Fenomenologia della legge in Albert Camus

A
Luisa Avitabile
Fenomenologia della legge
in Albert Camus
I. Le premesse
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ARACNE editrice S.r.l.
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
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I edizione: aprile 
Indice

Linee introduttive

Legalità e terrore

Conclusioni

Linee introduttive
. Nell’ambito di discussioni che investono i collegamenti tra filosofia del diritto, diritto positivo e letteratura, un posto, non da ora, rilevante lo occupa l’opera
di Albert Camus che si avvale di metafore che attengono anche all’universum giuridico . Camus si pone
intellettualmente come filosofo, nella sua formazione, e come ‘letterato’ nell’elaborazione di testi teatrali, romanzi e scritti vari. In questo studio si analizzeranno alcune opere che più di altre si caratterizzano
per il loro rinvio ad una discussione sull’ingiustizia
come forma di terrore legalizzato e di costrizione.
La stretta concomitanza con l’opera di Sartre, lo
eleva indubbiamente a intellettuale esistenzialista, ma
allo stesso tempo a ‘ribelle’ contro le etichette semplificatorie e a teorico della ‘rivolta’ contro l’assurdo.
L’assurdo si manifesta nell’improvviso, in un evento traumatico che trascende la volontà del singolo uomo e che allo stesso tempo fa parte, paradossalmente, della sua quotidianità. Assurda è la scoperta dell’ingiustizia, non–senso del diritto positivo; l’equiva. Per un pertinente esame dei rapporti tra diritto, letteratura e filosofia
cfr. B. Romano, Nietzsche e Pirandello. Il nichilismo mistifica gli atti nei
fatti, Torino, .


Linee introduttive
lenza tra assurdo ed ingiustizia qualifica un prima e
dopo la scoperta del non–senso.
Tutti i personaggi delle opere letterarie di Camus
vivono un’in–differenza ontologica; l’uomo non si interroga sulla qualità dell’esistenza che scorre nel fluire di un divenire a matrice naturalistica, tuttavia si manifesta anche attraverso la concettualizzazione di uno
spirito rivoluzionario teorizzato ne L’uomo in rivolta.
In questo, la ‘grande avventura del pensiero’ di Camus si avvia dalle letture di Nietzsche: l’uomo assurdo è un uomo innocente presupposto di ogni esistenza, di ogni rivolta, di ogni azione. Ad ogni uomo è
dato di vivere l’assurdo, non a caso l’invenzione della rivolta è la contrapposizione antropologica al non–
senso, proprio per realizzare l’esistenza è necessario
che l’uomo si mantenga sprezzante, lucido, solo apparentemente disperato.
« Bisogna immaginare Sisifo felice » è l’affermazione più dirompente dell’intero percorso filosofico–
giuridico–letterario di Camus: Sisifo, l’eroe assurdo, domina la sua tragedia; l’uomo mortale, assurdo, gestisce la tragicità della propria esistenza attraverso la presa di coscienza di quell’assurdo che si
manifesta fenomenologicamente anche nel diritto.
Da qui nasce la definizione dell’assurdo inteso come continuo presupposto di una dialettica rivoluzionaria, in nuce è presente una lotta senza sosta .
Si può cominciare con l’affermazione che le questioni dell’esistenza invadono la letteratura non so. A. Camus, Il mito di Sisifo, Milano, , p. .
Linee introduttive

