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Settembre
Musica
Torino Milano
Festival Internazionale
della Musica
05_ 23 settembre 2012
Sesta edizione
Milano
Teatro Franco Parenti
Sabato 8.IX.12
ore 17
°
4
London Sinfonietta
David Atherton direttore
Katalin Károlyi mezzosoprano
Saariaho
De Pablo
Kaija Saariaho (Laakkonen, 1952)
Notes on light per violoncello e ensemble (2010)
28 min. ca
Prima esecuzione italiana
Translucent, secret
On fire
Awakenings
Eclipse
Heart of light
Tim Gill, violoncello
Terrestre (2002)10 min. ca
per flauto, percussioni, arpa, violino e violoncello
Michael Cox, flauto
David Hockings, percussioni
Helen Tunstall, arpa
Jonathan Morton, violino
Tim Gill, violoncello
Luis De Pablo (Bilbao, 1930)
Circe de España per voce e sei strumenti
su testo di José-Miguel Ullán (2006)
10 min. ca
Katalin Károlyi, mezzosoprano
Kaija Saariaho
Serenatas per pianoforte, violoncello e percussioni (2008)
14 min. ca
Prima esecuzione italiana
John Constable, pianoforte
Tim Gill, violoncello
David Hockings, percussioni
Luis De Pablo
Vértigo per sedici musicisti (2010-2011)
Prima esecuzione assoluta
Visión
Canto
Acto
Calma
London Sinfonietta
David Atherton, direttore
Katalin Károlyi, mezzosoprano
In collaborazione con
Teatro Franco Parenti
25 min. ca
Nuovi sentieri della creazione (2)
Il concerto odierno presenta brani freschi d’inchiostro: Vértigo, dell’ottuagenario compositore basco Luis De Pablo, è eseguito, infatti, in prima assoluta,
mentre le due opere della compositrice finlandese Kaija Saariaho sono proposte per la prima volta nel paese «dove ’l sì suona». La morbidezza della
nostra lingua spesso influenza il suono delle opere di chi si è formato nel
nostro bel paese rendendolo curvilineo e cristallino, cosa che si riscontra più
di rado in partiture che arrivano d’oltralpe: una bellezza diversa va ricercata
in chi giunge da lontano, tanto oggi quanto nel passato, quando si veniva
a studiare in Italia – come Händel da Corelli – per «sciacquare i panni» nel
grande fiume della nostra tradizione. Il suono rotondo del contrappunto di
Palestrina e della ‘nuova pratica’ di Monteveverdi passa più tardi da Porpora
al giovane Haydn, e da lui ai grandi di tutti i tempi, finendo così per influire
su tutta la storia della musica più recente. Purtroppo, però, a partire dal
secondo dopoguerra la scuola musicale si è trasferita altrove, per i molti
e noti motivi che affliggono la recente vita culturale del nostro paese, non
ultima la disaffezione delle istituzioni per la musica.
Tra la fine degli anni Settanta e la prima metà degli Ottanta si va a studiare composizione soprattutto alla Hochschule Freiburg, frequentata da Kaija
Saariaho tra il 1980 e il 1983. In quel periodo nella ricca biblioteca am Dom
(e poi sulla Schwarzwälder Strasse) si ritrovano studenti di tutto il mondo:
c’è chi, giunto dal Giappone, si prepara per una fulgida carriera (come Toshio
Hosokawa), chi, proveniente dalla Mitteleuropa (come lo sloveno Uroš Rojko)
studia tecniche compositive all’avanguardia, e chi vive viaggiando tra i due
versanti delle Alpi (come il sottoscritto) per studiare le partiture di Giacinto
Scelsi, altrove ignorato. Infatti, la didattica dei due maestri friburghesi – lo
svizzero Klaus Huber e l’anglo-continentale Brian Ferneyhoug – è di larghe
vedute, e si può dire che derivi per filiazione diretta dall’antica arte fiamminga. Le partiture che nascono sotto la loro guida sono pertanto molto
ricche (sino a rischiare talvolta la ridondanza) eppure sempre controllate
nel dettaglio: un suono razionale e barocco, veemente ma nel contempo
ordinato prende forma in opere ben costruite. La compositrice finlandese,
dopo una prima formazione negli anni Settanta a Helsinki presso l’Accademia Sibelius con il compositore Paavo Heininen, porta un contributo ad
arricchire quel contesto e quelle tendenze, che integra successivamente con
la pratica dell’informatica musicale acquisita presso i laboratori dell’IRCAM.
Infatti Parigi, città in cui la Saariaho presto si trasferisce, è in quegli anni un
altro centro d’eccellenza per lo studio della musica. Presso il celebre istituto
fondato da Boulez si esegue la sintesi del suono, mentre sull’analisi acustica
si concentra il Groupe de Recherche Musicale dell’I.N.A. L’elettronica diventa
per la compositrice il mezzo ideale per addentrarsi nella complessità della
materia acustica: è quanto Kaija Saariaho persegue nei suoi lavori, in cui lo
studio sul timbro strumentale si concretizza in un costrutto formale che degli
anni friburghesi conserverà sempre reminiscenze.
