di
trasferimento dati di 11Mbit/s. Sono disponibili diversi canali (in realtà sono solo 3
quelli non sovrapposti: 1, 6 ,11) in base al paese d'appartenenza (USA 11, Francia
8, Europa 13, Giappone 14); potenza massima di 100mW con modulazione HRDSSS (High Rate - Direct Sequence Spread Spectrum).
802.11c: mai rilasciato all'uso pubblico, s'è trattato solo da ponte tra l'802.11b e
l'802.11d.
802.11d: si tratta principalmente dell'internazionalizzazione del 802.11b.
802.11e: migliora l'802.11b nella qualità del servizio per la trasmissione di audio
e video.
802.11f: è principalmente la raccomandazione ai costruttori di apparati di
migliorare l'interoperabilità e d'implementare il roaming.
802.11g: operante con una frequenza di 2,4GHz, è un'evoluzione di 802.11b e
raggiunge una velocità di trasferimento dati di 54Mbit/s. Usa gli stessi canali di
802.11b e mantiene la retro compatibilità; potenza massima di 100mW e
modulazione di tipo OFDM.
802.11h: standard allargato di 802.11a, che aggiunge la banda operante a 5,725
– 5,825GHz, con altri 4 canali, potenza di 200mW, selezione dinamica della
frequenza (DFS) e regolazione automatica del livello di trasmissione necessario
(TPC, Transmit Power Control).
802.11i: evoluzione di 802.11g, ne mantiene le caratteristiche ma introduce il
protocollo di cifratura WPA2.
802.11j: modifica ai layer MAC di 802.11 e PHY di 802.11a per la
normalizzazione, ovvero la compatibilità, con il mercato Giapponese.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
802.11k: tratta il radio resource management, ovvero la standardizzazione della
misurazione dei sorgenti radio.
802.11n: evoluzione di 802.11i e ratificato ufficialmente verso la metà del 2008.
Secondo quanto riportato su http://arstechnia.com/news.ars/post/200611298322.htm, la prima generazione dei moduli 802.11n offre velocità pari a 480Mbps
e un limite teorico prossimo a 600Mbps. In termini di copertura si afferma che le
nuove tecnologie offrano il 50% di distanza in più rispetto a un link 802.11g
permettendo maggior copertura e velocità del link grazie ad un particolare
algoritmo e l'impiego simultaneo di più antenne e canali.
802.11p: comunicazione veicolare utilizzando la frequenza di 5,9GHz con velocità
del datalink da 6Mbps.
802.11r: dovrebbe introdurre il Fast Roaming, per la gestione del passaggio da
un access point all'altro senza introdurre disconnessioni al link.
802.11s: introduzione del supporto alla tipologia di rete Wireless Mesh.
802.11t: è principalmente la raccomandazione ai costruttori di apparati alla
“gestione e test”.
802.11u: evoluzione che consentirà la connessione alle reti non 802, come le reti
cellulari.
802.11v: introdurrà la “gestione delle reti wireless”.
802.11y: è il sinonimo di reti IEEE802.11
Alcuni produttori offrono tecnologie proprietarie aggiuntive allo standard, con lo
scopo di migliorarne le funzionalità o l'efficienza, ma ciò costituisce l'insorgere di
problematiche durante l'uso di apparati con chipset diverso.
5.4 Canali e frequenze di lavoro
Nella seguente tabella sono elencati graficamente gli 8 canali utilizzati dallo
standard 802.11a:
Figura 5.4: Canali e frequenze di lavoro
a seguire la tabella riguardante la variante dello standard 802.11a, le aggiunte di
802.11h, che lavora nella banda dei 5,7 Ghz e che aggiunge ulteriori 4 canali:
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Figura 5.5: Canali e frequenze di lavoro
Attualmente in Europa lo standard 802.11b/g/n è il più diffuso e di seguito sono
rappresentati i diversi canali disponibili con relativa frequenza. La sua conoscenza
permette d'accordare opportunamente l'elemento irradiante di una antenna home-made
in modo d'avere un rendimento migliore ad un particolare canale.
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Se si preferisce, è possibile rappresentare graficamente la tabella precedente nel
modo seguente:
Figura 5.6: Canali standard europeo 802.11b/g/n
Non tutti i canali sono disponibili in tutte le nazioni anche in ambito continentale.
In USA e Canada sono disponibili i canali da 1 a 11; in Europa da 1 a 13 ad
eccezione della Francia dove sono disponibili da 1 a 8 e in Spagna da 1 a 11; in
Giappone da 1 a 14.
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5.5 Tipi di apparati disponibili
Trascurando quegli apparati dotati di caratteristiche e funzionalità particolari, la
classificazione è così suddivisa:
AP: Access Point è il modo di funzionamento a “punto d'accesso” e cioè quel
dispositivo che consente di collegare ad una rete cablata i client Wi-Fi. Esso in
pratica è la stazione centrale di trasmissione e ricezione di una rete senza fili.
Client: sono quei dispositivi con interfaccia d'interconnessione PCI, PCMCIA, USB,
ecc, che si collegano ed autenticano attraverso le onde radio ad un access point.
Apparati multimodalità: sono dispositivi ethernet che permettono il
funzionamento Wi-Fi in modalità multipla come AP, Client, Bridge e Repeater. Non
sempre sono garantite l'interoperabilità tra apparati con chipset diverso ed il
funzionamento simultaneo di più modalità.
Repeater: il ripetitore è un dispositivo in grado di ripetere il segnale di un access
point, permettendo l'estensione della rete Wi-Fi, introducendo però un
dimezzamento della banda disponibile. Allo stato attuale non è possibile ripetere
più d'una volta il segnale di un AP collegandosi ad un altro repeater; si può
comunque collegare più repeater ad un AP purché siano in comunicazione diretta
con l'AP base.
Bridge wireless-ethernet: sono apparati particolari, studiati e realizzati
appositamente per realizzare un BRIDGE (ponte) wireless tra due reti LAN. L'unica
modalità di funzionamento di cui dispongono è quella di bridge. A questa categoria
appartengono i D-Link DWL810.
5.6 Modalità di funzionamento
Infrastructure: una rete wireless gestita in questa modalità sfrutta un AP come
nodo centrale di smistamento dei dati ed ha un raggio d'azione di gran lunga
superiore ad una rete Ad-Hoc.
Ad-Hoc: in una rete Ad-Hoc due o più schede client comunicano direttamente tra
loro, senza alcun access point che faccia da centro di smistamento dei dati. E'
simile ad una rete peer to peer perciò ogni pc è collegato direttamente con un
altro. Vi sono alcune problematiche con questo tipo di rete quando si hanno più di
tre client. Si consiglia perciò l'uso di IP fissi.
Wireless Bridge (o Point to Point Bridge): è la modalità di funzionamento che
permette l'unione e la connessione di due reti cablate attraverso il Wi-Fi. Tutti i
dispositivi ed i pc devono appartenere alla stessa classe e sottorete d'indirizzi IP; i
gruppi di lavoro possono essere diversi. Si tratta di una sorta di configurazione adhoc fra access point, ed è per questo motivo che le schede client non hanno
possibilità di connessione.
Wireless Multi Bridge (o Point to Multipoint Bridge): è quella modalità che
permette l'unione di tre o più reti cablate attraverso il Wi-Fi. E' un'estensione della
modalità bridge, perciò ne eredita da essa le impostazioni e le caratteristiche
principali.
WDS: particolare modalità che permette al dispositivo di funzionare
simultaneamente sia da bridge sia da access point.
Roaming (o Multi AP): è quella particolare funzione che permette il passaggio di
un client da un access point all'altro senza l'interruzione della comunicazione (per
intenderci, è come per i cellulari, passando da un ponte ad un altro, non cade la
telefonata). Non tutti gli apparati lo supportano.
Hot Spot: sebbene non sia una modalità di funzionamento, la definizione è qui
inserita poiché trattasi di un'area in cui, tramite la W-Lan, si ha accesso alla rete
(internet compresa) con vari servizi.
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5.7 Compatibilità
Sebbene oggigiorno esistano, e si tende ad utilizzare, apparati multi-standard, è
buona norma utilizzare quanto più possibile apparati appartenenti alla stessa famiglia o
al limite che usino lo stesso chipset.
Da tutto questo trarrà certamente vantaggio la “semplicità” della gestione degli
apparati e della rete, evitando di passare notti insonni nel tentativo di capire cosa non
funziona nella rete stessa.
Come si è potuto notare nel paragrafo relativo al Wi-Fi (1.4), non tutti gli standard
sono compatibili tra loro perciò l'802.11h sarà retro compatibile con l'801.11a e
l'802.11g e sue evoluzioni sono attualmente retro compatibili con l'802.11b. Questa
compatibilità è comunque garantita solo quando gli apparati funzionano in modalità
AP/Client (certificata con la presenza del marchio Wi-Fi), considerando che il bit-rate
generale della rete si attesterà sul livello del client più lento presente.
5.8 Velocità di una rete wireless
Gli standard di fatto presenti sul mercato sono tre e precisamente l'802.11a/b/g/n
le cui velocità dichiarate dai costruttori sono:
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Il bit-rate indicato per ogni standard è comunque quello massimo teorico e mai
corrisponde alla velocità reale raggiungibile. Esso dipende da molti fattori ambientali ed
alcuni standard risentono più di altri del livello di crittografia applicato; questo è il caso
di 802.11b che rallenta in modo percepile quando la codifica WEP è attiva (insignificante
invece nell'evoluzione fuori standard 802.11b+).
Da notare che durante i test pratici si è evidenziata una netta differenza della
velocità della rete utilizzando apparati multifunzione, dove il massimo si è sempre
ottenuto utilizzando la modalità di funzionamento come ponte (o Bridge). E' comunque
possibile stilare la velocità reale di una rete in presenza di condizioni ottimali di
funzionamento:
In questo paragrafo non è stato preso in considerazione 802.11n poiché, a causa
dell'uso simultaneo di 3 antenne, rende difficoltosa ed economicamente svantaggiosa
l'installazione in outdoor.
5.9 Installazione generica e disturbi ambientali
Le reti Wi-Fi sono relativamente facili sia nell'installazione che nell'utilizzo ma, nel
caso si presentino dei problemi, è meglio sapere a cosa prestare particolare attenzione.
In questa sezione si tratterà l'installazione classica indoor (all’interno di un
appartamento) di un Access Point.
Siccome la trasmissione dei dati avviene per mezzo di onde radio, le reti W-Lan
risultano sensibili alle interferenze ed è di primaria importanza scegliere la posizione
migliore dove installare l'Access Point. Una posizione centrale nell'appartamento o nel
locale dove diffondere il segnale è la condizione migliore, oltre al fatto che dovrebbe
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essere posto con l'antenna ad un'altezza sufficientemente alta, onde prevenire riflessioni
dovute a mobili o elettrodomestici. E' altresì utile mantenere le antenne distaccate dai
muri o dai case dei Personal Computer (20 centimetri possono talvolta fare la differenza)
e lontano da fonti di disturbo.
Gli apparati conformi agli standard 802.11b/g/n soffrono particolarmente dei
disturbi generati dalle apparecchiature che funzionano sulla stessa frequenza (2,4GHz) e
dotate di potenza particolarmente elevata come i forni a microonde ed i video-sender (i
ripetitori AV che servono per portare il segnale di un decoder o videoregistratore ad un
altro televisore). La tecnologia Bluetooth sebbene operante sulla stessa frequenza, non
desta particolari problemi poiché impiega potenze nettamente inferiori, oltre ad un tipo
di modulazione diversa.
Non sempre la causa di malfunzionamento di una W-Lan è dovuta a disturbi ed
interferenze, molto spesso è dovuto ad un inspiegabile basso livello del segnale
ricevuto: le attenuazioni e disturbi dei materiali edilizi.
Le onde radio sono purtroppo sensibili ai tipi di materiali impiegati nella
costruzione delle opere murarie che ne attenuano il livello fino alla completa
schermatura. Muri in cemento armato possono schermare o attenuare completamente il
segnale, rendendo praticamente impossibile la realizzazione di una rete wireless; in
questa condizione bisogna affidarsi a tecniche alternative, stendendo un cavo ethernet,
oppure, se proprio non si vuole intervenire con “la forza bruta” ed esistono finestre
adiacenti, posizionare gli Access Point con relative antenne accostati alle finestre.
Prove pratiche hanno dimostrato che pareti divisorie in cartongesso possono
riflettere ed indebolire il segnale. Il fatto è da ricercare nel tipo di minerale usato e dal
modo con cui è costruito il telaio interno che, se realizzato mediante griglia metallica,
può costituire ulteriore ostacolo al passaggio della radiofrequenza. Tendendo il
cartongesso ad assorbire e trattenere l'umidità dell'aria, le onde radio, in particolare
modo quelle a 2,4 GHz, tendono a comportarsi come un debolissimo forno a microonde
e, cedono energia nel tentativo di riscaldare l'acqua presente.
Quest'ultima considerazione è da tener particolarmente presente nelle realizzazioni
outdoor (in ambiente esterno), dove la presenza di piante, o peggio ancora d'un bosco,
può decretare il fallimento d'un progetto.
Di seguito, è possibile vedere alcuni esempi di come posizionare un router Wi-Fi
all'interno di un appartamento.
Figura 5.7: Appartamento o ambiente “A”
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Figura 5.8: Appartamento o ambiente “B”
Nelle figure precedenti, le frecce azzurre indicano il percorso diretto delle onde
radio, mentre quelle rosse il percorso delle onde radio riflesse. Lo studio del
posizionamento di un Access Point o di un Router Wi-Fi permette una migliore copertura
degli ambienti ma bisogna considerare che nella pratica, non sempre la riflessione del
segnale porta a concreti benefici poiché il segnale potrebbe risultare attenuato o
annullato.
5.10 Livelli di protezione
Una trasmissione di dati attraverso onde radio può benissimo essere ascoltata ed
intercettata da chiunque possiede l'attrezzatura adatta. Per questo motivo è necessario
provvedere ad impedire che malintenzionati o semplici curiosi possano violare la nostra
privacy; perciò è bene non sottovalutare mai i problemi di sicurezza di una rete wireless.
Sebbene risulta difficile difendersi dai cracker, il cui comportamento è eticamente
ben diverso da quello di un hacker, è bene approntare un qualche tipo di codifica che
renda almeno difficoltoso o laborioso l'attacco alla vostra rete, cercando così di
scoraggiare il curioso di turno.
Sembrerà un discorso piuttosto paranoico ma almeno il vostro vicino di casa non
“scroccherà” la vostra connessione ad internet e non rovisterà nel contenuto degli hard
disk dei PC collegati.
Quando escono dalla fabbrica gli Access Point o gli apparati multifunzione, sono
configurati per consentire qualsiasi connessione e non risulta attiva nessuna chiave di
codifica delle informazioni.
Ciò non è una dimenticanza o l'indicazione di scarsa qualità del prodotto, ma
semplicemente una comodità offerta per essere subito operativi e pronti al
funzionamento.
Nessuna rete deve essere posta in attività mantenendo le impostazioni originali ed
è a carico dell'utente provvedere immediatamente alla sua configurazione.
Teoricamente la codifica andrebbe attivata dopo aver effettuato le varie prove di
comunicazione e impostazioni generali degli apparati, o fintanto che si ha la connessione
diretta all'apparato, mediante connessione ethernet. Se questa condizione non viene
rispettata, si corre il rischio di escludersi dalla rete. Si raccomanda l'uso del livello di
codifica quanto più elevato possibile.
WEP e WPA: all'inizio la cifratura dei dati fu affidato al WEP (Wired Equivalent
Privacy) con chiave di codifica a 64 e 128 bit, una tecnica che prevedeva un
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livello di privacy equivalente a quello di una rete cablata ma presto si rivelò il suo
limite e la sua insicurezza (è infatti possibile ricostruire la chiave di rete
semplicemente “ascoltando” il traffico scambiato), ma se ne consiglia sempre
l'attivazione. Gli standard 802.11b,g ammettono una codifica WEP fino a 128 bit,
con l'802.11a si raggiungono i 152 bit. Esistono tuttavia tecnologie proprietarie
che permettono una codifica WEP di 256 bit come nel caso di 802.11b+ che
sebbene offre maggior protezione, è compatibile solo con apparati dotati dello
stesso chipset. Esiste in molti casi la possibilità d'inserire più chiavi che, associato
al metodo Open Key, permette il cambio automatico delle chiavi ad intervalli
regolari. Con l'introduzione di 802.11g, fece la comparsa il WPA (Wi-Fi
Protected Access) decisamente più sicuro del WEP e basato sul protocollo Tkip
(Temporal Key Integrity Protocol), supportando i server di autenticazione,
soluzione particolarmente interessante nell'uso aziendale ma onerosa in termini
d'uso casalingo o amatoriale. In quest'ultimo caso è bene prendere in
considerazione la variante WPA-Psk (Pre-Shared Key) dove sarà l'utente stesso
ad assegnare la password d'accesso Master Key a ciascun apparato, poi sarà il
protocollo Tkip che basandosi su essa, genererà altre chiavi sicure. Con l'802.11i,
è introdotto il WPA2 che è basato sul protocollo AES (Advanced Encryption
Standard) con chiavi da 128, 192, 256 bit e teoricamente compatibile con il WPA.
Per utilizzare questo standard non è però possibile il solo aggiornamento del
software o firmware dell'apparato, serve infatti un nuovo tipo di hardware.
MAC: altro metodo, decisamente sicuro, ma non assoluto, per proteggere la rete
wireless, consiste nel filtrare gli indirizzi MAC delle schede di rete e far accedere
solo quelli autorizzati, semplicemente compilando una lista di controllo. Come
tutte le applicazioni elettroniche ed informatiche, è certamente possibile falsificare
un indirizzo MAC con tecniche di spoofing ma richiede scaltrezza e conoscenze più
approfondite da parte dei cracker.
SSID: per offrire un ulteriore strato di protezione dei dati trasmessi, la
disattivazione della pubblicazione di SSID (Service Set Identifier, corrisponde al
nome identificativo della rete), rende la rete non identificabile ma utilizzando
particolari programmi, resta pur sempre visibile il canale utilizzato. In questo
modo sarà l'utente a dover fornire lo SSID ai client.
Applicando le informazioni acquisite in questa sezione ed assegnando indirizzi IP fissi,
disabilitando cioè il server DHCP integrato nell'apparato, si mette la rete in condizione
d'esercizio con un buon livello di protezione, migliorabile installando su ogni PC un
firewall.
Una protezione estremamente efficace, sarebbe quella d'implementare un tunnel
VPN.
La protezione di una W-Lan deve essere fatta a strati multipli, dove, più strati sono
presenti, maggiore è il livello di sicurezza. Applicando quanto descritto sopra, un cracker
dovrebbe scoprire il canale utilizzato, SSID, l'intervallo degli indirizzi IP validi, la chiave
crittografica ed un indirizzo MAC valido e violare una VPN se presente. Certamente nulla
è impossibile ma è estremamente laborioso carpire tutte le informazioni.
In questa sezione non sono state prese in considerazione le reti Ad-Hoc, ossia quelle
reti wireless funzionanti senza Access Point. In questa modalità non esistono funzioni di
sicurezza avanzate e, poiché insicura, se ne sconsiglia l'uso permanente.
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Capitolo 6
6. Introduzione e concetti di base sulle onde radio
Prima di cimentarsi nella realizzazione di una rete Wi-Fi o comunque wireless, è bene
apprendere alcune informazioni di base per stabilirne la fattibilità. In questa sezione,
verranno trattate inizialmente informazioni teoriche di base per poi passare a regole di
carattere pratico che pur basandosi sulle nozioni teoriche precedentemente esposte,
semplificheranno certamente lo studio sulla realizzazione pratica d'un progetto.
La prima norma da tenere sempre presente è che un link (collegamento) al limite
minimo della potenza di funzionamento non sarà mai stabile e al presentarsi delle prime
variazioni ambientali critiche (come la pioggia, la neve, ecc.), esso cadrà
inesorabilmente. Prove pratiche hanno evidenziato che basta un 30% di potenza in più
del minimo indispensabile per prevenire l'insorgere di problemi. Onde evitare di creare
confusione è utile procedere a piccoli passi, fornendo i concetti di base.
6.1 Energia RF
L'energia a Radio Frequenza, comunemente abbreviata in RF, può essere definita nel
modo più semplice possibile come un segnale a corrente alternata che forma un
movimento sia sul piano elettrico sia su quello magnetico che, a loro volta, si sviluppano
sul piano della propagazione in modo perpendicolare.
La loro posizione rispetto alla terra o alla direzione del piano di propagazione,
determina il tipo di polarizzazione che può essere di tipo orizzontale, verticale o
circolare.
La RF è definita, oltre dalla polarizzazione, anche dalle caratteristiche di frequenza
e di lunghezza d'onda, che sono inversamente proporzionali l'una dall'altra. La frequenza
viene indicata in Hertz, in onore al suo scopritore Heinrich Hertz, che definì 1Hz come un
ciclo completo di un'onda sinusoidale in un secondo. La figura a seguire mostra
graficamente quanto esposto:
Figura 6.1: Rappresentazione grafica di
una sinusoide
La lunghezza d'onda è definita tipicamente in metri ed è la lunghezza fisica
dell'onda sinusoidale; da essa dipende fortemente la lunghezza dell'elemento irradiante.
L'ampiezza indica il massimo valore sia positivo che negativo che l'onda
raggiunge.
Nella paragrafo “formule utili” è possibile trovare la relazione tra frequenza e
lunghezza d'onda.
6.2 Divisione dello spettro radio
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Lo spettro della radiofrequenza è diviso, come accade similmente con lo spettro
della luce visibile che viene diviso in colori, in bande radio che sono ulteriormente
suddivise in canali. Iniziando da una frequenza di 9KHz si dividono in:
Come già accennato precedentemente, le bande di frequenza sono ulteriormente
divise in canali individuali che rappresentano piccoli pezzi della banda disponibile e
permettono ad una trasmittente e ad un ricevitore di operare esattamente ad una
frequenza ben definita. I canali non sono tutti uguali ma sono in numero diverso e
posseggono diversa larghezza di banda in base alla divisione di spettro appartenente ed
al tipo di uso o di servizio designato.
6.3 Principio di base di un trasmettitore
Il compito del trasmettitore è quello di generare e trasmettere nell'aria il segnale a
radiofrequenza opportunamente modulato, ed è composto da diversi elementi
elettronici, ognuno dei quali ha un compito preciso. Per facilitarne la comprensione, è
opportuno utilizzare uno schema a blocchi semplificato:
Figura 6.2:
Schema a blocchi
di un trasmettitore
L'oscillatore ha il compito di generare il segnale a radiofrequenza di base,
chiamata anche portante. Nelle moderne radio è sostituito da un sintetizzatore a
PLL. Molto si potrebbe dire a riguardo di questo stadio ma siccome lo scopo è dare
solo informazioni di base, in parole molto semplici l'oscillatore non è altro che un
amplificatore che funziona in regime di risonanza ad una ben definita frequenza.
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Il modulatore ha l'importante compito di “inserire” ovvero miscelare un
qualunque segnale, nel nostro caso specifico i dati, nella radiofrequenza di base o
portante. Esso determina anche il tipo di modulazione usata che può essere AM
(Amplitude Modulation, modulazione d'ampiezza) oppure FM (Frequency
Modulation, modulazione di frequenza). La modulazione d'ampiezza è usata
principalmente per le trasmissioni audio monofoniche a lunga/lunghissima
distanza poiché non è richiesta la visibilità ottica tra trasmittente e ricevitore; il
suo lato negativo è che risulta essere suscettibile alle cariche elettriche
nell'atmosfera.
La modulazione FM è usata per tutti gli altri tipi di trasmissioni, dove deve essere
garantita maggiore fedeltà di riproduzione su lunghe distanze; il suo lato negativo è che
deve esserci visibilità ottica tra trasmettitore e ricevitore, non presenta i difetti della
modulazione AM.
Esistono tuttavia molti tipi di modulazione come la DSSS o la OFDM, utilizzate per
la trasmissione di dati. Nelle immagini seguenti è possibile vedere alcuni esempi di
modulazione:
Figura 6.3: Modulazione AM
Figura 6.4: Modulazione FM
Figura 6.5: Modulazione OFDM
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Figura 6.6: Modulazione DSSS
Nella modulazione DSSS il frequency offset indica lo scostamento in frequenza, in
MHz, dal centro del canale utilizzato. Analizzando attentamente la figura, si può capire
che un segnale con questo tipo di modulazione occupa più di un canale ed introduce
“rumore” in quelli adiacenti.
- L'amplificatore ha, come facilmente intuibile, il compito di amplificare e cioè
aumentare l'ampiezza del segnale senza però introdurre distorsioni. Alla sua uscita è
collegato il cavo d'antenna, possibilmente a bassa perdita (attenuando il meno possibile
il segnale) e l'antenna stessa.
6.4 Principio di base di un ricevitore
Il compito del ricevitore è quello di ricevere il segnale a radiofrequenza modulato e
renderlo all'uscita il più possibile simile all'originale. E' composto da diversi elementi
elettronici, ognuno dei quali ha un compito preciso. Per facilitarne la comprensione, è
opportuno utilizzare uno schema a blocchi semplificato:
Figura 6.7:
Schema a blocchi
di un ricevitore
Il ricevitore funziona in modo simile ma contrario al trasmettitore. In realtà il
discorso è molto più complesso poiché per spiegare anche a grandi linee come funziona
un ricevitore, occorre introdurre alcuni blocchi che permettano di capire meglio lo
schema sopra esposto che, risulta essere eccessivamente semplificato. Comunque sia,
l'antenna capta il segnale modulato presente nell'etere e lo invia tramite il cavo
d'antenna all'amplificatore interno che provvede ad innalzarne l'ampiezza per meglio
gestirne le elaborazioni successive. A questo punto però occorre introdurre gli altri
blocchi necessari.
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Figura 6.8: Schema
a blocchi di un
ricevitore
Un oscillatore locale crea la stessa frequenza RF di base del trasmettitore e la invia
al mixer che provvede a “togliere” dal segnale modulato captato dall'antenna ed
amplificato, la frequenza portante. Il segnale ottenuto passa attraverso un filtro che
provvede a “ripulire” ulteriormente il segnale risultante che viene poi amplificato. Il
demodulatore infine compie l'operazione inversa del modulatore: alla sua uscita si ha
praticamente lo stesso segnale che aveva modulato la portante nel trasmettitore, nel
nostro caso i dati.
E' utile far notare che per tutti i link a comunicazione bidirezionale, come quelli
delle W-LAN Wi-Fi, gli apparati contengono sia trasmettitore che ricevitore. Il
trasmettitore ed il ricevitore sono connessi all'antenna attraverso un particolare circuito
di commutazione ad alta frequenza.
6.4 Il dB
Il decibel è il rapporto tra due valori (uno dei quali di riferimento) e normalmente
nel campo delle telecomunicazioni è riferito alle potenze in gioco. Essendo un valore
relativo, indica perciò lo scostamento dal valore preso come riferimento, il cui valore è
definito dalla formula generica:
dB = 10 Log (P2/P1)
P1 indica il valore di riferimento (nel Wi-Fi è di 1 mW) e P2 la potenza
dell'apparato preso in esame. Essendo logaritmico, i suoi valori rappresentano una
compressione dei valori reali che esprime. Un valore di 3dB indica perciò un fattore 2 (il
doppio), -3dB un fattore -2 (la metà). Negli apparati trasmittenti/riceventi è indicato
anche un valore in dB negativi. Esso indica quel valore inferiore alla potenza di
riferimento che il ricevitore è in grado di “sentire”. Per meglio capire, il diagramma
seguente può essere meglio di molte parole:
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Figura 6.9: Livelli di potenza
In linea generale i termini più comunemente usati sono il dBm riferito ad una
potenza campione di 1mW; il dBi che è riferito al guadagno d'antenna ideale isotropica;
il dBW che è riferito ad una potenza campione di 1W.
6.5 Power (o Link) Budget e l'EIRP
Il Power (o Link) Budget è il termine che indica la somma algebrica dei guadagni e
delle perdite che concorrono in un link. Esso è indispensabile per verificare sia la
realizzazione pratica sia la corrispondenza dello stesso alle normative vigenti.
Semplificando molto le variabili in gioco, la rappresentazione grafica di una
installazione tipica reale, può essere così esposta:
Figura 6.10: Power Budget
Come si può notare le zone in verde concorrono all'aumento della potenza e quelle
in rosso, indicano le perdite di segnale e perciò ad una perdita di potenza. Gli elementi
che compongono il Power Budget sono quindi riassumibili in:
Potenza radio: è la potenza d'emissione dello stadio finale del trasmettitore (A e
G). E' espresso in W (Watt) ma nel caso degli apparati Wi-Fi, in mW. In
quest'ultimo caso, tale potenza viene espressa in dBm ed è un valore positivo.
Cavo d'antenna e connettori: i cavi d'antenna e relativi connettori, introducono
delle perdite (B e F). Espresse in dB (riferito al metro di lunghezza o su 100m di
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cavo), sono sempre di valore negativo e variano anche di molto in base al tipo di
cavo e connettore impiegato.
Antenna: sebbene di tipo passivo, in base alla conformazione e geometria,
introduce un guadagno positivo (C e E) supplementare espresso in dB. Essa ha il
compito d'irradiare e ricevere il segnale.
