Il Trio Di Chitarre - Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia

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Marco Cianchi
Il Trio Di Chitarre:
Breve storia ed analisi del suo repertorio dal cinquecento ai nostri giorni,
accorgimenti esecutivi e suggerimenti didattici.
Indice
Capitolo I
Analisi storica del trio di chitarre
Paragrafo I.1
Le origini: il trio di liuti nel rinascimento
2
Paragrafo I.2
Il trio di chitarre nell’epoca barocca
Paragrafo I.3
Il trio di chitarre nell’ottocento
Paragrafo I.4
Il trio di chitarre nel novecento e nel repertorio contemporaneo
Capitolo II
Analisi delle composizioni
Paragrafo II.1
Composizioni originali
Paragrafo II.2
Chitarristi-compositori
Paragrafo II.3
Trascrizioni
Capitolo III
Possibilità musicali e didattiche del trio di chitarre
Paragrafo III.1
Accorgimenti esecutivi
Paragrafo III.2
Trascrizioni ad uso didattico
Conclusioni
Note
3
Bibliografia
Capitolo I
Analisi storica del trio di chitarre
4
Paragrafo I.1
Le origini: il trio di liuti nel rinascimento
Il liuto non è l’antenato della chitarra ma la sua letteratura riveste una notevole
importanza per la chitarra; un po’ il ruolo che rappresenta il clavicembalo per il
pianoforte: non è l’antenato del pianoforte ma le sue composizioni rappresentano
un corpus consistente del repertorio di ogni pianista. Sappiamo che la nascita della
filologia musicale e lo studio della prassi esecutiva storica soprattutto a partire
dagli anni settanta a fatto sì che tutta una generazione di musicisti si specializzasse
nell'esecuzione sugli strumenti originali o copie di essi cambiando anche
un'abitudine precedente in cui il liutista proveniva dalla chitarra o il
clavicembalista dal pianoforte. Questo nuovo modo di avvicinarsi alla musica
antica trova una collocazione geografica nei paesi di lingua tedesca e in Olanda e
deve molto all'opera di Nikolaus Harnocourt. Ora pure auspicando di ascoltare
sempre più spesso una sonata di Scarlatti suonata da un clavicembalo o una suite di
Bach o Weiss eseguita da un liuto barocco non bisogna dimenticare l’importanza
delle letterature antiche e l’influenza che esse hanno esercitato e che ancora
esercitano sugli strumenti moderni. Detto questo, possiamo far risalire al
cinquecento l’interesse dei compositori per l’ensamble di strumenti a corde
pizzicate e più in particolare per il trio. Per il periodo rinascimentale bisogna
distinguere le composizioni destinate ad un generico insieme strumentale a tre e le
composizioni destinate fin dal loro concepimento ai tre liuti, del resto era l’epoca
dell’eseguire con ogni sorta di istrumenti e straordinario fu l’uso del liuto
rinascimentale e il suo interesse da parte di compositori e teorici per la sua
manegevolezza, per la capacità di suonare accordi di molte note, per il suo suono
breve ed incisivo particolarmente adatto a eseguire ogni tipo di danza strumentale.
Per la quantità di composizioni pervenutaci il primo autore da prendere in
esame è Giovanni Pacoloni o Pacolini, liutista della corte farnesiana, nato a Borgo
Val di Taro in provincia di Parma intorno ai primi quarantanni del 1500 e morto
non oltre il 1600. All’interno della pubblicazione edita nel 1564 a Louvain da
Pierre Phalèse, editore e liutista fiammingo che pubblicò numerose antologie di
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intavolature per liuto, chitarra e cetra, con il titolo Longe elegantissima…tribus
testudinibus ludenda carmina si trovano sessantasei danze composte da Giovanni
Pacolini da eseguirsi con tre liuti con accordature diverse: il liuto superius una
quarta sopra il tenor che è accordato un tono sopra il bassus.1Il primo libro di
Emanuel Adrianssen (Anversa 1554-1604), liutista e compositore fiammingo,
intitolato Pratum musicum longe amoenissimum… pubblicato ad Anversa nel 1584
da Pierre Phalèse jr. contiene tre composizioni per tre liuti (soprano, alto, basso)
accordati nel modo seguente: l’alto una seconda maggiore più bassa del soprano, il
basso una quinta più basso del soprano. Le tre composizioni sono trascrizioni di
musiche polifoniche vocali: Madonna mia pietà di Orlando di Lasso, Donna crudel
di Giovanni Ferretti, Io vo gridando di Girolamo Conversi.2 In Italia Alessandro
Piccinini (Bologna 1566-1639ca), oltre che liutista e compositore ideò e fece
costruire interessanti modelli di liuto basso, pubblicò la Canzone a tre liuti
contenuta nel Libro primo intavolatura di liuto e chitarrone nel 1623 destinata
anch’essa a tre liuti accordati differentemente e nello stesso modo di Adrianssen.3
In Inghilterra la pratica esecutiva di danze suonate con più liuti insieme fu assai
diffusa nel cinquecento soprattutto all’interno del masque o mask, affine al ballet
de cour francese e forse derivato dall’intermedio italiano, ma poco ci è pervenuto e
interessanti scoperte potrebbero avvenire in questo settore. In realtà fino a poco
tempo fa si conosceva solo una singola parte del brano intitolato Replete for three
lutes e successivamente si è scoperto che la parte in questione è l’arrangiamento
delle quattro voci basse di un brano a sei molto in voga all’epoca, composto da
Robert Parsons; le voci mancanti sono state così ricostruite facendo riferimento alle
parti originali di questa canzone indicata con vari titoli: The song called trumpets,
