Creare e Sostenere le Reti d`Impresa in Basilicata.

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Creare e Sostenere
le Reti d’Impresa
in Basilicata.
PATTO DI SISTEMA
La Basilicata per le reti d’impresa
CREARE E SOSTENERE LE RETI D’IMPRESA IN BASILICATA.
UN PATTO DI SISTEMA.
Potenza, 16 febbraio 2010
LA BASILICATA: LO SCENARIO E IL TESSUTO PRODUTTIVO
Mentre la crisi si avvia al tramonto lasciandoci un mondo che corre, che si riposiziona
di continuo, e l’Italia prova ad inseguire, la Basilicata, anche a causa delle sue
specifiche criticità (scarsa dotazione infrastrutturale su tutte), stenta ad armonizzarsi
con gli schemi della nuova economia.
L’analisi contenuta nel Rapporto Competitività 2009 realizzato dall’Osservatorio
Banche Imprese, che ha l’obiettivo di analizzare le condizioni operative e le strategie
con cui i sistemi competitivi locali meridionali tentano di sostenere le sfide del
mercato globale, è chiara: “Il sistema produttivo lucano è ripiegato su se stesso,
impossibilitato, anche per la sostanziale assenza di una rete territoriale in grado di
supportarlo, a diversificare i mercati di sbocco, e quindi condannato a sopravvivere
difendendo le posizioni di mercato domestico già acquisite che, la recessione
inevitabilmente erode”.
Il Rapporto, che riguarda i comparti dell’industria in senso stretto, delle costruzioni,
dell’ITC e del turismo, evidenzia le difficoltà delle nostre imprese nel creare reti
territoriali con gli altri protagonisti dello sviluppo e nel raggiungere la crescita
dimensionale e di governance, oltre a sottolineare la scarsa propensione ad
internazionalizzare.
Quindi se la tendenza generale dell’economia va verso un abbattimento di qualsiasi
sacca di localismo negli approcci commerciali delle imprese, “si può dire che o il
sistema competitivo lucano si attrezza per competere su scala globale, oppure
rimarrà progressivamente spiazzato dalla concorrenza esogena ai confini regionali,
che entrerà nel mercato locale”.
In particolare, in Basilicata, le imprese manifatturiere esportatrici costituiscono il 17%
del totale, un valore molto inferiore alla media del Mezzogiorno, che è oltre il 30%,
così come inferiore alla media è anche la quota di fatturato esportato.
Il profilo caratteristico dell’impresa lucana è quello di un’unità produttiva piccola
dove il ruolo dell’imprenditore-titolare e dei suoi familiari diretti è essenziale, sia in
fase strategica che di operatività quotidiana dell’impresa.
Ciò spiega anche il fatto che le imprese lucane tendono a non avventurarsi oltre il
mercato locale, dove invece, la questione dimensionale è determinante dal punto di
vista competitivo.
Alla domanda sui fattori che ostacolano la crescita, le imprese sottolineano la carenza
del livello infrastrutturale complessivo e le difficoltà nei rapporti con la P.A. e con il
sistema bancario.
Le aziende lucane mostrano però uno spiccato ed inatteso orientamento
all’innovazione: nel periodo 2007/2008, cioè prima della recessione, erano al di sopra
della media del Mezzogiorno in tutti i comparti analizzati. Diverso, invece, lo scenario
se si guarda all’ammontare delle risorse destinate ai processi innovativi.
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Infatti, ad eccezione del manifatturiero, l’incidenza percentuale dell’investimento
innovativo sul fatturato aziendale, per il periodo 2007/2008, è sensibilmente inferiore
alla media del Mezzogiorno. Quindi, se è vero che c’è propensione ad innovare, è
anche vero che questo avviene con investimenti ridotti, sintomo che si tratta in
genere di piccole innovazioni incrementali e non di portata radicale, cioè capaci di
modificare gli schemi competitivi dell’azienda. Se si guarda ai canali attraverso cui si
procede ad attivare i processi innovati si comprende che questo avviene in via
riflessa: attraverso l’acquisto di macchinari, attrezzature e servizi esterni.