Propagazione nello spazio libero: è l'attenuazione, espressa in dB, che il segnale
subisce attraversando l'aria e lo spazio (D) per raggiungere l'antenna remota (E).
Il Power Budget avrà perciò il valore fornito dalla formula algebrica:
PB = A (dBm) + C (dB) – B cavi(dB) – B connettori (dB)
Questo valore non dev'essere mai superiore al limite imposto dalle vigenti leggi
(massimo 20dBm EIRP per le reti Wi-Fi.). Può essere comunque superiore se le due
stazioni trasmittenti/riceventi appartengono a radioamatori, i cui limiti dipendono dal
tipo di patente posseduta.
Il limite massimo di 20dBm EIRP all'antenna, usando la frequenza di 2,4GHz,
indica la potenza effettiva isotropica irradiata e cioè quella potenza che viene irradiata in
ogni direzione dall'antenna.
6.6 Fresnel Zone
L'effetto Fresnel è quell'insieme di fenomeni d'interferenza che sono sempre
presenti nelle trasmissioni a radiofrequenza. L'utilizzo di alta frequenza richiede poi che
le antenne siano a portata ottica e che non vi siano ostacoli d'ogni genere interposti. Si
definisce LOS (Line of Sight ovvero “linea di visibilità”) quella linea ottica diretta e priva
di ostacoli tra due punti. Quest'ultima condizione è facilmente verificabile ed in caso di
distanze particolarmente elevate, l'utilizzo di un binocolo costituisce valido aiuto.
Ostacoli che possono oscurare la LOS possono essere di varia natura:
· elementi caratteristici della zona: montagne o colline;
· palazzi o altre costruzioni;
· piante o boschi;
· curvatura terrestre: solo a grandi distanze
In un radio link non basta considerare la sola LOS, parte dell'energia irradiata vi si
trova intorno.
Si può immaginare questa zona come un ellissoide o un dirigibile il cui asse è la
LOS stessa.
Questo spazio viene definito come ZONA di FRESNEL e non dovrebbe mai essere
attraversato da oggetti o elementi elencati sopra.
Se un oggetto solido come un monte o un palazzo rientra in tale zona, il segnale
può essere deviato (per riflessione) e/o attenuato di potenza (per assorbimento o per
cammini multipli del segnale). La zona di Fresnel assume dimensioni variabili e
dipendenti dalla frequenza e dal percorso del segnale.
Figura 6.11: Effetto “Fresnel zone”
L'immagine qui sopra può rappresentare il tipico esempio di zona di Fresnel non
libera, sebbene la LOS lo risulti. Fenomeni di diffrazione e riflessione possono deviare
parte del segnale originale.
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Siccome queste riflessioni non sono mai in fase, il segnale può risultare attenuato
in potenza o annullato completamente (tipico nei fenomeni di cammini multipli, detti
anche Multi-Path). Anche la presenza di piante attenua il segnale.
· Da queste considerazioni si intuisce che antenne a “visibilità ottica” diretta non
garantisce in teoria l'efficienza di un link. Prove pratiche “sul campo” hanno però
evidenziato che è sufficiente avere il 60% del raggio massimo della zona di Fresnel
libera da occlusioni per avere un link efficiente ed in particolare, il 60% per la
modulazione DSSS e l'80% per la FHSS, Frequency Hopping Spread Spectrum. Fonte
http://www.radiolan.com/fresnel.html dov'è possibile calcolare una Fresnel di prova.
Il calcolo della zona di Fresnel è usato per dimensionare la posizione in altezza di
antenne ed è ricavabile mediante apposite tabelle. In caso di particolari occlusioni, è
bene optare nel cambio di posizione dell'antenna in modo tale d'aver almeno il 60% del
raggio massimo di tale zona libero o meglio ancora fino ad ottenere le condizioni di
funzionamento ottimali come riportate nella figura seguente.
Figura 6.12: Effetto “Fresnel zone”
I raggi d'esempio sono stati calcolati ipotizzando la presenza di un ostacolo
esattamente alla metà della distanza del link.
Propagazione nell'aria
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Le onde radio sono il mezzo per trasportare e trasferire dati a distanza e
supponendo d'usare una antenna omnidirezionale (detta anche isotropica), escono da
essa con un Power Budget definito e teoricamente si diffondono nell'aria in modo
uniforme in ogni direzione (come una sfera che si espande dal centro, dove risiede
l'antenna). In realtà, il segnale è attenuato perché soggetto ad interferenze di vario
tipo: colpiscono ostacoli come edifici, alberi ed oggetti in movimento, venendo riflesse,
attenuate e deviate dalla LOS dalla gravità, dall'effetto Fresnel, dai percorsi multipli ed
altro. L'effetto risultante di tutte queste interferenze è che il segnale radio ideale, partito
dall'antenna trasmittente, giunge all'antenna ricevente attenuato, distorto e sfasato.
Da quanto appreso finora, si deduce che nel calcolo totale della potenza del
sistema, va considerata anche la potenza minima indispensabile al ricevitore per
riconoscere il segnale (sensibilità) che andrà sommata anch'essa algebricamente.
Si definisce margine di guadagno (MG) la stima della potenza a cui il ricevitore
sarà messo in condizioni di lavoro, le cui prove pratiche hanno dimostrato debba essere
di circa 15dB superiore alla soglia minima per avere un link stabile nelle varie stagioni.
MG = PB (dB) – Perdite propagazione (dB) – sensibilità ricevitore (-dB)
6.7 Quale distanza si ottiene?
Quanto lontano si può andare? Molte sono le variabili in gioco ma usando
particolari accorgimenti, è possibile aumentarla o almeno sapere quanta potenza è
necessaria per raggiungere una distanza definita. Ci sono 4 fattori da tener presente di
cui su 3 si può avere una certa padronanza d'intervento:
1. L'EIRP del sistema: aumentando la potenza in uscita o il guadagno delle
antenne e limitando le perdite dei cavi e dei connettori, si fa più strada.
2. Linea di visibilità (o LOS): maggiore è l'arco di visibilità migliori sono le
condizioni d'esercizio poiché si attenuano i fattori ambientali come la crescita di rami e
foglie, l'abbattimento della potenza a causa di ghiaccio, della polvere, ossidazione e
guano.
3. La sensibilità del ricevitore: rappresentando “l'orecchio” del sistema, più è
bassa, meglio è.
Può essere migliorata abbassando la velocità del link. Le caratteristiche di
sensibilità generalmente aumentano col diminuire della velocità, non di rado passando
ad esempio da 11Mbit/s a 5,5Mbit/s, si guadagnano 3 dB che passando a 2 Mbit/s
diventano 6dB, corrispondenti di fatto ad un raddoppio della distanza mantenendo
invariata la potenza.
4. Effetto Fresnel: superati i 2 Km, gli effetti si fanno rilevanti.
6.8 Il puntamento
Quando la distanza inizia ad essere rilevante o quando s'impiegano antenne di tipo
direttivo, il puntamento delle stesse in modo ottimale assume un carattere importante
nella realizzazione del link. Sebbene non sia indispensabile, è sempre bene avere a
disposizione ciò che personalmente definisco come “kit di sopravvivenza Wi-Fi” che si
compone di:
1. Un ap anche economico, con connettore per antenna esterna e piuttosto
“elastico” in termini d'alimentazione.
2. Una scheda client possibilmente PCMCIA o USB, per computer portatile, dotata
di attacco per antenna esterna e compatibile con il programma Network Stumbler.
3. Una serie di connettori ed adattatori, in particolare da sma o rp-sma ad N.
4. Un computer portatile con il software Network Stumbler.
Questi componenti, oltre a rendere semplice il puntamento, possono tornare utili
per fare delle verifiche veloci quando si ha l'impressione che il link realizzato “rallenti” o
quando si devono apportare modifiche anche rilevanti.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Accendiamo il portatile e colleghiamo in modo “volante” l'antenna alla scheda
client e verifichiamo con Network Stumbler se intorno a noi sono presenti altre reti
wireless e su quale canale lavorano.
Si tenga presente, come visto nel capitolo precedente, che i canali disponibili non
sovrapposti sono solo 3 ed è bene scegliere uno di questi.
Scegliamo il tipo di polarizzazione, verticale o orizzontale, tenendo presente la
morfologia circostante e considerando il fatto che prove pratiche hanno dimostrato che
la polarizzazione verticale offre prestazioni migliori ma non sempre è possibile usarla e,
siccome ogni impianto fa storia a sé, non è detto che sia oltretutto la più efficiente.
Verificato il funzionamento e la connessione tra gli apparati, si procede al fissaggio
di un'antenna da un lato del link ed utilizzando un binocolo, la si punta verso la
“destinazione” e vi si collega l'AP del kit di sopravvivenza, impostato per l'uso
dell'antenna esterna. Effettuata una rapida verifica delle connessioni, si procede ad
alimentare l'apparato.
Spostandoci sull'altro lato (la destinazione del link), si monterà l'antenna avendo
cura di mantenere la stessa polarizzazione e vi si collegherà la scheda client.
Accendiamo il portatile ed avviamo il programma Network Stumbler, muovendo
l'antenna dall'alto in basso e da destra verso sinistra verifichiamo se c'è disponibilità del
link. Quando lo si rileva, serrare leggermente le viti di fissaggio, selezioniamo dal
pannello di sinistra del programma il canale dell'ap remoto e far compiere dei piccoli
scostamenti all'antenna in modo da ottenere il massimo segnale. Fissare in modo
definitivo l'antenna cercando di non farle compiere scostamenti.
Spegnere il computer e scollegare l'antenna dalla scheda. Portandosi sull'altro lato
del link, togliere l'alimentazione all'AP del kit e ripetere l'operazione nel senso opposto.
Ultimate queste ultime operazioni, avrete un bel link funzionante.
Si ricorda di non usare tutta la potenza degli apparati ma quanto basta per avere
un link stabile. Trasmettere a piena potenza generalmente non è sinonimo di massima
velocità ottenibile, spesso si ottiene l'effetto inverso perché è come ascoltare musica a
tutto volume utilizzando le cuffie... il risultato finale è che sentirete del gran rumore
senza distinguere nulla. Il fatto d'usare poca potenza, garantisce anche ad altri la
realizzazione di un proprio link wireless e consente un risparmio energetico non
indifferente con un link attivo 24/24 ore.
6.9 Le antenne per outdoor
Le antenne hanno particolare importanza nelle applicazioni radiotrasmittentiriceventi, ad esse è affidato il compito d'irradiare e di ricevere il segnale nell'etere e per
questi motivi, possiedono guadagno sia in trasmissione che in ricezione. La scelta e
l'installazione del tipo più opportuno d'antenna può essere particolarmente impegnativo
e difficile, dipendente di sovente dalle condizioni morfologiche del territorio. Per
comprenderne le differenze tra i vari tipi disponibili è utile capire il concetto principale:
la direzionalità, cioè la capacità dell'antenna di diffondere i segnale in determinate
direzioni, piuttosto che in altre. Si deduce perciò che i tipi d'antenna possono essere:
1. Omnidirezionale o isotropica: diffonde il segnale a radiofrequenza tutt'intorno;
idealmente il segnale si propaga come fosse una sfera (in realtà somiglia più ad una
mela...) al cui centro risiede l'antenna. Questo tipo d'antenna non possiede
generalmente alto guadagno poiché l'energia viene “dispersa” in ogni direzione,
rendendola perciò la favorita in applicazioni dove è richiesta la copertura di ambienti non
necessariamente estesi. Sebbene ve ne siano di svariati tipi e costruzioni, la sua forma
tipica è quella di una stilo.
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Figura 6.13: Antenna di tipo omnidirezionale
1. Direzionale e direttiva: hanno la peculiarità di concentrare il segnale in una
zona, nella direzione del suo sviluppo. Dietro di sé, il segnale è fortemente ridotto
d'intensità poiché ha scarse condizioni d'irradiazione. Il suo guadagno varia molto
dal tipo di costruzione e dal materiale impiegato. Nelle versioni ad alto guadagno,
il puntamento è particolarmente impegnativo poiché il segnale viene concentrato
in un solo ipotetico punto. Particolare importanza riveste l'angolo d'apertura del
segnale e la sua polarizzazione che può essere verticale se il suo campo si
propaga sull'asse verticale o orizzontale se si propaga sull'asse orizzontale.
Considerando il fatto che ci sarebbe da dire molto riguardo le antenne, ma poiché
questa breve introduzione alle antenne si rivolge essenzialmente all'uso più che alla
tecnica delle stesse, si ritiene utile soffermarsi su quelle di tipo direzionale, di ampio uso
nei link a media e lunga distanza.
6.10 Direzionali e direttive
Da quanto esposto al punto nelle generalità, si evince che le direttive e direzionali
posso essere di diverso tipo come per esempio:
1.
Yagi: simili in tutto per tutto alle antenne utilizzate per la ricezione dei
segnali televisivi, si riconoscono per l'elevato numero di elementi che la
compongono (composta cioè da quelli che vengono volgarmente chiamati
“baffi”, tanto per intenderci...). Sono delle buone antenne e l'angolo di
apertura del segnale diminuisce con l'aumentare del guadagno, come del
resto accade con qualsiasi antenna direttiva. Vengono spesso impiegate
nei centri urbani, in condomini, poiché si mimetizzano facilmente tra le
antenne per la televisione.
Ci sono alcune caratteristiche che però ne limitano l'impiego: A) più il
guadagno è alto, più l'antenna si sviluppa in lunghezza, rendendone difficile
l'installazione; B) sono piuttosto sensibili alla pioggia e durante la stagione
invernale, formazioni di ghiaccio e neve, ne abbattono notevolmente il guadagno
rallentando il link, fino ai casi più estremi in cui si perde.
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Figura 6.14: Antenna di tipo direzionale Yagi
Le antenne Yagi permettono dei link piuttosto lunghi, intorno ai 10 Km. Utilizzando
il programma Nec2, è possibile creare una simulazione grafica dell'irradiazione, sia sul
piano orizzontale sia su quello verticale, di una Yagi avente 16 elementi, come quella
illustrata sopra e circa 15dB di guadagno:
Figura 6.15: Diagramma di polarizzazione Figura 6.16: Diagramma di polarizzazione
sul piano orizzontale di una antenna di tipo sul piano verticale di una antenna di tipo
direzionale Yagi
direzionale Yagi
2.
Parabole: Sono antenne particolarmente indicate quando la distanza
inizia ad essere rilevante. Posseggono generalmente grande guadagno
con dimensioni piuttosto ridotte che comunque aumentano con
l'aumentare del guadagno. Sono composte da un elemento irradiante che
si trova fisicamente nel fuoco di una griglia o di un disco parabolico.
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Queste ultime hanno una resa migliore ma le rendono molto visibili e
sensibili alle forze di trazione generate dal vento. Possedendo grande
direzionalità e quindi pochi gradi d'apertura del segnale, su grandi
distanze, non è semplice il puntamento e spesso ci si aiuta col binocolo.
Figura 6.17: Antenna di tipo parabola
Il perché del grande guadagno è facilmente spiegabile mostrando i lobi
d'irradiazione del segnale di un'antenna di tipo direttivo, come riportato nel disegno
seguente:
Figura 6.18: Antenna di tipo parabola
Generalmente, in commercio, si possono facilmente reperire parabole dai 15 ai
24dB di guadagno ma, se si vuole salire, occorre darsi al modding ed utilizzare dei
riflettori offset, normalmente impiegati per la ricezione delle emittenti satellitari. In
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questo caso basterà posizionare nel fuoco, al posto dell’LNB, una cantenna oppure una
BiQuad. Nota particolare riguarda a questo punto il montaggio su palo che andrà
eseguito al contrario, in modo che il puntamento non sia verso il cielo… Di seguito è
possibile vedere alcuni esempi:
Figura 6.19: Antenna di tipo parabola
3.
A guida d'onda: è la più semplice tra le antenne a guida d'onda,
particolarmente amata tra gli appassionati perché di semplice costruzione,
con un costo di realizzazione decisamente irrisorio. Fondamentalmente è
costituita da un barattolo in metallo e dall'elemento irradiante, il dipolo,
che da sperimentazioni effettuate deve avere un diametro di 2 mm. Lo
stesso dipolo è generalmente ricavato o saldato direttamente sul
connettore d'antenna usato, tipicamente un N femmina. Lo schema di
costruzione tipico è il seguente:
Figura 6.20: Antenna a guida d’onda
Siccome la frequenza utilizzata è di 2,45GHz, “Lo” ha valore di 122 mm ed il
diametro “D” del barattolo dev’essere di circa 10 centimetri. La lunghezza del barattolo
non è propriamente critica e dev’essere uguale o superiore a 3/4Lg. Dati questi valori, si
deduce che Lo/4 è di 31 mm. Il valore di Lg dipende invece dal diametro del barattolo
scelto. Di seguito sono forniti alcuni valori d’esempio, per l’uso in Wi-Fi:
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4.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Le antenne Gregoriane: sono particolari antenne paraboliche che hanno
una doppia riflessione. Una prima riflessione parabolica convoglia il
segnale verso il fuoco del paraboloide primario. Un secondo riflettore
(convesso) posto opportunamente prima del fuoco focalizza il segnale
verso l'illuminatore posto al centro del primo riflettore parabolico.
Figura 6.21: Antenna Gregoriana
5.
Antenna a guida d'onda “Slotted Waveguide 180°”: Sebbene la sua
costruzione richieda una lavorazione tramite macchine a controllo
numerico (e quindi alto costo di realizzazione), questo tipo d'antenna è
particolarmente utile quando gli angoli d'apertura del segnale devono
essere piuttosto elevati (max 160-170°) ed accompagnati da un
guadagno d'antenna medio-alto. Il suo sviluppo in altezza dipende dal
numero di slot presenti e possiede polarizzazione orizzontale. Superato un
certo numero di slot, data l'enorme lunghezza, si preferisce montarla in
orizzontale. Questo tipo d'antenna viene anche realizzata con apertura di
360° (omnidirezionale). In figura è possibile vedere un tipico esempio di
slotted waveguide con i suoi caratteristici slot, in questo caso sono ben
16:
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Figura 6.22: Antenna a guida d’onda Slotted Waveguide 180°
Come detto in precedenza, a causa dell’elevata precisione della lavorazione
richiesta, una realizzazione home-made è quasi impossibile. A titolo informativo, è
giusto dire che esistono comunque delle sperimentazioni che utilizzano una barra di
polistirolo ricoperta di carta stagnola, ricavando le aperture incidendo la stessa.
Utilizzando il programma Nec2, è possibile creare una simulazione grafica
dell'irradiazione sui piani di elevazione ed azimutale di una slotted waveguide 180°
avente 8 slot:
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Figura 6.23: Polarizzazione asse orizzontale e verticale per una antenna a guida d’onda
Slotted Waveguide 180°
6.
BiQuad: Esteticamente piccola, la BiQuad vanta grande popolarità grazie
alla sua semplicità costruttiva e di puntamento, ha apertura di 180° e
guadagno nell'ordine dei 10-11dB. Sebbene il principio di costruzione sia
sempre uguale, ne esistono svariate realizzazioni, impieganti materiali e
forme diverse (particolare è l'impiego di vecchi cd).
Nella foto è possibile vederla nella sua realizzazione tipica, utilizzando lamine di
rame.
Figura 6.24: Antenna a BiQuad
6.11 Formule utili
Sebbene questa sezione non vuole assumere carattere prettamente tecnico, viene
fornita una serie di formule matematiche che semplificano lo studio e la realizzazione di
un link wireless.
· Lunghezza d'onda λ (in metri):
λ = 300 / f
dove f = frequenza in MHz
· La densità di potenza in un punto qualsiasi di distanza (d), utilizzando un'antenna di
tipo omnidirezionale, è dato dalla formula:
P(d) = EIRP / (4 * π * d2) [W/mq]
· La potenza al ricevitore è data dalla formula:
Pr = EIRP * Gar * [λ / (4 * π * d)]2 Gar = guadagno antenna ricevente
· L'attenuazione dovuta alla distanza (d):
Ad = [λ / (4 * π * d)]-2
· Power o Link Budget (PB):
PB = Papp (dBm) + Gant (dB) – Pcavi(dB) – Pcon (dB)
Papp = potenza apparato
Gant = guadagno antenna
Pcavi = perdita cavi
Pconn = perdita connettori
· Margine di guadagno (MG):
MG = PB (dB) – Perdite propagazione “Ad”(dB) – sensibilità ricevitore (-dB)
· Direttività:
Direttività = (π * D / λ)²
π =3,14
D = il diametro dell'antenna
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λ = lunghezza d'onda
Per esempio, se il diametro è 66cm, la formula diventa:
direttività = (3,14 * 0,66 / 0,12)² ovvero 17,7 * 17,7 = 298
La direttività è proporzionale all'area di cattura dell'antenna, ma per ottenere il
guadagno bisogna tener presente altri problemi come lo spillover (l'illuminatore irradia
anche al di fuori della parabola) e le perdite sull'illuminatore, così, nella migliore delle
ipotesi, si riescono ad ottenere rendimenti pari a 0,6, ovvero:
guadagno = rendimento * direttività
secondo l'esempio riportato sopra, allora si ottiene:
guadagno = 0,6 * 298 = 178
che corrisponde a circa 22dB (o dBi, in quanto ci si riferisce al modello
dell'antenna isotropica, ergo dB = 10 Log(guadagno))
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Capitolo 7
7. La scelta dei componenti e gli strumenti utilizzati
In questo capitolo vengono elencate le possibili scelte dei componenti da usare
fornendone delle brevi descrizioni per motivarne la scelta. Successivamente verranno
descritti gli strumenti utilizzati per la realizzazione del sistema informativo per il
monitoraggio in tempo reale.
Un obiettivo primario di questo lavoro è la progettazione di un prodotto che sia
possibile usare in tutti gli impianti. Per questo motivo, come tipo di trasmissione, è stato
scelto il wireless. Questa scelta è motivata dal fatto che la tecnologia wireless è
facilmente adattabile anche a impianti già in funzione, mentre se si volesse usare la
trasmissione cablata sarebbe necessario, con conseguente aumento del costo, creare
una nuova rete nell'impianto.
Il processo di individuazione e selezione dei componenti da assemblare per
comporre il prototipo è stato influenzato dalla ricerca di particolari elementi
qualitativamente idonei ma allo stesso tempo in grado di mantenere i costi al di sotto
della soglia prestabilita.
Per raggiungere questa finalità è stato necessario scegliere componenti elettronici
di buona fattura che, ripetutamente testati, garantissero un comportamento altamente
affidabile.
7.1 Preventivo per la realizzazione del sistema di monitoraggio
La stesura dell'elenco dei possibili componenti per la realizzazione del sistema di
monitoraggio è stata fatta analizzando alcuni aspetti fondamentali dell'impianto, quali:
la conoscenza della distanza che intercorre tra il campo fotovoltaico e l'unità di
controllo e gestione o anche la semplice unità adibita ad immagazzinare i dati.
Questo tipo di informazione risulta fondamentale nella scelta di una tecnologia di
trasmissione piuttosto che di un'altra (infatti se le distanze sono minime si potrà
usare la tecnologia wireless Wi-Fly oppure ZigBee, mentre se le distanze
cominciano ad essere considerevoli (> 100 m) una buona scelta potrebbe essere
l'installazione di trasmettitori Wi-Fi);
la distanza che c'è tra i vari componenti dell'impianto e l'unità di controllo e
gestione o la semplice unità atta all'immagazzinamento dei dati. Anche in questo
caso si può scegliere tra Wi-Fly o ZigBee per piccole distanze (in alternativa si può
decidere di realizzare una rete via cavo tramite interfaccia RS485 con protocollo
MODBUS) oppure optare per il Wi-Fi qualora la distanza risultasse considerevole.
Il tipo di inverter installato nell'impianto, in quanto è utile sapere se il dispositivo è
dotato di uscite che forniscono i dati via wireless (es. Wi-Fly, Zig-Bee, Bluetooth,
Wi-Fi) o via cavo tramite interfacce RS232 o RS485. Nel nostro caso tale
dispositivo non ci è stato commissionato e pertanto verrà solo brevemente
indicato nel capitolo.
Per quanto riguarda il monitoraggio delle stringhe una buona scelta consiste nel
prendere i parametri fondamentali da due stringhe orientate diversamente o
composte da moduli di materiale diverso in modo da riuscire ad avere un
sufficiente set di dati che può coprire abbastanza bene la disomogeneità
dell'impianto. Anche questo punto non è stato richiesto dal committente.
Prendendo sempre come esempio l'impianto di figura 4.5, si è scelto di creare una
rete che implementi lo standard Wi-Fi per trasmettere i dati all'unità centrale provenienti
dal pannello e dal contatore.
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Di seguito sono elencati i dispositivi scelti per implementare il sistema.
Locale
Dispositivi scelti
n. 1 SENSORE TEMPERATURA INTERNO
n. 1 SENSORE TEMPERATURA ESTERNO
n. 1 SENSORE UMIDITA' INTERNO
n. 1 SENSORE LUCE (PIRANOMETRO)
Stazione
n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3
meteo
n. 1 RX/TX a 2.4GHz con MODULO RN-XV WIFLY
n. 2 BATTERIE LION DA 3,7V/2A
n. 1 PANNELLO SOLARE 10V/1,3W
n. 1 ALIMENTATORE 5V/3,3V
1 ALIMENTATORE 5V/3,3V
n. 1 SENSORE LUCE CONTATORE 1
n. 1 SENSORE LUCE CONTATORE 2
n. 1 CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE
n. 1 CONTATTO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE
n. 1 RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE
n. 1 RELE' RIARMO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE
n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3
n. 1 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 PER SCHEDA
ARDUINO
Cabina
n. 1 SWITCH 4 PORTE RJ45
Produzione
n. 1 ROUTER / SWITCH WI-FI
n. 1 ACCESS POINT NANOSTATION 2
n. 1 ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT
NANOSTATION 2
n. 1 MODULO GSM/GPRS
n. 1 ANTENNA PER GSM/GPRS
LINEA ADSL CON WI-FI + PRESA RETE LAN RJ45
n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A
n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V
n. 1 SENSORE LUCE CONTATORE 3
n. 1 CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE
n. 1 RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE
n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3
Cabina
n. 1 SHIELD ETHERNET CON POE REV. 3 PER SCHEDA
Distribuzione ARDUINO
n. 1 ACCESS POINT NANOSTATION 2
n. 1 ANTENNA GREGORIANA
n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A
n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V
In dettaglio si avrà:
7.2.1
7.2.2
7.2.3
7.2.4
7.2.5
Analizzatore di rete elettrica (non utilizzato nel progetto)
I trasformatori di misura (non utilizzato nel progetto)
Misure di tensione in corrente alternata con un AC adattatore di
alimentazione CA (non utilizzato nel progetto)
Sensore di irraggiamento (piranometro)
Sensore di temperatura per esterno DS18B20
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
7.2.6
7.2.7
7.2.8
7.2.9
7.2.10
7.2.11
7.2.12
7.2.13
7.2.14
7.2.15
7.2.16
7.2.17
7.2.18
7.2.19
7.2.20
7.2.21
Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Sensore di temperatura per interno DHT22
Scheda Arduino Uno
Modulo GSM/GPRS & GPS Shield V2 per Arduino
Modulo Real Time Clock (RTC) Shield per Arduino
Modulo Ethernet Shield REV3 - PoE Ready per Arduino
Modulo RN-XV WiFly della Roving Networks
Modulo XBee Shield per Arduino (non utilizzato nel progetto)
Modulo trasmittente XBee (non utilizzato nel progetto)
Access Point/Client Outdoor modello NANOSTATION 2
Il PoE (Power Over Ethernet)
La stazione meteo (non utilizzato nel progetto)
Batterie e circuito regolatore di ricarica
Panello solare fotovoltaico
Interfaccia ottica per lettura Contatore con uscita impulsiva a
led
Interfaccia relè per riarmo contatore
Interfaccia lettura contatto pulito
Scegliere Arduino è vantaggioso perché, oltre ad avere un costo contenuto, utilizza
un circuito stampato che integra un microcontrollore con PIN connessi alle varie porte di
Input/Output e un'interfaccia USB che consente la comunicazione con il computer.
Inoltre viene affiancato da un ambiente di sviluppo integrato (IDE) adatto a
qualsiasi sistema operativo, che consente di scrivere programmi con un linguaggio
semplice e intuitivo derivato dal linguaggio C. Altra particolarità di Arduino è che le
informazioni sull'hardware e sui progetti sono disponibili per chiunque ne avesse
necessità: si tratta quindi di un hardware “Open Source”.
7.2 Descrizione dei componenti scelti
7.2.1 Analizzatore di rete (non utilizzato in questo progetto)
Un analizzatore di rete è uno strumento impiegato per analizzare le proprietà delle
reti elettriche, in particolare il comportamento associato alla riflessione ed alla
trasmissione di segnali elettrici. Gli analizzatori di rete sono usati principalmente per le
alte frequenze, tipicamente da alcune centinaia di KHz fino a molti GHz.
Gli analizzatori di reti elettriche sono strumenti multifunzionali che misurano la
corrente continua, la corrente alternata, l'intensità di corrente DC, l'intensità di corrente
AC e la potenza in watt.
Per monitorare il lato delle stringhe in continua si può utilizzare il controllore di
stringa CE-AD12 prodotto dalla A&G Engineering SRL.