Poco più tardi, dai primi anni Novanta, la compositrice ritrova un particolare
amore per la vocalità (esplicitata anche in opere teatrali) che la conduce a una
scrittura sempre più nitida anche nelle composizioni cameristiche. Ne sono due
esempi Terrestre per flauto, percussioni, arpa, violino e violoncello (del 2002)
e il successivo Serenatas per pianoforte, violoncello e percussioni (del 2008).
In Terrestre sono presenti flauto e violoncello, i due strumenti cui la compositrice ha da sempre dedicato pezzi solistici con e senza elettronica. L’uso di
programmi di composizione assistita dal computer le consente di produrre
opere la cui macroforma riverbera su scala più ampia la microstruttura del
suono, creando percorsi a cui corrispondono relative metamorfosi timbriche
lungo assi semantici che assumono una funzione simile a quella del tematismo proprio della musica del passato. Una problematica che affascina la
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Saariaho è la polarità costituita dal rapporto tra suono puro e suono rumoroso: il primo è spesso affidato al flauto o agli armonici del violoncello, il secondo è invece ottenuto aumentando la componente bruitistica (cioè di suono
commisto a rumore) mediante tecniche esecutive che cambiano secondo gli
strumenti (a esempio sul violoncello la modificazione della pressione d’arco).
L’attenta ricerca sulle variazioni timbriche è utilizzata alla stregua (se non
con maggiore interesse) degli altri parametri compositivi: per questa ragione
alcuni critici accostano la Saariaho ai contemporanei autori francesi della
corrente spettrale o, addirittura, agli impressionisti d’inizio secolo.
Lavoro più esteso (una ventina di minuti) è Notes on light per violoncello e
orchestra, brano commissionato dalla Boston Symphony Orchestra nel 2006
ed eseguito nel febbraio dell’anno successivo, la cui parte orchestrale è stata
rielaborata per vasto ensemble nel 2010. Si articola in cinque movimenti, di
cui il quarto e il quinto sono da suonarsi senza soluzione di continuità, che
illustrano l’asse semantico ‘suono traslucido/suono opaco’. Il primo tempo
(Translucent, secret) riporta come agogica «misterioso, sempre molto espressivo», e mostra alla seconda battuta il suono puro espresso negli armonici
del solista già da subito accostato al suono ordinario. Il secondo movimento
(On fire, «sempre energico») inizia con il registro grave del violoncello che
articola bicordi appoggiati sulla quarta corda, subito giustapposti a rapide
scale e arpeggi nel registro acuto dell’orchestra. Il terzo tempo (Awakenings,
dall’indicazione «dolce, languido») apre con bicordi acuti affidati al violoncello, spesso sottolineati da portamenti e glissandi che richiamano declinazioni
vocali, e si conclude con una cadenza del solista punteggiata da interventi
dell’orchestra in pizzicato. Eclipse – l’attimo in cui la luce si ritrae in un’oscurità illuminata – «molto calmo, ma sempre intenso» è subito seguito da Heart
of light che conclude l’ampio ed elaborato lavoro in un pianissimo caratterizzato dalla costante variazione timbrica dello strumento solista determinata
da differenti posizioni dell’arco (da sul tasto a sul ponticello), mentre in partitura si riporta una citazione da The Waste Land di T.S. Eliot: «I could not
speak, and my eyes failed, I was neither living nor dead, and I knew nothing,
looking into the heart of the light, the silence».
Luis De Pablo, nato nel 1930 a Bilbao, apprende la musica da bambino,
anche se la sua successiva formazione tecnica è da autodidatta e si svolge
parallelamente agli studi universitari in giurisprudenza a Madrid. Dopo un
periodo in cui esercita la professione di avvocato, decide di dedicarsi completamente alla musica, e si reca a Parigi per studiare con l’allievo di Schoenberg
Max Deutsch. Inizia a pubblicare le prime opere nel 1958, quando fonda con
Cristóbal Halfter il gruppo Musica Nueva per promuovere la musica contemporanea e di altre culture, e contribuisce alla creazione di un ambiente innovativo in un paese culturalmente isolato anche traducendo libri di
Schoenberg e di Webern. La frequentazione, sin dai primi anni Sessanta, dei
corsi estivi di Darmstadt lo mette inoltre in contatto con l’avanguardia artistica e musicale del tempo. A queste attività De Pablo affianca quella di didatta, che svolge anche presso l’Accademia Chigiana di Siena. In Italia, infatti,
il compositore trova da sempre accoglienza non solo in ambito editoriale (è
pubblicato a Milano), ma anche presso istituzioni importanti, come il Festival
Pontino di Sermoneta a cui dobbiamo la commissione e la prima esecuzione
nel 2006 di Circe de España per voce e sei strumenti su testo di José-Miguel
Ullán. Di questo lavoro cameristico riportiamo qui la nota dell’autore.
