clima orientale dal

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Foresta pluviale Tipo di foresta che si estende nelle regioni prossime all'equatore. Il termine fu
coniato alla fine del XIX secolo dal botanico tedesco Alfred Schimper. La foresta pluviale è
costituita generalmente da più strati di vegetazione. A livello del suolo sono presenti molte varietà
di piante, tra cui varie specie di epifite (quali orchidee e bromeliacee). Vi è poi uno strato di
vegetazione sempreverde, alto da 30 a 50 m, dominato da alcune specie di alberi che si elevano
molto al di sopra di questa altezza. Un'altra caratteristica è la presenza delle liane, piante dal fusto
molto allungato, il cui diametro può superare i 20 cm, che crescono appoggiandosi alle altre piante,
costituendo una sorta di congiunzione tra il livello del suolo e la volta superiore della foresta.
La parola "giungla" deriva dall'hindi jangal e viene usata in India per indicare le foreste più fitte e
impenetrabili. Le foreste equatoriali più estese si trovano nei bacini del Rio delle Amazzoni e del
Congo, oltre che nel Sud-Est asiatico. Esse contengono il maggior numero di diverse specie viventi
del nostro pianeta: si ritiene, ad esempio, che vi siano presenti milioni d'insetti non ancora
classificati dal punto di vista scientifico.
2
Tipi di foresta pluviale
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Esistono vari tipi di foresta pluviale: il clima, l'altitudine e la latitudine, considerati singolarmente o
insieme, sono i fattori principali mediante i quali è possibile stabilire una classificazione. Si
distinguono, solitamente, quattro tipi di foresta pluviale: la foresta pluviale equatoriale, che si
estende nella fascia compresa tra il 10° parallelo a nord e a sud dell'equatore; la foresta pluviale
monsonica, nelle aree soggette ai monsoni, in cui, durante la stagione secca, gli alberi perdono le
foglie; la foresta pluviale subtropicale, che si estende oltre i tropici; e infine la foresta pluviale
montana, che si sviluppa al di sopra d'una certa altitudine.
2.1
Foresta pluviale equatoriale
È situata nelle aree più calde e ricche d'umidità della fascia compresa tra i due tropici ed è costituita
essenzialmente da latifoglie. Il fattore che influenza maggiormente la sua distribuzione è l'umidità
(non esiste infatti una vera stagione arida in queste regioni); altri fattori, come la natura del suolo,
sono importanti solo a livello locale. La media delle precipitazioni annuali è compresa tra i 1500 e i
4000 mm di pioggia; la temperatura media si mantiene costantemente tra i 25 e i 35 °C. Le chiome
degli alberi, viste dall'alto, formano una volta molto fitta, quasi impenetrabile per la luce solare;
ciononostante, la vegetazione a livello del suolo è rigogliosa; sono particolarmente abbondanti le
epifite e le piante rampicanti.
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2.2
Foresta pluviale monsonica
Si sviluppa nelle aree sottoposte al clima monsonico (ad esempio India, Indocina e alcune zone
dell'Africa), caratterizzato da una stagione in cui le precipitazioni sono quotidiane e molto intense
alternata a una stagione secca, nel corso della quale la crescita delle piante è limitata dalla
mancanza d'acqua; la maggior parte di queste foreste si trova a un'altitudine inferiore ai 1000 m.
Generalmente gli alberi che formano questo tipo di foresta sono più bassi rispetto a quelli della
foresta pluviale equatoriale, mentre il sottobosco, beneficiando d'una maggiore quantità di luce, è
molto più fitto. A causa della siccità stagionale, le foreste pluviali monsoniche sono soggette a
incendi che possono trasformarle in savane.
2.3
Foresta pluviale subtropicale
Nell'Australia orientale, nel Sud-Est asiatico e lungo la costa atlantica dell'America meridionale la
foresta pluviale si estende anche nelle regioni subtropicali (ad esempio, a sud di Rio de Janeiro).
Questo tipo di foresta è, in genere, abbastanza simile alle foreste equatoriali: si può constatare,
tuttavia, una progressiva diminuzione dell'altezza delle piante quanto più ci si allontana dai tropici.