lo in momenti storici determinati, ma da sempre se
si pensa alle grandi narrazioni romanzate che fanno
emergere le questioni del senso della giustizia e del
perseguimento dell’ingiustizia.
Albert Camus fa parte della cosiddetta scuola di Parigi, tra i quali spiccano le figure di Merleau–Ponty e
Simone de Beauvoir, non a margine rimangono l’opera e l’itinerario letterario–filosofico di J.–P. Sartre .
Camus ha un posto particolare a partire dalla sua
biografia: nato a Mondovì, in Algeria, ricorda la storia — con epiloghi diversi — di Derrida. Le influenze
del tempo sono essenziali; si pensi a Gabriel Marcel,
Louis Lavelle e René Le Senne.
Il suo vissuto risente della povertà esistenziale ed
affettiva, a contatto con un sottoproletariato arabo e
con una realtà sociale che attraverserà i suoi scritti permeati da un’empatia esistenziale. I suoi inizi sono con
l’opera di Plotino.
I primi contatti intellettuali risalgono a Jean Grenier, filosofo cattolico, con il quale muove i primi passi nella filosofia con una tesi su Metafisica cristiana
e neoplatonismo, i romanzi rappresentano il punto
più alto della sua filosofia. Si ricordano Il rovescio e
il diritto (), Nozze (–), L’estate (), La
morte felice (pubblicato postumo nel ), Lo straniero (), La peste; tra i testi teatrali Lo stato d’assedio (), Il malinteso (), Caligola (), I giusti
().
Non vanno tralasciati gli scritti che vengono a tor. F. Di Pilla, Albert Camus e la critica. Bibliografia internazionale,
Lecce, .

Linee introduttive
to definiti politici come Il mito di Sisifo (), L’uomo in rivolta () e Le riflessioni sulla ghigliottina
(). Tra le novelle L’esilio e il regno, infine il romanzo La caduta e Discorsi di Svezia () scritto
in occasione del conferimento del premio Nobel e
dedicato a Louis Germain suo istitutore.
Nell’immediatezza si può affermare che Sartre, Camus e Malraux sono considerati la corrente atea dell’esistenzialismo.
La sua filosofia, da sempre denominata dell’assurdo, rappresenta il pensiero della rivolta. Nonostante
Sartre gli rimproveri espressamente un’incompetenza filosofica, Camus si erge al di sopra di un certo intellettualismo borghese: non è un filosofo specialista.
È nota la loro polemica dovuta a motivi politici, oltre
che intellettuali, l’urto violento tra i due è sanato solo
dalla morte di Camus.
Sull’origine del conflitto non vi sono dubbi: Sartre simpatizza fortemente per l’URSS, mentre Camus
si mostra palesemente critico. Le notizie provenienti dall’esperimento sovietico sono sconcertanti, fortemente condizionanti lo spirito critico di Camus che
non si sottrae alla denuncia: purghe, campi di concentramento, torture non rientrano nel compagnonnage
critique con Sartre.
Le opinioni dei due divergono fortemente: Sartre
le considera propaganda anticomunista e antisovietica; Camus critica addirittura la rivoluzione di ottobre
che tali crimini ha prodotto. La persecuzione dei dissidenti fa cadere la legittimità della rivoluzione, perché, producendo crimini, delegittima se stessa. La ri-
Linee introduttive

voluzione si trasforma agli occhi di Camus in follia
omicida.
Pur collocandosi nel solco dell’intellettualismo cartesiano risente della lettura delle opere di Agostino e
di Pascal. Anche in questa prospettiva crescono le diverse opinioni culturali dei due: Sartre, professore filosofo, usa la cultura come mezzo di espressione e di
diffusione del suo pensiero; Camus non si sente in un
ruolo, uomo libero, considera la filosofia un’avventura, se stesso un artista in divenire. Cerca un’unità
dietro l’esteriorità del mondo, un equilibrio criticato
nel momento in cui si impone arbitrariamente. Soffre
per la presenza di un ‘male radicale’ che si trasforma
in ‘ingiustizia’ sociale.
L’uomo di Camus è un artista in cui arte e filosofia si ergono a dimensioni reciproche della condizione umana; l’arte è latrice di una binarietà, da un lato
l’elemento positivo, dall’altro quello negativo.
Cosa significa arte? È in sé una rivolta perché in
essa si manifestano simultaneamente la negazione e
l’affermazione, il no e il sì; è un movimento capace
di esaltare e negare; da una parte la negazione del
mondo, dall’altra l’esigenza di unità.
Lo spirito rivoluzionario — come negazione — avverte nell’arte il rifiuto e il consenso, sino a far apparire la bellezza in un’ingiustizia senza appello. L’arte
non può esistere nel rifiuto totale del mondo; nella
sua contestazione del reale non si sottrae, ma tenta di
dar forma a un valore che solo l’artista conosce nella
critica al mondo reale.
Il romanzo, la letteratura sono forme artistiche che

