Appunti Fondamenti di Organizzazione

annuncio pubblicitario
Fondamenti di Organizzazione
Università Commerciale Luigi Bocconi
a.a. 2007/2008
Fondamenti di Organizzazione
6047 – Marina Puricelli
Appunti a cura di Dario Pagnoni
1) 18 febbraio 2008
Introduzione: Forma VS Sostanza
[ esercizio 12 domande vero o falso: gran parte delle nostre convinzioni sono errate]
i) Il gruppo è coordinamento senza gerarchia.
1. L’organizzazione come disciplina non è buon senso! Non si riescono a risolvere questioni
organizzative sono con la ragionevolezza. Servono dei modelli ed un linguaggio specifico.
2. Definizione del concetto di Organizzazione Aziendale.
- ingredienti: divisione del lavoro (ruoli) [chi fa cosa (orizzontale); chi sta sopra e chi sotto, ovvero
autorità (verticale)], persone, coordinamento, comunicazione, comportamenti (negoziazione,
motivazione, decisione, teamwork, leadership.
- utilità: l’organizzazione è uno strumento, è il ponte tra una buona idea di business (strategia) ed i
risultati economici.
STRATEGIA ==============> ORGANIZZAZIONE =============> PROFITTO max M-L
periodo
(idea buona)
(strumento/ponte)
(obiettivo)
La strategia è data dall’insieme di decisioni inerenti il prodotto (cosa), il mercato (a chi) e la tecnologia
(come). Ad esempio la strategia di Luxottica negli anni ’80 fu quella di trasformare gli occhiali da
strumento medicale ad accessorio di design, di moda, fashion. Per far questo Luxottica compra i più
importanti brand internazionali e punta sul mercato statunitense. L’organizzazione che ha sostenuto
questa strategia ha permesso di trasformare l’idea buona in lauti guadagni.
2) 19 febbraio 2008
L’organizzazione non discrimina rispetto alla strategia. Se la strategia non è azzeccata l’organizzazione
non ci può fare niente [es. software house per pompe funebri: business idea non valida per via del
settore tradizionale, a gestione familiare e con monopolio relativo].
Allo stesso modo una buona idea accompagnata da un’organizzazione scadente non porta a buoni
risultati [es. campagna di Russia: i tedeschi hanno una buona strategia basata su blitz e su armi potenti
ed innovative ma l’apparato organizzativo non ci sta dietro  i tedeschi perdono la guerra].
In Italia, anche per via di una questione culturale, ci troviamo spesso in questo secondo caso. Spesso,
nonostante le numerose idee geniali, manca l’attenzione all’aspetto organizzativo.
Def. Organizzazione: disciplina che studia e suggerisce come dividere il lavoro ed allineare i
comportamenti delle persone per tradurre in pratica le finalità (la strategia) dell’azienda.
3. La disciplina organizzativa ha in se 3 “anime” (sottoinsiemi tematici): COMPORTAMENTI
1
Fondamenti di Organizzazione
INDIVIDUALI; PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA; GESTIONE DEL PERSONALE.
←Viaggio storico nelle teorie dell’organizzazione
L’esigenza di un’organizzazione nasce dove ci sono problemi non risolvibili dal singolo individuo.
1) Organizzazione Scientifica del Lavoro di Taylor.
Frederick Winslow Taylor (20 marzo 1856 - 21 marzo 1915) fu un ingegnere industriale statunitense,
iniziatore della ricerca sui metodi per il miglioramento dell'efficienza nella produzione. Egli opera in
piena rivoluzione industriale, durante il passaggio da una produzione artigianale ad una produzione di
massa. Taylor era un consulente fanatico al punto di applicare le teorie da lui elaborate in ogni campo
della sua vita privata (es. giardinieri altamente specializzati, amaca meccanizzata). Egli fu processato
per gli esiti negativi della sua teoria.
Taylor si proponeva di organizzare il modello lavorativo secondo tre fasi:
1. Analizzare le caratteristiche della mansione da svolgere, trovate mediante la scomposizione del
lavoro in attività elementari al fine di una maggiore produttività (ripetizione  economie di
apprendimento; catena di montaggio)
2. Individuare il prototipo del lavoratore adatto a quel tipo di mansione e i controllori dell’operato dei
lavoratori (nasce la funzione “tempi e metodi”)
3. Selezionare il lavoratore ideale al fine di formarlo e introdurlo nell'azienda e stimolarne la
produttività attraverso incentivi salariali (nasce il cottimo).
L’incredibile punto di forza di questi tre punti è quello di essere universalmente applicabili in qualsiasi
contesto. L’organizzazione scientifica del lavoro è un principio universale.
Conseguenze dell’organizzazione scientifica del lavoro:
~ sfruttamento (scientifico!) delle persone
~ alienazione (perdita di senso rispetto al prodotto
finito)
~ qualità medio-bassa (lenta reazione a variazioni ed
errori)
~ falso aumento dei salari
~ elevati costi di controllo (non previsti da
Taylor)
~ impoverimento totale delle relazioni sociali
~ alta standardizzazione (no personalizzazione)
Questo sistema è tipico di un Paese in via di sviluppo, ma è presente ancora oggi anche in Italia.
3) 25 febbraio 2008
2) Relazioni Umane (Human Relation) di Elton Mayo
Elton George Mayo (Adelaide, 26 dicembre 1880 – 7 settembre 1949) è stato uno psicologo e
sociologo australiano. Insegnò all'Università di Queensland dal 1919 al 1923, poi si spostò presso
l'Università di Pennsylvania, ma trascorse la maggior parte della sua carriera presso l'Harvard Business
School (dal 1926 al 1947) dove era professore di ricerche industriali.
La scuola psico-sociologica di Mayo nasce contemporaneamente a quella classica, ma in
contrapposizione con i principi del taylorismo. In questo caso, l'attenzione è posta sull'elemento
umano, quasi trascurato nella visione scientifica del processo produttivo. Elton Mayo, nella sua teoria
2
Fondamenti di Organizzazione
delle relazione umane (Human Relations) evidenzia l'influenza del clima organizzativo sul rendimento
dei lavoratori.
Mayo, al fine di aumentarne la produttività, fu chiamato presso la Western Electric Company Di
Hawarthorne (Stati Uniti), azienda nella quale lavoravano donne impegnate ad avvolgere bobine di
rame. Per sviluppare le sue ricerche vennero creati due gruppi: un gruppo sperimentale a) ed un gruppo
di controllo b). Sul gruppo a) vengono sperimentati miglioramenti dell’illuminazione e miglioramenti
del turno di riposo. Come ci si aspettava, la produttività aumenta nel gruppo a). Tuttavia la sorpresa fu
enorme nello scoprire che anche il gruppo b) aveva aumentato la sua produttività in maniera
equivalente! Ciò è dovuto al fatto che l’incremento di produttività NON è dovuto al miglioramento
delle condizioni ambientali ma, piuttosto, allo stimolo che le lavoratrici ricevevano dall’essere sotto
osservazione. Essere partecipi come parte di qualcosa di importante aumenta la produttività.
Mayo arrivo a due scoperte:
1. Esiste anche una dimensione sociale, non soltanto quella tecnica (Taylorista). Esistono degli
individui e dei gruppi.
2. Se le persone vengono considerate modificano il loro comportamento (in questo caso in positivo).
Corollario 1+2 è la nascita della Direzione del Personale. Se prima, secondo il modello Taylorista,
all’Alta Direzione sottostava una funzione Tempi e Metodi che controllava dall’altro tutte le funzioni
aziendali (produttiva, commerciale, tecnica, ecc.) ora si afferma la Direzione del Personale. La DP è
una funzione di staff che si occupa della gestione delle persone e dei loro problemi in tutte le fasi della
loro vita in azienda.
NB. Le Human Relations non sono il miracolo che può cambiare radicalmente un’azienda! Quello di
Mayo fu un movimento di facciata, non fu adottato concretamente. Esso fu recepito dalle aziende solo
nell’idea di realizzare una Direzione del Personale (es. Il direttore del personale della FIAT era un ex
ufficiale dell’esercito…), che costituiva però soltanto una glassa dolce su una torta amara con
ingredienti tayloristici. [es. Fantozzi, specchio dell’organizzazione negli anni ’60: “come è umano Lei”
 scena delle olimpiadi e colonie marittime]
In Italia bisogna aspettare l’arrivo della teoria dei sistemi socio-tecnici.
3) Teoria dei sistemi socio-tecnici di Hemery & Trist
Negli anni ’50, al Tavistock Institute di Londra, Hemery e Trist svolgono uno studio sul lavoro nelle
miniere di carbone in Gran Bretagna. Da questo si rendono conto che non è possibile progettare il
lavoro in una miniera guardando unicamente alle questioni tecniche. Se vengono rotte alcune relazioni
sociali, informali ma decisive, la produttività scende drasticamente. Organizzando il lavoro con uno
sguardo meramente tecnico si rompono legami fondamentali per perseguire risultati economici positivi.
Serve un compromesso tra aspetti tecnici ed aspetti sociali.
In VOVLO si svolgono esperimenti interessanti. La Svezia degli anni ’60 è caratterizzata da
manodopera scarsa ma molto scolarizzata (caratteristica, quest’ultima, dei paesi nordici). E’ quindi
importante preoccuparsi della soddisfazione del personale per non rischiare di ritrovarsi senza
lavoratori, data la ristrettezza del mercato del lavoro di allora. VOLVO si preoccupa sostanzialmente
della dimensione sociale passando dalla catena di montaggio all’isola di montaggio.
L’isola di montaggio si basa sul lavoro in team di persone che si guardano fra di loro e si passano i
pezzi che trattano senza perdere di vista il senso di quello che stanno facendo. Tutti vedono quello che
fa il vicino e le varianze (errori) vengono risolte subito.
Questo cambiamento organizzativo implica un cambiamento delle tecniche di lavoro (l’ingegnere
disegna un nuovo flusso) con conseguenze sul piano sociale. Le responsabilità del risultato non sono
3
Fondamenti di Organizzazione
più della catena in genere, ma sono riferite allo specifico team. Secondo questa teoria vengono
perseguiti l’arricchimento, l’allargamento e la rotazione delle mansioni. Il mansionario viene
rivoluzionato:
-
allargamento: aumenta la varietà (A+B+C con mansioni dello stesso livello)  personale
mediamente più soddisfatto [es. Peg Perego: reparto redazione manuali d’istruzione  tutti
fanno tutto]
-
arricchimento: somma a mansioni esecutive mansioni legate alla programmazione
(/pianificazione) ed attività di controllo ( A+B+C con mansioni in scala). [es. Salvemini lascia
libera la Puricelli…]
-
rotazione: tutti devono veder e saper fare tutto; si migra da una mansione all’altra. Vengno
allargati gli orizzonti conoscitivi  il personale è mediamente più soddisfatto perché non
perde il senso di quello che sta facendo.
L’azienda progettata sulla base dei sistemi socio-tecnici introduce il gruppo, il teamwork. In Italia il
primo a recepirlo fu Olivetti, prima Camillo e poi Adriano. [La colpa della fine della Olivetti è da
attribuire alla sua acquisizione da parte di Carlo De Benedetti, finanziere che la ha spezzettata e
rivenduta. Ci sono imprenditori che pensano alla continuità dell’azienda nel medio-lungo termine e
finanzieri che guardano ad altro. In questo caso è prevalsa la logica finanziaria sulla logica del
business.
Nelle aziende solo recentemente siamo arrivati all’affermazione del sistema socio-tecnico.
4) Teoria contingente di Burns & Stalker
Negli anni ’60 Tom Burns e G.M. Stalker affermano che l’organizzazione scientifica del lavoro si
sbagliava pensando all’esistenza di una one best way. Non esiste, infatti, un’unica soluzione ottimale.
Non esistono leggi universali; è necessario utilizzare una logica contingente, situazionale.
Ogni soluzione dipende da
ambiente, strategia, cultura.
Ciò, tuttavia, non significa
relativismo culturale assoluto!
Non è vero che va bene tutto,
purché argomentato. Esistono
schemi e modelli.
Esistono situazioni di second
best.
Da “one best way” a second best: situazioni migliori circostanziali.
Esempi si aziende dello stesso settore con organizzazioni diverse: Anteo VS Multplex, Ferrari VS
TATA, Ferrari VS FIAT (i. Ferrari è utile a FIAT per travasi di know how), pur essendo dello stesso
proprietario.
4) 26 febbraio 2008
Entriamo nel grande tema “Comportamento Organizzativo” parlando della MOTIVAZIONE.
4
Fondamenti di Organizzazione
Perché i direttori, i manager, i professori e tutte le persone che hanno a che fare con altre persone si
preoccupano che queste siano motivate? La motivazione è importante per ottimizzare la produttività
(quantitativa e qualitativa), migliorare il clima aziendale, ottimizzare la prestazione (= contributo del
singolo nel lavoro.
