Life-designing counseling: specificities and

INVITED ARTICLES/ARTICOLI SU INVITO
Life-designing counseling: specificities
and integrations of career construction
theory and self construction theory
Life-designing counseling: specificità e
integrazioni della teoria della costruzione
di carriera e della teoria della costruzione
di sé
Jean Guichard* e Annamaria Di Fabio**
*
Institut National d’Étude du Travail et d’Orientation Professionnelle (INETOP) – Conservatoire
National des Arts et Métiers (CNAM) Paris
** Laboratorio di Psicologia per la ricerca sull’orientamento professionale e il career counseling,
Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi Firenze
Summary: This article presents an in-depth examination of career construction theory
and self construction theory and their integration in Life designing counseling. After
outlining the current socio-economic context, the career construction model and the
self construction model are described, underlining their common relationship to social
constructivist epistemology and their specific contributions to the new paradigm Life
designing counseling. This contribution provides stimulating ideas for those involved
in research and intervention in the field of guidance.
Keywords: career construction theory; self construction theory; Life-designing counseling.
Riassunto. Questo articolo presenta un approfondimento della teoria della costruzione
di carriera e della teoria della costruzione di sé e delle loro integrazioni nell’ambito del
Life designing counseling. Dopo aver delineato il contesto socio-economico attuale,
si descrivono il modello della costruzione di carriera e il modello della costruzione di
Autore per la corrispondenza: A. Di Fabio. Fax +39 055 6236047. Tel. +39 055 6237850
Indirizzo e-mail: [email protected]
Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Firenze, via di San Salvi 12, Complesso di San Salvi,
Padiglione 26, 50135 Firenze, Italia.
Edizioni Erickson – Trento
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Vol. 3, N. 3, Novembre 2010 (pp. 277-289)
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sé, sottolineandone la comune relazione con l’epistemologia sociale costruttivista e il
contributo specifico al nuovo paradigma Life designing counseling. Il presente lavoro
offre interessanti stimoli per coloro che si occupano di ricerca e di intervento in ambito
di orientamento.
Parole chiave: teoria della costruzione di carriera; teoria della costruzione di sé; Lifedesigning counseling.
L’orientamento nelle società industriali globalizzate all’inizio del XXI secolo induce a
non poter ignorare una riflessione approfondita su criticità e parole chiave per gli interventi,
tenendo ben presente che il modo in cui si pone il problema dell’orientamento in una società
dipende da fattori sociali (ad esempio, determinate rappresentazioni collettive), da modalità
di organizzazione del lavoro, dalla formazione ricevuta e dal titolo di studio conseguito
(Guichard, 2007, 2009a). Nelle nostre società contemporanee, gli individui fronteggiano
pertanto problemi di orientamento differenti a seconda che si tratti di giovani che vanno
ancora a scuola, di adulti in possesso di qualifica o di lavoratori precari.
Da una parte lo sviluppo tecnologico di informazione, comunicazione e trasporti e,
dall’altra, gli importanti fenomeni migratori hanno avuto come conseguenza la presa di
coscienza, da parte di tutti, della parzialità di alcune visioni, atteggiamenti, rappresentazioni
o valori. Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione diffondono, in gran parte
del mondo, globalizzandoli, modi di essere e comportarsi, atteggiamenti, stili di vita, credenze o rappresentazioni sociali, norme, ecc. All’interno di tale mutata cornice tecnologica
e culturale di riferimento, le identità individuali si rivelano meno stabili, meno scontate, al
contrario più fluttuanti in modo tale che il compito di trovare punti di riferimento stabili
tramite i quali orientarsi risulta ancora più complesso e difficile. Il paradosso all’interno
del quadro delineato è che nelle nostre società industriali globalizzate, l’individuo — per
quanto maggiormente insicuro per queste configurazioni congiunturali precedentemente
espresse — viene ritenuto responsabile delle scelte relative alla propria esistenza, sebbene
si collochi in un contesto sociale dal futuro imprevedibile, talvolta con caratteristiche così
incerte da configurarsi perfino come potenzialmente minacciose. Fra le scelte che si collocano nel dominio di azione dell’individuo, quelle relative alla scelta professionale e al
lavoro si configurano come fondamentali, dal momento che lo svolgimento della propria
attività professionale è ritenuta come il principale mezzo di autorealizzazione della persona
(Guichard, 2007, 2009a).