Linee introduttive
si sviluppano integralmente solo nel processo di dissidenza, perché scrivere romanzi presuppone una sorta
di rifiuto del reale che non è fuga; infatti la narrazione–
romanzo crea personaggi, destini, finali, storie facendo concorrenza alla creatio e allo stesso tempo sottraendosi alla fine determinata dalla morte.
La questione formale è fortemente presente nella
dimensione artistica: l’artista realista e l’artista formale cercano l’unità laddove è irreperibile, nell’assolutizzazione del reale o nell’astrazione da esso; la vera arte sta nello stile, ma quando questo viene esaltato sino al parossismo l’opera diventa nostalgica, al
contrario quando è realista diventa grezza, grossier,
insignificante.
Nel continuo oscillare tra questi due versanti, che
Camus definisce ‘eresie’, si dialettizza l’autentica arte. Il filosofo si muove — come l’artista — in una
dimensione di continua dialettica, il suo metodo è il
logos.
Nell’incontrare il mondo, l’artista si rivela un nostalgico, cerca di ‘formare la propria identità esistenziale’, ogni volta che si attiva ingaggia una rivolta, un
modo di propiziare il cambiamento che si discosta
dai luoghi comuni, dall’uniformità e dall’omogeneità.
Contemporaneamente comprende che non potendo
conseguire l’unità del mondo, deve inventare una dimensione di equilibrio, di bellezza e armonia: l’opera
d’arte.
In questo senso, l’artista è il prototipo del ribelle,
colui che costruisce una realtà diversa da quella ‘trovata’, mostrando che l’arte non è negazione totale né
Linee introduttive

accettazione incondizionata, ma contemporaneamente dissenso e approvazione. D’altra parte, l’arte e l’artista hanno bisogno della realtà per esprimere la loro
divergenza. Il formalismo rappresenta anch’esso una
tendenza artistica, rinvia ad una stilizzazione che si
impone come ammenda della realtà.
Ecco perché Camus non scinde il suo essere filosofo dall’essere artista, rifugge dalle etichette in primis
quella di esistenzialista, tanto che nel  invia una
lettera per un articolo comparso sulla rivista Le Nef
in cui si afferma un’identità della sua opera con l’esistenzialismo, l’autore dell’articolo precisa che Camus
è un semplice illustratore di Sartre . Certamente l’esistenzialismo è una filosofia tout court che Camus
non sente come la sua, anzi ritiene che sia un suicidio filosofico, dove proliferano dispute verbali lontane dalla realtà.
Ogni costruzione sistematica lo turba, ogni sistema di ragionamento formale lo costringe alla sua personale rivolta, avvicinandosi in questo a Nietzsche nella considerazione del nichilismo come dimensione storica.
Dio è morto: l’uomo privo di dei si sostituisce al
creatore, la sua volontà di potenza si staglia netta contro qualsiasi limite giuridico. Una sezione del secondo
capitolo de L’uomo in rivolta è dedicato alla volontà
di potenza di Nietzsche, profeta del nichilismo che affascina Camus. Con la lettura dell’opera di Nietzsche
assume coscienza piena del divenire nichilistico come
. A. Camus, Lettre à Monsieur le directeur de La Nef, janvier, , in
A. Camus, Théatre, recits, nouvelles, Paris, , n. .

