Le schede degli artisti

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OCCITANICA
DAL 24 GIUGNO AL 15 LUGLIO
TORINO, DRONERO, VILLAR PELLICE, RORA’,
ROCCASPARVERA, CUNEO, ARGENTERA
Ingresso gratuito a tutti i concerti
Schede Artisti
DEDALE (Francia)
Da alcuni anni Dédale si presenta come la formazione più delicata, originale e
innovativa nell’affollato panorama folk europeo.
Dédale, accanto a un repertorio tradizionale sempre più ridotto, propone brani
di propria composizione che a esso si ispirano, sorretti da bella intuizione e
misurata mescola di armonizzazioni suggerite dal vicino bacino del
Mediterraneo, specialmente dall’Africa settentrionale. Le sue esecuzioni sono
una sorta di mercato musicale di quel mondo, un world-bazar dove ogni
strumento sconfina e ficca il naso nelle finestre altrui.
E allora ghironda e organetto abbracciano scottish e danze orientali, clarinetto
e sax si vestono di zurne ad ancia doppia e basso elettrico e tastiere
ammiccano ai tamburi e ai darbuka africani. Le armonie sono ricercate e
raffinate e ben si accompagnano a una bella festa con bal-folk come a qualsiasi
buon festival europeo di folk-rock. Forse è la particolarità di questo gruppo
quella di consentire l’ascolto canonico da concerto così come di far esplodere la
voglia di muoversi e danzare.
In questi anni Dédale ha ottenuto importanti riconoscimenti internazionali,
collaborando con musicisti di fama mondiale come Georges Moustaki, Claude
Nougaro, Michel Petrucciani, J. J. Mosalini, Gabriel Yacoub. Si è pure
ulteriormente consolidato nella posizione di gruppo trainante della nuova
musica folk europea, concentrandosi sulla nuova composizione e su un
maggiore utilizzo della voce, ricercando ed affinando la giusta miscela fra
tradizione e jazz (trazz appunto) nel quale Dedale può vantare diritti di
primogenitura.
A Occitanica i virtuosi fratelli Pignol (Isabelle alla ghironda elettro-acustica e
voce e Norbert all’organetto diatonico) e gli altri ottimi polistrumentisti:
Christophe Sacchettini ai fiati, percussioni, epinettes e ance, Jean Pierre
Sarzier ai clarini e tastiere e Yves Perrin al basso.
LOU DALFIN
Il gruppo è capitanato dall'estroverso Sergio Berardo, ghironda suonata con il
cipiglio di Jimi Hendrix e adrenalina per tutti, musicista di rilievo del folkrevival piemontese degli ultimi vent'anni e scatenato paladino della cultura
occitana. Accanto a lui alcuni dei migliori strumentisti della scena folk nazionale
con forti e pesanti ammiccamenti ai suoni rock ed elettrici.
Fondato da Sergio Berardo, il gruppo nasce nel 1982 con l'obiettivo di rivisitare
la musica tradizionale occitana. Una "line-up" acustica (ghironda, fisarmoniche,
violino, plettri, clarinetto, flauti) e un repertorio di brani storici e popolari – sia
strumentali sia vocali - caratterizzano il percorso artistico della formazione
originaria. Con quest'approccio vengono registrati due LP: En franso i ero de
grando guero nel 1982 (ormai esaurito e recentemente riedito in cassetta) e
L'aze d'alegre nel 1984.
Nel 1985 il gruppo si scioglie per lasciare spazio ad altri progetti musicali:
L'Arp, La Ciapa Rusa e Lou Nouvè de l'Argentiera tra i più noti. Lou Dalfin
"resuscita" nell'autunno del 1990: Sergio riunisce attorno a sé vari musicisti
delle più diverse estrazioni musicali - folk, jazz e rock. L'inizio di questa
seconda esperienza ha rappresentato il naturale momento di transizione del
gruppo dalla formula acustica a quella attuale. Accanto agli strumenti più tipici
della tradizione - vioulo, pivo, armoni a semitoun, pinfre, arebebo, viouloun,
ecc. – sono introdotti basso, batteria, chitarra e tastiere. E’ il nuovo suono dei
Lou Dalfin. Un’ideale e un fine esplicito ne indicano la direzione: rendere la
tradizione occitana fruibile dal maggior numero di persone possibili.