I principali cambiamenti intercorsi negli ultimi decenni meritano tuttavia di essere
menzionati. In primo luogo le evoluzioni tecnologiche, dal momento che l’ultimo quarto del
XX secolo è stato caratterizzato dall’automatizzazione e poi dall’informatizzazione della
produzione con la nascita di una nuova modalità di organizzazione del lavoro, definita da
Alain Touraine (1955) e da Claude Dubar (1996) «sistema tecnico del lavoro», caratterizzata da una forma di controllo collettivo in base al quale gli impieghi sono definiti meno
rigorosamente e il lavoro è più flessibile: la conseguenza è che ognuno deve mantenere e
ampliare una certa polivalenza con l’obbligo di acquisire continuamente nuove competenze
in un contesto definito di «impresa che apprende» (Tarondeau, 2002). In questo contesto,
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GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni
l’orientamento professionale assume la fisionomia dello sviluppo vocazionale nel corso
della vita intera (Super, 1957) e ogni lavoratore affronta il problema dell’orientamento in
quest’ottica: «Come fare il bilancio delle varie esperienze fatte e come definire (e ridefinire)
i miei progetti di carriera?».
Altri cambiamenti importanti con ricadute sull’organizzazione del lavoro sono dovuti
allo sviluppo dei trasporti e delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che
hanno comportato, per le imprese, una concorrenza agguerrita che ha determinato, in molti
casi, la necessità di una nuova struttura comprendente un nucleo di lavoratori «centrali»
circondato da un numero variabile di lavoratori «periferici» con caratteristiche, pertanto,
molto differenti: i lavoratori centrali appartengono alle categorie di impiegati qualificati
polivalenti, che permangono nell’impresa e ne costituiscono il core, garantendo la prosecuzione dell’impresa e il suo riassestamento in caso di crisi, mentre i secondi si configurano
come operatori a basso livello di qualifica, la cui assunzione viene regolata da contratti a
tempo determinato in caso di congiunture positive e successivamente licenziati, in condizioni di crisi dell’azienda. I lavoratori periferici si trovano perciò molto più frequentemente
in condizione di dover gestire improvise transizioni caratterizzate dall’urgenza di questo
interrogativo: «Come far fronte a questa nuova transizione che affligge la mia vita?» (perdita
dell’impiego o della casa, divorzio, problemi di salute, ecc.) (Guichard, 2007).
L’ultimo cambiamento importante che merita una menzione riguarda l’assetto scolastico e la sua configurazione. Ai giorni d’oggi la scuola ha mutato fisionomia nell’interesse
di accogliere un numero sempre maggiore di giovani di diverse origini sociali e culturali,
mirando ad ampliare anche il tempo della loro permanenza nel contesto scolastico, trovandosi tuttavia a confrontarsi con nuovi problemi legati all’organizzazione dell’apparato
burocratico e alla ripartizione degli allievi. Ciascuna nazione ha optato per soluzioni diverse
articolando il continuum tra una risposta maggiormente caratterizzata da una formazione
professionale e tecnica erogata dalla stessa organizzazione scolastica o al contrario, sul polo
opposto, maggiormente sotto l’egida delle imprese. Il problema di orientamento scolastico
che ne è scaturito, a livello di singolo allievo (e della sua famiglia), risulta formulabile nel
modo seguente: «Quale formazione scegliere, tenuto conto: a) dell’architettura del sistema scolastico e delle procedure (implicite ed esplicite) di ripartizione degli allievi; b) dei
risultati scolastici; c) delle aspettative personali (e familiari) relative al futuro inserimento
sociale e professionale?» (Guichard, 2008, 2009a).
In questo contesto, alcuni punti nevralgici sono i seguenti: occupandosi del proprio
orientamento scolastico o professionale la persona si trova a confrontarsi inevitabilmente
con l’interconnessione delle sue attività lavorative con altre dimensioni della vita (Curie
& Hajjar, 1987), in quanto le sue previsioni e scelte professionali hanno per lui senso
esclusivamente in riferimento allo stile di vita che desidererebbe condurre e al genere di
persona che vorrebbe diventare; inoltre, proprio per queste caratteristiche, la persona ha
la necessità di effettuare un attento lavoro di riflessione e risulta fondamentale che possa
essere sostenuta in questo percorso riflessivo; la pratica paradigmatica di accompagnamento
nell’orientamento attuale è pertanto costituita dall’interazione dialogica nel counseling,
in quanto consente di sostenere e aiutare l’individuo nell’elaborazione del suo problema,
sviluppando la sua capacità riflessiva riguardo a se stesso e alla società che lo circonda, al
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fine di coadiuvare azioni efficaci attraverso le quali possa ben posizionare la sua esistenza
all’interno di una prospettiva che si riveli, ai suoi occhi, permeata di senso e significato
(Guichard, 2009a). Il counselor, attraverso la sua attività, aiuta pertanto il cliente a giungere alla formulazione delle domande fondamentali rispetto al problema; a identificare le
esperienze passate e presenti che ai suoi occhi si configurano come centrali nella propria
esistenza; a diventare pienamente cosciente delle differenti forme identitarie soggettive alle
quali tali esperienze corrispondono (e delle relazioni che tali forme intrattengono tra loro)
(Guichard, 2004, 2008); a distinguere, sul piano delle previsioni che può effettuare, ciò
che si rivela per lui realmente importante; a specificare le attività e gli impegni necessari in
modo da poter consentire che tali previsioni identificate come principali possano avverarsi;
a profondere l’impegno necessario perché tali azioni possano concretizzarsi.
