ISTOLOGIA II ANNO ABEI 2016/2017
Tutte le cellule del nostro organismo derivano da un’unica cellula iniziale, lo zigote, da
questa, per successive divisioni mitotiche si forma l’intero organismo che però è formato
da cellule diverse tra loro, così le cellule muscolari sono diverse da quelle epiteliali, da
quelle nervose, da quelle adipose ecc. e questi tipi sono del tutto diversi tra loro.
Negli organismi pluricellulari infatti le cellule si differenziano e si specializzano in base alle
funzioni che devono svolgere.
Così si formano i tessuti. Un tessuto è infatti formato da un raggruppamento di cellule che
hanno forma, struttura e funzioni simili e sono tenute insieme da una sostanza
intercellulare più o meno abbondante di consistenza e composizione variabile.
Nel corpo umano si distinguono quattro tipi di tessuti:
-
il tessuto epiteliale
-
il tessuto muscolare
-
il tessuto nervoso
-
il tessuto connettivo.
I vari tipi di tessuti si organizzano mettendosi insieme per svolgere funzioni più complesse
a formare gli organi (es. stomaco, fegato, cuore, cute ecc.) ed organi diversi lavorano
insieme per assolvere a funzioni ancora più complesse e formano gli apparati o sistemi
(app. circolatorio, app. respiratorio, app. scheletrico ecc.).
Adesso guarderemo i tessuti
Il tessuto epiteliale
è formato da cellule strettamente addossate le une alle altre per cui gli spazi intercellulari
sono estremamente ridotti e di conseguenza è ridotta la sostanza intercellulare. Se è
formato da una sola fila di cellule è detto epitelio semplice o monostratificato se è formato
da più strati di cellule è detto
pluristratificato.
Il tessuto epiteliale è distinto a
sua volta in :
epitelio
di
rivestimento
ed
epitelio ghiandolare.
Gli
epiteli
di
rivestimento,
come dice la parola, rivestono, e rivestono sia la superficie esterna del corpo come
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l’epidermide, che la superficie interna di organi cavi come ad esempio le cellule con
l’orletto
a
spazzola
dell’intestino
o
la
superficie interna dei vasi sanguigni (detta
endotelio).
La pelle, o cute, un organo e riveste
esternamente
il
nostro
corpo.
Istologicamente, essendo un organo, è
composta da diversi tipi di tessuti. Il tessuto
più
esterno
è
l’epidermide,
tessuto
epidermico pluristratificato, in questo caso
epitelio di rivestimento. Questo tessuto è in
continuo rinnovamento, ogni giorno cellule nuove nascono dallo strato più profondo
dell’epidermide (strato germinativo o basale) e cellule vecchie, ormai ridotte a semplici
lamelle cornee, si desquamano dallo strato più superficiale. Durante il loro percorso verso
l’esterno le cellule appena nate subiscono una serie di trasformazioni che le portano a
perdere sia il nucleo che gli organelli citoplasmatici, ed a riempirsi di cheratina, in modo da
formare uno strato esterno più resistente. Oltre alla cute anche gli “annessi cutanei” sono
di derivazione epidermica, cioè peli (da quelli più fini alla barba), ghiandole sudoripare,
sebacee ed unghie derivano tutti da una invaginazione dell’epidermide nel derma. E’
importante ricordare che l’epidermide, come i suoi annessi, derivano dallo stesso foglietto
embrionale: l’ectoderma; e sempre dall’ectoderma deriva il sistema nervoso.
Anche solo per questo motivo, strettamente embriologico, ci accorgiamo quanto pelle e
sistema nervoso siano connessi.
Sempre nella pelle troviamo anche esempi di epiteli ghiandolari, le ghiandole sebacee e
sudoripare. In queste formazioni le cellule epiteliali si sono specializzate nella produzione
ed escrezione di secreti come il sebo per le ghiandole sebacee ed il sudore per le
ghiandole sudoripare.
Gli epiteli ghiandolari sono costituiti da cellule che producono e secernono (rilasciano
all’esterno della cellula) sostanze chiamate secreti. Queste cellule possono essere sparse
tra altre cellule o raggruppate a formare “ghiandole” vere e proprie. Le ghiandole, a loro
volta , in base al destino del loro secreto vengono divise in esocrine ed endocrine.
Esocrine se riversano il loro secreto all’esterno del corpo o nel lume di organi, endocrine
se lo riversano nel sangue e, allora, il loro secreto è detto ormone. Così ad esempio sono
ghiandole esocrine sia le ghiandole sudoripare e sebacee della cute, ma anche le
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ghiandole gastriche che secernono all’interno dello stomaco, tutte le sostanze per digerire
gli alimenti. Il pancreas è invece una ghiandola in parte esocrina ed in parte endocrina, è
esocrina per quanto riguarda il secreto che riversa nell’intestino (nel lume intestinale) per
digerire le sostanze, è endocrina quando secerne insulina e glucagone (ormoni) nel
sangue per regolare la glicemia. Le ghiandole sudoripare sono invece ghiandole
tipicamente esocrine ed infatti riversano il loro secreto ( il sudore) sulla superficie della
pelle.
Tessuto muscolare
Il tessuto muscolare è il responsabile dei movimenti volontari ed involontari del corpo. e’
costituito da cellule allungate, sottili e fusiformi chiamate fibre muscolari per la loro
notevole lunghezza, da 1 mm fino a diversi cm. Queste fibre sono in grado di modificare la
loro forma contraendosi ( per cui si accorciano e si ispessiscono) in risposta a determinati
stimoli (chimici, nervosi, elettrici).
Le proprietà fondamentali delle cellule muscolari( o fibre) sono.
-
la contrattilità, cioè la capacità di ridurre la loro lunghezza
-
l’irritabilità o eccitabilità, cioè la capacità di rispondere all’applicazione di uno
stimolo adeguato; risposta che in questo caso è la contrazione
-
l’elasticità, cioè la capacità di riprendere la forma originaria una volta cessata la
contrazione o lo stiramento.