Motivazione x Capacità (competenze, abilità) = Prestazione
La motivazione catalizza le capacità. Alle aziende interessa la motivazione perché essa cambia la
prestazione degli individui.
Le teorie della motivazione si suddividono in teorie del contenuto, che spiegano cosa motiva
l’individuo, e teorie del processo, che osservano il come motivare le persone.
Le teorie del contenuto indagano la causa motus [motivazione da motus ad actionem]. Esse sono le
teorie più teoriche e lontane dalla pratica [teoria pura].
Le teorie del processo sono impegnate a dare ai manager (es. direttore marketing) dei modi per
motivare i collaboratori. Esse sono le più operative e le più diffuse in azienda in quanto simili a
consigli pratici [teoria applicata].
" Le teorie del contenuto
1. Teoria della gerarchia dei bisogni
2. Teoria ERC
3. Teoria dei fattori duali
4. Teoria dei bisogni accesi
1) Teoria della gerarchia dei bisogni by Maslow
Abraham Harold Maslow (Brooklyn, 1 aprile 1908 – California, 8 giugno 1970) è stato uno psicologo
statunitense. È noto per aver ideato una gerarchia dei bisogni umani, la cosiddetta piramide di Maslow.
Tra il 1943 e il 1954 Maslow concepì il concetto di "Hierarchy of Needs" (gerarchia dei bisogni o
necessità) e la divulgò nel libro “Motivation and Personality” del 1954.
Questa scala di bisogni è suddivisa in cinque differenti livelli, dai più elementari (necessari alla
sopravvivenza dell'individuo) ai più complessi (di carattere sociale). L'individuo si realizza passando
per i vari stadi, i quali devono essere soddisfatti in modo progressivo. Questa scala è
internazionalmente conosciuta come "La piramide di Maslow". I livelli di bisogno concepiti sono:
•
•
•
•
•
Bisogni fisiologici (fame, sete, sonno, ecc.)
Bisogni di sicurezza (salvezza e protezione)
Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione, solidarietà, accettazione)
Bisogni di stima (prestigio, successo)
Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e
occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).
Secondo questo modello la motivazione deriva, dunque, dal fatto di dover colmare i bisogni che
abbiamo e che si presentano in maniera progressiva. Le persone sono motivate dal desiderio di colmare
dei vuoti, delle mancanze. Un bisogno cessa di essere motivante quando è soddisfatto.
Possiamo vedere concretamente la piramide di Maslow quando guardiamo le storie degli imprenditori.
Esempio Princi. Il 40enne panettiere Rocco Princi, nato a Fiumara Calabra, il cui segno particolare è il
5
Fondamenti di Organizzazione
fatto di essere “innamorato pazzo del proprio lavoro”, trasferitosi a Milano a metà degli anni 80, ha
all’attivo l’apertura di cinque punti vendita di successo nel capoluogo lombardo. In particolare l’ultimo
nato, è un paradigma di come, partendo da una forte passione per la cultura alimentare tradizionale e da
un estremo rigore selettivo delle materie prime, la produzione di prodotti da forno possa diventare
trainante per nuove forme di esperienze di consumo, improntate alla modernità. Rocco ha iniziato
emigrando senza un soldo dal suo paesino del sud; oggi sta per aprire una sede a Londra.
Questo successo è dovuto al fatto che ha risalito la sua scala dei bisogni, motivato sempre da nuove
mancanze. Oggi continua perché non è più motivato dal bisogno di soldi, ma dal desiderio di auto
realizzazione!
i) le uniformi delle sue dipendenti sono disegnate da Armani appositamente.
NB. Conquistando il mondo rischia di perdere se stesso. La sua è una vita al servizio dell’impresa.
Limiti della teoria di Maslow: i bisogni cambiano nel corso della vita; i bisogni non si presentano
necessariamente in scala ma anche parallelamente; i bisogni sono legati anche a contesti culturali; i
bisogni dipendono dall’esperienza (chi ha avuto di più pretende di più). i) “Into the wild”  il
protagonista ripercorre al contrario la scala di Maslow come affermazione di vita.
2) Teoria ERC by Alderfer
(bisogni Esistenziali, Relazionali, Crescita)
La teoria sviluppata da Alderfer nel 1972 accorpa le categorie di Maslow in tre categorie di bisogni:
esistenziali (fisiologici e di sicurezza), relazionali (appartenenza) e di crescita (stima ed auto
realizzazione). Anche queste tre categorie sono ordinate in scala ma, tuttavia, sono previste due
tipologie di movimento opposte: progressione, attraverso la soddisfazione del bisogno di grado più
basso per procedere a quello più elevato; regressione, attraverso la frustrazione di un bisogno di grado
più elevato retrocedendo ad un livello inferiore.
La possibilità di regressione è dovuta al fatto che, se risulta impossibile soddisfare un bisogno di ordine
superiore, l’individuò può frustrare tale bisogno e regredire ad un bisogno inferiore ma realizzabile, il
quale permette il raggiungimento alla felicità. [chi si accontenta gode…]
Es. curriculum vitae del fisico nucleare  la morte del nucleare in Italia blocca la carriera del giovane
fisico che è obbligato a riciclarsi a livelli inferiori.
i) i modelli sono fari per illuminare la realtà
ii) teoria del cinghiale…
3) Teoria dei fattori duali by Herzberg
Al fine di sviluppare la sua teoria (1966), Herzberg si fece raccontare dalle persone in quali situazioni
di lavoro si fossero trovate particolarmente bene ed in quali particolarmente male. Questa ricerca lo
portò ad individuare dei fattori igenici e dei fattori motivanti.
I fattori igenici sono tali per cui, se assenti, creano insoddisfazione mentre, se presenti, non influiscono
sulla motivazione.
I fattori motivanti, invece, sono tali per cui, se assenti, non creano insoddisfazione mentre, se presenti,
aumentano la motivazione.
Es. fattori igienici: condizioni fisiologiche di lavoro (posti a sedere, riscaldamento, aria condizionata),
regole, programmi e procedure (puntualità), retribuzione fissa.
Es. fattori motivanti: leader capaci (persone capaci di educare a valori ed a competenze tecniche e
teoriche) [In Italia le aziende oggi mancano di buoni maestri!], sentieri di carriera chiari ed equi,
riconoscimento e valorizzazione dei risultati, contenuto del lavoro, retribuzione variabile
(premio/incentivo, monetario/non monetario).
6
Fondamenti di Organizzazione
i) es. ingegnere “camminante”  scuola di organizzazione ai suoi nove manager  spende migliaia di
euro per coprire tutti i fattori igenici, convinto di ricevere in compenso motivazione. La motivazione va
invece ricercata nei fattori motivanti, dati i fattori igenici. L’ingegnere non poteva pretendere persone
motivate! E’ importante non lasciarsi sedurre dai fattori igenici.
ii) Mai comprare un’azienda a scatola chiusa. Per capire la sua reale situazione occorre insider trading.
5) 3 marzo 2008
4) Modello dei bisogni appresi by Mc Clelland
David Clarence McClelland, a seguito di un’indagine svolta su imprenditori e manager, conclude che i
bisogni non sono innati; li apprendiamo nel corso dell’esperienza.
Inoltre, In McClelland's book The achieving society (1961) he asserts that human motivation comprises
three dominant needs: the need for achievement (N-Ach), the need for power (N-Pow) and the need for
affiliation (N-Aff). In ogni persona uno di questi tre bisogni è dominante ed influenza i bisogni, le
scelte, la motivazione ed il comportamento del soggetto.
1. N-Ach, bisogno di eccellere. Bisogno di successo, i cui risultati saranno riconducibili
esclusivamente al singolo. Le persone con questo bisogno dominante sono portate a fare cose sopra la
media, i cui effetti siano facilmente riconducibili a lui. (es. Silvio Soldini)
2. N-Pow, bisogno di potere. Tipico di chi ha forte propensione alla politica. Capacità di trattare e fare
proseliti. Intelligenza politica, capacità di leggere al volo la situazione e capire da che parte stare.
Capacità contrattuali, di scambio, di transazione. (es. Kennedy)
3. N-Aff, bisogno di appartenere, di piacere, di essere osservati. Necessità di stare in condizioni di
scambio sociale; piacere ed affascinare. [Da studente Cleacc]. Settori ad alto impatto di relazioni
interpersonali. (es. Fiorello)
Silvio Berlusconi distrugge il modello di McClelland perché manifesta tutti e tre i bisogni in forma
dominante.
" Le teorie del processo
1) Teoria del rinforzo by Skinner
Burrhus Skinnerr (1904-1990), psicologo e scrittore statunitense, sviluppò questa teoria tipica da
pedagogisti studiando topi, scimmie ed altri animali adestrati.
Secondo questa teoria i comportamenti delle persone possono essere rinforzati o inibiti dalle
conseguenze che essi generano. I comportamenti che hanno avuto esito positivo tenderanno ad essere
ripetuti; i comportamenti che hanno avuto esito negativo tenderanno ad essere interrotti. E’ quindi
possibile influenzare il comportamento delle persone attraverso un opportuno schema di incentivazione
e/o punizione (NB. Esercitabili in funzione di un’autorità riconosciuta).
Applicazione della teoria del rinforzo da parte di un docente verso gli interventi degli studenti:
Azione
Conseguenza
Effetto
7
Fondamenti di Organizzazione
Azione desiderata
(intervento geniale)
Azione Indesiderata
(intervento gratuito)
Rinforzo Positivo
(lode in pubblico)
aumentano le probabilità di ripetizione dell'azione
Rinforzo Negativo
(astensione dalla critica/
punizione)
aumentano le probabilità di ripetizione dell'azione
Punizione
(gogna pubblica)
diminuiscono le probabilità di ripetizione dell'azione
Astensione
(silenzio/no-comment)
diminuiscono le probabilità di ripetizione dell'azione
NB. Rinforzo negativo ed astensione presuppongono una componente abitudinaria.
E’ importante usare con molta attenzione queste quattro leve, per evitare di inibire comportamenti
desiderati e incentivare comportamenti indesiderati.
Es. di rinforzo usato male: le grida del bambino nella notte placate con l’allattamento.
NB. La teoria del rinforzo può funzionare se, e solo se, c’è simultaneità (o quasi) tra azione e
conseguenza. Ciò implica la presenza fisica (es. capo-muratore). E’ determinante anche la presenza di
un delta di autorità.
Questo modello funziona soltanto su persone psichicamente sane, non con depressi e ossessivocompulsivi.
6) 4 marzo 2008
2) Teoria del goal setting by Locke
Edwin A. Locke sviluppò questa teoria negli anni ’60 (1968). Per avere un primo approccio intuitivo
alla teoria in questione faremo riferimento al caso “Tutti chini sul fatturato” di M. Puricelli, Università
Bocconi, Milano 2005.
Il caso riporta il discorso di apertura del direttore commerciale della RAS, il Dott. Abramo, ad un
convegno diretto agli agenti assicuratori della compagnia. Ne ricaviamo diverse considerazioni.
La motivazione passa attraverso il setting di obiettivi/traguardi. Per essere motivante un obiettivo deve
essere chiaro, specifico, sfidante (difficile ma non impossibile).
E’ inoltre decisivo il controllo dei risultati seguito da feedback e confronto. Se i risultati non sono
all’altezza si cerca di capire cosa non ha funzionato; se i risultati sono da top performance il confronto
permette di capire i fattori positivi di tale prestazione al fine di contagiare e diffondere a tutti gli altri
collaboratori.
Nelle aziende, questa teoria si è trasformata in Management By Objectives, tecnica di retribuzione e
motivazione dei dipendenti. [Da non confondere con Management By Out]
Il goal setting può essere applicato solo a persone che hanno ruoli di responsabilità, poiché necessita
della presenza di spazi di autonomia (es. manager, docente uniersitario).
E’ necessario mettere a disposizione informazioni e risorse (tempo, persone, soldi, …) per il
raggiungimento degli obiettivi.
8
Fondamenti di Organizzazione
Per quanto riguarda il coinvolgimento nella determinazione degli obiettivi, esso spesso non è
opportuno per via del rischio di opportunismo e di “tendenza al ribasso”. Tuttavia esistono alcuni casi
specifici in cui il dipendente è altamente specializzato, al punto di saperne più dei dirigenti e quindi di
conoscere meglio gli obiettivi più appropriati. Va bene far partecipare alla decisione, ma non
condividere le decisioni vere e proprie.
Segue un grafico della relazione che intercorre fra difficoltà dell’obiettivo e prestazione.
3) Teoria aspettativa-valenza by Vroom.
La teoria espressa da Vroom negli anni ’60 si pone in contrapposizione a quella di Locke affermando
che non basta fissare gli obiettivi. Secondo la teoria di Vroom le persone saranno motivate soltanto se
le loro azioni porteranno a risultati di valore apprezzati.