Alcune considerazioni ulteriori che meritano di essere sottolineate prima di introdurre
le novità connesse con la nascita del nuovo paradigma per il XXI secolo, il life designing
(Savickas et al., 2009) sono le seguenti: le persone non risultano simili per ciò che concerne
la capacità di cui dispongono nel fronteggiamento di eventuali problemi di orientamento,
nella loro analisi, come nello sviluppo e nella ricerca di mezzi per risolverli (Guichard,
2009a). Alcuni stimolanti concetti al riguardano rimandano alla considerazione di «capitale
identitario» (Côté, 1996) o di «capitale di carriera» (Cadin, Bender, & De Saint Giniez,
2003). Un’ultima basilare riflessione include il valore della dimensione etica dell’orientamento della vita individuale, da intendersi e declinarsi nei termini della preoccupazione
nutrita verso se stessi e verso gli altri.
In tale scenario complesso e fortemente diverso da quello del XX secolo nasce il
nuovo paradigma life designing (Savickas et al., 2009), alla cui base troviamo, a livello
di quadro teorico, due modelli paricolarmente affini, anche se con alcune differenziazioni
che vanno evidenziate e approfondite separatamente (Guichard, 2010b).
Il primo è il modello di costruzione professionale (career construction) di Mark
Savickas, mentre il secondo è quello basato sull’approccio di costruzione di sé di Jean
Guichard (Guichard, 2010a, 2010b). Entrambi risultano afferenti all’epistemologia del
costruttivismo sociale (Collins & Guichard, in press) e verranno presentati dettagliatamente
per coglierne specificità, affinità e divergenze anche in termini di potenzialità di utlizzo.
Il modello della costruzione di carriera di Mark Savickas
Questo approccio affronta il tema della costruzione del proprio percorso professionale
da una prospettiva olistica, volta a integrare i tre principali orientamenti della psicologia
vocazionale: differenziale, dello sviluppo e dinamica, che rispondono alle tre domande
con le quali le persone si confrontano nel processo di costruzione del proprio progetto
professionale: «Quale percorso professionale costruire?», «Come costruirlo?», e infine:
«Perché costruirlo?».
Mark Savickas (2005) afferma: «La teoria della costruzione professionale afferma
che le persone costruiscono il proprio percorso lavorativo dando significato al proprio
comportamento vocazionale e alle proprie esperienze di lavoro […]. Qui, il percorso
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GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni
professionale rappresenta uno sviluppo soggettivo che conferisce un significato personale
ai ricordi passati, alle esperienze presenti e alle aspirazioni future, combinandole in un
tema di vita che modella la vita professionale dell’individuo. Così, il percorso professionale soggettivo che guida, regola e sostiene il comportamento vocazionale, emerge da un
processo attivo di creazione di significato e non di scoperta di fatti pre-esistenti. Consiste
in una riflessività biografica che viene prodotta discorsivamente e fatta “reale” attraverso
il comportamento vocazionale. Nel raccontare storie di percorsi lavorativi sulle proprie
esperienze professionali, le persone scelgono di enfatizzare determinate esperienze per
creare una verità narrativa in base alla quale vivono» (Savickas, 2005, p. 43).
Alla questione riguardante quale percorso professionale costruire, la psicologia
differenziale fornisce risposte in base alla teoria TWA – PEC di Dawis e Lofquist (1984)
e al modello di Holland (1959), fondate sul principio della personalità vocazionale definita
in termini di tratti.