«Ullán è un poeta originale ed eccessivo la cui originalità riveste le forme più
inaspettate (è la terza volta che mi servo di un suo testo). In questo caso la
sua originalità veste l’abito della sorpresa: l’impiego della più classica lingua
spagnola che si possa immaginare. Un lettore distratto potrebbe pensare
che si tratti di un autore (molto originale) del XVII secolo. Ma una lettura
più attenta sfaterebbe quest’impressione. Si verrebbe a configurare come il
rinnovamento di un mondo mitico visto attraverso la lente deformante di un
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Quevedo, per fare un nome, o, ancor meglio, del Cervantes più caustico, più
umano e per questo scevro della retorica altisonante cui si accompagna ogni
descrizione mitologica. Giungerei a dire, con tutte le cautele necessarie, che
un carattere della trattazione del mito nell’arte spagnola è il distanziamento
sarcastico o, se si preferisce, la mancanza di rispetto. Da Arcipreste de Hita
(Juan Ruiz – XIV secolo) fino a tempi recenti l’ironia, la satira e persino la
parodia costituiscono la regola. È possibile affermare lo stesso della pittura,
che non ha atteso Caravaggio per essere crudele con l’Olimpo. O della musica, con le Zarzuelas dell’inizio del XVIII secolo (El estrago en la finezza, Acis
y Galatea). Ullán, nella maniera che gli appartiene, s’iscrive in questa linea.
La mia musica, ciononostante, non si serve di mezzi antichi, ma sublima a
suo modo questo distanziamento ironico o, se si preferisce, disingannato. Noi
non sembriamo credere nel mito classico come fonte genuina di ispirazione,
bensì come pretesto per ridicolizzare le eccessive pretese di nobiltà dell’essere
umano che s’inganna da sé (di qui il disinganno). Si dirà: una visione atea del
mito. Fernando de Rojas contro Racine. Com’è risaputo, la musica è un altro
mondo (fino a un certo punto). Così i gesti musicali – o i ‘personaggi’ come
direbbe Messiaen – del mio dialogo con Ullán si muovono anche tra estremi:
intervallari, di registro, agogici. Nel vocale si oscilla tra un lirismo malioso e
l’oscena ripetizione popolaresca (priva di citazioni). L’aspetto timbrico viene
esasperato e convertito nella propria caricatura.
L’aggressività non giunge mai all’insulto o allo strappo: si conforma alla burla
e non esclude – non potrebbe farlo – la malinconia di chi non crede in un
lieto fine.
L’organico è composto da flauto (con ottavino e flauto in sol), clarinetto (con
clarinetto in mi bemolle e clarinetto basso), pianoforte, percussioni, violino,
violoncello e mezzosoprano.
Un particolare interessante: la Camacha de Montilla, citata come la Circe
de España, compare nel Coloquio de los perros (nelle Novelas ejemplares) di
Cervantes, in bocca – dovrei dire sul ‘muso’ – di Berganza. Sembra che si sia
trattato di un personaggio reale».
La musica di De Pablo trova sempre ispirazione nella letteratura (di cui molte
opere mostrano una vasta frequentazione, da Leopardi a Gongora, da Pessoa
a Marziale), oltre che nelle arti figurative e nella musica di ogni provenienza.
Il compositore conosce approfonditamente il gamelan di Bali, la musica di
tradizione dell’Iran e del Giappone, e quella popolare dell’America Latina, a
lungo percorsa in numerosi viaggi. Eppure i suoi lavori non lasciano spazio
né a una postmoderna poetica del citazionismo né a esotismi di sorta: le sue
passioni fungono da mero sostrato all’invenzione, consentendogli di cogliere
l’essenza dei vari ambiti di riferimento a cui di volta in volta si rivolge tralasciandone il velame superficiale. La perdita di centralità della musica europea
– dall’autore vissuta come vera rivoluzione copernicana – non gli desta tuttavia rimpianto: De Pablo ritrova infatti, nella tecnica della scrittura del suono
sviluppata in Occidente, quello strumento unificatore che ne fa il proprio
nucleo vitale.
Forse il titolo di Vértigo (in spagnolo vertigine), che MITO presenta in prima
esecuzione assoluta, allude a questa peculiarità quasi magica propria della
musica, che unisce suono a segno scritto, gesto e movimento a sensazione
uditiva, insomma – con parole di Heidegger – «altissimi abissi a profondissime vette». D’altronde il motto latino riportato in partitura (arcta via est,
ardua è la via) sembra evocare quell’unico e strettissimo sentiero percorribile
dall’arte, che non può che condurre verso sovrumani silenzi. Il lavoro, quasi
una sinfonia da camera per 16 strumenti, è stato completato nel maggio del
2011, e si suddivide in quattro movimenti (di cui gli ultimi due sono da suonarsi senza pausa) della durata complessiva di venticinque minuti. Il primo
tempo, Visión, si apre con uno squillante corale dei tre corni, che risuonano
«strepitosi, con il padiglione in alto» quasi apocalittici shofar [corni ebraici di
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ariete, Ndr], seguiti da scale di trombone e clarinetto basso subito interrotte
da un pianissimo «dolce ed espressivo» delle tre viole. Nella sezione successiva sassofoni e clarinetti enunciano veloci scale ascendenti e discendenti che
rappresentano forse la vertigine cui fa riferimento il titolo dell’intero lavoro.