Il tessuto muscolare può essere diviso in tre tipi particolari:
-
tessuto muscolare striato scheletrico (muscolo scheletrico striato), volontario,
-
tessuto muscolare liscio (muscolo liscio) involontario;
-
tessuto muscolare striato cardiaco (muscolo cardiaco), involontario.
Il muscolo scheletrico si inserisce sullo scheletro, è detto volontario perché la sua
contrazione può essere controllata dalla volontà e striato perché le sue cellule
presentano una striatura per tutta la loro lunghezza. Le cellule del tessuto striato
scheletrico sono sincizi multinucleati (un sincizio è un'unica cellula con più nuclei
derivata dalla fusione di due o più cellule). Le sue fibre sono molto più grandi di quelle
lisce misurando infatti dai 10 ai 30 cm di lunghezza. Le diverse fibre muscolari si
raggruppano in fasci ed i vari fasci si riuniscono in fasci di fasci. Per tenerle insieme
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ogni fascio, ogni fascio di fascio ed il muscolo nel suo insieme il tutto è rivestito di
tessuto connettivo. Il fatto che queste fibre appaiano, al microscopio ottico, striate
trasversalmente è dovuto alla presenza di fibre filamentose che le percorrono
longitudinalmente. Queste fibre particolari si chiamano actina e miosina, l’actina è più
sottile della miosina e la loro disposizione “ordinata” determina la tipica striatura
trasversale di questo tessuto.
Il
tessuto
muscolare liscio è
chiamato
così
perché, al contrario
di quello striato, al
microscopio ottico,
non
presenta
nessuna
striatura
trasversale. Le sue
cellule
hanno
(fibre)
un
solo
nucleo per cellula
situato nella parte
centrale più ampia
e rispetto a quelle
striate scheletriche
sono
piccole,
molto
più
potendo
ad es raggiungere
0,5 mm nell’utero
in
gravidanza.
Il
fatto di non presentare la striatura trasversale non vuole dire che non contengano le
miofibrille, che infatti contengono, ma siccome non sono messe in modo ordinato come le
precedenti, l’actina e la miosina della fibra liscia non danno luogo a striatura trasversale,
ma ci sono. Rispetto al muscolo striato scheletrico la muscolatura liscia si contra più
lentamente e più a lungo. La sua contrazione è involontaria (indipendente dalla nostra
volontà) e si trova ad esempio nella parete di organi interni cavi come il canale digerente,
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la vescica, le vene, le arterie e l’utero. La sua contrazione porta ad una variazione della
grandezza e della forma dell’organo. Rispetto alla contrazione del tessuto muscolare
scheletrico la contrazione di quello muscolare liscio è più lenta e un po’ più duratura nel
tempo. E’, ad esempio la tipica peristalsi dell’apparato digerente, mediante la quale il cibo
viene rimescolato e spinto in direzione dell’ano.
Il tessuto muscolare striato cardiaco è una via di mezzo tra i precedenti: come le cellule
muscolari lisce anche quelle cardiache sono piccole e mononucleate, come le cellule
muscolari scheletriche presentano una evidente striatura. queste cellule hanno però
una forma del tutto particolare che le rende uniche: spesso si biforcano ai margini
prendendo così contatto con più cellule.
Sebbene anche il cuore sia innervato dal sistema nervoso vegetativo con fibre
eccitatorie e fibre inibitorie (nel senso che rallentano la frequenza cardiaca), possiede
esso stesso un suo sistema di conduzione dell’impulso elettrico in modo da farlo
battere regolarmente ed in particolare in modo che la contrazione avvenga prima negli
atri e poi nei ventricoli. C’è una parte specifica del miocardio che genera e trasmette
l’impulso attraverso il cuore stesso, questo sistema di conduzione è formato da più
parti; in condizioni normali l’impulso nasce
dalla parte più alta e si propaga dagli atri
verso i ventricoli con un minimo di ritardo in
modo da far sì che si contraggano prima gli
atri, mentre i ventricoli sono rilassati e quindi
si riempiono di sangue e solo dopo si
contraggono anche i ventricoli che così fanno
uscire il sangue dalle arterie. La zona
responsabile della partenza e propagazione si
chiama Nodo Seno Atriale (NSA), poi c’è
un’altra zona particolare che è il Nodo Atrio Ventricolare (NAV).
Dalla loro azione coordinata si ottiene una adeguata funzione cardiaca.
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L’insieme dei muscoli costituisce l’apparato muscolare che nel suo insieme consente il
movimento del soggetto e lo scorrimento delle sostanze organiche interne come
sangue e cibo. Insieme allo scheletro e alle articolazioni forma l’apparato locomotore. I
muscoli proteggono le ossa, riscaldano il corpo quando si contraggono e sostengono lo
scheletro. La funzione di un muscolo, prendiamo ora ad esempio solo quelli striati
scheletrici, è quella di contrarsi, cioè di accorciarsi, quindi quando ad esempio
estendiamo volontariamente l’avambraccio dal
braccio non è che ci sia un muscolo che
spinge, ma sempre più muscoli che si
contraggono ed altri che si rilasciano per
permettere il
movimento,
così
ad
esempio
contraendo il bicipite brachiale fletto l’avambraccio sul
braccio, e per par questo contemporaneamente si
rilassa il tricipite brachiale (viceversa se lo distendo).
Se contraessimo insieme i due muscoli non avremmo
movimento. In questo caso questi due muscoli si dicono antagonisti, se invece la
contrazione di più muscoli serve a migliorare il movimento i muscoli coinvolti si dicono
sinergici.