2.4
Foresta pluviale montana
Salendo a quote elevate, le foreste pluviali presentano significative variazioni. Il clima, determinato
non solo dalla latitudine ma anche dalle precipitazioni atmosferiche, dai venti, dal tasso d'umidità e
dall'altitudine (circa 0,4-0,7 °C in meno ogni 100 m di dislivello), è il fattore che più incide sulle
caratteristiche della vegetazione la quale, via via che cresce l'altitudine, è più simile a quella delle
zone temperate che a quella delle regioni equatoriali; gli alberi diventano sempre più bassi e la
varietà delle differenti specie si riduce notevolmente. I tronchi degli alberi diventano contorti e
nodosi e si ricoprono di muschio; sono presenti anche la felce e il bambù. Le foreste pluviali
montane sono diffuse soprattutto negli arcipelaghi del Sud-Est asiatico e sul versante orientale delle
Ande.
3
Mangrovie
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Lungo le coste delle regioni tropicali e subtropicali si trovano frequentemente le foreste di
mangrovie. La loro caratteristica è di essere soggette a inondazioni periodiche; esse non sono delle
vere e proprie foreste pluviali, ma ne rappresentano piuttosto una propaggine costiera. Le differenze
sono dovute essenzialmente alla permanenza delle radici in un terreno paludoso e al loro contatto
con acqua salmastra. Nel continente americano sono presenti meno di dieci specie di mangrovie,
mentre lungo le coste dell'oceano Indiano se ne contano più di 35. Le mangrovie più diffuse sono
l'Avicennia (o mangrovia nera) e la Rhizophora (o mangrovia rossa).
4
Condizioni del suolo
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Nelle regioni tropicali il suolo può variare notevolmente, spaziando dalle sedimentazioni vulcaniche
alle sabbie quarzifere. Circa la metà delle foreste pluviali si sviluppa su suoli lateritici rossastri; il
clima caldo e le precipitazioni abbondanti delle regioni tropicali alterano profondamente la natura
del suolo, dissolvendo i pochi minerali in esso presenti, ad eccezione di quarzo, alluminio e ferro. I
terreni argillosi, sebbene poveri di sostanze nutritive, riescono a trattenere l'acqua consentendo lo
sviluppo delle foreste. I terreni podsolici, come quelli del bacino del Rio Negro in Amazzonia,
poggiano su un substrato costituito prevalentemente da quarzo; sullo strato superiore si accumula
materia organica in decomposizione, la quale raggiunge poi i corsi d'acqua, dando loro una
caratteristica colorazione nerastra (come accade appunto al Rio Negro). I terreni alluvionali delle
rive dei fiumi sono spesso molto più ricchi di sostanze nutritive dei suoli lateritici. Il miglior
esempio di terreno alluvionale è rappresentato dall'ampio bacino del Rio delle Amazzoni, che si
estende per oltre 3500 km dalle Ande all'oceano Atlantico; dal punto di vista delle caratteristiche
del suolo, l'Amazzonia può essere considerata un'estensione della cordigliera andina.
La scarsità delle sostanze nutritive della maggior parte dei terreni tropicali è compensata dalla
capacità, da parte delle piante, di trattenere tali sostanze nei piccioli per poi accumularle, grazie
all'effetto della pioggia, nelle epifite e sul tronco e far loro raggiungere, infine, le radici. Questo
processo è reso possibile grazie a un tipo particolare di fungo che cresce sulle radici degli alberi,
stabilendo con esse un rapporto di simbiosi che prende il nome di micorriza; questi funghi
forniscono le sostanze nutritive agli alberi, ricevendone in cambio energia.
I differenti tipi di suolo tropicale consentono la convivenza, in una stessa area, di vari tipi di foresta
pluviale: è ciò che accade, ad esempio, nel bacino del Rio delle Amazzoni. Sui suoli lateritici situati
alle quote più elevate si trova una foresta costituita da alberi molto alti e con un'elevata biomassa;
nelle aree sabbiose, nelle quali predomina un terreno podsolico, la foresta diventa più bassa, la
varietà delle specie diminuisce e le orchidee, le bromeliacee e altre epifite, beneficiando d'una
maggior quantità di luce, crescono in abbondanza. La foresta amazzonica, sviluppandosi su un
terreno alluvionale ricco di sostanze nutritive, si è adattata a sopportare le periodiche inondazioni
annuali e persino a trarne vantaggio.