Per tutta la durata del secondo movimento, Canto, si dipana una melopea
affidata al violoncello nel registro acuto, e accompagnata da un delicato
tappeto accordale dell’ensemble. Il terzo tempo, Acto, si apre con i tre corni
questa volta in pianissimo, appoggiati dalle viole con sordina di piombo, e
subito inframmezzati da scale in fortissimo di sassofoni e clarinetti: tutto
il movimento alterna questi tre strati di materia acustica, che si spengono
nuovamente in un pianissimo di corno, violoncello e contrabbasso. Subito
attacca il quarto tempo, Calma, una sorta di ricapitolazione dei gesti esecutivi
dei precedenti movimenti, ora stemperati in un’atmosfera soffusa.
Giulio Castagnoli*
*Compositore, coltiva le lingue classiche, gli studi filosofici, la passione per la fisica
acustica. Ha al suo attivo oltre cento composizioni, libri sulla musica e sulle politiche
musicali, saggi su autori contemporanei (in primi i suoi maestri Luciano Berio, Franco
Donatoni e Brian Ferneyhough, oltre a Giacinto Scelsi), sulla liederistica schumanniana.
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Cosa significa essere compositori oggi?
È da più di cinquant’anni che compongo (dal 1955 al 2012). In Spagna,
Francia, Italia, Belgio, Stati Uniti, Canada, Svezia, Germania, Giappone, Argentina... È impossibile – almeno per me – trovare UNA risposta a questa
domanda. Vedo un unico punto fermo in questo caos: ho bisogno di comporre. Quest’esigenza si riflette in opere che poi cerco di far conoscere. Cosa
effettivamente arrivi a chi mi ascolta mi sfugge: destino del resto comune
a tutto il genere umano. Essere compositore oggi (o esserlo 50 anni fa e da
qualunque altra parte) visto da questa prospettiva di ‘necessità personale’,
significa lottare per raggiungere un luogo nel quale si possa essere accettati
come esseri la cui vita consiste nel dare una risposta musicale profonda alla
realtà che ci è toccata in sorte. Questa realtà è sempre mutevole nel tempo
e nello spazio: accogliente, ostile, indifferente... la risposta del compositore
lo è altrettanto: esistono quasi tanti linguaggi quanti sono i compositori...
La metafora del messaggio nella bottiglia (affidata al mare) è d’altra parte
abusata, deprimente. Preferisco la riflessione di Lévi-Strauss: “Non si è mai
soli lungo i sentieri della creazione”.
Luis De Pablo
Creare musica – e fare arte in generale – è oggi, come sempre, assai importante, e la responsabilità di un artista è più grande che mai. Da quando
nelle nostre società le tradizionali convenzioni spirituali hanno lasciato il
campo al culto del materialismo, l’artista ha la possibilità, e per quanto mi
riguarda la necessità, di nutrire la fame di spiritualità della mente umana.
Fino a oggi non pare siano esistite culture prive di espressione musicale.
Essere compositori nel nostro presente significa comporre musica personale
che possa bucare la spessa coltre dell’inquinamento culturale con l’acutezza
e la profondità.
Kaija Saariaho
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Circe de España
José-Miguel Ullán
Circe di Spagna
Contra rutina, mis deseos abran
El bien del ojo y del temblor la puerta
Contro la routine, i miei desideri aprano
Il bene dell’occhio e del tremore la porta
(Palabritas vienen – palabritas van...)
(Paroline che vanno – paroline che vengono...)
Vente conmigo a pasear; contempla
en mitad de la noche ese arco iris
que hace cantar de gozo a la lechuza.
Vieni con me a passeggiare; guarda
nel mezzo della notte quell’arcobaleno
che fa cantare di gioia la civetta.
Muda de fe. Y, ya de amanecida,
verás que tapo el sol con nubarrones
en sólo un santiamén y los convierto
en hielo con sabor a mandarina.
Muta di fede. E, ormai all’alba,
vedrai che copro il sole con le nubi
in un solo batter d’occhio e le trasformo
in ghiaccio dal sapor di mandarino.
No temas los rigores del invierno,
que en mi alcoba despuntan amapolas,
doradas mieses y sabrosos berros
a todas horas. / Y por mis vecinas,
por mis vecinas, ¡ay!, yo me desvelo:
Non temere i rigori dell’inverno,
che nella mia alcova spuntano i papaveri,
il grano dorato e il crescione saporito
ad ogni ora. / E per le mie vicine,
per le mie vicine, ahimè, io perdo il sonno:
remiendo virgos con primor, procuro
que sean infieles sin jamás saberlo
y, si quedan preñadas, pues consigo
que den a luz inofensivos perros
que en cada uña de sus patas dejan,
a manera de espejo, ver los rostros
rammendo imeni delicatamente, cerco di
renderle infedeli senza accorgersene
e, se rimangono incinte, allora faccio in modo
che partoriscano dei cani inoffensivi
che in ognuna delle unghie delle zampe lasciano,
a mo’ di specchio, intravedere i volti
de los muertos en todas las edades
por codicia y maldad. / No hago a los
hombres
cerdos, cerdos, cerdos,
(belloticas vienen – belloticas van)
dei morti di ogni tempo
per cupidigia e malvagità. / Non rendo gli
uomini
maiali, maiali, maiali,
(piccole ghiande vengono – piccole ghiande
vanno)
poiché loro ci riescono da soli.
