sandro pertini - Aracne editrice

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Andrea Gandolfo
Sandro pertini
dalla nascita alla resistenza
1896–1945
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(06) 93781065
isbn 978–88–548–3614–3
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I edizione: novembre 2010
Indice
7 Prefazione
di Antonio Ghirelli
11 Introduzione
15 Capitolo I
Dalla nascita alla prima guerra mondiale
73 Capitolo
Il dopoguerra e l’inizio dell’attività antifascista
129 Capitolo III
L’esilio in Francia
211 Capitolo IV
Il ritorno in Italia e il processo davanti al Tribunale speciale
267 Capitolo V
Gli anni del carcere e del confino
429 Capitolo VI
La Resistenza
553 Appendice
553 1.Testimonianza sull’espatrio clandestino con Turati in Corsica
nel dicembre 1926
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Sandro Pertini
555 2.Sentenza del giudice istruttore presso il Tribunale di Savona
(14 giugno 1927)
564 3.Telegrammi del console generale d’Italia nelle Alpi Marittime
al ministero dell’Interno (1927–29)
567 4.Sentenza del Tribunale correzionale di Nizza (31 gennaio 1929)
568 5.Testimonianza su Gramsci nel carcere di Turi
569 6.Un “caso” di indagine poliziesca a Pianosa (agosto–dicembre 1933)
573 7.La riassegnazione al confino (gennaio 1939 – settembre 1940)
575 8.Testimonianza sulla partecipazione alla liberazione di Firenze
(luglio – agosto 1944)
581 9.Ricordo dell’attraversamento del Monte Bianco (ottobre 1944)
588 10.Discorso alle Brigate Matteotti (29 aprile 1945)
591 Cronologia della vita di Pertini dal 1896 al 1945
619 Indice dei nomi
Prefazione
A prescindere dall’interesse intrinseco di questa poderosa biografia che Andrea Gandolfo ha dedicato alla storia, alle battaglie, alla straordinaria avventura
vissuta per un cinquantennio da Alessandro Pertini, io inserirei l’opera nel quadro della commemorazione del centocinquantesimo anniversario della vittoriosa
lotta per l’indipendenza e l’unità del nostro Paese. E ciò per la semplice ragione
che pochi italiani, sul glorioso esempio di Giuseppe Garibaldi e di Giuseppe Mazzini, hanno identificato tutta la loro esistenza con la lotta per la libertà e la grandezza della patria in una fase particolarmente drammatica della nostra storia,
come il generoso socialista ligure, che ha conosciuto il carcere, l’esilio, il confino,
i pericoli della lotta contro i nazifascisti, l’onore dei più alti uffici della nostra democrazia fino alla suprema carica dello Stato repubblicano, senza mai neppure
sognarsi di misurare i rischi, i pericoli, i sacrifici che gli venivano richiesti.
La partecipazione di Sandro Pertini alla lotta contro la dittatura fascista caratterizza in modo specifico il suo ruolo nelle tempestose vicende del Novecento
italiano che, in questi anni seguiti alla morte dell’eroe socialista, sono state rimesse in discussione da troppi esponenti della Lega padana, che ragionano in termini
di secessione e di egoismo senza nutrire il sentimento di amore per la propria
terra che ha consacrato la leggenda di tanti eroi.
Ovviamente, in molti altri esponenti del rifiuto intransigente della dittatura,
la Resistenza ha conosciuto le più svariate forme di impegno, dall’adesione ad
un’organizzazione più o meno clandestina di partito ad un prezioso contributo per una definizione storica e ideologica dell’antifascismo, ma nessuno come
Pertini ha concentrato la propria intelligenza, la propria preparazione culturale,
la propria passione militante in una sola e suprema direzione, realizzando un
progetto che coincideva con i suoi convincimenti istintivi, la disponibilità tutta
intera della sua vita, una mobilitazione costante contro la tirannide di Mussolini
senza il minimo rimpianto per altri possibili traguardi: la carriera, il potere, la
fama, la stessa felicità personale, gli affetti più cari.