I muscoli scheletrici hanno vari nomi e spesso sentiamo parlare di bicipiti, tricipiti e
quadricipiti oppure sentiamo chiamare i muscoli con il nome della loro origine e inserzione
sull’apparato scheletrico esempio muscolo sternocleidomastoideo e muscolo ileo psoas;
vediamo perché. In questo caso in base al numero di inserzioni i muscoli vengono detti
bicipiti se ne hanno due, tricipiti se ne hanno tre e quadricipiti se ne hanno quattro. Se
sono più lunghi che larghi sono detti lunghi, se la larghezza è la loro dimensione
preponderante vengono detti larghi (come ad esempio il gran dorsale e il retto
dell’addome) e così via. Per quanto riguarda ad esempio lo sternocleidomastoideo questo
muscolo viene così chiamato perché prende contatto con lo sterno, la clavicola ed il
processo mastoideo che è dietro l’orecchio.
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Il muscolo ileo psoas in realtà è formato da due muscoli che si uniscono distalmente sula
femore al livello del piccolo trocantere, più
o meno appena sotto l’inguine.
Questi due ventri muscolari sono il grande
psoas ed il muscolo iliaco. Il grande psoas
origina dai processi laterali delle vertebre
lombari e dell’ultima toracica, poi va giù
nella
fossa
iliaca
dove
incontra i
fasci
del
muscolo iliaco, passa sotto l’inguine e si inserisce, con un
robusto tendine nel piccolo trocantere del femore. Il
muscolo iliaco si origina dalla fossa iliaca, anche lui passa
sotto l’inguine per unirsi alla fine al tendine del grande
psoas e quindi attaccarsi anch’esso al piccolo trocantere
del femore. Avere la giusta tonicità dei muscoli è
fondamentale per una corretta postura. In pratica, se i
muscoli del nostro corpo sono tutti adeguatamente tonici
siamo un passo avanti con la salute. Ammettendo infatti di
avere uno scheletro perfetto ciò che ci fa stare dritti o storti
è spesso una differente tonicità muscolare, dove alcuni muscoli, essendo più contratti di
altri ci trascinano in una postura non fisiologica che il corpo accomoda costantemente, fino
a non farci sentire nemmeno più di essere “storti”, ma lo siamo. E’ quindi importante prima
di tutto guardarsi allo specchio per vedere se stiamo dritti o meno, e se non lo siamo agire
di conseguenza. Così, se decidiamo di fare ginnastica, è importante lavorare i vari gruppi
muscolari ed i loro antagonisti, non è difficile e non importa essere degli esperti anatomisti.
Se ad esempio ci concentriamo sugli addominali è salutare fare anche i dorsali/lombari; se
vogliamo tonificare i quadricipiti tonifichiamo anche il bicipite femorale, semitendinoso,
semimembranoso ecc. Come ? Facendo l’esercizio opposto al primo !!! Altrimenti il
risultato non solo non è esteticamente piacevole, ma è anche dannoso per la salute.
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Il tessuto nervoso
Il tessuto nervoso ha la funzione di ricevere, elaborare e trasmettere gli stimoli. Le cellule
tipiche di questo tessuto sono i neuroni costituiti da un corpo cellulare detto pirenoforo o
soma e da prolungamenti di due tipi, i dendriti che ricevono lo stimolo e lo portano al
pirenoforo e che sono molti e un assone , che trasmette lo stimolo dal pirenoforo. Insieme
a
queste
cellule
caratteristiche
del
tessuto
nervoso ce ne sono altre che
nell’insieme
formano la glia (o nevroglia)
che
generano
non
né
trasmettono
impulsi ma
che sono fondamentali per la
vita
funzione dei neuroni; hanno
e
la
infatti
funzione trofica (nutrimento) e
di
sostegno, protettiva, ed alcune
servono per
migliorare
come
cellule
le
avvolgendo
di
l’impulso
nervoso
Schwann
che,
le fibre nervose formano la
guaina mielinica. I dendriti e l’assone sono in pratica dei prolungamenti del corpo cellulare,
tuttavia, mentre il citoplasma dei dendriti è del tutto simile a quello del corpo cellulare,
quello degli assoni è molto diverso, manca infatti di ribosomi, di vescicole del Golgi ed è
invece ricco di microfilamenti e microtubuli. In fondo, l’assone si può ramificare in maniera
più o meno complessa così da prendere contatto con più cellule (nervose, ghiandolari,
muscolari) mediante la sinapsi.
La zona in cui l’impulso nervoso che corre lungo l’assone viene trasmesso ad un’altra
cellula viene detta sinapsi, poco prima di arrivare alla sinapsi gli assoni perdono il
rivestimento mielinico e presentano dei rigonfiamenti detti bottoni sinaptici. La sinapsi è
formata dal terminale della cellula nervosa che porta
l’impulso, dalla cellula postsinaptica che lo riceve e da
uno spazio che le separa detto spazio sinaptico.
Le nostre sinapsi sono sinapsi chimiche dove il segnale
da elettrico diventa chimico e poi riparte elettrico. nel
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bottone sinaptico ci sono infatti vescicole di neurotrasmettitori che, all’arrivo del potenziale
elettrico, si fondono con la membrana presinaptica e rilasciano la sostanza nello spazio
sinaptico. Nella membrana postsinaptica ci sono recettori per la sostanza che viene quindi
legata e determina così un impulso elettrico che continua. Il segnale nervoso corre lungo
queste fibre grazie ad una repentina depolarizzazione e ripolarizzazione della membrana
cellulare che, a riposo, è più negativa all’interno che all’esterno grazie alla differente
concentrazione degli ioni potassio e sodio mantenuta attivamente dalla pompa sodio –
potassio. Nel momento in cui parte l’impulso nervoso (potenziale d’azione) si ha una
depolarizzazione della membrana fino a renderla positiva all’interno rispetto all’esterno;
questa situazione dura però veramente poco perché subito la membrana si ripolarizza, ma
intanto la parte di membrana adiacente si è depolarizzata e così l’impulso procede.