Le mie parole sono edera ed elicrisio,
che, masticati, la routine bruciano.
Io sono Camacha de Montilla, figlia
di Venere e del Sole, Circe di Spagna.
pues ellos por su cuenta ya se encargan.
Mis palabras son yedra y siempreviva,
que, masticadas, la rutina abrasan.
Yo soy Camacha de Montilla, hija
de Venus y del Sol, Circe de España.
Traduzione di
Itziar Rey-Pérez de Pipaon
7
London Sinfonietta
La London Sinfonietta, fondata nel 1968, è uno dei gruppi strumentali di
musica contemporanea più noti per il virtuosismo delle esecuzioni e per
i programmi assai ambiziosi. Si propone di oltrepassare i confini musicali
intraprendendo sempre nuovi progetti con musicisti jazz e folk, coreografi,
video-artists, film-makers e artisti di musica elettronica. Ha ricevuto tre RPS
(Royal Philharmonic Society) Award, l’ultimo nel 2010. L’ensemble è regolarmente in residenza presso il London’s Southbank Centre, dove continua a
diffondere la miglior musica contemporanea nelle sale e nei festival di tutto
il Regno Unito e in tutto il mondo con un programma molto fitto di appuntamenti. Dalla sua fondazione ha commissionato oltre 250 lavori ad artisti
importanti: le prime assolute più recenti comprendono In Broken Images
di Harrison Birtwistle, Double Bass Concerto di Dai Fujikura, Insomniac di
Charlie Piper e Will Sound More Again di Wolfgang Rihm. Nel 2013 eseguirà
la prima mondiale di Radio Rewrite di Steve Reich. Per dare sostegno all’affermazione di nuovi talenti emergenti, la London Sinfonietta ha lanciato
nel 2009 la London Sinfonietta Academy, che offre l’opportunità ai giovani
strumentisti di tutto il Regno Unito di esercitarsi ed esibirsi con alcuni dei
migliori musicisti contemporanei del mondo, con progetti interattivi come
Blue Touch Paper.
Sul sito londonsinfonietta.org.uk si trovano interviste esclusive, musica,
filmati e informazioni sulle ultime uscita per NMC Recordings e Signum
Records, e iscrivendosi alla London Sinfonietta e-zine si possono ricevere
aggiornamenti e informazioni.
8
Flauti
Michael Cox
Oboe
Melinda Maxwell
Clarinetti
Mark van de Wiel
Fagotto
John Orford
Sassofono
Simon Haram
Corno
Nicolas Fleury
Kira Doherty
Richard Stroud
Tromba
Alistair Mackie
Trombone
Byron Fulcher
Tuba
Jonathan Riches
Violino
Jonathan Morton
Joan Atherton
Viola
Paul Silverthorne
Richard Waters
Elizabeth Butler
Violoncello
Tim Gill
Lionell Handy
Contrabbasso
Enno Senft
Pianoforte
John Constable
Celesta
Alex Wilson
Percussioni
David Hockings (timpani)
Oliver Lowe
Karen Hutt
Arpa
Helen Tunstall
Concert Manager
Jessica Brennan
Amministratore delegato
Andrew Burke
9
David Atherton, direttore
David Atherton ha studiato Musica all’Università di Cambridge, dove il suo
modo di dirigere ha suscitato molti entusiasmi sulla stampa nazionale. Nel
1967 entra a far parte dell’organico della Royal Opera House di Londra e
l’anno seguente, a soli ventiquattro anni, ne diventa il più giovane direttore
di ogni tempo. Nei suoi dodici anni come direttore in residenza si è esibito
circa 200 volte in teatri come il Covent Garden e la Scala, dove è tornato
di frequente in qualità di direttore ospite con nuove produzioni di opere di
Ravel, Stravinskij e Meyerbeer. Tra i titoli da lui diretti vanno ricordati Tosca,
Wozzeck e Salome per la Canadian Opera, L’affare Makropulos a New York e
Sogno di una notte di mezza estate per il Glyndebourne Opera Festival, oltre
a nuove produzioni per la English National Opera come Turandot, L’amore
delle tre melarance e Billy Budd. David Atherton è stato uno dei fondatori
della London Sinfonietta, e come suo direttore musicale si è esibito nelle prime rappresentazioni di molte opere contemporanee. Il suo lavoro in studio
di registrazione ha ricevuto il premio Edison, molte nomination ai Grammy
Awards e il rinomato Grand Prix du Disque. È stato il più giovane direttore
nella storia dei BBC Proms e vi ha partecipato per trenta stagioni. Atherton
ha viaggiato in molti paesi, soprattutto negli Stati Uniti dove è stato ospite
di orchestre importanti, ad Atlanta, Dallas, Detroit, Los Angeles, New York e
San Francisco. Dal 1980 al 1987 ha diretto l’Orchestra Sinfonica di San Diego
e ancora oggi ritorna in California ogni estate per dirigere il Festival Mainly
Mozart, da lui fondato nel 1989. Dallo stesso anno è direttore della Hong
Kong Philharmonic Orchestra; al termine dell’incarico è stato insignito dei
titoli Order of the British Empire e Conductor Laureate, come riconoscimento per i servizi resi alla vita musicale di Hong Kong. Ha anche avuto posizioni
di rilievo alla BBC Symphony e alla Royal Liverpool Philharmonic.
