Dispensa superiori - del Pianeta Terra

Dr. Pier Luigi Pellegrino e Dr. Ilaria Selvaggio.
Il 2008 è stato proclamato l’Anno Internazionale del Pianeta Terra
dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo scopo del progetto “Pianeta
Terra” è di mostrare le nuove ed emozionanti vie in cui le Scienze della Terra
possono aiutare le generazioni future nel comprendere i cambiamenti del
nostro pianeta e soprattutto nel creare un mondo più sicuro e prosperoso.
L’iniziativa è promossa dal Dipartimento di Scienze della Terra e dal
Dipartimento di Scienze Mineralogiche e Petrologiche della Facoltà di Scienze
MFN, va proprio in questa direzione: portare le Scienze della Terra
all’attenzione di tutti attraverso un progetto di diffusione della cultura
geologica.
Responsabile del progetto:
Dr. Giuseppe Mandrone.
Autori della dispensa per la Scuola Secondaria di II grado:
Dr. Pier Luigi Pellegrino e Dr. Ilaria Selvaggio
INDICE
INTRODUZIONE………………………………………………………………………….2
Descrizione dell’attività: contenuti e obiettivi……………………………………………..3
CONTENUTI PROPEDEUTICI…………………………………………………………..5
La terra e i processi che la trasformano…………………………………………………...5
Le rocce possono avere diverse origini…………………………………………………....7
Il ciclo delle rocce………………………………………………………………………..10
I processi che trasformano il paesaggio…………………………………………………..10
APPROFONDIMENTI…………………………………………………………………...14
I tempi geologici………………………………………………………………………...14
Glossario………………………………………………………………………………..14
Links……………………………………………………………………………………17
Letture consigliate………………………………………………………………………18
SCHEDE DI APPROFONDIMENTO…………………………………………………...19
Atollo…………………………………………………………………………………...19
Delta fluviale……………………………………………………………………………20
Sacra di San Michele…………………………………………………………………….21
Le radiolariti…………………………………………………………………………….22
Pillow lavas………………………………………………………………………...……23
Pirite e batteri……………………………………………………………………...……24
Scisti……..………………………………………………………………………...……25
Serpentinite....……………………………………………………………………...……26
Dip. Scienze della Terra, Università degli Studi di Torino
INTRODUZIONE
Osservare la superficie del pianeta è come sfogliare un vecchio
libro, di cui le rocce sono pagine che raccontano il loro
passato e quello del nostro pianeta.
E’ questa una delle affermazioni che si trovano nella
Dichiarazione internazionale dei diritti della “Memoria della Terra”
redatta il 13 giugno 1991, a Digne. Il documento, i cui
contenuti non smettono di essere attuali, sottolinea come la
Terra conservi la memoria del proprio passato: nelle rocce si
possono trovare indizi sulla loro formazione e nella
morfologia dei paesaggi c’è la testimonianza degli antichi
processi che li hanno modellati.
Le rocce sono come pagine di pietra
del libro della Terra.
E la superficie della Terra è anche quel luogo, unico ed eccezionale, in grado di accogliere, ospitare
e sostentare la vita: per questo l’uomo, insieme agli altri esseri viventi, dipende dalla Terra e ad essa è
indissolubilmente legato.
Lo studio della geologia offre gli strumenti per capire quali
meccanismi hanno originato l’ambiente attuale; si tratta di
processi lentissimi, inimmaginabili se paragonati ai tempi umani,
tanto da fare pensare che il pianeta sia immutabile. Svelare
queste conoscenze ci aiuta a comprendere meglio il rapporto
che lega l’uomo alla Terra, lì dove l’interazione tra i due è più
forte.
L’intervento per le classi della scuola media superiore presenta il
ruolo del geologo come esperto che guida i ragazzi verso la
comprensione di fenomeni passati, per poter meglio interagire
con l’ambiente presente e fornirci così maggiori gradi di
In natura roccia ed esseri viventi
intrecciano profondi legami
previsione per il futuro: sono le pagine ancora da scrivere e ciò
che sarà scritto dipende anche da noi.
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Dip. Scienze della Terra, Università degli Studi di Torino
Dichiarazione internazionale dei diritti della “Memoria della Terra”.
Il documento, presentato dall’UNESCO, riporta tra i punti principali le direttive fondamentali per la
salvaguardia e la protezione degli ambienti naturali; tutte le autorità nazionali e internazionali
competenti sono esortate ad una presa di coscienza dell’unicità del Pianeta Terra, nella necessità di
attuare politiche di geoconservazione in una visione di sviluppo sostenibile di livello mondiale.
Questo il testo:
1.
Così come la vita umana è considerata unica, è giunto il tempo di riconoscere l'unicità della Terra.
2.
La Madre Terra ci sostiene; noi siamo legati ad essa, che rappresenta pertanto il legame fra tutti gli
uomini per tutta la loro vita.
3.
La Terra ha un'età di quattro miliardi di anni ed è la culla della vita, nel corso delle ere geologiche ha
subito innumerevoli cambiamenti che hanno determinato la sua lunga evoluzione che ha condotto alla
formazione dell'ambiente in cui viviamo attualmente.
4.
La nostra storia e quella della terra sono inseparabili; le sue origini e la sua storia sono le nostre, il suo
futuro sarà il nostro futuro.
5.
La superficie della terra è il nostro ambiente, esso è diverso non solo da quello del passato, ma anche da
quello del futuro. Adesso noi siamo compagni della terra e suoi guardiani soltanto momentanei.
6.
Come un vecchio albero conserva la registrazione della sua vita, la terra mantiene le "memorie"dei passato
scritte nelle sue profondità e nella sua superficie, nelle rocce e nel paesaggio; questa sorta di
registrazione può
anche essere tradotta.
7.
Dobbiamo stare attenti alla necessità di proteggere il nostro patrimonio culturale, le "memorie" del genere
umano. E’ giunto il momento di proteggere il patrimonio naturale e l'ambiente fisico, perché il
passato della terra
non è meno importante di quello dell'uomo. E’ ora per noi d'imparare a conoscere
questo patrimonio e quindi
leggere questo libro del passato, scritto nelle rocce e nel paesaggio prima del
nostro avvento.