Mr. Parsons his songe, Cantate cantate, Lusti gallant.4
Paragrafo I.2
Il trio di chitarre nell’epoca barocca
Il periodo barocco è sicuramente il meno fecondo per le composizioni destinate
ad un trio di strumenti a pizzico sia che essi siano liuti o chitarre. I motivi sono
molteplici e sicuramente influenzati dal diverso modo di fare musica con gli
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strumenti rispetto al rinascimento; da una parte il trapianto sugli strumenti di quei
congegni contrappuntistici che sono ormai in via di smantellamento per far posto
alla melodia e dall’altro l’assunzione da parte della musica strumentale del basso
continuo che accompagna la monodia. Questi sono aspetti del tutto diversi da quelli
che prevedevano l’uso di più liuti per eseguire una composizione molto spesso
derivata o trascritta da un madrigale polifonico nel cinquecento. Eppure se si
dovesse consigliare un esercizio di trascrizione per tre chitarre le opere di Vivaldi,
per esempio, per due mandolini ed archi o tante composizioni del periodo barocco
sembrano insuperabili per tale scopo. Il declino rapido del liuto nei primi anni del
XVII sec., eccetto che in Francia, da spazio alla chitarra che è lo strumento alla
moda e di maggior successo. Bella, finemente decorata con intarsi di madreperla,
di tartaruga, di avorio e di legni preziosi, con la rosa artisticamente lavorata
esercita un innegabile fascino sia nelle sale da concerto e soprattutto a corte come
strumento solista con quella ridondanza sonora delle sue cinque corde doppie, gli
effetti di campanelas con i raddoppi all’ottava acuta del quarto e quinto coro che
permettevano al chitarrista barocco di eseguire gruppi di note in scala come se
fossero arpeggi e di catturare l’attenzione con l’uso delle botte, l’ornamentazione e
la sincope. Per il liuto possiamo annoverare Jean-Baptiste Besard (Besançon
1567ca-Augusta 1625ca) che nel 1617 pubblica l’opera Novus partus…che
contiene un pass’emezo per tre liuti.5 Per tre chitarre barocche abbiamo Fior
novello libro primo di concerti di diverse sonate, sinfonie e correnti da sonare con
una, con due, con tre e con quattro chitarre alla spagnuola, con l’alfabetto e
dichiarazioni da poterle accordare e sonare del 1627 di Fabrizio Costanzi
(napoletano del XVII sec.),6 di Giovanni Paolo Foscarini l’Accademico caliginoso
detto il furioso Intavolatura di chitarra spagnola, libro secondo del 1629,7 di
Giovanni Ambrosio Colonna Intavolatura di chitarra alla spagnuola (1620).8 Tutte
queste composizioni sono scritte in puro stile rasgueado nonostante che soprattutto
Foscarini avesse introdotto già lo stile misto, cioè accanto al rasgueado ampi
episodi di stile punteado.
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Paragrafo I.3
Il trio di chitarre nell’ottocento
La produzione ottocentesca anche per la musica composta per ensamble di
chitarra, come per quella per chitarra e orchestra, si sta mostrando assai più
numerosa di quello che si poteva ritenere fino a qualche anno fa e sicuramente
potrebbe essere campo d’indagine proficuo per ulteriori scoperte. Come ci
suggerisce Carlo Andrea Giorgetti in un suo vecchio scritto apparso sulla rivista Il
Fronimo possiamo dividere in tre arie geografiche la provenienza dei più
significativi lavori per trio di chitarre: la Francia, l’Italia e l’Austria.
In Francia ricordiamo i due trii di Antoine L’Hoyer (?-?),9 il Trio concertant
op.2910 e il Second trio op.42,11 di Charles Doisy Lintant (?-1807) i Trois trios pour
trois guitares,12 di Henry (?-?) il Trio pour trois guitares op.18,13 di Alfred Cottin
(!821-1894) Ballade du fou,14 infine di A, H. Varlet (?-?) il Petit trio pour trois
guitares.15 In Italia le musiche per tre chitarre, anche se bisogna ricordare che
spesso i musicisti ottocenteschi italiani cercavano fortuna all’estero, risultano
essere fino ad ora il Trio op. 12 del livornese allievo di Carulli Filippo Gragnani
(Livorno 1767–Parigi dopo il 1812),16 la Polonaise concertante op.27 di
Marc’Aurelio Zani de’ Ferranti (Bologna 1800-Pisa 1878),17 il Piccolo trio op.92
bis, il Divertimento op. 131 bis, la Fantasia op. 25118 e il Gran trio op.255 di
Ferdinando Carulli (Napoli 1770-Parigi 1841); occorre precisare che di Carulli
purtroppo
l’unica
composizione
pervenutaci
è
la
Fantasia
op.251
e
dall’indicazione fornita a me personalmente dal Prof. Mario Torta, autore del
catalogo tematico delle opere del chitarrista napoletano, l’opera 92 bis, la 131 bis
(adattamento di due Notturni op.131 per chitarra e pianoforte) e l’opera 255, sono
stati pubblicati dall’editore Carli nel 1825 ma sono tutt’ora dispersi. Infine per
quanto riguarda l’aria geografica austriaca, così generosa per quanto riguarda la
musica da camera con chitarra, i trii di Joseph Kuffner (Wurzburg 1776-1856), il
Trio facile pour trois guitares op.26 di Leonhard von Call (sud Tirolo 1767-Vienna
1815)19 e il Grand trio pour trois guitares op. 62 di
Anton Diabelli
(Matsee/Salisburgo 1781-Vienna 1858) sono le uniche composizioni pervenuteci;
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la composizione di Diabelli ha una particolarità che ci fa ricordare alcune musiche
8
per più liuti in cui si prevedevano accordature o dimensione degli strumenti
diverse, viene richiesto infatti l’impiego di strumenti con diverse accordature.
