II parte
il problema della coscienza
Alfredo Paternoster
Vaghezza/polisemia della nozione di
coscienza
-
Essere coscienti/essere coscienti di [qualcosa]
Coscienza/autocoscienza
Essere coscienti/essere in uno stato conscio
[coscienza in senso morale –non ce ne
occupiamo]
- Coscienza fenomenica/coscienza psicologica
oppure
- coscienza fenomenica/coscienza d’accesso
(ne parleremo più avanti)
Coscienza transitiva vs. intransitiva
- Ha senso dire che siamo coscienti simpliciter o in
generale?
 concetti di vigilanza e di stato di veglia
- Si può essere coscienti simpliciter senza essere
coscienti di qualcosa?
[ relazione tra coscienza e intenzionalità]
Coscienza/autocoscienza
- Si può essere coscienti di qualcosa senza essere
coscienti di esserlo?
(= “si può essere consapevoli del mondo senza
essere consapevoli di se stessi quando si è
consapevoli del mondo”? , Crane 2001).
Autocoscienza:
 a) coscienza di secondo ordine;
 b) io, identità personale.
Creature vs. state consciousness
- Coscienza come proprietà di una
persona/soggetto vs. coscienza come proprietà di
uno stato mentale: quale delle due nozioni è
logicamente prioritaria?
- Uno stato mentale è cosciente se il suo portatore
è cosciente di qualcosa (priorità della coscienza
personale).
Ma:
- Se non si specifica il tipo di stato cosciente in cui il
soggetto si trova, non si dice nulla di interessante.
 Per la maggior parte degli scopi teorici è utile
parlare di coscienza di stato. Inoltre …
Creature vs. state consciousness
… secondo alcuni autori è sensato parlare di stati
coscienti in cui il soggetto non è cosciente
(almeno in un certo senso)
Coscienza psicologica vs. coscienza fenomenica.
(Chalmers 1996)
Uno stato è cosciente in senso psicologico se il suo
contenuto viene sfruttato in processi di pensiero
e svolge un ruolo nella produzione del
comportamento.
Uno stato è cosciente in senso fenomenico se al
soggetto fa un certo effetto trovarsi in quello
stato.
Condizioni di incoscienza o di
coscienza alterata
- sonno (senza sogni)
- sincopi, anestesie
- coma, stati vegetativi, crisi epilettiche
 Problema dei criteri per l’attribuzione di
coscienza (che cosa oltre a comportamento
osservabile e a resoconti verbali?)
Problema dei criteri
Ci sono casi ( elaborazione semantica di
enunciati in pazienti in stato vegetativo) in cui
siamo restii a parlare di presenza di coscienza
(sulla base di indizi comportamentali) ma in cui
ci sono chiari segni, altrimenti riscontrabili, di
attività mentale anche sofisticata. Forse il
termine ‘coscienza’ non si attaglia bene a questi
casi, di cui tuttavia bisogna dar conto.
Mente e inconscio
Cartesio  mente = coscienza
Seconda metà dell’ottocento (positivismo)  si prende
atto dell’esistenza di fenomeni che intuitivamente
sono classificabili come mentali e tuttavia non
emergono alla soglia della coscienza (es. “grande
isteria” convulsiva, fuga dissociativa, amnesia
dissociativa, disturbo di personalità multipla -- oggi
“disturbo dissociativo di identità”)
Freud  prima teoria sistematica basata sull’inconscio
Scienze cognitive  più freudiane di Freud?!
Inconscio cognitivo e inconscio freudiano
Inconscio cognitivo:
Comprensione del linguaggio, percezione,
ragionamento, … sono processi subpersonali
(= non ne siamo coscienti e non siamo noi in
quanto persone o soggetti ad
eseguirli/controllarli)  mente subcosciente
Siamo consapevoli dei risultati di tali processi, non
dei processi medesimi.