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Sandro Pertini
È celebre, a quest’ultimo proposito, e naturalmente trattato con ricchezza
e finezza di particolari da parte di Gandolfo, il durissimo contrasto tra Sandro,
già assicurato alla bieca giustizia del Regime, e la sua povera mamma, che aveva
avuto l’imperdonabile e dolcissima debolezza di indirizzare una supplica a Mussolini invocando le cattive condizioni di salute del figlio.
Per tutte queste ragioni, che si rifanno al temperamento e all’abnegazione del
protagonista, il racconto di Andrea Gandolfo — che va dalla nascita del futuro
Capo dello Stato alla fine della guerra di liberazione — rassomiglia, piuttosto
che ad un prezioso saggio di storia, ad un emozionante romanzo di avventure.
Anche se, come deve essere, ogni avventura del grande socialista ligure è ispirata
ad una ragione concreta che attiene, concretamente, alla realtà della ribellione
di un uomo eroico contro un apparato statale fornito di tutti i mezzi, anche
quelli adattati al rigore poliziesco della dittatura, per annientare gli oppositori.
Quell’uomo non è certo condizionato all’avventura da una romantica velleità,
ma dalla concreta sensibilità sociale di chi ben conosce di “che lagrime grondi e
di che sangue” il regime fascista.
Non c’è un capitolo nella scrupolosissima storia di Gandolfo in cui quelle
che abbiamo definito le avventure di Sandro non rispondano alla logica ferrea di
un combattente che sceglie volta per volta le soluzioni che giudica come le più
dannose per il regime, le più nocive per la grandezza e la boria del tiranno: dal
giornale di battaglia e di denuncia, che Pertini ha inventato, scritto, finanziato e
distribuito nel suo paese i primi anni della sfida fascista, alla cospirazione per la
fuga di Turati; dalla generosa utilizzazione dell’eredità paterna per costruire a
Nizza quella emittente radiofonica destinata alla propaganda tra i compagni italiani alla decisione di Pertini – dopo il sequestro dell’emittente da parte dell’autorità francese – di rientrare in patria per tentare personalmente, costi quel che
costi, e cioè l’arresto, l’opera di informazione e di organizzazione del movimento socialista in Italia.
Sarà un avvocato del suo paese, una spia fascista, a riconoscerlo e a farlo arrestare mentre viaggia su un autobus in una città toscana, e verranno anni di carcere, di confino, di nuove battaglie e luminose vittorie, fino all’ascesa prima a Montecitorio, poi al Quirinale. Ma il coraggio, il disinteresse personale, la fede nella
giustizia sociale e nella libertà, in Alessandro Pertini non vennero mai meno.
E quello che colpisce di più, nell’esperienza vissuta dal futuro Presidente della
Repubblica e nel minuzioso, documentato, esaltante racconto che ne fa il dottor
Gandolfo, è la prodigiosa forza d’animo con cui l’ormai cinquantenne patriota
savonese, scampato a quasi vent’anni di processi, di incarcerazioni, di confino,
affronta la nuova fase della Resistenza al nazifascismo.
Appena liberato da Ventotene, Sandro capita naturalmente a Roma ormai
liberata e governata, in nome degli Alleati, da un governo democratico. Nenni,
che viene anche lui da un’esperienza dura e gloriosa, che, per miracolo, non si
Prefazione
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è conclusa tragicamente nella prigionia tedesca dopo la sua cattura nell’esilio di
Parigi, crede di ripagarlo dei sacrifici e delle angosce della persecuzione fascista,
offrendogli a nome del Partito e dei suoi alleati, il ministero dell’Interno. Pertini
lo ascolta con affettuosa ironia e, alla fine, grato ma anche divertito, gli spiega
che lui è già d’accordo con un pilota inglese della RAF, dal quale l’indomani
verrà aerotrasportato sulla Val d’Aosta, ed ivi lanciato col paracadute, per andare
a prendere, a Milano, il comando della Resistenza per la parte che spettava ai
socialisti.