Il neurotrasmettitore è una sostanza che veicola l’informazione tra cellule del sistema
nervoso attraverso la trasmissione sinaptica e può dare luogo ad una risposta eccitatoria,
se promuove il progredire dell’impulso nel neurone post sinaptico, o inibitoria se inibisce la
formazione dell’impulso. Una volta fatto il suo lavoro è importante che il neurotrasmettitore
venga tolto dallo spazio sinaptico affinché non continui a stimolare o inibire il neurone
postsinaptico, e questo avviene in condizioni normali. Tra i neurotrasmettitori inibitori i più
noti sono l’acido gamma – amminobutirrico (GABA) e la glicina, tra quelli eccitatori è
importante ricordare il glutammato che rappresenta il più importante neurotrasmettitore
eccitatorio del cervello e che ritroveremo in seguito, specialmente nell’alimentazione.
Il cervello, che è un organo, possiede anche altre cellule molto specializzate che sono le
cellule della glia, dette anche cellule gliali o neuroglia, sono cellule che, assieme
ai neuroni, costituiscono il sistema nervoso. Hanno funzione nutritiva e di sostegno per i
neuroni, assicurano l'isolamento dei tessuti nervosi e la protezione da corpi estranei in
caso di lesioni. Per oltre un secolo, si è creduto che non avessero alcun ruolo nella
trasmissione dei segnali elettrici e che servissero quasi solo da riempimento ed
impalcatura, recenti studi hanno invece evidenziato un ruolo più attivo di queste cellule.
Queste cellule comunicano tra loro ed interagiscono con i neuroni modificandone i segnali
elettrici; si riproducono per mitosi e rappresentano circa l’85% delle cellule cerebrali.
E’ stato osservato ad esempio, che queste cellule producono il GDNF ( glial cell line –
derived neurotrophic factor) sostanza che funziona da “fertilizzante” e neuroprotettivo ed
aiuta i neuroni a guarire da lesioni nei riguardi delle cellule nervose. Contribuisce al
cambiamento plastico cerebrale promuovendo lo sviluppo e la sopravvivenza dei neuroni
dopaminergici.
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Per neuroplasticità si intende la capacità che ha il cervello di modificare la sua struttura ed
il suo funzionamento come risposta all’attività fisica ed esperienza mentale. Circuiti
preesistenti vengono dapprima smascherati e poi consolidati.
Il tessuto connettivo
Il tessuto connettivo è caratterizzato dalla presenza di una grande quantità di sostanza
extracellulare, la sostanza fondamentale, nella quale sono immerse cellule e fibre
caratteristiche del connettivo. La sostanza extracellulare è composta da una sostanza
fondamentale amorfa e da tre tipi di fibre: collagene, elastiche e reticolari. rientrano nel
tessuto connettivo:
-
il tessuto osseo, dove la matrice presenta fibre calcificate,
-
il tessuto cartilagineo, con cellule disposte in una matrice gelatinosa;
-
il tessuto adiposo, specializzato nell’accumulo di lipidi
-
connettivo lasso e c. denso
-
Infine alcuni autori ci mettono anche il sangue, considerando il plasma la matrice
extracellulare liquida.
Le funzioni del tessuto connettivo sono:
-
connettere, collegare tra loro tessuti, organi, parti del corpo;
-
sostenere e proteggere l’organismo (es. t. osseo)
-
permettere lo scambio ed il trasporto di sostanze;
-
partecipare ai processi difensivi.
Quindi questa tipologia di tessuto, nel suo insieme, nutre, sostiene, protegge e difende.
Il tessuto osseo è un tipo di tessuto connettivo molto consistente in quanto le componenti
extracellulari sono calcificate. Le ossa sostengono l’organismo, proteggono organi vitali
con il cranio e la gabbia toracica, fornisce punti di attacco ai muscoli e tendini per il
movimento ed accoglie gli elementi emopoietici nel midollo. Oltre a ciò l’osso funziona da
banca del Calcio, alla quale il nostro organismo può attingere in caso di bisogno. Anche se
può non sembrare questo tessuto l’osso è un tessuto vivente e dinamico che viene
costantemente rinnovato durante la vita dell’individuo.
Nell’osso le cellule ossee rimangono imprigionate da una matrice calcificata, ma
comunicano ancora tra lo per mezzo di canalicoli situati all’interno delle ossa stesse.
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In base alla forma le ossa possono essere classificate in:
-
ossa lunghe, dove la lunghezza predomina sulle altre due dimensioni (es. femore,
omero, tibia);
-
ossa piatte, dove due dimensioni sono più sviluppate della terza, di solito in
confronto alla grandezza totale dell’osso il loro spessore è molto piccolo come
avviene ad esempio nelle ossa craniche, nelle scapole e nello sterno;
-
ossa corte, dove tutte e tre le grandezze più o meno si equivalgono dando luogo ad
ossa piuttosto tozze come ad esempio le vertebre o le ossa del carpo (polso).
Le ossa lunghe sono composte
da un corpo o diafisi e due
estremità dette epifisi. Le pareti
delle diafisi sono formate da
tessuto
osseo
compatto,
dentro c’è il midollo osseo
giallo, per lo più adiposo che
non concorre alla formazione
del
sangue
(emopoiesi);
le
epifisi sono invece formate da
tessuto
osseo
spugnoso
all’interno del quale si trova invece il midollo osseo rosso responsabile dell’emopoiesi. Nel
periodo di accrescimento tra epifisi e diafisi c’è una zona cartilaginea detta metafisi dove
l’osso cresce e si allunga, al termine dell’accrescimento questo tessuto cartilagineo viene
completamente sostituito da tessuto osseo. alla nascita abbiamo infatti dimensioni molto
ridotte che accresceremo con l’età fino a raggiungere la taglia adulta e c’è quindi bisogno
che anche le nostre ossa crescano. Così vediamo ad esempio che il cranio del neonato
presenta delle aperture dette fontanelle per consentirne il completo sviluppo. Alla nascita il
neurocranio è sproporzionatamente grande rispetto alla faccia e così deve essere per
permettere lo sviluppo dell’encefalo, fino ad arrivare intorno ai 9 anni dove la testa ha
dimensioni che si avvicinano molto a quelle adulte; durante la pubertà si ha l’ampliamento
della pelvi nelle femmine per favorire la gravidanza.