Inconscio cognitivo e inconscio freudiano
Inconscio freudiano:
Alla base dell’inconscio stanno le pulsioni, ossia
energie, forze. In primo luogo, la pulsione
sessuale – “libidica”.
- Sessualità
- Rimozione (teoria del trauma)
- Ruolo dell’introspezione
Inconscio cognitivo e inconscio freudiano
L’aspetto sessuale dell’inconscio freudiano ha due
origini. Da un lato esso è una reazione materialista, di
derivazione positivistica e darwiniana, a quell’impasto
di senso comune, religiosità e cartesianismo che
costituiva il pensiero dominante. Dall’altro rimanda a
quel pessimismo antropologico che da Hume arriva a
Nietzsche passando attraverso Schopenhauer (
Jervis 2011).
Se nel primo caso la sessualità dell’inconscio
rappresenta la rivincita di un corpo disprezzato e
cancellato dal pensiero soggiacente all’etica pubblica,
nel secondo i diritti del corpo diventano limiti e
corruzione della razionalità dell’essere umano.
Inconscio cognitivo e inconscio freudiano
Freud tende a pensare l’inconscio come un soggetto che
ha desideri e impulsi diversi dal soggetto conscio, ma
è, appunto, assimilabile a un soggetto. Invece i
processi subpersonali della scienza cognitiva hanno
caratteri diversi dalla coscienza: dove questa si
presenta come unitaria, seriale, linguistica e sensibile
a proprietà globali, quelli sono molteplici, paralleli,
non linguistici e orientati all’elaborazione di proprietà
locali.
Un problema dell’inconscio cognitivo
«Anche se la descrizione computazionale (…) di un processo
cognitivo non è una descrizione neurobiologica, e dunque
non stiamo parlando di cervello, in che senso essa è
mentale? (…)
Non sarebbe più appropriato dire che la scienza cognitiva
indaga, sia pure a un livello di descrizione funzionale e
specificamente computazionale, i processi cerebrali che
rendono possibili le nostre capacità o funzioni mentali;
ovvero che per il cognitivismo il mentale è soltanto
l’explanandum, ma non l’explanans?»
Un problema dell’inconscio cognitivo
Obiezione: Che cosa c’è di mentale nei processi
subpersonali?
Risposta (implicita): mentale è ciò che spiega e media il
comportamento.
Ma: molti fattori cerebrali, intuitivamente extramentali,
spiegano/mediano il comportamento.
 Il problema diventa quello di discriminare, tra i
fattori che spiegano il comportamento, quelli
autenticamente mentali da quelli (puramente)
cerebrali.
Un problema dell’inconscio cognitivo
«possiamo certamente chiamare ‘mentali’ molte forme
di elaborazione di informazione non accessibili alla
coscienza, ma sembra naturale richiedere che esse
abbiano qualche relazione con l’elaborazione
cosciente» (Di Francesco e Piredda, in press)
Di quale natura deve essere questa relazione?
Critiche all’inconscio cognitivo (1)
Searle: distinzione non conscio/inconscio/conscio
Non conscio è qualcosa che non può emergere al livello
della coscienza (per ragioni legate a come è fatto il
cervello).
Inconscio è qualcosa che può emergere al livello
conscio. Esempio: credenze e desideri (intesi come
stati disposizionali).
Alcuni stati/processi subpersonali sono inconsci, ma altri
sono non consci.
Il non conscio non è mentale.
Argomento (idea-guida)  la mente richiede la
possibilità di una prospettiva in prima persona.
L’argomento di Searle: nozioni preliminari
Intenzionalità: la proprietà, caratteristica degli stati
mentali, di vertere su qualcosa e/o di avere un
contenuto.
- originaria
- derivata (= ereditata dall’autore, progettista,
utente ecc.)
Solo gli stati mentali (intenzionali) possiedono
un’intenzionalità originaria o intrinseca.
Forma aspettuale: la prospettiva in cui un oggetto o
uno stato di cose è dato a un soggetto che intrattiene
uno stato mentale ( Frege 1892)
Ogni stato mentale possiede una forma aspettuale.