Paragrafo I.4
Il trio di chitarre nel novecento e nel repertorio contemporaneo
Per quanto riguarda il repertorio per tre chitarre dall’inizio del novecento ad
oggi l’opera di Vincenzo Pocci guida al repertorio moderno e contemporaneo per
chitarra21 è esauriente per comprendere l’enorme mole di composizioni; sono
riportate infatti più di cinquecento tra composizioni originali e trascrizioni edite ed
inedite per trio di chitarre testimonianza che questo repertorio è aumentato
notevolmente, sia per lo stimolo esercitato verso i compositori dalle formazioni
stabili e sia per l’interesse verso questo organico. Diversamente dall’ottocento non
solo i chitarristi-compositori hanno prodotto opere per il trio di chitarre ma anche
compositori di primo piano come Sylvano Bussotti (Firenze 1931) con Ultima rara
(1969)22, o Paul Hindemith (Hanau 1895-Francoforte sul Meno 1963) con Rondò del
1925; alcuni si sono cimentati accostando al trio di chitarre altri strumenti, la voce
o l’orchestra come è il caso di Stephen Dodgson (1924) con Personent odie (tre
chitarre ed orchestra di chitarre), Teresa Procaccini con Jokes (melologo per trio di
chitarre e voce recitante), Guido Santorsola (1904-1994) con il Concertino n.2 (tre
chitarre e pianoforte), Azio Corghi (Ciriè, Torino 1937) con Concionancias y
redobles del 1973 (per una o più chitarre e nastro magnetico), Bruno Bortolazzi
(Firenze 1911- Fiesole 1980) con Memorie (tre chitarre e orchestra), Aurelio
Peruzzi (1921-?) Ora che sale il giorno (tre chitarre ed orchestra). Tra i
compositori italiani oltre Bussotti vorrei ricordare: Antonio Amoroso (1956) con
Guitarrentrio e Pierrot, Aldo Clementi (Catania 1925) con Reticolo:3 (B.A.C.H.),
Riccardo Giavina (1937) con Tre invenzioni per tre chitarre (2003),23 Franco
Margola (Orzinuovi, Brescia 1908-Nave, Brescia 1992) con Contrappunti (1978),
Fantasia, Trio-sonata (1977-78), Sonata seconda (1978), Sonata (1981),24 Ennio
Moricone (1928) con Canone breve, Aurelio Peruzzi con Commentare (1971) e
Tarantella, Teresa Procaccini con Moonlight op.142 (1997), Carlo Prosperi (19211990) con Cinque contrapuncti e Stellae inerrantes (1970), Enrico Razzicchia con
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Allegoria dei musici dormienti (1997), Giulio Viozzi (1912-1984) con Fantasia IV,
Daniele Zanettovich con Sei canzoni andaluse. Tra i chitarristi-compositori
Laurindo Almeida (1917-1995) con Brazilliance, Augustin Barrios con Zapateado
caribe, Bruno Battisti D’Amario (1937) con Omaggio a De Falla e Arc suite,
Paolo Bellinati (1950) con Baiao de gude, Alfonso Borghese (1945) con Citarodia
per Alvaro (1982) e sette giuochi d’azzardo (1988), Franco Cavallone (1957) con
Perduto in una fissità magnetica, Alvaro Company (1931) con Sette immagini:
fuga a tre voci-pensando a Bach op.48, Fabio Renato d’Ettorre (1959) con
Rapsodia (1976), Introduzione, notturno elegiaco e scherzo (1986), Suite gallega
(1987), L’incanto di Partenope (1996), Praeludium for Friedrich (2000), New York
New York fantasy, su tema di John Kander (2002), An english christmas fantasy, su
“God rest you merry gentlemen” (2003), Vento del nord, elegia per tre chitarre
(2003), Stephen Dodgson con Follow the star, Carlo Domeniconi (1947) con
Juergos del viento, John Duarte (1919-2005) con Danceries op.40b, Dreams op.91,
Little suite n.2 op.79, Little suite n.3 op.81, Little suite n.4 op.95, Riverboat suite
op.94, Trois pieces op.69, Variations on swedish folk song op.84, Radamés
Gnattali (1906-1988) con Retratos, Rio rapsody e la Sonata, Mario Gangi (1923)
con Improvviso, Francis Kleynjans (1951) con Imagerie op.43, Les funerailles
d’amphitrite, Oceano nox op.111 e poi elencando solo gli autori: Dusan
Bogdanovic (1955), Carlos Bonnell (1949), Jorge Cardoso (1949), Eduardo
Fernandez (1952),Angelo Gilardino (1941), Oliver Hunt (1934-2000), Nikita
Koshkin (1956), Stepàn Rak (1945), Smith Brindle Reginald (1917-2003), Toru
Takemitsu (Tokyo 1930-1996). L’assenza che si nota tra i chitarristi-compositori è
quella di Leo Brouwer che ha preferito comporre, oltre che per chitarra sola, per
chitarra ed archi, per chitarra ed orchestra e per quartetto di chitarre; suppongo non
abbia avuto convincenti pressioni e commissioni da parte di formazioni in attività o
di direttori di festival.
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Capitolo II
Analisi delle composizioni
Paragrafo II.1
Composizioni originali
Ho scelto di prendere in considerazione, seppure per un’analisi sommaria e
superficiale, alcune composizioni scelte arbitrariamente nel vasto panorama del
repertorio originale per tre chitarre.
