Domenica 11 novembre in Sala del Tricolore il concerto “Questa

annuncio pubblicitario
Ufficio Stampa
Piazza Prampolini, 1 – 42121 Reggio Emilia tel. (+39) 0522 456390-456840 fax. (+39) 0522 456677
[email protected]
Venerdì 9 novembre 2012
Domenica 11 novembre in Sala del Tricolore il concerto “Questa notte
c’è musica”
Concerto in Sala del Tricolore domenica 11 novembre alle ore 17, dal titolo “Questa
notte c’è musica”: suoni e parole dai fronti della Grande guerra; da un’idea di Antonio
Bonfrisco e Carlo Perucchetti.
Il concerto è promosso dal Comune di Reggio Emilia, Istoreco, Centro Studi Musica e
Grande Guerra, Istituto superiore di Studi musicali di Reggio Emilia e Castelnovo ne'
Monti e Filarmonica "Città del Tricolore"; sponsor tecnico Bigi Pianoforti.
L’ingresso è libero e limitato ai posti disponibili.
Gli interpreti
La Filarmonica “Città del tricolore” è diretta da Stefano Tincani. I solisti sono dell’ dell’Istituto
Superiore di Studi Musicali di Reggio Emilia e Castelnovo ne' Monti:
Elisa Wang e Luca Orlandini duo pianistico;
Maria Ielli soprano, Carlo Heissenberg pianoforte.
Antonietta Centoducati voce recitante
Antonio Bonfrisco canto
Salvatore Bonito chitarra
Carlo Perucchetti commento storico-musicale.
Il programma
La tradotta che parte da Novara
canto popolare
Erich Maria Remarque
Ci mandano innanzi… (da “Niente di nuovo sul fronte occidentale”)
Giuseppe Denti
Avanti Fanteria!
Inno augurale dedicato ai giovani soldati del 1898, per banda - (Sacile maggio 1917)
Filippo Tommaso Marinetti
Studenti Italiani! (da “Guerra sola igiene del mondo”, 1915)
Naborre Campanini
Inno al battaglione Monte Suello ode (1915)
Francesco Balilla Pratella
Canto di Guerra op. 34 (1915)
Alfredo Casella
Pagine di guerra (1915)
Quattro film musicali per pianoforte a 4 mani
Nel Belgio, sfilata di artiglieria pesante tedesca
In Francia, davanti alle rovine della cattedrale di Reims
In Russia, carica di cavalleria cosacca
In Alsazia, croci di legno
Kenneth J. Alford
Colonel Bogey (1914) per banda
John Philip Sousa
Sabre and Spurs (1918) per banda
Maurice Ravel
Lettera a Jean Marnold (4 aprile 1916)
Maurice Ravel
Nicolette per 4 fiati (da “Trois chansons”, 1916) (à la mémoire de Tristan Klingsor)
Camille Saint Saens
Marche interallié op.155 (1918) per pianoforte a 4 mani
Camille Saint Saens
Hymne à la paix op. 159 (1919) per canto e pianoforte parole di J. L. Faure
Giuseppe Ungaretti
Poesie dalla guerra (da “L’Allegria”, 1915-16)
P.V. De Casatiis
Inno di pace (1916) per banda
Gorizia
canto popolare
Ermete Giovanni Gaeta (E. A. Mario)
La leggenda del Piave (1918)
Soldati italiani Lettere dal fronte
E. Cannio - A. Califano (Italia)
O surdato ‘nnamurato (1915)
Note al programma (di Achille Perucchetti)
Il rinvenimento nelle biblioteche europee di opere di musicisti-soldati dai fronti e dai campi di
prigionia durante la prima guerra mondiale, nel contesto dell’attività del Centro Studi musica e
Grande guerra – promossa da Istoreco (Istituto storico della resistenza di Reggio Emilia),
Università Cattolica di Brescia e curata dall’omonimo Gruppo di Ricerca - sta dando risultati
inaspettati sia per quantità sia, soprattutto, per qualità delle partiture. Nella mobilitazione
generale dei 29 paesi coinvolti nel conflitto (65 milioni di uomini) figurarono naturalmente anche
i musicisti, molti dei quali continuarono a scrivere, a suonare, a cantare indipendentemente
dalle condizioni di vita cui erano costretti. Spesso quei brani, che provengono dalle più svariate
culture musicali, sono accomunati invece dalla partecipazione emotiva dell’autore. Molti
musicisti cambieranno stile proprio in quel contesto. La musica come uscita di sicurezza per
salvare la propria sensibilità, per continuare a dare un senso alla propria vita.