8.
L'uomo e la terra formano un patrimonio comune. Noi e i governi siamo soltanto custodi di
quest'eredità. Tutti gli esseri umani debbono capire che il più piccolo danno arrecato può mutare, distruggere
o produrre danni irreversibili. Ogni forma di sviluppo dovrebbe rispettare le singolarità di
quest'eredità.
9.
I partecipanti al I Convegno Internazionale sulla Conservazione del nostro patrimonio geologico, che ha
visto la partecipazione di più di 100 specialisti, provenienti da più di 30 nazioni, chiedono urgentemente a
tutte le autorità nazionali e internazionali di dare pieno appoggio alla necessità di tutela del
patrimonio della
nostra Terra, e di proteggerlo con tutte le misure legali, finanziarie e organizzative che potrebbero essere necessarie.
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Descrizione dell’attività: contenuti e obiettivi
Durante l’incontro gli studenti osserveranno campioni di rocce e immagini di paesaggi: aspetti del
pianeta familiari, forse addirittura banali, che con l’aiuto degli esperti si arricchiranno di significati
nuovi. L’obiettivo è scoprire quali aspetti nascosti del nostro pianeta può svelare lo studio delle
Scienze della Terra.
L’incontro in classe è strutturato in quattro parti e prevede l’utilizzo di un computer e un
videoproiettore o, dove questi non siano presenti, di un proiettore di diapositive (quest’ultimo se
necessario fornito da chi svolgerà l’incontro); saranno utilizzati anche campioni di roccia, portati
dal personale che animerà l’attività.
Le fasi sono descritte di seguito:
1 -Cose mai viste!
Per rompere il ghiaccio, coinvolgere gli studenti e stimolarne la curiosità verrà proposta una serie di
fotografie di rocce scattate al microscopio o immagini da satellite: si tratterà di fotografie a forte
impatto estetico, ma non riconducibili a qualcosa di familiare; come in una sorta di quiz gli studenti
dovranno ipotizzare cosa rappresentano le immagini proposte, dando sfogo all’immaginazione. In
seguito sarà spiegato cosa rappresenta ciascuna immagine, con quale tecnica è stata prodotta e per
quali studi viene utilizzata: il viaggio alla scoperta del pianeta incomincerà così da un insolito punto
di vista.
2-Paesaggi familiari…tutti da scoprire.
In questa seconda parte sarà proposta l’osservazione di paesaggi conosciuti e forse per questo
considerati meno interessanti di luoghi esotici. Anche in questo caso sarà indispensabile il
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coinvolgimento degli studenti, che saranno guidati nella scoperta delle conoscenze che la morfologia
può rivelare: dati sulla storia di un paesaggio e informazioni sul suo ruolo attuale che i geologi, grazie
ai loro studi, sanno decifrare.
3-Una roccia, una storia.
Analogamente al paesaggio, anche le rocce nascondono segreti sul loro passato…ma lo scienziato è
in grado di svelarli. Maneggiando i campioni di roccia i ragazzi potranno osservarne le caratteristiche
macroscopiche: queste sono in grado di fornire le informazioni per una prima classificazione. Ma si
scoprirà che studi approfonditi (come, ad esempio, quelli al microscopio che hanno permesso di
ottenere le immagini viste in precedenza) permettono di capire quanto tempo fa e attraverso quali
processi si è formata una roccia. E ancora, quali sono le sue caratteristiche fisico-chimiche e le sue
relazioni col mondo dei viventi.
4-La Terra e l’uomo.
Simon Gurney
Lo studio delle rocce è un viaggio di scoperta affascinante, ma come suggerito nelle varie fasi
dell’incontro è anche fondamentale per comprendere l’interazione dell’uomo con il pianeta che lo
ospita. L’ultima fase dell’incontro sarà una riflessione su come la Terra sia in relazione con i viventi
e in particolare con l’uomo. Si citeranno alcuni brevi esempi -come la relazione fra tipi di suolo e
vegetazione o le risorse del sottosuolo- per sottolineare come la superficie inanimata del pianeta sia
alla base della vita: motivo per cui la Terra va rispettata e protetta.
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CONTENUTI PROPEDEUTICI
Le rocce che affiorano sulla superficie del pianeta svolgono un ruolo di primaria importanza nel
determinare le forme del paesaggio, eindirettamente i climi, gli habitat naturali.
La presenza stessa dell’uomo su un territorio è condizionata dall’accessibilità dei luoghi che abita; la
cultura e le tradizioni locali sono fortemente legate alla natura geologica del territorio in cui l’uomo
vive ed opera.
Ma che origine hanno le rocce? Da dove vengono? In quale era geologica si sono formate?
Ci sono rocce che hanno la stessa età della Terra (alcuni tipi di meteoriti) e altre che si formano sotto
i nostri occhi (lave incandescenti).
Alcune rocce sono state testimoni dirette di cataclismi e cambiamenti climatici eccezionali e ne
hanno conservato, per migliaia di anni e fino ad oggi, testimonianze uniche: in alcuni calcari si
possono ritrovare impronte o resti di organismi animali ormai scomparsi. Altre conservano segni
indelebili, come cicatrici, degli sforzi compiuti per edificare una catena montuosa: le pieghe e le
fratture nelle rocce metamorfiche. Altre ancora, come i basalti sottomarini, ci “confidano” che il
fondo degli oceani è in continuo movimento o che il Polo Nord e il Polo Sud magnetico si sono
scambiati di posto più volte negli ultimi milioni di anni.
Da questo punto di vista, ecco che le rocce non ci appaiono più come materia statica, ma come
chiavi di lettura delle ere geologiche passate.
La Terra e i processi che la trasformano
Una delle scoperte più rivoluzionarie della geologia
moderna è stata la teoria della tettonica delle
placche.
Wegener fu lo studioso che, osservando le
similitudini tra le linee di costa tra l’Africa e Le
Americhe, e in base ad altri studi sulle affinità tra la
fauna e la flora dei due continenti, per primo
suppose che un tempo quelle due terre facessero
parte di un unico continente chiamato col termine
di Pangea. Paragonò le terre emerse a grosse
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Suddivisione schematica
superficiali della Terra.
degli
involucri
più
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zattere rigide (placche) galleggianti e in movimento su uno strato più profondo.
