PALAZZO COMUNALE (PALAZZO ALBORNOZ) Mai, nella Cesena pre-malatestiana, potere politico e potere religioso condivisero i medesimi spazi, come capitò invece in molte realtà italiane. La Cattedrale, infatti, sorgeva alta sul Garampa, dove oggi è la spianata dello sferisterio, mentre il Palazzo del Podestà doveva trovarsi non lontano dall’odierno Palazzo del Ridotto e il Governatore pontificio risiedeva con ogni probabilità in un “palatium vetus” dove oggi è la Rocchetta di Piazza. Tra 1401 e 1403, poi, per accogliere l’assemblea dei Conservatori venne edificato il cosiddetto “Conservato” (oggi Ridotto) che accolse, caduta la Signoria, anche gli altri organi rappresentativi della comunità (Cancelliere, assemblea degli Anziani, Consiglio). Questa situazione si protrasse fino al 1722, allorché fu disposto lo spostamento degli organi comunali nel nuovo, grande palazzo di Piazza Maggiore. Questo edificio, come detto, trova la sua origine in un preesistente “palatium vetus” che, in età comunale, accoglieva con ogni probabilità il Governatore pontificio (alcuni sostengono che vi avessero sede anche alcuni organi rappresentativi). Quello che è certo è che, tra 1359 e il 1362 il legato pontificio, cardinale Egidio Albornoz, fece costruire un nuovo palazzo del Governatore (“palatium novum”) su progetto degli architetti Busini e Guidone di Zerbino, proprio dove oggi è il Municipio (da qui il nome di Palazzo Albornoz mantenuto nel tempo). Tra i due palazzi, si trovava una delle tre porte che davano accesso alla murata (secondo la celebre Descritpio Romandiole del cardinale Grimoard, 1371); dalla porta partiva (e rimarrà agibile per tutto il ‘700), una strada che conduceva al colle, poi sostituita dalla nuova gradonata (oggi salita Matteo Nuti). Con i Malatesta, i due palazzi divennero residenza dei Signori e della loro corte, ma di tutte le opere di abbellimento non è rimasta alcuna traccia. Con la caduta della Signoria, la nuova Rocchetta di Piazza conferì al complesso di edifici (che continuò ad essere residenza del Governatore) un aspetto del tutto nuovo, ulteriormente modificato nel 1523 con l’apertura del loggiato. Nel 1584, poi, Francesco Masini decorò alcuni ambienti interni (alcuni brani si sono conservati). Nel corso del ‘700 Palazzo Albornoz assunse l’aspetto attuale e si staccò definitivamente, anche architettonicamente, dalla Rocchetta. Tornati gli organi comunali dal Ridotto nel 1722, infatti, l’intero complesso fu sottoposto a vasta opera di revisione in stile neoclassico; nel 1747 alla facciata del palazzo si aggiunsero due ringhiere; nel 1755 fu collocato l’orologio sulla torre civica sormontata dalla cella campanaria; nel 1777 fu infine costruito il nuovo portico. Nel 1854-59 venne edificato dietro il Palazzo Comunale il Foro Annonario, poi trasformato in mercato coperto (terminato nel 1961); nel 1940, infine, venne posta sulla facciata la statua della Vergine. Gli unici resti del palazzo trecentesco di Albornoz si trovano sulla salita Matteo Nuti, ma l’ingresso principale al Palazzo Comunale è posta come tradizione su Piazza del Popolo. Qui prospetta la facciata neoclassica settecentesca con loggia a dieci arcate cui si sovrappongono due ordini di finestre; al centro, una statua della Vergine. Sotto il loggiato, coperto da volte a crociera, sono poste diverse lapidi celebrative con busti e ritratti a bassorilievi di politici e letterati entro medaglioni, quelli non in bronzo scolpiti da Tullo Golfarelli e Paolo Grilli (nell’ordine, busto di Garibaldi (Golfarelli, 1883), medaglione in bronzo ad Andrea Costa (1920), a Leonida Montanari (Golfarelli, 1887), a Carducci (Grilli, 1908), a Mazzini (Golfarelli, 1888), in bronzo a Gastone Sozzi (1948), a Giovanni Merloni (1986) e Pio Battistini (2003)). Un imponente scalone conduce al salone d’onore, con pareti scandite da medaglioni con ritratti di cesenati illustri (a partire dalla porta d’accesso, Antioco Tiberti, Annibale Albertini, busto di Gaspare Finali, Candidiano da Cesena, Malatesta Strinati, Jacopo Mazzoni, Scipione Chiaramonti, il testo della prima lettera che papa Pio VI scrisse ai Conservatori (1775), Eduardo Fabbri, Maurizio Bufalini, Giuseppe Verzaglia, Fra’ Michelino, busto di Luigi Carlo Farini, Nicolò II Masini, Giuliano Fantaguzzi, busto di papa Clemente XII (1732); nel soffitto, blasone di Cesena (di Angelo Masini). Tra le stanze di rappresentanza, di particolare bellezza la cosiddetta sala degli Specchi, con l’originale arredamento settecentesco.