origini del genere umano. sul mito di prometeo

NOESIS - BERGAMO
INCONTRI DI FILOSOFIA
HOMO SUM
Umberto Curi
2015 - 2016
ALLE ORIGINI DEL GENERE UMANO. SUL
MITO DI PROMETEO
I miti greci sono ricchi di figure di grande suggestione che ci raggiungono nella loro attualità:
Edipo, Orfeo, Narciso, Ercole, Pigmalione, Alcesti, Elena, Antigone, Medea. Il mito di Prometeo è
forse il più importante; basterebbe questo a ricostruire la cultura greca nel caso non ci fosse rimasto
altro. E’ stato sempre riproposto. E’ presente nella tradizione orale nella Grecia arcaica, citato da
Omero, riproposto da Esiodo, quindi Eschilo, Platone fino ad arrivare al nostro Monti, a Shelley,
Leopardi, Gide e rielaborato ancora oggi nel teatro contemporaneo. Figure simili a quelle di
Prometeo sono presenti nelle tradizioni orientali.
Tutte hanno un risvolto enigmatico del mito non foss’altro che per l’aspetto di ribellione che
Prometeo esprime nei confronti del divino. Prometeo non accetta la tirannide di Dio, il disegno di
Dio che mira a cancellare il genere umano dalla terra. Prometeo è preso da filantropé (amore per
l’uomo) tanto da indurlo al sacrilegio, a non accettare il volere degli dei. All’uomo offre doni per la
sua sopravvivenza.
Ci sono tre versioni del mito di Prometeo. Il primo è in Esiodo (Teogonia, Le opere e i giorni).
Zeus, dopo aver conseguito la vittoria sui giganti e i titani, assiso nell’Olimpo come re degli dei,
decide di completare la sua impresa con lo sterminio dell’uomo. Questa ostilità verso il genere
umano può sorprendere noi lettori di oggi, ma questa ostilità non appartiene solo alla cultura greca;
nella Bibbia si parla del Diluvio, della distruzione di Sodoma e Gomorra. Il motivo è lo stesso: Dio
è stanco delle malvagità umane; l’uomo non è degno di sopravvivere. Platone sottolinea che la
stessa costituzione fisica dell’uomo, cucciolo bisognoso di continue cure, rende gli uomini una
razza indifesa e non meritevole di restare sulla terra.
Esiodo continua il racconto. Zeus, per far perire l’uomo, gli nasconde il cibo. Per questo
Prometeo ruba il fuoco e lo dona agli uomini. Zeus infuriato manda allora una sciagura: invia
Pandora, come regalo, recante con sé un orcio che contiene tutti i generi di male. Sedotti da
Pandora, dall’aspetto bellissimo ma che sotto cela un cuore di cagna, gli uomini ricevono il regalo
avvelenato dai mali che fuoriescono dall’orcio e invadono la terra. Fortunatamente sul fondo resta
qualcosa, che riassume il vero senso del dono, ed è la speranza (elpis). Platone commenta: “è la
speranza che riempie la vita”. Non il fuoco o la tecnica possono salvare l’uomo.
Un’altra versione è quella di Eschilo (Prometeo portatore del fuoco, Prometeo incatenato,
Prometeo liberato). Prometeo è condotto ai confini del mondo per essere inchiodato alla rupe.
L’aquila gli divora il fegato che ogni tre giorni ricresce. Incaricato a incatenare Prometeo è il dio
della tecnica Efesto, che ha come coadiuvanti due fratelli: Cratos (dominio) e Bia (violenza). Bia
non parla, è lì – la violenza agisce semplicemente con la presenza - ; Cratos invece, mentre martella,
chiede a Prometeo di confessare le sue colpe. “Quali doni hai dato agli uomini?” Prometeo dice che
gli uomini erano “larve di sogno”, vivevano alla giornata, senza voglia di fare e senza risorse.
Perciò aveva dato loro varie tecniche: la conoscenza dei numeri e delle lettere, l’arte di coltivare i
campi e di navigare. Questi doni, continua Prometeo, risultavano utili ma non decisivi. Cratos vuole
allora sapere qual è stato il dono decisivo per la sopravvivenza degli uomini. Prometeo risponde:
“ho distolto gli uomini dal guardare fisso il giorno della morte. Questo è stato decisivo”. E
aggiunge: “la tecnica è infinitamente più debole del destino”.
La terza versione è quella di Platone (Protagora). Zeus decide di dar vita agli esseri viventi. Li
forma con acqua e fango. Per questa impresa chiama a collaborare due Titani, Epimeteo (“che vede
in ritardo”) e Prometeo (“che vede in anticipo”). Zeus chiede di suggerire le qualità da dare a questi
esseri. Epimeteo, lo sciocco, le distribuisce a casaccio; quando arriva il turno dell’uomo, non ha più
qualità da dare. Prometeo allora ricorre al furto: ruba il sapere tecnico. Così gli uomini possono fare
molto, anche costruire case. Ma non riescono a costruire la città. Mettono le case una accanto
all’altra, formano degli agglomerati, ma non bastano per la polis. Per fare la polis occorre il rispetto
reciproco e la giustizia. Senza la polis l’uomo è destinato a scomparire. Senza la polis, dice Platone,
non c’è politiké né polemos, la guerra giusta contro i nemici esterni. I grandi cambiamenti non sono
forse avvenuti a seguito di guerre? La polis per sopravvivere ha bisogno di politiké e di polemos.
Dio interviene, e salva l’uomo donandogli appunto il rispetto reciproco e la giustizia.
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A cura di Mauro Malighetti
NOESIS - BERGAMO
INCONTRI DI FILOSOFIA
HOMO SUM
Umberto Curi
2015 - 2016
ALLE ORIGINI DEL GENERE UMANO. SUL
MITO DI PROMETEO
Anche Kafka racconta di Prometeo, e dell’epilogo della sua vicenda. Alla fine tutti si stancano.
Immutabile resta la rupe.
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A cura di Mauro Malighetti