Linee introduttive
fatto clinico, finalmente un filosofo che pone la domanda se è possibile vivere nel nulla, facendo così del
nihil un metodo che annienta ‘il mondo dell’essere’.
È proprio l’opera Il mito di Sisifo, l’unica che Camus ritiene ricca di idee, che pone gli interrogativi del
vivere senza valori, senza senso in una dimensione di
assurdo efficacemente descritta nel tran tran del quotidiano: « Lever, tramway, quatre heures de beaureau
ou d’usine, repas, tramway, quatre heures de travail,
sommeil et lundi, mardi, mercedi, jeudi, vendredi et
famedi sur le meme rytme . . . La lassitude est à la fin
des actes d’une vie machinale, mais elle inaugure en
meme temps le mouvement de la conscience » .
Ogni uomo vive l’assurdo nella quotidianeità , nella presenza costante, continua, l’assurdo si presenta
come inafferrabile, emerge per caso — come le opere dell’ingegno, le idee, le intuizioni — come un’inutile, insensata mancanza, una rottura di collegamento
nella abitudinaria gestualità quotidiana. Irrompe così
all’improvviso attraverso la domanda perché?: il movimento della coscienza che conduce al risveglio . Immediata la percezione dell’inutilità del vivere. La scoperta può portare a due soluzioni: suicidio o riposizionamento.
Allo stesso tempo la sensazione dell’assurdo è co. A. Camus, L’uomo in rivolta, Milano, , p. .
. A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. .
. A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. ; M. Alessandrini M. Liguori M.
Braggion, Esistenza e quotidianeità in Heidegger, Sartre, Camus, Genova,
.
. A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. .
. A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. .
Linee introduttive

perta dallo scorrere della vita quotidiana, l’uomo avverte un senso di disagio, un’estraneità che risale verso una fenomenologia del quotidiano divenuta ormai
estranea attraverso la scoperta dell’assurdo. Il perché
che irrompe privo di una risposta è l’assurdo, quindi
uno stato di fatto, visibile solo attraverso la coscienza.
L’assurdo come momento di riflessione e di autocoscienza, presa di coscienza condizionata dal gravame del reale, lo stato di fatto dell’assurdo è generato da un conflitto interiore dell’uomo, dal disaccordo
dell’uomo con il mondo, dal suo essere in conflitto,
oltre che con se stesso, con la propria libertà . L’estremizzazione della presa di coscienza dell’assurdo
può condurre al suicidio solo come atto di rinuncia
alla lotta.
Il senso dell’assurdo fonda la nozione stessa di assurdo; senso dell’assurdo significa quel sentimento di
nullità che l’uomo avverte nella relazione con il mondo costituito anche da altri soggetti. In questo vi può
essere l’affermazione di una tautologia: produzione
dell’assurdo e sua accettazione, la forza rivoluzionaria
dell’uomo sta significativamente nella sua accettazione. La speranza di Camus risiede nell’identificare la
speranza nella lotta, non con la morte, infatti l’assurdo è « un confronto e una lotta senza sosta » , ma con
l’esperire l’esistenza.
Nella riflessione di Camus l’uomo, nel momento
in cui accetta la sua condizione umana come assurdo, la trasforma in assuefazione, facendo aprire la spe. A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. .
. A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p. .

Linee introduttive
ranza ad una sublimazione negativa del presente per
destinarla ad un rinvio nel futuro.
. L’assurdo viene delineato scarnamente nelle vicissitudini de Lo straniero; gli avvenimenti diventano circolari, uniformi, ricorsivi, ma anche lenti nella monotonia dello scorrere: funerali della madre, amore,
assassinio. Il lettore è messo in un immediato contatto come le situazioni tramite le descrizioni atone
del protagonista. Questo romanzo presenta una realtà
giuridica, deformata dalle persone che agiscono nell’ambito della ritualità del processo: giudice, pubblico
ministero, difensore attraverso i quali il diritto pare
condannato al fallimento; l’elemento predominante
— come annuncia il titolo — è l’estraneità, mentre la
giuridicità è sostituita da una sorta di parodia dell’amministrazione della giustizia . Traspare una giustizia
diluita lungo le vie dell’incomunicabilità che finisce
con il divenire kafkianamente un malinteso.
Dove sono l’ordine, il diritto e la società in un paesaggio pervaso dall’estraneità? Il protagonista Meursault traduce nel concreto l’idea di assurdo teorizzata
da Camus, si tratta di un esercizio di stile che, a differenza del romanzo La peste, concentra l’attenzione
su un unico soggetto, un modesto impiegato che vive ad Algeri e un giorno, senza un motivo apparente, a causa di un litigio, uccide un uomo, un arabo.
Immediatamente viene arrestato per rispondere delle
conseguenze del gesto.
. Una analisi profonda dell’amministrazione della giustizia è in S. Satta,
Il mistero del processo, Milano, .
Linee introduttive

