083-088_Turco_layout 13/04/15 09.31 Pagina 83 83 Dottrina e operatività del restauro. Lʼazione «rigeneratrice» di Emanuele Fidone* Maria Grazia Turco Le opere di Emanuele Fidone negli ultimi decenni hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti1; l’architetto siciliano si è distinto per la coerenza metodologica che ha guidato i progetti relativi a preesistenze architettoniche di riconosciuto valore, mantenendone la leggibilità e l’integrità materica2. Progettare in un ambito storico rappresenta per Fidone sempre una sfida, creare in un «contesto stratificato significa comprendere che ogni strato non è solo forme o materia inerte ma è, al contrario, una sorta di cristallizzazione di un momento temporale preciso dietro il quale stanno la volontà, il pensiero e i desideri degli uomini che l’hanno realizzato»3. Fidone non nasconde anche l’interesse per la luce, l’ombra, le «atmosfere, la percezione materica e il senso complessivo del rapporto tra la costruzione, l’uomo e il paesaggio»4, per la morfologia e il carattere dei luoghi che nella sua terra d’origine, la Sicilia, appaiono forti e amplificati. Tra le prime opere compiute, si attesta il recupero come Polo turistico dell’ex mercato coperto di Ortigia, a Siracusa (con Giuseppe Barci, 1997-2000): un classicistico edificio tardo ottocentesco a pianta quadrangolare, sviluppata intorno a un quadriportico (23x16 m), contiguo alle solenni rovine del Tempio greco-arcaico di Apollo5. Il progetto configura una sala polivalente, molto allungata, inserita tra corte interna e portico del mercato, delimitata dalla chiusura del lato est tramite uno schermo divisorio. Questo è articolato da pannelli basculanti, a struttura autoportante (2,26x1,83 m), che si aprono ruotando su un asse verticale eccentrico, consentendo l’uso di questa parte del portico, senza impedire la permeabilità tra interno ed esterno6. I pannelli sono ritagliati, in corrispondenza delle colon- ne, da asole verticali che, mentre illuminano la sala, esaltano il rapporto visuale e spaziale tra interno e quadriportico. La sala è coperta da un sistema voltato a botte, articolato in tre curvature diverse, di cui quella centrale inclinata, sorta di cannocchiale prospettico che indirizza lo sguardo, attraverso due ampie vetrate, sull’area archeologica; lo stretto e lungo corridoio che ne deriva vuole essere un’erudita citazione, «una sorta di trasposizione mnemonica dei resti dello pteron del vicino tempio dorico di Apollo»7; colta citazione con cui il progettista manifesta l’interesse per la Storia, soprattutto quando si trova a operare «su preesistenze, laddove la dimensione temporale assume un valore preponderante»8. Nell’intervento di conservazione materica prevale il principio «della continuità del tempo», limitando le reintegrazioni, mantenendo l’erosione dei «conci, sostituendo solamente quelli che per l’eccessiva condizione di degrado erano staticamente inefficienti»9. Il restauro della Basilica paleocristiana di S. Pietro (2006-2008), a Siracusa, trova il punto di forza nella rievocazione spaziale della precedente volta della navata, peraltro definitivamente manomessa da un restauro filologico degli anni Cinquanta del Novecento volto al ripristino dell’immagine della chiesa delle origini. Un’impostazione critica fondata sulla conoscenza delle stratificazioni storiche dell’edificio, quale peculiarità del progetto di restauro, ha guidato la conservazione dei lacerti, come la valorizzazione delle tracce degli affreschi bizantini, e l’inserimento di elementi innovativi, quali il controsoffitto ligneo e il portale di acciaio cor-ten: due scelte che facilitano la lettura storica dell’edificio e del suo spazio. Si è voluto, infatti, rie- 083-088_Turco_layout 13/04/15 09.31 Pagina 84 84 RICERCHE 1/ E. Fidone e G. Barci, recupero come polo turistico dell’ex mercato coperto, Ortigia (Siracusa), 1997-2000. Pianta e sezione con l’area del Tempio di Apollo. 2/ Recupero dell’ex mercato coperto. Chiusura del quadriportico con uno schermo divisorio (foto L. Rubino). 