Per la musica fin qui scoperta dell’ottocento mi sembra che la Polonaise
concertante op.27 di Marc’Aurelio Zani de’ Ferranti e il Grand trio pour trois
guitares op. 62 di Anton Diabelli siano le due composizioni più interessanti e
impegnative per un trio di chitarre. Marc’Aurelio Zani de’Ferranti, intellettuale e
musicista raffinato che intrattenne rapporti anche con Ugo Foscolo e Alexandre
Dumas padre, fu compositore prolifico per chitarra ma concepì solo questo lavoro
per ensamble. La Polonaise, che riflette il gusto della musica di intrattenimento di
primo ottocento, è in forma bipartita e ad una complessa introduzione (largoallegro non troppo) segue la brillante polacca (allegretto) in cui il compositore fa
uso di un’elaborata scrittura virtuosistica. Anton Diabelli, compositore, pianista ed
editore, autore del famoso tema di valzer, su cui Beethoven scrisse le 33 variazioni
per pianoforte op.120, che era stato inizialmente offerto dallo stesso Diabelli nel
1819, a scopo pubblicitario, a tutti i maggiori pianisti del tempo affinché ciascuno
componesse una variazione (vi aderirono Schubert, di cui Diabelli era l’editore,
Czerny, Moscheles, Liszt), compose il Grand trio pour trois guitares op. 62,
dedicato a Sua Altezza Madame la Principessa De Brezenheim, nell’insolita
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tonalità di fa maggiore e suddiviso nei tempi adagio-allegro moderato, menuetto
(moderato), rondò (allegretto) e marcia (allegro maestoso). Bisogna sottolineare
come l’edizione della Suvini Zerboni manchi della marcia finale e come anche
nelle incisioni di due importanti trii in attività il brano è amputato dell’ultimo
movimento (si dice il peccato, ma si omette il peccatore!). Il trio in fa maggiore
prevede strumenti dalla diversa accordatura e, come risulta dalle indicazioni fornite
dallo stesso Diabelli all’inizio del brano, la prima chitarra prevede un’accordatura
in la, la seconda in sol e la terza normalmente in mi; quindi se non si possono usare
due chitarre terzine con diverse accordature, molto frequente all’epoca, si può
utilizzare sugli strumenti moderni il capotasto mobile.25
Per le composizioni per trio e altri strumenti ho scelto il Melologo per trio di
chitarre e voce recitante op.174 di Teresa Procaccini, dedicato al Trio Chitarristico
di Roma, che ho avuto il piacere di incidere recentemente con la voce recitante di
Elio Pandolfi; in questo lavoro la Procaccini, autrice di oltre 180 lavori
comprendenti opere liriche, sinfoniche, da camera, per banda eseguite in Italia e
all’estero, utilizza il testo comico e un po’ bizzarro di Aldo Palazzeschi E
lasciatemi divertire per la voce recitante componendo un tipo di musica che
aderisce al senso, e anche ai nonsense, del testo elaborando temi spiritosi e
saltellanti che seguono le paradossali evoluzioni linguistiche e che mettono in luce
le molteplici possibilità strumentali della chitarra. In questo brano di quasi otto
minuti testo e musica giocano con effetti onomatopeici fino ad integrarsi con la
voce recitante che canta, sussurra o grida ritmando le parole sulla musica.26
Paragrafo II.2
Chitarristi-compositori
Vasto è il panorama delle composizioni destinate al trio di chitarre prodotte da
chitarristi e rappresentano una bella fetta dei lavori destinati a questo organico;
forse il vecchio adagio di Hector Berlioz, per cui è quasi impossibile scrivere bene
per chitarra senza saperla suonare, aleggia sempre nelle menti dei compositori non
chitarristi tanto che alcuni esecutori ultimamente sono diventati più famosi per le
loro composizioni che per i propri recital.27 Di Mario Gangi, professore d’orchestra
12
come si ama definire per il suo passato di contrabbassista e dedicatario di molte
musiche per chitarra da parte di Goffredo Petrassi, Irma Ravinale, Ennio Porrino
ecc., l’Improvviso, dedicato al Trio Chitarristico di Roma, è basato su una struttura
ritmica intessuta di movenze sincopate e su un armonia molto ricca e influenzata
in alcuni punti da reminiscenze jazzistiche; in tonalità latente di la (minore,
maggiore, minore) inizia con una introduzione ,allegro giusto, ricca di accenti
sincopati e di anticipi ritmici, segue poi un allegretto in 5/8, 8/8 4/4 e 3/4, l’adagio,
l’allegro vivo, grandioso, l’allegro vivo, l’allegro con fuoco in 6/4, l’andante
tranquillo, l’allegro con fuoco in 6/4 per concludersi con l’adagio molto per una
durata intorno ai sei minuti.28
Fabio Renato d’Ettorre, autore di otto brani originali per tre chitarre più
numerose trascrizioni, ha composto la Suite gallega su temi popolari della Galizia
che coglie un lato dello spagnolismo meno conosciuto; infatti questa suite si basa
su delle melodie tradizionali della Spagna nord-occidentale, il cui colore è ben
diverso da quello infuocato dell’aria catalana. Prevale un tono elegiaco ed
intimistico e la musica popolare gallega è caratterizzata da una commistione di
influenze ispano-arabe e celtiche; la suite è articolata nei movimenti introduzione e
maneo, danza, foliada, paso doble, finale: interludio e muneira (l’unica danza che è
di origine celtica).29
Per Bruno Battisti D’Amario, chitarrista e compositore fecondo protagonista di
prime esecuzioni mondiali di brani di Morricone, Niccolò Paganini, Carlo Alberto
Pizzini, Hans Werner Henze, Virgilio Mortari, Mauro Giuliani, Guido Santorsola,
Luigi Boccherini e altri, “tutta l'attività creativa, ma anche quella interpretativa, è
legata ad una visione magica della vita: l'interesse esoterico è primario e la musica
è il veicolo che permette di inviare messaggi interiori volti all’edificazione di
templi alla virtù”; in questa ottica va collocato l’ultimo lavoro per tre chitarre Arc
suite nei movimenti: bianco (lentamente), nero (allegro), giallo (andante), azzurro
(adagio), rosso (moderato-allegro), in cui la sua visione interiore dei colori viene
espressa in architetture musicali. Questo lavoro sfrutta a pieno le possibilità
espressive del trio di chitarre e della chitarra in genere, armonici, pizzicati alla
Bartok, glissati, percussioni, clusters, effetti che sono al servizio dell’idea musicale
evocante i colori; voglio ricordare anche il precedente brano composto da
D’Amario una ventina di anni fa per trio, Omaggio a De Falla, che si ispira alla
celebre Danza ritual del fuego, specie nell’incipit e nel finale, tripartito (a-b-a) con
13
sezione di andamento più moderato al centro, di stile apertamente spagnolesco, è di
spirito danzante nelle sezioni veloci, elegiaco nella breve sezione centrale.