5
Tipi di vegetazione
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Nelle foreste pluviali tropicali la vegetazione è dominata dalle angiosperme. La maggior parte delle
piante ha una struttura legnosa: in un ettaro di terreno occupato da una foresta pluviale giunta al suo
grado massimo di sviluppo possono trovarsi da 80 a 200 specie diverse. Spesso in un ettaro non si
trovano che una o due piante di una stessa specie: solo negli ambienti sottoposti a condizioni
particolari, come nel caso delle zone paludose, si riscontra il predominio d'una specie, o d'un
numero comunque limitato di specie, sulle altre. Avendo una struttura legnosa, la maggior parte
delle specie presenti in una foresta pluviale impiega molto tempo prima di raggiungere il pieno
sviluppo; in alcuni casi possono trascorrere oltre trent'anni prima che ciò avvenga.
Le foreste pluviali possono essere suddivise in cinque strati. Questa suddivisione non è sempre ben
riconoscibile: il fogliame delle piante più giovani e la presenza di rampicanti, epifite e piante basse
può impedire di distinguere i differenti strati. Lo strato più alto è rappresentato dalla cima di quegli
alberi che si protendono al di sopra della volta, superando anche i 50 m di altezza: si tratta di alberi
imponenti, quali ad esempio l'albero del kapok, i cui rami possono estendersi, in senso orizzontale,
per 30-40 m. Lo strato immediatamente inferiore è costituito dalla fitta volta formata dalle chiome
degli altri alberi: tale volta è resa ancora più compatta dalla presenza di rampicanti ed epifite che si
protendono verso l'alto alla ricerca della luce del sole. Al di sotto di questa volta è presente uno
strato di alberi bassi, che comprende sia gli individui giovani delle specie più alte, sia piante
appartenenti a specie la cui altezza, una volta raggiunto lo sviluppo completo, oscilla fra 10 e 30 m.
Si ha poi uno strato costituito da arbusti e piante molto giovani. L'ultimo strato, il più basso, è
rappresentato dalle piante erbacee che si trovano al livello del suolo.
6
Fauna della foresta pluviale
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Le foreste pluviali sono gli ecosistemi più complessi della Terra, in quanto ospitano un numero
incredibilmente elevato di specie animali; la maggior parte di queste specie è rappresentata da
insetti e da numerosi gruppi di invertebrati. Una foresta pluviale molto estesa, come quella
amazzonica, può contenere più di dieci milioni di specie animali, la maggior parte delle quali, però,
non è ancora stata studiata e censita ufficialmente.
I mammiferi che vivono nelle foreste pluviali sono perlopiù arboricoli: anche un vertebrato di
grandi dimensioni come l'orango, presente nelle isole del Borneo e di Sumatra, si è evoluto in modo
tale da trascorrere la maggior parte del proprio tempo fra gli alberi. La spiccata varietà di molti
gruppi animali, quali ad esempio gli uccelli, può essere parzialmente spiegata dal fatto che ogni
singola sottospecie tende ad abitare in uno specifico strato della foresta. Nelle fasce costiere della
foresta amazzonica la varietà dei vertebrati è incrementata dal vasto numero di pesci che
colonizzano tali zone in occasione delle periodiche inondazioni per nutrirsi di frutta, semi, insetti e
di tutti gli altri elementi commestibili che cadono, dagli alberi, in acqua.
Molte specie animali si sono evolute adattandosi alle particolari condizioni ambientali: alcuni
mammiferi presenti nelle foreste del continente americano, ad esempio molte scimmie e alcuni tipi
di istrici, hanno code prensili che consentono loro non soltanto di muoversi più agilmente, ma anche
di poter raggiungere cibo altrimenti inaccessibile. Molti animali delle foreste pluviali asiatiche
hanno invece sviluppato la capacità di passare agilmente da una pianta all'altra.
L'interazione tra la flora e la fauna è dunque una delle principali caratteristiche delle foreste
pluviali. Molti gruppi animali, in particolar modo gli insetti e gli uccelli, impollinano gli alberi,
garantendo la possibilità di riprodursi anche a tutte quelle piante che, in un ambiente ristretto come
quello della foresta, non potrebbero affidarsi all'azione del vento. Gli insetti traggono nutrimento
dal nettare e in cambio impollinano i fiori sui quali si posano successivamente.