Quanto alla capacità di “Fare Rete” il dato che emerge è decisamente insufficiente.
Le imprese che dichiarano di appartenere ad una rete oscillano fra il 12,8% dell’ICT
ed il 2,4% delle costruzioni. Appena il 14 % delle imprese manifatturiere interessate a
conquistare nuovi mercati, per rispondere al calo dei consumi che la crisi ha
provocato nei mercati tradizionali, sono disposte ha collaborare con altre aziende per
raggiungere questo obiettivo. Rara la capacità di creare rapporti di collaborazione:
“il mondo dell’impresa e quello della ricerca, continuano ad essere lontani tra loro”.
Come appare evidente, quindi, il tessuto produttivo lucano è largamente
sottodimensionato e frazionato per poter costruire, con successo, un modello
competitivo di tipo globale che prevede, necessariamente, ingenti investimenti in
termini di capitale umano, innovazione (di processo e prodotto), qualità e valore
aggiunto della produzione. Tuttavia, la Basilicata, può annoverare sul suo territorio la
presenza di alcuni player leader sul mercato, sia nazionale che internazionale, in
settori ancora ad alto potenziale di sviluppo con, a corollario, una densità
imprenditoriale (9,4 ogni 100 abitanti al 2008 – fonte Unioncamere ) che è al di sopra
del valore nazionale e di quello del Mezzogiorno.
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UNA STRADA PER CRESCERE
Riuscire a reggere la pressione competitiva globale e aggredire i mercati “fuori porta”
nei settori ad alto valore aggiunto rappresenta, oggi, la vera sfida che attende il
tessuto produttivo lucano.
Le imprese devono scalare posizioni nelle diverse filiere produttive passando da una
condizione di mera prestazione di mano d’opera ad attività ad alto contenuto
specialistico.
Per questo le aziende sanno che devono:
 prendere coscienza dei propri limiti dimensionali e di approccio al mercato e
creare alleanze tra loro in modo da raggiungere una massa critica sufficiente, sia in
termini di competenza che di disponibilità finanziaria, per poter procedere con gli
investimenti;
 alleandosi tra loro, mettersi in relazione con i grandi driver del mercato ed i loro
partner strategici con l’obiettivo di acquisire e consolidare competenze e
specializzazioni da proporre, poi, in maniera autonoma, al resto del mercato.
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UN PARADIGMA POSSIBILE DI SVILUPPO: LE RETI D’IMPRESA E IL PATTO DI SISTEMA
Le Reti d’Impresa
I sistemi produttivi tendono, sempre più, a strutturarsi e organizzarsi in filiere in cui
si concretizzano le relazioni tra committenti e fornitori secondo diversi modelli. Oltre
al rapporto di fornitura, le aggregazioni tra imprese, possono prendere la forma di
vere e proprie reti.
Una Rete d’Imprese è un sistema stabile, affidabile e sostenibile, di rapporti tra
operatori autonomi e specializzati che accettano di dipendere l’uno dall’altro.
Non vincolata geograficamente (come invece i tradizionali Distretti), la Rete
d’Imprese è regolata da una serie di accordi espliciti stipulati tra una o più aziende
leader di mercato e le imprese subordinate (fornitori, subfornitori, esecutori di opere
e servizi). L’obiettivo è quello di facilitare e migliorare le competenze e i processi
legati alle commesse.
In una fase in cui è il sapere l’autentico volano dello sviluppo, diventa importante
riuscire ad intercettare le conoscenze e le opportunità di mercato dove queste
risiedono. Di qui la necessità di saldare le reti locali con reti a maglie lunghe, transterritoriali e trans-settoriali, capaci di muoversi, oltre gli spazi, a caccia di quei
fattori che garantiscono un miglioramento della capacità competitiva.