Paragrafo II.3
Trascrizioni
Nel cinquecento e seicento furono molto praticate le trascrizioni per liuto di
composizioni originariamente vocali; nel settecento Bach trascrisse musiche di
Vivaldi, Haydn trascrisse molte canzoni popolari scozzesi, successivamente
composizioni di Bach per organo vennero trascritte per pianoforte da Busoni, Ravel
trascrisse Quadri d’una esposizione di Musorgskij dall’originale pianistico
all’orchestra. Accanto alle trascrizioni letterarie esistono trascrizioni che hanno il
valore di ricreazioni artistiche, di parafrasi di temi esistenti, trascrizioni più o meno
aderenti ai modelli originali; ci sono invece trascrizioni che sono delle vere e
proprie trasposizioni, come per i brani barocchi, e le trascrizioni a scopo didattico.
Il trio di chitarre si nutre spesso della trascrizione; la trascrizione trasposta,
fedele all’originale si addice al periodo barocco, specialmente quando riguarda
l’utilizzo di due linee melodiche monodiche e una di basso continuo, il concerto in
sol maggiore per due mandolini, archi e continuo RV. 532 di Antonio Vivaldi ne è
un esempio molto adatto a questo scopo; per la trascrizione come ricreazione
artistica come esempio vorrei ricordare la Fantasia IV in do minore KV. 475 di
Wolfang Amadeus Mozart per pianoforte trascritta per tre chitarre da Luciano
Chailly;30 per le trascrizioni che hanno il valore di vere e proprie ricreazioni
artistiche, che si ispirano cioè a temi originali ma li elaborano parafrasandoli, ogni
trio di chitarre in attività chiede collaborazione ad un compositore o se è fortunato
che al proprio interno un esecutore è anche compositore, produce autonomamente
nuovi brani che vanno ad arricchire questo repertorio.
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Capitolo III
Possibilità musicali e didattiche del trio di chitarre
Paragrafo III.1
Accorgimenti esecutivi
Per potersi cimentare nella veste di esecutore all’interno del trio di chitarre è
bene tenere presente alcuni concetti che non sempre suonando da soli si ha ben
chiari: il parallelismo delle diteggiature per favorire il fraseggio, l’effettiva
simultaneità dell’attacco dei suoni, la compatibilità timbrica del tocco e degli
strumenti, l’equilibrio fra slancio espressivo individuale e progetto interpretativo
collettivo. L’uniformità delle diteggiature è alla base di una buona conduzione
della linea melodica nella proposta della frase musicale in presenza di
concertazione delle parti; l’uso delle corde a vuoto o dei suoni scuri e vibrati dovrà
essere uguale tra i vari esecutori in corrispondenza degli stessi fraseggi; l’attacco
del suono dal punto di vista della sua simultaneità è uno dei problemi più grossi e
da non trascurare sia in campo concertistico che in quello didattico, infatti la
particolare forma d’onda del suono della chitarra lascia particolarmente vulnerabile
l’esecutore nei confronti di questo problema, che può essere superato soprattutto
con l’affiatamento e lo svolgimento di prove frequenti da parte degli ensamble
chitarristici. La compatibilità timbrica parte sicuramente dagli esecutori, ma deve
tenere presente anche delle somiglianze fra gli strumenti; quindi accanto ad una
componente squisitamente musicale ve ne è una di carattere organologica; i piani
armonici delle chitarre in abete o in cedro per esempio già sono un elemento di
omogeneità tra gli esecutori, le chitarre dello stesso liutaio anche possono servire a
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migliorare l’uguaglianza degli attacchi; a proposito di strumenti alcuni trii in
attività, per aumentare le possibilità foniche e di registro, soprattutto in tema di
trascrizioni, fanno uso di chitarre ad otto o dieci corde. Lo stesso slancio espressivo
all’interno di una composizione, tenendo conto dello stile e dello spirito della
composizione, deve animare tutti gli esecutori per tendere ad un alto livello
d’interpretazione.
Paragrafo III.2
Trascrizioni ad uso didattico
Vi sono musicisti che per le caratteristiche e la tradizione dei loro strumenti, il
clarinetto, il violino, il violoncello ecc., nascono come strumentisti d’insieme
sviluppando tale aspetto parallelamente all’acquisizione della tecnica strumentale.