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Katalin Károlyi, mezzosoprano
Nata in Ungheria, Katalin Károlyi ha studiato con Noëlle Barker e Julia
Hamari, perfezionandosi poi con Rachel Yakar e René Jacobs. Da allora il suo
repertorio è focalizzato sull’opera barocca, la musica da camera e la musica
contemporanea. È stata diretta da Yehudi Menuhin (Funeral Rite di Jeney),
William Christie (Médée, Les Plaisirs de Versailles, La Descente d’Orphée
aux Enfers di Charpentier, i Madrigali di Monteverdi, Hippolyte et Aricie di
Rameau, il Sant’Alessio di Landi), Philippe Herreweghe, Laurence Equilbey,
Paul van Nevel, Bernard Tétu, Roland Hayrabedian (Les Noces di Stravinskij)
e David Robertson. Si è esibita in numerosi festival e nei più grandi teatri
del mondo, fra i quali Opéra National di Parigi, Teatro alla Scala, Teatro
Colón, e in concerto alla Carnegie Hall, Wigmore e Barbican Hall di Londra
e Cité de la Musique di Parigi. Nel 2000 György Ligeti ha composto Sippal,
Dobbal, Nádihegedüvel per lei e l’Amadinda Percussion Group, con numerose
esecuzioni con London Sinfonietta e Asko Ensemble al Festival di Salisburgo,
alla Carnegie Hall di New York, Queen Elizabeth Hall di Londra, BBC Proms,
Wiener Konzerthaus e Festival di Cheltenham. Con William Christie ha cantato Il ritorno d’Ulisse in patria a Parigi, Vienna, Losanna, Bordeaux, Londra,
New York e al Festival di Aix-en-Provence. Altre esecuzioni di rilievo includono Aventures, Nouvelle aventures di Ligeti al Lincoln Center di New York e
all’Opéra Bastille di Parigi, Folk Songs di Berio al City of London Festival e in
tournée con London Sinfonietta, Tehillim di Reich con il RIAS Kammerchor,
Infinito Nero di Sciarrino con lo Schönberg Ensemble, Calmo di Berio con
MusikFabrik, la prima mondiale di The Sea and its Shore di John Woolrich
per l’Opera Almeida e con il Birmingham Contemporary Music Group. Fra
le esibizioni più recenti troviamo una nuova opera di Gerald Barry basata su
The Importance of Being Earnest.
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Il FAI presenta i luoghi
di MITO SettembreMusica
Il Teatro Franco Parenti
Per descrivere il Teatro Franco Parenti è necessario partire dalla storia della
città: innata in questo storico teatro infatti è la vocazione di apertura all’esterno, di rivalutazione degli spazi perché ogni luogo può generare storie e far
vivere emozioni. E la storia di questa parte di città inizia nel 1933, quando gli
architetti razionalisti durante la Triennale iniziano a dimostrare un particolare
interesse nei confronti dell’edilizia popolare e dei nuovi quartieri, edificati a
Milano per l’aumento della popolazione di 260.000 unità. Nasce infatti nello
stesso anno con il nome di Cesare Battisti l’attuale quartiere Vasari, con case
allineate, facciate squadrate e disposte razionalmente. Il quartiere popolare è
destinato a diventare dal 1972 uno dei cuori pulsanti della città proprio con la
creazione del Salone Pier Lombardo, voluto da Franco Parenti e Andrée Ruth
Shammah, con Giovanni Testori e Dante Isella. Il teatro per come è pensato
e per come poi effettivamente viene realizzato, diventa da subito un punto di
riferimento di vitalità artistica e culturale per Milano, caratterizzandosi per
un’idea di teatro proiettata sia verso le novità italiane e straniere, sia verso la
rilettura dei classici in chiave contemporanea. Come non ci si ferma all’idea di
un luogo preciso dove fare teatro, così la stessa idea di teatro viene ampliata e
ripensata, organizzando anche una serie di manifestazioni culturali, concerti,
rassegne cinematografiche, conferenze, festival e presentazioni di novità editoriali che coinvolgono un pubblico allargato e non convenzionale. Nel 1989 alla
scomparsa di Franco Parenti il salone viene ribattezzato Teatro Franco Parenti,
restando sotto la regia di Andrée Ruth Shammah che mette in scena spettacoli
legati al sogno, alla fantasia e alla leggenda, con una ricerca artistica nata
anche sull’idea del teatro fuori dal teatro. La necessità di ristrutturazione degli
spazi trova seguito solo dopo l’istituzione della Fondazione Pier Lombardo nel
1996. Lavori che iniziano nel 2004 e che al loro termine, nel 2008, non hanno
visto arresti né rallentamenti delle iniziative; anzi, se possibile una nuova vita,
con l’ideazione di nuovi modi per aprire altri luoghi della città, per rimpossessarsi e riqualificare zone periferiche e dimenticate, dimostrando, con il grande
successo avuto, l’amore ancora vivo dei milanesi nei confronti del teatro, in
tutte le sue forme. La ristrutturazione viene completata a cura dell’architetto e designer Michele De Lucchi, sotto la direzione artistica di Andrée Ruth
Shammah e con interventi scenografici di Gian Maurizio Fercioni. Oltre 5.400
metri quadrati, distribuiti su tre livelli che dialogano tra loro, in perfetta sintonia di spazi e vedute, ma contemporaneamente perfettamente indipendenti
per un uso anche simultaneo. Le forme lineari dell’architettura non distraggono l’attenzione dello spettatore, che invece si sente partecipe e protagonista
della scena e dello spettacolo. La luce che entra attraverso grandi finestre rende
vivi gli spazi, vissuti come luoghi di spettacolo, ma anche di lavoro, di incontro
e di sperimentazione. Il teatro prende spunto dalla città in cui ‘vive’, ruba alla
vita quotidiana immagini e azioni, restituendole arricchite di nuovi contenuti
e idee, stimolando così il dialogo tra le persone, le emozioni e le creatività.