Il dispositivo consente di misurare simultaneamente tensione, corrente e potenza
in uscita da una stringa fotovoltaica (tensione massima fino a 1000V, corrente massima
fino a 100A) e dispone di uscita RS485 con protocollo MODBUS. Rappresenta una
soluzione molta compatta, infatti utilizza un unico trasduttore per le misure. In tal modo
effettuando dei confronti fra i valori forniti da ciascuna stringa monitorata si riesce
immediatamente ad individuare un eventuale malfunzionamento dovuto ad un guasto
che altrimenti sembrerebbe dovuto alla mancanza di sole.
Se ad esempio si hanno 30 stringhe da 2KW ciascuna, la potenza totale fornita è
di 30 * 2KW = 60KW. Supponendo che una stringa si guasti e non fornisca potenza, la
potenza totale fornita diventa di 58KW. Se si legge solo il valore globale dall'inverter non
si è in grado di determinare se questa diminuzione di potenza è dovuta ad una riduzione
di intensità della luce solare o ad un guasto di una stringa, tranne che non vi siano
installati anche dei sensori di irradiazione.
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Utilizzando questo dispositivo si ha la possibilità di individuare il guasto in tempo
reale consentendo un rapido intervento.
Per monitorare, invece, il lato in corrente alternata una buona scelta è l'impiego
dell'indicatore multifunzione WM12DINAV53DS prodotto da Carlo Gavazzi Automation
SPA. Questo indicatore trifase presenta una tastiera di programmazione integrata ed è
particolarmente indicato per la visualizzazione delle variabili elettriche principali. E'
dotato di una custodia per montaggio con guida DIN1(Supporto metallico per sostenere le varie
apparecchiature elettriche tipo salvavita, timer, magnetotermici, ecc. Lo si può trovare all'interno di quadri elettrici, dai più piccoli
(come quello che si trova in casa) ai quadri industriali.),
ha un grado di protezione frontale IP402(Secondo
la
norma CEI 70-1(Norma italiana che corrisponde alla EN 60529) il grado di protezione dell'involucro di apparecchiature elettriche con
tensione nominale non superiore a 72.5 KV viene così descritto: la prima cifra indica il grado di protezione contro il contatto di corpi
solidi esterni e contro l'accesso a parti pericolose, mentre la seconda cifra indica la protezione contro la penetrazione dei liquidi.
Esiste inoltre un terzo valore che indica il grado di resistenza meccanica dell'involucro. Quindi una protezione IP40 vuol dire:
1a cifra: 4. Il materiale è protetto contro corpi solidi di dimensioni superiori a 1 mm ed è protetto contro l'accesso con filo.
2a cifra: 0. Il materiale non è protetto contro la penetrazione di liquidi)
e una porta RS485 di
comunicazione seriale.
Un'ulteriore soluzione alternativa è data dall'analizzatore di energia trifase EM24DIN, sempre prodotto da Gavazzi, il quale presenta un joystick di programmazione
incorporato e un display LCD per la visualizzazione dei dati; è particolarmente indicato
per misurare l'energia attiva e reattiva. Anch'esso presenta una custodia per il
montaggio a guida DIN, ma ha una protezione frontale IP50. L'analizzatore può essere
dotato di uscite digitali, ciascuna delle quali può essere utilizzata per la ritrasmissione,
mediante impulsi, dell'energia attiva o reattiva misurata, o anche utilizzabile come
uscite per segnalare allarmi.
7.2.2 I trasformatori di misura (non utilizzati in questo progetto)
Utilizzo dei trasformatori di misura
Nella distribuzione elettrica MT (media tensione) i valori elevati di corrente e di
tensione non permettono il loro utilizzo diretto dalle unità di misura o protezione.
I trasformatori di misura sono necessari per fornire dei valori utilizzabili da questi
dispositivi che possono essere:
* apparecchi analogici, che utilizzano direttamente il segnale fornito
* unità di trattamento numerico con microprocessore.
Figura 7.1: Esempio di
utilizzo dei
trasformatori di misura
in una catena di
protezione
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I trasformatori di misura sono dei seguenti tipi:
2. Trasformatori di corrente. Connessi sul circuito primario alla rete MT, forniscono al
circuito secondario un valore di corrente ridotto e proporzionale alla corrente del
sistema su cui sono installati.
3. Trasformatori di tensione. Connessi sul circuito primario alla rete MT, forniscono al
circuito secondario un valore di tensione ridotto e proporzionale alla tensione del
sistema su cui sono installati.
I trasformatori di corrente (TA) hanno la funzione di fornire al secondario una
corrente proporzionale a quella del circuito MT su cui sono installati.
L'avvolgimento primario, connesso in serie al circuito MT, è sottoposto alle stesse
sovracorrenti e al livello di tensione del sistema MT.
Figura 7.2: Trasformatori di
misura del tipo in corrente
TA (Ip = corrente del circuito
primario e Is = corrente del
circuito secondario)
L'avvolgimento secondario ha quasi sempre uno dei morsetti collegati a terra.
L'avvolgimento secondario non deve mai essere a circuito aperto (cortocircuitarlo).
Principio di funzionamento
Il TA alimenta frequentemente un carico fortemente resistivo (Rc + cavetti) e può
essere rappresentato dal seguente circuito equivalente.
Figura 7.3: Circuito equivalente
del trasformatore di corrente TA
I1: corrente primaria
I2 = I1/Kn: corrente secondaria
del TA ideale.
Is: corrente secondaria
effettivamente circolante
Im: corrente magnetizzante
E: forza elettromotrice indotta
Vo: tensione d'uscita
Lm: induttanza di
magnetizzazione (saturabile)
equivalente del TA
Rct: resistenza secondaria del
TA
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Rwir: resistenza dei cavetti di
connessione
Rc: resistenza del carico
La corrente I2 è l'immagine perfetta della corrente primaria I1 con il rapporto di
trasformazione.
La corrente reale di uscita (Is) è soggetta a un errore dovuto alla corrente di
magnetizzazione (Im).
Figura 7.4 - Curva di magnetizzazione
(d'eccitazione) del TA
Tensione d'uscita in funzione della corrente
magnetizzazione Vs = f (Im)
Il TA ha un'unica curva di magnetizzazione (a temperatura e frequenza data).
Con il rapporto di trasformazione, essa caratterizza il suo funzionamento.
La curva di magnetizzazione (tensione Vs, corrente di magnetizzazione Im) può
essere divisa in 3 zone:
1 - zona lineare: Im è molto bassa e la tensione Vs (quindi Is) aumenta in maniera
praticamente proporzionale alla corrente primaria.
2 - zone intermedia: non c'è un reale punto di rottura ed è difficile situare un punto
preciso corrispondente alla tensione di saturazione.
3 - zone satura: la curva diventa quasi orizzontale; l'errore del TA è elevatissimo, la
corrente secondaria è deformata dalla saturazione ed il valore efficace è molto basso.
I trasformatori di tensione (TV) hanno la funzione di fornire al secondario una
tensione proporzionale a quella del circuito MT su cui sono installati.
L'avvolgimento primario, connesso in parallelo al circuito MT tra fase-fase o fase e
terra, è sottoposto alle stesse sovratensioni.
L'avvolgimento secondario fornisce una tensione costante indipendentemente dal
carico collegato.
L'avvolgimento secondario non deve mai essere cortocircuitato.
Figura
7.5
Circuito
semplificato di un trasformatore
di tensione
IS: corrente secondaria
Us: tensione secondaria
Zc: impedenza di carico.
I trasformatori di tensione hanno due funzioni essenziali:
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adattare il valore della tensione MT del primario alle caratteristiche delle
apparecchiature di misura o di protezione connesse, fornendo una tensione
secondaria d'intensità proporzionalmente ridotta
isolare il circuito di potenza dal circuito di misura e/o protezione
Costituzione e tipi
Un trasformatore di tensione è costituito da un avvolgimento primario, da un
nucleo magnetico e da uno o più avvolgimenti secondari, tutti inglobati in resina
epossidica.
Ci sono due tipi di TV, in accordo al tipo di collegamento:
fase - fase: avvolgimento primario collegato tra due fasi
fase - terra: avvolgimento primario collegato tra fase e terra
Figura 7.6 – Collegamento dei
trasformatori di tensione TV
7.2.3 Misure di tensione in corrente alternata con un AC adattatore di
alimentazione CA (non utilizzato in questo progetto)
Per calcolare la potenza reale, la potenza apparente e il fattore di potenza è
necessaria una misura della tensione alternata A.C..
Questa misura può essere fatta in modo sicuro (senza necessità di lavorare con le
alte tensioni) utilizzando un adattatore da tensione AC a tensione AC. Il trasformatore
adattatore fornisce l’isolamento tra l'alta e la bassa tensione AC.
Limiti della tensione di rete in a.c.
Lo standard di rete domestica per l'Europa è di 230 V ± 10%, fornendo un limite
inferiore di 207 V e un limite superiore di 253 V. È consentito un limite per avere una
caduta di tensione entro l'installazione del 5%, il che fornisce un limite inferiore di 185,5
V.
Si fornisce brevemente in questa sezione i componenti elettronici necessari per
interfacciare una elevata tensione AC alla scheda Arduino.
Nel caso di misura di tensione con un trasformatore TV (trasformatore di tensione)
l'obiettivo principale per l'elettronica di condizionamento del segnale è di ridurre la
tensione di ingresso da 220 Vc.a. a circa 9÷12 Vc.a. tramite un opportuno circuito
condizionatore il cui ingresso è collegato ad un trasformatore TV in modo che soddisfi i
requisiti di ingresso degli ingressi analogici della scheda Arduino. Ovvero ottenere una
tensione positiva compresa tra 0V e la massima tensione applicabile al convertitore
Analogico / Digitale che ADC (normalmente è di 5V).
I trasformatori TV, possono essere equivalenti ai comuni trasformatori di
alimentazione utilizzati per alimentare piccole radio, telefonini, etc. La prima cosa che è
importante conoscere leggendo sulla targhetta del trasformatore sono i dati caratteristici
dello stesso (ad esempio si avrà: 9 Vc.a. RMS – 500mA).
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Il segnale in uscita dal trasformatore di tensione in c.a. possiede una forma d'onda
quasi perfettamente sinusoidale. Se si dispone di un trasformatore con un primario
collegato alla 230V e un secondario in bassa tensione di 9V (RMS) si dovrebbe ottenere
un segnale di picco positivo di circa 12,7 V e il segnale di picco negativo di circa -12,7 V.
Tuttavia a causa della regolare la tensione con questo tipo di adattatore quando
l'adattatore non è caricato (ovvero quando non è collegato ad una resistenza di carico
sul secondario, come in questo caso) l'uscita è spesso intorno a 10V÷12V (RMS) dando
una tensione di picco di circa 14V÷17V. La tensione di uscita del trasformatore è
proporzionale alla tensione di ingresso Va.c.
L'elettronica di condizionamento del segnale deve quindi convertire l'uscita del
trasformatore ad una forma d'onda che ha un picco positivo inferiore ai 5 V e un picco
negativo che sia superiore a 0V e quindi dobbiamo:
1) ridimensionare la forma d'onda
2) aggiungere un offset (una tensione continua) in modo che non vi sia alcuna
componente negativa.
La forma d'onda può essere ridotta utilizzando un semplice partitore di tensione
collegato tra i terminali del secondario del trasformatore mentre la piccola tensione di
offset in continua può essere aggiunta utilizzando una sorgente di tensione creata da un
altro partitore di tensione collegato tra alimentazione della scheda Arduino.
Vediamo lo schema elettrico (a sinistra) e le forme d'onda di tensione (a destra):
Figura 7.7 – Schema elettrico e forme d’onda dell’interfaccia con un trasformatore di
tensione TV
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I resistori R2 e R1 formano un partitore di tensione che riduce la tensione di
alimentazione in c.a. mentre i resistori R3 e R4 forniscono la tensione di polarizzazione
(offset positivo di +2,5 V). Il condensatore C1 fornisce un percorso a bassa impedenza
verso massa per il segnale in alternata.
I resistori R1 e R2 devono essere scelti per fornire un picco di tensione di uscita di
circa 1 V, per un trasformatore in c.a. con un secondario da 9V RMS si può determinare
una combinazione della resistenza R1=10 Kohm mentre R2 = 100 Kohm fornirebbe un
output adatto:
picco di tensione di uscita = R1 / (R1 + R2) x picco di tensione di ingresso = 10K / (10K
+ 100K) x 12,7 V = 1,15V
La tensione di polarizzazione è fornita dal partitore composto da R3 e R4 che deve
essere la metà della tensione di alimentazione (+5 V) e quindi entrambi i valori di R3 e
R4 devono essere uguali. Un valore di resistenza maggiore riduce ovviamente il
consumo di energia.
Se la scheda Arduino funziona con una alimentazione a +5V la forma d'onda
risultante del circuito ha un picco positivo di 2,5 V + 1,15V = 3,65V ed un picco
negativo di 1,35 V soddisfano i requisiti dell’input analogico di tensione della scheda
Arduino e lasciando spazio in modo che non vi è alcun rischio in caso di sovra o sotto
tensione.
Con lo schema del circuito precedente si ottiene una relativamente semplice
tensione di polarizzazione che però ha alcune limitazioni. Per offrire un circuito con
prestazioni migliori bisogna ricorrere ad un circuito più complicato con amplificatore
operazionale.
Tensione di polarizzazione con buffer di corrente
La relativamente semplice sorgente di polarizzazione di tensione illustrato nel
circuito precedente ha alcune limitazioni se è richiesta un'elevata precisione, questa può
essere migliorata con l'aggiunta di un amplificatore operazionale. La funzione
dell’amplificatore operazionale è quella di essere utilizzato come un inseguitore di
tensione, e bufferizza (rende disponibile una elevata corrente con una bassissima
impedenza in uscita ed elevatissima in ingresso) il punto medio della tensione che
appare al punto di connessione tra R3 e R4. Ciò riduce significativamente l'impedenza
del generatore di tensione, con conseguente miglioramento delle prestazioni.
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Figura 7.8 – Schema elettrico migliorato con un trasformatore di tensione TV
Note:
1. questa modifica potrebbe non essere adatta nel caso in cui la fonte di alimentazione
sono delle batterie,
2. ogni coppia di resistori pari fino a 100 Kohm può essere utilizzato per R3 e R4,
mentre C1 può essere ridotto fino a 100 nF per valori di resistenza alla fascia alta (>
470 Kohm).
7.2.4 Sensore di irraggiamento (piranometro)
Volendo trattare l’argomento dell’Energia Solare è bene avere qualche conoscenza
sul SOLE che è sempre stato riconosciuto come fonte di ogni vita e, in molte civiltà,
oggetto di adorazione.
Dell’enorme quantità di energia che irradia nello spazio, quella che raggiunge il
nostro pianeta è soltanto una frazione piccolissima.
Ciò nonostante si tratta ancora di un ammontare enorme (circa 745 quadrimilioni
di KW/h) che opportunamente utilizzata potrà senz’altro, alleggerire, se non risolvere, il
pesante problema legato all’energia che ormai è diventata la linfa vitale della nostra
società.
Il Sole
Il sole è la stella attorno a cui orbitano i pianeti del nostro Sistema Planetario.
Poiché dista circa 150 milioni di chilometri, viene visto dalla Terra come un disco di
circa mezzo grado di diametro, pari a quello della luna piena. mentre le altre stelle
appaiono sempre puntiformi.
La superficie è la parte luminosa del sole. È uno strato di poche centinaia di
chilometri di spessore chiamato FOTOSFERA.
Al centro avvengono le reazioni di fusione nucleare dell’Idrogeno in Elio che
generano l’energia della stella. La sua temperatura è di circa 15 milioni di °C.
Al di sopra della fotosfera si estende la CROMOSFERA, uno strato spesso circa
2000 Km con strutture allungate, che si innalzano fino a 10000 Km. La temperatura sale
fino a 8000÷10000°C.
Oltre a questo strato ha inizio la CORONA, con bassa densità e temperatura
dell’ordine di milioni di gradi, visibile durante le Eclissi di sole.
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PRINCIPALI DATI RELATIVI AL SOLE
• Raggio: 696500 Km
• Massa: 2 x 1033
• Densità media: 1,41 g/cm3
• Temperatura superficiale: 5700 °C
• Accelerazione di gravità alla superficie: 274 m/s2
• Distanza dalla terra: da 147,1 a 152,1 milioni di Km
• Irradiamento: 36,4 MW/m2
Energia Solare
Il sole irraggia energia sotto forma di radiazione elettromagnetica di lunghezza
d’onda compresa tra 0,2 e 3µm. Questa radiazione é composta da una componente
visibile e da una non visibile. La parte visibile ha una lunghezza d’onda compresa tra 0,4
e 0,8µm.
L’energia generata dal sole si manifesta sotto forma di flusso continuo di fotoni
che partono dalla superficie del sole stesso e in circa 8 minuti e mezzo raggiungono la
terra.
Ogni fotone che raggiunge la terra ha tutta l’energia che possedeva in partenza
dal sole.
Tutta l’energia che arriva sopra l’atmosfera (COSTANTE SOLARE) è pari a 1,92
cal/cm2 x min. = circa 1353 Kw/m2.
Sul suolo terrestre, a livello del mare, l’energia disponibile è minore a causa
dell’assorbimento che la radiazione subisce nell’attraversare l’atmosfera.
La radiazione che giunge al suolo si compone di “RADIAZIONE DIRETTA” e
“RADIAZIONE DIFFUSA”.
La radiazione diretta è dieci volte maggiore di quella diffusa, quando il sole è sulla
verticale del luogo.
La radiazione diffusa eguaglia quella diretta quando il sole è vicino all’orizzonte.
Nei giorni nuvolosi la radiazione diffusa supera in intensità la radiazione diretta.
Oltre alle condizioni atmosferiche, l’intensità dell’irraggiamento solare disponibile
sulla terra dipende dalla massa d’aria attraversata dalla radiazione.
In condizioni atmosferiche favorevoli, la massima intensità di radiazione incidente a
mezzogiorno, su una superficie orizzontale al livello del mare, è di 1 KW per metro
quadrato.
Ad una altezza di 1000 metri questo valore sale a circa 1,05 KW/m2 e sulle a
152,1 alte montagne è superiore a 1,1KW/m2.
Il valore della costante solare, cioè l’intensità di irraggiamento oltre l’atmosfera
che, come già detto, è di circa 1,353 KW/m2 viene definito AM0 (AIR MASS ZERO),
mentre il massimo valore sul suolo terrestre a livello del mare (1 KW/m2) si definisce
AM1 (AIR MASS UNO).
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Figura 7.9: Variazione dell’intensità di
radiazione in funzione dell’altitudine
rispetto al livello del mare.
PS = potenza della radiazione su
superficie ortogonale alla radiazione
stessa = KW/m2
Km = chilometri di altitudine.
Orientamento e inclinazione dei Pannelli Fotovoltaici
In un impianto fotovoltaico, uno dei fattori più importanti è l’esposizione del
modulo o del pannello.
A questo proposito occorre tener presente che, come già accennato, i raggi del
sole colpiscono la terra, in condizione di cielo sereno e a mezzogiorno, con la potenza di
1KW/m2.
Nell’arco della giornata, però l’irraggiamento non è sempre uguale ma dal mattino
alla sera presenta valori diversi.
A questo punto entra in ballo il fattore ESH (Equivalent Sun Hours
Ore di sole
2
equivalente) che indica quanti KWh/m colpiscono una superficie piana in un giorno.
Il fattore ESH varia a seconda della latitudine, del periodo dell’anno, delle
condizioni ambientali e metereologiche, e viene riportato in apposite tabelle.
Il fattore ESH è di fondamentale importanza per il dimensionamento degli impianti
fotovoltaici.
Per meglio comprendere è bene fare un esempio:
Il valore ESH (ricavato dall’apposita tabella) per una superficie piana parallela al
suolo (non inclinata) a Bologna, nel periodo estivo, è pari a 5,29.
Ciò sta a significare che, anche se l’irraggiamento non è sempre uguale nell’arco
della giornata, è come se i raggi del sole colpissero la superficie in oggetto alla massima
intensità (1 KW/m2) per 5,29 ore al giorno. Per cui il fattore ESH, può anche essere
espresso in KWh/m2 al giorno.
A volte i dati vengono forniti in Kcal/m2 al giorno e per trasformarli in KWh/m2 al
giorno è sufficiente dividerli per 860.
Kcal/m2 g
_______________ = KWh/m2 g
860
Per ricevere la massima insolazione, nel nostro emisfero(boreale), i pannelli
fotovoltaici vanno, naturalmente, orientati a SUD. mentre l’inclinazione dipende dalla
latitudine del sito di installazione e dal periodo di utilizzo dell’impianto.
Se l’utilizzo è ANNUALE, l’inclinazione che consente di captare la massima energia
solare è pari alla latitudine del sito. Ad es. se installato a Pisa, 43° 40’. α = 43 40’.
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Figura 7.10: Inclinazione di un
pannello solare. Per un USO
ANNUALE l’inclinazione è pari
alla LATITUDINE del SITO
Se l’uso è ESTIVO è bene che l’inclinazione sia di circa 10°÷20° in meno rispetto
alla latitudine.
Figura 7.11: Inclinazione di
un pannello solare. Per un
USO ESTIVO si avrà:
α = LATITUDINE
DEL SITO –10°÷20°
Per il periodo INVERNALE è invece più proficuo aumentare l’inclinazione di
10°÷20°.
Figura 7.12: Inclinazione di
un pannello solare. Per un
USO INVERNALE si avrà:
α = LATITUDINE
DEL SITO +10°÷20°
In zone dove si prevede la presenza, con una certa frequenza, di nebbie
mattutine, è opportuno orientare i pannelli di 5°÷10° verso SUD-OVEST rispetto al sud
(AZIMUT +5°÷10°).
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È buona norma scegliere l’inclinazione del pannello considerando il periodo
peggiore del tempo di utilizzo dell’impianto, perciò per utilizzo annuale si dovrà scegliere
l’inclinazione per il miglior valore ESH per periodo invernale.
Sempre per utilizzo annuale ma, per impianti senza sistema di accumulo, ad
esempio quelli connessi alla rete elettrica di distribuzione (GRID-CONNECTED),
l’inclinazione migliore per il pannello è di una angolazione pari alla latitudine del sito.
Ciò è dovuto al fatto che, in questi impianti, è importante produrre più energia
possibile nell’arco dell’anno senza tener conto dei cattivi periodi di soleggia mento, in
quanto è sempre disponibile l’energia fornita dalla rete elettrica.
In qualsiasi tipo di impianto occorre fare molta attenzione che non vi siano
ombreggiamenti anche parziali del pannello. Anche se una sola cella restasse
ombreggiata, il rendimento del pannello calerebbe bruscamente.
ESEMPI DI VALORI ESH GIORNALIERI MEDI STAGIONALI SU PANNELLI ORIENTATI A
SUD DIVERSAMENTE INCLINATI
LOCALITÀ
LATITUDINE
BOLZANO
46° 28’
TORINO
45° 11’
INCLINAZIONE
0°
30°
45°
60°
0°
30°
45°
60°
INVERNO
1,29
1,99
2,20
2,28
1,46
2,26
2,50
2,60
PRIMAV.
3,64
3,81
3,67
3,34
3,78
3,95
3,80
3,45
VALORI ESH
ESTATE
4,59
4,47
4,20
3,69
4,75
4,62
4.33
3,78
AUTUNNO
2,25
3,06
3,24
3,24
2,21
2,93
3,08
3,06
I valori stagionali sono stati calcolati con la media dei valori ESH giornalieri dei
seguenti mesi:
DICEMBRE - GENNAIO - FEBBRAIO = INVERNO
MARZO - APRILE - MARZO = PRIMAVERA
GIUGNO - LUGLIO - AGOSTO = ESTATE
SETTEMBRE - OTTOBRE - NOVEMBRE = AUTUNNO
I valori ESH della tabella sono frutto di dati statistici che rappresentano la media di
diverse annate, evidentemente possono subire variazioni. Sono stati considerati in modo
molto prudente in modo che nell’utilizzarli non si vada incontro ad avvilenti delusioni.
Quindi la produzione di energia di una cella solare dipende da diversi fattori. Prima
di tutto, una cella solare non risponde in maniera costante a tutte le frequenze della
radiazione incidente, ad esempio una cella in silicio ha un'efficienza massima in
corrispondenza dell'intervallo delle frequenze della luce visibile.
In secondo luogo, la producibilità di una cella solare, e di conseguenza di un
sistema fotovoltaico, dipende dalla radiazione incidente sulla sua superficie.
In ultimo, ma non per questo meno importante, c'è un altro effetto che influenza
le prestazioni di un sistema fotovoltaico: la temperatura. Infatti come tutti gli altri
dispositivi a semiconduttore, le celle solari sono molto sensibili alla temperatura. Un
aumento di temperatura riduce la band gap di un semiconduttore, influenzando la
maggior parte dei suoi parametri, dunque valori alti di temperatura causano una minor
produzione di energia da parte del sistema fotovoltaico. Per queste ragioni è molto
importante controllare i parametri di un impianto tramite precisi strumenti: i sensori di
irraggiamento solare: Solarimetro e Piranometro.
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Un solarimetro è uno strumento usato per la misurazione del flusso della
radiazione solare. Ci sono sostanzialmente due tipi di solarimetri: i piranometri e i
solarimetri che usano l'effetto fotovoltaico.
Un solarimetro che utilizza l'effetto fotovoltaico ha lo stesso comportamento di
un sistema fotovoltaico: produce cioè un segnale elettrico in funzione della luce
incidente, rispondendo in particolare alla luce visibile con una risposta che dipende dalla
temperatura della cella. Pertanto i valori che fornisce devono necessariamente essere
corretti in base al valore assunto dalla temperatura. Questa misura può essere ottenuta
grazie ad una termocoppia.
Un piranometro serve invece per misurare la radiazione globale su di una
superficie (radiazione diretta e diffusa). Il principio di funzionamento è tipicamente
basato sulla misura della differenza di temperatura tra una superficie scura (superficie
che può assorbire la maggior parte della radiazione solare) ed una chiara (superficie che
tende a riflettere, assorbendo una minor quantità di calore). Questa differenza viene
misurata tramite l'utilizzo di una termopila3(Una termopila è composta da termocoppie generalmente connesse
in serie.)
: la differenza di potenziale che si genera in essa a causa del gradiente di
temperatura tra le due superfici, consente di misurare il valore della radiazione solare
globale incidente.
7.2.4.1 Introduzione al piranometro modello LP-PYRA03AV
Il piranometro LP-PYRA03, misura l’irradiamento su una superficie piana
(Watt/m2). L’irradiamento misurato è la somma dell’irradiamento diretto prodotto dal
sole e dell’irradiamento diffuso (Irradiamento Globale).
L’ LP-PYRA03 rientra nei piranometri di Seconda Classe secondo la norma ISO
9060, e secondo la pubblicazione “Guide to meteorological Instruments and Methods of
Observation’”, quinta edizione (1983) dell’WMO.
Il piranometro è prodotto in due versioni:
LP-PYRA03AC ATTIVO con uscita in CORRENTE 4÷20 mA
LP-PYRA03AV ATTIVO con uscita in TENSIONE 0÷1V o 0÷5V o 0÷10V
Figura 7.13:
Sensore di
irraggiamento
(piranometro
modello LPPYRA03AV)
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7.2.4.2 Principio di Funzionamento
Il piranometro LP-PYRA03 si basa su un sensore a termopila. La superficie
sensibile della termopila è coperta con vernice nera opaca che permette al piranometro
di non essere selettivo alle varie lunghezze d’onda. Il campo spettrale del piranometro è
determinato dalla trasmissione della cupola in vetro tipo K5.
L’energia radiante è assorbita dalla superficie annerita della termopila, creando
così una differenza di temperatura tra il centro della termopila (giunto caldo) ed il corpo
del piranometro (giunto freddo). La differenza di temperatura tra giunto caldo e giunto
freddo è convertita in una “differenza di potenziale” grazie all’effetto Seebeck.
L’LP-PYRA03 è provvisto di una cupola di diametro esterno di 32 mm e spessore 4
mm al fine di garantire un adeguato isolamento termico della termopila dal vento, e per
ridurre la sensibilità all’irradiamento termico. La cupola protegge la termopila dalla
polvere che depositandosi sulla parte annerita ne potrebbe modificare la sensibilità
spettrale.
Per evitare che in particolari condizioni climatiche si formi condensa sulla parte
interna della cupola, all’interno del piranometro sono inserite pastiglie di silica-gel che
assorbono l’umidità.
7.2.4.3 Installazione e montaggio del piranometro per la misura della
radiazione globale.
• Il piranometro va installato in una postazione facilmente raggiungibile per una
periodica pulizia della cupola e per la manutenzione. Allo stesso tempo si dovrebbe
evitare che costruzioni, alberi od ostacoli di qualsiasi tipo superino il piano orizzontale su
cui giace il piranometro. Nel caso questo non sia possibile è raccomandabile scegliere
una posizione in cui gli ostacoli presenti sul percorso del sole dall’alba al tramonto siano
inferiori a 5° (N.B.
La presenza di ostacoli sulla linea dell’orizzonte influenza in
maniera sensibile la misura dell’irradiamento diretto).
• Il piranometro va posto lontano da ogni tipo di ostacolo che possa proiettare il
riflesso del sole (o la sua ombra) sul piranometro stesso.
