80-----------------------bloc notes-------2 agosto I rischi del Lingotto di LUCIANO GALLINO (prima parte) Da qualche tempo le mosse di Fiat Auto stanno diventando frenetiche. A fine aprile è arrivato il piano per trasferire a Pomigliano una quota della produzione della Panda che ora si fa in Polonia. Una settimana fa, l'annuncio che un modello di notevole peso industriale e commerciale sarebbe stato costruito in Serbia e non a Mirafiori. Poco dopo si è saputo che è già stata costituita una nuova società per gestire lo stabilimento campano, nonché per assumere con un nuovo contratto i lavoratori che accetteranno in toto di lavorare secondo i drastici standard indicati nel piano di aprile. Infine ieri l'Ad di Fiat ha avanzato come affatto realistica l'ipotesi di uscire dal contratto nazionale dei metalmeccanici, ed ha ribadito che ciò che vuole sono comportamenti dei lavoratori che non mettano mai, in nessun modo, a rischio la produzione e l'azienda. In altre parole, niente scioperi, niente vertenze sindacali, assenteismo meglio se vicino a zero, massima disciplina in fabbrica. A queste condizioni Fiat auto potrebbe anche restare in Italia. letture di fabbrica La chiave a stella La chiave a stella, Einaudi, Supercoralli Nuova serie, 1978 Tino Faussone, torinese, fa di mestiere il montatore: «È sui trentacinque anni, alto, secco, quasi calvo, abbronzato, sempre ben rasato. Ha una faccia seria, poco mobile e poco espressiva. Non è un gran raccontatore: è anzi piuttosto monotono, e tende alla diminuzione e all’ellissi come se temesse di apparire esagerato, ma spesso si lascia trascinare, ed allora esagera senza rendersene conto». Siamo in Russia, in un innominato stabilimento (è la Fiat di Togliattigrad) dove Levi, personaggio scrivente e ascoltante, si trova in missione di lavoro, incontrando ogni sera Faussone alla mensa e assorbendo con avidità le sue storie, con avidità e con lo scopo dichiarato di farne un libro. La chiave a stella nasce così, sotto i nostri occhi, come il libro dell’ascolto, del filtro auditivo e stilistico attraverso il quale passa e prende forma compiuta la voce dell’esperienza vissuta, della passione e della curiosità per le vite degli altri, per l’altrui passato e per l’altrui mestiere, per i costumi, le bizzarrie, le lotte e le sconfitte altrui. Non per nulla il titolo di questo libro rimanda all’utensile indispensabile di ogni montatore, inseparabile prolungamento della mano, e nello stesso tempo allude alla stella a sei punte che simboleggia l’identità ebraica di Primo Levi: una chiave per leggere e interpretare il mondo, un utensile della mente. La chiave a stella uscì da Einaudi nell’autunno 1978, collana «Supercoralli Nuova serie». L’anno successivo vinse due premi, il Bergamo e lo Strega. La presentazione del libro è affidata al testo della quarta di copertina, anonimo ma scritto da Italo Calvino. «Un gran numero d'italiani in questi anni passa periodi più o meno lunghi in paesi lontani ed esotici per lavori tecnici condotti da nostre imprese. Un tipo d'esperienza nuovo che entra nella nostra narrativa. La chiave a stella racconta le avventure d'un montatore di gru, strutture metalliche, ponti sospesi, impianti petroliferi: un tecnico di grande perizia, tanto da essere chiamato a realizzare progetti difficilissimi in tutti i continenti, un operaio superspecializzato che passa !a sua vita tra contratti e trasferte internazionali come un grande direttore d'orchestra e II cui lavoro si svolge tra fiumi indiani in piena, ghiacci dell'Alaska, foreste africane, tundre russe. Personaggio che solo Primo Levi poteva rappresentare fino in fondo nei suoi due aspetti principali: quello dell'appassionata competenza professionale per cui ogni avventura è anche la storia d'una "performance" tecnica, una battaglia (vinta o persa) con i materiali e con le condizioni d'ambiente; e quello della vita picaresca del giramondo, del piglio divertito e ironico nell'affrontare ogni avventura cosmopolita già pregustando il piacere di raccontarla ai compaesani, di trasformarla in dialetto e in gergo. Perché è sempre la sua voce che sentiamo in queste pagine; la voce del montatore Faussone, un piemontese il cui dialetto è fiorito da un repertorio inesauribile d'Invenzioni gergali, di metafore professionali, che Primo Levi registra e trascrive italianizzandole quei tanto che basta. Una doppia passione per il lavoro esatto e il linguaggio colorito anima il libro: per cui la tecnologia più ardita e la disinvoltura a muoversi nel mondo ci arrivano attraverso la voce scanzonata e riduttiva di questo personaggio dalle radici locali ben tenaci, che non si tira mai indietro di fronte al nuovo e all'insolito ma filtra ogni esperienza al lume del suo buon senso popolare e tradizionale (dietro di lui c'è una Torino vecchiotta e cerimoniosa di cui Levi ci dà uno scorcio con la visita alle zie; ma anche una dinastia d'operai-artigiani scesi dalla campagna in città seguendo le ondate della nostra rivoluzione Industriale). Eppure questo Faussone chiacchierone e ingegnoso è pure un uomo che persegue un ideale con un rigore ossessivo, uno stilista d'una morale netta e metallica, un abitante dell'aria, su per i tralicci che va facendo crescere e controllando con la sua "chiave a stella"; sempre pronto a godere i piaceri del mondo di quaggiù ma solo dopo essersi assicurato che i cavi reggano la tensione dei carichi. libero mercato ICIF-Frossasco