L’ambientazione è priva di una dimensione spazio–
temporale, l’evento è sospeso nel tempo e nello spazio e la storicizzazione dei fatti–eventi è puramente
occasionale, a tratti superflua. Indifferenti sono i luoghi, le azioni, indifferente è il protagonista e il suo atteggiamento dopo la tragicità del gesto: Meursault si
consegna all’inevitabile. La morte della madre — possibile motivazione del gesto efferato dell’omicidio —
si confonde nel lento e annoiato fluire degli eventi, il
ruolo burocratico–amministrativo del protagonista è
sintomatico di una ripetibilità gestionaria, così come
l’uccisione dell’arabo.
La vita è posta su una base uniforma, il no equivale al sì, e il nulla ammanta come inesorabile velo
pietoso le cose, i fatti, le persone, la gestualità. Manca
la possibilità intesa come scelta della propria esistenza,
l’uccisione dell’arabo non è un gesto di rivolta, né una
lotta: Meursault è un nichilista che tratta i suoi compagni nella dimensione della coralità, sui quali esercitare una sorta di sadismo: non si pensa responsabile, è
innocente.
A differenza di Sisifo, Meursault non incarna l’eroe. Vivendo del e nel presente non riesce a rompere la circolarità dei suoi movimenti, spara convinto di
dirigere i suoi colpi al sole e non ad un uomo.
Questa opera è ricca di metafore e simbolismo: il
sole rinvia al concetto di assurdo dal quale non ci si
può liberare attraverso l’uccisione, ma ci si può proteggere attraverso la resistenza, la lotta per la pretesa
dei propri diritti e della dignità di essere persona. L’uccisione significa la consegna di se stesso alla parodia

Linee introduttive
della giustizia.
Sulla scena dell’estraneità compaiono il pubblico
ministero, il giudice, l’avvocato, il prete. Il pubblico
ministero recita il suo ruolo prolisso di affermazioni enfatiche, comportandosi con la stessa indifferenza
che è la trama dell’intero racconto, sino alla speranza di Meursault di essere odiato dalla folla accorsa alla
sua esecuzione.
La pretesa all’odio trasforma Meursault da innocente in colpevole. Come ne La caduta la confessione
è pubblica , così ne Lo straniero la pretesa ad essere
odiato diventa esigenza che muove dalla coralità.
Camus cerca di irrompere in questa palude tentando di dare all’uomo una provvisoria stabilità senza la
quale l’alternativa sarebbe il nulla.
L’uomo in rivolta, a differenza de Lo straniero, è
un’opera generatrice di polemiche e conflitti. Nella
riflessione sul diritto come ingiustizia, la condizione
umana è permeata da due essenziali pilastri: assurdo
e rivolta. Nel primo si manifestano tre aspetti: relazione dell’uomo con il mondo, consapevolezza di tale
stato e, nel secondo, l’ascesa dell’uomo assurdo che
non è il singolo assoggettato alla banalità, è un uomo
fattuale non valoriale.
Il non senso della vita non gli consente di opporre
antagonisticamente valori a disvalori, non esiste una
scala gerarchica, ma solo una definizione quantitativa dell’esistenza , nell’accrescimento delle sue esperienze; l’uomo assurdo assume un’etica della quanti. A. Camus, La caduta, Milano, , passim
. A. Camus, Il mito di Sisifo, cit., p.  e ss.
Linee introduttive