Non sentiva stanchezza, non temeva i rischi e i pericoli della situazione in un
Nord Italia ancora controllato dal Comando tedesco e dai fascisti di Salò, come,
all’indomani del trionfo della causa democratica e della Resistenza, non cedette nemmeno lontanamente alle tentazioni della stanchezza e del riposo, di una
compensazione a tanti sacrifici nella carriera ministeriale o nello stesso Partito.
Continuò, invece, a battersi per i suoi principi, a candidarsi per il Parlamento, a
scrivere per l’“Avanti!”, a presentare proposte e mozioni ai congressi del Psi, a
frequentare i teatri e le mostre d’arte, a vivere con la moglie Carla una vita matrimoniale esemplare e felice.
Ripeto, l’opera di Andrea Gandolfo esce nel momento in cui si celebrano i 150
anni dell’Unità d’Italia e si può considerare come la definitiva, esaltante collocazione di Alessandro Pertini tra i padri della Patria, tra gli eroi di un Risorgimento
che non si esaurisce ma anzi comincia con la definitiva cacciata dello straniero
e sopravviverà ad ogni miserando tentativo di umiliarlo con la vergogna di una
secessione.
Antonio Ghirelli
Introduzione
La figura di Pertini ha conosciuto una fortuna storiografica soprattutto a partire
dagli anni in cui egli ricoprì le massime cariche dello Stato, prima come presidente
della Camera, a partire dalla fine degli anni Sessanta, e poi, specialmente come
presidente della Repubblica, dalla fine degli anni Settanta a oggi. Tuttavia, almeno
nella prima fase di tale produzione, la maggior parte delle opere dedicate a Pertini appare generalmente caratterizzata da un impianto giornalistico o divulgativo,
senza assurgere quasi mai al livello dell’opera propriamente scientifica. A cominciare dalla metà degli anni Novanta, in occasione all’incirca delle celebrazioni del
centesimo anniversario della nascita di Pertini, si è invece avviata la pubblicazione
di una serie di studi o raccolte di scritti pertiniani, contraddistinti da un carattere
più storico e di livello più alto rispetto a quelli precedenti. Del resto, uno dei difetti
principali di cui sono state spesso accusate le biografie del socialista ligure, è stato
quello di una loro presunta parzialità, nel senso di disegnare una vita tutta in positivo, elogiando eccessivamente le qualità del personaggio, quali in modo particolare
il fiero antifascismo e il carattere aperto e gioviale, trascurando però altri aspetti
della sua personalità, con il rischio così di creare l’immagine stereotipata di un personaggio a tutto tondo divenuto ormai quasi leggendario. Naturalmente la realtà
— che in questa biografia di Pertini dalla sua nascita alla Liberazione, ho cercato
di ricostruire sulla scorta di un’ampia documentazione anche inedita — presenta
molti altri risvolti, e credo che, per raccontare l’autentico Pertini, sia necessario indagarne in profondità tutti gli angoli del suo complesso e multiforme carattere, da
un lato senza nascondere nulla al lettore, e dall’altro cercando di far capire i motivi
di certe sue scelte e di certi suoi atteggiamenti, su cui la storiografia tradizionale ha
espresso giudizi, a mio avviso, a volte parziali e di natura ideologica.