Oggi sappiamo che l’involucro più esterno della Terra (litosfera) si comporta rigidamente in risposta
ai continui flussi di materia che avvengono nello strato sottostante (astenosfera) che, alla scala dei
tempi geologici (milioni di anni), reagisce invece in modo plastico.
La litosfera è così suddivisa in 7 principali placche rigide in continuo movimento reciproco
sull’astenosfera.
I limiti tra le diverse placche che formano lo strato più superficiale della Terra non corrispondono ai
limiti di costa degli attuali continenti emersi, ma si possono riconoscere a migliaia di metri di
profondità sotto il livello del mare, oppure nei continenti in corrispondenza di catene montuose
emerse. Nelle zone in cui le placche si allontanano si formano delle dorsali oceaniche. Là dove si
avvicinano, fino a portare allo scontro le placche continentali, si hanno le fosse oceaniche.
Le dorsali oceaniche sono quelle zone in cui l’allontanamento delle placche con velocità relative
dell’ordine di 1-15 cm l’anno provoca l’espansione degli oceani; in questi ambienti, catene di vulcani
sottomarini generano nuova crosta (basalti – lave a pillow).
Al contrario, in corrispondenza delle fosse oceaniche, la crosta viene distrutta: la crosta oceanica è
più pesante e finisce sotto quella continentale (subduzione).
Quando due placche continentali si avvicinano fino a scontrarsi la collisione genera lo sviluppo di
elevate catene montuose.
La storia completa di una catena montuosa come le Alpi è
il risultato di due fenomeni, l'allontanamento e poi
l'avvicinamento di due continenti (o meglio placche):
l'Europa e l'Africa.
In un periodo compreso tra 250 e 300 milioni di anni fa
tutti i continenti erano riuniti, a formare un’unica grande
placca, la Pangea. Successivamente gli spostamenti di
materia nelle profondità sotto la crosta di questo unico
continente cominciarono a distenderla e a spezzarla,
provocando, in milioni di anni, la nascita e l'espansione di
nuovi oceani posti tra le terre emerse. Una delle più recenti
"rotture" (160 - 170 milioni di anni dal presente) ha dato
vita all'Oceano Atlantico e ad un piccolo oceano (oceano
Ligure-Piemontese) che ha poi avuto vita breve. Questo
perchè l'Africa (100 - 80 milioni di anni dal presente)
cambiando rotta cominciò poi ad avvicinarsi all'Europa.
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Questo movimento portò ad una progressiva e completa scomparsa dell'oceano Ligure-Piemontese
e alla successiva collisione dei due continenti, Europa a Nord ed Africa a Sud.
Lo scontro tra i due continenti costrinse in una morsa le rocce che si trovavano nella zona di sutura,
sottoponendole a temperature e pressioni considerevoli. Da una parte quelle che appartenevano
all'oceano (ofioliti e sedimenti di copertura), dall'altra quelle che appartenevano ai due margini
continentali, crosta continentale e sedimenti di copertura. Le forti pressioni e temperature
deformarono fortemente queste rocce e le trasformarono, generando nuove rocce (metamorfismo),
creando pieghe e infine sollevando la catena alpina.
Nella costruzione della catena alpina, quando la compressione e la deformazione raggiunsero la
massima intensità, le rocce che non andarono distrutte nello scontro tra le placche furono ridotte in
cunei e frammenti che si sormontarono e si accavallarono.
Così oggi nella catena alpina si possono trovare a stretto contatto rocce profondamente diverse,
originatesi in ambienti talora molto distanti fra loro.
Le rocce possono avere diverse origini.
Le rocce magmatiche o ignee (dal latino ignis: fuoco)
si formano per il raffreddamento di un magma
edificio vulcanico
lava
incandescente
camino o
condotto
incandescente. Quando il magma si raffredda in
superficie si formano rocce vulcaniche (o effusive), ad
roccia solida
esempio basalti, rioliti, ossidiane. Rocce di questo tipo
si ritrovano in prossimità di vulcani attivi oppure
come testimonianze di edifici vulcanici ormai
scomparsi, o ancora sono presenti in abbondanza
lungo le dorsali oceaniche, vere e proprie catene
camera
magmatica
montuose sommerse dai mari.
Se il magma si raffredda in profondità, si formano
rocce plutoniche (o intrusive), generalmente massicce
Il magma fuso, all’interno di una camera
magmatica, risale lungo il camino, fuoriesce in
superficie sottoforma di e solidificandosi diventa
roccia.
e con grossi cristalli, come quelli dei graniti o dei
gabbri.
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L’origine delle rocce sedimentarie è invece legato all’accumulo
progressivo di frammenti di altre rocce. Quando questo accumulo
(detto sedimento) viene sepolto sotto strati di nuovo materiale, la
pressione e la temperatura aumentano di centinaia di volte e
prendono il via alcuni processi fisici (il cui insieme prende il nome
di litificazione o diagenesi) che schiacciano, comprimono i
sedimenti fino a creare una roccia compatta e resistente. Quando
queste trasformazioni non sono così intense da distruggere le
tracce degli animali o dei vegetali che sono rimaste nei sedimenti,
le rocce sedimentarie possono conservare dentro di sé le
In
alcuni
casi
l’originaria
stratificazione
orizzontale
dei
sedimenti si conserva anche nelle rocce
litificate.
testimonianze di organismi estinti da milioni di anni: i fossili.
Tra le rocce sedimentarie le più note sono i calcari, le arenarie, i
gessi e i travertini.
Le rocce metamorfiche, sono i prodotti di trasformazione di rocce già formate.
Nel processo di metamorfismo (dal greco meta-morphos: cambio di forma) le modifiche che
vengono indotte nella roccia riguardano sia i minerali che la costituiscono sia la sua struttura. In
alcuni casi avvengono cambiamenti chimici nei minerali allo stato solido; in altri casi alcuni minerali
possono fondere a causa delle alte temperature e combinandosi dare origine a nuovi minerali.