Secondo la prospettiva avanzata da Hogan, «la funzione primaria dell’attribuzione
di tratti è quella di valutare gli altri e, più precisamente, di valutare il loro potenziale come
risorse per il gruppo» (1983, p. 60). Di conseguenza, sottolinea Savickas (2005, p. 44), «in
un gruppo che suddivide il lavoro tra i propri componenti, i tratti possono essere utilizzati
per assegnare gli individui a ruoli professionali». Per quanto concerne il modello di John
Holland RIASEC, «nella teoria della costruzione di carriera, questi tipi di interessi altro
non sono che corrispondenze a insiemi socialmente costruiti di attitudini e abilità; non
hanno nessuna oggettività o verità al di fuori di se stessi» (p. 44).
Pertanto, i consulenti di orientamento che usano la teoria della costruzione professionale somministrano talvolta test di interessi, soprattutto se richiesti dai clienti. Tuttavia, i
punteggi ottenuti non indicano i «veri» interessi del cliente ma, piuttosto, generano ipotesi
che vengono considerate possibilità, non previsioni.
La questione riguardante come costruire questo percorso professionale, nel campo
della psicologia vocazionale, corrisponde a quella degli approcci dello sviluppo. Nel contesto odierno caratterizzato da società «fluide» e da organizzazioni flessibili, non viene
raggiunta una corrispondenza tra persona e ambiente: gli individui modificano i propri
concetti di sé e si identificano in alcuni possibili ruoli professionali. Si attiva in tal modo
un processo di costruzione professionale al quale Savickas si riferisce con il costrutto di
adattabilità professionale: «un costrutto psicologico che indica la capacità e le risorse di
un individuo per affrontare compiti di sviluppo vocazionale, transizioni professionali e
traumi personali attuali e imminenti. L’adattabilità modella l’estensione di sé nell’ambiente
sociale allorché le persone si relazionano con la società e regolano il proprio comportamento
vocazionale in base al compito di sviluppo imposto da una comunità e alle transizioni incontrate in ruoli occupazionali. Funzionando come strategia di autocontrollo, l’adattabilità
professionale permette agli individui di impiegare effettivamente i propri concetti di sé in
ruoli occupazionali, creando così le proprie vite lavorative e costruendo i propri percorsi
professionali» (Savickas, 2005, p. 51).
Savickas (2005) propone una struttura a tre livelli per l’adattabilità professionale. Il
primo comprende i componenti fondamentali: interessamento, controllo, curiosità e fiducia in se stessi. Quindi, la costruzione del percorso professionale implica: 1) interessarsi
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del proprio futuro come lavoratore; 2) aumentare il controllo personale sul proprio futuro
professionale; 3) mostrare curiosità esplorando possibili sé e scenari futuri; 4) rafforzare
la fiducia in se stessi per perseguire le proprie aspirazioni. Il livello intermedio è rappresentato dagli atteggiamenti specifici, dalle convinzioni e dalle competenze necessarie ad
affrontare le quattro precedenti categorie di compiti. Il livello più basso è costituito dai
comportamenti vocazionali.
Il problema riguardante il perché costruire questo percorso professionale, viene
affrontato dalla teoria della costruzione professionale, evidenziando il ruolo determinante
delle storie costruite dalle persone a proposito dei propri percorsi di carriera (e di vita).
Come sottolineato da Savickas (2005, p. 58), raccontare «rappresenta un tentativo reale
di dare significato e forma al proprio futuro […]. Raccontando le proprie storie, i clienti
stanno costruendo un possibile futuro. Sembra che i clienti raccontino ai consulenti le storie
che essi stessi hanno necessità di sentire, poiché, tra tutte quelle disponibili, scelgono di
raccontare quelle che sostengono gli obiettivi attuali e stimolano l’azione; anziché ricordare,
le persone ricostruiscono il passato, cosicché avvenimenti trascorsi vengono a sostenere
scelte attuali e a gettare le basi per movimenti futuri: non si tratta dunque del presente
che trae insegnamento dal passato, ma del passato che trae insegnamento dal presente,
rimodellandosi per adattarsi ai bisogni correnti».