3/ Recupero dell’ex mercato coperto. Sala verso il quadriportico con i pannelli basculanti aperti (foto L. Rubino). vocare la suggestione volumetrica primitiva, in sorta di «riproposizione traslata della spazialità originaria della basilica»10. La copertura della navata è riportata alla quota originaria tramite una volta lignea, realizzata da archi dello stesso materiale collegati da sottilissime stecche longitudinali, che disegnano allusiva- mente le generatrici geometriche e costruttive della struttura originaria. Questo dispositivo di copertura, appeso alle capriate novecentesche con tiranti di acciaio e impostato in corrispondenza del cordolo di spalla della volta originaria, senza intaccare le strutture antiche, definisce «una suggestiva successione di sottili luci e om- 083-088_Turco_layout 13/04/15 09.31 Pagina 85 RICERCHE 85 4/ E. Fidone, restauro della basilica paleocristiana di San Pietro, Siracusa, 2006-2008. Sezione trasversale. 5/ Restauro della basilica paleocristiana di San Pietro. Controsoffitto ligneo della navata. 6/ Restauro della basilica paleocristiana di San Pietro. Portale in acciaio cor-ten nell’endonartece. bre, filtrando la vista delle capriate del tetto e modulando la luce diurna che penetra dalle finestre superiori»11. Se la volta lignea smaterializza la copertura, modulando la luce naturale e traguardando le capriate del tetto, il portale dell’endonartece, sul prospetto est, è concepito come materializzazione del vuoto, affidato all’impenetrabile solidità di una lastra di acciaio cor-ten. L’indiscutibile estraneità materica del portale alla fabbrica antica è sottolineata dal progettista, che non addossa in alcun punto il setto di acciaio alla struttura lapidea preesistente, ma si limita a montarla come una lastra mobile su un piedistallo, stacca- 083-088_Turco_layout 13/04/15 09.31 Pagina 86 86 7/ Restauro della basilica paleocristiana di San Pietro. Portale dell’endonartece aperto. RICERCHE ta sia dai muri d’ambito sia dalla copertura. La duplice funzione di chiusura e di passaggio di questo elemento è dichiarata da un sistema di apertura a spinta frontale della parte bassa del pannello, che si muove come una parete indipendente all’interno dell’atrio. La lastra metallica, infatti, rappresenta sia uno schermo compatto che simula l’effetto scuro del vuoto, sia la protezione della penombra che avvolge questo ricetto di transito verso la navata12. Il recupero del complesso conventuale di S. Maria del Gesù, a Modica (1996-2008), con capogruppo Bruno Messina, vede ancora quale tema fondamentale quello della luce: la luce naturale, che filtra attraverso le nuove strutture, per illuminare la preesistenza, cristallizzata nella condizione di rovina. Per proteggere quel che resta della chiesa, Fidone ridisegna la copertura delle cappelle, con una duplice croce di acciaio che sorregge otto falde in lastre di rame ossidato, replicanti la geometria delle originarie volte a crociera. Il profilo sommitale dei sacelli, dove poggiano le nuove coperture, è regolarizzato da un cordolo in cocciopesto, arretrato rispetto al filo originario della muratura; nel punto di passaggio tra struttura di sacrificio e copertura, una fessura continua filtra la luce naturale che si fonde con quella delle preesistenti aperture della navata. All’interno della chiesa viene rievocata la strut- 8/ E. Fidone e B. Messina, recupero del complesso conventuale di Santa Maria del Gesù, Modica (Ragusa), 1996-2008. Fasi storiche. 083-088_Turco_layout 13/04/15 09.31 Pagina 87 RICERCHE 87 9/ Recupero del complesso conventuale di Santa Maria del Gesù. Le cappelle verso la città. 10/ Recupero del complesso conventuale di Santa Maria del Gesù. La copertura della cappella in acciaio e rame ossidato replica la geometria delle originarie volte a crociera. 11/ Recupero del complesso conventuale di Santa Maria del Gesù. Interno e struttura della copertura della navata in legno lamellare. 083-088_Turco_layout 13/04/15 09.31 Pagina 88 88 tura voltata barocca, oggi non più esistente se non nelle tracce del piano d’imposta, attraverso l’inserimento di un sistema centinato in legno lamellare, lasciato a vista, quale citazione della copertura e della spazialità barocca; l’estradosso è rivestito di lastre di rame ossidato13. Con queste parole Fidone individua gli obiettivi del suo progetto: «la potenza evocatrice della rovina sembrerebbe poter stabilire attraverso l’azione progettuale un sistema di nuovi equilibri in tensione tra la dualità della percezione materico-temporale della rovina e l’espressione del nuovo»14. Come appare evidente da questi esempi, la disciplina del restauro entra a pieno titolo nel dibattito architettonico contemporaneo, nella cultura e nella pratica dell’architettura, quale atto creativo che utilizza i medesimi strumenti dell’architettura e dal quale discende il carattere progettuale del restauro. Note * Si ringrazia l’arch. Emanuele Fidone per la gentile disponibilità nel fornire il materiale grafico e fotografico a supporto dell’articolo. 