Possiamo così dire che uno gneiss era in precedenza un granito, una lastra di marmo era un calcare,
una lavagna (ardesia) era un’argilla e così per quasi tutte le rocce metamorfiche.
In quest’ultima categoria rientrano la maggior parte delle rocce che compongono le Alpi (gneiss,
scisti).
Sequenza ideale di formazione di piega in una roccia metamorfica.
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Il ciclo delle rocce
Le rocce sono i materiali più “riciclati” in natura. Le rocce magmatiche si formano per
raffreddamento di un magma (cristallizzazione). Una volta in superficie le rocce si frammentano per
alterazione chimica e fisica (erosione). Gli agenti atmosferici trasportano i frammenti verso bacini di
accumulo (bacini marini), sul cui fondo si depositano in strati. Con il passare del tempo, l’accumulo
progressivo di materiale aumenta la pressione e la
temperatura, producendo rocce sedimentarie
(litificazione)
e
più
in
profondità
–dove
temperatura e pressione sono ancora più alte rocce metamorfiche (metamorfismo). Saranno i
processi orogenetici a rimettere in gioco le rocce
così formate, portandole in a profondità tali da
farle fondere o riportandole in superficie, dove i
processi erosivi daranno il via a un nuovo ciclo.
I processi di trasformazione del paesaggio
Il paesaggio naturale è estremamente mutevole. In natura esistono processi in grado di cambiare
l’aspetto del paesaggio con velocità non apprezzabili dall’occhio umano. La deriva dei continenti, ad
esempio, o i processi responsabili del sollevamento delle catene montuose agiscono, di norma, per
spostamenti continui e progressivi con velocità di qualche centimetro l’anno. Altri processi, invece,
sono in grado di mutare l’aspetto del territorio in pochi attimi. Le frane di crollo sulle ripide pareti
rocciose agiscono istantaneamente; le eruzioni vulcaniche danno luogo a colate di lava che possono
raggiungere velocità di vari metri al secondo; violente e improvvise frane di fango e detrito
percorrono alvei di piccoli torrenti montuosi con forze devastanti, aprendosi nuovi tracciati in pochi
istanti.
Ecco dunque che la superficie del pianeta Terra muta il proprio aspetto continuamente in un ciclo
ininterrotto, seppure non costante, di genesi, distruzione, trasformazione e rinascita della materia.
Nel modellamento del paesaggio ci sono sia forze che agiscono dall’interno (processi endogeni),
apportando nuova materia sulla superficie, sia forze che agiscono dall’esterno (processi esogeni),
smantellando, distruggendo e spostando la materia.
L’aspetto attuale del paesaggio è il risultato di una combinazione di processi endogeni ed esogeni che
hanno operato nell’arco di milioni di anni, alcuni dei quali tuttora in atto.
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Tra i principali processi esogeni che hanno contribuito e contribuiscono alla morfologia del
territorio piemontese tratteremo brevemente i processi glaciali, fluviali, gravitativi.
Processi glaciali
Dall’epoca della formazione del pianeta Terra (circa 4,5
miliardi di anni fa) ad oggi il clima del pianeta è cambiato
innumerevoli volte. In ere geologiche più recenti sono
stati riconosciuti periodi in cui la temperatura media annua
dell’intero globo era così bassa da favorire lo sviluppo dei
ghiacciai; e periodi mediamente più caldi in cui i ghiacciai
si sono ritirati di estensione e potenza. Nel quaternario
(era geologica che va da 2 milioni di anni fa ad oggi) il
continente europeo ha conosciuto diversi periodi di
espansione e di ritiro glaciale. Poco più di diecimila anni fa
Massima espansione dei ghiacciai 10.000
anni fa in Europa.
(durante l’ultima massima espansione glaciale), gran parte delle terre emerse del nord-europa era
occupata dai ghiacciai. In Italia le coltri glaciali coprivano per intero i settori alpini.
A circa diecimila anni di distanza dalla fine dell'ultima massima espansione glaciale, poco resta dei
grandi ghiacciai alpini.
Eppure se si eccettua l'avvento dell'uomo o le trasformazioni morfologiche che lo sviluppo urbano
ed industriale hanno comportato, il territorio montano non ha modificato quasi per nulla la propria
identità glaciale.
Come è stato possibile che il ghiaccio, notoriamente più tenero, sia riuscito a scalfire e a modellare
profondamente la dura roccia? Per comprendere come ciò sia avvenuto immaginiamo di trovarci sul
fondo di un ghiacciaio.
Con un meccanismo simile a quello dei corsi d'acqua anche i ghiacciai trasportano un carico
detritico: il trasporto avviene sia sulla superficie che per trascinamento sul fondo.
Coinvolte dal movimento del ghiacciaio e compresse dalle enormi pressioni che si generano sul
fondo, le rocce si sgretolano in frammenti più piccoli e irregolari. Il caotico miscelarsi di frammenti
spigolosi di roccia e ghiaccio opera sul fondovalle e lungo i fianchi vallivi, generando una continua
frizione che porta a modellare anche le rocce più resistenti.
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Oltre a generare una continua consunzione delle rocce (che i geologi chiamano “esarazione”) i
ghiacciai alpini, nel loro moto, hanno trasportato enormi quantità di materiale (rocce dalle
dimensioni più disparate) dalle vette verso i settori vallivi. Giunti in pianura e al termine del proprio
corso, i ghiacciai hanno abbandonato il materiale alla
fronte, disponendolo secondo cerchie concentriche
che ricalcavano la geometria di quella che era la
lingua glaciale. Col protrarsi del tempo, l’accumulo di
materiale roccioso alla fronte glaciale ha costituito
delle vere e proprie colline
(morene) dalla tipica
forma ad anfiteatro.
Le rocce montonate, i dossi levigati, le profonde
striature , ma anche i più familiari massi erratici e gli
imponenti anfiteatri morenici (quello di RivoliAvigliana o quello di Ivrea), sono alcune delle tracce
glaciali che il paesaggio ha meglio conservato nel
Schema esemplificativo di un ghiacciaio e di
alcune sue forme caratteristiche
territorio regionale piemontese.