La sfida viene lanciata: dalle etichette folk a quelle rock e pop, dalla musica di
nicchia a quella popolare. Perché le radici culturali di pochi divengano
patrimonio di tutti. Non si rinnega la propria storia – anzi - ma la si rende
molteplice. Perciò ai concerti nelle Vallate Occitane del Piemonte, in cui il
gruppo anima centinaia e centinaia di feste da ballo e si sente in patria, si
affiancano le performance dal vivo nel resto d’Italia e all’estero, soprattutto
nell'Occitania francese. Nel luglio 2002 i Lou Dalfin sono al noto festival di
"Saint Chartier", tempio della musica tradizionale europea, dove riscuotono un
enorme successo di pubblico. Sei i dischi incisi: W Jan d' l'eiretto - 1992, Ed.
Ousitanio Vivo; Gibous, Bagase e Bandí - 1995, Ed. Baracca e Burattini/Sony;
Radio Ousitania libra live con il gruppo basco Sustraia - 1997, Ed. Baracca e
Burattini/Sony; Lo viatge - 1998, Ed. Noys; La flor de lo dalfin - 2001,
UPRFolkRock/Peones edizioni musicali; Sem encar ici - singolo registrato e
mixato nel febbraio 2003 da Madaski e M. Tavella e mai distribuito nei negozi;
L’òste dal Diau - maggio 2004, Ed. Tarantanius, distribuzione Venus.
(quest'ultimo ha ottenuto la Targa Tenco 2004 per il miglior album in dialetto
dell’anno); e infine nel maggio 2005 è uscito Al Temps de Fèsta en Occitania il
nuovissimo DVD per le edizioni Felmay, distribuito da EGEA, che comprende,
oltre a due ore di concerto, una serie di documentari inerenti vari aspetti della
cultura occitana.
Con innumerevoli collaborazioni e più di 850 concerti alle spalle il gruppo vive
oggi la sua piena maturità artistica: la raggiunta alchimia tra gli strumenti più
arcaici della tradizione d'OC e i suoni moderni si esprime attraverso un
linguaggio musicale travolgente, personale e rispettoso del proprio nobile
passato, in cui convivono melodie millenarie, riff di chitarre, echi di canzone
d'autore, rap e ragga.
DHOL FOUNDATION (INDIA – UK)
Dhol Foundation, 12 indemoniati ragazzi del "Punjab londinese", pioniere della
musica anglo-indiana, presenta uno spettacolo adrenalinico, dai ritmi serrati
caratterizzato dalle percussioni dei Dhol e dai campionamenti elettronici. La
furia delle percussioni, l'impatto scenico, le danze acrobatiche, la forza
carismatica del leader del gruppo Johnny Kalsi rapiscono il pubblico in uno
spettacolo di grande fascino e impatto che mescola tradizione e ricerca.
Nell'ambiente world music sono conosciuti come i "Percussionisti di Peter
Gabriel" per il loro contributo al disco Ovo che ha segnato il rientro di Peter
Gabriel sulla scena musicale dopo otto lunghi anni di assenza.
Recentemente hanno inciso le colone sonore per i film: Tomorrow Never Dies
(James Bond), Gangs of New York di Martin Scorsese e l'hollywoodiano The
Incredible Hulk.
In Italia la loro presenza è stato il grande evento del Carnevale di Venezia
2004: in 50.000 hanno ballato in Piazza San Marco al suono delle loro
percussioni. Lo stesso entusiasmo hanno suscitato alla Biennale di Venezia e a
Riva del Garda (Festival Isole Galleggianti). In ambito internazionale sono
ospiti fissi dei palchi del Womad Festival in giro per il mondo e dei più grandi
festival di world music e musica di confine.
Mescolate a sonorità moderne la Dhol Foundation ripropone le tradizioni
musicali del Bhangra, una musica che nasce nel Punjab, nell'India del Nord,
dove da generazioni la gente festeggia la fine della mietitura con balli al ritmo
del Dhol, un enorme tamburo di legno. Spesso si tratta della raccolta della
canapa, o Bhang, da cui proviene il nome di questo genere musicale. Il Dhol e'
uno strumento tradizionale con due basi di percussione che consentono suoni
sia bassi che alti. La musica Bhangra si è diffusa in Inghilterra con la prima
ondata di immigranti dal Punjab, per poi essere rivisitata dalla nuova
generazione di giovani anglo-indiani, che con la loro voglia di riconoscersi, di
ritrovare nella cultura d'origine la propria identità e di inventare, al contempo,
una nuova musica tutta propria, l'hanno mescolata a sonorità moderne e a
strumenti occidentali. Dal semplice ritmo di un tamburo, la musica Bhangra si
è trasformata in una musica in cui le melodie asiatiche si fondono con i sound
più moderni, come il reggae, la trance e la techno.
Per il suo magnetismo e lo charme, Peter Gabriel ha soprannominato Johnny
Kalsi "Ambassador of Love".