Si ringrazia
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MITO SettembreMusica è un Festival
a Impatto Zero®
Il Festival MITO compensa le emissioni
di CO2 contribuendo alla riforestazione
e alla tutela di foreste in Bolivia
e partecipando alla riqualificazione del
territorio urbano del Comune di Milano
L’impegno ecologico del Festival MITO SettembreMusica si rinnova
ogni anno attraverso la compensazione delle emissioni di CO2
prodotte dall’evento. Per la sesta edizione del Festival l’impegno
etico si sviluppa su un duplice fronte.
A Milano, MITO SettembreMusica partecipa attivamente alla
riqualificazione dell’Alzaia del Naviglio Grande, aderendo al
progetto promosso da LifeGate in collaborazione con il Consorzio
Est Ticino Villoresi e adottando 18 piante, una per ogni giorno
di Festival. Il progetto, nato lo scorso anno con il sostegno
del Festival MITO, si propone di realizzare un percorso verde
che colleghi la città di Milano ai Parchi Regionali della Valle
del Ticino e dell’Adda. L’intervento riguarda un tratto di circa
un chilometro. L’area è stata riqualificata con la rimozione di
rifiuti e di specie infestanti e con la piantumazione di essenze
arbustive autoctone per ridefinire il fronte urbano.
Di respiro internazionale è, invece, l’adesione al progetto di
Impatto Zero® di LifeGate tramite il quale MITO SettembreMusica
contribuisce alla riforestazione e alla tutela di foreste in Bolivia,
nel dipartimento di Beni, in provincia di José Ballivián, nel
comune di Rurrenabaque. Il progetto complessivo, premiato
con riconoscimenti internazionali, si estende dai piedi delle
Ande ai margini del bacino dell’Amazzonia. Comprende 6000
ettari di terreni di proprietà di piccoli coltivatori incentivati al
mantenimento della biodiversità locale e alla riqualificazione
del territorio.
In collaborazione con
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Un progetto di
Città di Milano
Città di Torino
Giuliano Pisapia
Sindaco
Presidente del Festival
Piero Fassino
Sindaco
Presidente del Festival
Stefano Boeri
Assessore alla Cultura,
Moda e Design
Maurizio Braccialarghe
Assessore alla Cultura,
Turismo e Promozione della città
Giulia Amato
Direttore Centrale Cultura
Aldo Garbarini
Direttore Centrale Cultura ed Educazione
Antonio Calbi
Direttore Settore Spettacolo,
Moda e Design
Angela La Rotella
Dirigente Servizio Spettacolo,
Manifestazioni e Formazione Culturale
Comitato di coordinamento
Francesco Micheli
Presidente
Vicepresidente del Festival
Angelo Chianale
Vicepresidente
Enzo Restagno
Direttore artistico
Milano
Torino
Giulia Amato
Direttore Centrale Cultura
Aldo Garbarini
Direttore Centrale Cultura ed Educazione
Antonio Calbi
Direttore Settore Spettacolo,
Moda e Design
Angela La Rotella
Dirigente Servizio Spettacolo,
Manifestazioni e Formazione Culturale
Francesca Colombo
Segretario generale
Coordinatore artistico
Claudio Merlo
Direttore organizzativo
Coordinatore artistico
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Realizzato da
Associazione per il Festival Internazionale
della Musica di Milano
Fondatori:
Alberto Arbasino / Gae Aulenti / Giovanni Bazoli / Roberto Calasso
Francesca Colombo / Gillo Dorfles / Umberto Eco / Bruno Ermolli
Inge Feltrinelli / Stéphane Lissner / Piergaetano Marchetti / Francesco Micheli
Ermanno Olmi / Sandro Parenzo / Renzo Piano / Arnaldo Pomodoro
Livia Pomodoro / Davide Rampello / Franca Sozzani / Massimo Vitta Zelman
Comitato di Patronage:
Louis Andriessen / George Benjamin / Pierre Boulez / Luis Pereira Leal
Franz Xaver Ohnesorg / Ilaria Borletti / Gianfranco Ravasi / Daria Rocca
Umberto Veronesi
Consiglio Direttivo:
Francesco Micheli Presidente / Marco Bassetti / Pierluigi Cerri
Francesca Colombo / Roberta Furcolo / Leo Nahon / Roberto Spada
Organizzazione:
Francesca Colombo, Segretario generale e Coordinatore artistico
Stefania Brucini, Responsabile promozione e biglietteria
Carlotta Colombo, Responsabile produzione
Federica Michelini, Assistente Segretario generale e Responsabile partner e sponsor
Luisella Molina, Responsabile organizzazione
Carmen Ohlmes, Responsabile comunicazione
Lo Staff del Festival
Segreteria generale:
Lara Baruca, Chiara Borgini con Eleonora Pezzoli e Monica Falotico
Comunicazione:
Livio Aragona, Emma De Luca, Laura Di Maio,
Uberto Russo con Valentina Trovato e Andrea Crespi,
Simona di Martino, Martina Favini, Giulia Lorusso,
Caterina Pianelli, Desirè Puletto, Clara Sturiale, Laura Zanotta
Organizzazione:
Elisa Abba con Nicoletta Calderoni,
Alice Lecchi e Mariangela Vita.
