La misura dell`età dell`Universo e il suo significato G.V.Coyne, S.J.

La misura dell’età dell’Universo e il suo significato
G.V.Coyne, S.J.
Introduzione
E’ noto il detto di S. Agostino riguardo alla natura del tempo: Se non me lo chiedi so che cosa
è, se me lo chiedi non so dirti che cosa è. Ai fini di quanto mi propongo di esporre mi basti dire
che il tempo è la misura della durata di un moto periodico, come la rotazione della Terra o il
moto di rotazione della Terra intorno al Sole. Intendo servirmi di queste unità per misurare
l’età dell’Universo. Si tratta di un esercizio interessante poiché la durata che intendo misurare
non riguarda un fenomeno periodico. E’ infatti improbabile,anche se non si può escludere in
assoluto, che l’Universo sia pulsante. Tuttavia le ricerche più recenti ci dicono che la velocità
di espansione dell’Universo va crescendo continuamente, il che implica che all’espansione non
seguirà mai una contrazione. Si deve dedurre da ciò che l’universo durerà all’infinito? Ciò
non mi impedisce di servirmi di un moto periodico, e cioè della durata dell’anno , per
misurare l’età dell’universo in espansione. Inoltre, per fare questa misura dobbiamo servirci
di sonde talmente lontane da noi , che non è possibile fare esperimenti su di esse. Possiamo
solo osservarle e, per di più, con le limitazioni che esse ci impongono. L’astronomo è molto
simile a quel poveretto che, tornando a casa di notte alquanto alticcio, perdette l’orologio.
Mentre lo cercava alla luce di un lampione, gli si avvicinò una guardia che gli chiese
gentilmente cosa stava facendo. Il poveretto gli spiegò che stava cercando l’orologio, e la
guardia: Lo ha perduto qui? No, fu la riposta, ma è così scuro qua intorno che questo è l’unico
posto dove potrei trovarlo. Come vedrete, per misurare l’età dell’universo, gli astronomi non
possono che cercare dove c’ è luce, e, per di più, dato che la luce ha una velocità finita, non
vedono l’universo come è ora, ma solo come era al tempo in cui quella luce è partita.
Dando per scontato che l’universo abbia avuto origine col Big Bang, possiamo immaginare
vari modi per misurare il tempo trascorso a partire da quel momento. Ma la sola tecnica
dimostratasi valida per la misura dell’età dell’universo è quella di misurare la velocità di
espansione dell’universo oggi , determinare meglio che si può questa velocità nel passato e
dedurre l’epoca in cui l’espansione ebbe origine. Benché, in linea di principio questo metodo
debba ritenersi corretto , vedremo tuttavia che esso presenta dei problemi sia sul piano
osservativo che su quello teorico.
Mentre è umanamente difficile immaginare l’immensità dello spazio e del tempo
dell’universo, è solo in rapporto all’età dell’universo che arriviamo a farci un’idea dell’ età
delle stelle, dei pianeti, dell’epoca in cui apparvero le prime forme viventi, la civiltà umana,
ecc. Sappiamo, per esempio, che la vita sulla terra ebbe inizio quando l’universo aveva un’età
pari a tre quarti di quella attuale. Perché?
La legge di Hubble e l’universo in espansione
Nel 1929 Hubble scoprì la legge che porta il suo nome . Osservando 24 galassie vicine notò
che, a causa dell’effetto Doppler, le linee dei loro spettri erano tutte spostate verso il rosso, e
che detto spostamento risultava proporzionale alla distanza delle galassie stesse; ne dedusse
che le galassie avevano tutte una velocità di recessione proporzionale alla loro distanza. In
seguito, estendendo le ricerche a galassie più lontane, non fece che confermare la sua
scoperta. La ricerca odierna ha verificato che la legge di Hubble è ancora valida per distanze
superiori al miliardo di anni luce. Si può dire che, in tutta la storia dell’astronomia
osservativa, questa legge rappresenta un pilastro fondamentale: essa ha valore per tutti gli
oggetti non appartenenti alla nostra galassia: galassie, ammassi di galassie, quasars , ecc. Una
validità così universale ci fa intuire che in essa si nasconda qualcosa di fondamentale,
riguardante l’universo nel suo insieme. Ed è proprio così:essa infatti ci dice che l’universo è in
continua espansione. Siamo quindi autorizzati a pensare che , tornando indietro nel tempo, si
arrivi ad un momento in cui tutto era unito. Misurare l’età dell’universo equivale quindi a
valutare il tempo trascorso dal momento in cui tutto era unito fino ad oggi.