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Nel nostro corpo lo scheletro rappresenta circa il 20 % del peso corporeo e può essere
diviso in assile (testa, tronco e gabbia toracica) ed appendicolare (arti, cintura scapolare e
cintura pelvica). Fanno parte dell’apparato scheletrico anche le cartilagini, tra queste
ricordiamo
quelle
delle
superfici articolari, dei dischi e
dei menischi.
questo a sinistra è il cranio con
le sue ossa.
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La figura a sinistra mostra la colonna vertebrale.
Osservandola
si
nota
che
presenta
delle
curvature: Al livello del collo le 7 vertebre che lo
formano presentano una convessità anteriore
detta lordosi cervicale, seguono le 12 vertebre
toraciche che presentano convessità inversa e
determinano la fisiologica cifosi dorsale, ancora in
giù le 5 vertebre lombari presentano una lordosi
lombare e quindi una cifosi sacro – coccigea
formata dal sacro e coccige. Mano a mano che si
passa dalla testa verso il bacino le vertebre (che
compongono la colonna vertebrale) si fanno più
grosse e più robuste in modo da sopportare
meglio il peso crescente. La fattura delle vertebre ha un modello di base che si ripete con
modificazioni di proporzioni dalla testa al coccige.
Le vertebre sono formate da un corpo vertebrale pieno rivolto anteriormente, da un foro
vertebrale posteriore che impilato sulle altre vertebre forma il canale vertebrale dove
alloggia il midollo spinale, e da prolungamenti come un processo spinoso (perpendicolare
all’asse vertebrale ) e due processi laterali. tra un corpo vertebrale e l’altro si trovano i
dischi intervertebrali. Le prime due vertebre sono però modificate e sono l’atlante e
l’epistrofeo. l’atlante è la prima vertebra ed è fatta più o meno ad anello perché le manca il
corpo, questo corpo si trova nella sottostante vertebra, l’epistrofeo, e funziona da perno
infilato nell’atlante per la rotazione della testa
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Il sangue
Il sangue è un tessuto connettivo allo stato liquido circolante nei vasi sanguigni che
fornisce i nutrienti e l’ossigeno alle cellule e ne allontana i prodotti di scarto. Questo
tessuto connettivo è formato da: sostanza intercellulare liquida, il plasma ( per il 55%) e
da “cellule” , meglio dette elementi figurati che sono gli eritrociti (globuli rossi), i leucociti
(globuli bianchi) e le piastrine che sono frammenti di cellule e non cellule vere e proprie.
il sangue è necessario per svolgere diverse funzioni:
-
respirazione: trasporta ossigeno dai polmoni ai tessuti ed anidride carbonica dai
tessuti ai polmoni;
-
nutrizione: trasporta sostanze alimentari assorbite a livello intestinale, ad esempio il
glucosio che serve per la respirazione cellulare,
-
escrezione: trasporta scorie metaboliche ad esempio ai polmoni, alla pelle e agli
organi deputati, per eliminarle;
-
mantenimento dell’equilibrio acido base dell’organismo: come il mantenimento del
Ph (che si aggira su 7,4 a livello arterioso),
-
regolazione della temperatura: distribuisce il calore assorbito;
-
regolazione dell’equilibrio idrico: contiene acqua;
-
difesa: per mezzo dei leucociti e degli anticorpi circolanti.
Il meccanismo mediante il quale vengono formati tutti gli elementi figurati del sangue è
detto emopoiesi o ematopoiesi e la sua sede principale è il midollo osseo rosso.
ci sono infatti due tipi di midollo osseo, quello rosso (da cui originano gli elementi
corpuscolati del sangue) e quello giallo costituito principalmente da tessuto adiposo.
Alla nascita praticamente tutto il midollo osseo è rosso (midollo emopoietico), con la
crescita gran parte di esso viene però rimpiazzato da quello giallo, rimanendo quello
rosso principalmente nelle ossa piatte come bacino, cranio, sterno, coste, vertebre,
scapole e nel tessuto spugnoso delle epifisi delle ossa lunghe come il femore e
l’omero. Globuli rossi, globuli bianchi e piastrine derivano tutti da un’unica cellula
staminale emopoietica totipotente.
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Eritrociti
Gli eritrociti (globuli rossi o emazie) sono
gli elementi più numerosi del sangue,
hanno forma di disco biconcavo che
facilita gli scambi per diffusione dalla
membrana plasmatica, non hanno nucleo,
mitocondri o altri organelli. si formano da
cellule precursori dette reticolo citi che,
durante
il
processo
di
maturazione,
perdono i loro organelli intracellulari e
formano grandi quantità di emoglobina. Queste cellule residue (i globuli rossi) perdono
perciò la capacità di riprodursi e sono destinate a durare circa 120 giorni dopodiché
vengono distrutte nella milza. L’emoglobina è una proteina globulare di colore rosso
formata da quattro sub unità, ciascuna delle quali contiene uno ione Ferro ( Fe 2+) ed è la
responsabile del trasporto di ossigeno alle cellule e di anidride carbonica ai polmoni. Se
invece si respira monossido di carbonio questo si lega strettamente alla molecola di
emoglobina, molto più di quanto non faccia l’ossigeno e ciò rende molto difficoltoso
all’emoglobina stessa rilasciare l’ossigeno. L’intossicazione da monossido di carbonio
porta ad incoscienza e morte per anossia rendendo la cute del cadavere di un tipico colore
rosso ciliegia, tanto da farlo sembrare ancora vivo.