• Quando il piranometro è utilizzato senza lo schermo bianco deve essere
posizionato in maniera che il connettore sia dalla parte del polo NORD, se lo si usa
nell’emisfero NORD, dalla parte del polo SUD se lo si usa nell’emisfero SUD, in accordo
alla norma ISO TR9901 ed alle raccomandazioni dell’WMO. In ogni caso è preferibile
attenersi a questa raccomandazione anche quando è utilizzato lo schermo.
• Per un accurato posizionamento orizzontale, si possono utilizzare i fori presenti
sul corpo dei piranometri o gli opportuni accessori.
7.2.4.4 Connessioni Elettriche e requisiti dell’elettronica di lettura
L’LP-PYRA03 viene prodotto in due versioni, LP-PYRA03AC e LP-PYRA03AV.
La tensione richiesta è di:
8÷30 VDC per le versioni LP-PYRA03AC e LP-PYRA03AV con uscita 0÷1V e 0÷5V.
14÷30 VDC per la versione LP-PYRA03AV con uscita 0÷10V.
• Tutte le versioni sono provviste di connettore di uscita a 4 poli
• Il cavo opzionale, terminato da una parte con il connettore, è in PTFE resistente
agli UV, è provvisto di 3 fili più la calza (schermo), la corrispondenza tra i colori del cavo
ed i poli del connettore è visibile nella seguente figura.
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Figura 7.14: Collegamenti del sensore piranometro modello LP-PYRA03AV
Connettore
Funzione
Colore
A
Schermo ( )
(+) Vout
(-) Vout e (-)Vcc
(+) Vcc
Nero
B
C
D
Rosso
Blu
Bianco
Per verificare il corretto funzionamento del piranometro LP-PYRA03AV occorre
effettuare un collegamento con un alimentatore e un multimetro secondo lo schema
seguente, la resistenza di carico per la lettura del segnale deve essere ≥ 100 KΩ.
Figura 7.15:
Collegamenti di prova
per verificare il corretto
funzionamento del
sensore piranometro
modello LP-PYRA03AV
7.2.4.5 Manutenzione
Al fine di garantire un elevata precisione delle misure è necessario che la cupola
esterna del piranometro sia mantenuta sempre pulita, pertanto maggiore sarà la
frequenza di pulizia della cupola migliore sarà la precisione delle misure. La pulizia può
essere eseguita con normali cartine per la pulizia di obbiettivi fotografici e con acqua, se
non fosse sufficiente usare Alcol ETILICO puro. Dopo la pulizia con l’alcol è necessario
pulire nuovamente la cupola con solo acqua.
7.2.4.6 Taratura ed esecuzione delle misure per il modello LP-PYRA03
La sensibilità del piranometro S (o fattore di calibrazione) permette di determinare
l’irradiamento globale misurando un segnale in Volt ai capi della termopila. Il fattore S è
dato in μV/(Wm-2).
Misurata la differenza di potenziale (DDP) ai capi della sonda l'irradiamento Ee si ottiene
dalla seguente formula:
Ee= DDP / S
Dove:
Ee: è l’Irradiamento espresso in W/m2,
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DDP: è la differenza di potenziale espressa in μV misurata dal
multimetro
S: è il fattore di calibrazione riportato sull’etichetta del piranometro (e
sul rapporto di taratura) in μV/(W/m2).
La sensibilità del piranometro è regolata in fabbrica in modo che a seconda della
versione scelta si abbia:
0÷1 V = 0.. 2000 W/m2
0÷5 V = 0.. 2000 W/m2
0÷10 V = 0.. 2000 W/m2
Per ottenere il valore di irradiamento una volta nota la tensione di uscita (Vout)
dello strumento si deve applicare la seguente formula:
Ee =2000⋅Vout per la versione 0÷1V
Ee =400⋅Vout per la versione 0÷5V
Ee =200⋅Vout per la versione 0÷10V
Dove:
Ee: è l’Irradiamento espresso in W/m2,
Vout: è la tensione di uscita (in Volt) misurata con il Voltmetro
Ogni piranometro è tarato singolarmente in fabbrica ed è contraddistinto del suo
fattore di calibrazione. Per poter sfruttare appieno le caratteristiche dell’LP-PYRA03 è
consigliabile eseguire la verifica della taratura con frequenza annuale.
7.2.5 Sensore di temperatura per esterno DS18B20
Il termometro digitale DS18B20 offre una risoluzione da 9-bit a 12-bit per la
misura della temperatura in gradi Celsius e ha una funzione di allarme con due valori di
trigger superiore e inferiore impostabili separatamente.
Il DS18B20 comunica su un bus “1-Wire” che per definizione richiede solo una
linea dati (e ovviamente la massa GND) per la comunicazione con un microprocessore
centrale.
Possiede una range di temperatura di funzionamento da -55 °C a +125 °C e una
precisione di ± 0,5 °C nel range da -10 °C a +85 °C. Inoltre, il DS18B20 può ricavare
potenza direttamente dalla linea di dati ("potenza parassita"), eliminando la necessità di
un alimentatore esterno.
Ogni DS18B20 possiede un unico codice seriale a 64 bit, che permette un
funzionamento di più DS18B20s sullo stesso bus 1-Wire. Così, è possibile rilevare con un
solo microprocessore la temperatura di molti DS18B20s anche se sono distribuiti su una
vasta area. Le applicazioni che possono beneficiare di questa funzionalità includono
HVAC1(è un acronimo inglese, molto usato in tutti i campi dell'industria, che sta per Heating, Ventilation and Air Conditioning,
ovvero "riscaldamento, ventilazione e condizionamento dell'aria")
controlli ambientali, i sistemi di sorveglianza
della temperatura all'interno degli edifici, attrezzature o macchinari, e il controllo di
processo e sistemi di controllo.
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Figura 7.16: Sensore di temperatura tipo
DS18B20
7.2.6 Sensore di temperatura e umidità DHT22
Il sensore che è stato scelto è il DHT-22, prodotto da Aosong della Cina. Il DHT-22
utilizza un condensatore polimero per rilevare la temperatura e l'umidità, misurando la
temperatura dell'aria tra -40 e 80 gradi centigradi, e l'umidità relativa tra 0 e 100%.
Le informazioni necessarie per la calibrazione sono memorizzate in un minuscolo
microcontrollore a 8-bit posto all'interno del DHT-22, e ciascuna unità viene testata e
collaudata in fabbrica. In altre parole, questo sensore è pronto all'uso appena viene
estratto dal suo contenitore.
Il DHT-22 ha quattro piedini, ma solo tre sono utilizzati. Se si guarda il sensore di
fronte, il pin più a sinistra è utilizzato per la tensione di alimentazione del sensore (da
3,3 V a 6 V, useremo il 5 V presenti sulla scheda Arduino), la seconda uscita corrisponde
al pin dati dal sensore, il terzo pin non è collegato e il pin più a destra è collegato a
GND.
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Figura 7.17: Sensore di temperatura e
umidità DHT22
7.2.7 Scheda Arduino Uno
Una scheda Arduino si basa su un microcontrollore a 8 bit, con l'aggiunta di
componenti supplementari che rendere più semplice l'interazione in altri circuiti. La
versione UNO utilizza un microcontrollore Atmega328 programmato per lavorare come
convertitore USB-Seriale. Per implementare il comportamento interattivo, Arduino è
fornita di potenzialità di Input/Output, grazie alle quali riceve i segnali raccolti dai vari
sensori. Per interagire con l'esterno Arduino UNO utilizza attuatori pilotati dai canali di
output in dotazione.
L'alimentazione della scheda può avvenire o tramite la porta USB del PC, o
attraverso i più comuni alimentatori USB, o anche tramite un adattatore in corrente
continua a 9 Volt con connettore cilindrico tipo jack.
Figura 7.18: Scheda Arduino Uno
7.2.8 Modulo GSM/GPRS & GPS Shield V2 per Arduino
Quando non si ha la possibilità di collegarsi ad una rete Lan o Wi-Fi già esistente è
possibile utilizzare il GPRS shield.
Questo shield permette di eseguire sia le comunicazioni GSM sia le connessioni
GPRS grazie al modulo SIM900 vero cuore dello shield e del modem di connessione.
Il GM862-Quad è un modulo per comunicazioni mobili sviluppato da Telit. E’
basato sullo standard GSM, di cui supporta le quattro bande di frequenza utilizzabili
(850, 900, 1800 e 1900 MHz), inoltre abilita l’impiego dei servizi di trasmissione di dati
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a pacchetto attraverso la tecnologia GPRS integrando la gestione dello stack con
protocollo TCP/IP.
Tra le principali caratteristiche, la possibilità di inviare, ricevere o processare SMS,
di attivare una connessione con un server tramite l’apertura di un socket, di
comunicazione con la cella a cui è connesso per ottenere informazioni relative alla
propria localizzazione.
Necessita di essere equipaggiato con un SIM card da inserire nell’alloggiamento
apposito, per abilitare le funzionalità di invio di SMS e comunicazione con il server, che
rappresentano i due metodi previsti per trasmettere i dati raccolti dalla stazione.
Per ottenere una migliore connettività occorre infine collegare il modulo ad una
antenna esterna GSM QUAD band; nello specifico ne è stata scelta una di piccole
dimensioni prodotta da Taoglas.
Figura 7.19: Scheda MODULO GSM con Figura 7.20: Scheda
SIM900
SIM900 per Arduino
GMS/GPRS
PER
Figura 7.21:
Schematico
collegamenti per
controllo Scheda
GMS/GPRS SIM900
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7.2.9 Modulo Real Time Clock (RTC) Shield per Arduino (non utilizzato in
questo progetto)
L’idea di un dispositivo che permetta di mantenere quanto più bassi possibili i
consumi è incentrata sulla capacità di limitare il comportamento dello stesso unicamente
alle fasi di sensing e comunicazione dei dati, mantenendo la stazione spenta per il
restante tempo.
Per riuscire in tale intento, si è dovuto inserire un componente che garantisse
questa funzione di sincronizzazione.
Il Real Time Clock DS1307 della SPARKFUN ELECTRONICS, consente, tramite la
gestione di un segnale di interrupt, di risvegliare il sistema dalla modalità di ’sleep’ in cui
esso normalmente si trova in modo da permettergli di svolgere le funzionalità standard
prima di spegnersi nuovamente.
L’oscillatore al quarzo contenuto nel clock, genera infatti un segnale periodico che
permette di tenere traccia dell’orario anche quando tutti gli altri componenti sono
inattivi, e risvegliare così la stazione ad intervalli periodici ogni x minuti. Questo si
ottiene mediante la presenza di una batteria di backup che mantiene attivo il quarzo
anche in assenza dell’alimentazione.
Figura 7.22: Scheda Real Time Clock RTC
per Arduino
7.2.10 Modulo Ethernet Shield REV3 - PoE Ready per Arduino
A nostro parere, lo Shield Ethernet (Figura 6-1 e Figura 6-2) è uno dei più
importanti che possiate collegare alla scheda Arduino, e forse è il primo che si dovrebbe
acquistare e utilizzare. La possibilità di collegare Arduino ad una connessione Ethernet e
quindi utilizzarlo per accedere a Internet, permettono di gestire da remoto uno o più
controlli. Ad esempio si può utilizzare Arduino per creare un piccolo server web, come
nel progetto da implementare, in modo che vengano spediti on-line i dati rilevati da uno
o più sensori. Ma risulta anche possibile gestire le uscite della scheda Arduino, cioè
fornire all’utente remoto connesso su internet la possibilità di modificare lo stato
(accensione/spegnimento) di un classico utilizzatore (led, relè, motore, ventola, etc).
Senz’altro avrete notato come lo Shield Ethernet ha la forma molto simile Arduino.
E’ stato costruito in quel modo per essere compatibili: i lunghi pin di uno Shield Ethernet
permettono l’incastro verso il basso nei pin femmina della scheda Arduino in modo da
ottenere un collegamento stabile tra le due schede posizionate una sopra all’altra a
formare un tipico panino a più strati (sandwich).
La porta Ethernet
Lo Shield Ethernet che utilizziamo richiede un cavo con connettori standard RJ-45.
Una estremità del cavo di rete sarà collegata al connettore RJ-45 dello Shield, mentre
l'altra estremità si collega al router Internet, switch o hub della rete lan.
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Nella parte inferiore dello Shield, o nella confezione, si dovrebbe vedere un
adesivo stampato con una sequenza di lettere e numeri, qualcosa come "90-A2-DA ..." e
così via. Questo è l'indirizzo MAC (Media Access Control).
Un indirizzo MAC è un identificatore completamente univoco per tutti i dispositivi
che possono essere connessi a Internet.
Quindi, occorre annotare l'indirizzo MAC del proprio Shield Ethernet in un posto
sicuro, e non rimuovere l'adesivo. Dal momento che tutti gli shield Ethernet si
assomigliano, il modo più semplice per distinguerli l'uno dall'altro è leggendo l'etichetta
dell'indirizzo MAC.
L'indirizzo IP
Avrete anche bisogno di conoscere il Protocollo Internet (IP) del router.
Questo è il numero che viene assegnato ad ogni dispositivo su una rete locale. Per
la maggior parte dei router venduti in Italia, l'indirizzo IP predefinito è 192.168.1.1.
In windows per trovare l'indirizzo IP del router occorre:
1. Fare clic su Connessioni di rete.
2. Il pulsante destro del mouse su una connessione di rete.
3. Fare clic su Stato, quindi fare clic sulla scheda Supporto.
4. Il "Gateway predefinito" è l'indirizzo IP del router, che in questo caso è davvero
192.168.1.1.
5. Inoltre, prendere nota della subnet mask (255.255.255.0) perché potreste averne
bisogno in seguito.
Lo shield Ethernet Arduino è una scheda elettronica basata sul Controller Ethernet
TCP/IP W5100. Dispone di 14 I/O digitali pin, 6 ingressi analogici, un cristallo oscillatore
a 16 MHz, una connettore RJ45, un header ICSP e un pulsante di reset.
I pin 10, 11, 12 e 13 sono riservati per interfacciamento con il modulo Ethernet e
non possono essere utilizzati. Questo riduce il numero di pin disponibili a 9, con quattro
disponibili come uscite PWM.
Una alimentazione opzionale PoE da applicare sul modulo Ethernet può essere
aggiunta alla scheda.
La scheda Ethernet differisce da altre schede in quanto non hanno un integrato
USB-seriale, ma ha un'interfaccia Wiznet Ethernet.
Figura 7.23: Scheda rete Lan
Ethernet per Arduino versione R3
La slot per SD Card
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Lo Shield Ethernet prevede l'alloggiamento di una scheda SD. Esso consente di
scrivere e leggere (memorizzare e recuperare) i dati da e verso una scheda microSD. Le
prove che sono state effettuate con una scheda microSD da 4 GB che ne permettono un
corretto funzionamento.
Si consiglia di acquistare una scheda microSD che venga fornita con un modello
“full-size SD” (figura 7.21), oppure acquistare un adattatore a parte, perché questo vi
permetterà di scambiare la scheda tra Arduino e altri lettori di schede di dimensioni
maggiori o minori.
Poiché i segnali per la slot della scheda SD e quello della porta Ethernet lavorano
sullo stesso circuito hardware seriale, si precisa che sarà possibile utilizzare un solo
dispositivo alla volta. Ai fini pratici, questo non dovrebbe incidere molto sulle
tempistiche di lavoro, ma bisogna essere consapevoli della limitazione mentre viene
effettuata la programmazione della porta Ethernet o della scheda microSD.
Il pin 10 è riservato per l'interfaccia Wiznet, mentre per la scheda microSD è
riservato il pin 4.
Figura 7.24: Slot per SD
card disponibile sulla
scheda Ethernet Arduino
7.2.11 Modulo RN-XV WiFly della Roving Networks
Il modulo RN-XV si basa su un processore a 32 bit SPARC con modulo Wi-Fi che
incorpora lo standard 802.11 b/g e lo stack TCP/TP, un RTC (orologio in tempo reale),
un Crypto Accelerator con il supporto e la gestione di interfaccia digitale di potenza e
analogici.
Il modulo offre funzionalità aggiuntive attraverso i suoi GPIO (General Purpose
Input Output) programmabili (10) e input ADC (8). Gli ingressi dell’ADC possiedono una
risoluzione a 14 bit (tensione compresa tra 0 e 0,4V in ingresso con una risoluzione di
0,4 / 214 = 24,41µV), mentre il GPIO può essere configurato per fornire funzionalità
standard o segnalazione di stato ad un microcontrollore host per ridurre la necessità di
polling seriale(tecnica utilizzata in programmazione per leggere periodicamente tutti gli input collegati e rilevare se devono
essere gestiti dal proprio software. Questa tecnica si contrappone con la gestione degli ingressi tramite interrupt dei sensori)
tra il
modulo Wi-Fi e il microcontrollore host.
Il modulo è pre-caricato con il firmware per semplificare l'integrazione e ridurre al
minimo i tempi di sviluppo dell'applicazione. Nella configurazione più semplice,
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l'hardware richiede solo quattro connessioni (alimentazione di 3,3V, TX, RX e GND) per
creare una connessione di dati wireless.
Figura 7.25: Modulo RN-XV WiFly
Configurazione
Il modulo WiFly funziona in due modalità:
1) data mode (modalità dati)
2) command mode (modalità di comando).
In modalità dati, il modulo può accettare connessioni in ingresso o avviare le
connessioni in uscita. Per configurare i parametri e / o visualizzare la configurazione
corrente, è necessario mettere il modulo in modalità di comando (chiamato anche
modalità di configurazione).
Accesso alla modalità di comando
Per impostazione predefinita, il modulo è in modalità dati. Inviando la sequenza di
caratteri “$$$” (senza i doppi apici) sì può passare alla modalità di comando per il
modulo.
È necessario inviare $$$ tutti insieme e senza caratteri aggiuntivi prima o dopo.
Non è necessario inviare un ritorno a capo (CR = Carriage Return) o avanzamento riga
(LF = Line Feed) dopo la modalità di comando $$$ per entrare. La risposta del modulo si
ottiene con la stampa della stringa “CMD” (senza doppi apici) per indicare che è
disponibile questa modalità. Una volta in modalità comando, è possibile configurare il
dispositivo Wi-Fly utilizzando semplici comandi ASCII, ogni comando deve terminare con
un CR ovvero un ritorno a capo. La maggior parte dei comandi validi restituiscono un
“AOK”, quelli non validi restituiscono una descrizione del tipo “ERR”. Per uscire dalla
modalità comando, inviare “exit” seguito da un CR. Il modulo risponde con “EXIT”,
indicando che è uscito dalla modalità di comando e si trova in modalità dati.
Si noti che è presente un buffer di 250 ms prima e dopo la sequenza di caratteri
“$$$”. Se i caratteri vengono inviati prima o dopo la sequenza all'interno di questo
intervallo di 250 ms, il modulo WiFly li tratta come fossero dei dati e li passa sopra al
protocollo TCP o UDP, in tal caso il modulo non entra in modalità di comando.
È possibile visualizzare i vari parametri, come il nome SSID, il canale, l'indirizzo
IP, la porta seriale, e altre impostazioni e configurarli in modalità comando. Si invia il
comando al modulo attraverso l’UART o via remoto tramite telnet. Quando si utilizza
l'interfaccia UART, le impostazioni di comunicazione devono corrispondere a quelle di
default memorizzate nel modulo di WiFly.
Il valore predefinito è di 9.600 baud, 8 bit, nessuna parità, 1 bit di stop e controllo
di flusso hardware disabilitato. È possibile accedere alla modalità di comando a livello
locale tramite l'interfaccia UART, in qualsiasi momento, indipendentemente da una
connessione TCP attiva.
La ditta Roving Networks suggerisce di utilizzare sia il software “TeraTerm”
(Windows OS) oppure “CoolTerm” (Mac OS-X) come emulatore di terminale.
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Quando viene fornito l’alimentazione al modulo Wifly, questo tenta di collegarsi al
punto di accesso memorizzato nelle sue impostazioni di configurazione. Se il modulo non
riesce ad effettuare il collegamento, entra in modalità automatica di collegamento ed
inizia una serie di scansioni e tentativi per collegarsi ad una rete wireless. Questa
modalità può causare una momentanea indisponibilità dell’UART. Per evitare problemi di
configurazione, la funzione di autoscansione è disabilitata quando il modulo si trova in
modalità di comando, rendendo più semplice la sua configurazione.
È possibile disattivare la funzione di autoscansione utilizzando il comando “wlan
set join 0”. Questo comando impedisce al modulo WiFly la possibilità effettuare una
scansione delle reti nel tentativo di collegarsi in automatico ad una rete non richiesta.
Creazione di una rete personalizzata da parte del modulo WiFly
Utilizzando la modalità personalizzata è possibile configurare il dispositivo
eliminando la necessità per il modulo di essere associato ad una rete preesistente. Nella
modalità personalizzata, il modulo crea una propria rete "on demand" a cui è possibile
connettersi tramite il computer come si farebbe con qualsiasi altra rete wireless.
Per attivare la modalità personalizzata (denominata “ad hoc” sul manuale di
riferimento) utilizzando l’hardware, occorre collegare il pin GPIO9 (pin 8 del modulo) a
livello alto (+3,3 V) al momento dell'accensione. In tal caso il modulo WiFly crea una
rete personalizzata con le seguenti impostazioni:
SSID (nome della rete wireless): WiFly-GSX-68, dove “68” sono gli ultimi due byte
dell'indirizzo MAC del dispositivo
Canale: 1
DHCP: Off
Indirizzo IP: 169.254.1.1
Netmask: 255.255.0.0
Con il ponticello configurato per la rete personalizzata (“ad hoc”), le precedenti
impostazioni di configurazione salvate vengono ignorare.
Per collegarsi dal computer alla rete WiFly-GSX-XX non è richiesta nessuna
passphrase (password). Attualmente il modulo WiFly supporta solo la modalità OPEN per
la creazione di reti personalizzate.
Potrebbero essere necessari alcuni minuti per Windows per assegnare un indirizzo
IP e la connessione alla rete. Potete controllare il vostro l'indirizzo IP del computer
eseguendo il comando “ipconfig /all” nella finestra di comando DOS. Se collegato alla
rete wireless, questo comando visualizza l’indirizzo IP di tutte le schede di rete
disponibili sul computer e la loro maschera di rete.
L'indirizzo IP assegnato automaticamente deve essere sulla sottorete 169.254,
altrimenti il modulo WiFly non sarà accessibile. Se il vostro computer dispone di wireless
e di un'interfaccia cablata, potrebbe essere necessario disattivare l'hardware
dell’interfaccia LAN cablata prima di connettersi alla rete personalizzata. Se la LAN
cablata è attivata, il computer può assegnare un indirizzo IP che non si trova sulla
stessa sottorete del modulo WiFly.
Una volta collegato con un indirizzo IP appropriato è possibile utilizzare il comando
telnet nel modulo WiFly sulla porta 2000:
telnet 169.254.1.1 2000
La risposta “*HELLO*” (senza doppi apici) rende disponibile la modalità di
comando utilizzando la sequenza di caratteri “$$$” e la configurazione del modulo.
Un metodo più veloce e fortemente consigliato è quello di lavorare in remoto con
l’ausilio di un software denominato Teraterm che è gratuito.
Vediamo la procedura di un primo collegamento e configurazione del modulo.
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Prima di fornire la tensione di alimentazione al modulo WiFly controllare
attentamente i collegamenti secondo quanto è richiesto per la configurazione minima:
pin 1 del modulo WiFly collegato ad un alimentatore da 3,3V (ATTENZIONE!
NON COLLEGARE il modulo al pin denominato “3.3V” della scheda Arduino
perché la corrente massima (circa 50 mA) che la scheda Arduino può fornire
è nettamente inferiore a quella richiesta da modulo (da 120 mA a 240 mA a
seconda della configurazione)
pin 8 del modulo WiFly collegato a 3,3V (per effettuare un boot con una
configurazione personalizzata “ad hoc”). ATTENZIONE! Effettuando questo
tipo di collegamento si cancellano tutti i precedenti comandi e/o
predisposizioni impartite al modulo WiFly, quindi procedere con cautela.
pin 10 del modulo WiFly collegato a GND
Fornire la tensione di alimentazione di 3,3 V con un opportuno alimentatore
in grado di fornire almeno 500mA a 3,3V stabilizzati in continua.
Sulla scheda di rete Wi-fi del notebook effettuare una ricerca della rete
denominata “WiFly-GSX-XX” dove nel nostro caso viene associato al valore
“XX” il numero “68” (vedere la figura 7.19) e procedere alla connessione.
Ovviamente il modulo deve essere distante al massimo 20-30 metri dal
notebook.
Figura 7.26: Tipica configurazione “ad hoc”
ovvero personalizzata senza password
Mandare in esecuzione il software “Teraterm” impostando i seguenti
parametri 169.254.1.1 porta 2000 su opzione TELNET
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Figura 7.27: Tipica configurazione iniziale
“ad hoc” ovvero personalizzata senza
l’utilizzo di una password
Attendere la risposta “*HELLO*” (senza doppie virgolette)
Digitare “$$$” (per entrare in modalità comandi, tutti i comandi sono da
digitare senza le doppie virgolette)
Digitare “set wlan join 4” (predispone il modulo in modalità personalizzata)
Digitare “set wlan ssid dati_meteo” (definisce il nome della rete come
“data_meteo”)
Digitare “set wlan chan 1” (utilizza il canale 1 per la rete personalizzata)
Digitare “set ip address 192.168.1.199” (predispone l’indirizzo IP del
modulo)
Digitare “set ip netmask 255.255.255.0” (predispone la netmask)
Digitare “set ip gateway 192.168.1.1” (predispone il gateway, ovvero
occorre fornire l’indirizzo IP dell’Access Point per poter accedere a Internet)
Digitare “set ip dhcp 0” (non viene utilizzato il DHCP)
Digitare “set dns address 192.168.1.1” (viene utilizzato come IP del DNS
l’IP dell’Access Point)
Digitare “set ip localport 8888” (viene utilizzata la porta 8888)
Digitare “set ip tcp-mode 0x4” (viene utilizzato il protocollo TCP)
Digitare “set ip host 192.168.1.105” (indicare l’indirizzo IP della porta del
server (nel caso di prova l’IP della scheda wireless del notebook), si ricorda
che la porta di comunicazione è settata di default al valore 2000)
Digitare “set ip remote 8888” (indicare la porta di comunicazione con il
server o notebook. Si ricorda che la porta di comunicazione è settata di
default al valore 2000)
Digitare “set ip protocol 0x13” (accetta i seguenti protocolli TCP, UDP e
HTTP)
Digitare “save” (salva i parametri nella memoria eeprom interna al modulo)
Digitare “get wlan” (visualizza i nuovi parametri)
Digitare “get ip” (visualizza i nuovi parametri)
*HELLO*
CMD
set wlan join 4
AOK
<2.32> set wlan ssid dati_meteo
AOK
<2.32> set wlan chan 1
AOK
<2.32> set ip address 192.168.1.199
AOK
<2.32> set ip netmask 255.255.255.0
AOK
Figura 7.28: Configurazione iniziale “ad
hoc” tramite il software Teraterm da
postazione remota (tramite scheda di rete
Wi-Fi di un notebook)
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<2.32> set ip gateway 192.168.1.1
AOK
<2.32> set ip dhcp 0
AOK
<2.32> set dns address 192.168.1.1
AOK
<2.32> set ip localport 8888
AOK
<2.32> set ip tcp-mode 0x4
AOK
<2.32> set ip host 192.168.1.105
AOK
<2.32> save
Storing in config
<2.32><2.32> get wlan
SSID=dati_meteo
Chan=1
ExtAnt=0
Join=4
Auth=OPEN
Mask=0x1fff
Rate=12, 24 Mb
Linkmon=0
Passphrase=ciao
TxPower=0
<2.32>
<2.32> get ip
IF=UP
DHCP=OFF
IP=192.168.1.199:8888
NM=255.255.255.0
GW=192.168.1.1
HOST=192.168.1.105:8888
PROTO=UDP,TCP,HTTP,
MTU=1524
FLAGS=0x7
TCPMODE=0x4
BACKUP=0.0.0.0
<2.32>
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Figura 7.28: Configurazione iniziale “ad
hoc” tramite il software Teraterm da
postazione remota (tramite scheda di rete
Wi-Fi di un notebook)
Per modificare l’indirizzo IP della scheda di rete wireless del notebook
Pannello
di controllo
Connessioni di rete
selezionare la scheda di rete wireless
con il
pulsante destro del mouse un clic su “Proprietà”
Seleziona “Protocollo Internet
versione 4”
un clic su “Proprietà”
seleziona “Utilizza il seguente indirizzo IP”
digita nella casella denominata “Indirizzo IP” il valore: “192.168.1.105”
digita nella casella denominata “Subnet mask” il valore: “255.255.255.0”
digita
nella casella denominata “Gateway” il valore: “192.168.1.199”
digita nella
casella denominata “Server DNS preferito” il valore: “192.168.1.199”
un clic su
“OK”
un clic su “Si”
un clic su “Chiudi”
Per inserire i nuovi parametri sul PC occorre rinominare il nome della rete (SSID)
seguente: “dati_meteo”
Pannello di controllo
Sistema
un clic su “Cambia
impostazioni del gruppo di lavoro o dominio”
un clic su “Cambia”
sostituire il
vecchio gruppo di lavoro con “DATI_METEO”
un clic su “OK”
un clic su “OK”
un clic su “OK”
un clic su “Chiudi”
un clic su “Riavvia ora” per riavviare il
notebook.