Il musicista-capitano Giuseppe Denti (Cremona, 1882 –1977) visse tutta l’esperienza della
guerra, lasciandoci toccanti brani dal fronte e dalla prigionia, dopo Caporetto. Il brano Avanti
fanteria! È un “Inno augurale dedicato ai giovani soldati del 1898”, per banda e coro, scritto a
Colle Rust (presso Sacile nel maggio 1917. Il generale Cadorna in quell’anno aveva mobilitato
prima la classe del ’98 e poi quella del ’99, ragazzi di 18-19 anni.
Il concerto prosegue con una citazione del Futurismo, che fu un riferimento significativo per le
giovani generazioni sul fronte dell’interventismo negli anni precedenti all’entrata in guerra
dell’Italia; Francesco Balilla Pratella (Lugo, 1880 – Ravenna, 1955) compositore e musicologo,
allievo di Mascagni, nel 1910 aderisce al Futurismo redigendone i manifesti musicali.
Interventista convinto, compone negli anni bellici Inno alla vittoria, il Trio, op.28 e questo Canto
di Guerra di cui è autore anche del testo. Scontata, in abbinamento, una citazione di Filippo
Tommaso Marinetti (Alessandria d'Egitto, 1876 – Bellagio, 1944) tratta da Guerra sola igiene del
mondo e il testo Inno al battaglione Montesuello (del 1915) scritta dal reggiano Naborre
Campanini (Novellara 1850 - ? 1925, storico, archeologo, poeta e intellettuale), di chiara
impronta interventista; il testo fu musicato, sempre nello stesso anno, da Vincenzo Gianferrari
(Reggio nell'Emilia, 1859 – Milano, 1939) musicista reggiano, maestro di Riccardo Zandonai e
direttore dei conservatori di Trento, Rovereto, nonché insegnante di composizione a Milano) il
cui figlio Prospero si arruolò, volontario, proprio nel battaglione Montesuello. A Reggio, in
antitesi pacifista, Camillo Prampolini rappresentava la guerra come “la più inumana, la più
orribile e, in ultima analisi, la più
Inutile delle tragedie”.
Ufficio Stampa
Piazza Prampolini, 1 – 42121 Reggio Emilia tel. (+39) 0522 456390-456840 fax. (+39) 0522 456677
[email protected]
Alfredo Casella (Torino, 1883 – Roma, 1947) è stato un compositore e pianista italiano. Tra il
1915 e il 1916 si collocano le composizioni Pagine di guerra op. 25 e Sonatina op. 28, anni –
scrive il compositore – in cui “è manifesta la crisi che travagliava […] la mia coscienza d’artista,
crisi che aveva soprattutto origine nel dubbio tonale che Schönberg aveva determinato in me”.
La drammaticità del momento compare in tutta la sua evidenza nelle discusse Pagine di guerra,
sottotitolate “films musicali”, perché le “brevi impressioni furono suggerite da visioni
cinematografiche”. Il linguaggio duro, freddo, cupo, con largo uso di procedimenti cromatici e
stratificazioni politonali, fotografa la realtà con distacco antiromantico e antisentimentale,
concludendo con la raggelante citazione di una Marsigliese in dissolvenza. Opera modernissima e
di rottura, effettivamente “cinematografica” nella sua crudezza, Pagine di guerra raccolse,
nella versione orchestrale del 1918 (con l’aggiunta di una quinta “pagina”), il plauso di un
ammirato Puccini, ma, ricorda lo stesso autore, raramente riusciva ad essere eseguita senza
proteste, né interruzioni, né scandali”.
Nella cultura militare anglosassone la banda militare ha sempre avuto un ruolo significativo;
abbondante e spesso di qualità, sia pur nelle necessità di funzione, la produzione di marce ed
inni, scritta da musicisti anche di buon livello. E’ il caso di Kenneth J. Alford (London, 1881 –
1945), compositore e maestro di banda militare che scrisse nel 1914 Colonel Bogey, una marcia
di buona fattura e molto comunicativa che diventò famosa per il suo inserimento nel film
americano del 1957 “Il ponte sul fiume Kwai”.