Grazie alla Rete infatti ciascuno ha la possibilità di utilizzare non solo le proprie
competenze, i propri capitali, e la propria capacità di rischiare; ma anche le
competenze, i capitali e la capacità di rischiare degli altri soggetti con cui opera.
I nuovi orientamenti di politica industriale riconoscono giuridicamente le Reti
d’Imprese ed estendono a queste le stesse agevolazioni previste per i Distretti
Industriali. Infatti la legge 176 del 31 luglio ’09, dopo dieci anni di dibattiti, ha
finalmente introdotto il “contratto di rete d’impresa” che supera il concetto fisico di
Distretto e consente alle aziende di minori dimensioni di aggregarsi in forme nuove
senza perdere la propria identità.
Le aziende aderenti al contratto di Rete possono accedere ad agevolazioni fiscali,
finanziarie e amministrative, per diffondere know how, investire insieme in ricerca,
sviluppare insieme progetti di marketing, esplorare insieme nuovi mercati, aumentare
la capitalizzazione.
Nel contratto di Rete possono entrare anche soggetti pubblici e privati per spingere
innovazione all’interno, si pensi ai centri di ricerca, soggetti manageriali, associazioni
di categoria ecc.
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Il Patto di Sistema
La capacità di un’ economia regionale di “fare rete” costituisce quindi, oggi,
“l’armatura” indispensabile, la nuova frontiera per poter competere validamente su
scala mondiale. Per cogliere le opportunità legate a quei settori per i quali esiste già
o è possibile immaginare una vocazione di filiera è essenziale che tutti i soggetti
coinvolti sul territorio, economici ed istituzionali, stabiliscano un accordo complessivo
e ben finalizzato che assume le caratteristiche di un autentico Patto di Sistema.
Un “Patto di Sistema ”, quindi, può essere definito come un accordo che coinvolge e
connette la Rete di aziende di una stessa filiera produttiva con quei soggetti (governi
territoriali, università, centri di ricerca, operatori del credito e associazioni
d’imprese) che operano sull’area dove si concentrano le maggiori attività del cluster.
Il “Patto di Sistema” favorisce la crescita delle aziende connesse con la filiera –
attraverso una qualificazione dell’offerta – nonché la nascita e l’attrazione di nuove
iniziative che possono radicarsi nel territorio.
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LA PROPOSTA DI CONFINDUSTRIA ED I PROTAGONISTI DEL PATTO DI SISTEMA
Confindustria Basilicata si impegna ad elaborare e promuovere specifici accordi, da
proporre ai soggetti che incidono sul livello competitivo connesso ad ogni singola rete,
con i quali sarà definito, secondo il ruolo di ciascuno, il sostegno specifico che ogni
attore davrà assicurare alle attività delle PMI della Rete per mettere in pratica, così,
il PATTO DI SISTEMA.
In via generale i soggetti istituzionali individuati ed il loro ruolo possono essere
prefigurati come segue:
Confindustria Basilicata
 Promuove la nascita di Reti d’Impresa nelle filiere presenti sul territorio;
 Supporta le Reti nei percorsi di qualificazione del capitale umano e nel
trasferimento tecnologico dalle imprese specializzate a quelle in evoluzione;
 Supporta le aziende associate nella stesura di piani di sviluppo e di business plan;
 Accompagna nel percorso d’insediamento, con appositi servizi, le imprese
extraterritoriali intenzionate ad investire in attività connesse con nella filiera.
Aziende a capo delle filiere (Driver di mercato) e loro partner strategici
 Rendono esplicite agli attori del Patto i propri programmi (nel medio periodo) di
approvvigionamento, di servizi e prodotti, sia in termini qualitativi che
quantitativi;
 Definiscono la mappa delle competenze e delle certificazioni che le imprese della
filiera dovranno acquisire per armonizzarsi con i programmi di approvvigionamento.