Non è il caso dei chitarristi che iniziano a studiare con l’intenzione di suonare da
soli e considerano la musica d’insieme non più di un’interessante alternativa. Dato
che per acquisire, fin dall’inizio, familiarità con strutture formali di una qualche
complessità, che difficilmente si possono trovare nell’ambito del primo repertorio
didattico per chitarra sola, è auspicabile che l’attività di musica d’insieme non
debba essere intrapresa come un ripiego ma che possa integrare il percorso di studi
al più presto. Ma la musica d’insieme con altri strumenti presenta, accanto ai suoi
vantaggi, anche dei limiti soprattutto all’inizio del percorso di studi; infatti la
preparazione necessaria per parteciparvi non è raggiungibile prima di un certo
numero di anni e la funzione della chitarra è, soprattutto nei brani più elementari,
solo di accompagnamento, più raramente concertante e raramente solistica. Un
contributo significativo alla soluzione di questi problemi può essere dato dalla
pratica d’insieme nell’ambito di ensemble chitarristici. L’elaborazione e la
trascrizione di canti e danze popolari per tre chitarre consente ai giovani chitarristi
di far subito musica affrontando contemporaneamente le tematiche tecniche di base
dello strumento; il materiale popolare permette da un lato l’utilizzo di strutture
ritmiche, melodiche e armoniche variegate e dall’altro un certo sapore familiare, di
già sentito, che rende più piacevoli allo studio i brani per i ragazzi. A questo
proposito voglio segnalare, come esempio, i sei trii contenuti nella pubblicazione di
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Stefano Mingo e Gabriele Migliucci che hanno elaborato per due e tre chitarre un
materiale popolare proveniente da diverse aree geografiche; accanto ai ventisette
duetti troviamo sei trii con i seguenti titoli: Auld lang syne (Inghilterra), Jingle
bells (Stati Uniti), Greensleeves (Inghilterra), Tumba tumba (Palestina), Oh when
the saint (Stati Uniti).31 Anche l’utilizzo di materiale originale, ma di facile
esecuzione, è molto indicato ad essere utilizzato nelle SMS ad indirizzo musicale;
il Trio facile pour trois guitares op.26 di Leonhard von Call articolato in quattro
tempi, andante (cantabile), minuetto (allegretto)-trio-minuetto, adagio, rondò
(andantino), in do maggiore è molto educativo a questo proposito. Il trovarsi di
fronte a composizioni originali, anche se non difficili, permette all’insegnante di
affrontare problematiche rivolte alla comprensione del testo e della interpretazione;
i segni di ritornello, le indicazioni agogiche, lo stacco e il significato dei tempi, la
spiegazione delle forme dei singoli movimenti, il trio all’interno del minuetto per
esempio, la conduzione di una frase melodica. Di Joseph Kuffner i tre trii contenuti
nella pubblicazione di Arturo Tallini e Fernando Lepri, due in do maggiore e uno
in la minore, potrebbero essere eseguiti fin dal primo anno di studio.32
Conclusioni
“Si può trovare in verità molta gratificazione nel suonare con altri, e la
sensazione di aver contribuito ad una grande realizzazione estetica, il che non
accade sempre in veste solistica. I chitarristi che considerano se stessi unicamente
come solisti possono, con troppa facilità, isolarsi […] Il suonare con altri induce un
senso di camaraderie, incoraggia un facile scambio di idee, e soprattutto favorisce
l’opportunità di imparare amichevolmente da coloro che possiedono maggior
competenza ed esperienza. Pertanto può essere non solo utile nel creare un senso di
affinità, ma essere anche un ottimo stimolo alle proprie aspirazioni artistiche”.33
Concludo questo mio lavoro con questa bella riflessione di Reginald Smith Brindle,
che rende superfluo qualsiasi ulteriore commento.
17
Note
1
anche l’editore milanese Simon Tini pubblicò nel 1587 una raccolta di brani per tre liuti di Pacolini
dal titolo Tabulatura tribus testudinis; edizione moderna Minkoff Reprint Genève 1981 (facsmile);
edizione Bèrben di Quattro danze di Giovanni Pacolini revisionate e diteggiate dal Trio Chitarristico
di Roma .
2
edizione originale Phalèse, Antwerp 1584
3
edizione originale Moscatelli, Bologna 1623; edizione moderna S.P.E.S., Firenze 1983(facsimile);
di Alessandro Piccinini bolognese Intavolatura di liuto et di Chitarrone Libro Primo, nel quale si
contengono dell'vno & dell'altro stromento Arie, Balletti, Correnti, Gagliarde, Canzoni, & Ricercate
musicali & altre à dui e tre liuti concertati insieme; Et vna inscrittione d'auertimenti, che insegnano
la maniera & il modo di ben sonare con facilità i sudetti stromenti. - In Bologna, 1623.
La dedicatoria Alla serenissima Prencipessa l' Infante di Spagna donna Isabella Arciduchessa
d'Austria e sottoscritta da Bologna li 2 agosto 1623. Il Piccinini perfezionò il Chitarrone ed invento la
Pandora. Ebbe due fratelli, de' quali così trovasi da lui scritto al Cap. 33, pag. 8: «Le quali
compositioni sono di quelle che due altri miei Fratelli & io suonauamo già quando erauamo tutti tre al
seruizio del Serenissimo di Ferrara e poi dell' Illustrissimo & Reuerendissimo Sig. Cardinale
Aldobrandino, de quali Girolamo, il qual suonaua con maniera più graue, & suonaua il Liuto
maggiore morì in Fiandra al servuigio dell' Illustrissimo Monsignore Bentiuoglio Nuncio gli anni
passati, & hora Cardinale, & Filippo il qual suonaua più capriccioso & suonaua il Liuto più piccolo,
hora si ritroua al servuizio della Maesta Catolica molto fauorito, il qual concerto da chi è stato vdito
pareua che fosse non poco lodato per l' vnione sopraddetta, & per l' intelligenza e rispetto che l' vno A
l'altro di noi portaua, operando l'essere Fratelli che l' vno stimaua l' honore dell' altro come suo
propria, il che ne i concerti e parte principale à non voler superare il compagno; e serua per
auuertimento di non poca importanza.»