Ciascuna storia trova la propria unità nei temi di vita. «Le singole storie professionali
raccontate da una persona sono unite da temi integranti che collocano le singole esperienze
di vita lavorativa in una trama. Attraverso la collocazione e l’unione consapevole di queste
singole esperienze, un tema unificante di vita modella l’esperienza vissuta dando coerenza
significativa e continuità a lungo termine», osserva Savickas (2005, p. 58), che definisce
questi temi citando Csikszentmihalyi e Beattie (1979): «Un tema di vita consiste in un
problema o una serie di problemi che una persona vuole risolvere sopra ogni altra cosa e
nei mezzi che la persona trova per giungere a una soluzione» (Savickas, 2005, p. 59). I
colloqui di orientamento dovrebbero focalizzarsi su questo argomento, come spiega Savickas: i consulenti, «nel tentativo di comprendere il tema o il segreto che fa della vita un
insieme, non devono prestare ascolto ai fatti ma al collante che li tiene insieme» (Savickas,
2005, p. 58). E aggiunge (p. 59): «l’attività fondamentale consiste nell’enunciazione della
preoccupazione e nella discussione delle possibili soluzioni in forma di occupazioni. Questo prevede che si aiuti il cliente a costruire interessi. Creare interessi è l’elemento chiave
nel processo di orientamento, poiché «gli interessi nascono come soluzioni ai problemi»
(Savickas, 2005, p. 59). Pertanto: «spesso i counselor devono aiutare i clienti a creare interessi, mostrando loro come alcune occupazioni e mestieri si rivolgano proprio alle loro
preoccupazioni e, così facendo, come potrebbero risolvere i loro problemi» (p. 59).
Il modello della costruzione di sé di Jean Guichard
Il modello della costruzione di sé (Guichard, 2000, 2001, 2004, 2005, 2008, 2009b)
intende descrivere, in maniera più generale rispetto al modello della costruzione professionale, la costruzione, da parte delle persone, della propria vita in ambiti differenti e i processi
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GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni
attraverso cui li ordinano. Questo approccio tiene in considerazione il ruolo centrale delle
attività lavorative nella costruzione di vita degli individui: da un lato, poiché le nostre
società si basano su una divisione sociale del lavoro, dall’altro, perché le attività lavorative, per natura (organizzate in un certo modo implicano interazione e dialogo), portano a
cambiamenti (ad esempio, attraverso lo sviluppo di nuove competenze, nuove immagini di
sé, ecc.). Tuttavia, le attività lavorative — e la costruzione professionale — hanno un senso
per le persone solo in relazione alle loro attività ed esperienze in altri ambiti — all’interno
della costruzione del percorso di vita (Curie & Hajjar, 1987).
Il modello di costruzione di sé considera le persone delle società postmoderne
come esseri plurali, riferendosi all’identità individuale come a un sistema dinamico di
forme d’identità soggettiva. Gli individui trovano un’unità sommando le loro diverse
esperienze, tramite la creazione di alcune aspettative sul proprio futuro, che diventano
fondamentali.
Nelle nostre società le persone possono trovarsi a interagire in differenti contesti,
sviluppando esperienze eterogenee attraverso le quali costruiscono differenti immagini di
sé e assumono ruoli che variano da un ambiente all’altro. Il costrutto di «forma d’identità
soggettiva» (FIS, Guichard, 2010a) descrive ciascuno di quei Sé che un individuo costruisce
e mette in atto (o ha costruito e messo in atto così come pensa di costruire e di mettere in
atto in futuro) in uno specifico contesto. Si può definire una FIS come una serie di modi di
essere, agire e interagire secondo un particolare modo di rappresentare o di concepire se
stessi in un dato contesto. Più genericamente, una FIS corrisponde a un determinato ruolo
sociale. Ad esempio, una giovane studentessa può considerarsi «una studentessa liceale
di scienze». Una FIS include anche il modo in cui un individuo si vede in questo ruolo, in
quel contesto, e ciò che dice di sé in quel ruolo. Alcune si riferiscono a contesti in cui la
persona interagisce e comunica in un dato momento della propria vita, mentre altre alle
aspettative o al modo in cui un individuo si immagina nel futuro, e altre ancora, invece,
sono relative a esperienze passate che hanno influenzato il soggetto (Tabella 1).
Molti studenti universitari laureandi in sociologia, ad esempio, si vedono già (e si
comportano di conseguenza) secondo le caratterizzazioni della FIS «Il sociologo». Molti
di loro, terminata l’università, trovano occupazione come operatori sociali e affermano di
lavorare «come sociologi» (ad esempio, dicono di essere più attenti alle origini ambientali
delle difficoltà vissute dalle persone con cui lavorano) (Piriou & Gadea, 1999). Queste
FIS corrispondono ad ampie categorie affermate in uno specifico contesto sociale (ad
esempio, studenti liceali), o a identità comunitarie locali (ad esempio, «Noi tifosi della
curva sud dello stadio»). A volte le FIS corrispondono a modi idiosincratici di simbolizzare e categorizzare esperienze che l’individuo associa e che assumono quindi per lui un
significato. Ad esempio, una giovane, dopo un colloquio di orientamento al lavoro, può
iniziare a categorizzare alcune delle sue attività, modi di relazionarsi con gli altri, con se
stessa, ecc., in ambiti differenti della sua vita in base alle caratteristiche di una FIS che
corrisponde a un tipo Holland.