Motivazione
=
Aspettativa
x
Valenza
Aspettativa: probabilità che, dato un certo sforzo, si arrivi ad una determinata performance.
Valenza: valore soggettivo che si assegna alla ricompensa associata alla performance raggiunta.
Se una sola di queste due componenti è nulla, la motivazione sarà scarsissima. (es. progetti
internazionali: il ministro giapponese.
Vroom arriva addirittura a teorizzare una traduzione quantitativa di queste variabili.
4) Teoria dell’equità
Per equità s’intende la giustizia percepita all’interno di un’organizzazione. Le persone lavorano
facendo continuamente dei paragoni. Vengono confrontati i propri contributi e le ricompense
conseguite con i contributi e le ricompense del collega.
(ricompensa A / contributo A) =, >, < ? (ricompensa B / contributo B)
Più che il valore assoluto, conta il rapporto in relazione. E’ importante mantenere l’equilibrio perché la
percezione di iniquità porta il soggetto “vittima” ad abbassare i suoi contributi (calo di motivazione)
oppure a negoziare ricompense maggiori per ritrovare l’equilibrio. E’ anche possibile arrivare alla
9
Fondamenti di Organizzazione
svalutazione dei risultati del collega (sabotaggio/ostacolo).
In organizzazioni dove non è garantita l’equità, i dipendenti tendono ad abbandonare l’azienda. Le
“vittime” potrebbero, tuttavia, semplicemente cambiare i termini di paragone.
7) 10 marzo 2008
DECISION MAKING – le decisioni individuali
Herbert Alexander Simon (Milwaukee, 15 giugno 1916 – Pittsburgh, 9 febbraio 2001) è stato un
economista, psicologo e informatico statunitense.
Le sue ricerche spaziano nei campi della psicologia cognitiva, dell'informatica, dell'economia, del
management e della filosofia della scienza. Con circa un migliaio di pubblicazioni, molte citatissime, è
uno dei più importanti scienziati sociali del XX secolo.
Simon non è stato solo un uomo universale, ma un pensatore veramente innovativo. È stato tra i padri
fondatori di molte tra le più importanti discipline scientifiche, inclusa l'intelligenza artificiale,
l'elaborazione dell'informazione, la teoria dell'organizzazione, il problem solving, i sistemi complessi e
la simulazione al computer della scoperta scientifica.
Il genio e l'influenza di Simon sono evidenziati dai molti premi ricevuti, tra i quali: il premio Turing
della Association for Computing Machinery (1975) insieme a Newell per aver dato "contributi
fondamentali all'intelligenza artificiale, alla psicologia cognitiva e al trattamento delle liste" (1975); il
Premio Nobel per l'economia "per le sue pionieristiche ricerche sul processo decisionale nelle
organizzazioni economiche" (1978); la Medaglia Nazionale per la Scienza (1986); e il premio della
American Psychological Association per gli eccezionali contributi alla psicologia (1993).
Ha analizzato in maniera sistematica il comportamento decisionale degli individui all'interno delle
organizzazioni, osservando che costoro non si attenevano ai criteri imposti dalle teorie normative. In
particolare ha evidenziato come la scelta effettuata da un individuo non rispetta gli assiomi
fondamentali dell'approccio logico. Quindi un individuo più che fare scelte ottimali, fa scelte
soddisfacenti, vuoi per i vincoli svolti dalle organizzazioni, vuoi per i limiti imposti dal sistema
cognitivo umano.
Simon è stato anche un pioniere nel campo dell'intelligenza artificiale, creando con Allen Newell i
programmi "Logic Theory Machine" (1956) e "General Problem Solver" (GPS) (1957). Il GPS è stato
forse il primo tentativo di separare la strategia di problem solving dall'informazione sui problemi da
risolvere. Ambedue i programmi furono sviluppati usando il linguaggio Information Processing
Language (IPL) (1956) sviluppato da Newell, Cliff Shaw and Simon.
Il mestiere del manager è prendere decisioni; essi lavorano con le parole prima che con le mani. [es.
casting film con Scamarcio ed Accorsi]
Nel processo decisionale è fondamentale il tempismo – decidere in tempi congrui.
Caso “Challenger”
Il disastro dello Space Shuttle Challenger avvenne la mattina del 28 gennaio 1986 alle ore 11:39 EST,
quando lo Space Shuttle Challenger fu distrutto dopo 73 secondi di volo a causa di un guasto ad una
guarnizione detta O-ring nel segmento inferiore del razzo a propellente solido (Solid-fuel Rocket
Booster, SRB) destro.
Il lancio fu trasmesso in diretta tv, anche se molti telespettatori lo seguirono in differita nella giornata.
Christa McAuliffe sarebbe dovuta essere la prima insegnante presente in un programma spaziale e gli
studenti di tutto il mondo aspettarono la trasmissione televisiva per una sua lezione di scienze
trasmessa dallo spazio. Era la prima volta che un volo spaziale ospitava civili a bordo.
10
Fondamenti di Organizzazione
Le cause dell’incidente possono essere fatte risalire ad errori nel processo decisionale.
La NASA era considerata l’azienda perfetta per antonomasia. Nel periodo del disastro del Challenger il
presidente Ronald Reagan era in procinto di farsi rieleggere. Egli ci teneva molto al successo di questa
missione per via della presenza della maestrina e dell’impatto sull’opinione pubblica. Reagan fece
pressione sul top-management della NASA, costituito da persone con background politico-economico.
Su di loro fece pressione anche l’opinione pubblica, esprimendo i malumori della popolazione verso
l’apparente spreco di tempo e denaro pubblico (la NASA è, infatti, un organizzazione pubblica
finanziata dai contribuenti).
La struttura organizzativa della NASA è costruita in maniera piramidale con, al vertice, l’alta direzione
e, alla base, dei tecnici molto specializzati. Questi erano consapevoli del problema delle guarnizioni ed
avevano inviato un report alla direzione sconsigliando vivamente di effettuare il lancio al di sotto di
una determinata temperatura atmosferica. Il report non venne preso seriamente in considerazione,
poiché il management era più preoccupato dalle pressioni esterne. Il processo decisionale è stato
viziato.
DECISIONE = f ( INFORMAZIONI , SCHEMI/MODELLI DI RAGIONAMENTO )
Le informazioni sono costituite dalle conoscenze, da dati strutturati. Non si riesce a prendere una buona
decisione in assenza di informazioni. A partire dalle informazioni si generano le alternative di scelta,
elaborate in schemi e modelli di ragionamento.
Le conoscenze si dividono in:
a) Conoscenze paradigmatiche
Conoscenze evidenti e fuori discussione, apprese in modo fiduciario, non verificate direttamente (es.
nella scelta della specialistica: riforma Moratti; regolamento Bocconi).
Vantaggi: rapidità del processo decisionale, risparmio di energie cognitive.
Svantaggi: rischio di inerzia, conservazione (no creatività), poca innovazione. Ciò implica
invecchiamento dell’azienda e sconfitta da parte della concorrenza. Per ottenere successo è necessario
rompere i paradigmi, ottenendo un vantaggio competitivo. [es. Swatch: da oggetto di precisione per la
vita ad accessorio di moda. Rayan Air: sovvenzioni da Orio Al Serio]
b) Conoscenze esperienziali
Conoscenze derivanti dall’esperienza diretta e dall’osservazione di altri. Esse sono tacite, sommerse,
implicite; non esistono manuali ufficiali al riguardo.
Vantaggi: unicità, specificità (sono mirate), inimitabilità. [es. Rigoni di Asiago: da 6 a 36 milioni di
euro di fatturato in 6 anni grazie al bagaglio di conoscenze esperienziali che derivano dal suo vissuto]
Svantaggi: difficili da trasferire, da insegnare ai successori.
c) Conoscenze esplicite
Conoscenze formali, derivanti dallo studio, strutturate e codificate.
Vantaggi: facili da apprendere e trasmettere.
Svantaggi: rischio di eccesso di schematicità e rigidità, di essere “scolastici”, da manuale.
Quest’ultimo è l’unico livello di conoscenze che emerge, mentre gli altri due restano sommersi (non
visibili).
11
Fondamenti di Organizzazione
8) 11 marzo 2008
" Modelli di razionalità (o schemi di ragionamento)
Possiamo individuare cinque modelli di razionalità:
a)
normativo
b)
euristico
c)
garbage
can
d)
cibernetico
e)
intuitivo
Essi si riferiscono alle fasi del processo decisionale, che sono:
1. Individuazione ed identificazione del problema
2. Ricerca di soluzioni alternative
3. Valutazione di ciascuna alternativa secondo criteri oggettivi
4. Scelta
5. Implementazione della decisione (azione!)
α) Modello normativo (o della razionalità assoluta)
Presuppone che il decisore: 1) sappia sempre individuare chiaramente il problema; 2-3) riesca a
valutare tutte le possibili alternative a cui assegna un peso ed una probabilità di successo; 4) sappia
scegliere la soluzione ottimale e 5) agire. [es. modelli dell’economia politica sull’homo economicus]
Simon scardina questa teoria.
Campo di applicabilità: problemi semplici, situazioni strutturate con alternative finite e conosciute. Il
problema, in situazioni complesse, è dato dai vincoli di tempo.
β) Modello euristico ( o della razionalità limitata)
Il problema viene 1) centrato, ma 2-3) vengono valutate solo alcune alternative nella consapevolezza di
non poter fare un calcolo esatto di quantificazione. E’ possibile fare una lista di pro e contro, ma non
un calcolo probabilistico. 4) Viene scelta la soluzione accettabile/soddisfacente, seppur on ottimale
(non il first best ma un second best). Gli eurismi sono “scorciatoie decisionali”. Il grosso vantaggio è la
possibilità di 4) scegliere e 5) agire velocemente, rispettando vincoli di tempo limitativi.
Campo d’applicazione: problemi poco strutturati, informazioni parziali, preferenze non sempre chiare.
χ) Modello del garbage can (o regola casuale)
Sviluppato da March & Olsen che, svolgendo una ricerca sulla carriera dei funzionari dei dipartimenti
scolastici statunitensi, scoprono la totale assenza di razionalità. Le decisioni prese in questo campo
sono il frutto di una combinazione occasionale e fortuita di una serie di ingredienti: problemi da
risolvere, preferenze personali, numero di attori, tempo a disposizione, varie oppurtunità manifestatesi,
ecc. Questo modello mette in luce come in certe situazioni, pur di decidere, si decida a caso.
Campo d’applicazione: situazioni di grande ambiguità/complessità.
δ ) Modello cibernetico
Riguardante le decisioni prese meccanicamente, a sua volta suddiviso in:
a. regola automatica  si replicano in modo automatico decisioni che abbiamo in repertorio e che
hanno avuto esito positivo (es. tratti abitudinari percorsi in automobile). Si rischia lo “schianto”.
b. regola incrementale  in caso di problemi decisionali più complessi da risolvere velocemente, si
applicano soluzioni adottate in passato in riferimento ad un problema simile, aggiustandola attraverso
un incremento (es. nuovo biennio dopo la riforma Moratti; budget del Comune di Milano). Si rischia di
12
Fondamenti di Organizzazione
sbagliare completamente, in quanto l’incremento può essere basato su supposizioni errate.
ε ) Modello intuitivo
L’intuito non è una dote innata. Le decisioni intuitive si fondano sul riconoscimento immediato di
situazioni che sono familiari al decisore, perché è stato esposto alle suddette situazioni per moltissimo
tempo. (es. Kasparov e Pierre Mantoux)
9) 17 marzo 2008
Gli errori del processo decisionale,
riferiti alle fasi del processo decisionale (vedi lezione precedente).
1.
 effetto frame (cornice, prospettiva). E’ l’errore di prospettiva, ovvero quello che contraddistingue il
rischio di limitare il proprio punto di vista ad una visuale parziale sul problema. Si rischia di restare
imprigionati nella propria prospettiva. Solo attraverso il confronto con chi ha un’altra visione è
possibile andare oltre. “Un modo di vedere una determinata realtà è anche un modo di non vederla”.
Frame funzionale, es. ETRO: l’azienda è divisa in varie funzioni (es. stile, produzione, commerciale).
Kean Etro vede tutto unicamente dal punto di vista di creatività e stile; il Direttore della produzione
vuole minimizzare i costi; il Direttore commerciale vuole massimizzare le vendite. Il conflitto fra le
funzioni aziendali è compromettente per l’azienda, a causa della chiusura di ogni capo-funzione nel
frame cognitivo caratteristico della rispettiva funzione.
Prigionia del proprio frame, es. azienda di tavolette igienizzanti: il consulente arriva e rompe il frame,
permettendo di vedere l’azienda a 360°. E’ necessario un terzo punto di vista esterno per rompere le
rigidità. Es. figure gestaltiche.