Qual è la difficoltà di misurare la velocità di espansione? Il problema sta tutto nella precisione
di misura delle distanze nell’universo. La legge di Hubble stabilisce in sostanza una relazione
tra la velocità di recessione di un oggetto misurata dallo spostamento verso il rosso osservato
nel suo spettro (redshift) e la distanza dell’oggetto che si allontana. La precisione della misura
del redshift non dipende dalla distanza dell’oggetto: si tratta solo di identificare le righe
spettrali e misurarne lo spostamento. Ma la precisione nella misura delle distanze dipende
molto dalla distanza stessa, dato che i valori attribuiti alle sorgenti di luce campione sono
tanto meno precisi quanto è più grande la loro distanza.
Le sorgenti di luce campione sono oggetti celesti che hanno la stessa luminosità intrinseca
dovunque si trovino nell’universo: vengono quindi utilizzati come indicatori di distanza.Si
pensi ad un semplice esperimento. Supponiamo di misurare come varia la luminosità di uno
schermo illuminato da una lampada col variare della sua distanza dalla lampada stessa.
Sappiamo bene che la luminosità dello schermo varia in proporzione inversa al quadrato della
distanza, sicché a quattro metri lo schermo apparirà sedici volte meno luminoso che a un
metro. Ora facciamo il ragionamento inverso. L’astronomo che conosce la luminosità
intrinseca (magnitudine assoluta ) delle supernove, misurando la luminosità con cui esse
appaiono,(magnitudine apparente), ne deduce facilmente la distanza.
Così, misurando distanze e luminosità di oggetti a distanze sempre più grandi nell’universo, è
possibile descrivere il diagramma di espansione dell’universo in funzione del tempo e quindi
dedurre l’età dell’universo. In concreto, noi misuriamo con che velocità gli oggetti che ci
circondano si muovono , o meglio, si muovevano allontanandosi sempre più gli uni dagli altri
nelle varie epoche della storia dell’universo. Nell’epoca vicina al Big Bang tutti questi oggetti
erano fusi insieme. Risalendo, in base al diagramma, all’epoca in cui questi oggetti hanno
iniziato a separarsi, si trova che l’età dell’universo è 13,7 miliardi di anni.
Misura delle grandi distanze extragalattiche
Per eseguire la misura precisa delle grandi distanze è necessario individuare oggetti che, oltre
ad essere molto luminosi, in modo da essere visibili a grande distanza, abbiano anche la stessa
luminosità intrinseca dovunque si trovino nell’universo. Misurando la luminosità apparente
di questi oggetti, e tenuto conto delle correzioni dovute all’assorbimento interstellare e
intergalattico, in base alla legge della proporzionalità inversa al quadrato della distanza se ne
deduce la distanza. Tali oggetti però non sono mai disponibili. Come gli esseri umani anziani e
felici, anche l’universo, fino a non molto tempo fa, è stato piuttosto riluttante a svelarci la sua
età precisa. Ma negli ultimi dieci anni sono stati scoperti alcuni tipi di supernove che si
avvicinano molto al tipo ritenuto ideale per la misura delle distanze. Le supernove del tipo Ia
sono stelle binarie nelle quali una nana bianca brilla a causa della materia che essa sottrae
alla stella compagna. La massima luminosità che essa raggiunge , specialmente se unita allo
studio del tratto calante della sua curva di luce, può essere un eccellente indicatore di
distanza.