1 L’architetto ha ricevuto una menzione speciale al Premio Internazionale di Restauro Architettonico «Domus restauro e conservazione Fassa Bortolo», edizione 2010, per il restauro della Basilica paleocristiana di S. Pietro a Siracusa; sempre per lo stesso intervento è stato insignito dell’Italian Heritage Award 2013, premio internazionale per la valorizzazione dei beni culturali. 2 Emanuele Fidone si laurea in Architettura allo IUAV nel 1984. Svolge attività di ricerca e di progettazione su tematiche riguardanti in particolare le relazioni tra architettura, paesaggio, memoria e il rapporto tra nuovo progetto e antico. Dal 2000 è docente di Composizione Architettonica e Urbana alla Facoltà di Architettura di Siracusa. Tra i suoi progetti: Centro civico polivalente, Modica (Ragusa), 2010, realizzato; Museo delle Latomie dei Cappuccini, Siracusa, 2006; quattro sagrati nel centro storico di Sulmona (L’Aquila), 2006; ampliamento del Museo di Arte Contemporanea Gösta Serlachius, Mänttä (Finlandia), 2011. 3 E. FIDONE, Emanuele Fidone, estratto web, pp. 140149, ma p. 140. 4 E. FIDONE (a cura di), La luce e l’ombra, Asplund e la RICERCHE Sicilia, in «d’Architettura» n. 38, sistema d’architettura, aprile 2009, pp. 68-73. 5 L’edificio, di circa 1500 mq, è composto da due quote, un piano seminterrato con criptoportico e un piano sopraelevato che si sviluppa intorno a una grande corte (23x16 m) porticata, con archi su colonne. 6 I pannelli sono realizzati con una struttura autoportante in acciaio, chiusa da lastre di legno mineralizzato rivestite in cocciopesto. 7 E. FIDONE, Emanuele Fidone, cit., p. 142. 8 Ibidem, p. 140. I nuovi materiali utilizzati sono: malta di cocciopesto, vetro stratificato, acciaio ossidato, legno mineralizzato, gesso. Gli elementi tecnologici, realizzati con tecniche artigianali, mantengono a vista i segni delle saldature e di lavorazione. 9 Polo Servizi Turistici, ex Mercato Coperto di Ortigia, Siracusa, in http://ec2.it/emanuelefidone/projects/9182-Polo-Servizi-Turistici-ex-Mercato-Coperto-di-Ortigia-Siracusa. 10 Basilica paleocristiana di S. Pietro, Siracusa, in http://ec2.it/emanuelefidone/projects/141451Basilica-paleocristiana-di-San-Pietro-Siracusa. 11 Il legno, inoltre, rappresenta «un materiale vivo e reversibile, per la sua capacità di posa in opera con tecnologie a secco»; F. ARMILLOTTA, Restauri leggeri. L’uso del legno per la rilettura dello spazio e della storia, in «legno architettura», a. 3, n. 8, luglio 2012, pp. 90-95, ma p. 92. 12 Un nuovo lastrico pavimentale in cocciopesto, lavorato a cera naturale, s’interrompe in corrispondenza dei frammenti del pavimento bizantino, ritrovato durante gli scavi archeologici, il cui piano di calpestio, più basso di circa 40 cm, permette di «percepire l’originario rapporto spaziale pre-esistente». 13 Restauro convento di S. Maria di Gesù, in http://ec2.it/emanuelefidone/projects/88082-RestauroConvento-di-S-Maria-di-Ges-. Le superfici lapidee, in calcare tenero, degradate e le lacune degli affreschi sono state conservate nella loro integrità materica e riprese con un sottile strato di cocciopesto, quale reintegrazione «astratta e neutrale». Le pavimentazioni della chiesa, della cantoria e della cappella d’ingresso sono realizzate con lastre di calcare bituminoso, mentre nelle altre cappelle è gettato un battuto di cocciopesto. Il progetto prevede un ulteriore intervento, iniziato nel 2005, che punta a riconnettere il complesso conventuale con lo spazio urbano limitrofo, attualmente alterato dalla destinazione a carcere. 14 E. FIDONE, FRAMMENTI. Il progetto e la potenza rinnovatrice delle rovine, in A. UGOLINI (a cura di), Ricomporre la rovina, Alinea Editrice, Firenze 2010, pp. 29-33, ma p. 32.