Processi fluviali
L’acqua rivela e cancella le memorie della Terra. Alle nostre latitudini e considerando il territorio
nazionale, l’acqua è uno dei principali agenti di modellamento del paesaggio: scorre tra le rocce,
scava il proprio letto all’interno di esse, le frammenta e le trasporta con sé per chilometri dalle
montagne fino alle pianure. L’acqua, sotto forma di pioggia, comincia un primo blando
rimodellamento dei versanti, mobilizzando piccole particelle di roccia nell’impatto col suolo.
Quando scorre lungo le incisioni dei versanti sotto forma di torrente erode le sponde e il fondo del
proprio alveo, trasportando verso valle i frammenti di roccia che è in grado di strappare. In ambienti
montani le forme più tipiche di accumulo dei detriti sono i conoidi alluvionali (o conoidi di
deiezione), dalla tipica forma a ventaglio, posti dove i torrenti hanno lo sbocco nella valle principale.
Processi gravitativi (frane)
Gli agenti atmosferici (pioggia, acqua, ghiaccio, vento) degradano le superfici rocciose, fratturandole,
alterandole chimicamente, modificandone la resistenza fino a rendere instabili singole pareti
strapiombanti o interi versanti. Su rocce così alterate entra in gioco la forza di gravità, che fa cadere
verso il basso i blocchi di roccia degradati.
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Una frana è quindi il movimento di un volume di roccia, terreno o sedimenti lungo il versante per
azione della gravità. Alcuni di questi movimenti sono istantanei (le frane di crollo alla base delle
pareti rocciose o le colate
di fango e detriti), altri molto più lenti e impercettibili, anche nel caso in cui a muoversi siano interi
versanti.
Molti tipi di movimenti franosi, in particolare quelli dei versanti alpini, sono difficili da prevedere e,
soprattutto, da prevenire. Per questo motivo rappresentano un importante fattore di rischio
ambientale e di pericolo per la popolazione, a cui si tenta di ovviare con un’oculata pianificazione
territoriale.
Esempio di classificazione delle frane. Secondo la tipologia di movimento del fenomeno si distingue: crollo, ribaltamento,
rotazione, scivolamento, liquefazione (Varnes).
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APPROFONDIMENTI
APPROFONDIMENTI
I tempi geologici
La storia della Terra si dipana in tempi davvero troppo ampi per poterli intuire. L’universo si è
formato fra i 15 e i 20 miliardi di anni fa. Il sistema solare, e con esso il nostro pianeta, circa 4,6
miliardi di anni fa.. Le catene montuose impiegano milioni di anni a sollevarsi, mentre un’era glaciale
-in confronto- è breve: dura qualche decina di migliaia d’anni. Le prime cellule viventi comparirono
circa 3,5 miliardi di anni fa e l’uomo è comparso “solo” qualche milione di anni fa (4,5): poco più di
un millesimo del tempo trascorso dalla comparsa della vita.
Se consideriamo l’età della Terra -4,6 milardi di anni- e ipotizziamo che essa abbia solo un giorno di
esistenza, scopriamo che le prime cellule viventi fecero la loro comparsa verso le sei del mattino, ma
riuscirono a organizzarsi in esseri più complessi, i primi organismi pluricellulari, intorno alle 8 di
sera.
Gli ominidi mossero i loro primi passi “a due zampe” solo un paio di minuti prima della
mezzanotte!
Glossario
Alveo: fascia di terreno lungo la quale fluisce un corso d’acqua. Nei periodi di magra può essere
occupato dall’acqua solo parzialmente.
Astenosfera: zona parzialmente fusa del mantello sottostante la litosfera.
Bacino di accumulo: regione di notevole estensione -almeno 10000 km2- luogo di accumulo di una
grande quantità di sedimenti.
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Conoide alluvionale: accumulo di materiale alluvionale allo sbocco vallivo, la forma è caratterizzata
da una tipica forma a ventaglio con l’apice rivolto verso monte.
Cristallizzazione: è l’accrescimento di un solido i cui atomi costituenti si uniscono secondo una
precisa configurazione cristallina. Ne è un esempio la cristallizzazione dei minerali durante il
raffreddamento di un magma.
Dorsale oceanica: Lunga e stretta elevazione posta in corrispondenza di margine divergente tra
placche.
Endogeno: dal greco éndon-génos, “di origine interna”.
Esarazione glaciale: processo erosivo proprio dei ghiacciai.
Esogeno: dal greco eso-genos, “di origine esterna”.
Fossile: resto o traccia di organismo vissuto nel passato.
Fossa: limite (o margine) convergente tra due placche tettoniche adiacenti, qui la crosta terrestre
viene distrutta.
Frana: movimento di un volume di roccia, terreno o sedimenti lungo il versante per azione della
gravità.
Fronte di un ghiacciaio: limite inferiore di un ghiacciaio vallivo,
settore che corrisponde
generalmente con la lingua glaciale
Habitat:: insieme delle componenti biotiche ed abiotiche che definiscono le condizioni di vita di un
organismo vivente.
Geosito: Con il termine geosito si indicano i beni geologico-geomorfologici di un territorio intesi
quali elementi di pregio scientifico e ambientale del patrimonio paesaggistico; si tratta di emergenze
paesaggistiche importanti anche per la loro rappresentatività, esemplarità didattica o rarità.
Ghiacciaio: Massa di ghiaccio e neve superficiale che persiste per tutto l’anno e fluisce verso le
quote più basse o verso i propri margini, sotto la spinta del proprio peso.
Glaciazioni: periodi di tempo durante i quali la temperatura del pianeta era più bassa di alcuni gradi
rispetto al presente; questo determinò l'espansione delle calotte glaciali e una conseguente
diminuzione del livello del mare.
Lava: magma che ha raggiunto la superficie. Le lave basaltiche, meno ricche in silice, fuoriescono
con temperature di circa 1000-1200°C; le lave riolitiche, più ricche in silice, a temperature più basse:
800-1200°C.
Lava a cuscino (pillow lava): roccia prodotta dalla solidificazione pressoché istantanea di un
magma basaltico effuso dalle dorsali oceaniche in ambiente sottomarino.