2/3.
 errore di disponibilità. Nella raccolta di informazioni siamo influenzati soprattutto dalle
informazioni che ci sono più familiari, che ci colpiscono emotivamente e che rileviamo
frequentemente. Nel raccogliere le informazioni non siamo oggettivi e razionali in quanto tendiamo a
soffermarci sulle informazioni disponibili, non su tutte le informazioni che ci servirebbero
effettivamente. [es. preoccupazione aviaria maggiore di quella per gli incidenti stradali]
 errore di rappresentatività. Spesso non si giudica sulla basa di un adeguato calcolo probabilistico,
ma sulla base della somiglianza rispetto ad un presunto caso tipico. Le decisioni vengono prese sulla
base di stereotipi, senza considerare le distribuzioni di probabilità. [es. stereotipi sulla negatività del
tessuto economico italiano costituito da PMI]
 errore di ancoraggio. Eurismi ancorati ad un parametro statico; essi basano le decisioni su parametri
quantitativi validi ma non in ogni situazione, portando al rischio di errori enormi. [es. campione di
bambini sottoposto a valutazione medica per eventuale operazione di tonsillectomia: il primo medico la
consiglia al 46%; i bambini a cui l’operazione è stata sconsigliata si sottopongono alla visita di un
secondo medico, il quale consiglia l’intervento al 44%; quelli che hanno passato anche il secondo
controllo con il consiglio di non sottoporsi all’intervento vengono sottoposti ad una terza visita, con la
conclusione che un altro 46% viene mandato in sala operatoria. Questo è dovuto al fatto che i libri di
medicina riportano che circa il 50% dei pazienti necessiti dell’intervento. Ciò è ovviamente valido sulla
popolazione, non su un campione già scremato!, ma il medico che è portato a rispettare il parametro]
Altri esempi possono essere il budget di vendita o la valutazione del professore rispetto al listino dei
13
Fondamenti di Organizzazione
voti di uno studente universitario.
Questo errore è tipico delle decisioni di tipo quantitativo.
Tutti e tre gli errori precedenti sono esempi di eurismi negativi.
10) 18 marzo 2008
Un mix letale di tutti gli errori precedenti può condurre all’errore di overconfidence (eccesso di
sicurezza), causato dall’affidamento ad una supposta capacità cognitiva. Esso consiste in un eccesso di
confidenza nei propri giudizi. Le persone che peccano di questa tendenza sono pericolosissime perché,
spesso, fanno proseliti trascinati drammaticamente verso tragiche sciagure. Questo errore è tipico di
persone esperte. (es. esperto alpinista che muore per una tempesta improvvisa assieme ai suoi
compagni)
Al suo opposto vi è l’errore di underconfidence, ovvero di sottostima. Questo errore causa problemi
limitatamente agli underconfident, i quali non arrivano fino a dove potrebbero, senza dare grossi
problemi agli altri.
4/5.
 trappola dell’autoconferma. Spesso, una volta presa una decisione, tendiamo a guardare
principalmente i fattori a favore dell’alternativa scelta senza considerare quelli a favore dell’alternativa
scartata e, viceversa, consideriamo maggiormente i fattori negativi della seconda che quelli della nostra
scelta. Tendiamo, dunque, a costruire teorie che si autoconfermano. (es. CLEACC VS CLEAM)
E’ invece importante saper argomentare a 360°.
 profezie che si auto avverano. Avendo una determinata ipotesi in testa, inconsciamente si tende a
comportarsi di conseguenza andando a rafforzare le probabilità di realizzazione dell’ipotesi stessa. In
questo modo una profezia, anche non desiderata, tende ad avverarsi con maggior probabilità. Nei
contesti lavorativi questa trappola è molto diffusa. [Es. teoria “x” e teoria “y” di McGregor, 1971]
[Da internet, in parziale contrasto con ciò che ha affermato la professoressa:
Nel 1960 fece scalpore Douglas McGregor, autore della teoria x-y incentrata su una radicale
suddivisione dei lavoratori in due categorie: da una parte quelli fondamentalmente portati a fare il
meno possibile e quindi governabili soltanto con il ricorso ad un sistema di premiazioni (X). Sul fronte
opposto (Y) le persone operose e responsabili che svolgono il lavoro volentieri, tendono all’eccellenza
e non temono la sfida con gli altri. Per Heike Endress McGregor sbaglia a sottovalutare i pericoli insiti
nella propria visione: e cioè che le persone si conformano alle aspettative. Sposando l’immagine che il
dirigente proietta su di loro essi fanno sì che i suoi preconcetti – negativi o positivi – si avverino
effettivamente (self fullfilling prophecy). Riferito al contesto organizzativo ciò significa: l'individuo
tende a circondarsi di persone che meglio riflettono le proprie convinzioni. Per citare Sprenger: "A
lungo andare ogni capo si ritrova con i collaboratori che si merita".]
Gli strumenti organizzativi per evitare gli errori
(antidoti agli errori decisionali)
Errore
Antidoto
effetto frame
apertura e confronto con l'esterno, uso del lavoro di gruppo,
comunicazione aperta e senza filtri
errore di disponibilità
uso di checklist e procedure (es. piloti in fase di decollo)
14
Fondamenti di Organizzazione
errore di ancoraggio
uso del gruppo al fine di minimizzare i limiti della nostra razionalità
(es. commissione d'esame/selezione personale)
overconfidence
ricerca di confronto e feedback; oltre le proprie sensazioni,
ragionare secondo liste di pro e contro basate il più possibile su dati
oggettivi.
trappola dell'autoconferma
ambiente aperto alla sperimentazione in cui è consentito apprendere
dagli errori
profezie autoavverantesi
possibilità di osservare le nostre decisioni e ricevere feedback
CONFLITTI E NEGOZIAZIONE
La negoziazione è un processo di comunicazione tra parti con interessi diversi che presuppone uno
scambio di risorse (informazioni, beni materiali, tempo, denaro..), che punta alla ricerca di soluzioni
accettabili per entrambe le parti e si chiude con una decisione congiunta.
1. Quando ha senso la negoziazione?
a)
Quando le parti non hanno interessi completamente inconciliabili (diversi ma non opposti). (es.
negoziazione spazi nuovo palazzo Bocconi)
b) Quando non vi è una gerarchia riconosciuta (se ci fosse si avrebbe subordinazione, diritto di
decidere). (es. sindacato VS datori di lavoro)
c) Quando esiste simmetria di informazioni fra le parti.
d) Se e solo se il mercato è imperfetto, ovvero quando i prezzi/valori dei beni scambiati non sono
stabiliti in modo univoco.
e) Solo se il valore della negoziazione è superiore al costo del processo negoziale.
2. Cosa si negozia?
a)
Il punto di accordo, situato fra il prezzo di riserva del venditore e quello del compratore
(statisticamente a metà).
b) L’implementazione dell’accordo, fase spesso dimenticata causando il fallimento della
negoziazione. (es. rogito, sgombero, consegna)
11) 31 marzo 2008
Simulazione in aula: la negoziazione tra il Dr. Giona ed il Dr. Rolandi per l’acquisto di 3'000 arance
“Ugli”. Se ne deducono due differenti strategie negoziali adottabili.
Negoziazione distributiva
- come posta in gioco c’è un solo item/elemento
- la posta da ottenere è fissa
- una parte vince ciò che l’altra perde [win-lose; gioco a somma zero]
- obiettivi contrapposti (il venditore vuole massimizzare il suo ricavo, il venditore minimizzare
i costi)
Negoziazione integrativa
-
più elementi possono essere oggetto di negoziazione (buccia, polpa, tempo, quantità,…)  si
15
Fondamenti di Organizzazione
-
creano delle parti di scambio
la posta da ottenere può essere ampliata a vantaggio di entrambe le parti
il gioco può essere win-win [a soma > 0]
interessi complementari, sebbene “nascosti” dietro a posizioni contrapposte
Per scoprire la possibilità di una negoziazione integrativa
bisogna saper passare dalle posizioni, tipicamente
contrapposte, agli interessi, spesso complementari. Se
tuttavia interessi e posizioni coincidono, non c’è possibilità
di negoziazione integrativa ma soltanto di negoziazione
distributiva.
Un negoziatore professionista sa riconoscere se una
negoziazione è prettamente distributiva o se ci sono spazi
per renderla integrativa.
Con negoziazione distributiva ci si muove sulla frontiera
efficiente in figura. Con negoziazione integrativa si
raggiunge il punto A.
12) 1 aprile 2008
Quali sono i comportamenti (prassi) da tenere, nelle due diverse tipologie di negoziazione?
In caso di negoziazione distributiva:
a) Raccogliere informazioni per stimare i valori minimi accettabili dal compratore ed i valori
massimi esprimibili dal venditore. [le informazioni sono alla base del potere negoziale!]
b) Ricercare delle controparti alternative.
c) Tenere presente che il punto di accordo cade, statisticamente, a metà tra le prime due offerte.
d) Aprire per primi proponendo un valore che avrà la funzione di “ancora”.
e) Fissare il proprio prezzo di riserva e NON dichiararlo.
f) Cercare di scoprire il prezzo di riserva della controparte (ad esempio scoprendo quali offerte
ha precedentemente rifiutato).
In caso di negoziazione integrativa:
a) Scambio di informazioni con la controparte, per “tastare il terreno”.
b) Fare domande mirate allo svelamento degli interessi sottostanti alle posizioni che appaiono
c)
opposte.
Fase di brainstorming alla ricerca delle più creative soluzioni possibili. (es. scambio di stage
tra i figli delle dei proprietari delle due maggiori aziende di pali per l’elettricità)
Es. Il Trattato di Camp David (1978): Egitto e Israele negoziano la spartizione del Sinai. Le posizioni
sono contrapposte ed irriducibili in quanto l’Egitto vuole tutto il Sinai, mentre Israele vuole spartirlo
mantenendo delle zone strategiche. Rivelando le motivazioni, tuttavia, si scoprono degli interessi
complementari dietro alle posizioni inconciliabili: all’Egitto interessa piantare la bandiera ed avere la
sovranità riconosciuta; ad Israele interessa essere difesa da eventuali attacchi islamici. Si giunge quindi
ad un accordo che prevede una zona smilitarizzata controllata dall’Egitto.
Dinamiche cognitive
Fenomeni della nostra mente che rischiano di farci cadere in delle trappole.
1.
Rischio di pensare solamente al frame distributivo
16
Fondamenti di Organizzazione
2.
Necessità di tenere conto dei frame culturali
3. Rischio di escalation del commitment: quando si è troppo coinvolti nella trattativa, quando si è
4.
logorati da trattative troppo lunghe, si rischia di chiudere accettando condizioni troppo sfavorevoli.
Trade off tra mantenimento di partner locali e ricerca di nuovi partner; si rischia di continuare, per
semplicità, con i soliti partner ignorando possibilità migliori.
Dinamiche relazionali
Unica osservazione: essere soft con la persona (empatici, piacevoli, simpatici, sorridenti) ma hard sul
problema (oggettivi, ferrei, rigidi e rigorosi)
13) 7 aprile 2008
GRUPPI – Contesto e condizioni di efficacia
Iniziamo la lezione con un role-game: siamo superstiti di un disastro aereo. Ci troviamo in mezzo al
Simpson Desert, in Australia, sapendo di essere 65 miglia fuori rotta e 70 miglia a sud ovest di un
villaggio di minatori. Attorno a noi ci sono soltanto dune di sabbia e cactus. Siamo vestiti con
pantaloncini, maglietta a maniche corte, calzini bianchi e scarpe da tennis. Abbiamo un fazzoletto,
quindici euro in moneta, cinquecento euro di carta, delle sigarette ed una penna a sfera. La carlinga del
bireattore è completamente carbonizzata; resta soltanto la parte centrale, contenente 15 oggetti.
Ordinare per importanza i 15 oggetti attribuendo un numero a ciascuno di essi ( 1 = il più importante,
15 = il meno utile), prima individualmente e poi a gruppi di 4-5 persone.
Denotiamo con A il punteggio individuale, con B il punteggio di gruppo e con C il punteggio attribuito
da un esperto di sopravvivenza incontestabile.
La strategia consigliata dall’esperto di sopravvivenza, in una situazione analoga a quella sopra
descritta, è di restare fermi cercando di farsi rintracciare dai soccorritori. Coerentemente con tale
strategia, l’ordine per importanza decrescente dei 15 oggetti è: specchietto per il trucco, cappotto (1 a
testa), acqua (1litro a testa), torcia elettrica (con 4 batterie), paracadute (bianco e rosso), coltello
multiuso, cerata impermeabile, pistola calibro 45, occhiali da sole (un paio a persona), valigetta pronto
soccorso con garze, bussola magnetica, mappa aerea della zona, libro “gli animali commestibili del
deserto”, 2 litri di grappa, flacone contenente 1000 tavolette di sale.
Definizione di gruppo: due o più individui che interagiscono e dipendono gli uni dagli altri per
raggiungere un fine comune (si sentono membri).