Sulla membrana dei globuli rossi, come per le altre cellule, ci sono glicoproteine che
sporgono all’esterno alcune delle quali sono responsabili dei gruppi sanguigni e del fattore
Rh. Sappiamo che una persona può essere Rh + (Rh positivo) o Rh – (Rh negativo); è Rh
+ se è presente il fattore Rh è Rh negativo se questo fattore non c’è. Oltre a questo una
persona può avere il gruppo sanguigno 0 (zero), A, B o AB. Come per tutti i geni ogni
individuo è portatore di due distinti alleli, uno materno e l’altro paterno che, in questo caso
codificano per il gruppo sanguigno, e altri due per il fattore Rh. Siccome il gruppo A ed il
gruppo B sono codominati se una genitore passa il gruppo A e l’altro il gruppo B, questi
geni si esprimono entrambi ed il figlio ha gruppo AB. Il gruppo 0 è recessivo e per
esprimersi deve aver ricevuto da entrambi 0, se un genitore dà A (o B) e l’altro dà 0 il figlio
viene A (oB) eterozigote. Anche il fattore Rh positivo domina sull’Rh negativo, quindi
stessa storia, per essere Rh negativo bisogna che entrambi i genitori abbiano passato Rh
negativo, altrimenti se uno passa Rh – e l’altro Rh + il figlio mostra Rh + (ma
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genotipicamente ha un allele Rh + e uno Rh – e per questo è detto eterozigote, al
contrario dell’omozigote che entrambi gli alleli uguali). Questo è importante per le
donazioni di sangue in quanto se al ricevente viene dato sangue “non adatto” questo
sangue viene distrutto in quanto riconosciuto “estraneo”. I gruppi ed il fattore Rh non sono
altro che delle sostanze presenti sui globuli rossi che funzionano da antigeni, cioè
sostanze
che
il
sistema
immunitario
riconosce, ma se queste sostanze non ce le
hai es. gruppo 0 (non ha né l’antigene A né
l’antigene B), gruppo A (non ha l’antigene
B), gruppo B (non ha l’antigene A) ed Rh
negativo (non presenta l’antigene Rh) , se
per sbaglio ne veniamo a contatto il nostro
corpo non le conosce, per lui sono
sostanze estranee e le tratta come tali.
Oltre che per le trasfusioni la conoscenza
del gruppo e fattore Rh è necessaria per la
donna in gravidanza, per saper se è Rh + o
Rh -. Se è Rh + tutto ok, i problemi sorgono solo se è Rh – con feto Rh +. Durante la
gravidanza una piccola quantità di sangue materno può incontrare quello fetale e se
quest’ultimo è Rh + mentre la madre è Rh -, il sistema immunitario della madre riconosce
come estraneo il sangue del figlio e tenta di eliminare questi globuli rossi. Se questa è la
prima gravidanza (contando anche eventuali aborti precedenti) di solito non succede
niente perché il sistema immunitario materno ci mette un po’ per produrre anticorpi, ma se
invece questa è la seconda gravidanza di madre Rh – con feto Rh + la cosa è molto più
seria. Questa volta il sistema immunitario materno ha già pronti gli anticorpi, diciamo “ha
già lo stampo”, in quanto gli ha già incontrati e ci mette ben poco a scatenare una reazione
immunitaria fatale per il feto. Oggi però questo non è più un problema perché conoscendo
la situazione la donna gravida andrà a farsi periodicamente il test di Coombs che le dirà se
e quanti anticorpi sta producendo e poi, una volta partorito (subito dopo il parto) le
vengono somministrate immunoglobuline anti D (che è il fattore Rh) in modo che pulisca il
suo sangue da queste sostanze estranee senza produrre essa stessa anticorpi, che
invece le sono forniti dal farmaco, in modo tale che il suo organismo non abbia ricordo di
questo incontro e quindi nemmeno memoria immunitaria. Così la donna potrà affrontare
ulteriori gravidanze.
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Piastrine
Le piastrine ( o trombociti) sono piccoli corpuscoli anucleati presenti nel sangue. Si
formano dal midollo osseo per frammentazione di grandi cellule nucleate (megacariociti),
vengono immesse nel torrente sanguigno in continuazione e vivono circa 9 – 10 giorni. La
loro funzione è quella di aiutare la coagulazione del sangue nei siti dove si presentano
lesioni dei vasi sanguigni e di proteggere l’organismo da una eccessiva perdita di sangue.
In pratica quando si verifica una lesione di un vaso sanguigno le piastrine circolanti
aderiscono
alla
lesione
e
formano
un
tappo
piastrinico
(trombo
bianco),
contemporaneamente a questo una sostanza liberata dalle cellule danneggiate determina
la formazione di fibrina, sostanza che forma una rete di sottili fibrille che si attacca alle
piastrine ed intrappola numerosi eritrociti formando il coagulo sanguigno ( o trombo rosso)
che è più resistente e tappa la ferita fino a sua completa rimarginazione.
Leucociti
I diversi tipi di globuli bianchi del sangue vengono genericamente chiamati leucociti.
Questi possiedono un nucleo e possono avere o meno dei granuli nel citoplasma ed in
base a queste loro caratteristiche vengono divisi in diverse categorie. La loro funzione
principale è quella di difendere l’organismo mediante l’attuazione di meccanismi di difesa
diretti contro microorganismi patogeni di varia natura (virus, batteri, miceti, parassiti) e
contro corpi estranei penetrati nell’organismo che hanno superato barriere come cute e
mucose. Queste cellule del sangue sono estremamente deformabili e dotate di propria
motilità ( diapedesi) quando ce ne è bisogno, così se c’è “da combattere” escono dai vasi
sanguigni e raggiungono il luogo “della battaglia”.
I diversi tipi di leucociti sono divisi in quelli che contengono granuli, detti granulociti, e
quelli che non li contengono che sono i monociti ed i linfociti.
I granulociti a loro volta vengono divisi in:
- granulociti neutrofili ( perché non incorporano coloranti né acidi né basici)
- granulociti basofili
- granulociti eosinofili
I granulociti neutrofili difendono l’organismo da infezioni batteriche e fungine. Quando
avviene un’invasione il midollo osseo produce e immette nel sangue ancor più neutrofili
che si dirigono nel sito infettivo, uscendo dai capillari fin nel tessuto connettivo dove,
raggiunto il batterio lo inglobano ( lo fagocitano) e lo distruggono. Il pus, che si accumula
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nei siti di infezione, è costituito da moltissimi neutrofili morenti ed altri leucociti che hanno
esaurito la loro funzione.