Litificazione o diagenesi: processo che trasforma i sedimenti in roccia, attraverso la
compattazione da carico e la cementazione per precipitazione di sali in soluzione nelle acque.
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Litosfera: è l’involucro superficiale della Terra, costituito dalla crosta e dalla parte più superficiale
del mantello: il suo spessore medio è di circa 100 km.
Magma: materiale roccioso fuso, con temperature comprese fra gli 800° e i 1200° C; quando
raggiunge la superficie prende il nome di lava.
Margine o limite convergente: zona della crosta dove due placche si avvicinano l’una rispetto
all’altra, entrando in collisione. In corrispondenza di questa zona hanno luogo, vulcanismo e
orogenesi.
Margine o limite divergente: zona della crosta dove due placche si allontanano l’una dall’altra;
hanno luogo terremoti e vulcanismo e viene creata nuova litosfera.
Metamorfismo: dal greco meta = cambiamento, morfos = forma, è un processo chimico fisico di
trasformazioni che coinvolgono la struttura e la composizione mineralogica della forma originaria.
Minerale: composto solido inorganico di origine naturale, con composizione chimica definita che
ne determina la forma.
Morena: deposito detritico eterogeneo ad opera di un ghiacciaio.
Morfologia: branca della geologia che studia la conformazione (o aspetto) del territorio.
Orogenesi: dal greco oros = montagna, genesis = nascita, processo endogeno di formazione delle
catene montuose.
Paesaggio: insieme di elementi naturali ed artificiali che caratterizza un determinato territorio o
ambiente.
Piega: deformazione prodotta dall’azione di forze, verticali od orizzontali, su una struttura
originariamente piana. Le pieghe si manifestano tipicamente nelle catene montuose.
Placca: placca litosferica delimitata da margini tettonici ben distinti.
Roccia: aggregato di uno o più minerali.
Roccia montonata: superficie rocciosa striata e modellata dal ghiacciaio, generalmente dal profilo
tipicamente arrotondato.
Sedimenti: materiali depositati sulla superficie terrestre da agenti fisici (venti, acqua, ghiacciai),
chimici (precipitazione da oceani, mari, laghi e corsi d’acqua) o biologici.
Subduzione: processo tettonico secondo il quale una placca viene spinta al di sotto di un’altra
placca fino a fusione.
Tettonica: scienza che studia le modificazioni della crosta terrestre legate agli spostamenti ed alle
deformazioni.
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Links
http://www.anisn.it/geologia2000/:
sezione geologica del sito della associazione italiana insegnanti scienze naturali.
http://www.arpa.piemonte.it/:
sito dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Piemonte.
http://www.geologia.com/index.php:
portale Italiano di scienze della Terra.
http://www.geomorfolab.it/pagine/index_cdg.htm:
pagine relative al Centro Documentazione Geositi, istituito all'interno del dipartimento POLIS dell'
Università di Genova; il centro si configura come strumento scientifico e culturale, finalizzato allo
studio e alla ricerca applicata nel campo della conservazione del patrimonio geologico inteso nella
più ampia accezione del termine.
http://www.geoturismo.it/:
viaggi, escursioni, corsi, presentazioni, convegni sul tema della geologia.
http://www.immaginarioscientifico.it/is3/archivi/luduslab.html:
esperimenti di scienze svolti nei laboratori dello “Science center” di Trieste, in formato pdf; per
le scienze della terra: “Terremoti e vulcani” e “Suoli e sottosuoli”.
http://www.parks.it:
portale italiano sulle aree protette dell’Italia e del mondo.
http://www.provincia.torino.it/territorio/sezioni/difesa_suolo/geositi/geositi:
un progetto di studio e valorizzazione di beni geologico-geomorfologici presenti nel territorio della
Provincia di Torino; è possibile scaricare le due guide ai geositi della provincia..
http://ppp.unipv.it/musei/mineral/esperimenti.htm:
esperimenti sulle scienze della Terra proposti dal museo di mineralogia dell’Università di Pavia.
http://vulcan.fis.uniroma3.it/index_ita.html:
sito sul vulcanismo e sui vulcani italiani del Dipartimento di Fisica "E. Amaldi", Università
Roma Tre.
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Letture consigliate
Qualche lettura interessante fra scienze della terra e scienze della vita:
“Guida alle strutture geologiche”, Roberts J.L., Franco Muzzio editore, 1991, Padova.
“Guide geologiche regionali” a cura della Società Geologica Italiana, Be-Ma editrice, Milano.
“La grande moria dei dinosauri”, Kenneth J. Hsu, Adelphi, Milano 1993.
“La vita meravigliosa”, Stephen J. Gould, Feltrinelli, Milano, 2007.
“L’origine delle specie”, C.Darwin, 1859.
“L’uomo che scoprì il tempo” Jack Repcheck, Raffaello Cortina Editore, Milano 2004.
“A cosa pensano i calamari” Alain Prochiantz, Einaudi, Torino 1999.
“Zio Tungsteno” Oliver Sacks, Adelphi Milano 2002.
“Storia della Terra” Mac Dougald, Einaudi, Torino 1999.
“Quando i cavalli avevano le dita” Stephen J. Gould, Feltrinelli Milano 2000.
“La misura del mondo”, Daniel Kehlmann, Feltrinelli Milano, 2005.
“Storia sentimentale della scienza”, Nicolas Witkowski, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003.
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SCHEDE DI APPROFONDIMENTO
ATOLLO
Un atollo è un'isola composta da una particolare formazione di terra
emersa e lagune, presente negli oceani Pacifico e Indiano e compresa tra le
latitudini tropicali. Il suo nome deriva da un'espressione dialettale delle
popolazioni autoctone delle Isole Maldive, "Atolu".
Gli atolli si formano quando un'isola vulcanica ha eruzioni di tipo esplosivo particolarmente
violente: il cono viene distrutto ed è possibile che rimangano sopra la superficie marina parte delle
pareti del vulcano mentre lo spazio interno viene invaso dall'acqua, formando così una laguna.