I gruppi extra azienda si dividono in gruppi primari e gruppi sociali. I gruppi interni alle
organizzazioni si dividono in gruppi formali e gruppi informali.
Interpretazione risultati del role-playing:
1. La decisione di gruppo è diversa dalla decisione individuale; il gruppo funziona, come decisore, in
maniera diversa dal singolo. L’individuo entra nel gruppo con un’idea e ne esce con un’altra; non
possiamo dire se questa nuova idea sia migliore ma soltanto che è diversa.
2. La differenza A-B misura la capacità gestionale. Un punteggio relativamente basso indica capacità
di influenza, abilità nel convincere gli altri e portarli verso la propria opinione. Questa capacità si può
esercitare con il carisma, con la persuasione logica o con la manipolazione. Un punteggio alto può
17
Fondamenti di Organizzazione
indicare bassa capacità di influenza o non partecipazione (disinteresse).
3. La differenza B-C si riferisce ad una questione nozionistica e tecnica di conoscenze specifiche. Un
punteggio basso indica un’elevata capacità tecnica; un punteggio alto dimostra scarsa competenza
specialistica sull’argomento.
4. Unendo i risultati A-B e B-C vediamo la necessità di una compresenza di abilità gestionali e
competenze tecniche. Per “sopravvivere” è necessario avere delle abilità gestionali assertive (A-B) che
poggiano su una solida base di competenze tecniche (B-C).
Obiettivo dell’esercizio di queste capacità: sopravvivenza, ovvero massimizzazione del profitto nel
medio-lungo periodo. Per raggiungere l’obiettivo bisogna scegliere fra diverse alternative strategiche
(nel gioco, muoversi o stare fermi).
L’organizzazione è la capacità di “ordinare i 15 oggetti” in un ordine coerente con la strategia [l’errore
della maggior parte di noi, nello svolgimento di questo esercizio, è stato la scelta della strategia non
adeguata, non un errore organizzativo].
14) 8 aprile 2008
(lezione tenuta da Giordana Taggiasco)
Condizioni di efficacia del gruppo
- Problema nuovo, complesso, multidisciplinare. [se è standardizzato, semplice e
unidisciplinare il gruppo sarebbe inutile e troppo costoso]
- Conoscenze/competenze distribuite tra i membri del gruppo. [se sono accentrate e meglio,
invece, l’autorità]
-
Assenza di conflitti d’interessi tra i membri del gruppo (plausibile, invece, il conflitto di
opinioni). Questo è l’elemento che distingue il dialogo di gruppo dalla negoziazione.
Perché, date queste condizioni, il gruppo decide meglio dell’individuo?
-
-
-
Il gruppo sposta in avanti i limiti della razionalità limitata: maggiori informazioni, maggiori
conoscenze, maggiori competenze = maggiore competenza cognitiva, che è più della semplice
somma dei singoli cervelli.
Permette di superare i frame individuali e di evitare gli altri errori tipici del processo
decisionale (disponibilità, rappresentatività, ancoraggio, definizione del problema) o,
comunque, di riurli notevolmente.
E’ piacevole; soddisfa i bisogni individuali di appartenenza  vantaggio motivazionale.
Come decide il gruppo?
-
Comunicazione: rete totale comunicativa, caratterizzata dalla possibilità di ogni individuo di
comunicare con tutti gli altri e dall’effettiva attuazione di questi canali comunicativi. Nel
momento in cui questa rete viene a cadere si verificano gravi problemi di gruppo.
-
Il gruppo decide attraverso il confronto, che è conflitto di opinioni (non d’interessi! perché
permangono gli obiettivi comuni).
Persuasione: i membri del gruppo sono dotati di capacità di influenza equilibrate.
-
Composizione del gruppo decisionale
Il gruppo decisionale è composta da un minimo di 3-4 persone fino ad un massimo di 10-12 persone.
18
Fondamenti di Organizzazione
Più è critica la decisione, più il numero massimo deve essere ridotto per evitare il rischio della mancata
attuazione delle modalità decisionali (impossibilità di attuazione della rete comunicativa totale,
impossibilità di confronto completo di opinioni, creazione di sottogruppi). In questi casi la dimensione
massima si riduce a 8-10 persone, al fine di avere un contatto cognitivo adatto alla realizzazione delle
modalità decisionali di gruppo.
Ostacoli al lavoro di gruppo
- esistenza di conflitti sugli obiettivi
- presenza di autocensure (non trovando spazio per farsi sentire)
- accentramento di potere nel processo decisionale
- conflitto tra gruppi
Questi ostacoli possono portare alle patologie di gruppo.
Patologie di gruppo
1. Pressione al conformismo. Le persone tendono a conformarsi al pensiero di gruppo, al parere della
maggioranza dei membri del gruppo. L’individuo fatica ad esprimere, sostenere e far valere la propria
opinione. [Vedi esperimento di Asch]
2. Free riding di responsabilità. Indica un comportamento opportunistico legato al fatto che nel lavoro
di gruppo è difficile isolare il contributo individuale (es. gruppi di studio). Nel caso di una folla
(gruppo allargato) può sfociare nella violenza per via di un senso di anonimia, impunibilità, difficoltà
di attribuzione di colpe/contributi. [Esperimento persone con una maschera che li rende irriconoscibili:
il fenomeno violento aumenta, indifferentemente per uomini e donne]
3. Propensione al rischio (risk shift). All’interno di un gruppo la propensione al rischio degli individui
aumenta. I membri del gruppo agiscono secondo modalità che individualmente non attuerebbero. Il
rischio è di modificare la percezione della realtà. La tendenza al risk shift porta a decisioni collettive
che comportano rischi maggiori, ma in certi casi anche minori (comunque “deviati” dalla realtà),
rispetto a quelli che si assumerebbero individualmente.
Ciascuna delle 3 patologie finora elencate implica una diminuzione del senso critico del gruppo, dovuta
al venir meno delle tre modalità decisionali.
Visione di alcuni minuti del film Point Break, di Kathryn Bigelow (1991)  Problemi del gruppo: alta
pressione al conformismo, alta propensione al rischio, una persona accentra tutte le decisioni, dettando
il pensiero del gruppo.
4. Groupthink (pensiero di gruppo). E’ la più grave delle patologie, che contiene anche le altre tre.
Avviene quando il gruppo si è totalmente chiuso in se stesso da generare una propria visione del
mondo, avulsa dalla realtà. Il gruppo risulta chiuso e coeso e soffre di un’illusione di invincibilità. Il
dissenso viene soppresso in quanto comporta l’esclusione. Il bisogno di consenso e coesione nel
gruppo prevale sull’importanza di prendere la decisione corretta o di attivare un processo decisionale
efficace. Questa patologia è caratterizzata dalla presenza di un leader forte e carismatico che detta il
pensiero di gruppo in maniera autoritaria: si è con lui o contro di lui. Esiste una scarsa differenziazione
cognitiva tra i membri. [vedi pag 163 per i sintomi del groupthink]
Conseguenze:
- nel prendere le decisioni viene considerato un numero di alternative molto ridotto;
- la propensione al rischio è molto elevata;
19
Fondamenti di Organizzazione
- vi è un’alta probabilità di prendere decisioni sbagliate.
Il leader è troppo forte e carismatico!
-PROVA INTERMEDIA
-15) 28 aprile 2008
In questa seconda parte del corso tratteremo due macro argomenti:
1. Strutture organizzative
 Definire e riconoscere, sulla base di alcuni modelli e schemi di base,
l’organigramma, ovvero la rappresentazione di sintesi della configurazione
organizzativa di un’impresa;
 Valutare l’adeguatezza/bontà di una data configurazione organizzativa;
 Suggerire ipotesi di cambiamento organizzativo.
2. Gestione del personale: selezione (recruiting), formazione, carriera, sistemi di
ricompensa, “defenestrazione”.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Ambiente – contesto competitivo
Concorrenza, barriere all’entrata, fornitori, normative, …
Strategia – scelta/decisione
Variabili del marketing mix (pdt, servizi, target obiettivo, posizionamento, canale distributivo),
tecnologia produttiva, …
Struttura
La struttura deve essere coerente con la strategia, che a sua volta deve essere coerente con l’ambiente.
Queste tre dimensione vanno integrate in una logica di contingenza. Non esistono strutture
organizzative sempre valide; ogni caso richiede un interpretazione specifica. [ricorda la simulazione
“un tè nel deserto” per quanto riguarda la coerenza ambiente strategia  organizzazione]
CASO AZIENDALE: Bonetti
di M. Puricelli, Bocconi 2005
La Bonetti S.p.A produce zafferano. Dal caso ne ricaviamo la strategia e l’organigramma.
Dimensioni: 23 dipendenti, fatturato = 7 milioni €, no export
Strategia
a) Mercato: segmentazione del mkt in tre marchi che lo coprono interamente; mkt regionale.
b) Prodotto: specializzazione mono prodotto (elemento di differenziazione dai concorrenti); qualità
medio-alta.
c) Distribuzione: al dettaglio e Grande Distribuzione Organizzata; no grossisti.
d) Tecnologia: produzione in serie; processo automatizzato.
e) Posizionamento: esalta la differenza fra i due marchi principali, mantenuti separati.
20
Fondamenti di Organizzazione
Ambiente
Mkt Nazionale
concorrenza
Mkt Lom bardia
q.ta mkt
10%
35
65
90%
Concorrenza: Cameo (multinazionale), Safinter (società spagnola con una piccola quota del mercato
italiano), piccoli produttori artigianali (in particolare situati nella provincia dell’Aquila).
Struttura Organizzativa
O r g a n ig r a m m a
A lta D ire z io n e
S ig . B o n e tti
S is te m a In fo rm a tiv o
re s p o n s a b ile
A m m in is tra z io n e
re s p o n s a b ile
A s s ic u ra z io n e Q u a lità
re s p o n s a b ile
V e n d ite L e p ro tto
S ig . B o n e tti
V e n d ite T re C u o c h i
B o n e tti Jr.
P ro d u z io n e
A g e n ti /
V e n d ito ri
A g e n ti /
V e n d ito ri
O p e rai
A c q u is ti
S ig . B o n e tti
R e la z io n i G D O
L’Alta Direzione è costituita dal Signor Bonetti, il quale è contemporaneamente proprietario,
imprenditore (decide la strategia) e manager (Direttore Generale; gestisce le persone che da lui
dipendono).
Questa è un’azienda molto accentrata. La struttura sopra disegnata si chiama struttura elementare,
con qualche piccolo accenno alla struttura funzionale. Questa struttura è la struttura di base, la più
semplice.
16) 29 aprile 2008
Struttura elementare
- Coincidenza tra proprietà, imprenditorialità e managerialità.
proprietario/imprenditore/manager è anche esecutore.
-
In qualche
caso il
Divisione verticale del lavoro su due livelli gerarchici: il primo decide, il secondo esegue
(organigramma a “pettine”).
Divisione orizzontale del lavoro: confini labili, non definiti, sovrapponibili; scarsa chiarezza
delle mansioni.
Pochi/scarsi organi di staff, ovvero attività di servizio di consulenza interni all’azienda. [es.
Ufficio Amministrazione e Contabilità, Ufficio Legale, Direzione del Personale, Marketing
Strategico; tutti questi sono organi di staff perché non entrano nel processo produttivo ma
21
Fondamenti di Organizzazione
fanno da consulente interno. Tutto questo non c’è in un’azienda con struttura elementare.]
i)
I collaboratori sono gestiti mediante rapporto diretto, senza intermediari.
funzione critica: l’attività sulla quale un’azienda fonda il suo vantaggio.
Questa struttura, per la Bonetti, può reggere nel tempo? Consideriamo obiettivo dell’azienda la
massimizzazione del profitto nel medio-lungo termine.
Nel 1995: la strategia, esaminata nella lezione scorsa, funziona bene. La struttura della Bonetti è
coerente con la sua strategia, benché elementare.
Nel 2008, a quali rischi può andare incontro?
1. Arrivo di un concorrente multinazionale, economicamente più forte  rischio non realistico,
in quanto i costi per entrare nel mercato sono eccessivi in relazione ai profitti dello stesso.
2. Necessità di crescere e quindi rischio di perdere il controllo di processi sempre più complessi
 Spesso non è necessario crescere ma, anzi, è meglio mantenere dimensioni limitate! Questo
è il caso della Bonetti. L’importante è avere dimensioni giuste, che possono essere grandi o
piccole a seconda delle circostanze; l’importante è essere bravi, di successo.
3. Passaggio generazionale (trasmettere le conoscenze esperienziali)  il problema del
passaggio generazionale non si risolve cambiando struttura organizzativa. Bisogna capire le
reali necessità dell’azienda. Se la strategia è vincente non va cambiata; se la strategia non
cambia, l’organizzazione non cambia. La Bonetti non ha bisogno di rivoluzioni. E’ necessaria
una successione nella continuità.
Un’azienda non “managerializzata” non è necessariamente qualcosa di negativo!