Il filo rosso che ho cercato di seguire nel tracciare il primo cinquantennio della
vita pertiniana è stato quello di rendere chiaro e intellegibile il percorso politico di
Pertini, che rimane comunque centrale nel suo percorso biografico e nella variegata
gamma dei suoi interessi. Un taglio biografico, dunque, che ha voluto privilegiare
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Sandro Pertini
soprattutto l’aspetto politico dell’esperienza umana e civile del socialista ligure, tenendo ovviamente conto anche di altri lati della sua articolata e sfaccettata personalità. Fin da giovanissimo Pertini fu tuttavia letteralmente divorato da un’autentica
passione per la politica, che non lo avrebbe abbandonato per tutta la vita. La sua
adesione al socialismo, la sua fede incrollabile nell’“idea” socialista, divenne una vera
e propria ragione della sua vita, una vita dedicata poi interamente alla battaglia politica nel suo partito, di cui condivise vittorie e sconfitte, senza mai tradirlo e senza
mai tradire l’unità della classe operaia. Per quanto si sarebbe dedicato anche al giornalismo (fu per un ventennio direttore del “Lavoro” di Genova e per alcuni anni
dell’“Avanti!”), e in gioventù esercitò per breve tempo la professione forense, Pertini
rimase sempre assorbito, a partire soprattutto dal secondo dopoguerra, dall’attività
politica, che egli considerò sempre l’impegno primario della sua esistenza.
La trattazione, naturalmente, dell’aspetto politico della vita pertiniana rimane, come si è detto, un punto di riferimento ineludibile per comprendere pienamente il personaggio Pertini, ma sarebbe a mio avviso un errore limitarsi
soltanto a tale aspetto. Vi è poi anche, importantissimo, un lato umano, direi
persino psicologico, dell’uomo Pertini, di grande rilevanza, che tanta influenza
ha avuto sulle sue scelte politiche e ideologiche. Pensiamo, ad esempio, al suo
rapporto, intensissimo e fondamentale, con la madre, o con la fidanzata Matilde
Ferrari, o dopo l’ultima guerra, con la moglie Carla Voltolina, che hanno contato tantissimo per lui e lo hanno influenzato in modo decisivo anche nella sua
attività politica. Né si può, e si deve, trascurare altri lati del carattere di Pertini,
che, non possiamo dimenticarlo, era oggettivamente un uomo molto irascibile,
aveva, come riconobbe lui stesso francamente, un “brutto carattere”, anche se
poi perdonava facilmente e non portava mai rancore verso nessuno. Senza tenere
ben presenti questi aspetti dell’uomo Pertini, non è possibile, a mio parere, capire
realmente chi fosse il vero Pertini. La sua stessa ultraventennale battaglia contro
il fascismo si può spiegare proprio solo alla luce di una straordinaria forza di carattere con cui egli seppe opporsi alla dittatura senza mai mostrare un minimo
segno di cedimento, persino quando a chiedere la grazia per lui sarebbe stata
l’anziana madre. Del resto, è divenuto ormai quasi proverbiale il suo convinto e
profondo rispetto di tutte le fedi politiche e ideologiche, tranne quella fascista,
per cui avrebbe sempre nutrito il massimo disprezzo e con la quale non tollerava
che si potesse venire a patti. A testimonianza della sua rigorosa osservanza delle
regole democratiche delle pari opportunità è poi noto come amasse ripetere il
detto del filosofo francese Voltaire: «Dico al mio avversario: io combatto la tua
idea che è contraria alla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della vita
perché tu la tua idea la possa esprimere liberamente».
Molto si è dibattuto, inoltre, sulle doti politiche di Pertini, ma resta il fatto che
egli non si sarebbe indubbiamente mai segnalato per particolari “astuzie”, né per
essere un raffinato ideologo. Né, tra l’altro, ricoprì mai incarichi ministeriali, e,
Introduzione
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all’interno del suo stesso partito, fu sostanzialmente sempre un emarginato, e,
a parte il breve periodo in cui fu segretario del partito nel 1945, ebbe sempre un
ruolo piuttosto marginale. Certamente Pertini era un abile mediatore, e dimostrò indiscutibili capacità politiche soprattutto nel periodo in cui ricoprì la carica
di presidente della Camera, dando prova di un notevole equilibrio e un profondo
senso delle istituzioni. Una delle caratteristiche principali del modus operandi di
Pertini in campo politico fu peraltro sempre quella dell’assoluta correttezza e
della trasparenza più rigorosa, tanto da rifuggire con sdegno qualsiasi comportamento che potesse recare anche solo il sospetto di tentativi di corruzione o malaffare. La sua concezione della politica era intesa come un servizio, che andava
svolto con onestà e rigore morale, nel rispetto della legge e degli avversari e con
dedizione alla propria causa. Egli rimase fedele per sempre al suo ideale di vita,
che era il socialismo, senza mai rinnegarlo, anche nei momenti difficili, come
quello della dittatura fascista e della guerra, e anteponendolo a qualsiasi altro
scopo o finalità. La sua sincera adesione ai principi di libertà, democrazia e giustizia sociale propugnati dalla tradizione socialista sarebbe stata una costante di
tutto il suo percorso politico, divenendo quindi una delle caratteristiche peculiari
della sua presidenza negli anni tormentati della sfida terroristica alle istituzioni
repubblicane. Volendo riassumere il suo messaggio politico si potrebbe proprio
utilizzare le due parole a lui tanto care: libertà e giustizia sociale, due principi che
avrebbero informato la sua attività politica dagli esordi nella Savona degli anni
immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale alle ultime vicende che
caratterizzarono il panorama internazionale all’indomani dell’abbattimento del
Muro di Berlino, di cui egli fece ancora in tempo ad assistere alla caduta.