Effettuare il reset del modulo WI-Fly oppure togliere l’alimentazione per qualche
secondo e rifornirla.
Sulla scheda di rete Wi-fi del notebook effettuare una ricerca della rete
denominata “dati_meteo” e procedere alla connessione. Ovviamente il modulo
deve essere distante al massimo 20-30 metri dal notebook.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Mandare in esecuzione il software “Teraterm” impostando i seguenti parametri
192.168.1.199 porta 8888 su opzione TELNET
Attendere la risposta “*HELLO*”
Digitare “$$$” (per entrare in modalità comandi e proseguire con i nuovi comandi
da trasmettere al modulo)
Ad esempio volendo configurare in modalità immediata il GPIO8 (corrispondente al
pin 4 del modulo) come INPUT occorre digitare “set sys mask 0x20f0”
Collegare il pin 4 del modulo Wi-Fly a 3,3V
Per leggere e verificare il livello alto del pin digitare “show io” (che visualizza lo
stato digitale di tutti i pin). Ad esempio il risultato sarà “8510”. Considerando che
il primo carattere “8” è solamente un preambolo, e quindi non si deve considerare,
occorre valutare il bit 8 ovvero il carattere “5” che corrisponde in binario ac “1001”
il cui bit meno significativo risulta a livello HIGH (livello 1).
Collegare il pin 4 del modulo Wi-Fly a GND
Per leggere e verificare il livello basso del pin digitare “show io” (che visualizza lo
stato digitale di tutti i pin). Ad esempio il risultato sarà “8400”. Considerando
solamente il secondo carattere “4” si ottiene in binario ac “0100” il cui bit meno
significativo risulta a livello LOW (livello 0).
Ad esempio volendo configurare in modalità immediata il GPIO8 (corrispondente al
pin 4 del modulo) come OUTPUT occorre digitare “set sys mask 0x21f0”
Per settare immediatamente l’output (pin 4 del modulo) denominato GPIO8 a
livello HIGH digitare “set sys output 0x0100 0x0100”
Controllare con un tester che il pin 4 sia a livello HIGH (circa 3,3 V)
Per settare immediatamente l’output (pin 4 del modulo) denominato GPIO8 a
livello LOW digitare “set sys output 0x0000 0x0100”
Controllare con un tester che il pin 4 sia a livello LOW (circa GND = 0 V)
Figura 7.29:
Tipica risposta al
comando PING da
finestra DOS
dopo la
configurazione
del modulo Wi-Fly
Sintassi dei comandi
Per inviare i comandi al modulo, si invia una parola chiave seguita dai parametri
opzionali. I comandi sono “case sensitive” (attenzione alle maiuscole!) e non è possibile
utilizzare gli spazi nei parametri. Utilizzare un carattere “$” per indicare uno spazio, ad
esempio, “MY NETWORK” dovrebbe essere scritto come “MY$NETWORK”. I dati di input
in formato esadecimale possono essere sia maiuscoli o minuscoli, mentre i dati di testo
(stringa), come il SSID, è di tipo “case sensitive”.
È possibile utilizzare una scorciatoia per i parametri. Per esempio, i seguenti
comandi sono equivalenti:
• Set uart baudrate 115200
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• Set uart b 115200
• set u b 15200
Non è possibile utilizzare una scorciatoia per le parole chiave di comando. Ad
esempio, “s uart baudrate 115200” è illegale.
È possibile digitare i numeri in formato decimale (ad esempio, 115200) o
esadecimale. Per inserire un numero in esadecimale, utilizzare il prefisso “0x”. Per
esempio, il valore esadecimale FF verrebbe immesso come 0xFF.
Ci sono cinque categorie di comando generali, come mostrato nella tabella.
Tipo di Comando
Set commands
Get commands
Status commands
Action commands
File I/O commands
Descrizione
Impostare i comandi hanno effetto immediato e sono
memorizzati in memoria quando il comando "save" viene
fornito al modulo.
Questi comandi recuperano le informazioni memorizzate nel
modulo e lo visualizzano.
Questi comandi visualizzano lo stato dell'interfaccia, lo stato IP,
ecc
Utilizzare questi comandi per eseguire operazioni quali la
scansione, connessione, disconnessione, ecc
Utilizzare questi comandi per aggiornare, caricare e salvare la
configurazione, eliminare i file, ecc
È necessario salvare le modifiche apportate con il comando “save” altrimenti il
modulo ricarica le impostazioni precedenti quando viene riavviato oppure all'accensione.
In considerazione dell’elevato numero di comandi disponibili e dell’enorme
quantità di opzioni si rimanda il lettore alle specifiche tecniche del modulo stesso.
7.2.12 Modulo XBee Shield per Arduino (non utilizzato nel progetto)
Il modulo XBee Shield consente ad una scheda Arduino la comunicazione in
modalità wireless tramite il protocollo XBee coprendo distanze che vanno dai 100 m
indoor ai 300 m all'aperto (outdoor), tramite l'utilizzo della line-of-sight4(Linea di vista, nella
terminologia delle telecomunicazioni è il percorso ottico in linea retta fra un dispositivo trasmettitore ed uno ricevitore. La sua
importanza sta nel fatto che, così come la luce, ogni onda elettromagnetica si propaga in linea retta in un mezzo isotropico. In fisica
l'isotropia è la proprietà di indipendenza dalla direzione, da parte di una grandezza definita nello spazio.)
.
Figura 7.30: Modulo Arduino Shield
7.2.13 Modulo trasmittente XBee (non utilizzato nel progetto)
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Il modulo XBee è una soluzione compatibile con lo standard ZigBee/IEEE 802.15.4
che soddisfa la necessità di una rete a basso costo e a basso consumo, pensata
principalmente per l'utilizzo con sensori.
I moduli sono semplici da utilizzare, richiedono pochissima energia e costituiscono
una soluzione efficace ed affidabile per la trasmissione di dati critici; inoltre le
dimensioni estremamente compatte fanno risparmiare spazio prezioso nelle applicazioni
in cui è presente.
Figura 7.31: Modulo XBee
Il più grande vantaggio di questi moduli consiste nel fatto che essi sono
bidirezionali, a differenza di molti altri sistemi economici che lavorano a 433MHz che
invece sono unidirezionali, e quindi sono in grado di trasmettere e ricevere i dati in
entrambe le direzioni, il che consente di testare facilmente (da entrambi i lati) se il
sistema sta funzionando correttamente.
Il secondo vantaggio consiste nell'indirizzamento univoco di questi moduli.
Ogni XBee, infatti, ha un numero seriale univoco; ciò significa che due o più unità
possono essere impostate per scambiare dati esclusivamente tra di loro, ignorando tutti
i segnali di altri eventuali moduli presenti.
Il terzo vantaggio consiste nella logica precostruita all'interno dei moduli XBee:
infatti sono già implementati tutti i necessari controlli tipici di una trasmissione wireless,
quali ad esempio l'error checking.
7.2.14 Access Point/Client Outdoor modello NANOSTATION 2
Un Access Point (AP) è un dispositivo elettronico di telecomunicazioni che
permette all'utente mobile di collegarsi ad una rete wireless direttamente tramite il suo
terminale se dotato di scheda wireless. Se viene collegato fisicamente ad una rete
cablata (oppure via radio ad un altro Access Point), può ricevere ed inviare un segnale
radio all'utente grazie ad antenne e apparati di ricetrasmissione, permettendo così la
connessione sotto forma di accesso radio.
Per rispettare le specifiche del progetto, in cui si presuppone una distanza
massima di 2000 metri (2 Km) con totale visibilità ottica tra le due postazioni, si è
dovuto abbandonare l’idea di utilizzare dei moduli Wi-Fly oppure XBEE per la ridotta
potenza utile su una antenna esterna in quanto il range di distanza massima coperta è
di circa 300 metri.
Quindi si passato a utilizzare una apparecchiatura che permetta di coprire senza
problemi la distanza massima richiesta. Consultando alcuni newsgroup si focalizzato
l’attenzione sul dispositivo Access Point denominato NanoStation2 della ditta Ubiquiti
Networks che soddisfa pienamente i prerequisiti richiesti.
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Figura 7.32: Access Point Nanostation 2
Vediamo le principali caratteristiche del progetto:
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Figura 7.33: Caratteristiche dell’Access Point modello NanoStation2
7.2.14.1. Collegamento hardware
Collegare il dispositivo alla rete è molto semplice, in quanto utilizza la tecnologia
con il POE (Power Over Ethernet). Per questo occorre collegare la Nanostation2 con
un cavo diretto Ethernet (connettori tipo RJ45) e l'adattatore di alimentazione in
dotazione.
Prima di tutto collegare un cavo dall’uscita denominata “POE” dell’alimentatore con
l'altra estremità al dispositivo Nanostation2 con entrata denominata “LAN”. L'altro cavo
ethernet è collegato tra l'ingresso denominato “LAN” dell’alimentatore e la scheda
Ethernet del computer o notebook.
Figura 7.34: Collegamenti tra
l’alimentatore e l’Access Point modello
NanoStation2
Ora basta collegare l'adattatore di alimentazione ad una presa del 220Vca.
7.2.14.2. Applicazioni
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Questo dispositivo può essere
applicazioni:
- Semplice AP (Access Point)
- Ripetitore Wireless
- Bridge
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impostato
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e
utilizzato
per
diverse
tipi
di
7.2.14.3. Configurazione del computer in grado di configurare il dispositivo
Questo capitolo spiega come configurare la connessione di rete per ottenere
l'accesso al dispositivo così come arriva settato dalla fabbrica.
Nel computer o notebook aprire “Pannello Controllo”
“Connessioni di rete”
Connessione alla rete locale (occorre selezionare la scheda di rete a cui è stato
fisicamente collegato il cavo di rete ethernet)
pulsante destro del mouse
un
clic su Proprietà.
In Generale, selezionare Protocollo Internet (TCP / IP) e fare clic Proprietà.
Selezionare “Internet Protocol (TCP / IP) versione 4”
un clic su “Proprietà”
Inserire l'indirizzo IP e la subnet mask. L'indirizzo IP predefinito dell’Access Point è
192.168.1.20, che non può essere utilizzato per il notebook. Quindi inserire un
indirizzo IP 192.168.1.21 e gateway 192.168.1.20
Fare clic su OK e Chiudi
Figura 7.35: Settaggi di default per accedere all’Access Point modello NanoStation2
Aprire il browser (es. Internet Explorer, Firefox, Opera, ecc) e digitare nella barra
degli indirizzi: “http://192.168.1.20” oppure “192.168.1.20” (senza doppie
virgolette. Questo è l'indirizzo predefinito del NanoStation2), quindi premere il tasto
“Invio”.
Quando la pagina di connessione all’AP (Access Point) viene visualizzata digitare il
nome utente di default "ubnt" e la password "ubnt" qui sotto:
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Figura 7.36: Username e password di
default per accedere all’Access Point
modello NanoStation2
7.2.14.4. Configurazione semplice AP (Access Point)
Consideriamo questa topologia semplicemente per collegarsi in rete
(configurazione non utilizzata nel progetto):
Un router / gateway connesso a Internet e / o ad una LAN privata (Indirizzo IP:
192.168.1.1/24)
Un Access Point NanoStation2 con sistema operativo AirOS collegato direttamente
al router (indirizzo IP: 192.168.1.20/24)
Uno o più client wireless (notebook, WiFi-Phone, altri dispositivi wireless ...)
Il router assegna gli indirizzi IP ai dispositivi di rete dal server DHCP. In
alternativa, se si preferisce, è possibile impostare l'indirizzo IP statico sul client.
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Figura 7.37: Collegamenti tra l’Access Point NanoStation2 e altri dispositivi wireless
7.2.14.4. Configurazione ripetitore wireless (Access Point con WDS [Wireless
Distribution System])
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Figura 7.38: Collegamenti tra due Access Point NanoStation2 configurati come ripetitori
wireless
Idealmente, questa configurazione che è quella utilizzata nel presente progetto in
quanto configura due NanoStation2 come ripetitori di segnali, permettendo l’estensione
della copertura fino a circa 10 km (10000 metri).
Un sistema di distribuzione wireless (WDS) è un sistema che consente
l'interconnessione wireless di punti di accesso in una rete con standard IEEE 802.11.
Esso consente l'espansione di una rete wireless utilizzando più punti di accesso senza la
necessità di una dorsale cablata per collegarli. Il vantaggio notevole rispetto ad altre
soluzioni è che nella configurazione WDS si conservano gli indirizzi MAC dei client.
Tutte le stazioni di base di un sistema di distribuzione wireless devono essere
configurate per utilizzare lo stesso canale radio, lo stesso metodo di crittografia
(nessuna, WEP o WPA) e le stesse chiavi di crittografia.
La configurazione Access Point con WDS prevedere due modalità di connettività
wireless tra due Access Point:
Bridging wireless, in cui i punti di accesso WDS possono comunicare solo tra di
loro e non consentono ai client wireless o ai PC di accedervi
Ripetitore Wireless, in cui due o più Access Point comunicano tra loro e con i PC
wireless
Prima di iniziare la configurazione di entrambi gli AP, è necessario raccogliere
l'indirizzo WLAN MAC (Wireless MAC) di entrambi, in realtà è l'indirizzo fisico dei
dispositivi. Per leggere il MAC occorre effettuare il login utente tramite browser e
annotare queste informazioni.
Per esempio faremo riferimento ai seguenti due indirizzi:
Access Point AP#1
WLAN MAC
00:27:22: AF:AA:E3
cabina Produzione
Access Point AP#2
WLAN MAC
00:27:22: AF:AB:83
cabina Distribuzione
Siate sicuri di conoscere i WLAN MAC di entrambi i dispositivi prima di iniziare la
configurazione. Nella seguente figura si può visualizzare una tipica configurazione tra
due Access Point Nanostation2 per lavorare in modalità WDS.
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Title
SCHEMA DEI RIPETITORI ACCESS POINT WDS NANOSTATION2)
Size
B
WLAN MAC
00:27:22:AF:AA:E3
ANTENNA
GREGORIANA
PER ACCESS
POINT
ACCESS
POINT
NANOSTATION
2
SCHEDA
ARDUINO
UNO R3
192.168.1.20
255.255.255.0
192.168.1.1
SHIELD
ETHERNET
CON POE
REV. 3
192.168.1.100
255.255.255.0
192.168.1.1
Date:
ANTENNA
SATELLITARE
/ WI-FI
Document Number
G. Carpignano
Rev
2
Friday , March 08, 2013
Sheet
WLAN MAC
00:27:22:AF:AB:83
1
of
2
ANTENNA
GREGORIANA
PER ACCESS
POINT
ACCESS
POINT
NANOSTATION
2
ROUTER
SATELLITARE
/ SWITCH
WI-FI
192.168.1.21
255.255.255.0
192.168.1.1
192.168.1.1
255.255.255.0
SWITCH
4 PORTE
RJ45
SCHEDA
ARDUINO
UNO R3
SHIELD
ETHERNET
CON POE
REV. 3
192.168.1.101
255.255.255.0
192.168.1.1
CABINA PRODUZIONE
CABINA ENEL DISTRIBUZIONE
Figura 7.39: Collegamenti tra la Cabina di Produzione e quella di Distribuzione con due
Access Point NanoStation2 configurati come ripetitori wireless in modalità WDS
Vediamo passo-passo come configurare entrambi gli Access Point NanoStation2 in
modalità WDS.
Configurazione dell’Access Point #1 (Cabina di Produzione)
Dopo aver effettuato i collegamenti alla scheda di rete Lan e aver fornito
l’alimentazione all’AP#1 (Cabina Produzione), effettuare un test tramite il comando
DOS:
PING 192.168.1.20
Verificare che l’AP confermi con una risposta entro un tempo <10 msec,
altrimenti ricontrollare i collegamenti della Lan Ethernet
Lanciare il browser al seguente indirizzo: 192.168.1.20
alla richiesta di “Nome utente” inserire "ubnt" e come “Password” inserire
"ubnt"
Comparirà una videata simile alla seguente:
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Figura 7.40: Scheda “MAIN” relativa all’interfaccia dell’AP#1
IP 192.168.1.20
Classi 4BN, 4BT, 5BN
Cabina di Produzione
Effettuare un clic sulla scheda denominata “NETWORK” e modificare i parametri
secondo la figura seguente:
Figura 7.41: Scheda “NETWORK” relativa all’interfaccia dell’AP#1
Produzione
IP 192.168.1.20
Cabina di
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare
Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche
Attendere il completamento del processo
Effettuare un clic sulla scheda denominata “WIRELESS” e modificare i parametri
secondo la figura seguente:
Figura 7.42: Scheda “WIRELESS” relativa all’interfaccia dell’AP#1
Produzione
IP 192.168.1.20
Cabina di
Si noti l’inserimento del MAC relativo all’AP#2 (Cabina di Distribuzione) e la
spunta sull’opzione “Auto”
Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare
Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche
Attendere il completamento del processo
Effettuare un clic sulla scheda denominata “ADVANCED” e modificare i parametri
secondo la figura seguente:
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Figura 7.43: Scheda “ADVANCED” relativa all’interfaccia dell’AP#1
Produzione
IP 192.168.1.20
Cabina di
Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare
Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche
Attendere il completamento del processo
Configurazione dell’Access Point #2 (Cabina di Distribuzione)
Dopo aver effettuato i collegamenti alla scheda di rete Lan e aver fornito
l’alimentazione all’AP#2 (Cabina Distribuzione), effettuare un test tramite il comando
DOS:
PING 192.168.1.20 (questo IP è provvisorio)
Verificare che l’AP confermi con una risposta entro un tempo <10 msec,
altrimenti ricontrollare i collegamenti della Lan Ethernet
Lanciare il browser al seguente indirizzo: 192.168.1.20
alla richiesta di “Nome utente” inserire "ubnt" e come “Password” inserire
"ubnt"
Per il corretto funzionamento della linea wireless DSL è indispensabile il
puntamento e l’allineamento dell'AP Nanostation2!
La scelta della posizione dove installare l'antenna è importante inoltre si
consiglia l'installazione sullo stesso palo dell’antenna e quanto più in alto sia
possibile rispetto al suolo.
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Posizionare l'antenna all’esterno orientandola verso la posizione della seconda
cabina
da
raggiungere
rispettandone
la
polarizzazione
(posizione:
sopra/sotto/verticale, ecc.)
E’ assolutamente necessario che non vi siano ostacoli frapposti fra i due AP.
Occorre fissare l'AP e l'antenna in maniera stabile, in modo che non possa
ruotare né sull’asse verticale né sull’asse orizzontale in caso di vento, pioggia,
etc e verificare in tal senso anche il fissaggio del supporto a cui viene fissato lo
stesso Access Point (palo antenna, staffa, supporto ecc.);
Studiare e quindi predisporre il puntamento e l’inclinazione che dovrà essere
adattata per orientare al meglio il pannello/antenna tra i due AP;
Comparirà una videata simile alla seguente:
Figura 7.44: Scheda “MAIN” relativa all’interfaccia dell’AP#2
IP 192.168.1.21
Cabina di Produzione
Effettuare un clic sulla scheda denominata “NETWORK” e modificare i parametri
secondo la figura seguente:
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Figura 7.45: Scheda “NETWORK” relativa all’interfaccia dell’AP#2
Produzione
IP 192.168.1.21
Cabina di
Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare
Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche
Attendere il completamento del processo
ATTENZIONE! Avendo modificato l’indirizzo IP della scheda di rete dell’AP#2,
occorre entrare nuovamente sul browser e digitare il nuovo indirizzo IP che
sarà: 192.168.1.21, quindi fornire il nome utente e la password
Effettuare un clic sulla scheda denominata “WIRELESS” e modificare i parametri
secondo la figura seguente:
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Figura 7.46: Scheda “WIRELESS” relativa all’interfaccia dell’AP#2
Produzione
IP 192.168.1.21
Classi 4BN, 4BT, 5BN
Cabina di
Si noti l’inserimento del MAC relativo all’AP#1 (Cabina di Produzione) e la
spunta sull’opzione “Auto”
Effettuare un clic su “Change” (modifica) per confermare
Effettuare clic su “Apply” per applicare le modifiche
Attendere il completamento del processo
Se i parametri configurati nei due AP sono corretti e il loro posizionamento è
perfetto si otterrà una buona ricezione che può essere visualizzata con i led disponibili
direttamente sul pannello posteriore degli AP.
Il modo migliore per verificare il collegamento è quello di iniziare dalla postazione
Cabina di Distribuzione con un comando DOS del seguente tipo:
PING 192.168.1.20 (IP dell’AP Cabina di Produzione)
PING 192.168.1.1 (IP del Router (gateway) situato sulla Cabina di
Produzione)
Se le risposte sono positive risulta ovvio che sarà possibile navigare utilizzando un
browser qualsiasi.
7.2.14.4. Configurazione Bridge (ponte)
Questa modalità, non utilizzata nel presente progetto, consente di:
Condividere una connessione internet con i vicini di casa che risiedono magari
dall'altra parte della strada (si ricordi che occorre avere il permesso legale del
provider).
Per creare un ponte tra la tua Internet / rete locale con quella di un altro edificio.
Permette di ottenere uno standard trasparente di livello 2 per unire due reti LAN.
7.2.15 Il PoE (Power Over Ethernet)
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Progetto: Elios Power
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Quando si effettua l’installazione in ponti radio isolati si richiede una realizzazione
più originale e costosa che impiega senz’altro fonti d'alimentazione alternative come i
pannelli fotovoltaici.
In questo tipo di realizzazione, il risparmio energetico assume carattere di vitale
importanza poiché l'autonomia di servizio non è infinita ma ben definita e limitata. In
casi particolari, ai pannelli fotovoltaici si aggiunge un generatore eolico che permette
un'autonomia di funzionamento in condizioni “critiche” ben superiore.
Simili realizzazioni richiedono la presenza di circuiti elettronici particolari gestiti da
microcontrollore per il controllo della carica della/e batteria/e tampone e gestione dei
dispositivi presenti nel ponte. Da quanto qui esposto, si capisce che pochi si affidano a
questo tipo d'impianto e la causa è da ricercare nella difficoltà del dimensionamento
delle singole parti che richiedono competenza tecnica.
Figura 7.47: Antenna di tipo direzionale
Il principio di funzionamento dell'impianto ad energia solare è riassumibile nel
seguente schema a blocchi, da cui si evince il livello di complessità costruttivo:
Figura 7.48: Alimentazione di un impianto
con regolatore e cella fotovoltaica
Per mezzo del circuito di carica (CC), l'energia prodotta dal pannello solare PS (o
dai pannelli solari, in questo caso servirebbe un circuito particolare di accoppiamento)
viene fornita alla batteria che in questo modo viene caricata.
L'alimentazione dell'apparato è generalmente prelevata dal circuito di carica che
deve altresì gestire i carichi, evitando di sottoporre la batteria a condizioni di
funzionamento dannose come lo sono l'eccessiva carica e scarica. Un riduttore di
tensione (RID) si occupa d'adattare la tensione fornita dalla batteria a quella richiesta
dall'apparato. Sovente vengono impiegati riduttori di tipo switching che garantiscono
elevata efficienza e rendimento con poco calore prodotto.
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
L’installazione con singolo cavo per dati e alimentazione: è il tipo d'installazione
più frequente ed utilizzato quando non si vuole “stendere” (posizionare) un cavo
aggiuntivo per l'alimentazione dell'apparato e si vuole limitare l'uso di pressa-cavi nella
scatola.
Questa tecnica prende il nome di PoE (Power Over Ethernet) e prende spunto
dallo standard 802.3af/at. Ciò nonostante è possibile crearsi un PoE senza ricorrere ad
apparati commerciali; grazie al cavo utilizzato per lo standard ethernet che, fino a
802.3u (fast ethernet, 100Mbit/s) non impiegando tutte le coppie presenti per la
trasmissione dei dati, è possibile destinare quelle libere ad altro scopo. In figura è
possibile vedere come realizzarne una versione home-made:
Figura 7.49: Cavo con modifiche per supportare il PoE
Non sempre il PoE risulta essere la soluzione migliore a causa dei suoi limiti:
- la piccola sezione dei conduttori presenti impone dei limiti sulla massima corrente
circolante;
- la caduta di tensione che si viene a creare a causa del precedente fattore limitante e la
lunghezza del cavo, sottopone l'apparato a stress da sotto-alimentazione, rendendolo
instabile. Questo problema aumenta con l'aumentare della lunghezza della linea
ethernet.
Esiste tuttavia il modo per ovviare a questi fattori limitanti, ricorrendo all'uso di
tensioni d'alimentazione, a monte del PoE, più alta di quanto necessario ed usare un
circuito di riduzione a valle, interno alla scatola, nei pressi dell'apparato. Questa tecnica
è spesso utilizzata ma, oltre a concorrere nell'aumento del costo di realizzazione,
introduce, a causa del riduttore di tensione, una fonte di calore all'interno della scatola
che può essere notevolmente ridotto grazie all'uso di riduttori switching.
Le installazioni in scatola perfettamente stagna: è il tipo d'installazione utilizzata in
quei luoghi dove l'aria è addizionata di sostanze corrosive. Alcune prove pratiche hanno
dimostrato che l'esposizione all'aria ricca di salsedine tipica delle zone rivierasche,
provoca malfunzionamenti dovuti alla corrosione delle piste di rame dei circuiti stampati
degli apparati. In questo caso, sebbene sia consigliato l'uso di dispositivi nati per
esterno.
La linea di principio di tale realizzazione prevede l'apertura dell'apparato ed il
montaggio sui chip che generano calore, di particolari dissipatori cilindrici con interno
cavo, costruiti su misura, al cui interno viene fatta circolare l'aria prelevata dall'esterno
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
della scatola stagna tramite una serie di tubazioni che costituisce un vero e proprio
sistema a pompa di calore.
7.2.16 La stazione meteo (non utilizzato nel progetto)
La stazione meteo LaCrosse WS2357 è un sistema meteorologico capace di
leggere, elaborare e visualizzare dati provenienti da tre sensori esterni, sia attraverso
cavi collegati, o segnali di frequenza 433 MHz senza fili.
In dotazione alla stazione c'è un display a cristalli liquidi dove vengono visualizzate
tutte le informazioni meteorologiche, con possibilità di scelta tra i dati dell'ultimo minuto
o tra i valori massimi di ogni parametro monitorato.
I dati ricevuti sono aggiornati in maniera continua per fornire le ultime
informazioni meteorologiche; il sensore igrotermico è l'unità principale per la
comunicazione dei dati, dal momento che i sensori di vento e di pioggia sono collegati
ad esso che gli fornisce l'alimentazione e viene usato per le comunicazioni con la
stazione base.
Figura 7.50: Stazione meteo LaCrosse
WS2357
7.2.17 Batterie e circuito regolatore di ricarica
Il dispositivo viene alimentato grazie ad un pack costituito da una coppia di
batterie ricaricabili agli ioni di litio (LIon), da 3,7V e 2000mAh ciascuna, che, collegate in
serie, forniscono una tensione complessiva di 7,4V.
Il circuito di ricarica e monitoraggio esegue un controllo costante sulla carica
residua a disposizione avvisando l’utente, tramite l’accensione di un led temporizzato a
circa 1-2 secondi, quando essa scende al di sotto della soglia critica, e necessita perciò
di essere reintegrata.
Il ripristino della carica può avvenire attraverso l’impiego di un normale
trasformatore, o con un modulo supplementare, costituito da un piccolo pannello solare
studiato appositamente per rendere il sistema indipendente e completamente
autosufficiente. Esso consentirebbe inoltre di aggiungere un’altra misura a quelle già
presenti, quella relativa alla radiazione solare.
Il regolatore di carica impiega il Microcontrollore ATMEGA328.
Oltre ad avere un funzionamento intelligente, il circuito risulta molto semplificato.
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12VBAT+
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V_FOTOVOLTAICO
D6
ALLA
SCHEDA
ARDUINO
D9
R16
I_BAT
2
1
1
VBAT-
R17
A1
8.2K
A2
R20
47K
R18
1K
8.2K
ALLA SCHEDA
ARDUINO
MODULO
PANNELLO
SOLARE
JP8
1
2
3
VBAT+
I_PANSOL
BY W80-200 SCHOTTKY
BATTERIA
12V /
7AH JP7
R19
BATTERIA 12V
2
MODULO PANNELLO SOLARE
47K
2
3
R24
C10
D13
+
C8
1U TANT
100N
C11
+
100N
2
1
C9
1U TANT
5.1V ZENER
5.1V ZENER
1 Q2
R21
0.1
3
D14
R23
R22
0.1
RFG70N06 MOSFET N DGS
2.2K
2.2K
Figura 7.51: Schema del circuito regolatore di carica
R1
A4
I_BAT
U3A
LM324
11
11
2
100K
6
1
5
U3B
LM324
7
VCC
5.1V ZENER
VCC
3
D11
1
180K
4
4
4
2
14
5.1V ZENER
12
LM324
10K
4
11
13
8
+
I_PANSOL
U3D
+
10
-
9
LM324
-
11
U3C
ALLA SCHEDA
ARDUINO
2
100K
R3
3
+
180K
R2
+
10K
1
ALLA SCHEDA
ARDUINO
R15
3
-
R14
-
R13
D2
A3
Figura 7.52: Schema del convertitore corrente/tensione utilizzato nel circuito regolatore
di carica
JP1
F1
2
1
Q1
1
R4 1K
2
3
D13
D6
D9
ALLA
SCHEDA
ARDUINO
RFG70N06 MOSFET N DGS
1A FAST FUSE
12VBAT+
+VLOAD
-VLOAD
LOAD
LOAD
R10
Figura 7.53: Schema del
circuito regolatore di carica
390
R7
390
R8
390
D7
D3
D4
LED YELLOW
LOAD ON
LED GREEN
BATTERIA >13,8V
LED RED
RICARICA
BATTERIA
<13,8V
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La scheda Arduino tramite un primo input analogico del convertitore A-D (pin
analogico A1) misura la tensione della batteria. Se è inferiore a 12V ed il pannello riceve
una insolazione sufficiente, ha inizio un ciclo di carica.