Nel modello di costruzione di sé, l’identità individuale viene vista come molteplice,
come un sistema di forme d’identità soggettiva (SFIS) mutevole. Nelle società «fluide»,
rispetto a quelle più rigide e meno diversificate, lo SFIS di un individuo tende a essere
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Tabella 1
Esempio di FIS
Una FIS denota una serie (dipendente da un
determinato contesto) di:
Esempio: Io, studente dell’ultimo anno di liceo
scientifico…
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d’azione) basate sulla conoscenza, il knowhow, le abilità interpersonali (attitudini);
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esercizi nel libro di testo corrispondenti alla
lezione del giorno;
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nel contesto (ad esempio, in un contesto
scolastico, ai vari soggetti scolastici);
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persone in questo contesto;
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matica. Discutiamo assieme i problemi di
matematica che non capiamo. Ci piacciono
anche gli stessi film. Spesso andiamo al
cinema insieme;
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contesto (generalizzazioni di auto-osservazioni, senso di autoefficacia e autostima);
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situazione presente.
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necessario imparare a fondo la matematica
e l’inglese;
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iscrivermi a un’università prestigiosa;
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vere problemi matematici assieme.
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diversificato e dinamico: le persone costruiscono un repertorio più ampio di FIS e hanno
più facilità a modificarlo. Alcune occupano un posto più importante di altre. Per uno studente liceale, ad esempio, potrebbe essere «Io, lo studente di liceo scientifico», mentre per
un altro «Io, il vigile del fuoco volontario». Le FIS principali sono solitamente quelle che
generano le FIS ambite (FISA): queste portano l’individuo a immaginare il proprio futuro,
dando priorità alle prospettive che renderanno coerenti tutte le sue FIS.
Nel processo dinamico di costruzione del Sé (nelle trasformazioni sia delle FIS
che del sistema che creano), una tensione tra due forme di riflessività assume un ruolo
fondamentale.
La prima si riferisce ai processi di identificazione che implicano la costruzione
dell’individuo a immagine dell’altro e il tentativo di diventare come tale modello (o di non
diventare come un dato contro-modello): influiscono sulla costruzione delle FIS durante
l’infanzia, l’adolescenza e l’inizio dell’età adulta nonché sull’affermazione del proprio
SFIS in determinate prospettive dominanti. Costituiscono infatti gli «ideali dell’Io» definiti
da Erik Erikson come «una serie di obiettivi ideali dell’Io a cui si aspira ma mai del tutto
ottenibili» (1980, p. 160). Alcuni «ideali dell’Io» si riferiscono probabilmente a quelli che
Savickas (2005) definisce «modelli comportamentali».
Mentre il primo processo di riflessività è duale (relazionarsi con se stessi attraverso un
Sé ambito), il secondo è triplo. Prevede un dialogo con il Sé nel quale l’individuo occupa
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GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni
le tre possibili posizioni di qualunque pensiero: l’«Io» che assume una certa posizione,
il «tu» che risponde e il «lui/lei» il cui punto di vista in terza persona viene discusso
dall’«io-tu» (Jacques, 1982). L’individuo ha la possibilità di elaborare interpretazioni
alternative delle proprie esperienze, in modo da distanziarsi da esse e dal loro significato
immediato. Ad esempio, un giovane che rinuncia alla FISA di campione di ciclismo,
può costruirne una di studente di biologia, di dietologo, ecc., analizzando l’importanza
di ciascuna di esse.
Questo modello di costruzione di sé porta a uno specifico intervento di orientamento
professionale, che presenta lo scopo di aiutare le persone a: a) dedurre le caratteristiche
delle proprie FIS principali al momento dell’intervento; b) accorgersi dei collegamenti
tra la/le FIS principale/i con altre FIS attuali, ma meno centrali, passate o ambite; c)
considerare le FIS ambite fondamentali per la persona e definire le risorse che essa può
mobilitare per cercare di soddisfare tali aspettative. È importante che i counselor aiutino
i clienti a non contare unicamente su una delle due forme di riflessività descritte: privilegiare la prima potrebbe coinvolgere l’individuo nella costruzione di Sé in una FIS che
egli ritiene una importante aspettativa di sé (un atteggiamento simile a quello che James
Marcia definì «preclusione»); optare per la seconda potrebbe impegnarlo in un processo
di interpretazioni e re-interpretazioni delle proprie esperienze, con la creazione di varie
FIS non messe in atto.