Intorno all'isola nel frattempo, si è formata nel corso dei millenni una barriera corallina, che, in
continua crescita, affiora ed emerge dalla superficie marina, formando bassi fondali al suo interno e
nelle sue immediate vicinanze a causa dell'erosione continua che onde e vento praticano
ininterrottamente sulla formazione corallina più superficiale. Da qui la particolare colorazione
bianco-rosata della sabbia. La Polinesia francese è formata solo da atolli che si differenziano da quelli
più famosi nell'immaginario collettivo, quelli delle Maldive, poiché presentano alture e colline (i coni
vulcanici ricoperti di foreste riemersi in seguito a successive eruzioni). Gli atolli delle Maldive infatti
sono formati solo dall'accumulo di sabbia e non sono più alti di 1215 metri sul livello del mare.
Il primo a formulare ipotesi riguardo al processo di formazione degli
atolli fu Charles Darwin.
Atollo corallino in Micronesia
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DELTA FLUVIALE
Un delta fluviale o semplicemente delta è un accumulo di sedimenti, o
corpo sedimentario, che si forma alla foce di un corso d'acqua che
convoglia sedimenti terrigeni in un bacino con una massa d'acqua
relativamente stazionaria (mare o lago). In funzione del tipo di bacino, si
può avere quindi un delta marino o un delta lacustre.
Con il prevalere delle correnti fluviali tendono a formarsi delta digitati e lobati; aumentando di
importanza i processi marini (moto ondoso e correnti costiere) si formano apparati deltizi di forma
cuspidata e arcuata; con la presenza di ampie escursioni di marea si formano delta-estuari ed estuari.
Un delta marino si forma per la combinazione di processi sedimentari fluviali (correnti fluviali) e
marini (moto ondoso, correnti costiere e maree), in condizioni ambientali sia subaeree (emerse) che
subacquee.
Il termine "delta" deriva dalla forma triangolare che molti corpi sedimentari di questo tipo mostrano
in pianta (a somiglianza della quarta lettera dell'alfabeto greco). In realtà, la morfologia e le
dimensioni di un edificio deltizio dipendono da molteplici fattori:
•
•
quantità di sedimento apportato dal fiume (portata solida);
granulometria del sedimento: principalmente il rapporto tra materiali fini, (argilla e silt,
trasportati prevalentemente in sospensione dalle acque fluviali) e grossolani (sabbie e ghiaie,
trasportate a contatto con il fondo);
• velocità della corrente;
• tipo ed energia dei processi costieri (onde, maree, correnti);
• morfologia del bacino che riceve i sedimenti;
• tasso di subsidenza (abbassamento naturale del suolo).
In particolare, la tipica forma a "delta" si realizza nel caso in cui i processi fluviali tendono a
prevalere su quelli marini (delta "costruttivo") e l'edificio deltizio tende ad avanzare (progradare)
entro il bacino.
Viceversa, la prevalenza dei processi marini determina lo smantellamento dell'edificio deltizio più
rapidamente di quanto si formi, ridistribuendo i sedimenti lungo la costa. In questo caso si forma un
estuario, in cui il canale fluviale sfocia direttamente in mare.
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SACRA DI SAN MICHELE
L’Abbazia di San Michele della Chiusa, monumento simbolo del
Piemonte è la solenne sentinella al confine fra la pianura torinese e la
montagna alpina.
I blocchi di pietra impiegati nella costruzione della Sacra di San Michele
sono stati estratti e lavorati da vari tipi di rocce, quindi trasportati sulla cima del Monte Pirchiriano,
dove alcuni di essi hanno subito una seconda lavorazione a fini decorativi e strutturali. la Sacra di
San Michele costituisce una pregevole collezione di rocce diverse: gli gneiss (con grossi cristalli di
feldspato potassico) formano la gran parte delle scalinate, le prasiniti sono le rocce della chiesa, delle
colonne (bellissimi i capitelli con granati che ornano il portone di ingresso della chiesa), degli archi
rampanti e delle statue dell'abside, mentre il Portale dello Zodiaco è
fatto di pregevoli marmi. Ma vi è una roccia, molto meno nobile
eppure non meno utilizzata nella stessa abbazia che per generazioni
ha fornito abbondante materiale per la costruzione di borgate,
alpeggi e terrazzamenti in tutta la Valle di Susa: il calcescisto. Nella
Sacra essi costruiscono la parte basale dell'edificio su cui poggia la
chiesa in pietra verde. Tra le poche qualità che i calcescisti potevano
offrire al montanaro, la scistosità (ossia la disposizione planare del
minerali metamorfici) ha da sempre fornito ottime lastre naturali da
utilizzarsi come copertura dei tetti (lose). Tanto umili quanto
preziose, queste lastre rappresentano ancor oggi una testimonianza
certamente non artistica ma, a suo modo, di enorme valore storico
ed ecologico.
L'alternanza di blocchi
rocciosi di diversa natura (le
pietre verdi e i calcescisti)
"usata" dal punto di vista
cromatico
diventa un elemento artistico
che abbellisce il muro
occidentale della Chiesa della
Sacra.
(testo tratto da “La Sacra di San Michele” collana Natura dentro e fuori le mura CDA&Vivalda edizioni, Torino 2005)
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LE RADIOLARITI
Queste curiose rocce rosse che, sono il prodotto di accumulo, sul fondo
di uno scomparso oceano (Ligure-Piemontese), dei resti di piccoli
organismi marini vissuti intorno ai 160 milioni di anni fa.
Il nome delle rocce “radiolariti” deriva dagli organismi che le hanno prodotte: i Radiolari.
I radiolari sono organismi planctonici marini, di forma sferoidale e di piccole dimensioni (al più
pochi millimetri). Il loro scheletro, fatto di silicio (minerale del quarzo), presenta una precisa
simmetria radiale (da qui il nome).
Quando l’organismo moriva le parti molli venivano
decomposte, e sul fondo dell’oceano rimanevano miliardi
di gusci e scheletri silicei di radiolari. Il progressivo
accumulo dei resti di questi organismi è all’origine delle
radiolariti.