Produzione:
Francesco Bollani, Marco Caverni, Stefano Coppelli,
Nicola Giuliani, Matteo Milani, Andrea Simet con Nicola Acquaviva
e Giulia Accornero, Elisa Bottio, Alessandra Chiesa,
Lavinia Siardi
Promozione e biglietteria:
Alice Boerci, Alberto Corrielli, Fulvio Gibillini,
Arjuna-Das Irmici, Alberto Raimondo con Claudia Falabella,
Diana Marangoni, Luisa Morra, Federica Simone e Serena Accorti,
Biagio De Vuono, Cecilia Galiano
via Dogana, 2 – 20123 Milano
telefono +39.02.88464725 / fax +39.02.88464749
[email protected] / www.mitosettembremusica.it
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twitter.com/mitomusica
youtube.com/mitosettembremusica
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I concerti
di domani e dopodomani
Domenica 9.IX
Lunedì 10.IX
ore 11
ragazzi
Rotonda di Via Besana
Lo Scoiattolo Gillo direttore d’orchestra
Luca Ciancia,
Michela Costa, attori
Ingressi e 5
ore 17 classica
Piccolo Teatro Studio Expo
Musiche di Schoenberg, Adams,
Stravinskij
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Antonello Manacorda, direttore
Ingresso gratuito fino a esaurimento posti
ore 11
antica
Civico Tempio di San Sebastiano
Dominica secunda post Decollationem
Santa Messa in latino e canto ambrosiano
Cantori Ambrosiani
Giovanni Scomparin, direttore
Giorgio Cattaneo, organo
Celebra Don Mario Baj
Ingresso libero
ore 17
Teatro San Babila
VERSI X VERSI
Musiche di Giovanni Bataloni
con Roberto Piumini
e Debora Mancini
Andrea Taddei, regia
Posto unico numerato e 5
ragazzi
ore 17
contemporanea
Auditorium San Fedele
Sylvano Bussotti, Stefano Gervasoni
Divertimento Ensemble
Sandro Gorli, direttore
Ingresso gratuito fino a esaurimento posti
ore 21
contemporanea
Conservatorio di Milano
Sala Verdi
Focus De Pablo/Saariaho
Musiche di De Pablo, Manzoni,
Saariaho
Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai
Daniel Kawka, direttore
Francesco D’Orazio, violino
Ingresso gratuito
liv
in
am g
ore 22
world music
tr
Teatro Filodrammatici
es e
Hace 20 Años
Ricordando Astor Piazzolla
Musiche di Piazzolla,
Gardel, Villoldo, di Bonaventura
Daniele di Bonaventura, bandoneòn
Vertere String Quartet
Posto unico numerato e 10
ore 18
classica
Teatro Litta
Debussy: 150 di questi anni
Musiche di Debussy
Shizuka Susanna Salvemini, pianoforte
Posto unico numerato e 5
ore 21
Auditorium di Milano
Fondazione Cariplo
Debussy: 150 di questi anni
Musiche di Debussy
Salvatore Accardo, violino
Laura Gorna, violino
Francesco Fiore, viola
Rocco Filippini, violoncello
Andrea Oliva, flauto
Laura Manzini, pianoforte
Elena Gorna, arpa
Posto unico numerato e 15
ore 21
musica popolare
Teatro degli Arcimboldi
Vola Vola Vola
Canti popolari e canzoni
Ambrogio Sparagna
Orchestra Popolare Italiana
Con la partecipazione straordinaria
di Francesco De Gregori
Posti numerati e 15, e 20 e e 30
ore 22
Palazzo Mezzanotte
Congress Centre and Services
Let’s jazz!
Michele Di Toro, pianoforte
Davide Laura, violino
Simone Zanchini, fisarmonica
Giuseppe Ettorre, contrabbasso
Giuseppe Cacciola,
batteria e percussioni
Ingressi e 10
www.mitosettembremusica.it
Responsabile editoriale Livio Aragona
Progetto grafico
Studio Cerri & Associati con Francesca Ceccoli, Ciro Toscano
Stampato su carta ecologica Magno Satin da gr. 150
16
classica
jazz
3
Milano Torino
unite per il 2015
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