La comune afferenza all’epistemologia sociale costruttivista
Entrambi i modelli presentati fanno riferimento a un’epistemologia di costruttivismo
sociale, pertanto «gli individui non sono considerati come oggetti passivi di forze esterne,
ma come “agenti proattivi” la cui attività principale consiste nell’auto-organizzazione,
cioè nello stabilire e mantenere ordine e continuità nella loro esperienza» (Mahoney,
2002, p. 747). Poiché «queste attività di auto-organizzazione sono “radicate in contesti
sociali e simbolici”» (p. 747), la lingua, la cultura e le relazioni risultano fondamentali nel
costruttivismo. Lo sviluppo individuale è «un sistema attivo aperto», che si trasforma nel
tempo fino a raggiungere un equilibrio tra «processi di ordine e disordine» (p. 749). «Questa
premessa costruttivista è contraria al postulato di immanenza sui cui si basano i modelli
tradizionali di psicologia vocazionale» (Dumora, 2010, p. 120). Pertanto, gli interventi di
orientamento non hanno lo scopo di svelare ciò che già esiste; vogliono invece aiutare a
costruire, creare, una certa intenzione. Ad esempio, un counselor di orientamento utilizza
un questionario Holland come strumento che aiuterà il cliente a scoprire i propri interessi
e che lo porterà a costruirsi in un certo modo, in linea con il quadro simbolico (il sistema
delle categorie) su cui questo questionario si basa. Questi due modelli risultano vicini a
un importante postulato del costruzionismo sociale secondo il quale la lingua «costruisce
l’esperienza ed è performativa, una forma di intervento» (Collins & Guichard, in press).
Quindi, le storie e le FIS ambite che un individuo costruisce sulla propria carriera o vita durante un intervento di orientamento vengono considerate anche gli esiti di questa interazione
(Guichard, 2010b). L’individuo potrà poi utilizzarle (per farne gli «interpretanti» delle
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proprie esperienze; Colapietro, 1989) per agire nella direzione tracciata durante questo
processo. Tuttavia, i due modelli non affermano che i sistemi di interpretazione costruiti da
una persona durante le proprie interazioni (ad esempio, in un intervento di orientamento)
con uno o più sistemi (ad esempio, in occasione di esercizi proposti da un culto) sarebbero
uguali. Anzi, emergono differenze poiché i due modelli intendono offrire agli individui la
possibilità di simbolizzare le proprie esperienze diverse (in termini di storie di carriera o
FIS ambite) in modo personale, all’interno di un sistema predefinito di convinzioni e di
determinate prospettive.
Infine, gli interventi di orientamento seguono un’etica di libertà: intendono aiutare
le persone a utilizzare le proprie capacità simboliche per aumentare il controllo sul corso
della propria vita prestando allo stesso tempo attenzione ad altri vicini e lontani (Ricœur,
2007).
Specificità dei due approcci
La principale differenza tra questi due modelli (Guichard, 2010a) è che il primo
focalizza sulla costruzione professionale, mentre il secondo si concentra sulla costruzione
di vita. Il primo modello, centrato sulle FIS vocazionali presenti e ambite, permetterebbe di
rispondere meglio alla maggior parte delle questioni rivolte a un consulente di orientamento
da un cliente, soprattutto se è un adulto impegnato in una carriera o un giovane che presto
ne intraprenderà una. Il secondo potrà probabilmente rispondere meglio alle esigenze di
adolescenti o giovani adulti che, nelle nostre società, devono affrontare molteplici compiti
di sviluppo in diversi ambiti di vita (ad esempio, Che stile di vita potrei avere? Cos’è che
veramente importa nella mia vita? Ecc.). Dovranno affrontare il compito di rilevare certi
atteggiamenti abituali abitudinariamente (ad esempio, il modo di comportarsi, di relazionarsi
con gli altri, ecc.) di cui solitamente non sono consapevoli. Poi dovranno attribuire a essi
un significato, ripensando anche a esperienze passate o ad aspettative importanti riguardo
se stessi (temi di vita). Questi processi di realizzazione e interpretazione richiedono diverse
sedute di counseling nell’arco di più settimane. Possono essere previste attività tra una
seduta e l’altra per incrementare la riflessività dei clienti (ad esempio, scrivere un diario).
Nell’ambito del modello di costruzione della carriera, invece, gli interventi di counseling
sembrano più brevi, poiché i clienti sono invitati a considerare la propria costruzione di
vita dalla prospettiva dominante di carriera.