La struttura elementare ha senso in determinate situazioni, che non dipendono necessariamente dalle
dimensioni dell’azienda [es. Etro con 200 dipendenti continua ad attuare un controllo diretto].
Mantenere una struttura elementare è un lusso che ci si può permettere quando si opera in una
situazione competitiva favorevole (senza concorrenti agguerriti), buoni profitti e un profilo dei
dipendenti fatto da persone piuttosto anziane, sia d’età che d’azienda, e poco scolarizzate.
17) 5 maggio 2008
Ricapitolando, la struttura elementare ha senso quando ci si trova in una facile situazione competitiva
(pochi concorrenti, poca pressione, situazione protetta).
Struttura funzionale
CASO AZIENDALE: Antonio Zamperla S.p.A.
La Zamperla è un’azienda con sede ad Altavilla Vicentina; essa ha 140 dipendenti diretti più un indotto
di altri 200 dipendenti, collocati in piccole imprese satelliti. Il fatturato della casa madre è di 37 milioni
di euro, a cui vanno sommati 20 milioni di euro delle filiali. La sua peculiarità è che il 98% di questo
fatturato è realizzato all’estero.
Zamperla si occupa di progettare, assemblare e montare giostre per parchi divertimento. Sue sono le
giostre, ed i giochi meccanici in genere, presenti a Gardaland, Disneyland, Las Vegas e Central Park,
per nominare alcuni dei luoghi più conosciuti. Zamperla è numero uno al mondo in un settore molto
22
Fondamenti di Organizzazione
concorrenziale e in crescita esponenziale.
La sua strategia consiste nell’occuparsi di prodotti variegati, ma sempre nell’ambito del divertimento;
puntare su un mercato equivalente al mondo intero; utilizzare una tecnologia di alta specializzazione in
diversi settori chiave (grafica/scenografica, meccanica, elettronica, multimedialità); assicurare il
requisito fondamentale della sicurezza.
Le strutture funzionali hanno molti
organi di staff [---], in coerenza con
la strategia dell’azienda.
Le funzioni di staff erogano servizi;
non si occupano del prodotto.
Servono a fornire i metodi
scientifici.
Osservando
l’organigramma
possiamo cogliere la coerenza tra
strategia e struttura.
Bisogna ricordare che, sebbene
proiettata verso il mondo intero,
l’azienda mantiene ben salde le sue
radici locali. A. Zamperla, citando
le sacre scritture: “ che giova
all’uomo guadagnare il mondo
intero, se poi perde se stesso?”
Le funzioni di linea sono
accorpamenti di attività e di
persone che svolgono lo stesso
mestiere.
La funzione commerciale ha due
anime: vendite e marketing.
La struttura funzionale prevede la
presenza di organi di staff e organi
di linea, ciascuno capitanato da un
vero e proprio responsabile che
decide autonomamente per quella
che è la sua competenza, seguendo
dei metodi specifici.
Nella struttura funzionale abbiamo quindi decentramento decisionale e l’applicazione di metodi e
tecniche. A seconda della qualifica contrattuale possiamo avere: manager, responsabili, dirigenti,
quadri, capi funzione, direttori.
Il proprietario ha bisogno di persone specializzate perché da solo non può farcela; non può avere tutti i
metodi necessari.
La struttura funzionale ha senso in caso di situazione competitiva difficile e in presenza di una
strategia complicata.
23
Fondamenti di Organizzazione
CASO AZIENDALE: Radio Deejay
Claudio Cecchetto, ideatore e proprietario di Radio Deejay dalle grandi idee, ma pessimo gestore di
azienda, nel 1995 era sull’orlo del fallimento, nonostante il grande successo di pubblico. Per questo
motivo si rivolge a De Benedetti il quale, attraverso il gruppo Espresso, gli compra il 99% della radio.
Cecchetto aveva dalla sua la fedeltà di Jovanotti, Fiorello e gli 883 fra i tanti personaggi famosi e di
successo da lui scoperti. Forte di ciò, vorrebbe ricomprarsi la radio minacciando di andarsene,
trascinando con se i famosi disk jockey.
De Benedetti, per scoprire chi resterebbe anche senza Cecchetto e chi lo seguirebbe, chiama il Docente
della Professoressa Puricelli a fare un analisi organizzativa.
18) 6 maggio 2008
Organigramma
Presidente
Princ ipe Carac c iolo
Vic e presidente
A. D.
Gianni Misc iosc ia
Amministrazione
Direttore
Centralino
(posizione A)
Funzione artistic a
(manc a il Direttore)
Funzione tec nic a
Responsabile
Djs
fonic i e tec nic i
del suono
Funzione c ommerc iale
verso la disc ografia
Responsabile
Funzione c ommerc iale
Responsabile
Agenti
SPE R
Il Presidente ha una carica onoraria; è sostanzialmente sconosciuto a chi lavora in radio. Il Vice
Presidente ha esperienza nel settore editoriale, ma non in quello radiofonico; è il rappresentante del
gruppo Espresso nella radio.
L’Amministratore Delegato è un manager con forte competenza nel settore radiofonico. Egli è anche
proprietario di una piccola quota di radio DJ e proprietario di maggioranza di SPER.
La funzione commerciale verso la discografia è svolta da un personaggio estroverso, amico dei djs, che
gira per i locali, di notte, con l’intento di percepire le tendenze musicali e di capire cosa promuovere e
cosa no.
Va segnalata una forte interdipendenza, resa manifesta anche in legami di amicizia, tra i djs ed i
tecnici del suono.
La struttura funzionale risulta coerente con la strategia dell’azienda. A capo di ogni funzione si trova
un vero e proprio responsabile. Non c’è accentramento decisionale ma, invece, autonomia funzionale.
24
Fondamenti di Organizzazione
Ci sono dei veri e propri manager che applicano modelli scientifici.
Problemi della radio:
1. Vuoto nel posto di responsabile della funzione artistica, dopo che Cecchetto se ne è andato;
2. Mancanza di coordinamento tra funzioni (che prima era svolto da Cecchetto, il quale rappresentava
la sintesi di coordinamento)  c’è guerra con la funzione commerciale.. Risulta un’azienda spaccata in
due [vedi organigramma: box a sfondo colorato VS box a sfondo bianco]. Una parte dell’azienda
concepisce la radio come business e ha l’obiettivo di massimizzare il profitto; l’altra concepisce la
radio come prodotto creativo e ha l’obiettivo di fare tendenza.
Modello di Lawrence & Lorch: l’ambiente e la gestione circostanti al sistema organizzativo non sono
omogenei, per cui è necessario che questo si articoli in sottosistemi specializzati tanto quanto lo sono i
sottosistemi ambientali o gestionali. I differenti organi parte della struttura organizzativa sono dunque
specializzati in quanto devono adeguarsi ai diversi caratteri dei sotto ambienti con cui sono in contatto.
La specializzazione orizzontale della struttura organizzativa è intesa come riflesso della diversità dei
sotto ambienti, ciascuno dei quali richiede peculiari competenze organizzative per la gestione delle
relative transazioni (Selznick, 1976). Questo fatto causa la differenziazione, intesa come l’insieme di
caratteri specifici nelle variabili organizzative dei diversi organi, e nell’orientamento emotivo e
conoscitivo dei quadri che vi operano.
L’ambiente con cui si interfacciano i DJs sono giovani tra i 20 e i 35 anni, lo stesso ambiente con cui si
interfaccia il direttore della funzione commerciale con la discografia (discoteche, vita notturna, …). La
funzione commerciale, gestita da SPER, si interfaccia invece con i responsabili marketing delle grandi
aziende.
Le persone tendono ad assomigliare agli altri individui con cui interagiscono più di frequente; si tende
ad avere la stessa forma mentis. Per questo motivo sotto-ambienti diversi implicano una forma mentis
diversa e diversi obiettivi. Si creano dei muri divisionali tra le persone che delimitano sotto-tribù con
linguaggi diversi gli uni dagli altri. Ciò porta ai conflitti tra funzioni (o conflitti interfunzionali).
Soluzione del problema:
a) Creazione di una nuova posizione in organigramma [posizione A in figura], denominata Direttore
della radio, che di mestiere fa da ponte tra i “bocconiani” e i “fricchettoni”. Viene scelto “lo zio” Linus,
l’unico creativo capace di “mettersi giacca e cravatta” e quindi di essere un organo di integrazione.
b) Introduzione del Comitato di Direzione, momento di confronto tra i responsabili delle diverse
funzioni per risolvere i problemi di incomprensione, attorno ad un tavolo manageriale.
Le soluzioni a) e b) sono entrambe meccanismi di integrazione tra funzioni.
Tanto più è alta la differenziazione, tanto più c’è bisogno di integrare… ma senza ridurre le differenze!
E’ necessario tenere assieme ciò che è stato diviso, attraverso opportuni strumenti organizzativi.
Tuttavia, le differenze sono fondamentali per non cadere nella mediocrità Le differenze vanno esaltate,
ma tenute assieme da meccanismi di integrazione.
c) Il problema, secondario, delle mancanza di un Direttore artistico venne risolto nominando con tale
carica Albertino.
d) Si attuò anche un integrazione logistica: viene portato tutto in via Massena, anche gli uffici della
funzione commerciale. Non è una soluzione forte ma, comunque, aiuta il processo di integrazione.
Dal caso DJ possiamo capire i limiti del sistema funzionale.
25
Fondamenti di Organizzazione
19) 12 maggio 2008
Abbiamo visto che ha senso fare ricorso ad una struttura funzionale, caratterizzata da un numero
elevato di funzioni staff e dalla presenza di responsabili di funzione formati appositamente, in
situazioni competitive difficili, dove è necessario fare qualità al minor prezzo possibile. Dove la
concorrenza è agguerrita serve metodo.
Il marketing strategico è staff; il marketing operativo (applicato) è funzione di linea. Tanto più è
astratto, tanto più si avvicina ad una funzione di staff. Lo stesso discorso vale per la funzione ricerca e
sviluppo: tanto più è pura, tanto più è staff; tanto più è applicata, tanto più è di linea.
La struttura funzionale ha una criticità peculiare: la differenziazione tra funzioni. Questa è una
caratteristica strutturale dei modelli funzionali che può degenerare in conflitti. Tanto maggiore è la
differenziazione, tanto più forte deve essere l’integrazione tra funzioni, cioè il loro coordinamento. Se
prima è necessario dividere per fare ordine, poi bisogna mantenere esaltate le differenze ma tenendole
assieme con opportuni strumenti di integrazione.
CASO AZIENDALE: Padelle SpA (alias Alessi)
Vedi scheda caso.
Organigramma Iniziale
Alta Direzione
Sig. Alessi
Amministrazione
responsabile
Funzione Commerciale
Roberto Alessi
Progettazione
Viola Alessi
agenti
creativi
Funzione Acquisti
responsabile
Produzione
responsabile
operai
Strategia:
L’azienda ha origini mono prodotto; il prodotto principale sono le batterie di pentole in acciaio per il
settore alberghiero. Il mercato è nazionale e ricoperto interamente. La tecnologia si basa sulla stampa e
la gestione dell’acciaio.
Negli anni ’80 iniziano a differenziare i prodotti [differenziare significa fare prodotti diversi ma simili,
con una radice in comune; altra cosa è diversificare] in 6 settori: casa, alberghiero, regalo, vecchio
design, kitsch, sperimentazione. I primi tre appartengono alla tradizione dell’azienda, gli altri sono una
produzione nuova. Si allarga la gamma dei prodotti al fine di coprire nuovi segmenti di consumatori.
Anche il mercato cambia, diventando internazionale. I canali utilizzati sono: dettaglianti, grossisti e
intermediari commerciali per l’estero. La tecnologia sostanzialmente non cambia, anche se il contenuto
di design dei nuovi prodotti deve essere percepito in produzione.
Quella sopra rappresentata è una struttura funzionale, ma che ancora presenta residui di quella
elementare (pochi organi di staff; presenza della famiglia alla direzione delle funzioni, anziché
manager specializzati).
26
Fondamenti di Organizzazione
Problema: la funzione progettazione appare agli altri (commerciale, produzione) come uno spreco di
soldi che va contro i loro obiettivi (massimizzazione delle vendite, minimizzazione dei costi).
Soluzione
Proposta X (da Xodo)
Struttura divisionale (ibrida)
AD
Amministrazione
resposabile
Divisione
Design
Progettazione
Acquisti
Produzione
Commerciale
Divisione
Tradizionale
Progettazione
Produzione
Commerciale
Una divisione è un centro di business (business unit) o ASA (area strategica di affari). Ciò permette di
misurare accuratamente i ritorni economici di ciascuna divisione. Un adeguato controllo di gestione
monitora l’andamento delle divisioni di modo che, se una è in perdita, possa essere eliminata. La
struttura divisionale moltiplica i costi.