Prosegue quindi al Capitolo 34, pag. 8, parlando dell'Arciliuto e dell' inventore di esso: «Doue ho
nominato il Liuto hò voluto intendere ancor dell'Arciliuto per non dire; come molti dicono, liuto
Attiorbato, come se l' inuentione fosse cauata dalla Tiorba, ò Chitarrone per dir meglio, il che è falso;
e lo so io, come quello che sono stato l' inuentore di questi Arciliuti: anzi hauend' io fatto fare li primi,
come se detta inuentione per all' hora fosse poco stimata, per ispatio di due anni non si vide
abbracciata da nissuno, nè si vedeua alcun simile stromento fuorché quelli ch' io faceua fare. Pure e
stata poi ultima perfettione al Liuto, & hà data vita al Chitarrone. Et che ciò sia vero, si sa, che
essendo io l'Anno 1594 al servuigio del Serenissimo Duca di Ferrara, andai a Padoua alla bottega di
Christofano Heberle, principalissimo Liutaro, & li feci fare per proua vn liuto di corpo cosi longo che
servuiva per tratta de i contrabassi et haueua due scanelli molto lontani vno da l' altro & riusci di poca
voce, perché nun si poteuano toccare i contrabassi appresso lo scanello; tal che ne feci fare vn' altro
con la Tratta al manico, & riuscì buonissimo; poi simile a questo ne feci far tre altri con maggior
diligenza e riuscirono isquisiti; i quali tutti portai a Ferrara, doue dal Serenissimo mio Signore, & dall'
Eccellentissimo Principe di Venosa, che all' hora iui si trouana furono con grandissimo gusto vditi, e
motto lor piacquero quei Bassi cosi sonori; e Sua Altezza ne dona due al suddetto Principe di Venosa,
il qual con essa lui li porto alla volta di Napoli, & ne lasciò vno in Roma, che poi capita alle mani del
Caualjer del Liuto, il qual sempre l' adoperò, gustandoli infinitamente tal inuentione; & essendo io à
Roma, dopo la morte del Cavalier sopradetto, il medesimo Liuto mi ritorno alle mani. Quell' altro poi
Arciliuto del corpo longo detto di sopra, quand' andai al seruitio dell' lllustrissimo Cardinale Pietro
Aldobrandino, lo lasciai in Ferrara al Signore Antonio Goretti, mio tanto caro amico, il quale ancora
lo conserua nel suo celebre Studio di musica, doue non solamente hà in vna camera ogni sorte di
stromenti antichi e moderni, tanto da fiato quanto da corde, di bellezza e bontà isquisiti, ma tiene
18
ancora con ordine bellissimo in vn' altra Stanza tutta la Musica Antica, e Moderna, così da Camera,
come da Chiesa, che sia possibile ritrouarsi.»
Al Capitolo 22, carte 5, parlando dei fabbricatori di Liuti in Bologna, è curioso ciò che egli scrive:
«Già molti anni sono che in Bologna si faceuano Liuti di bontà molto eccelenti, o fosse l'esser fatti di
forma lunga a similitudine di pera, o fosse l' hauer le coste larghe, che l' vno fa dolce, e l' altro
armonioso; basta che per la loro bontà erano molto stimati, & in particolare da Francesi, i quali son
venuti a posta a Bologna, per portarne in Francia, pagandoli tutto quello che era loro domandato,
talchè pochissimi hora se ne trouano ... Dico similmente, che il Chitarrone armato di corde di cetra,
come s' vsa particolarmente in Bologna, rende armonia molto suaue & apporta leggiadra nouità all'
orecchio. Hora che gli hò leuato alcune imperfettioni, e trouato altro modo di fabbricare detti
stromenti, che di bontà sono migliorati assaissimo hauendoli rimesso la quinta corda e la sesta, & li
contrabassi di fila d' argento et ogni contrabasso con la tratta longa e corta conforme il bisogno, ho
accresciuto armonia straordinaria et chiamano questo stromento cosi fornito Pandora ecc. »
L'opera è tutta in notazione di Liuto. Il Fantuzzi citò questo autore col cognome Piccini. Da quanta
egli scrive a pagina 8, e confrontando le date, è da ritenersi il Piccinini inventore dell' Arciliuto, e non
il Kasperger come asserisce il Bonanni in Descrizione degl'istromenti armonici, Roma 1776, pag.
113.
4
Il manoscritto di Robert Parsons intitolato The Songe Called Trumpets si trova nella National Library
of Wales.
5
edizione originale Francum, Augsburg 1617; edizione moderna Minkoff Reprint Genèva 1983
(facsmile).
6
edizione originale Tebaldini, Bologna 1627: Fior novello. libro primo di concerti di diverse sonate,
cinfonie (sic), e correnti da sonare con vna, con due, con tre, e con quattro chitarre alla spagnuola,
con l'alfabetto, & dichiarationi da poterle accordare, e sonare, di Fabritio Costanzo napolitano.
all'illustriss. sig. et padron colendissimo al sig. co. vergilio Malvezzi senatore dignissimo di Bologna.
In Bologna per Nicolò Tebaldini, 1627.
7
edizione originale Macerata 1629: intavolatura di chitarra spagnola, libro secondo, nel quali si
sontiene passacalli semplici, folie, pass'emezzi gagliarde, & altre sonate concertate à due, & tre
chitarre differenti, con alcune correnti, balletti, volte, nizzarde, gagliarde, arie alla spagnola,
francesca, tedesca, polacca, & italiana, sinfonie e toccate musicali, & nel fine del libro una gagliarda
e due balletti concertati à 2 e 3 chitarre, del Accademico Caliginoso detta il Furioso, novamente
composto, e dato in luce, e dedicato al molto illustre signor Iulio Francesco Brancallone. . . . in
Macerata, appresso Gio. Battist. Bonomo, 1629. Con licenza de signori superiori. Baletto italiano
concertato à tre chitarre. al molto illustre signore il sig. capitano Giovanni Fiorentij
8
intavolatura di chitarra alla spagnuola. dove si contengono passacalli, follie, & altre arie alla
spagnuola. pass'emezi, gagliarde, corrente, & arie diverse all'italiana, con facilità passeggiate, &
concertate per sonare à due, & trè chitarre. con una sonata in fine in ecco detta la beolca. da Gio.