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Dopo che si è formato il frutto, le piante delle foreste pluviali si servono degli animali per
disperderne i semi. Questa attività, generalmente, è svolta dagli uccelli e dai mammiferi; nella
pianura alluvionale amazzonica questo ruolo è assunto però anche dai pesci. Alcuni gruppi animali
garantiscono la protezione di varie specie vegetali facendone, in cambio, la loro abitazione. Le
formiche sono molto diffuse nelle foreste pluviali, in ognuno dei cinque strati sopra citati: vivendo
nelle cavità naturali di alcune piante, le formiche forniscono loro sostanze nutritive, proteggendole
inoltre, in molti casi, dagli animali che si nutrono di foglie e semi.
7
Importanza delle foreste pluviali
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È ormai riconosciuto da molti scienziati che le foreste pluviali sono molto più preziose come risorse
a lungo termine, se lasciate intatte, di quanto possano esserlo se convertite in terreni per il pascolo o
per l'agricoltura. Le foreste pluviali costituiscono la più grande biomassa esistente del pianeta: esse
forniscono un'enorme quantità di legno pregiato, impediscono l'erosione del terreno, regolano il
deflusso superficiale delle acque e stabilizzano il clima.
Poiché, come si è detto, le foreste pluviali contengono la più ampia varietà di specie animali e
vegetali del pianeta, esse rappresentano anche delle enormi banche genetiche dalle quali sarà
possibile ricavare, in futuro, nuovi alimenti e nuovi tipi di sostanze curative. Fra i medicinali che
sono già stati ricavati dalle piante delle foreste pluviali si ricordano la diosgenina, un agente
presente nelle pillole anticoncezionali; la reserpina, utile a chi ha problemi cardiaci; il curaro,
impiegato nella chirurgia cardiaca e polmonare.
8
Le foreste e l'uomo
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L'intervento dell'uomo influisce notevolmente sull'integrità delle foreste pluviali. I cicloni, gli
incendi forestali, le malattie, le erosioni del terreno e tutti gli altri fattori naturali incidono in
maniera minima rispetto al diboscamento, che l'uomo attua sempre più massicciamente per costruire
nuove strade, per estrarre minerali o per creare nuovi terreni per pascoli e coltivazioni. Spesso viene
praticato il sistematico diboscamento di piccole aree, che vengono poi abbandonate dopo due o tre
anni di coltivazione, ovvero non appena le sostanze nutritive del suolo si esauriscono: malgrado
queste aree, una volta abbandonate, tornino velocemente a ricoprirsi di vegetazione spontanea, la
foresta non riuscirà probabilmente a recuperare il suo aspetto originario se non dopo alcune
centinaia d'anni.
Il fenomeno del diboscamento si è progressivamente intensificato a partire dagli anni Settanta e
alcune foreste (ad esempio quelle australiane) cominciano a esserne seriamente minacciate. La
foresta dell'Amazzonia, regione sulla quale si concentra l'attenzione mondiale, si sta riducendo
sempre più a causa di ambiziosi programmi governativi, quali la colonizzazione delle fasce
limitrofe alla strada Transamazzonica. Benché sia difficile stimare la portata del diboscamento
mondiale si ritiene che, ogni anno, circa 310.000 km² di foresta pluviale siano distrutti o seriamente
danneggiati.
La perdita di biodiversità, l'estinzione di varie specie di animali e il riscaldamento del globo (dovuto
all'incremento d'anidride carbonica) sono le conseguenze più preoccupanti della distruzione delle
foreste pluviali. Le nostre conoscenze sull'ecologia delle foreste pluviali sono ancora talmente
limitate che corriamo il rischio di assistere a estinzioni su larga scala prima ancora che si possa
capire con precisione quali ripercussioni potrebbero derivarne per l'umanità e per il pianeta.
Fortunatamente, alcune organizzazioni nazionali e internazionali si stanno occupando in maniera
specifica, sin dagli anni Settanta, della conservazione e della salvaguardia delle foreste pluviali
ricercando, ad esempio, nuove alternative economiche per contrastare i massicci diboscamenti.
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