c`è la paura di perdere la connessione con gli altri

IL CAFFÈ 13 gennaio 2013
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Dal web al libro, il successo di un’idea
Il sito web “theburninghouse.com” di Foster Huntington, giovane
ventiquattrenne newyorkese, ha avuto un incredibile successo, tant’è
che è stato pubblicato persino un libro “The Burning House: What
would you take?”, tratto dal sito Internet. Adesso Huntington ha
lasciato il suo lavoro a Manhattan per occuparsi esclusivamente di
questo nuovo e divertente impegno. E così gira per il mondo
raccogliendo foto, racconti e aneddoti sul tema.
(
PAOLO
ATTIVISSIMO
(
B
asta un “gioco” per svelare la personalità
di chiunque, un test, se volete, per scoprire la nostra intimità. Basta ipotizzare che
la casa sia in fiamme e chiedere cosa salveremmo. D’istinto. Le scarpe nere di
Christian Laboutin, il portagioie della nonna, il passaporto e l’iPhone? Ma anche la Bibbia, la scatola
zeppa di lettere, il laptop, la macchina fotografica e
le chiavi dell’auto. Basta sfogliare le pagine web di
thebourninghouse.com per rendersi conto che
ognuno di noi, nel malaugurato caso dovesse fuggire in fretta e furia dal rogo della propria casa, si preciterebbe a salvare le “cose” che, in quel momento,
ritiene siano le più importanti della sua vita. Svelando così almeno uno spicchio del suo vero essere...
Se la casa brucia, cosa porti con te? In pochi istanti,
senza avere il tempo di pensarci. Un vero e proprio
conflitto tra ciò che è utile, prezioso o ha solo un valore affettivo. Il Caffè ha girato la domanda a sei testimonial chiedendo loro di fotografare cosa salverebbero. C’è chi porterebbe con sé lo stretto indispensabile e chi, invece, tutto il possibile. Matteo
Vanetti, programmatore musicale e dj di Radio Fiume Ticino, prenderebbe: “Il MacBook, la sciarpa
con le trecce ‘Frav Torino’, la Freitag, la piramide
portafortuna, l’iPhone carico e la carica aggiuntiva,
un paio di cuffie, la catena dei jeans e l’edizione limitata dell’LP Massive”. Ma non è il solo ad essere
minimal: “Ho scelto poche cose, ma per fare shopping c’è sempre tempo - scherza Julie Arlin, presentatrice meteo Rsi -. Salverei il MacBook, perché è la
mia casa. Poi il caricatore per ovvi motivi. Il cappello panama ricordo di Saint Tropez e la bandiera
francese che rappresenta l’attaccamento per la patria di mio padre. La maschera Maori, ricordo di un
viaggio in Nuova Zelanda particolarmente signifi-
Una scelta che riflette
gli interessi o i ricordi
del passato, ma anche
il bisogno di riferimenti
da cui ricominciare
cativo, e un paio di scarpe che non indosso più, ma
che rappresentano le prime uscite, gli amici, la prima indipendenza”. Così come il pugile Roberto Belge: “I guantoni del match che mi ha cambiato di più
caratterialmente, la cintura di campione del mondo, il computer che contiene le foto cui tengo di più
e due libri ai quali sono molto affezionato ‘Fante’ e
‘The 16th round’, regalo di due persone che ho nel
cuore”.
C’è chi sceglie oggetti che riflettono i suoi interessi,
chi cose legate al passato e chi si dà precise priorità.
Porterebbe più cose Stefano Lappe, studente di diritto all’università di Zurigo: “Un album che mi ricorda gli affetti di casa, la medaglia d’oro della mia
prima gara di sci, un cd del concerto dei Coldplay a
Zurigo quest’estate, il passaporto, il coniglio Matisse, computer, iPhone e la penna regalo del nonno
per un’occasione importante. Ma anche l’orologio
ricevuto dai miei genitori per la maturità, un’antica
macchina fotografica, il cd di Gaber Libertà è partecipazione, più una foto e una lettera in ricordo del 1
agosto 1997 sul Rütli con la consigliera federale Micheline Calmy-Rey, che rappresentano l’inizio della
mia passione politica”.
Paolo Attivissimo, giornalista e divulgatore informatico fa una precisa selezione: “I computer e i mobili si ricomprano; i dati, i ricordi e gli oggetti unici
no. Salverei i volumi d’epoca e quelli regalati dalle
persone care, i gioielli e le foto di famiglia non ancora digitalizzate, i dischi rigidi che contengono le nostre cose, i libri e i dvd firmati dagli astronauti che
sono stati sulla luna”. Ecco cosa salverebbe invece
Francesca Bordoni Brooks, imprenditrice nella comunicazione: “Le mie cucciole, Daiki e Daisuke, il
sacchettino di amuleti, le foto dei miei figli, le scarpe comode, gli orecchini perché mai senza, il burro
cacao, la crema idratante, il caffé solubile, il mio
vaso che non ha mai visto fiori, la coperta di Snoopy
perché sono freddolosa ed è la preferita dalle cucciole, il cellulare, matita, penna e il moleskine”. E
voi?