Governi territoriali
 Predispongono specifiche misure di sostegno alle Reti d’impresa per l’innovazione
di processo e di prodotto (certificazioni, qualificazione e riqualificazione
professionale );
 Definiscono ed attuano le misure incentivanti per le imprese, locali ed
extraterritoriali, che si connettono con le Reti d’impresa;
 Velocizzano le procedure burocratiche che impattano sull’efficienza della filiera
industriale.
Università
 Affianca le Reti d’Impresa nella qualificazione professionale e nell’innovazione di
prodotto.
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Sistema creditizio
 Predispone per le PMI della filiera un plafond di risorse finanziarie commisurato ai
budget di attività e alle commesse condivise all’interno della Rete
 Rende disponibili, a condizioni di assoluta concorrenzialità e al fine di garantire
l’anticipo degli ordini di filiera, prodotti finanziari progettati, in maniera specifica,
sul sistema di rapporti tra le aziende parte della Rete d’imprese
 Possibilità di garantire la certificazione di un rating complessivo di filiera.
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UN MODELLO:
IL “PATTO DI SISTEMA” APPLICATO ALLA FILIERA DELL’INDUSTRIA PETROLIFERA
IL PETROLIO IN BASILICATA: LO SCENARIO
Oggi la Basilicata è uno dei poli petroliferi più importanti d’Europa, la produzione del
2009 è stata quasi di 59.000 barili/giorno (con un picco che si è registrato nel 2005
con oltre 94.000 b/g) e con significative riserve ancora da sfruttare nel sottosuolo che
determineranno, nell’area, un’attività economica almeno per i prossimi 30-40 anni.
La scoperta del giacimento della Val d’Agri, che si estende a sud di Potenza ed è il più
grande a terra del Vecchio Continente (garantisce oltre l’85% della produzione
italiana), è avvenuta da parte di ENI, nel 1988. La campagna di coltivazione su larga
scala comincia nella metà degli anni novanta quando si avvia anche la costruzione di
un Centro Oli per il primo trattamento del greggio che, poi, sarà collegato con un
oleodotto direttamente alle raffinerie di Taranto.
Un secondo giacimento, Tempa Rossa (circa della stessa dimensione di Val d’Agri) il
cui l’operatore è Total, insieme ad ESSO Italia e Shell Italia, dovrebbe cominciare
l’attività estrattiva per il 2012. Anche per questo giacimento è prevista la costruzione
di un Centro di Trattamento Oli e la realizzazione di un impianto, nell'area industriale
di Guardia Perticara, per lo stoccaggio del GPL prodotto.
Come accaduto in altre regioni in Italia, Emilia-Romagna e Abruzzo, o in altri paesi,
come Scozia e Norvegia, i tempi di sviluppo dell’industria locale collegata alla
produzione del petrolio sono lunghi, a causa della complessità delle attività svolte e
per gli ingenti investimenti necessari. Ma tuttavia, in Basilicata, i tempi si stanno
dilatando ulteriormente anche per:

la forte concorrenza dei distretti petroliferi di altre regioni, da tempo
sviluppati e quindi abituati, ormai, a competere a livello globale;

una maggiore globalizzazione dell’industria legata alle attività minerarie
rispetto agli anni ’60 e ’70, quando i progetti upstream (le attività di
esplorazione e produzione di idrocarburi ) avevano impatti maggiori proprio nel
luogo di investimento;

lo scarso sviluppo della Basilicata in termini di infrastrutture e servizi che ha di
fatto impedito anche il travaso da settori industriali limitrofi;

la carenza di infrastrutture in grado di facilitare l’insediamento di aziende
provenienti da altre regioni d’Italia;

la maggiore incertezza nell’espletare gli iter burocratici per la necessità di
organizzare un sistema amministrativo proporzionale alla dimensione di questa
industria e dei suoi investimenti.
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A questo si aggiungono una serie di ulteriori ostacoli del tessuto imprenditoriale locale
che fa fatica nel raggiungere una soglia dimensionale che gli consenta di potenziare e
migliorare il proprio livello competitivo e di orientarsi all’internazionalizzazione oltre
a manifestare evidenti difficoltà di accesso al credito.