Negli Stati Uniti il compositore di maggiore inventiva e più prolifico fu senz’altro John Philip
Sousa (Washington, 1854 - Reading 1932), compositore e maestro di banda, autore fra l’altro
della marcia ufficiale nazionale degli Usa, The Stars and Stripes Forever. Durante la Prima
guerra mondiale Sousa partì volontario nella US Navy, organizzando la banda del Great Lakes
Naval Training Center, componendo varie marce popolari, quali Sabre and Spurs.
Tra i soldati-musicisti francesi c’è anche Maurice Ravel (Ciboure, 1875 – Parigi, 1937; era
addetto alle ambulanze) che in quegli anni scrive Tombeau de Couperin per pianoforte e le Trois
chansons per coro a cappella, di cui si esegue Nicolette in una versione per fiati; ogni brano di
quest’opera viene dedicato ad un compagno morto in guerra. Camille Saint Saens (Parigi, 1835 –
Algeri, 1921), compositore, pianista e organista, all’epoca dei brani in programma aveva 88 anni;
era il grande patriarca della musica francese e se da un lato scrive piccole opere patriottiche, ci
lascia anche questo Hymne la paix di rarissima esecuzione.
Nell’archivio della Biblioteca nazionale di Firenze è stato trovato lo spartito dell’ Inno di pace
(1916) del conte P.V. De Casatiis (1878 – 1925), del quale non vi sono a tutt’oggi notizie
biografiche precise. Interessante comunque per le parole che, sia pur in stile aulico, sono contro
la guerra, denunciandone l’orrore causato dalla Febbre d’imper e auspicando Libero pane e
liberi cor.
Nel programma non poteva mancare, contestualizzata, La leggenda del Piave, nel giugno 1918
dal maestro Ermete Giovanni Gaeta (Napoli, 1884-1961), noto con lo pseudonimo di E.A. Mario, il
quale rinunciò ai diritti d'autore sulla canzone. La leggenda del Piave fu composta nel giugno
1918 subito dopo la battaglia del Solstizio, e ben presto venne fatta conoscere ai soldati dal
cantante Enrico Demma (Raffaele Gattordo). L'inno contribuì a ridare morale alle truppe
italiane, al punto che il generale Armando Diaz inviò un telegramma all'autore nel quale
sosteneva che aveva giovato alla riscossa nazionale più di quanto avesse potuto fare lui stesso:
«La vostra leggenda del Piave al fronte è più di un generale!». Venne poi pubblicata da Giovanni
Gaeta con lo pseudonimo di E. A. Mario solo alla fine del 1918, a guerra ormai ultimata.
Il testo e la musica, che fanno pensare ad una canzone patriottica con la funzione di incitare alla
battaglia, hanno l'andamento colto e ricercato di altre canzoni che già avevano fatto conoscere
Giovanni Gaeta nell'ambiente del cabaret. La funzione che ebbe La leggenda del Piave nel primo
dopoguerra fu quello di idealizzare la Grande guerra, farne dimenticare le atrocità, le
sofferenze e i lutti che l'avevano caratterizzata.
Il programma si chiude con la canzone forse più cantata (svariate sono le testimonianze in
proposito) dai soldati italiani, napoletani e non: O surdato ‘nnamurato, musicato da Enrico
Cannio (Napoli, 1874 – 1949) con parole di Aniello Califano (Sorrento, 1870 – Sant'Egidio del
Monte Albino, 1919), nel 1915. La canzone descrive la tristezza di un soldato che combatte al
fronte durante la Prima guerra mondiale e che soffre per la lontananza dalla donna di cui è
innamorato.
Non poteva mancare il canto popolare con due brani che hanno interpretato sentimenti diffusi
tra i soldati, come la consapevolezza del proprio destino e il ripudio della guerra e delle
ingiustizie: la tradotta che parte da Torino e Gorizia.
Durante il concerto verranno lette pagine di Erich Maria Remarque Filippo Tommaso Marinetti
Naborre Campanini, Maurice Ravel, Giuseppe Ungaretti, nonché lettere di soldati italiani.
Scarica