Durante questa fase il MOS-FET denominato Q2 è interdetto (pin digitale D6 a
livello basso) e LD2 risulta spento.
Quando la batteria raggiunge 13,8V, la carica viene interrotta per l’entrata in
conduzione di Q2 che cortocircuita il pannello. In questa situazione D7 (colore rosso) si
illumina.
Se la tensione di batteria è bassa ma il pannello, a causa di una scarsa
insolazione, non fornisce una tensione sufficiente per la ricarica della batteria, il LED D1
(colore verde) lampeggia: in caso contrario resta acceso.
Il ciclo di carica riprende quando la tensione di batteria scende sotto i 12V. I cicli
di carica (e scarica) si ripetono con questi valori per 20 volte. Alla ventunesima viene
effettuata una carica PROFONDA della batteria, per rigenerare la stessa.
In questo caso la carica prosegue sino a quando la tensione della batteria non
raggiunge i 14,4V.
L’assorbimento del carico collegato all’uscita è controllato dal MOS-FET Q1.
Se la tensione di batteria supera gli 11V Q1 conduce (D3 colore giallo acceso)
consentendo l’alimentazione del carico.
Se la tensione scende sotto i 10V il MOS-FET si interdice bloccando l’erogazione di
corrente.
Questo regolatore è di tipo parallelo con LVD.
Nella figura xxx si può notare come sia possibile amplificare la piccola tensione
presente ai capi dei resistori R21 e R22 che essendo collegati rispettivamente in serie
alla batteria (R21) ed al pannello solare (R22) permettono di convertire la corrente
erogata dalla batteria e dal pannello in una corrispondente tensione che verrà, in primo
luogo prelevata con un amplificatore operazionale con elevatissima impedenza
d’ingresso a guadagno unitario e poi amplificata di circa una trentina di volte per
ottenere un range di tensioni compreso tra 0 e 5V, idoneo per pilotare l’input analogico
di una scheda Arduino, con una corrente compresa tra 0 e 2A.
Può essere utilizzato per tensioni nominali di 12 o 24V.
La corrente massima dei moduli non deve superare i 15A, e anche la corrente
massima del carico è di 15A.
Figura 7.54: Batteria al Piombo ricaricabile
da 12V / 7Ah
7.2.18 Panello solare fotovoltaico
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Non rappresenta un modulo autonomo in senso stretto, poiché è stato inserito
direttamente nel prototipo di base, tuttavia l’impiego di una cella solare appare
indispensabile per il funzionamento del dispositivo denominato “Stazione Meteorologica”,
in quanto le batterie verranno ricaricate tramite l’energia solare perché non risulta
disponibile nessun tipo di alimentazione in alternata o continua che sia utilizzabile.
L’alimentazione tramite pannello solare permette d’altra parte di rendere la
stazione completamente autosufficiente, e in grado di ricaricarsi da sola nel tempo senza
bisogno di essere posizionata vicino ad una presa elettrica.
7.2.18.1 Dimensionamento
Prima di affrontare i calcoli per il dimensionamento del pannello fotovoltaico è
bene fare una considerazione che ci aiuterà a comprenderne meglio l’utilizzo.
Istintivamente viene da paragonare il pannello fotovoltaico con la rete elettrica,
ma le rispettive forniture di elettricità hanno filosofie completamente diverse.
Il pannello fotovoltaico è da considerarsi una fonte di energia, mentre la rete
elettrica fornisce si energia, ma è da considerarsi una fonte di potenza. Se, ad esempio,
abbiamo un contratto con la società di distribuzione elettrica da 3Kw, significa che in
qualsiasi momento possiamo collegare all’impianto un carico fino a 3Kw, anche 24 ore
su 24, ma non potremo mai collegare carichi superiori alla potenza contrattuale
(l’impianto verrebbe disattivato dal limitatore di corrente).
Perciò tutti i ragionamenti si effettuano in termini di potenza.
La capacità di fornitura elettrica di un impianto fotovoltaico si valuta invece in Wh,
e perciò si parla di energia.
Se, ad esempio, un impianto fotovoltaico può fornire una energia di 500Wh al
giorno, significa che se colleghiamo all’impianto un carico di 500w, nell’arco della
giornata potremmo utilizzarlo solo per un ora.
Se il carico è invece di soli 50W lo si potrà alimentare per 10 ore.
In sostanza, il prodotto della potenza del carico per le ore di funzionamento non
deve mai superare la capacità di fornitura di energia dell’impianto (nel nostro esempio
500Wh), altrimenti la batteria (che rappresenta il sistema di accumulo di energia) si
scaricherebbe di più di quanto il generatore fotovoltaico (modulo e pannello) è in grado
di ricaricarla e in breve tempo l’impianto risulterebbe inutilizzabile.
Perciò tutti i ragionamenti vanno fatti (considerando la potenza del carico e le ore
di utilizzo nell’arco della giornata) in termini di energia.
Non sono pochi coloro che non hanno ben chiaro i concetti di POTENZA ed
ENERGIA.
Vediamo di chiarire il concetto nel modo più semplice possibile.
Supponiamo, a titolo di esempio, di dover spostare un qualsiasi oggetto di un
certo peso, ad una distanza di tre metri.
Dobbiamo quindi esercitare un LAVORO e spendere perciò una certa ENERGIA.
Questo lavoro lo possiamo fare, fondamentalmente, in due diversi modi:
1. Spostare l’oggetto, ad una distanza di tre metri, come stabilito, in un tempo
brevissimo.
2. Spostare l’oggetto, sempre alla stessa distanza (tre metri) impiegando
tantissimo tempo.
Nel primo caso abbiamo impiegato MOLTA POTENZA.
Nel secondo caso abbiamo impiegato POCA POTENZA.
In entrambi i casi abbiamo però speso la stessa ENERGIA, perché abbiamo fatto lo
stesso LAVORO.
Possiamo perciò affermare che la POTENZA è la velocità di utilizzazione (o di
produzione) di ENERGIA.
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Naturalmente la quantità di energia che l’impianto fotovoltaico può fornire dipende
dall’insolazione, e quindi è variabile nel corso dell’anno e dalle condizioni
metereologiche. Questi fattori devono essere presi in considerazione per un corretto
dimensionamento dell’impianto.
Il modo di operare nel dimensionamento di un impianto fotovoltaico si può
comprendere abbastanza bene se lo si paragona ad un impianto idraulico con vasca di
accumulo.
Supponiamo che la vasca contenga 50 litri di acqua e che noi ne preleviamo, per il
nostro fabbisogno, 5 litri ogni giorno.
Se vogliamo che la vasca continui a contenere acqua, per poterla poi utilizzare,
bisogna che ogni giorno siano introdotti 5 litri d’acqua (la stessa quantità giornalmente
prelevata).
Se invece di 5 litri giornalieri gliene introduciamo soltanto 3, potremo prelevare
acqua per un certo periodo, ma è inevitabile che prima o poi la vasca resterà vuota!
Infatti, ogni giorno trascorso la quantità di acqua contenuta nella vasca diminuirà di 2
litri e dopo 25 giorni sarà vuota.
L’impianto fotovoltaico si comporta in modo analogo, dove la batteria è paragonabile
alla vasca, la corrente generata dal pannello all’acqua versata nella vasca e la corrente
consumata nel carico all’acqua prelevata.
Figura 7.55: Similitudine con un impianto idraulico
Se ad esempio, con un determinato carico preleviamo dalla batteria 30Ah al giorno, il
pannello fotovoltaico deve essere in grado di fornire almeno 30Ah al giorno (qualche
cosa in più per sopperire alle perdite) altrimenti, a lungo andare, ci ritroveremo con la
batteria scarica e l’impianto diventerà inutilizzabile.
Appare perciò evidente quanto sia importante, per la scelta del pannello fotovoltaico
da impiegare nell’impianto, prevedere la quantità di energia da consumarsi
giornalmente.
Da quanto fin qui esposto si può dedurre che i parametri fondamentali da conoscere
per poter dimensionare correttamente un impianto sono tre:
1. Luogo di installazione (per poter conoscere il valore ESH).
2. Posizionamento del pannello fotovoltaico (orientamento e inclinazione)
3. Consumo giornaliero previsto (Wh).
Prevedere i consumi giornalieri è cosa da farsi per ogni tipo di impianto, mentre per i
punti 1 e 2 si potranno assumere valori abbastanza precisi soltanto per installazioni fisse
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(case isolate, ripetitori, luci giardini, ecc.), mentre per installazioni mobili (camper,
imbarcazioni, ecc.) occorrerà avvalersi di valori medi e basandosi quasi sempre su un
pannello posizionato orizzontalmente, per cui l’orientamento non ha più significato.
Un tipico impianto fotovoltaico è composto dal pannello (uno o più moduli) che
rappresenta il generatore, dal regolatore di carica e dalla batteria che è il sistema di
accumulo di energia.
Se il carico deve essere alimentato a corrente alternata, occorrerà far uso di un
INVERTER collegato alla batteria come già accennato precedentemente.
Se il modulo fotovoltaico non è sufficiente a fornire l’energia necessaria occorre
comporre un pannello formato da due o più moduli collegati in parallelo tra loro (se la
tensione di lavoro è già quella prevista) tramite una apposita scatola di giunzione che
incorpora i diodi di blocco.
Figura 7.56: Tipico impianto Fotovoltaico con due moduli collegati in parallelo
Se si utilizzano carichi che hanno un forte assorbimento (anche istantaneo) come
ad esempio INVERTER motori ecc., è bene scavalcare il regolatore e alimentarli
direttamente dalla batteria, mentre l’uscita del regolatore la si può tranquillamente
utilizzare per alimentare gli impianti delle luci.
Figura 7.57: Tipico impianto Fotovoltaico con corrente del carico controllata dal
regolatore
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Figura 7.58: Impianto con luci collegate al regolatore e carichi a forte assorbimento
istantaneo collegati direttamente alla batteria tramite un inverter
Abbiamo già detto precedentemente che per poter dimensionare correttamente un
impianto fotovoltaico occorre conoscere 3 parametri, e cioè il valore ESH (Equivalent
Sun Hours
Ore di sole equivalente), l’orientamento e l’inclinazione del pannello e i
consumo giornaliero previsto. Però, essendo il valore ESH (ricavato dalle tabelle) in
relazione al posizionamento del pannello, i parametri si riducono a due. Diremo perciò
che i due parametri che importano sono il valore ESH e il consumo giornaliero previsto.
Da tutto ciò si deduce che la potenza di picco che dovrà avere il pannello
fotovoltaico è data dal consumo giornaliero previsto diviso il valore ESH:
Dove Wp= potenza di picco del pannello e Wh consumo giornaliero.
Tenendo conto che nell’impianto esistono perdite inevitabili dovute al rendimento
dei vari dispositivi utilizzati (in particolar modo la batteria) e al fatto che nei calcoli viene
tenuta in considerazione la potenza di picco del modulo fotovoltaico che la si ottiene a
circa 17V (per impianti a 12V) e non a 12V, occorre aumentare di circa il 50% il valore
della potenza di picco del modulo necessario. Perciò la formula definitiva diventa:
Dove:
Wp = Wh * 1,5 / ESH
Wp = potenza di picco del pannello
Wh = consumo giornaliero
Il dimensionamento del regolatore di carica non presenta particolari problemi.
Basterà infatti che la sua corrente massima sia superiore a quella di corto-circuito del
modulo o insieme di moduli (pannello). Se, ad esempio, useremo un modulo fotovoltaico
con una corrente di cortocircuito di 4A, il regolatore dovrà essere in grado di sopportare
una corrente di almeno 4,5A. Se useremo un pannello composto da 3 moduli fotovoltaici
in parallelo con una corrente di cortocircuito di 2,5A ognuno, il regolatore dovrà
sopportare una corrente di almeno (2,5 * 3 =7,5) 8A.
A questo punto dobbiamo pensare al dimensionamento della batteria. Anche in
questo caso il calcolo è molto semplice, teoricamente basterà, infatti che la capacità
della batteria sia uguale alla corrente (Ah) consumata giornalmente. Ma siccome è
prudente pensare che il sole potrebbe mancare per diversi giorni, è bene che, in
presenza di questo evento, la batteria provveda ad alimentare l’impianto.
GIORNI
ACCUMULO
ESTATE
ANNUALE
SUD
CENTRO
NORD
2
6
3
10
5
15
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Nel nostro paese i giorni di riserva raccomandati variano da 2 a 15 a seconda della
latitudine e del periodo dell’anno.
La prima cosa che dobbiamo fare è trasformare i Wh consumati giornalmente in
Ah (questo perché le batterie hanno la capacità espressa in Ah).
perciò, se l’impianto è a 12V occorrerà dividere i Wh di consumo giornaliero per 12:
Ah= Wh / 12
La formula definitiva per ricavare il valore della capacità della batteria idonea
all’impianto sarà:
Ah = Wh * giorni accumulo / 12
Dove:
Ah = capacità batteria
Wh = consumo giornaliero
Se, ad esempio, l’impianto (funzionante a 12V) è ubicato nel centro Italia e viene
utilizzato solo nel periodo estivo con un consumo giornaliero di 300Wh, la batteria dovrà
avere una capacità di:
300 * 3 / 12 = 75Ah
Se invece lo stesso impianto viene utilizzato tutto l’anno la capacità della batteria
deve essere:
300 * 10 / 12 = 250 Ah
A questo punto, per concludere, vediamo alcuni esempi di impianti fotovoltaici a
12V ubicati in zone diverse che utilizzano vari tipologie di carichi standard come da
apposita tabella.
N.
Tipologia utilizzatore
A
Lampada o plafoniera basso consumo
B
Lampada o plafoniera basso consumo
C
Lampada o plafoniera a LED
D
E
F
G
H
I
L
Piccola TV LCD
TV
Videoregistratore
Radio
Piccola radio trasmittente TX
Ventilatore
Frigorifero 60 litri basso consumo
Assorbimento
11W (luminosità = 55W
lampada a incandescenza)
24W (luminosità = 100W
lampada a incandescenza
0,5W (luminosità = 20W
lampada a incandescenza
8W
45W
30W
10W
20W
20W
15W (consumo medio)
TABELLA CONSUMI CON CARICHI STANDARD
Nel progetto da considerare per la stazione meteo i consumi previsti sono
nettamente inferiori come è possibile vedere dalla seguente tabella:
N.
1
2
3
4
5
Tipologia utilizzatore
Scheda Arduino
Modulo WiFly
n. 1 piranometro
n. 2 Sensori di temperatura
Circuito regolatore di carica
TOTALE
Assorbimento
30mA con Vcc = 5V
0,15W
240mA max. con Vcc = 3,3V
0,792W
250mA max con Vcc = 5V
1,25W
1,5mA * 2 = 3mA max con Vcc = 5V
0,015W
100mA max con Vcc = 5V
0,5W
0,15 + 0,792 + 2, 5 + 0,015 + 0,5 = 3,957W
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Altri dati necessari come il valore ESH relativo al sito in cui è posizionato il pannello
fotovoltaico sono:
Posizione:
Torino
Periodo:
tutto l’anno solare
Orientamento: a SUD
Inclinazione:
di 30° è 5,03
ESH:
3,44
Abbiamo, a questo punto, tutte le indicazioni per poter compilare la tabella, dalla
quale scaturisce che il pannello fotovoltaico deve essere da 20W e dovrà utilizzare una
batteria da 12V nominali con una capacità di 7Ah.
SITO:
Torino
PERIODO:
Annuale
CARICA
TIPO
POTENZA
ISTANTANEA
UTILIZZO
(ore giornaliere)
CONSUM
O
(giornalie
ro)
1 - Scheda
Arduino
0,15 W
24 ore
3,6 Wh
0,792 W
Attivo ogni 5
minuti per 30
secondi circa
2,4 ore
1,9 Wh
24 ore
30 Wh
24 ore
0,36 Wh
24 ore
12 Wh
2 - Modulo
WiFly
31,25 W
Piranometro
4 - Sensori
0,015 W
temperatura
5 - Circuito
regolatore
0,5 W
di carica
Wp Pannello:
Capacità Batteria
(tensione 12V):
Corrente Regolatore carica:
ORIENTAMENTO:
GIORNI
ACCUMULO:
Wh * 1,5 / ESH
Wh * 1,5 / Vbatt
Wp / Vbatt
Sud
INCLINAZIONE:
30°
15
Media ESH:
3,44
TOTALE
(consumo giornaliero)
47,86 Wh
47,86 * 1,5 / 3,44
47,86 * 1,5 / 12
20,86 / 12
20,86 Wp
5,98 Ah
1,73 A
Tabella con valori da adottare secondo i parametri inseriti forniti.
7.2.19 Interfaccia ottica per lettura Contatore con uscita impulsiva a led
Una delle principali necessità imposte dal committente è stata la richiesta di non
interferire sul circuito già installato e funzionante. Siccome si rende necessario rilevare i
consumi dei contatori relativi alla potenza erogata (contatore di produzione) ed
assorbita (contatore di scambio) senza modificare o collegarsi ai trasformatori di
corrente TA esistenti, l'unica possibilità di monitorare i consumi è quella utilizzare una
interfaccia ottica che registri il lampeggio del contatore, cioè i dati di produzione e
scambio dell’impianto. Questi dati vengono elaborati dal microcontrollore e infine
trasmessi via radio al database per essere memorizzati e renderli consultabili in qualsiasi
momento.
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Progetto: Elios Power
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Figura 7.59: Differenti tipi di foto resistori disponibili in commercio
7.2.19.1 Le Fotoresistenze
Modificano la resistenza in funzione dell’intensità della radiazione luminosa che le
colpisce.
Il principio di funzionamento è basato sulla caratteristica di alcuni semiconduttori
(solfuro di cadmio, solfuro di piombo, silicio, antimoniuro di indio) di diminuire la propria
resistenza all’aumentare della radiazione luminosa incidente.
La variazione di resistenza è dovuta al fatto che l’energia associata alla radiazione
incidente provoca la scissione di un numero di legami covalenti proporzionale
all’intensità della luce medesima.
Questo determina il passaggio di alcuni elettroni dalla banda di valenza a quella di
conduzione, pertanto migliora la conducibilità della fotoresistenza.
Le fotoresistenze non hanno verso di polarizzazione, in quanto non vi sono
giunzioni sul percorso della corrente.
Nella condizione di buio completo, le fotoresistenze presentano una resistenza
dell’ordine di 106 - 108 ohm, mentre in piena luce, il valore scende ad alcune decine di
ohm.
Si osservi nella figura come la zona interna rappresenta l’elemento di
semiconduttore fotosensibile, mentre le parti a pettine sono gli elettrodi, disposti in
modo da presentare la massima superficie di contatto con il semiconduttore.
Le fotoresistenze commerciali hanno forte dispersione delle caratteristiche,
pertanto non risultano adatte ad impieghi di precisione, ma si prestano a funzionamenti
di tipo on-off (sensori).
Il tempo di risposta di una fotoresistenza ad una variazione luminosa è
relativamente elevato, infatti non giunge, in condizioni normali, al di sotto di 0,3 - 0,4
ms.
In particolare, il tempo maggiore si ha in corrispondenza del ritorno al valore di
resistenza elevata, dopo un forte illuminamento, che ha prodotto un abbassamento della
resistenza stessa.
Pur avendo le fotoresistenze alcune limitazioni trovano nel nostro caso un perfetto
utilizzo riuscendo a soddisfare pienamente le caratteristiche richieste:
1. tempi di transizione del fronte di salita e di discesa non superiori ad 1msec.
2. necessità di rilevare l’accensione e spegnimento di un un diodo led luminoso
che possiede una forte luminosità e quindi con un elevato contrasto tra lo
stato acceso e quello spento
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3. componente con un basso costo e con la possibilità, nel nostro caso, di non
interferire con i circuiti già predisposti, in quanto non richiede nessun tipo di
collegamento elettrico, ma solo dovrà essere posizionato sopra la finestra
trasparente disponibile sui contatori di energia.
Figura 7.60: Lettura del Contatore con uscita impulsiva a led
In figura 7.60 è stato rappresentato un tipico impianto che utilizza una o più interfaccie
ottiche per rilevare gli impulsi luminosi emessi dai contatori.
Nella figura seguente 7.61 si trova il tipico circuito per acquisire l’informazione luminosa.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
VCC
VT+
1
R1
1
3
FOTORESISTORE1
2
R3
7
R2
+
6
-
VPIN1
10K
1
LM339
3
12
10K
U1A
VOUT
2
U2A
1
R4
10K
3
2
VCC
VIN
7408
3
R5
5
R6
VT-
1
10K
4
10K
VPIN2
2
12
2
+
U1B
LM339
3
R7
VIN
DESCRIZIONE
SE ENTRAMBI I TRIMMER R7 E R4 SONO
TUTTI RUOTATI VERSO R4 SI HA UN
PARTITORE FORMATO DA 3 RESISTENZE
ENTRAMBE DEL VALORE DI 10KOHM.
QUINDI VT- VALE 1,666V MENTRE VT+
VALE 3,333V.
10K
VT+
VT-
VPIN1
VPIN2
VOUT
1V
3,666V
1,666V
+VSAT=VCC
-VSAT=GND
GND
2V
3,666V
1,666V
+VSAT=VCC
+VSAT=VCC
VCC
Title
ELIOS POWER - CIRCUITO RILEVATORE LAMPEGGI LED CONTATORE
Size
A
4V
3,666V
1,666V
-VSAT=GND
+VSAT=VCC
GND
Date:
Document Number
CLASSI 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI
Saturday , March 23, 2013
Sheet
Rev
2
3
of
9
Figura 7.61: Interfaccia ottica per la lettura del Contatore con uscita impulsiva a led
L’utilizzo dell’amplificatore operazionale LM324 permette di regolare le due soglie di
intervento denominate VT+ e VT- tramite i due trimmer R2 e R7. Nella figura è stata
aggiunta una porta AND per indicare che le due uscite confluiscono in una sola. In realtà
la funzione della porta AND viene svolta agevolmente dalla configurazione di uscita
dell’operazionale che è di tipo “Open Collector”, ovvero a collettore aperto, quindi basta
unire le due uscite insieme e collegarle ad una sola resistenza di “pullup” per ottenere la
funzione AND desiderata.
LED ILLUMINATO
LED SPENTO
Figura 7.62: Circuito
duplicatore di frequenza
ottenuto con amplificatori
operazionali
VOUT
Il circuito di figura 7.61 se viene analizzato in un diagramma temporale si presenta
come un duplicatore di frequenza, in quanto ad ogni fronte genera un impulso la cui
larghezza può essere regolata tramite i trimmer R2 e R7. La necessità di ottenere un
impulso ad ogni fronte deriva dalla gestione dell’interrupt con il microcontrollore
ATMEGA328 e sarà analizzata nel capitolo successivo.
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
J2
2
ALLA
SCHEDA
ARDUINO
PIN
ANALOGICO
1
2
PHOTORESISTOR1
D1
1N4148
1
FOTORESISTORE
5V
J5
A0
2
1
D4
1N4148
1
R3
10K
Figura 7.63: Schema elettrico di una
generica interfaccia con uscita
analogica per lettura dell’impulso
luminoso fornito dal contatore di
energia.
Se il fotoresistore (collegato a J2) è
illuminato in uscita del connettore J5,
che risulta collegato all’ingresso
analogico A0, si avrà una tensione
prossima a +5V, in caso contrario, la
tensione disponibile è di circa 0V.
Un metodo alternativo che non è stato utilizzato a causa dell’impossibilità di utilizzo con
l’interrupt del microcontrollore è quello rappresentato in figura 7.63, nel quale si utilizza
un ingresso analogico (ad esempio A0) del microcontrollore che viene interfacciato con
un resistore R3 e la fotoresistenza (collegata esternamente al connettore J2) in modo da
formare un partitore di tensione con le seguenti caratteristiche:
• se il fotoresistore è illuminato si ottiene ai suoi capi una piccola caduta di tensione
dovuta alla piccola resistenza (<100Ω) che determina una tensione prossima ai 5V
all’ingresso analogico A0. (Si ricorda che il convertitore A/D interno al
microcontrollore può rilevare una tensione analogica compresa tra 0 e +5V che
verrà convertita in un corrispondente valore numerico compreso tra 0 e 1023).
• se il fotoresistore non è illuminato (oscurato) si ottiene ai suoi capi una grande
caduta di tensione dovuta alla elevata resistenza (>1MΩ) che determina una
tensione prossima a 0V all’ingresso analogico A0.
7.2.20 Interfaccia relè per riarmo contatore
Il relè, o relàis, è uno dei dispositivi elettromeccanici più conosciuti. Spesso sono
racchiusi dentro un involucro trasparente, che permette di capirne subito il
funzionamento. L'avvolgimento di rame alla sinistra non è altro che una bobina che se
alimentata attira verso il basso l'astina metallica indicata con la freccia rossa rivolta
verso il basso. L'astina metallica è fissata al contatto C che significa "comune".
Se la bobina viene alimentata essa si trasforma in un elettromagnete che attira
verso il basso l'astina, la quale a sua volta sposta il contatto C verso destra, il quale non
tocca più il contatto NC (normalmente chiuso) ma entra in contatto con NA,
permettendo quindi il passaggio della corrente tra C ed NA. Se viene tolta alimentazione
alla bobina, automaticamente il contatto torna alla posizione iniziale. Si noti che
utilizzando i contatti NC-C come interruttore, l'interruttore risulta sempre su ON, mentre
alimentando la bobina stacca e va in OFF. Al contrario utilizzando NA-C l'interruttore è
sempre su OFF, mentre alimentando la bobina abilita la conduzione tra NA-C che risulta
quindi come un interruttore su ON.
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Figura 7.64 - Schema di funzionamento del
relè diseccitato.
Legenda:
1. Bobina
2. Ancora
3. Contatto mobile
Figura 7.65 - Schema di funzionamento del
relè eccitato.
Legenda:
1. Bobina
2. Ancora
3. Contatto mobile
Il relè permette con una piccola tensione di controllare una grande potenza, per
esempio un relè può accendere o spegnere il motore di un refrigeratore comandato da
un sensore di temperatura: il semplice sensore di temperatura non potrebbe mai
pilotare direttamente l'alimentazione a 220V. Ad esempio il ticchettio che sentite
abilitando le indicazioni luminose di svolta negli scooter o nelle automobili, non è altro
che l'accensione e lo spegnimento di un relè che viene pilotato da un semplice
temporizzatore.
12V
R2
J2
K2
1
5
LED RELE2
2
D3
3
330
4
1
2
D4
1N4148
1
2
RELAY SPDT
R4
1
1K
2 Q2
2N1711
3
1
2
3
N.C.
COMUNE
N.A.
RELE2
RELE'
DISTRIBUZIONE 1
Figura 7.66: Interfaccia
relè utilizzata per il
riarmo degli interruttori
generali magnetotermici
RELE_DISTRIB2MT
R6
10K
In questo semplice circuito un relè viene controllato da un transistor 2N1711.
Forse avete già notato la presenza del diodo 1N4148: questo diodo è fondamentale
durante l'utilizzo di un relè, per via di un fenomeno elettrico conosciuto come "Picco di
Lentz". In poche parole, quando si toglie alimentazione ad una bobina, essa rispedisce
indietro un brevissimo picco di tensione molto elevata, contraria alla tensione di
alimentazione. Questo diodo risulta un cortocircuito per tensioni contrarie a quelle di
alimentazione, quindi quando il picco esce dal relè si annulla su se stesso attraverso il
diodo.
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
La bobina del relè utilizza uno scambio libero per ottenere il riarmo di un
interruttore generale. Si precisa che l’ingresso digitale denominato RELE_DISTRIB2MT
sarà collegato ad una uscita digitale del microcontrollore ricordando che un livello logico
basso (GND
0V) applicato a questo ingresso determina una corrente di base nulla per
cui il transistor si trova in interdizione, cioè la corrente di collettore sarà nulla e di
conseguenza il relè è diseccitato. Al contrario, se l’uscita del microcontrollore sale ad un
valore prossimo a +5V (livello alto) si avrà una debole corrente di base in grado di
polarizzare la giunzione VBE a circa 0,6V che determina una amplificazione di corrente
del collettore mandando il transistor in saturazione. In tale modo la VCE del transistor
scende a valori prossimi a circa 0,2V permettendo il passaggio della corrente nella
bobina del relè, ovviamente attivandolo.
7.2.21 Interfaccia lettura contatto pulito
Una caratteristica dei contatti è che possono essere aperti o chiusi a seconda delle
necessità, essi si trovano normalmente nei teleruttori.