Ambrosio Colonna novamente data in luce, & dedicata. . . . in Milano, nella stampa dell'her.di Gio.
Battista Colonna, con licenza de' superiori. 1620.
9.
Antoine L’Hoyer attivo ad Amburgo verso il 1800 si stabilì a Parigi qualche anno dopo.
10
edizione originale Pleyel, Paris; edizione moderna Schott-GA 507; S.P.E.S. (facsimile).
11
edizione originale Lemoine, Paris; edizione moderna Giannotti-CBm 905 (facsimile).
12
edizione originale Doisy Lintant, Paris.
13
edizione originale Dufaut & Dobois, Paris; edizione moderna Giannotti – CBm 903 (facsimile).
14
edizione originale Rowies, Paris; Alfred Cottin è il dedicatario di Recuerdos de la Alhambra di
Francisco Tàrrega.
15
edizione originale Arnaud, Lyon; edizione moderna Giannotti – CBm 905 (facsimile).
16
edizione originale Richault, Paris; edizione moderna Hofmeister – FH 4014; Suvini Zerboni – 7667;
Zimmermann – ZM 1272.
17
manoscritto bibliothèque du conservatoire roiyal de musique, Brussels; edizione moderna
Chantarelle; Giannotti – CBm 906.
19
18
manoscritto bibliothèque du conservatoire roiyal de musique, Brussels; edizione moderna Giannotti
– CBm 901.
19
edizione originale Simrock, Bonn; Richault, Paris; edizione moderna Suvini Zerboni – 7668; Schott
– GA 61; Zimmermann – ZM 1124; Hofmeister – FH 4014.
20.
edizione originale Diabelli, Wien; edizione moderna Suvini Zerboni – 7896 (manca l’ultimo
tempo), Giannotti – CBm 902 (facsimile).
21
Pocci Vincenzo Guida al repertorio moderno e contemporaneo per chitarra in cd-rom Michelangeli
editore, Milano 2004.
22
Ultima rara di Bussotti è una rielaborazione di Rara (eco sierologico), il brano prevede da uno a tre
esecutori ed è scritto su tre distinti pentagrammi e una voce recitante. In realtà l’esecuzione solistica è
praticamente impossibile ( viene infatti suggerito l’utilizzo di nastri preregistrati nel caso si intenda
proporre il brano con un solo esecutore); la partitura è fittamente arricchita di parole e frasi che il
recitante deve declamare. Come un diario, il pentagramma accoglie annotazioni molto diverse: dalla
dedica a Siegfried Behrend alla indicazione dell’istituto che ne ha commissionato la composizione. La
sigla rara per Bussotti è un riferimento alle iniziali dell’amico Romano Amidei ed è l’emblema “di
un contenuto romantico irrefrenabile: simboleggia la Musa, l’Ispiratrice, l’Amata in senso totalmente
ottocentesco” (Bussotti).
23
Il brano Tre invenzioni per tre chitarre di Riccardo Giavina è articolato in tre movimenti, Petite
marche-un poco grottesco e misterioso, Siciliana-intenso e dolce, Brasileira-samba choro,ed è
dedicato a Fabio Renato d’Ettorre e al Trio Chitarristico di Roma.
24
l’unica opera pubblicata di Margola risulta essere la sonata del 1981, edizione Suvini Zerboni, 1985
S.8798 Z.
25
Diabelli quando usa comporre per più chitarre, duetti o trio, preferisce quasi sempre la prima
chitarra terzina o con sordino in 3tia posizione, nel caso del trio la prima e seconda; probabilmente
una chitarra con capotasto o una chitarra terzina erano più o meno interscambiabili, anche se solo una
veniva menzionata. Non tenendo conto se si facesse uso di una chitarra terzina o di una chitarra con
capotasto, il suono prediletto da Diabelli nel duo era di due chitarre accordate ad una distanza di terza
minore. Questa strumentazione rimase in voga a Vienna, visto che nel 1840 anche Johann Kaspar
Mertz (Bratislava 1806-Vienna 1856) preferì il duo con una chitarra terzina.
26
all’interno del cd di musica per chitarra di Teresa Procaccini della Edipan (PAN CD 3079) del
2004.
27
Hector Berlioz affermava che: è quasi impossibile scrivere bene per chitarra senza saperla suonare.
La maggior parte dei compositori che la impiegano sono molto lontani dal conoscerne le possibilità;
e perciò frequentamente le danno cose di eccessiva difficoltà da suonare, con poca sonorità, e poco
effetto.
28
l’improvviso di Mario Gangi è inciso sul CD del Trio Chitarristico di Roma Rara musica del ‘900
per l’etichetta Musikstrasse ( MC2116.1 1997)
29
la Suite gallega, manoscritto di proprietà della Bixio-Cemsa, è incisa dal Trio Chitarristico di Roma
per l’etichetta Musikstrasse (CD MC 103).
30
la Fantasia IV in do minore KV. 475 di Wolfang Amadeus Mozart per pianoforte trascritta per tre
chitarre da Luciano Chailly è dedicata al Trio Chitarristico di Roma, edita da Ricordi ed incisa per
l’etichetta Musikstrasse (CD MC 2103).
31
Mingo Stefano, Migliucci Gabriele Il giro del mondo in 85 pezzi, canti e danze popolari per 1,2 e 3
chitarre, edizione Accord for Music, Roma 2001.
32
Tallini Arturo, Lepri Fernando Fondamenti di chitarra, antologia, edizioni Rugginenti, Milano
1991.
33
Reginald Smith Brindle.
20
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21
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