Dal 1998 gli occupati coinvolti direttamente nell’attività petrolifera in Val d’Agri sono
saliti da 400 agli attuali quasi 2000.
Considerando tutte le aziende presenti nel comprensorio, oltre il 35% di esse lavora,
anche solo indirettamente, nel settore petrolifero.
Le aziende che sono impegnate, ad oggi, direttamente nella filiera del petrolio sono
circa 85.
LE PROSPETTIVE
Secondo uno studio di Nomisma Energia sull’impatto occupazionale degli investimenti
da compiere nell’attività upstream (comprende tutte le attività di esplorazione e
produzione di idrocarburi), in Italia sono ancora da cantierare investimenti privati
stimati in 5,4 miliardi di euro, relativi a 57 progetti di Esplorazione, Produzione e
Stoccaggio.
La ricaduta occupazionale sui settori direttamente coinvolti nella produzione di beni e
servizi destinati a questi progetti è valutata in circa 34.000 addetti-anno,
prevalentemente concentrati nei primi tre anni dall’avvio delle attività.
Questa cifra si raddoppia se si considera l’impatto indiretto sull’economia.
In Basilicata, secondo le stime di Assomineraria, ci sono progetti già canierabili per
circa 1.400 milioni di euro diretti e al netto degli interventi su Tempa Rossa.
In prospettiva il numero degli occupati in Basilicata è destinato a superare le 4000
unità per:
 l’avvio della seconda fase sviluppo della Val d’Agri;
 lo sviluppo e avvio dello sfruttamento di Temparossa
 l’apertura di uffici e filiali di aziende che trovano conveniente avere proprie
succursali in loco.
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IL PATTO DI SISTEMA DEL PETROLIO
Applicare un modello a Rete per le imprese del comparto petrolifero significa, innanzi
tutto, superare le logiche di divisione verticale delle competenze – quelle più
qualificate ai players esterni, quelle meno specializzate ai “locali” – e garantire un
processo di sviluppo di lunga durata per l’intero territorio.
Per questo Confindustria Basilicata intende avviare un percorso condiviso per la
costruzione di un PATTO DI SISTEMA PER IL PETROLIO dove ciascuno degli attori possa
svolgere il ruolo che gli è proprio per il raggiungimento del medesimo obiettivo.
In questa prospettiva:
 Confindustria si farà carico di promuovere, tra i propri associati, la creazione del
soggetto giuridico Rete d’Impresa e solleciterà le compagnie estrattici a
socializzare i programmi d’investimento e definire la mappa delle competenze
necessarie.
 La Regione Basilicata si impegnerà nel predisporre strumenti d’incentivazione,
anche con l’utilizzo delle royalties, destinati all’aggregazione delle PMI nelle Reti
d’Imprese e a migliorare l’efficienza delle procedure amministrative che impattano
sulla filiera industriale.
 L’Università armonizzerà i programmi formativi con la mappa delle competenze
che le avranno manifestato.
 Gli istituti di credito progetteranno interventi mirati capaci di sostenere i
fabbisogni finanziari della filiera.
Noi abbiamo fiducia che la Basilicata sia ancora una regione dalle grandi potenzialità.
Per trasformare questo potenziale in uno sviluppo duraturo e sostenibile non sono,
però, più sufficienti le spontanee iniziative dei singoli, siano essi imprenditori
coraggiosi o amministratori illuminati.
Ogni azione va inserita in programmi coerenti di crescita che coinvolgano tutti gli
attori che vivono e operano sul territorio.
Servono, quindi, scelte coraggiose orientate ad un obiettivo comune, che siano capaci
di realizzare nuovi modelli di sviluppo, integrati in un disegno organico di crescita nel
quale, con coerenza e rigore, ciascuno per la propria parte, innestare le azioni
necessarie per cogliere le opportunità che si presentano, ma anche di costruirne di
nuove.
Noi imprenditori ci crediamo e siamo disposti a dare, come sempre, il nostro
contributo.
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