Negli ultimi dieci anni le misure precise di circa 70 supernove del tipo Ia ci hanno dato il
valore a tutt’oggi più esatto della velocità di espansione lineare, con una età dell’universo
paria 13,7 0.2 miliardi di anni:risultato davvero straordinario. In particolare risulta molto
evidente il fatto che la velocità di espansione dell’universo va sempre aumentando. Questo
fatto solleva molti problemi interessanti circa la legge di gravità e suggerisce una rimessa in
questione della costante cosmologica che Einstein introdusse in un primo tempo
per
descrivere un modello stabile dell’universo, escludente cioè sia la contrazione che
l’espansione. Ma si tratta di un argomento che esula dal nostro tema. Tuttavia, bisogna tener
presente che queste osservazioni mostrano non solo che è ancora in espansione, ma che la
velocità di questa espansione aumenta e, a meno che non si scopra un meccanismo frenante,
dobbiamo concludere che siamo davanti a un universo destinato a crescere indefinitamente.
Significato
Come ho ricordato nell’introduzione, un modo di cogliere il significato dell’età dell’universo
può essere quello di esporne le epoche successive facendole corrispondere a delle date
comprese nel giro di un anno solare.
1° gennaio: Il Big Bang
7 febbraio: nasce la Via Lattea
14 agosto: nasce la Terra
4 settembre: la vita appare sulla Terra
15 dicembre: esplosione Cambriana
25 dicembre:appaiono i dinosauri
30 dicembre:estinzione dei dinosauri
31dicembre:
ore 19.00.00:primi antenati dell’uomo
ore 23.58.00: primi esseri umani
ore 23.59.00:inizia l’agricoltura
ore 23.59.47: le piramidi in Egitto
ore 23.59.58: nasce Gesù Cristo
ore 23.59.59: nasce Galileo
ore 24: oggi
Nel corso della storia dell’universo un processo evolutivo che ha interessato forze fisiche,
chimiche e biologiche ha dato origine all’essere umano.Prescindendo dai dettagli di questo
processo mi soffermo su alcune considerazioni. Perché, come si vede dal calendario appena
descritto, la vita apparve sulla terra solo quando l’universo aveva tre quarti della sua età
attuale? Come ha avuto origine l’uomo in questo universo in evoluzione? E’ chiaro che , su
questo argomento, non conosciamo tutto! Ma sarebbe scientificamente assurdo negare il fatto
che il cervello umano è il risultato di un processo di complessificazione chimica avvenuta in
seno all’evoluzione dell’universo. Quando, in seguito alla nascita e morte di alcune generazioni
di stelle, si formò una notevole quantità di certe basi chimiche, queste, in stadi successivi, si
sono unite dando luogo a molecole sempre più complesse , fino a produrre quello
straordinario organo che è il cervello umano: la macchina più complicata che conosciamo. Sia
chiari che quando parlo del cervello come macchina, non intendo escludere la dimensione
spirituale dell’essere umano: semplicemente prescindo da essa e parlo del cervello umano
come di un meccanismo chimico-biologico prodotto dell’evoluzione dell’universo.
Tutto ciò, frutto dell’evoluzione dell’universo, è avvenuto per caso o per necessità? Doveva
necessariamente avvenire? La prima cosa da dire è che il problema, posto in questi termini,
non è posto in modo corretto. Non si tratta di un’alternativa: o caso o necessità, ma ambedue
gli elementi , caso e necessità, sono necessari. C’è inoltre un terzo elemento, molto importante,
che io chiamo fertilità o opportunità. Il significato di questo terzo elemento si coglie
considerando che l’universo ha 13,7 miliardi di anni, contiene 100 miliardi di galassie
ciascuna delle quali contiene 100 miliardi di stelle distribuite in una varietà immensa di tipi.
Davanti a numeri così enormi non deve fare meraviglia che l’universo si mostri
straordinariamente generoso nell’offrire nel percorso di tanti miliardi di anni occasioni di
successo all’incrocio di processi casuali e necessari. Non si può quindi impostare
correttamente una discussione sull’evoluzione senza tener conto anche di questo elemento.