ALAN STIVELL (Francia)
C’era Telenn Geltiek, un primo disco misconosciuto, uscito durante
l’adolescenza e già celebrante l’arpa dei Celti. Poi ci fu Renaissance de la Harpe
Celtique, album imprescindibile e di culto di tutta una generazione che scoprì
davvero questa famosa arpa dei Celti. Nel 1971, allorché registra Renaissance,
Alan Stivell è già noto a livello internazionale, ma sulla scena passa dalle
cornamuse ai flauti e l’arpa non è che uno degli strumenti della sua musica e
delle sue proposte, uno strumento come altri. Alan porta da sempre nel suo
spirito il desiderio di celebrare l’ormai famosa Telenn Gentan, l’Arpa dell’Inizio,
immaginata e costruita da suo padre Jord Corchevelou in seguito a lunghi anni
di studi e ricerche. Renaissance de la Harpe Celtique sarà una delle più
importanti declinazioni del discorso di Alan, un’esplorazione strumentale e di
fattura quasi classica dell’universo celtico attraverso l’arpa.
Negli anni “l’onda celtica” ha attraversato il mondo, dall’Irlanda agli Stati Uniti
passando dalla Francia, il popolo celtico ha ritrovato la propria musica e le
proprie radici. Alan è per la Bretagna e nel mondo il creatore e il rivelatore di
questa rivoluzione. Lo strumento mitico dei bardi ha trovato nuovi padri, liutai
appassionati e nuovi interpreti della musica moderna dalle tradizioni celtiche.
E’ il 1985, l’anno in cui Alan registra Harpes du Nuovel Age, suo terzo album
strumentale. L’arpa non è più solo il vettore della musica dei Celti ma diventa
l’espressione di una musica contemporanea, universale e intima, quella musica
che più tardi verrà chiamata “new age”.
2002, 17 anni dopo Harpes du Nuovel Age Alan Stivell pubblica la sua quarta
opera strumentale consacrata all’arpa, Au délà des mots. È un omaggio
all’Arpa dell’Inizio e un ammiccamento alle tecniche più sofisticate delle arpe
elettro-acustiche.
Dice Stivell delle sue arpe, tradizionali e moderne: “Sono, in effetti, differenti
come lo furono la chitarra di Segovia e quella di Hendrix, o come lo è un
pianoforte da un clavicembalo o da un organo da chiesa. A parte la mia arpa
classica, chiamo ‘celtiche’ tutte le mie arpe, a corde di nylon o metalliche,
elettriche o acustiche. Mi servo anche, ed è più che un’abitudine, dei
meccanismi di semi-tono e anche della distorsione o ancora delle corde
stoppate. Alcuni passaggi evocano senza dubbio l’influenza o delle connessioni
con il Jazz, con la musica africana, o orientaleggiante, ma la musica celtica è
gioco di frontiere tra Occidente e Oriente”
TRENCAVEL (Francia)
Trencavel si caratterizza per la visione creativa della musica da danza. Le sue
scottish, valsas, boreias ecc. sono infatti quasi esclusivamente frutto di un
appassionato e ispirato lavoro di composizione. Alain, Robert, Jacques
rappresentano una delle più belle espressioni della musica occitana. (Sergio
Berardo)
Il Viceconte di Carcassonne che nel XIII secolo guidò la resistenza del popolo
occitano durante la crociata contro gli albigesi si chiamava Trencavel, e
Jacques Tanis, Robert Matta e Alain Floutard, a loro volta eroi della resistenza
occitana contro l’omologazione culturale, hanno voluto ricordarlo dando il suo
nome al loro godibile trio nato nel 1995. Alain e Robert erano reduci dalla
proficua esperienza dell’ensemble Freta Monilh; Jacques, dopo gli studi al
conservatorio, aveva suonato con i Cabrifol. Vari elementi concorrono a creare
la particolare e interessante proposta del trio: l’uso degli strumenti tradizionali
della tradizione occitana, e in particolare guascona (organetto diatonico,
bodega, boha, chabreta, cornamusa dei Pirenei, flauta gascona, tamburini,
ecc.); i testi, originali e creativi, ma rigorosamente in langue d’oc; i ritmi
tradizionali della genuina festa occitana (bourrée, rondeau, valzer, scottish,
polka, mazurka, ecc.); infine la continua ricerca e creazione di composizioni
nuove, che sappiano, al tempo stesso, mantenere il sapore della musica
tradizionale, e innovarla con un contributo espressivo originale.
OSKORRI & KEPA JUNKERA (Paesi Baschi)
Sono ormai 35 gli anni di carriera sulle spalle degli Oskorri, unanimemente
considerati il miglior gruppo in assoluto di musica basca, se non il miglior
gruppo folk spagnolo tout court. 35 anni in cui gli Oskorri hanno prodotto 32
dischi e centinaia di concerti in tutto il mondo.
