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I cognomi della vergogna
Nel 1848 un certo numero di schiavi nelle colonie francesi della Guyana e
delle Antille ottennero in cambio della libertà un cognome ingiurioso:
Pasbeau,Vulgaire, Crétinoir. Tra i loro discendenti molti lo portano ancora,
con vergogna e rassegnazione, e non senza dolore.
di Daria Lepori
La popolazione delle Guadalupe al voto per le elezioni politiche del 2007
La storia dei cognomi della vergogna
non è molto documentata*. Nel 1848,
al momento dell'abolizione della
schiavitù, si rese necessario dare un
cognome a 170'000 persone per
poterle iscrivere allo Stato civile e fornire loro un documento d'identità.
Sebbene non si sappia esattamente
come siano andate le cose, visto i
risultati, è possibile ricostruire gli
eventi.
Lo Stato francese, impersonificato
dagli impiegati municipali, si mette
all'opera. L'intenzione è quella di concludere l'operazione in tre mesi, ma ci
vorranno quasi dieci anni. L'impresa
non è facile, gli ex schiavi raramente si
presentano nei municipi con un pezzo
di carta sul quale il loro ex padrone ha
scritto le loro generalità. Sono persone che non hanno mai posseduto
nulla, nemmeno un'identità. Sono
analfabeti, intimoriti nei confronti
dell'autorità comunale e inoltre non si
rendono conto della portata e dell'importanza del momento.
Gli impiegati da parte loro fanno del
loro meglio, ma non possono utilizzare cognomi in uso sul continente (in
Francia). Si aiutano con delle liste di
nomi ispirandosi alla Bibbia, alla geografia e alla topografia, alle professioni, agli oggetti di uso quotidiano e
così via. Alcuni sono logorati dalla
procedura e perdono la calma necessaria; altri non sono particolarmente
ben disposti nei confronti dei nuovi
cittadini francesi ed esercitano un
ulteriore abuso di potete.
La conseguenza è che oggi si stima
che tra il 5 e il 10% della popolazione
delle Antille e della Guyana porti un
cognome problematico. Consultando
gli elenchi telefonici è stata stilata una
lista dei 60 peggiori cognomi: Zero,
Satan, Caracasse, Vulgaire, Pasbeau,
Gros-Désir, Bonarien, Crétinoir,
Passavoire, Malcousu, Paindépice,
Rosbif. Al furto della terra, alla perdita della lingua, allo spergiuro della religione, all'occultazione della storia, alla
denigrazione del colore della pelle,
all'abbandono dei nomi tradizionali si
è aggiunto un nuovo atto di potere da
parte della cultura colonizzatrice bianca: l'imposizione di un cognome.
Non è facile sapere che cosa implichi
portare un cognome ingiurioso. Le
persone interessate non si lasciano
contattare volentieri, è un tema che
non è possibile affrontare apertamente. Malgrado la legge francese l'autorizzi, ci sono evidentemente persone
che non hanno intrapreso la procedura per cambiare il proprio cognome.
Bisogna dire che non tutti la conoscono, inoltre è complessa, lunga e costosa. Tra gli interessati traspare forte l'opinione che spetterebbe alla Francia
fare qualcosa, riparare il male causato.
Aspettando ci si arrangia, si trovano
delle strategie. Tra di loro le persone
utilizzano volentieri soprannomi e
nascondono il cognome di cui si vergognano, non lo espongono all'uscio
e non lo pronunciano quando rispondono al telefono. Sulla base di un'influenza culturale africana, molti si
danno un nome segreto, che nessuno
conoscerà mai. Si tratta di un metodo
per proteggersi dalla cattiva sorte
inviata da persone ostili. Questa pratica dimostra l'importanza che il nome
(e il cognome) rivestono nella cultura
creola.
La chiesa che per secoli ha fatto del
battesimo di tutti i bambini nati nelle
colonie una questione d'onore si è
eclissata al momento dell'attribuzione
dei cognomi. Ora potrebbe, con lo
Stato francese, farsi promotrice di
un'iniziativa per permettere, facilmente e gratuitamente, a chi lo desidera di
cambiare nome. E, a chi non può cancellare oltre quattro generazioni, di
farlo suo in piena coscienza.
*) Philippe Chanson, cappellano all'università di Ginevra e membro del
Laboratorio di antropologia prospettiva dell'Università di Lovagno ha consacrato una ricerca approfondita a questo
argomento:
«La Blessure du nom, une antrophologie d'une séquelle de l'esclavage aux
Antilles-Guyane», Ed. AccademiaBruylant.
il dialogo III/09
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