I granulociti basofili entrano in gioco nelle reazioni allergiche
e nei fenomeni di
ipersensibilità e rilasciano istamina come i mastociti. [ I mastociti sono cellule del tessuto
connettivo che intervengono nelle reazioni allergiche e shock anafilattico. Come i basofili
contengono granuli di istamina e per questo per lungo tempo si pensava fossero le
medesime cellule migrate nel connettivo, ma oggi si sa che non è così.]
I granulociti eosinofili in circolo dal midollo osseo rimangono nel sangue per 6 – 10 ore
prima di trasferirsi nei connettivi, dove trascorrono le rimanenti 8 – 12 ore di vita. Sembra
siano coinvolti nelle reazioni contro i parassiti ed in quelle allergiche, alcuni loro granuli
contengono infatti istaminasi che degrada l’istamina stessa.
I monociti ed i linfociti non contengono granuli.
I monociti sono molto grandi e da essi derivano i macrofagi. I monociti, in seguito a stimoli
infiammatori e chimici, raggiungono l’infiammazione e si trasformano in macrofagi. I
macrofagi sono essenziali per la salubrità dei tessuti, ingeriscono cellule morte, antigeni,
residui cellulari ed altre particelle che demoliscono con i loro enzimi lisosomiali;
rappresentano inoltre la prima linea di difesa contro le infezioni, in quanto sono capaci di
ingerire voracemente e distruggere i batteri. sono inoltre indispensabili nella produzione di
anticorpi (che loro non fanno) ma che facilitano presentando gli antigeni estranei ai linfociti
che li producono.
I
linfociti
non
rappresentano
una
popolazione
uniforme
di
cellule,
sebbene
morfologicamente simili si possono distinguere due grandi classi: i linfociti T e B. Oltre ad
essere presenti nel sangue e nei tessuti connettivi, costituiscono gran parte del timo e
della milza e formano ammassi di tessuto linfatico nelle mucose delle vie digerente,
respiratoria ed urinaria. sia i linfociti T che i B incontrando un antigene sono stimolati a
proliferare e a differenziarsi in linfocii T attivati e linfociti B che producono anticorpi e
plasmacellule. I linfociti T prendono il nome dal Timo dove migrano dal midollo osseo
embrionale e qui si differenziano in veri e propri linfociti T. I linfociti B prendono il nome
dalla Borsa di Fabrizio degli uccelli, dove sono stati scoperti, e nell’uomo maturano prima
nel fegato embrionale, quindi nel midollo osseo. I linfociti T sono i responsabili
dell’immunità cellulo – mediata, cioè la risposta immunitaria che non coinvolge anticorpi
con 4 meccanismi principali:
1 attivano i linfociti T citotossici che contengono granuli citoplasmatici che spaccano la
cellula estranea. Praticamente riconoscono l’agente estraneo, ci si attaccano e liberano
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granuli di perforina che creano fori nella membrana estranea facendola scoppiare per lisi
osmotica. Per cellule infettate da virus, batteri intracellulari e cellule tumorali.
2 attivano macrofagi e cellule Natural Killer, per la distruzione di patogeni intracellulari e
cellule tumorali. Non necessitano di attivazione, fanno parte dell’immunità innata e rispetto
ai linfociti T citotossici riescono a riconoscere cellule non – self che ai primi possono
sfuggire, come le cellule tumorali. oggi si dibatte se queste cellule fanno razza a sé o sono
un tipo di linfociti T.
3 stimolano le cellule a produrre sostanze che influenzano la risposta immunitaria.
4 I linfociti T helper stimolano e sostengono l’azione di riconoscimento e di risposta dei
linfociti T e B.
I linfociti B sono i responsabili dell’immunità umorale, che produce anticorpi. Quando un
linfocita B prende contatto con un antigene, intanto inizia a moltiplicarsi per mitosi, ma
nelle prime 48 – 72 ore ancora deve capire come fare l’anticorpo specifico, comunque sia
intanto queste cellule producono immunoglobuline un po’ più generiche (IgM) Quando
sanno come fare l’anticorpo specifico ecco che appaiono immunoglobuline più efficaci le
IgG. Una piccola parte di queste immunoglobuline specifiche viene prodotta direttamente
da alcuni linfociti B, la maggior parte viene invece prodotta dalle plasmacellule che sono
cellule che derivano dai linfociti B e sono specializzate nella produzione di anticorpi.
Praticamente durante questa battaglia ogni linfocita B si divide per mitosi dando origine a
due cellule delle quali una è una plasmacellula che produce moltissimi anticorpi ma ha vita
breve ( circa 7 giorni) e l’altra è una cellula memoria che può vivere per tutta la vita e
rimane a vagare nell’organismo alla ricerca di quell’antigene. Se un giorno lo trovasse, non
ci sarebbe più da perdere tempo per “capire” come si fa il suo anticorpo, perché la cellula
memoria ce lo ha già fatto e lo produrrebbe velocemente in grandi quantità (risposta
secondaria).
Il plasma
Il plasma è la parte fluida del sangue, ha un colore giallo paglierino ed è costituito
principalmente da acqua (92%), proteine (7%) e sali minerali, contiene infatti proteine,
nutrienti, prodotti del metabolismo, ormoni ed elettroliti inorganici. Serve come mezzo di
trasporto per il glucosio, lipidi, ormoni, anidride carbonica e ossigeno ( la sua capacità di
trasportare
ossigeno
è
comunque
più
bassa
di
quella
dell’emoglobina);
immagazzinamento e trasporto di fattori di coagulazioni quali la fibrina, ed il suo contenuto
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di proteine mantiene la pressione osmotica del sangue. Il siero invece è il plasma al quale
è stato tolto il fibrinogeno. Il fibrinogeno è una proteina insolubile che nel processo di
coagulazione viene convertita in fibrina, proteina filamentosa.