E’ caratterizzato dalla presenza di una bobina che, nel momento in cui viene
attraversata da una corrente, si eccita, attirando a sé un dispositivo mobile interno
all'apparecchio, facendo sì che i contatti ausiliari si aprano o si chiudano a seconda del
tipo a cui appartengono. I contatti ausiliari, solitamente sono:
• NC (Normally Close
normalmente chiuso) si aprono quando la bobina si "eccita"
(cioè viene attraversata da una corrente).
• NO (Normally Open
normalmente aperto) si chiudono quando la bobina si
"eccita" (cioè viene attraversata da una corrente).
La più importante necessità nel progetto è proprio quella di leggere (rilevare) se
un contatto dell’interruttore generale è aperto o chiuso. Per tale motivo si è scelto di
gestire il processo tramite l’interrupt del microcontrollore.
In pratica le vie possibili per leggere un contatto sono due:
• Leggere nel tempo continuamente gli ingressi per rilevare le variazioni
• Utilizzare l’interrupt e quindi gestire nel programma principale tutte le altre
necessità perché solo nel momento in cui si è verificata una variazione
dell’input digitale questa verrà gestita da una apposita routine.
Nel nostro caso si devono gestire contemporaneamente 2 contatti, e inoltre il
microcontrollore possiede solo due linee di interrupt verso il mondo esterno.
Quindi si hanno le seguenti necessità da gestire contemporaneamente:
1. due sensori ottici che vengono utilizzati per gestire l’impulso luminoso
che viene trasmesso dai due contatori di energia
2. due contatti (puliti) che devono essere monitori costantemente
Come risulta evidente gli ingeressi di interrupt sono esattamente la metà di
quelli necessari, pertanto si sono raggruppati i due sensori ottici che confluiscono
in un solo interrupt e i due contatti che anche loro confluiranno in solo ingresso di
interrupt.
Questa tipologia di raggruppamento, anche se determina un lieve aumento
del software, permette di gestire contemporaneamente le singole attività senza la
preoccupazione di perdere qualche informazione importante. Inoltre è possibile
stabilire a priori la priorità da attribuire ai segnali da gestire.
In figura 7.67 si vede un esempio di circuito per gestire i due contatti, nel
nostro caso di tipo NO (Normally Open) utilizzando una semplice porta AND,
formata dai diodi D5, D6 e dalla resistenza R9.
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VCC
VCC
CONTATTO
DISTRIBUZIONE
J4
1 BT
R8
10K
CONT_DISTRIB1BT
VCC
1
2
CONTATTO
DISTRIBUZIONE
2 MT
R7
10K
J3
CONT_DISTRIB2MT
1
2
C1
C2
R9
10K
CONTATTO1
INT_CON1_CON2
CONTATTO2
100N
100N
D5
1
INTERRUPT
CONTATTO1
CONTATTO2
2
1N4148
D6
1
2
1N4148
Figura 7.67: Interfaccia lettura contatti puliti
7.3 Nozioni sulla struttura hardware implementata
In questo lavoro l'attenzione è stata rivolta ai problemi di natura ambientale che
riguardano principalmente:
La costruzione di una rete wireless per gestire la sonda di temperatura e il
ricevitore infrarosso;
La configurazione di una stazione meteo per la ricezione dei parametri ambientali.
Figura 7.68: Circuito di prova realizzato per la ricezione dei dati dal sensore di
temperatura
7.4 Comunicazione
La fase di comunicazione ha come obiettivo finale quello di permettere all’utente di
visionare i dati raccolti dalla stazione rendendoli accessibili in maniera immediata a
partire dalla loro misurazione.
A tale scopo sono state studiate due diverse modalità attraverso cui è possibile
disporre delle misure:
• visualizzazione tramite web browser di una pagina personale posta sul dominio
iisprimolevi.it, contenente l’anagrafica di tutte le misure effettuate;
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• comunicazione dell’ultima misura su dispositivo mobile tramite l’invio di un SMS alla
stazione;
Ogni qualvolta viene effettuata una procedura di sensing, il dispositivo provvede
ad inviare l’insieme delle misure a disposizione ad un server, che a sua volta ha il
compito di memorizzarle nel database specifico.
La trasmissione è gestita in due modalità differenti:
1) in condizioni normali viene utilizzata la linea ADSL oppure HDSL con
collegamento satellitare che è disponibile presso il campo di produzione
2) in alternativa, cioè in tutte quelle situazioni di emergenza o di non disponibilità
del collegamento satellitare si può utilizzare direttamente il modulo GSM/GPRS. Il
sistema si connette quindi ad internet dalla rete telefonica mobile attraverso un APN,
contatta il server al suo indirizzo, procede ad instaurare una connessione TCP tramite
l’apertura di un socket, ed infine trasmette i dati prima di terminare la stessa.
Dal momento che la comunicazione avviene sulla rete mobile GSM, è necessario
accertarsi che la zona nella quale si andrà a collocare la stazione sia coperta dal segnale.
Pur rappresentando indubbiamente la procedura più importante relativamente alla
gestione dei dati, quella appena presentata non è tuttavia l’unica ad essere abilitata
dalla piattaforma; essa, infatti, è anche in grado di rispondere a specifiche richieste
inviate tramite SMS, restituendo, sempre tramite un messaggio dello stesso formato, il
set contenente gli ultimi valori misurati.
Ad ogni nuova accensione, prima di iniziare la comunicazione con l’esterno, il
modulo controlla lo stato della propria memoria di ricezione SMS, e, in caso di arrivo di
nuovi messaggi, processa singolarmente ciascuno di essi. Ciò avviene dapprima
controllando se all’interno del testo è presente una particolare stringa che è utilizzata
come chiave di verifica di autenticità, quindi estraendo il numero del mittente, ed
inviando infine la risposta contenente gli ultimi dati a disposizione.
Esaurite queste operazioni il messaggio è cancellato e, qualora ne siano presenti
altri, si passa ad analizzare i successivi. Una volta completate le attività di gestione degli
SMS e trasmissione GPRS, la stazione ha completato il suo ciclo di funzionamento e può
tornare nello stato di inattività per risvegliarsi al successivo segnale di interrupt, che
scatterà all’ora successiva.
La stringa contenente gli ultimi valori misurati resta tuttavia sempre in memoria;
in tal modo, se durante questo periodo di spegnimento l’utente fosse interessato a
conoscere queste grandezze, non potendo visualizzarli sullo schermo di un display LCD
per avere una lettura immediata delle stesse.
Un’ultima caratteristica non abilitata nel presente progetto è quella fornita dal
modulo GSM che permette di operare l’autolocalizzazione del dispositivo a partire dai
dati di cella cui esso è collegato, i quali, una volta inviati al server, possono essere risolti
tramite un’interrogazione nella latitudine e longitudine, fornendo così la posizione
geografica.
7.5 Controllo dei consumi
Dal momento che l’intera stazione viene alimentata da una coppia di batterie LIon
ricaricabili, è evidentemente necessario cercare di ridurre al minimo i cicli di
funzionamento della stessa, in modo da ottenere una maggiore durata dell’apparato
riducendone, di conseguenza, le necessità di caricamento.
A tal fine sono stati individuati due possibili stati in cui il sistema può trovarsi,
denominati rispettivamente “sleep” e “active”, attraverso la gestione dei quali si è in
grado di limitare i consumi energetici.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Lo stato “sleep” sta ad indicare che la stazione è inattiva, condizione in cui essa si
trova durante la larga maggioranza del tempo e che permane fino a quando il clock non
alza un segnale di interrupt, segnalando in questo modo la necessità di cambiare stato.
Questo può essere programmato con una cadenza voluta da meno di un secondo a
qualche ora, nel nostro caso si può programmare ad esempio ad ogni ora. In questa
configurazione tutti i componenti risultano spenti dal momento che nessuno di essi è
alimentato; soltanto il clock, grazie alla presenza della sua batteria di backup, è in grado
di tenere il conteggio del tempo reale e gestire gli allarmi, mentre la scheda Arduino
viene posta in modalità “power down”, in grado di ricevere unicamente segnali di
interrupt per forzarne il risveglio.
Lo stato “active” denota invece un funzionamento a pieno regime del dispositivo,
il quale, come esposto dettagliatamente in precedenza, effettuerà le operazioni di
sensing, trasmissione dei dati rilevati sul protocollo TCP ed eventuale gestione degli SMS
e comunicazione GPRS, per poi tornare in modalità “sleep”. Il periodo di attività ha una
durata che si attesta attorno ai trenta secondi.
Appare quindi chiaro come un sistema così progettato risulti altamente efficiente;
esso infatti richiede una spesa energetica contenuta per un periodo estremamente breve
di tempo.
Considerando che esso lavora per trenta secondi all’interno di ogni intervallo di
un’ora, questo rappresenterà soltanto il 0,83% (30s/3600s) del tempo totale, mentre il
restante 99,16% non richiederà alcun consumo.
Accanto a questo lavoro di riduzione dei periodi di attività, ne è stato svolto un
altro, altrettanto importante, mirato ad alleggerire al massimo il codice eseguito,
diminuendo così il numero di operazioni che il sistema deve svolgere. Questa
ottimizzazione, ottenuta attraverso una programmazione snella ed essenziale, punta ad
alleggerire il carico di processing sul microcontrollore, garantendo prestazioni migliori sia
in termini di velocità che di risparmio energetico.
7.6 Gli strumenti utilizzati
In questa sezione verranno descritti tutti gli strumenti utilizzati per la realizzazione
del sistema di monitoraggio.
7.6.1 Il software di configurazione per i moduli Wi-Fi
TERATERM è un software free utilizzato per la configurazione dei moduli wireless
Wi-Fi. L'interfaccia grafica si compone essenzialmente di quattro schermate: PC
Settings, Range Test, Terminal e Modem Configuration.
La schermata “PC Settings" consente di rendersi conto di quale sia la porta COM
associata al modulo, di effettuare un test di comunicazione per verificarne il corretto
funzionamento avendo cura di impostare correttamente il baud rate del modulo e il
formato del pacchetto seriale di dati: di default il baud rate è di 9600, i bit di dati sono
8, senza bit di parità e con un singolo bit di stop.
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Capitolo 8
8. Introduzione alla software
Lo sviluppo del progetto Elios Power ha seguito due piani paralleli, profondamente
diversi ma complementari.
Il primo ha riguardato l’implementazione dei dispositivi vero e propri, sotto forma
di stazione mobile dotata di alta flessibilità ed a basso consumo. A partire da queste
caratteristiche è stato necessario scegliere con attenzione e assemblare i numerosi
componenti per svolgere le funzioni di sensing, comunicazione e gestione consumi.
Il secondo piano è invece consistito nell’ideazione di una struttura informatica a
supporto del cosiddetto lato server, che ha lo scopo fondamentale di memorizzare al suo
interno i dati inviati dalle diverse stazioni e presentarli ai rispettivi utenti. Ciò è stato
fatto al fine di realizzare un servizio semplice, altamente personalizzato, capace di
lavorare in tempo reale e del tutto automatizzato.
Tale struttura si appoggia sul sito web della scuola www.iisprimolevi.it, che
rappresenta l’interfaccia grafica attraverso cui è possibile visionare i dati misurati dalla
propria stazione, strutturati in opportuni grafici, e condividerli con altri utenti. Anche in
questo caso, si è data molta importanza al web design, cercando di utilizzare un layout
essenziale e gradevole allo stesso tempo.
8.1 MySQL e lo schema relazionale
La scelta del Data Base Management System (DBMS) da utilizzare è ricaduta
sul prodotto di Sun Microsystem: MySQL. La versione utilizzata nel sistema sviluppato è
la 5.3.
MySQL è un DBMS relazionale, composto da un client con interfaccia a caratteri e
un server, entrambi disponibili sia per sistemi Unix come GNU/Linux che per Windows,
anche se prevale un suo utilizzo in ambito Unix.
Dal 1996 supporta la maggior parte della sintassi SQL e si prevede in futuro il
pieno rispetto dello standard ANSI. Possiede delle interfacce per diversi linguaggi,
compreso un driver ODBC, due driver Java e un driver per Mono e .NET.
Il codice di MySQL viene sviluppato fin dal 1979 dalla ditta TcX ataconsult, adesso
MySQL AB, ma è solo dal 1996 che viene distribuita una versione che supporta SQL,
prendendo spunto da un altro prodotto: Msql.
Il codice di MySQL è di proprietà della omonima società, viene però distribuito con
la licenza GNU GPL oltre che con una licenza commerciale. Fino alla versione 4.0, una
buona parte del codice del client era licenziato con la GNU LGPL e poteva dunque essere
utilizzato per applicazioni commerciali. Dalla versione 4.1 in poi, anche il codice dei
client è distribuito sotto GNU GPL. Esiste peraltro una clausola estensiva che consente
l’utilizzo di MySQL con una vasta gamma di licenze libere.
Nel sistema sviluppato il DBMS svolge un ruolo fondamentale. Esso è utilizzato,
oltre che per la naturale memorizzazione dei dati provenienti dalla Wireless Sensor
Network (WSN), anche per la memorizzazione delle query attive e delle condizioni di
controllo che esse definiscono. Inoltre, sempre tramite database, è strutturata la
comunicazione tra i due sistemi dislocati: il Query Manager e l’Host Wrapper. L’invio dei
dati da e verso i due sottosistemi avviene tramite apposite tabelle. La comunicazione
avviene così sempre in modo “indiretto”, consentendo scalabilità a entrambi i
sottosistemi. Si delega direttamente al DBMS, tramite le apposite API, l’instaurazione e
la gestione della comunicazione e di eventuali connessioni concorrenti.
8.2 Codice sorgente
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Progetto: Elios Power
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
Il microprocessore sulla scheda è programmato utilizzando il linguaggio di
programmazione Arduino (basato su Wiring) e l’ambiente di sviluppo Arduino (basato su
Processing).
Della totalità del codice scritto per il dispositivo, circa 1500 righe
complessivamente, la parte più rilevante è quella relativa alle librerie dei diversi
componenti, mentre la restante è costituita dal programma che viene caricato e fatto
girare sulla scheda hardware.
Per ciascun componente è stata infatti realizzata una specifica libreria che
incorpora tutte le funzioni implementate; essa è costituita da due file (H e INO)
contenenti l’insieme dei parametri, delle classi e dei metodi utilizzati.
Il programma che abilita il funzionamento della stazione, o Main, è un file in
formato INO (PDE) contenente alcune funzioni, la prima denominata “setup”, la quale
comprende le operazioni che vengono compiute una sola volta, all’iniziale accensione del
sistema, e la seconda detta “loop”, che raccoglie una serie di azioni ripetute ciclicamente
finché la scheda non viene riavviata o spenta.
Durante il setup il dispositivo si limita a operare un test per verificare la
connettività, inviando al server i dati della cella GSM di riferimento, che verrano
successivamente sfruttati per effettuare la localizzazione.
Una volta ultimato il setup, il microcontrollore entra nel loop dove, in assenza di
segnali di interrupt, permane nello stato di sleep. I due eventi in grado di riattivare la
stazione sono legati all’allarme orario generato dal clock.
Nel caso di interrupt innescato automaticamente ogni ora il sistema svolge tre
distinte funzioni:
effettua il sensing, comunica i dati raccolti al server e risponde ad eventuali SMS
ricevuti inviando tali misure.
Al contrario, nel caso di interrupt attivato manualmente, l’unica azione compiuta è
quella di memorizzare i dati contenuti in memoria.
Al fine di rendere maggiormente chiaro e leggibile il codice sviluppato, esso è stato
completamente integrato da una serie di commenti supplementari.
8.3 La pagina web: www.istitutoprimolevi.gov.it/elios_power
Come descritto in precedenza, le misure, una volta che sono state correttamente
rilevate e trasmesse dalle stazioni, vengono immagazzinate all’interno di un server. Da
questo momento in poi la gestione, la manipolazione e la presentazione finale dei dati
avvengono attraverso il dominio www.istitutoprimolevi.gov.it, e sono realizzate grazie
ad una serie di script PHP e Java.
Per ottenere questi risultati ci si è perciò indirizzati verso quelle soluzioni mirate a
garantire la sicurezza e il mantenimento dell’integrità dei dati, oltre a permetterne la
visualizzazione in un modo rapido e intuitivo. Anche in questa circostanza si è prestata
molta attenzione al design dell’interfaccia d’utente, così da renderla semplice e originale.
8.3.1 Caratteristiche
Così come avvenuto per il dispositivo, si è ritenuto importante individuare quelle
caratteristiche che risultassero maggiormente distintive per l’infrastruttura informatica;
ovverosia:
Semplicità;
Personalizzazione;
Aggiornamento in tempo reale;
Automatizzazione.
Ognuna di queste quattro proprietà contribuisce in maniera determinante a creare un
servizio di presentazione dei dati che risulti ottimale.
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Classi 4BN, 4BT, 5BN
8.3.1.1 Semplicità
Il primo aspetto che è apparso importante da curare è quello riguardante la
strutturazione dei numerosi dati a disposizione. Essa, infatti, è realizzata in modo da
risultare molto semplice, così da permettere una chiara e rapida consultazione da parte
degli utenti.
Tale obiettivo è stato raggiunto grazie all’impiego di diversi grafici che hanno lo
scopo di raggruppare le varie tipologie di misurazione per mostrarne l’evoluzione nel
tempo sia dal punto di vista giornaliero che settimanale e mensile. Accanto ai grafici
vengono forniti, a partire dai dati a disposizione, alcuni consigli utili a comprendere
meglio i mutamenti climatici in atto, o volti a migliorare le condizioni di comfort
ambientale.
Attraverso questo tipo di approccio è quindi possibile avere un’immediata idea del
comportamento dell’ambiente senza bisogno di dover interpretare direttamente una
grande mole di dati, la cui analisi risulterebbe altrimenti molto complessa.
8.3.1.2 Personalizzazione
Alla base del successo di un qualsiasi tipo di servizio vi è, nella larga maggioranza
dei casi, la capacità di personalizzazione dello stesso. Una segmentazione più fine degli
utenti, consente, infatti, l’erogazione di un servizio che sia estremamente specifico e, di
conseguenza, in grado di venire puntualmente incontro alle esigenze di ogni singolo
fruitore.
Da questo punto di vista non fa eccezione la funzione di visualizzazione dei dati
offerta da Elios Power. Una volta completata la procedura di inserimento del dispositivo
sarà possibile accedere ad una pagina personale all’interno della quale si è in grado di
navigare attraverso varie schermate contenenti i grafici, la mappa di localizzazione ed
altre informazioni relative alle misure.
8.3.1.3 Aggiornamento in tempo reale
Un’altra importante proprietà è quella che consente di avere a disposizione i dati
immediatamente dopo che sono stati rilevati dal dispositivo.
Per questa ragione il sistema di memorizzazione è stato programmato in modo da
mettere a disposizione l’ultima misura effettuata nell’istante stesso in cui essa è
immagazzinata nel server; essa viene inserita nella pagina personale ed è quindi
visionabile pochi secondi dopo essere stata rilevata.
8.3.1.4 Automatizzazione
Per permettere un funzionamento che risulti ottimale, l’infrastruttura informatica
che si occupa della gestione dei dati è stata studiata per possedere un alto grado di
automatizzazione, ed essere di conseguenza in grado di coordinare diverse stazioni. Le
attività di creazione, aggiornamento e modifica dei file relativi ad ogni dispositivo sono
infatti effettuate in maniera del tutto automatica dagli script implementati, senza
bisogno di alcun controllo da parte degli amministratori.
8.3.2 Funzionalità
Il server, situato nel dominio iisprimolevi.it è gestito dall’Internet Service Provider
(ISP) Aruba, contiene la totalità dei file che si occupano della gestione dei dati, oltre a
un database con l’elenco degli utenti registrarti al servizio con i relativi identificativi delle
stazioni.
Le misure trasmesse con cadenza oraria dai numerosi dispositivi seguono sempre
lo stesso iter: dapprima sono immagazzinate all’interno di un documento specifico per
ogni stazione, successivamente vengono processate al fine di calcolare o aggiornare, a
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Progetto: Elios Power
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seconda dei casi, campi aggregati quali massimi, minimi e medie; infine sono pronti ad
essere visualizzati sotto forma di grafici contenuti nelle singole pagine personali.
Esistono inoltre altre due funzioni supplementari che consentono di utilizzare in
maniera differente l’anagrafica dei dati raccolti; nel primo caso è possibile collegare al
sevizio un account Twitter, in modo da condividere le proprie informazioni orarie e
renderle visibili tramite il popolare portale di microblogging. Nel secondo caso, si può
scaricare direttamente dalla propria pagina un documento in formato XLS, che permette
di utilizzare i dati complessivi raccolti all’interno di specifici software per svolgere
simulazioni energetiche.
8.3.2.1 Memorizzazione
Il modulo GSM/GPRS, contenuto in ogni dispositivo, permette l’invio tramite GPRS
delle misurazioni raccolte durante la fase di acquisizione.
I dati ricevuti dal server, vengono così immagazzinati in un database che prende il
nome dal numero telefonico della SIM utilizzata per la trasmissione, in modo da
identificare univocamente ogni stazione. Ad ogni comunicazione in entrata, il sistema
controlla se esiste già un documento con l’identificativo in questione e, in caso negativo,
provvede a crearlo.
Il file in questione possiede una struttura ad albero, che si sviluppa a partire da
due campi: il primo, denominato “anagrafica_geo”, contiene le informazioni relative alla
localizzazione del dispositivo; il secondo, definito “data”, raccoglie le diverse misure
registrate nel tempo.
Un altro dato che viene calcolato è quello relativo all’altitudine, che risulta
necessario per riportare la pressione atmosferica misurata dal valore assoluto a quello
relativo (pressione atmosferica a livello del mare), generalmente usato come riferimento
in meteorologia.
Il campo aggregato “data” si occupa invece di immagazzinare nel tempo le misure
ricevute; ognuna di esse è identificata da una diversa “entry”, caratterizzata da cinque
attributi che indicano la data (anno, mese, giorno, ore e minuti), e contenente il vettore
con i tipi di misure (temperatura esterna, temperatura interna, umidità). L’inserimento
delle entry è stato studiato in modo da porre la più recente in cima alla lista, e di seguito
le altre.
A partire da questo file, ne viene inoltre creato un secondo, definito “extended”,
che si occupa di calcolare i valori massimi, minimi e medi per ogni giorno ed ogni mese
dell’anno. Esso segue la stessa configurazione del primo e contiene due campi: “days” e
“months”. Il primo calcola i tre parametri in ambito giornaliero a partire dalle
ventiquattro misurazioni orarie, il secondo effettua lo stesso procedimento ma rispetto ai
giorni in un mese. In questo modo i massimi, i minimi e le medie vengono
costantemente aggiornati ad ogni nuova entry, e sono disponibili in tempo reale; in
aggiunta il server non viene sovraccaricato poiché distribuisce nel tempo il numero di
operazioni da svolgere.
8.3.2.2 Presentazione
La presentazione finale dei dati è affidata al sito web www.istitutoprimolevi.gov.it.
In esso sono presenti cinque pagine:
1. Home: contiene una descrizione generale del dispositivo e delle sue principali
caratteristiche;
2. Blog: raccoglie una serie di articoli / specifiche inerenti al progetto;
3. Project: descrive in maniera dettagliata componenti e metodi impiegati, consente
inoltre di scaricare il codice prodotto;
4. Elios Power: permette l’accesso al servizio personalizzato di presentazione delle
misure raccolte;
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
Progetto: Elios Power
pag. 151/159
Classi 4BN, 4BT, 5BN
5. Credits: offre una breve panoramica degli sviluppatori.
Attraverso la pagina home ciascun utente è in grado, dopo aver effettuato una
semplice registrazione, di accedere alla sezione personale contenente l’interfaccia di
visualizzazione dei dati.
All’interno della pagina sono presenti due sezioni: “account”, “weather
measurements”.
Nella prima sono raccolte le informazioni basilari di ogni stazione; essa si articola
in due fondamentali schermate chiamate “station” e “location”. In quella principale sono
inseriti i dati più recenti, affinché possano essere consultabili in maniera immediata:
accanto ai valori relativi all’ultima misurazione disponibile, è presente una tabella che
riassume alcuni indici (dew point, summer index, heat index), ricavabili a partire dai dati
a disposizione, con lo scopo di fornire un’indicazione sul comfort ambientale. La
schermata “location” provvede invece ad indicare su una mappa la posizione della
stazione.
La seconda sezione si occupano invece di presentare graficamente i dati,
raggruppati in misure climatiche. Ciascuna delle quattro variabili calcolate è
rappresentata attraverso due schermate: una, oraria, che raccoglie le singole misure
mostrandone l’evoluzione nel tempo; l’altra, giornaliera, che fornisce i valori massimi
minimi e medi stimati quotidianamente nell’arco delle ventiquattro ore e riassume i
valori di riferimento del mese corrente.
Il primo grafico riassume quindi la totalità dei dati a disposizione, a partire dalla
messa in funzione del dispositivo, presentandoli con la granularità più fine e in modo da
poter apprezzare le variazioni che avvengono su base oraria.
Il secondo grafico, al contrario, effettua una strutturazione più complessa
calcolando, a partire dalle ventiquattro misure svolte ogni giorno, gli estremi positivi e
negativi oltre a stimarne la media. Anche in questo caso viene mostrata l’evoluzione
temporale delle suddette misure, così da evidenziarne le variazioni. Accanto a questo
grafico ne è posto un altro, che riassume gli stessi indici ma con riferimento mensile.
Figura 8.1: Schermata web: home
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
Progetto: Elios Power
pag. 152/159
Figura 8.2: Schermata web: Presentazione
Figura 8.3: Schermata web: Dati
Figura 8.4: Schermata web: Amministrazione
Classi 4BN, 4BT, 5BN
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
Progetto: Elios Power
pag. 153/159
Classi 4BN, 4BT, 5BN
Capitolo 9
Conclusioni
Il lavoro presentato è consistito nell’implementazione di un originale ed innovativo
servizio per il monitoraggio ambientale del corretto funzionamento di un impianto
fotovoltaico, che è stata affrontata da diversi punti di vista.
L’idea di base era di realizzare un prototipo che fosse in grado di abbattere i costi
senza utilizzare il preesistente impianto di rilevazione effettuando sempre la raccolta e
presentazione di dati fondamentali con la possibilità di controllo in tempo reale.
Per questo motivo, le problematiche con cui ci si è dovuti confrontare hanno
riguardato non soltanto gli aspetti di progettazione hardware/software, tipici dei sistemi
embedded e delle reti wireless di sensori, ma anche quei risvolti propri della produzione
industriale come l’impatto sul costo finale ed il design di progetto.
Avendo scelto di lavorare con la piattaforma open source Arduino, ci si è dovuti
confrontare inoltre con le caratteristiche specifiche dell’hardware, come la memoria
estremamente esigua (2kB) e l’impossibilità di eseguire programmazione multi tread.
Per quanto concerne l’infrastruttura informatica sviluppata per le gestione dei dati
di ogni stazione, si è cercato di scrivere la maggior parte del codice sotto forma di script
PHP, che viene eseguito integralmente lato server, limitando all’utilizzo di Javascript
(che al contrario viene caricato dalla macchina) solo quelle Applet per la visualizzazione
dei dati, scritte appositamente con tale linguaggio. In questo modo si è riuscito a
rendere più agile, e di conseguenza più veloce, il caricamento della pagina web.
Gli ambiti più legati ad una eventuale commercializzazione sono stati presi in
considerazione, anche se affrontati solo parzialmente. Trattandosi infatti di una
implementazione prototipale, tale sviluppo ha rappresentato la prima tra le numerose
fasi che dovranno essere in seguito realizzate per poter arrivare ad un prodotto finito
disponibile per il mercato.
L’obiettivo finale che ci si era prefisso, quello di creare un prototipo stabile,
funzionale e testato sul medio periodo è stato raggiunto con successo; floweather infatti
ha mostrato un comportamento affidabile e robusto nel corso dei numerosi test cui è
stato sottoposto, fornendo misurazioni sempre coerenti e senza manifestare
malfunzionamenti di sorta.
I risultati ottenuti in merito alla sperimentazione di un singolo dispositivo,
naturalmente, andrebbero estesi al caso di un maggior numero di stazioni disposte in
punti strategici all’interno di una data area urbana che si vuole esaminare, effettuando
un’analisi più completa e creando una mappa del clima e dell’inquinamento cittadino.
Le maggiori potenzialità, che sono state solamente intraviste, riguardano, infatti,
la possibilità di creare una rete distribuita composta da numerosi dispositivi, così da
mettere in relazione i dati raccolti da ciascuna stazione e aggregarli in un’unica struttura
di visualizzazione.
Per ciò che concerne gli sviluppi futuri del progetto, una prima direttrice potrebbe
essere rappresentata dalla realizzazione dei moduli aggiuntivi precedentemente
individuati, la cui integrazione provvederebbe a completare le funzionalità del sistema,
oltre ad aprire nuove prospettive di utilizzo.
Un altro degli aspetti sui quali sarà necessario intervenire in futuro è quello
concernente il collegamento elettrico tra i vari componenti elettronici. Alla breadboard
assemblata per l’occasione, tipica della realizzazione prototipale, verrà sostituito un
circuito stampato o PCB, il quale, oltre a garantire una qualità indubbiamente superiore,
produrrebbe una sostanziale riduzione degli ingombri.