Tavola con illustrazioni di radiolari tratta
dal libro Kunstformen der Natur (Forme
artistiche della natura) di Ernst Haeckel
(1904)
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PILLOW LAVAS
Le lave a cuscino (o pillow lavas) sono rocce magmatiche di origine
oceanica che presentano strette analogie con quelle osservate sul fondo
degli oceani in corrispondenza delle dorsali. Qui le lave a cuscino si
formano all'interno di enormi colate basaltiche che si sovrappongono ad
altre rocce magmatiche di origine crostale più profonda (gabbri e
peridotiti) ricoperte a loro volta da sedimenti di mare profondo (peliti).
Queste associazioni litologiche è stata definita con in termine generale di
ofioliti e riconosciute come la testimonianza di un antico ambiente
oceanico, ormai scomparso per effetto dell'orogenesi alpina.
Durante gli episodi vulcanici, il magma lavico (1.200° C) a contatto con l’acqua marina si raffredda
velocemente formando una protusione bulbosa incandescente ricoperta da una pellicola vetrosa. La
pressione del magma ancora fuso, contenuto all’interno del “cuscino” appena formato, preme sulle
pareti interne dilatando e lacerando la pellicola vetrosa esterna lasciando fuoriuscire un'altra
protusione bulbosa di lava fusa .
Questo meccanismo di deposizione impedisce che la protusione lavica si ingrandisca oltre una certa
dimensione, anche se il nucleo può rimanere ancora fuso per un certo periodo di tempo.
Il singolo cuscino lavico è costituito da corpo
allungato, più o meno ellissoidale, con una
lunghezza che può raggiungere i 5-6 metri ed un
diametro non superiore al metro.
Lave a cuscino di neoformazione sul fondo
dell’oceano
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PIRITE E BATTERI
Nell’immagine possiamo vedere molto bene la forma dei singoli cristalli di
pirite, un solfuro di ferro.
La forma dei cristalli dipende dalla disposizione degli atomi al loro interno,
che tendono a disporsi formando poliedri il più possibile regolari; in realtà
quando i minerali cristallizzano dal materiale fuso, in cavità o fratture,
devono fare i conti con lo spazio che hanno a disposizione. I primi a
cristallizzare non hanno alcun impedimento solido, e assumono la forma
più regolare. Quelli che si formano vengono dopo si arrangiano sistemandosi negli spazi rimasti,
assumendo forme sempre più irregolari mano a mano che lo spazio viene riempito.
I solfuri vengono sfruttati per l’estrazione di metalli, ma forse pochi sanno che alcuni batteri…se li
mangiano! Alcuni batteri infatti sono in grado di ossidare molti solfuri, fra cui la pirite: ottengono
energia per la propria sopravvivenza da reazioni chimiche (motivo per cui sono chiamati
chemioautotrofi), utilizzando come substrato rocce o sedimenti e la CO2 atmosferica come fonte di
carbonio (tutti i viventi sono fatti di carbonio!): in generale questi processi prendono il nome di
biolisciviazione. Possiamo citare ad esempio il Thiobacillus ferrooxidans, che ossida la pirite e vive
felicemente nelle miniere di solfuri, nelle acque di drenaggio
e in miniere di carbone, dove sono presenti solfuri.
Sono in fase di studio lo sfruttamento di questi batteri a fini
estrattivi, con minor impatto ambientale rispetto ad altri
processi, e il loro utilizzo per la riduzione degli inquinanti
presenti nei siti di estrazione.
Acque nei pressi delle miniere di Rio
Tinto(Spagna), colorate dall’ossidazione dei
solfuri estratti.
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PIRITE E BATTERI
SCISTI
Gli scisti sono rocce originariamente sedimentarie che sottoposte a processi
metamorfici legati alla formazione delle Alpi (orogenesi alpina). Tali processi
ne hanno modificato la struttura; pressione e temperatura hanno trasformato
Foto:Woudloper
le rocce fino a farle sembrare una specie di pasta sfoglia: si sono formati
nuovi minerali che, per le alte pressioni, si sono sviluppati su un piano
preferenziale, risultando così appiattiti.
Rocce di questo tipo si dividono facilmente in lastre e sono utili
all’uomo. In molte località di montagna già anticamente erano usate
per coprire i tetti delle case. Nelle diverse località hanno diversi nomi
dialettali: in Valsesia piove, altrove vengono dette lose.
Ma una roccia scistosa è molto più vicina a voi di quanto possiate
immaginare: si tratta dell’ardesia, uno scisto di colore scuro, usato
Tetto in “piove” in Valsesia
per costruire le lavagne che si usano a scuola.
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SERPENTINITE
E’ una roccia che deriva dall’alterazione e idratazione delle peridotiti,
costituita da due minerali: serpentino e magnetite. Facciamo un passo
indietro: le peridotiti sono le rocce che costituiscono il mantello; la loro
parziale fusione forma i magmi basaltici, la cui fuoriuscita lungo le dorsali
forma i fondali oceanici. Queste rocce a contatto con l’acqua possono
Foto:Kevin Walsh
idratarsi e alterarsi e i minerali che le costituiscono sono trasformati in
altri minerali: serpentino e magnetite.
Le serpentiniti determinano la formazione di i suoli superficiali, poco fertili e
ricchi di elementi tossici quali nichel, cromo e cobalto. La flora è caratterizzata
da un basso numero di specie e dalla frequenza delle crucifere (in particolare i
generi Thlaspi e Cardamine). Fra le specie più interessanti vanno menzionate
Cardamine plumieri, Thlaspi sylvium, Alyssum argenteum e Asplenium cuneifolium.
Il pino uncinato è l'albero che meglio si
adatta agli affioramenti ofiolitici. Prende il
Cardamine plumieri(foto:
www.florealpes.com)
nome dalla forma delle squame delle pigne, munite di vistosi
uncini.
Si tratta di un albero alto fino a 25 metri, che forma boschi molto
fitti; presenta due forme morfologiche distinte: quella arborea, con
tronco eretto e
prostrata, con rami striscianti eretti soltanto
all'apice. Vive fino a 2700 metri di quota, anche in luoghi sassosi e
ai margini di altre foreste. È degno di nota il bosco di pino
uncinato di Laval, a Pragelato (Val Chisone, Torino) dove si gli
esemplari adulti hanno età comprese fra i 120 e i 300 anni.
Pino uncinato (foto: Joan Simon)
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