Tra le proteine plasmatiche l’albumina ne rappresenta circa il 60 % , ha diverse funzioni e
tra queste quella fondamentale di regolare la pressione oncotica (cioè la pressione
osmotica dovuta alle proteine) del sangue , in modo da mantenere i liquidi corporei nei loro
distretti. Una sua carenza nel sangue porta travaso di liquidi ed elettroliti dai vasi ai tessuti
con edema generalizzato. La mancanza di questa proteina può essere dovuta a varie
cause, tra queste una sua diminuita produzione da parte del fegato, o una sua
eliminazione con le urine, che nella norma non dovrebbero proprio contenerla. Nel caso di
presenza di albumina nelle urine ci può essere un problema renale.
Troviamo inoltre le lipoproteine plasmatiche coinvolte nel trasporto di lipidi dall’intestino al
fegato e dal fegato ai tessuti. Di queste ne sono state classificate diverse ma quelle più
conosciute sono le LDL ed HDL. Le LDL (lipoproteine a bassa densità) sono cariche di
colesterolo che trasportano e distribuiscono ai tessuti periferici. Le HDL (lipoproteine ad
alta densità) sono immesse nel sangue dal fegato e dall’intestino trasportano il colesterolo
in senso inverso rispetto alle precedenti, cioè dai tessuti periferici al fegato per
l’escrezione biliare. Visto che queste HDL hanno il compito di rimuovere il colesterolo in
eccesso e portarlo al fegato vengono comunemente chiamate “colesterolo buono”.
Altre sostanze del plasma sono le globuline, tra queste ricordiamo le gammaglobuline o
immunoglobuline g (Ig) che difendono l’organismo dagli agenti esterni (sono anticorpi).
La linfa
La linfa è una sostanza giallognola con le stesse caratteristiche del plasma, ma non ha
globuli rossi e piastrine ed ha una concentrazione più bassa di proteine. Il sistema linfatico
non ha un organo propulsore, ma sono gli stessi capillari linfatici, ed i vasi linfatici che, con
l’aiuto della contrazione muscolare, fanno spostare la linfa, che rispetto al sangue è molto
più lenta. I capillari linfatici sono minutissimi vasi a fondo cieco, molto sottili, a forma di dita
di guanto che hanno le cellule messe in modo tale da formare vere e proprie aperture
capaci di far entrare il carico linfatico quando necessario. Si ricorda infatti che, al livello dei
capillari sanguigni di ciò che esce dal capillare arterioso solo il 90 % rientra in quello
venoso, il 10 & entra nel sistema linfatico e dopo viene riversato nel sangue. Il sistema
circolatorio linfatico sposta la linfa in una sola direzione, dalla periferia verso il centro, a
destra e sinistra del collo, dietro le clavicole. Il sistema linfatico è aperto e
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monodirezionale. La linfa proveniente dall’intestino, quando è carica di particelle di grasso
(chilomicroni) in seguito all’assorbimento di cibo, assume un aspetto lattiginoso. Lungo il
percorso dei vasi linfatici troviamo delle stazioni di “filtraggio” rappresentate dai linfonodi,
che si raggruppano in particolari zone del corpo come ad esempio all’inguine, sotto le
ascelle e nel collo al livello delle tonsille. I linfonodi rallentano la linfa al loro interno così
che la possono depurare meglio, eliminando residui estranei, germi ecc. per impedirgli di
raggiungere il sangue, al loro interno ci sono molti linfociti, in modo tale da migliorare la
risposta immunitaria e regolano la concentrazione proteica della linfa stessa,
generalmente concentrandola così che la linfa che esce dal linfonodo è più concentrata di
quella che vi è entrata ed il suo
volume può ridursi notevolmente.
In presenza di infezione i linfonodi
si
gonfiano
rallentando
ulteriormente il passaggio della
linfa che, al loro interno, viene
depurata. All’interno del linfonodo
infetto si instaura una vera e
propria battaglia contro l’invasore
(ed
il
linfonodo
risulta
anche
dolente), se questa viene vinta
immediatamente tutto ok, altrimenti
se
“qualcosa
scappa”
viene
catturato dal linfonodo successivo
fino a completa eliminazione.
Il vaccino
I vaccini sono preparati che servono ad immunizzare il soggetto verso il microrganismo o
parte di esso contenuto nel vaccino stesso con una immunizzazione attiva. Il soggetto
ricevente il vaccino viene stimolato da questo a riconoscere l’antigene del “nemico” e
produrre attivamente anticorpi che gli rimarranno in memoria in caso di un contatto futuro
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con quell’agente infettante. I sieri invece producono un’immunità immediata ma poco
duratura in quanto contengono proprio gli anticorpi per quella malattia già fatti e vengono
appunto utilizzati se si pensa che il soggetto in qualche modo possa essere entrato in
contatto con quel germe e quindi non ci sia tempo per il solo vaccino. Questo perché un
vaccino affinché sia efficace ha bisogno di tempo e spesso infatti, dopo la prima
introduzione dello stesso, si aspetta qualche tempo dopo di ché viene effettuato il
“richiamo” ( o i richiami se sono più di uno) che potenzia la risposta immunitaria.
I vaccini utilizzati si basano sul fatto che introducendo in un organismo perfettamente sano
un germe attenuato, indebolito, lento a riprodursi, o la sola parte del germe che scatena la
risposta immunitaria, il soggetto (più forte del germe) abbia il tempo necessario per
sviluppare gli anticorpi specifici.
Quindi la vaccinazione rientra nella prevenzione. Le vaccinazioni di massa hanno portato
nel tempo ad una incidenza sempre minore delle malattie trattate.
Anche se la popolazione non viene vaccinata al 100 % se ne viene vaccinata l’80 % si ha
la così detta “immunità di branco”; cioè il fatto che la maggioranza della popolazione sia
vaccinata per quella patologia fa sì che anche gli individui non vaccinati siano protetti
perché viene interrotta la catena dell’infezione.
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