La loro attività è intensa non solo nel campo della produzione musicale, ma
anche in quello, fondamentale, della ricerca: il disco Hi ere dantzari, è il frutto
di un lavoro certosino di ricerca e recupero di temi tradizionali baschi da ballo,
che senza il lavoro degli Oskorri sarebbero oggi persi per sempre. Identico
discorso, sul piano questa volta della canzone e non del ballo, si può fare per la
serie di sei dischi Oskorri & the Pub Ibiltaria, dai quali gli stessi Oskorri hanno
estratto un programma pedagogico che hanno portato per anni in giro per le
scuole di Spagna. Sempre destinato ai bambini è il disco Katuen Testamentua,
raccolta di canti tradizionali per l’infanzia, anche questi destinati alla
scomparsa, senza il provvidenziale intervento degli Oskorri.
Nato a Bilbao nel 1965, Kepa Junkera era inizialmente un abile interprete di
alboka, il doppio clarinetto basco, per poi affermarsi negli ultimi anni come il
più grande virtuoso di trikitixa (organetto diatonico basco) e uno dei più
interessanti compositori nell’ambito della world music. Nel 1988, a 23 anni, ha
pubblicato il suo primo album (Kepa, Zabaleta eta Motriku), insieme a Iñaki
Zabaleta e Mari Santiago. Nel 1990 si presenta a Madrid con una nuova
concezione musicale che unisce il jazz alla trikitixa, che lo porteranno a vincere
la Muestra de Folk Actual para Jçvenes Intérpretes. Da questo fecondo
connubbio nasceranno i suoi lavori più innovativi: Triki Up (1990, in compagnia
di Zabaleta e Imanol), Trikitixa Zoom (1991), Trans-Europe Diatonique (1992,
con l’inglese John Kirkpatrick e il toscano Riccardo Tesi), Kalejira Al-buk
(1994), Lau Eskutara (1995, memorabile duetto con il portoghese Julio
Pereira). Con questi “biglietti da visita”, Kepa si è affermato come una vera e
propria rivelazione per critici e musicisti di tutta Europa che hanno riconosciuto
in lui non solo un giovane virtuoso di organetto diatonico, ma anche una delle
più antiche culture musicali europee attraverso uno dei suoi migliori interpreti.
Il suo sodalizio artistico con Oskorri, risale ad alcuni anni fa, quando uscì il
disco Ura, in coproduzione tra Kepa e Oskorri.
RICCARDO TESI
Compositore, strumentista, ricercatore: queste le anime della complessa e
poliedrica personalità artistica di Riccardo Tesi, autentico pioniere dell’etnica in
Italia. Dagli esordi decisamente folk nel 1978 al fianco di Caterina Bueno, alle
odierne collaborazioni, la storia musicale del Pistoiese Tesi vive di una preziosa
continuità fatta di passione e di curiosità onnivore, che dalla tradizione toscana
lo ha accompagnato al confronto con quelle italiane, basche, inglesi, francesi e
malgasce, con il jazz, il liscio e la canzone d’autore. In perfetta simbiosi con la
sua poetica della memoria è il suo strumento: l’organetto diatonico, antenato
della fisarmonica, al quale, per primo in Italia, ha consacrato un intero disco
intitolato Il ballo della lepre (1981). Ciò che colpisce in Tesi è lo stile,
chiaramente riconoscibile, attraverso il quale riesce a far parlare all’organetto
una lingua arcaica e nuova, dilatando il vocabolario e la tecnica di uno
strumento rimasto a lungo patrimonio esclusivo della tradizione; una scelta
“splendidamente inattuale”che lo iscrive, per lirismo e virtuosismo, al circolo di
quanti, a tutte le latitudini, hanno ridato dignità alla fisarmonica e ai suoi affini.
In virtù di questo impegno nel 2002 ha ricevuto a Castelfidardo il premio La
voce d’oro.Autore di colonne sonore per il cinema, il teatro, i reading, ha
collaborato con i grandi dell’organetto diatonico quali John Kirkpatrick, Marc
Perrone, Kepa Junkera, della canzone d’autore quali Ivano Fossati, Fabrizio De
Andrè, Ornella Vanoni, Gianmaria Testa, Giorgio Gaber, della musica folk
europea quali Patrick Vaillant, Jean Marie Carlotti, Elena Ledda, Vincenzo
Zitello, Daniele Sepe. Dal 1992 è il leader fondatore di Banditaliana, che
attualmente è considerata una delle formazioni più importanti del panorama
world internazionale.
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