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
Progetto: Elios Power
pag. 154/159
Classi 4BN, 4BT, 5BN
Anche dal punto di vista dei costi, questa scelta comporterebbe un vantaggio,
riducendo il prezzo finale, specie nell’ottica di una produzione in scala.
La creazione di un microcontrollore che si possa sostituire alla scheda Arduino
costituisce un’altra affascinante idea, e consentirebbe di progettare un componente
studiato ad hoc per venire incontro alle particolari esigenze relative alla tecnologia
impiegata. Così facendo, si disporrebbe di un hardware ottimizzato e particolarmente
adatto per quelle applicazioni mobili che devono mantenere sotto controllo i propri
consumi.
La possibilità di mettere un commercio un prodotto consumer come floweather
appare realistica, data l’assenza sul mercato di un sistema con simili caratteristiche e
funzionalità, e considerato l’interesse sempre crescente che si sta sviluppando attorno
alle tematiche riguardanti l’ambiente e la qualità della vita dei cittadini nei centri urbani.
I campi di applicabilità di una piattaforma di questo genere potrebbero essere
molteplici, spaziando dalla coltivazione agricola al monitoraggio climatico effettuato in
ambienti critici, dalla rilevazione di incendi al controllo sui cambiamenti climatici che
investono gli habitat naturali al fine di proteggere le specie a rischio di estinzione (sia
animali che vegetali). Basti pensare ai vantaggi che si potrebbero ottenere nel ramo
dell’enologia, dove una precisa analisi di fattori quali temperatura, umidità e pressione
atmosferica rappresenta un elemento essenziale tanto nella fase di viticoltura quanto in
quella di conservazione in cantina.
Come sottolineato nei capitoli precedenti, pur non rappresentando l’obiettivo
primario del progetto, uno dei possibili utilizzi è quello concernente la raccolta e l’analisi
scientifica dei dati. Infatti, per quanto il dispositivo in questione si discosti dalla classica
definizione di nodo di una rete di sensori (in quanto più complesso, voluminoso e
indubbiamente costoso), esso tuttavia possiede di fatto le caratteristiche di
autolocalizzazione e di controllo dei consumi, oltre a realizzare il rilevamento e la
trasmissione dei dati seguendo i principi dei comuni sensori.
Da questo punto di vista, un’ipotesi interessante è quella che prevede l’impiego
delle stazioni come semplici nodi di una rete, abilitata dallo sfruttamento di un protocollo
di comunicazione a corto raggio per trasmissioni in radiofrequenza (come ad esempio
ZigBee), da sostituire al modulo GSM. In questo modo, i diversi dispositivi disseminati
nell’ambiente sarebbero in grado di comunicare direttamente tra loro, così da consentire
un utilizzo tipico delle reti wireless di sensori.
In conclusione, si può affermare che gli sforzi volti alla progettazione e
all’implementazione del prototipo floweather hanno prodotto i risultati che erano stati
prefissati preliminarmente, presentando un dispositivo che si pone in maniera innovativa
nei confronti delle misurazioni ambientali, ed in particolare dei dati climatici.
Le quattro prospettive principali che hanno guidato lo sviluppo del progetto, ossia
l’interesse per l’ambiente, i costi ridotti, la filosofia open source e la sostenibilità,
provvedono a fornire una caratterizzazione esclusiva e originale, conferendo in questo
modo un valore aggiunto al lavoro.
La presenza di un’infrastruttura informatica, creata per il servizio di gestione e
visualizzazione dei dati, completa il sistema offrendo l’opportunità di presentare i dati
agli utenti in maniera del tutto personale, permettendone la consultazione in tempo
reale.
Le prospettive future possono essere innumerevoli, per lo più mirate ad estendere
le funzionalità della stazione e a compiere quei passi nella prospettiva di un percorso che
porti il prototipo a diventare un prodotto.
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
Progetto: Elios Power
pag. 155/159
Classi 4BN, 4BT, 5BN
ALLEGATI
ANTENNA
GREGORIANA
PER ACCESS
POINT
Title
TELERILEVAMENTO DATI PANNELLI FOTOVOLTAICI (SCHEMA A BLOCCHI)
Size
B
ANTENNA
WI-FI
Date:
Document Number
CLASSI 4BN-4BT-5BN - I.I.S. PRIMO LEVI
Monday , March 18, 2013
Sheet
Rev
2
8
of
9
ACCESS
POINT
NANOSTATION
2
SCHEDA WIFI
A 2.4GHZ
CON MODULO
RN-XV WIFLY
ROVING
SENSORE LUCE
CONTATORE 1
[F1]
ANTENNA
PER
GSM/GPRS
SCHEDA
ARDUINO
UNO R3
SENSORE LUCE
CONTATORE 2
[F2]
MODULO
GSM/GPRS
CONTATTO
PRODUZIONE
BASSA
TENSIONE
[C1]
SENSORE
TEMPERATURA
INTERNO
[T1]
ANTENNA
SATELLITARE
/ WI-FI
ANTENNA
GREGORIANA
PER ACCESS
POINT
SCHEDA
ARDUINO
UNO R3
SCHEDA
ARDUINO
UNO R3
ACCESS
POINT
NANOSTATION
2
ROUTER
SATELLITARE
/ SWITCH
WI-FI
CONTATTO
PRODUZIONE
MEDIA
TENSIONE
[C2]
SENSORE
TEMPERATURA
INTERNO
[T1]
RELE'
RIARMO
PRODUZIONE
BASSA
TENSIONE
[R1]
SENSORE LUCE
(PIRANOMETRO)
[L1]
SENSORE LUCE
CONTATORE 3
[F3]
SHIELD
ETHERNET
REV. 3
SWITCH
4 PORTE
RJ45
CONTATTO
PRODUZIONE
BASSA
TENSIONE
[C3]
RELE'
RIARMO
PRODUZIONE
BASSA
TENSIONE
[R3]
RELE'
RIARMO
PRODUZIONE
MEDIA
TENSIONE
[R2]
STAZIONE METEO
CABINA ENEL
DISTRIBUZIONE
CABINA PRODUZIONE
< 30 METRI
STAZIONE
METEO
< 1500 METRI
CABINA ENEL
DISTRIBUZIONE
CABINA
PRODUZIONE
n. 1 SENSORE TEMPERATURA INTERNO [T1]
n. 1 SENSORE TEMPERATURA ESTERNO [T2]
n. 1 SENSORE LUCE (PIRANOMETRO) [L1]
n. 1 SCHEDA ARDUINO UNO R3
n. 1 RX/TX a 2.4GHz con MODULO RN-XV WIFLY
oppure XBEE
NESSUN CAVO DI COLLEGAMENTO CON CABINA DI
PRODUZIONE (ALIMENTAZIONE AUTONOMA)
n. 2 BATTERIE LION DA 3,7V/2A
n. 1 PANNELLO SOLARE 10V/1,3W
n. 1 ALIMENTATORE 5V/3,3V
1 ALIMENTATORE 5V/3,3V
Title
TELERILEVAMENTO DATI PANNELLI FOTOVOLTAICI
Size
B
Date:
Document Number
CLASSI 4BN-4BT-5BN
Rev
2
I.I.S.PRIMO LEVI
Monday , March 18, 2013
Sheet
4
of
9
SHIELD
ETHERNET
REV. 3
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
SENSORE LUCE CONTATORE 1 [F1]
SENSORE LUCE CONTATORE 2 [F2]
CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [C1]
CONTATTO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE [C2]
RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [R1]
RELE' RIARMO PRODUZIONE MEDIA TENSIONE [R2]
SCHEDA ARDUINO UNO R3
SHIELD ETHERNET REV. 3 PER SCHEDA ARDUINO
SWITCH 4 PORTE RJ45
ROUTER / SWITCH WI-FI
ACCESS POINT NANOSTATION 2
ANTENNA GREGORIANA PER ACCESS POINT NANOSTATION 2
MODULO GSM/GPRS
ANTENNA PER GSM/GPRS
PRESA DI ALIMENTAZIONE 220V MONOFASE COLLEGATO CON CAVO
ALLA CABINA ENEL DISTRIBUZIONE
ALIMENTAZIONE SERVIZI A 24VCA
LINEA ADSL CON WI-FI + PRESA RETE LAN RJ45
n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A
n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V
n.
n.
n.
n.
n.
n.
n.
1
1
1
1
1
1
1
SENSORE LUCE CONTATORE 3 [F3]
CONTATTO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [C3]
RELE' RIARMO PRODUZIONE BASSA TENSIONE [R3]
SCHEDA ARDUINO UNO R3
SHIELD ETHERNET REV. 3 PER SCHEDA ARDUINO
ACCESS POINT NANOSTATION 2
ANTENNA GREGORIANA
PRESA DI ALIMENTAZIONE 220V MONOFASE COLLEGATA CON
CAVO ALLA CABINA PRODUZIONE
ALIMENTAZIONE SERVIZI A 24VCA
n. 1 BATTERIA RICARICABILE DA 12V/6A
n. 1 ALIMENTATORE input: 24Vca output: 5V/3,3V
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
U1
5V
25
22
F2_CONT2
21
CONT_DISTRIB1BT
CONT_DISTRIB2MT
19
18
17
D5/PWM
A1
D04
A2
D3/PWM
A3
D2
A4
D1/TX
A5
D0/RX
1
2
3
2
4
N.C.
COMUNE
N.A.
1
2
RELE2
RELE'
DISTRIBUZIONE 1
RELAY SPDT
1
1
2
1
330
D4
1N4148
R4
2 Q2
2N1711
3
1
1K
RELE_DISTRIB2MT
8
D7
A0
D3
LED RELE2
RELE_DISTRIB2MT
R5
10K
VIN
20
2 Q1
2N1711
3
1
5
3
1K
9
D9
R6
10K
RELE_DISTRIB1BT
VCC
7
D6/PWM
F1_CONT1
R3
RELE_DISTRIB1BT
10
J2
K2
RELE1
RELE'
DISTRIBUZIONE 2
RELAY SPDT
11
GND
23
1
2
D2
1N4148
12
D9/PWM
GND
24
4
N.C.
COMUNE
N.A.
2
D10/PWM
330
1
2
3
3
1
D11/PWM
3.3V
D1
2
RESET
R2
5
13
D12
26
LED RELE1
14
D13
VCC
12V
J1
K1
15
GND
27
Classi 4BN, 4BT, 5BN
12V
R1
16
AREF
28
pag. 156/159
Progetto: Elios Power
VCC
CONT_DISTRIB2MT
6
CONT_DISTRIB1BT
5
4
INT_CON1_CON2
3
INT_F1_F2
CONTATTO
DISTRIBUZIONE
J4
1 BT
CONT_DISTRIB1BT
VCC
R7
10K
CONTATTO
DISTRIBUZIONE
2 MT
R8
10K
J3
CONT_DISTRIB2MT
1
2
1
2
2
C1
C2
1
R9
10K
CONTATTO1
INT_CON1_CON2
SCHEDA ARDUINO UNO
100N
D5
1
INTERRUPT
CONTATTO1
CONTATTO2
VCC
CONTATTO2
100N
2
1N4148
D6
1
2
R10
1N4148
VCC
1
PHOTORESISTOR3
FOTORESISTORE
LUCE AMBIENTE
VCC
-
2
R11
10K
3
6
U2A
+
1
-
D7
1N4148
INTERRUPT
FOTORESISTORE1
FOTORESISTORE2
LM339
7
LM339
12
1
2
INT_F1_F2
J5
12
1
2
2
4
1
J6
D8
1N4148
U2B
+
5
R14
10K
PHOTORESISTOR2
1
2
2
3
FOTORESISTORE1
CONTATORE1
PHOTORESISTOR1
3
1
R13
10K
3
2
FOTORESISTORE2
CONTATORE2
R12
10K
R15
10K
VCC
VCC
F2_CONT2
R16
10K
VCC
9
1
C3
100N
C4
100N
GND
LM339
VSS
R18
10K
3
12
14
12
D9
1N4148
LM339
+
1
1
2
D10
1N4148
13
-
U2C
-
2
+
10
2
8
2
3
11
R19
10K
R17
10K
U2D
3
F1_CONT1
R20
10K
Title
1
ELIOS POWER - CABINA DISTRIBUZIONE ENEL
3
Size
B
Document Number
CLASSE 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI
Date:
U1
12V
27
26
25
24
23
RESET
D11/PWM
3.3V
D10/PWM
5V
D9/PWM
GND
D9
22
F2_CONT2
21
CONT_PROD1BT
CONT_PROD2MT
20
19
18
17
13
D2
1N4148
11
LED RELE2
D7
A0
D5/PWM
A1
D04
A2
D3/PWM
A3
D2
A4
D1/TX
A5
D0/RX
4
R4
1
1K
RELE_PROD2MT
R6
10K
7
RELE_PROD1BT
NON DISPONIBILE-RX_GPRS
6
NON DISPONIBILE-TX_GPRS
VCC
VCC
5
R7
10K
R8
10K
4
INT_CON1_CON2
3
RELE2
2 Q2
2N1711
3
1K
RELE_PROD2MT
8
N.C.
COMUNE
N.A.
1
2
D4
1N4148
2 Q1
2N1711
3
1
10
9
1
2
3
3
RELAY SPDT
R3
RELE_PROD1BT
GND
VIN
J2
5
330
RELE1
RELAY SPDT
12
9
of
K2
D3
2
4
1
2
1
3
2
330
N.C.
COMUNE
N.A.
R5
10K
D6/PWM
F1_CONT1
D1
1
1
28
LED RELE1
14
1
2
3
2
D12
VCC
R2
5
Rev
3
Sheet
12V
J1
K1
15
1
D13
R1
16
1
GND
2
AREF
Monday , March 18, 2013
CONTATTO
PRODUZIONE
1 BT
VCC
INT_F1_F2
J4
J3
CONT_PROD1BT
CONTATTO
PRODUZIONE
2 MT
1
2
CONT_PROD2MT
1
2
2
C1
C2
1
R9
10K
CONTATTO1
INT_CON1_CON2
SCHEDA ARDUINO UNO
100N
D5
1
INTERRUPT
CONTATTO1
CONTATTO2
VCC
CONTATTO2
100N
2
1N4148
D6
1
2
R10
1N4148
VCC
1
PHOTORESISTOR3
FOTORESISTORE
LUCE AMBIENTE
VCC
1
2
INT_F1_F2
J5
LM339
7
6
D7
1N4148
3
2
R11
10K
U2A
+
1
LM339
12
2
PHOTORESISTOR2
3
U2B
+
R13
10K
1
4
12
D8
1N4148
5
3
J6
1
2
R14
10K
3
1
2
2
1
FOTORESISTORE1
CONTATORE1
PHOTORESISTOR1
2
FOTORESISTORE2
CONTATORE2
R12
10K
INTERRUPT
FOTORESISTORE1
FOTORESISTORE2
R15
10K
VCC
VCC
F2_CONT2
R16
10K
D10
1N4148
1
2
13
8
2
LM339
D9
1N4148
14
C3
100N
C4
100N
LM339
R18
10K
GND
VSS
1
-
+
Title
ELIOS POWER - CABINA PRODUZIONE
3
1
R20
10K
+
R17
10K
U2C
3
2
10
2
12
1
11
R19
10K
3
9
U2D
3
VCC
12
F1_CONT1
Size
B
Date:
Document Number
CLASSE 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI
Monday , March 18, 2013
Sheet
Rev
3
2
of
9
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
pag. 157/159
Progetto: Elios Power
Classi 4BN, 4BT, 5BN
JP1
F1
12VBAT+
1N4007
+VLOAD
2
1
1A FAST FUSE
-VLOAD
D1
LOAD
R1
R2
R3
10K
180K
2
3
1
1
LOAD
23
V_PIRANOMETRO
22
21
V_PANSOL
20
19
18
I_PANSOL_AMP
GND
D9
17
D7
A0
D5/PWM
A1
D04
A2
D3/PWM
A3
D2
A4
D1/TX
A5
D0/RX
2
7
R6
VCC
+
C1
10U-25V-TANT
D2
3.3V
2
VOUT
GND
5
VIN
C2
10U-15V-TANT
+
LM1117
3
11
1
4
RX
I_BAT
10
10K
9
R7
R8
390
VIN
11
1
11
GND
D6/PWM
V_BAT
I_BAT_AMP
D9/PWM
TX
1
I_BAT_AMP
U4
390
8
JP3
3.3V
1
R9 1K
7
6
D3
LED Y ELLOW
D4
LED GREEN
5
LOAD ON
BATTERIA >13,8V
TX_WIFLY
2
RX_WIFLY
3
VDD
4
4
6
DATI_TEMPERATURA
2
7
R10
1
8
9
390
D7
SCHEDA ARDUINO UNO
UART_TX
GPIO2/SENS3
UART_RX
GPIO3/SENS4
GPIO8
5
3
SENSOR2
10
SENSOR5
RESET
UART_CTS
GPIO5
GPIO6/SENS7
GPIO7
NC
GPIO9
GPIO4/SENS6
GPIO1
UART_RTS
GND
GPIO14
20
SENSOR2_WIFLY
19
1
2
3
1
24
D10/PWM
5V
3
R5 8.2K
12
12VBAT+
U3B
LM324
6
18
1N4007
SENSOR 2
SENSOR 5
GND
D5
ANALOG SENSOR WIFLY
17
ANALOG
INPUT
MODULO
WIFLY
SENSOR5_WIFLY
16
VCC
2
25
3.3V
U3A
LM324
2
1
26
14
13
U2
3.3V VOLTAGE
REGULATOR
5V
D6
15
1N4007
14
2
27
D11/PWM
JP2
JUMPER
3
5.1V ZENER
VCC
RESET
2
4
D12
28
1
R4 1K
15
+
D13
16
-
GND
+
AREF
2
Q1
RFG70N06 MOSFET N DGS
-
U1
100K
13
C3
100N
C4
100N
12
3.3V
11
LED RED
GND
RICARICA
BATTERIA <13,8V
10K
D8
VCC
RESTORE_WIFLY
SENSORE
VCC JP5
TEMPERATURA
3
DATI_T1
2
T1
1
GND
DS18B20
2
2
10N
12VBAT+
V_FOTOVOLTAICO
R19
C11
+
C8
1U-15V-TANT
100N
100N
2
D16
D6
ELIOS POWER - STAZIONE METEO
Document Number
CLASSI 4BN-4BT-5BN
R17
A1
A2
R18
D13
+
+
C8
1U TANT
100N
100N
2
1
C11
5.1V ZENER
5.1V ZENER
3
R24
C9
1U TANT
C10
R22
0.1
1
100K
11
6
1
5
U3B
LM324
7
4
11
I_BAT
U3A
390
D7
D3
D4
LED YELLOW
LOAD ON
LED GREEN
BATTERIA >13,8V
LED RED
RICARICA
BATTERIA
<13,8V
R3
VCC
Title
5.1V ZENER
VCC
3
A4
180K
LM324
4
2
14
D11
R2
10K
2
ALLA SCHEDA
ARDUINO
2
11
12
LM324
5.1V ZENER
+
4
8
U3D
4
11
-
I_PANSOL
13
+
LM324
-
10
U3C
+
9
R1
3
-
1
100K
R8
390
ALLA SCHEDA
ARDUINO
R15
3
R7
ALLA
SCHEDA
ARDUINO
+
180K
R10
RFG70N06 MOSFET N DGS
-
R14
LOAD
390
D9
2.2K
10K
-VLOAD
LOAD
D6
2.2K
R13
9
3
D14
R23
3
D13
1 Q2
R21
0.1
1
2
MODULO PANNELLO SOLARE
47K
2
of
+VLOAD
2
1
R4 1K
JP8
R19
2
1
JP1
Q1
1
2
BATTERIA 12V
Sheet
1A FAST FUSE
MODULO
PANNELLO
SOLARE
1K
8.2K
ALLA SCHEDA
ARDUINO
R20
47K
Rev
3
Monday , March 18, 2013
12VBAT+
3
2
1
1
VBAT-
R16
D13
I_PANSOL
3
F1
I_PANSOL
14
Title
ALLA
SCHEDA
ARDUINO
D9
BYW80-200 SCHOTTKY
12
R22
0.1
Date:
V_FOTOVOLTAICO
LM324
8
RFG70N06 MOSFET N DGS
R23
Size
B
12VBAT+
U3D
VCC
2.2K
2.2K
2
10
13
RFG70N06 MOSFET N DGS
3
+
VFV-
LM324
1 Q2
1
2
1
R24
C9
1U-15V-TANT
C10
D15
5.1V ZENER
5.1V ZENER
R21
0.1
1N4148
U3C
MODULO PANNELLO SOLARE
47K
2
9
4
2
VFV+
I_PANSOL_AMP
1
2
V_PIRANOMETRO
D14
JP8
11
1K
BATTERIA 12V
1
R18
8.2K
1
100K
4
V_PANSOL
R20
47K
1
VBAT-
R17
V_BAT
8.2K
11
R16
I_BAT
2
1
MODULO
PANNELLO
SOLARE
3
1
2
1N4148
I_PANSOL
BY W80-200 SCHOTTKY
+
VBAT+
JP9
VBAT+
R15
3
-
D12
8.2K
180K
+
BATTERIA
12V /
7AH JP7
1N4148
PIRANOMETRO
R14
10K
-
C7
100N
2
1
R13
D10
5.1V ZENER
2 1
DATI_TEMPERATURA
D11
SENSORE T2
I_BAT
RESTORE
FACTORY
MODULO
WIFLY
1N4148
SENSORE T1
BATTERIA
12V /
7AH JP7
RESTORE
WIFLY
GND
2
1
1N4148
RESET WIFLY
R12
4.7K
D9
SENSORE
VCC JP6
TEMPERATURA
3
DATI_T2
2
T2
1
GND
DS18B20
PIRANOMETRO
JP4
1
C5
C6
100N
VSS
R11
WIFLY RN-XV
CIRCUITO DI CARICA PANNELLO FOTOVOLTAICO
D2
A3
Size
B
Date:
Document Number
CLASSE 4BN-4BT-5BN
Rev
2
I.I.S. PRIMO LEVI
Monday , March 18, 2013
Sheet
5
of
9
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
JP1
2
3
D2
C3
+
C4
100N
10U-25V
1
5
8 HEADER
1
2
3
4
5
6
7
8
4 ISO2
TIL117
5V_OPTO2
2
2
1
5V_OPTO1
12V_OPTO
TXD1
GND_OPTO
JUMPER
JP13
D
DE
RE
DIR2
D5
1
R
5.1V
R10
120
5
1
22
5V_OPTO2
R17
2.2K
1
JUMPER
JP19
2
1
75176
R15
3.3K
VCC
JP17
2
R13
R12
2.2K
JP15
JUMPER
1
2
3
4
5
6
7
8
1
2
3
4
5
6
7
8
5.1V
8 HEADER
1
2
3
4
5
6
7
8
2
R11
120
5.1V
22
1
1
R19
1K
ISO4
TIL117
VCC1
5
ISO5
4 TIL117
DIR1_OPTO
R21
1K
DIR1
R22
2.2K
RXD2
RXD1
1
TXD2
5
DIR2
4
ISO6
TIL117
2
VCC
D7
D8
1
2
1
2
GND
TXD1
1N4007
5V_OPTO1
C6
25V
C7
100N
D9
1N4007
GND_OPTO
C8
C12
100N
7805
1U-TANT
VOUT
12V_OPTO
3
C9
+
C10
100N
1N4007
GND_OPTO
RXD1
DIR1
JP24
D10
10U-25V
TXD1
1
2
3
UART
2
VIN
+
DIR1
GND
+
1
JP23
VCC1
GND1
VCC1
1
2
GND1
1
7805
1U-TANT
VOUT
RXD1
U5
12V_OPTO
2
VIN
+
3
2
1
GND
U4
5V_OPTO2
C11
100N
1N4007
2
ALIMENTAZIONE
C5
75176
5V_OPTO1
R20
2.2K
1
1
2
3
2
5V_OPTO1
JP22
GND
4
GND_OPTO
VCC1
UART
VCC
DE
RE
R16
3.3K
2
1
2
3
D
R14
JUMPER
2
DIR2
JP21
R
1
JUMPER
JP20
2
1
8 HEADER
RXD2_OPTO
RXD2
A
B
R18
1K
4
TXD2
6
7
1
JP18
DISTANZA MAX. 1000 METRI CON
BAUD RATE 2400 BPS
GND_OPTO
U2
JP12
JUMPER
D6
8 HEADER
8 HEADER
5V_OPTO1
D4
JP16
1
1
2
3
4
5
6
7
8
RXD2
5
22
JUMPER
CAVO RETE ETHERNET CON PLUG RJ45
22
6
7
A
B
JP14
5.1V
22
ISO3
4
4 TIL117
DIR2_OPTO 3
2
R6
3.3K
1
JUMPER
JP10
2
1
1
1
D3
JP11
JUMPER
1
5
4 ISO1
TIL117
R8
8
U3
TXD_OPTO1
5
1
5V_OPTO2
R3
1K
ALIMENTAZIONE OPTO
2
JUMPER
JP9
2
1
2
5V_OPTO2
VCC
GND
1
1
2
JP8
R7
22
2
JP6
JP7
3.3K
VCC
R1
2.2K
GND_METEO
ALIMENTAZIONE METEO
8 HEADER
DISTANZA MAX. 100 METRI CON
CAVO ETHERNET CATEGORIA 5
R5
R9
1K
5V_OPTO1
12V_METEO
1
2
8 HEADER
8 HEADER
TXD2
JP5
1
7805
C2
1U-TANT
JP4
1
2
3
4
5
6
7
8
2
+
VOUT
JP3
1
2
3
4
5
6
7
8
8
1
TXD_OPTO
VIN
GND
1
C1
100N
2
R2
2.2K
R4
1K
CAVO ALIMENTAZIONE CON PLUG RJ45
JP2
VCC1
1N4007
1
2
3
4
5
6
7
8
GND
VCC
U1
2
D1
1N4007
5
VCC
Classi 4BN, 4BT, 5BN
2
1
MONTATO SU
DISSIPATORE
5V_OPTO2
VCC
pag. 158/159
Progetto: Elios Power
ALIMENTAZIONE
STAZIONE METEO
CABINA PRODUZIONE
Title
PROGETTO ELIOS POWER - MODULO RS485 CON OPTOISOLATORE + ALIMENTAZIONE
Size
B
Date:
Document Number
CLASSI 4BN-4BT-5BN
Monday , March 18, 2013
Rev
2
Sheet
1
of
9
I.I.S. Primo Levi - A.S. 2012/2013
Progetto: Elios Power
pag. 159/159
Classi 4BN, 4BT, 5BN
VCC
R1
VT+
1
1
3
FOTORESISTORE1
2
2
R2
+
6
LM339
VOUT
2
1
3
D1
VPIN1
1
-
10K
10K
12
R3
7
U1A
U2A
1N4148
1
R4
10K
3
2
VCC
VIN
7408
3
R5
5
R6
1
VT-
2
10K
4
VPIN2
2
LM339
R7
3
1
1N4148
VIN
10K
12
2
D2
+
U1B
10K
VT+
VT-
VPIN1
VPIN2
1V
3,666V
1,666V
+VSAT=VCC
-VSAT=GND
GND
2V
3,666V
1,666V
+VSAT=VCC
+VSAT=VCC
VCC
DESCRIZIONE
SE ENTRAMBI I TRIMMER R7 E R4 SONO
TUTTI RUOTATI VERSO R4 SI HA UN
PARTITORE FORMATO DA 3 RESISTENZE
ENTRAMBE DEL VALORE DI 10KOHM.
QUINDI VT- VALE 1,666V MENTRE VT+
VALE 3,333V.
VOUT
Title
ELIOS POWER - CIRCUITO RILEVATORE LAMPEGGI LED CONTATORE
Size
A
4V
3,666V
1,666V
-VSAT=GND
+VSAT=VCC
GND
Date:
Document Number
CLASSI 4BN-4BT-5BN I.I.S. PRIMO LEVI
Monday , March 18, 2013
Rev
2
Sheet
3
of
9
Title
SCHEMA DEI RIPETITORI ACCESS POINT WDS NANOSTATION2)
Size
B
WLAN MAC
00:27:22:AF:AA:E3
ANTENNA
GREGORIANA
PER ACCESS
POINT
ACCESS
POINT
NANOSTATION
2
SCHEDA
ARDUINO
UNO R3
192.168.1.20
255.255.255.0
192.168.1.1
SHIELD
ETHERNET
CON POE
REV. 3
192.168.1.100
255.255.255.0
192.168.1.1
Date:
ANTENNA
SATELLITARE
/ WI-FI
Rev
2
I.I.S. PRIMO LEVI
Monday , March 18, 2013
Sheet
WLAN MAC
00:27:22:AF:AB:83
6
of
9
ANTENNA
GREGORIANA
PER ACCESS
POINT
ACCESS
POINT
NANOSTATION
2
ROUTER
SATELLITARE
/ SWITCH
WI-FI
192.168.1.21
255.255.255.0
192.168.1.1
192.168.1.1
255.255.255.0
SWITCH
4 PORTE
RJ45
CABINA PRODUZIONE
Document Number
CLASSI 4BN-4BT-5BN
SCHEDA
ARDUINO
UNO R3
SHIELD
ETHERNET
CON POE
REV. 3
192.168.1.101
255.255.255.0
192.168.1.1
CABINA ENEL DISTRIBUZIONE