La vite (Vitis spp.) è una delle più importanti specie nel panorama agricolo
piemontese, nazionale ed internazionale. Essa, però, è una pianta soggetta a
diverse ampelopatie, di cui una parte di natura abiotica e, per la maggior
parte, di natura parassitaria (virus, fitoplasmi, batteri, funghi, ecc…).
I virus che colpiscono la vite sono almeno 50; sono parassiti obbligati,
intracellulari, diffusi in natura da organismi vettori (insetti, acari,
nematodi, funghi unicellulari). Al momento non esistono possibilità di terapia
in pieno campo sulle piante virosate; è pertanto di grande importanza la
prevenzione, che può essere attuata soprattutto mediante il controllo sanitario
del materiale di propagazione.
Una delle virosi più gravi che colpiscono la vite è la degenerazine infettiva o
complesso dell’arricciamento. La degenerazione infettiva è causata da nepovirus,
il principale e di gran lungo il più diffuso dei quali è il GFLV (Grapevine Fan
Leaf Virus). I ceppi deformanti di GFLV inducono malformazioni delle foglie
(seni peziolari aperti, prezzemolatura, foglie asimmetriche, bollosità del
lembo, nervature ravvicinate) e, spesso, mosaicature fogliari, minor vigore
vegetativo e produzioni ridotte per qualità e quantità. I sintomi sono visibili
anche sugli organi assili con internodi raccorciati e/o di lunghezza irregolare,
crescita a zigzag, nodi doppi, fasciazioni, appiattimenti e biforcazioni. I
ceppi cromogeni sono responsabili del “giallume infettivo”.
Lo scopo del presente lavoro è stato quello di ottenere linee sane di vite a
partire da materiale infetto da GFLV attraverso due metodi di risanamento: la
termoterapia in vitro e l’embriogenesi somatica, comparandone l’efficienza
nell’eradicazione del virus. Il lavoro è stato svolto presso i laboratori del
Dipartimento di Colture Arboree dell’Università degli Studi di Torino,
nell’ambito dei programmi di selezione e conservazione del germoplasma viticolo
seguiti dall’Unità di Grugliasco dell’Istituto di Virologia Vegetale (IVV)–CNR.
Per la termoterapia sono state fatte sviluppare piante in vitro a partire da
gemme della cultivar Roussan. Una volta che queste piante hanno raggiunto
un’altezza di 3–4 cm sono state divise in due gruppi: una parte è stata
sottoposta ad un trattamento a temperatura costante di 34°C e un fotoperiodo
giornaliero di 16 ore (50 μmol.m-2.s-1), l’altra metà ha subito una terapia
caratterizzata dall'alternanza di 12 ore a temperatura di 34°C e 12 ore a 22°C,
mentre il fotoperiodo giornaliero risulta essere 10 ore di luce e 14 ore di
buio, con l'illuminazione che inizia 2 ore dopo l'innalzamento della
temperatura.
Il periodo di trattamento è terminato in entrambi i casi nel momento in cui i
singoli individui hanno iniziato a mostrare accentuati segni di deperimento. Da
essi veniva prelevata la gemma apicale e la prima gemma ascellare che,
trasferite su idoneo substrato di coltura, hanno sviluppato una nuova pianta
successivamente micropropagata.
Il secondo metodo di risanamento utilizzato è stato l’embriogenesi somatica.
Durante il periodo che precede la fioritura, da viti delle cultivar Cari,
Provinè e Roussan sono state prelevate le infiorescenze; da esse sono stati
isolati gli ovari e le antere, coltivati in vitro su un substrato inducente la
formazione di callo embriogenico. Dalla germinazione degli embrioni somatici
formatisi si sono originate nuove piante e dalla micropropagazione delle singole
piante sono state ottenute oltre 50 linee.
Le piante ottenute sia dalla termoterapia che dall’embriogenesi somatica sono
stati infine saggiate per rilevare la presenza del GFLV con la tecnica della
reverse-transcription polymerase chain reaction (RT–PCR), un metodo di diagnosi
molecolare che indica l’eventuale presenza di un determinato segmento di DNA
attraverso la presenza di una banda visibile ai raggi UV in un gel di agarosio.
Le analisi molecolari effettuate sulle piante ottenute per embriogenesi somatica
hanno fatto registrare percentuali di risanamento leggermente inferiori alla
termoterapia (98% di linee risanate contro il 100%); va tuttavia sottolineato il
fatto che tali risultati sono stati ottenuti senza sottoporre gli espianti ad un
preventivo trattamento termico, precedentemente indicato in letteratura come
indispensabile.
Il lavoro svolto sulla termoterapia ha dimostrato l’efficacia di tale tecnica,
limitatamente alle circa 40 linee saggiate. Per quanto riguarda il confronto tra
termoterapia a temperatura costante e a temperature alternate, la seconda
tecnica ha confermato di causare un minore stress alle piante e conseguentemente
di consentire un più lungo periodo di trattamento termico (da cui,
potenzialmente, potrebbe derivare una più alta percentuale di risanamento). Le
altissime percentuali di successo nel risanamento anche con la tecnica
tradizionale di termoterapia a temperatura costante non hanno permesso di
apprezzare i potenziali miglioramenti conseguibili con la termoterapia a
temperature alternate; tuttavia anche questa seconda tecnica ha dato risultati
altamente soddisfacenti e potrebbe venire adottata in situazioni in cui – per
problemi legati al tipo di materiale, alla cultivar, ai virus presenti – la
tecnica tradizionale presenti particolari difficoltà.