Quindi ciò che spiega l’evoluzione dal punto di vista scientifico è la combinazione di caso,
necessità e fertilità, intesa, quest’ultima, come probabilità relativamente alta di occasioni
favorevoli che lo stesso universo offre.
Come dobbiamo interpretare in termini di fede religiosa ciò che la scienza ci dice sull’origine
della vita? Abbiamo bisogno di Dio per spiegarla sul piano scientifico? Molto in sintesi, la mia
risposta è: no. Infatti, dover ricorrere a Dio per questo sarebbe in realtà un negare Dio. Dio
non è la risposta ad un bisogno di carattere scientifico. Si ha l’impressione che certi credenti
sperino ardentemente che i vuoti che restano ancora da spiegare nella scienza dell’evoluzione
durino il più a lungo possibile, in modo che essi possano riempirli con Dio. Si tratta di un
modo di pensare diametralmente opposto a quelle che sono le vere esigenze dell’intelletto
umano. La pienezza di Dio va cercata nella creazione. Dio non va cercato per riempire i vuoti
della scienza; Dio va accolto quando viene a visitarci.
Ma il Dio personale ci cui ho parlato è anche il Dio creatore dell’universo. E’ un peccato che il
creazionismo, specialmente negli Stati Uniti, si sia ridotto a una interpretazione letterale,
scientifica, della Genesi. La fede cristiano-giudaica è radicalmente creazionista, ma in un
senso del tutto diverso. Essa consiste nel credere che tutto dipende da Dio, o meglio, tutto è
dono di Dio. L’universo non è Dio e non può esistere indipendentemente da Dio. Panteismo e
materialismo sono ugualmente falsi. Dio è sempre all’opera nell’universo. L’universo ha una
vitalità sua propria, analoga a quella di un bimbo. Esso ha una analoga capacità di rispondere
a parole di tenerezza e di incoraggiamento. La buona educazione di un bambino mira a
proteggere e sviluppare il suo carattere individuale e la sua passione per la vita, a farlo
diventare adulto e capace di scelte autonome. Parole che danno vita sono più ricche di quelle
che trasmettono solo comandi o informazioni. In maniera analoga Dio opera con l’universo.
Le ragioni qui esposte mi inducono a dichiarare che il Movimento per l’Intelligent Design,
fenomeno molto diffuso negli Stati Uniti, abbassa il concetto di Dio Amore che si dona, al
livello di un ingegnere che progetta ed eventualmente interviene a supplire le deficienze della
natura.
Sommario
La tormentata storia della misura della costante di Hubble non dovrebbe attenuare la nostra
meraviglia davanti al fatto che oggi possiamo misurare l’età dell’universo con una precisione
mai raggiunta finora. In tempi più recenti, infatti, gruppi di ricerca tra loro indipendenti
hanno raggiunto un consenso sempre maggiore nel ridurre ancor più l’ambito dei valori
ragionevoli da attribuire a questa costante. Consenso tra scienziati ottenuto non certo per via
democratica, ma in base ad osservazioni sempre più precise che , tramite l’applicazione di
tecniche varie e sofisticate , unitamente alla valutazione indipendente dei risultati ottenuti da
differenti osservatori, hanno permesso di determinare il valore più affidabile della costante.
Inoltre vi è un accordo sempre maggiore tra l’età dell’universo determinata tramite la
costante di Hubble e quella ottenuta coi metodi della nucleocosmocronologia e della
determinazione dell’età delle stelle più antiche degli ammassi globulari. L’abbondanza delle
coppie radioattive, come la (232TH – 238U ), indica che l’universo deve avere un’età superiore
a circa 10 miliardi di anni. Gli ammassi globulari più antichi hanno un’età di circa 13 miliardi
di anni. Tenuto conto di tutte le difficoltà che si incontrano nell’ottenimento di questi dati, c’è
un accordo notevole nel ritenere che l’universo abbia un’età di circa 13-14 miliardi di anni, e
che noi siamo venuti all’essere solo nella sua vecchiaia. La persona umana, consapevole di
essere apparsa in questo universo fertile. Specialmente se animata da fede religiosa, non può
non sentirsi invitata a profonda riflessione.