Questo volume sui primi cinquant’anni della vita di Pertini si avvale di una
vasta documentazione, anche inedita, di cui avevo curato in parte lo spoglio
nella Bibliografia degli scritti e discorsi di Sandro Pertini 1924–2008, pubblicata dalla
Provincia di Savona, congiuntamente all’Associazione “Sandro Pertini” di Stella, nel 2008, mentre per quanto concerne le fonti inedite, oltre al fascicolo su
Pertini conservato presso il Casellario politico centrale dell’Archivio Centrale
dello Stato, ho consultato il fascicolo sul processo di Savona del settembre 1927
custodito all’Archivio di Stato di Savona, e ho ritrovato la sentenza di condanna
di Pertini emessa dal Tribunale correzionale di Nizza nel gennaio 1929, negli
Archivi dipartimentali di Nizza. La prima parte dell’opera, peraltro, sino alla fine
dell’esilio in Francia di Pertini, già pubblicata dall’Editore De Ferrari di Genova
nel 2002 con il titolo Il giovane Pertini. Da Stella a Nizza 1896-1929, viene qui riproposta opportunamente corretta e notevolmente ampliata.
Al termine di questa mia fatica mi sento poi in dovere di ringraziare tutti
coloro che mi hanno fornito consigli e suggerimenti, tra cui in particolare: Elisabetta Favetta, Giuseppe Ghigliazza, don Mario Saettone, Stefano Bramanti,
Marco Marconcini, Gianluca Scroccu, Fiammetta Ausonio, Giovanni Giuseppe
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Sandro Pertini
Amoretti, Antonio Martino, Stefano Caretti, Guido Del Turco, Giulio Guderzo,
Marco Cerasti, Gian Carlo Giacobbe, Umberto Voltolina, Maria Luisa Carrano,
Alessandra Demichelis, Simonetta Tombaccini Villefranque, Giuseppe Muzzi,
Gianni Zunino, Maria Garbari, Umberto Scardaoni, Paola Geretto, Simone Neri
Serneri, il sovrintendente e i funzionari dell’Archivio Centrale dello Stato di
Roma, il direttore dell’Archivio di Stato di Savona, il personale della Biblioteca
Universitaria di Genova e la Segreteria Studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Modena e di quella dell’Università di Genova, i funzionari
dell’Ufficio Periodici della Biblioteca Sormani di Milano e il personale della Biblioteca Civica “Dott. Francesco Corradi” di Sanremo, della Biblioteca Civica
Internazionale di Bordighera, della Biblioteca Civica Aprosiana di Ventimiglia e
della Biblioteca Civica “Leonardo Lagorio” e l’Istituto storico della Resistenza e
dell’Età contemporanea di Imperia.
Dedico infine l’opera alla memoria di Giuliano Vassalli, insigne figura di giurista e compagno di lotta di Pertini nella Resistenza romana.
A. G.