Venne effettivamente consigliata, da parte di un gruppo di consulenti bocconiani, una soluzione
divisionale pura [vedi oltre]. In questo modo si scoprì che la divisione design perdeva molto e si
consigliò, pertanto, di chiuderla. Alessi si rifiutò e mandò a casa i bocconiani, mostrando di avere più
lungimiranza.
Come fare per difendere l’innovazione, che spesso necessita di dinamiche di lungo periodo, dalla
tendenza a mantenere immutato ciò che, bene o male, funziona da tempo?
20) 13 maggio 2008
Modifiche applicabili alla struttura funzionale
Proposta A
Product Manager
AD
Amm.zione
Commerciale
Roberto
Progettazione
Viola
Acquisti
responsabile
Produzione
responsabile
Si inserisce in organigramma
[riquadro colorato a lato] la figura
del Product Manager, persona
stipendiata
per
garantire
il
coordinamento tra le funzioni
difendendo il prodotto di cui è
responsabile.
Il Product Manager è un organo di integrazione che supera le divisioni. Non ha più potere dei direttori
di funzione, ma deve convincerli sapendoli influenzare. Egli integra trasversalmente rispetto ad una
linea di prodotto. Ci possono essere più product manager per diverse linee di prodotto. Nel caso in
esame, si parla di versione forte perché il product manager dipende direttamente dall’AD.
Caratteristiche del product manager:
- posizione di integrazione e coordinamento
27
Fondamenti di Organizzazione
-
opera a 360 gradi nell’azienda
non ha autorità sui direttori di funzione; non comanda, deve influenzare. Soltanto in ultima
battuta può rivolgersi all’AD
non è ne linea ne staff
-
-
è generalista, non specialista  posizione adatta agli alti potenziali, pronti per una brillante
carriera
è responsabile del raggiungimento di obiettivi di redditività e di espansione della quota di
mercato della sua famiglia di prodotti.
Si introduce un product manager
quando la strategia
è la
differenziazione. (es. Napapijri)
Product Manager: versione forte e versione debole
AD
Amm.ne
Stile
Acquisti
Personale
Produzione
Commerciale
Vendite
versione
forte
Marketing
Product Manager
versione debole
La versione debole è tipica delle
multinazionali e delle aziende
che producono beni di largo
consumo, che hanno un PM per
ogni categoria merceologica (es.
P&G).
Nella versione debole, il product manager dipende dal direttore marketing e si occupa di marketing
operativo. In tal modo, perde la funzione di coordinamento a vantaggio di un’azione sul marketing mix.
Senza la figura del product manager si perde la differenziazione tra le linee di prodotto.
E’ possibile che ci sia conflitto tra i vari product manager, ma questi conflitti sono più facilmente
gestibili, in particolare nella versione forte, perché direttamente controllati dall’AD.
Ulteriore figura che possiamo trovare in una struttura funzionale modificata è quella del Project
Manager. Ha senso introdurre un Project Manager quando un’azienda, che ha un business consolidato,
decide di affacciarsi in un’altra asa o in un altro mercato.
Es. Mediaset: business consolidato in Italia. Decisione di aprire un canale in Spagna, uno in Francia e
uno in Germania. Per questo processo vengono nominati tre Project Manager, uno per ciascun Paese.
Sotto ciascun Project Manager viene creato un gruppo interdisciplinare, composto da uno specialista
per ogni funzione, che tenta di entrare nella nuova asa. Se il progetto funziona, il gruppo viene
trasformato in una nuova divisione e il Project Manager diventa il direttore di divisione. In questo caso,
i membri del gruppo diventano i direttori di funzione della nuova divisione.
Se le cose vanno male, si smantella tutto senza grossi costi e con un capro espiatorio (il Project
Manager). C’è, inoltre, la possibilità di rientro del gruppo nell’azienda madre.
Caratteristiche del Project Manager:
- serve per aprire un nuovo business
- ha autorità gerarchica
- ha potere decisionale ed è responsabile al 100% del progetto a lui affidato
Se anche il progetto va male, l’istituzione di un Project Manager permette di limitare i danni. La figura
del Project Manajer è molto presente nelle società di consulenza ed è utilizzato nelle aziende che
lavorano a progetto o su commessa, come nel settore del cinema e delle infrastrutture.
Struttura divisionale
28
Fondamenti di Organizzazione
Pro po sta o riginale dei manager Bo cco ni alla Alessi Spa
C omitato d i
b ud jet
AD
Perso nale e
o rganizzazio ne
Amministrazio ne e
co ntro llo di gestio ne
C o mitato
nuovi pro d otti
Marketing
Divisio ne
casalinghi speciali
Co ntro llo qualit1
Servizi
pro gettazio ne
Amministrazio ne
(ipo tesi)
Tecno lo gia
nuo vi pro do tti
Vendite
Vendite
Acquisti
Acquisti
Relazio ni
co n l'estero
Pro duzio ne
Pro duzio ne
Stabilimento
Divisio ne
casalinghi classici
coordinamento
Gestio ne
Italia
Gestio ne
Stabilimento
Italia
Estero
Estero
I box colorati rappresentano gli organi di staff periferici. Tra amministrazione periferica e
amministrazione centrale c’è coordinamento.
Caratteristiche della struttura divisionale:
- Si applica quando la strategia prevede una forte eterogeneità di prodotto, di mercato o di
tecnologia, quindi quando opera in asa molto diverse tra loro.
- Viene creata una sorta di “azienda nell’azienda”.
-
Ogni divisione è un centro di profitto, il che implica che si possa misurare la redditività di
ciascuna funzione.
-
Le divisioni possono avere degli organi di staff periferici, oltre agli organi di staff centrali. Si
potrebbe trovare anche un’amministrazione periferica [ipotesi in figura], in coordinamento
all’amministrazione centrale.
La struttura divisionale costa molto poiché si moltiplicano le funzioni. Ha quindi senso in
aziende di medie o grandi dimensioni.
E’ stata molto di moda negli anni ’90. Oggi la tendenza è un rientro verso la struttura
funzionale, per limitare i costi. [es. Marchionne ha riportato la FIAT ad una struttura
funzionale mantenendo solo dei brand manager a capo dei differenti prodotti]
Con la struttura divisionale è molto più facile presidiare business diversi che con la struttura
funzionale.
-
-
Individuare le strutture ibride
In una struttura divisionale ben governata si sfruttano le sinergie tra divisioni. Le divisioni diventano
procacciatrici d’affari le une per le altre. E’ importante che le divisioni collaborino; compito dell’AD è
evitare che si scatenino competizioni controproducenti.
Qua sotto è riportato un esempio di organigramma ibrido tra struttura divisionale e funzionale.
L’azienda in questione, , sfrutta molto bene le sinergie tra la divisione “giardini” e la divisione
“allestimenti”, le quali si procacciano clienti vicendevolmente.
29
Fondamenti di Organizzazione
Un caso ibrido tra funzionale e divisionale: Rattiflora
CDA
Giardini
Direzione
Operativa
RU
Tecnici
B.O.
Allestimenti
Giardinieri
AFC
Servizi comuni
Tecnici
B.O.
Negozio
Allestitori
Progettazione
Meccanico
Fabbro
21) 19 maggio 2008
CASO AZIENDALE: Spidi Automobili srl (Dallara)
Organigramma iniziale (funzionale)
AD
[Sig. Spidi]
Amminis trazione
[res posabile]
Uffic io
Tec nic o
Prove/
sperimentazione
Commerc iale
Materiali
compos iti
Ges tione del pers onale
[Sig. Spidi]
Produzione
Mac chine
utens ili
Ric erc a &
Sv iluppo
Carpenteria
leggera
Controllo dimens ioni
e qualit
Inizialmente la Spidi Srl si struttura secondo un modello funzionale, anche se è ancora percepibile un
retaggio di una struttura elementare: il sig. Spidi, oltre ad essere Amministratore Delegato, è direttore
dell’organo di gestione del personale. Si intuisce che l’imprenditore ha delegato nominando dei
responsabili di funzione, dimostrando di saper introdurre dei cambiamenti per managerializzare
l’azienda. Una struttura funzionale compiuta, oltre a non avere l’amministratore delegato in altri ruoli,
avrebbe più organi di staff.
Il cambiamento strategico del 1996 [vedi scheda], nonostante i profitti sempre presenti, spinge il sig.
Spidi ad attuare dei cambiamenti nella struttura organizzativa, anticipando le necessità del futuro.
L’azienda differenzia la produzione: oltre alla Formula 3, inizia ad occuparsi di Indie Racing League e
di consulenza.
L’adeguata soluzione organizzativa è una struttura a matrice che consente di presidiare – con risorse
dedicate – diverse aree di business, mantenendo aggregati gli specialisti di funzione. Nella matrice
viene stimolato lo scambio di know-how, di conoscenze, esperienze e competenze. Le persone
appartenenti ad una stessa funzione, anche se sottostanti ad responsabili di asa diverse, si trasferiscono
le idee permettendo un travaso da divisione a divisione [cross fertilization].
Inoltre, le persone hanno la possibilità di “scorrere” all’interno della funzione, da un asa all’altra,
passando di reparto in reparto a seconda dell’andamento del mercato e delle necessità [flessibilità
30
Fondamenti di Organizzazione
interna].
Organigramma a matric e
Pres idente
[Sig. Spidi]
AD
[Mr. Pontremoli]
Amminis trazione
[respos abile]
Produzione
Ges tione del pers onale
[Sig. Spidi]
Ric erc a &
Sv iluppo
Ufficio
Tecnic o
Commerc iale
Formula 3
Indie Rac ing
League
Cons ulenza
A capo delle tre divisioni – sul lato a sinistra dell’organigramma – si trovano i direttori di divisione o
responsabili di progetto.
Il sig. Spidi si è defilato dal ruolo di amministratore delegato chiamando a sostituirlo l’ex top manager
IBM Pontremoli.
La struttura a matrice è opportuna quando c’è bisogno di differenziazione ma anche di molta
integrazione. La soluzione a matrice è più “forte” della scelta di creare di project manager perché i
responsabili di progetto, in questo caso, sono stabili e permanenti. Le due nuove asa non sono semplici
progetti limitati nel tempo; hanno già il carattere della definitività.
Punti critici. Le persone nella matrice hanno almeno due capi. Questo comporta il rischio di ambiguità,
conflitti e incomprensioni. Viene meno il principio dell’unitarietà del comando. E’ una struttura molto
complessa che rischia di risultare un’accozzaglia di logiche diverse.
-elementare  funzionale  project/product manager  divisionale  matrice
-------------------- complessità strategica ed organizzativa ----------------------------->
L’evoluzione della struttura organizzativa non è solo una questione di crescita dimensionale. Dire che
le aziende devono crescere è una bufala. Il cambiamento organizzativo è conseguenza di un
cambiamento strategico.
Il cambiamento organizzativo è “sangue e lacrime”: si disegna in un attimo, ma la sua attuazione può
richiedere anni. Spesso le persone resistono al cambiamento.
La Spidi Srl ha saputo cambiare per assecondare il cambiamento strategico, anche se tutto è sempre
andato bene.
E’ sbagliato cambiare soltanto per il gusto di cambiare. I cambiamenti fine a se stessi sono dannosi.
31
Fondamenti di Organizzazione
22) 20 maggio 2008
i) Per la II PI, i capitoli del libro che sono da studiare bene sono: 11, 12 e 13.
GESTIONE DEL PERSONALE
Visione del servizio di Report intitolato “Il Bilancio Sociale”, il cui testo è leggibile all’indirizzo http://
www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%5E95013,00.html
La puntata parla della Sabaf Spa, azienda di Ospitaletto (BS) che produce rubinetti del gas per le
cucine. La Sabaf è un’azienda di dimensioni medio-grandi, quotata in borsa. La sua struttura
organizzativa è una struttura funzionale evoluta. I ruoli in organigramma sono occupati da manager che
contano, adeguatamente formati. La tecnologia utilizzata è elevata per via degli alti standard di
sicurezza richiesti. Il prodotto è in una fase del ciclo di vita non ancora matura.
La Sabaf si occupa delle persone in quanto risorse da sviluppare, non in quanto costi da contenere. La
sua gestione del personale è decisamente positiva. I due figli dell’imprenditore sono proprietari ma, per
riconosciuta incompetenza, restano fuori dall’organigramma.
In un’azienda i rapporti con il personale si dividono in tre grandi aree: gestione del personale,
amministrazione del personale e relazioni sindacali. Queste tre aree sono immerse nell’ambiente di
lavoro, variabile da considerare in maniera trasversale – in particolare per quanto riguarda la sicurezza.
La gestione del personale prende in considerazione sei fasi:
1. Selezione
2. Formazione/Addestramento
3. Valutazione
4. Retribuzione
5. Carriera
6. Uscita
Il presupposto è che le persone vengano considerate risorse, opportunità, forza, fonte del vantaggio
competitivo. La gestione del personale è sostanza, non forma. Si tratta di trattare bene le persone senza
“fuffa”.