Inoltre, questi due modelli differiscono per il fatto che il concetto di «temi di vita»
pone maggior enfasi sulle esperienze passate rispetto a quello delle «FIS passate», in
quanto i temi di vita sottolineano la continuità dei processi nell’esistenza umana, mentre il
modello di un sistema dinamico di FIS evidenzia le trasformazioni dell’identità. Dunque,
la persona descritta dal modello di costruzione professionale appare più unificata, coerente
e connessa nella costruzione della propria vita. Quella delineata dal modello di costruzione di sé, invece, è più plurale, più influenzata dalla diversità delle proprie esperienze
e in cerca di prospettive future che possano unificare la propria esistenza. La costruzione
professionale sembra pertanto maggiormente orientata a cercare di dare unità al presente
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GUICHARD E DI FABIO – Life-designing counseling: specificità e integrazioni
attraverso l’organizzazione del passato; la costruzione di sé, invece, a dare unità al presente
mediante le possibilità future (Guichard, 2010a).
In sintesi, si potrebbe affermare che sembra proprio che le similitudini e le differenze tra questi due approcci, pur accomunati da alcune intrinseche somiglianze, possano
essere riassunte attraverso due domande paradigmatiche. Il modello della costruzione di
carriera si basa sul principio che, nelle nostre società, gli individui si trovino a rispondere
a una domanda fondamentale: «Qual è il significato della mia carriera nella mia vita?»; il
modello di costruzione di sé si orienterebbe invece su un diverso quesito di riferimento:
«Che cosa dà (o potrebbe dare) alla mia vita significato per me?» Si può ipotizzare, al
riguardo (Guichard, 2010a), che nel Nord America e in Europa la prima domanda possa
risultare più adatta probabilmente in riferimento a clienti adulti, mentre la seconda possa
apparire più adeguata con gli adolescenti e gli adulti emergenti.
Il nuovo paradigma per il XXI secolo, il life designing counseling (Savickas et
al., 2009), basandosi su entrambi questi due modelli di riferimento, introduce nella sua
definizione una prospettiva: life-long, vale a dire per tutta la vita, in quanto l’intervento
offre un supporto adeguato quando tiene conto delle variabili in continuo cambiamento e si svolge secondo un processo graduale, che prevede in primo luogo di aiutare il
cliente a definire le sue abilità e le sue conoscenze; olistica, dal momento che il nuovo
paradigma invita a tener conto, oltre agli aspetti vocazionali relativi alle esperienze da
studenti o da lavoratori, di altri ruoli che la persona svolge nella propria vita, ad esempio
come membro della famiglia o cittadino (Super, 1990); contestuale, visto che è opportuno porre attenzione, come sottolineato dal costruzionismo sociale, all’importanza
del contesto, non solo presente, ma anche passato, all’interazione tra questi contesti
e l’individuo e al modo in cui egli li ha osservati e interpretati allora e attualmente
(Young, Valach, & Collin, 2002); preventiva, poiché gli interventi di career counseling
dovrebbero essere strutturati considerando la capacità intrinseca del cliente di produrre
cambiamenti significativi alla fine di determinati episodi della propria vita, stimolando
l’adattabilità, l’abilità a narrarsi, l’operosità, la volizione. In realtà, l’adattabilità porta
al cambiamento, mentre l’abilità a narrarsi porta alla continuità; entrambe procurano
all’individuo la flessibilità e la fiducia in sé necessarie per metterlo alla prova nelle
sue attività (Savickas et al., 2009). Inoltre, l’abilità nel narrarsi porta il cliente a capire
meglio i motivi conduttori della propria esistenza, la propria personalità vocazionale e
le risorse personali di adattabilità (Savickas, 2005).
Alla luce del life designing counseling, il ruolo del counselor di orientamento
consiste pertanto nell’aiutare il cliente a elaborare le proprie identità con le sue stesse
parole, i ruoli assunti, e a tratteggiare le proprie abilità cognitive sottostanti attraverso
riflessioni comparative e probabilistiche. Si tratta di un processo non lineare, teso ad
affrontare l’esplorazione del Sé, dell’ambiente e delle relazioni tra Sé e ambiente (Guichard, 2004, 2005; Guichard & Dumora, 2008). La finalità è fondamentalmente facilitare
un dinamismo che nasce dalla tensione tra due forme di riflessività nella costruzione di
Sé (Guichard, 2010a), per progredire nei termini di un accompagnamento psicologico
adeguato alle congiunture attuali e in grado di aiutare costruttivamente la persona a
orientarsi rafforzandone l’autonomia.
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Vol. 3, N. 3, Novembre 2010
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