tà. Il problema è se il quantum possa trasformarsi in
qualità, l’impossibilità di una simile traduzione rende
l’uomo assurdo un moltiplicatore di situazioni.
Non a caso l’assurdo rinvia al mito di Sisifo, l’eroe
per eccellenza. Punito dagli dei a causa della sua audacia, è costretto a rotolare eternamente un masso fino in cima ad una montagna per farlo precipitare di
nuovo al fine di reinterpretare il suo supplizio.
La difficoltà di lottare è un derivato della consapevolezza dell’assurdo privo di speranza. Da una parte,
vi è il totale rifiuto di valori, dall’altro il vivere sostituisce tutti i valori ponendosi come Grund di qualsiasi
esperienza valoriale.
Nella rivolta si manifesta invece una contraddizione sì/no riunita nell’uomo che ha bisogno del mezzo
della rivolta per combattere l’assurdo. Parallelamente, mentre Nietzsche rappresenta se stesso come filosofo che edifica la sua opera sulla rivolta, infatti la
trasmutazione dei valori consiste nel sostituire ‘al valore del giudice quello del creatore’, Camus si avvicina a Nietzsche proprio nel suo divergere dalla sua
opera: mentre Camus è dis–perato, Nietzsche ripone
le sue speranze nella volontà di potenza che si trasforma, in Camus, in volontà di lotta contro l’assurdo che
permette all’uomo la resistenza alla ricorsività degli
avvenimenti.
Tutti gli scritti di Camus risentono della dicotomia
assurdo–rivolta ed assumono il punto più alto nella
concretizzazione della giuridicità e in quella che denuncerà come rivolta contro il non–senso delle ingiustizie.

Linee introduttive
In un articolo sul giornale Combat definisce la giustizia una ‘situazione sociale’ in cui ad ogni individuo
debba essere assicurata ab origine il massimo delle
possibilità, di modo che la maggioranza di un paese
non sia tenuta in condizioni indegne da una minoranza oligarchica privilegiata. La libertà è quell’atmosfera di rispetto per la persona umana nel suo essere e
nelle sue espressioni.
Libertà e giustizia sono i due profili lungo i quali
si muove l’opera di Camus come una sorta di mantra
che rinvia a condizioni umane di lotta e di sofferenza
che richiamano alcuni romanzi dell’Ottocento russo.
Camus differenzia il diritto dalla legalità: il primo
è connesso direttamente alla persona e all’esistenza
umane; il secondo — nel momento in cui non è realizzazione del primo — diventa strumento di sopraffazione. Infatti, le leggi giuste rappresentano il diritto, mentre la sola applicazione formale di esse non è
requisito sufficiente per considerarle tali.
Formalismo e antiformalismo sono presenti anche
in Lo stato d’assedio: il giudice Casado e il ribelle
Diego rinviano rispettivamente al formalismo e alla
coscienza–guida della rivolta contro un diritto positivo che non riconosce nell’uomo il suo nucleo essenziale .
Ne I giusti Camus discute la giustizia come primo
momento di rivolta, distinguendo così un ordine positivo da uno negativo: il primo è permeato da una giustizia che, storicizzata, dà certezza, evitando la trasfor. Cfr. A. Camus, Lo stato d’assedio, cit., passim.
Linee introduttive

mazione dell’uomo assurdo in cosa; il secondo indica
la via dell’annichilimento attraverso la disperazione.
L’analisi fenomenologica non si limita solo ad alcuni personaggi, ma invade l’intera comunità, abbracciando un orizzonte ampio come quello umano, inscindibile da una visione del diritto inteso come elemento di concretizzazione della solidarietà.
Caligola è un dramma in quattro atti, pubblicato
nel periodo hitleriano ed incentrato sulle dinamiche
del potere totalitario.
L’imperatore Caligola è disperato a causa della morte della sorella–amante Drusilla, al suo fianco l’amante Casonia, l’amico Scipione, il saggio Cherea, Elicone e uno stuolo di patrizi e senatori. Sulla scena uno
specchio altezza–uomo, un gong e un divano–letto.
Non vi sono elementi che riconducano alla romanità,
infatti il dramma è intenzionalmente a–temporale; lo
specchio rinvia all’inconscio di Caligola, la sua dimensione di invisibilità.
Le questioni poste in questo dramma delineano un
sistema che realizza se stesso attraverso le costrizioni
imposte all’uomo che — in un effetto domino — a
sua volta usa nei confronti di altri uomini. L’assurdo
irrompe con la morte di Drusilla, l’imperatore perde
il senso dell’esistenza e dei suoi valori; in un primo
momento tenta di sfuggire a se stesso, anche alla realtà, ma ritorna ai suoi sudditi apparentemente cambiato: caduto nella disperazione, al suo ritorno non è più
lo stesso.