[email protected]
Q@simplypeperosa
TRA
L’ISTINTO
I computer
e i mobili si
ricomprano; i dati
i ricordi e gli
oggetti unici no...
CAROLINA CENNI
(PARENTESI
ROBERTO
BELGE
I guantoni del
match che mi
ha cambiato
di più, la cintura
e due libri
Dal MacBook
al coniglio.
Dai guantoni
ai cd a... Daisuke.
Il carattere di
alcuni personaggi
rivelato dagli
oggetti che hanno
ripreso
per il Caffè
(
MATTEO
VANETTI
Il MacBook, la
Freitag, l’iPhone,
le cuffie e una
piramide
portafortuna
LA PERSONALITÀ SVELATA
DA UN GIOCO. LA PROPRIA
MENTE MESSA A NUDO
DA UNA SINGOLARE DOMANDA.
E ALCUNI SCATTI RIVELANO
L’INTIMA AFFETTIVITÀ
SE LA CASA (
BRUCIA....
COSA PORTI CON TE?
FRANCESCA
BORDONI BROOKS
Le mie due
cucciole e la
copertina di
Snoopy, dove
stiamo spesso
raggomitolate
(
JULIE ARLIN
Un paio di
scarpe che non
indosso più, che
rappresentano
però la mia
adolescenza
SEI TESTIMONIAL
FOTOGRAFANO
GLI OGGETTI
CHE SALVEREBBERO
DALLE FIAMME
L’ANTROPOLOGA
“C’È LA PAURA
DI PERDERE
LA CONNESSIONE
CON GLI ALTRI”
ELISABETTA
MORO
Docente di
antropologia
all’Università
di Napoli
C
(
ompare sempre uno smartphone, un tablet
o un computer portatile da salvare dalle
fiamme. Che si tratti dei testimonial nostrani o degli utenti del sito theburninghouse.com,
non importa. Le persone salvano i gadget tecnologici: “Sì perché ormai sono molto oltre la tecnologia. Di fatto sono diventati oggi i nostri oggetti transizionali, ossia quelli attraverso cui stiamo nel
mondo - spiega al Caffè Elisabetta Moro, docente
di antropologia culturale all’Università di Napoli -.
Linus non poteva vivere senza la sua copertina, noi
non possiamo più vivere senza essere connessi al
mondo. Gli strumenti tecnologici creano un mondo virtuale, che però non è solamente virtuale, ma
anche affettivo. Quello che producono è la nostra
realtà, non un’irrealtà. È chiaro che salvandoli salviamo più di un oggetto. Salviamo un mondo reale,
un mondo di relazioni”.
Non è un caso, infatti, se un noto antropologo della
contemporaneità come Marino Niola, nel suo libro“Miti d’oggi”, li chiama “mitoidi”: “Si tratta di
gadget che hanno mutato la nostra vita - prosegue
Moro -. Che hanno messo in moto una mitologia,
per questo vengono definiti così. Sono oggetti che
STEFANO
LAPPE
Una foto e una
lettera che
segnano
l’inizio della mia
passione politica
nell’immaginario hanno la stessa forte carica dei
miti antichi, solo che lo sono in una maniera un po’
meno significativa, meno di lunga durata. Però trascendono la realtà e noi siamo assolutamente attratti e sedotti da questi oggetti-concetti. Sono dei
miti che illuminano per un breve momento la nostra galassia esistenziale, ma in modo molto vivido”.
La maggior parte di noi è colpita e conquistata da
quell’oggetto e dalle sue funzioni, poi, magari, tra
cinque anni saranno sorpassati. Oggi, però, rappresentano il non plus ultra della potenzialità, della virtualità e della possibilità di connettersi con gli
altri. Sono il nostro processore del mondo, sottolinea Moro: “Se brucia la casa finisce una parte storica di noi, il nostro passato. Il fatto di salvare smartphone e tablet, per esempio, potrebbe essere un
modo per immaginarsi già nel futuro. Si salva ciò
che produce futuro, quindi gli strumenti tecnologici. Salvando il vecchio maglione della nonna o
l’anello di fidanzamento ci si tiene ancorati al passato. Salvando questi oggetti si innesca, invece, un
meccanismo per proiettarsi nel futuro anche se la
casa brucia”.