Il signor Saleri, proprietario della Sabaf, non è Babbo Natale. La sua gestione del personale non è puro
buonismo. Le persone sono riconosciute come risorse perché Saleri ah capito che, nella sostanza, le
persone sono fonte di vantaggio competitivo.
Sabaf ha bisogno di manodopera specializzata perché reinveste tutto in impianti tecnologicamente
avanzati. E’ questo il motivo per cui non teme la competizione con i mercati emergenti, ne necessita di
delocalizzare. Salari critica anche la pratica diffusa di fatturare in nero perché il nero porta soldi fuori
dall’azienda, non permettendo di giustificare grossi investimenti. Quello di Saleri è un orientamento al
lungo periodo.
La positiva gestione del personale emerge nel bilancio sociale.
L’amministrazione del personale affianca la gestione del personale e ne riguarda le stessa fasi ma dal
punto di vista amministrativo, burocratico e legislativo. Si occupa, ad esempio, di stabilire con che
32
Fondamenti di Organizzazione
contratto di lavoro assumere un neo-laureato. Si occupa della gestione delle ferie, dei contributi, INPS,
INAIL, pratiche di lavoro, ecc.
Tale funzione è sempre più spesso esternalizzata [outsourcing] a società specializzate.
Le relazioni sindacali si occupano del confronto e della negoziazione con le parti sindacali ed hanno i
loro rappresentanti in azienda (Rappresentanza Sindacale Unitaria).
i) Per gestire le persone, oltre ad avere i fondamenti teorici, bisogna esserci come persona…
Concentriamoci ora sulla gestione del personale
L’obiettivo della gestione del personale è di avvicinare gli obiettivi individuali dei lavoratori agli
obiettivi dell’azienda (strategia), agendo nelle 6 fasi sopra indicate.
Es. Bocconi: gli obiettivi dell’azienda sono l’internazionalizzazione – misurabile dalla presenza di una
faculty internazionale e dalle pubblicazioni di questa su riviste si serie A – e la didattica. I criteri di
selezione del personale vengono studiati in modo da definire un duplice sentiero di carriera: assistent
professor (ricercatori) e lecturer (docenti).
Le persone vengono gestite per avere coerenza tra obiettivi dei collaboratori e obiettivi dell’azienda. La
gestione del personale avvicina le persone all’azienda.
i) nelle aziende giapponesi la coincidenza è pressoché totale.
Fase1. Selezione
La selezione può essere esterna, quando si cerca nel mercato del lavoro, o interna, quando “si pesca”
all’interno dell’azienda.
Analisi di un inserzione. L’inserzione contiene:
a) caratteristiche strategiche ed organizzative dell’azienda
b) analisi della posizione (luogo in organigramma)
c) analisi delle attività/mansioni associate alla posizione
d) analisi delle caratteristiche della persona richieste
L’inserzione, in poche righe, racchiude il risultato di riflessioni profonde.
23) 26 maggio 2008
Come abbiamo visto, caratteristica della gestione del personale è quella di considerare le persone come
risorse, in contrapposizione alla considerazione delle persone come costi da gestire, caratteristica
invece dell’amministrazione del personale.
La gestione del personale mira a far coincidere gli obiettivi del personale con gli obiettivi dell’azienda.
Nel caso Sabaf, abbiamo visto alcuni esempi in tal senso: distribuzione delle azioni ai dipendenti ( i
dipendenti sono motivati affinché l’azienda vada bene in borsa); pullman che garantisce il trasporto
gratis ( i dipendenti arrivano sempre puntuali!).
Ritorniamo ora a discutere del processo di selezione.
33
Fondamenti di Organizzazione
La fase di selezione segue quattro passaggi:
a) caratteristiche strategiche, organizzative e culturali dell’azienda
b) analisi della posizione (in organigramma  relazioni gerarchiche e collaborative)
c) analisi delle attività/mansioni associate alla posizione
d) analisi delle caratteristiche della persona richieste (solo in ultima battuta!)
Sia che faccia un'inserzione, sia che mi rivolga ad un head hunter o agenzia specializzata, questi quattro
passaggi devono essere fatti. Se non si riflette su questi quattro concetti, distinti ma non distanti, ci si
basa unicamente sulla persona. Ma la persona è sempre in relazione ad a), b) e c). Bisogna trovare il
punto di sovrapposizione/congruenza tra azienda, posizione, attività e persona.
La posizione di “Direttore Operativo”, dichiarata nell’inserzione da noi esaminata, non è casuale. Un
Direttore Generale ha sotto di se tutti i direttori di funzione e anche gli organi di staff; il Direttore
Operativo ha una mansione più ampia del Direttore di produzione ma, nel nostro caso, ha sotto di se
tutto tranne commerciale, organi di staff e alta direzione. Un Direttore di stabilimento è un ruolo più
ampio di un Direttore di produzione, ma non ha sotto di se le relazioni con i terzisti.
Ragionando sulle quattro fasi (a  d) il lavoro da fare è:
- stesura del profilo dell’inserzione
- scelta del canale di reclutamento (internet, passaparola, head hunter, società specializzata,…)
- raccolta e lettura dei curricola (sempre pensando ai quattro passaggi) [es. 350]
- primo colloquio di selezione [nel nostro esempio 12]
- secondo colloquio di selezione [nel nostro esempio 3]
- negoziazione (a volte inclusa al termine del secondo colloquio)
- inserimento (periodo di prova; solo qui si conosce veramente la persona)
Il curriculum vitae, oltre a dare informazioni sul percorso professionale e formativo, da indicazioni,
per come si presenta, sulle caratteristiche della persona che lo ha redatto. In un curriculum c’è molta
forma che lascia trapelare informazioni, anche relative alla sostanza.
Nel primo colloquio di selezioni si “mette a tema” la persona. Esso è mirato a far emergere le
caratteristiche del candidato (il punto d). E’ inopportuno parlare dei punti a, b e c già da subito, data la
scarsità e la preziosità del tempo a disposizione. Normalmente si fanno domande molto aperte, per far
emergere la persona, dando la possibilità di raccontarsi. L’intervistatore interviene per chiarire
eventuali discrepanze logiche.
Durante il secondo colloquio spesso è presente anche il committente. La differenza che resta fra i
pochi selezionati è principalmente di carattere; quel che conta, tra candidati tutti al top, è l’affinità, il
feeling personale tra committente e candidato. In questa fase si parla anche dell’azienda e si fanno
domande del tipo “cosa farebbe lei nei primi mesi di lavoro in questa azienda?”.
La negoziazione può essere parte del secondo colloquio o costituire un terzo colloquio a sé stante.
L’oggetto della negoziazione sono i tempi di ingresso, di uscita e la retribuzione (parte fissa, parte
variabile, benefits).
Questa tecnica di selezione non assicura di scegliere il meglio del meglio; permette tuttavia di
minimizzare la possibilità di errore.
La selezione può essere fata rivolgendosi al mercato interno del lavoro o al mercato esterno del
lavoro. Normalmente si ‘pesca in azienda’ se si ha bisogno di una persona con conoscenze e
34
Fondamenti di Organizzazione
competenze specifiche dell’azienda stessa, conoscibili solo dall’interno. Ci si rivolge invece al mercato
esterno del lavoro quando si cerca il cambiamento, l’innovazione strategica, l’apertura culturale.
24) 27 maggio 2008
La fase della selezione è seguita dall’inserimento: sarebbe buona prassi accompagnare il neoassunto
per l’azienda.
Fase 2. Formazione/Addestramento
E’ importante distinguere i due concetti. Per formazione si intende formazione manageriale, ovvero
rivolta alle persone che avranno responsabilità decisionale in azienda. I contenuti di tale formazione
sono tecniche, metodi e strumenti per la gestione dell’azienda, per prendere decisioni razionali nelle
diverse funzioni aziendali. Si insegna a decidere, non a fare.
Dopo anni in cui era molto facile vendere alle aziende corsi di formazione standard, oggi si va sempre
più verso iniziative su commessa. Da pacchetti standard si è passati a corsi su misura. E’ in fase
decrescente anche l’utilizzo di scuole di formazione interne all’azienda (corporate university).
Per addestramento si intende addestramento professionale: contenuti operativi, saper fare. I contenuti
sono tecniche operative e prassi di mestiere. L’addestramento è diretto a operai, venditori o altri ruoli
con mansioni operative. La tendenza è la creazione di un buco enorme, nel senso che sono sempre
meno le persone adatte a svolgere questi ruoli. Le capacità legate al saper fare stanno andando perdute.
Il problema è quello della deindustrializzazione; stanno andando perse le competenze tecniche e
operative.
Per capire se un’azienda fa gestione del personale sostanzialmente, non soltanto di facciata, bisogna
vedere quanto spende in formazione/addestramento del personale.
Fase 3. Sistemi di valutazione |_ Fase delicata perché tocca l’equità, attraverso la retribuzione
Fase 4. Retribuzione
| Le due fasi vanno considerate contemporaneamente.
I parametri per valutare una persona sono di diverso tipo:
a) Posizione. Viene assegnato un peso, un valore, alle diverse caselle dell’organigramma. Un
metodo per farlo è il metodo Hay, che si articola su due fasi: descrizione del job (mansione);
valutazione della posizione (job evaluation), utilizzando tre parametri: competenze richieste,
capacità di problem solving richieste e responsabilità associate alla posizione.
.
La valutazione della posizione definisce la parte fissa della retribuzione (salario per le tute
blu, stipendio per i colletti bianchi). Il metodo Hay ha avuto molto successo perché porta a
criteri oggettivi, quindi a maggiore equità. In Italia è poco diffuso: si decide negoziando con i
sindacati.
b) Attività o prestazione. Si valuta il contributo della singola persona, quanto e come svolge le
attività assegnate. Questa valutazione guarda completamente al merito. Possono essere
valutati due aspetti: risultati o comportamenti.
.
Valutare i risultati vuole dire valutare l’esito, rispetto agli obiettivi assegnati. Valutare i
comportamenti significa stabilire delle norme (puntualità, numero di assenze, pulizia,
35
Fondamenti di Organizzazione
sicurezza, scarti di produzione,…) le quali, se rispettate, fanno scattare dei premi, o anche
eventuali sanzioni. La conseguenza di entrambe le valutazioni è la determinazione della parte
variabile della retribuzione (incentivi).
Oggi la tendenza è quella di un aumento della componente variabile della retribuzione, seguendo
l’ideale della meritocrazia.
Le varie forme di retribuzione variabile possibile sono:
- Cottimo: più si lavora, più si è pagati. Se non si lavora, non si è pagati. [completamente
variabile]
-
c)
MBO, ovvero management by objectives. Premi in funzione del raggiungimento di risultati
prestabiliti. Oggi la determinazione del raggiungimento dei risultati avviene anche attraverso
valutazioni peer to peer o a 360°.
Gain sharing: premi di gruppo.
Profit sharing: remunerazione variabile di tutti i collaboratori in funzione dell’utile. [in Italia è
poco attuato per il problema dell’elusione fiscale]
Stock options: distribuzione di azioni in maniera conveniente per i dipendenti.
Persona. Possono essere valutate:
- Le competenze. La persona viene pagata per quello che sa fare, per le sue competenze
specifiche. Ciò può avere conseguenze sia sulla parte fissa che sulla parte variabile della
retribuzione.
-
Il potenziale. Ha senso nel caso di persone giovani, per misurare quanto potranno
esprimersi in futuro. Si usano tecniche da psicoterapeuta per capire “che numeri ha” il
dipendente, se “contiene i semi per diventare qualcuno”. Per valutare un alto potenziale è
necessario non solo che il valutato sia bravo, ma che sia anche consapevole delle sue
capacità.
La conseguenza della valutazione del potenziale si ha in termini di sentiero di carriera e
di formazione; è collegata in maniera indiretta allo stipendio.
Accade spesso che le persone vengano promosse al loro massimo livello di incompetenza: il numero
uno nel suo job viene tolto dalla sua posizione per essere “alzato” in organigramma. Viene così tolto
dal lavoro che sa fare benissimo per essere messo dietro una scrivania, da responsabile. Questo è
ovviamente un gravissimo errore.
Fase 5. Carriera
Vanno previsti due possibili sentieri di carriera: un sentiero manageriale e una carriera professional. Il
sentiero manageriale è adatto a persone discrete in tutto, mediocri in quanto specialisti ma eclettici. Il
sentiero da professionista prevede che lo specialista resti nella sua posizione, ma che le sue
prestazioni vengano premiate con aumenti di stipendio (es. percentuale sulle vendite). E’ importante
non elevare le persone al loro massimo livello di incompetenza.
Fase 6. Uscita
Le aziende serie mettono a disposizione un servizio di outplacement per riqualificare le persone in
uscita, sul mercato del lavoro.
36
Scarica