L’argomento di Searle
i) Alcuni stati mentali, paradigmaticamente credenze e
desideri, hanno intenzionalità originaria.
ii) Ogni stato mentale intenzionale possiede una forma
aspettuale.
L’argomento di Searle
i) Alcuni stati mentali, paradigmaticamente credenze e
desideri, hanno intenzionalità originaria.
ii) Ogni stato mentale intenzionale possiede una forma
aspettuale.
iii) Non è possibile caratterizzare in modo completamente
oggettivo (in terza persona) uno stato che ha una forma
aspettuale. Dunque:
iv) Uno stato intenzionale non è caratterizzabile
completamente in terza persona
L’argomento di Searle
i) Alcuni stati mentali, paradigmaticamente credenze e
desideri, hanno intenzionalità originaria.
ii) Ogni stato mentale intenzionale possiede una forma
aspettuale.
iii) Non è possibile caratterizzare in modo completamente
oggettivo (in terza persona) uno stato che ha una forma
aspettuale. Dunque:
iv) Uno stato intenzionale non è caratterizzabile
completamente in terza persona
 uno stato inconscio può essere mentale solo a una
condizione: avere la possibilità o disposizione di emergere alla
coscienza (se non soddisfa la condizione, non ha forma
aspettuale, ma allora non è intenzionale né mentale).
L’argomento di Searle (schema)
Mentale  intenzionale (origin.)  prospettico 
prima persona  cosciente
quindi:
Non cosciente  no forma aspettuale (non c’è nessuna
prospettiva in cui è dato al soggetto)  non
intenzionale non mentale
L’ontologia degli stati subcoscienti (inconsci o non
consci) è in terza persona, quella degli stati coscienti è
in prima persona, quindi uno stato subcosciente è
mentale (in quanto intenzionale) solo se ha la
possibilità di emergere alla coscienza.
L’argomento di Searle
«La forma aspettuale non può essere caratterizzata in
modo esaustivo o completo soltanto in termini di
predicati in terza persona, comportamentali o
neurofisiologici. Nessuno di questi è sufficiente a dare
una illustrazione esaustiva della forma aspettuale»
(1992, pp. 157-8 della vers. ingl.)
La prospetticità è qualcosa di intrinsecamente legato a
un punto di vista, e un punto di vista è qualcosa di
irriducibilmente soggettivo , anche se si possono
condividere dei punti di vista.
Obiezioni all’argomento di Searle
1) La distinzione tra intenzionalità originaria e derivata è
illusoria.
Caso A (intenzionalità come proiezione interpretativa -Dennett 1978, 1987): le ascrizioni di intenzionalità
sono analoghe per organismi e agenti artificiali perché
non c’è una distinzione di principio.
Caso B (intenzionalità come relazione informazionale –
Fodor 1987, Dretske 1981; 1995, …): diversi sistemi
fisici possiedono stati intenzionali, in virtù di certi
nessi causali col mondo.
Obiezioni all’argomento di Searle
1) La distinzione tra intenzionalità originaria e derivata è
illusoria (segue)
In ambedue i casi la presunta intenzionalità “originaria”
che solo noi possederemmo «se non è un miracolo o
una proprietà donata da Dio, deve essersi evoluta (…)
da antenati con dotazioni cognitive più semplici…»
(Dennett 2009, p. 343). Alla luce di questa
considerazione anche la presunta distinzione tra
attribuzioni metaforiche e attribuzioni letterali di
intenzionalità si stempera in un continuum di casi.
Obiezioni all’argomento di Searle
2) (in conseguenza di 1) Non è detto che uno stato
mentale abbia una forma aspettuale: la premessa ii
dell’argomento di Searle è falsa.
Più in generale, benché il nesso tra forma aspettuale e
punto di vista in prima persona sia abbastanza
intuitivo, è dubbio che la nozione di punto di vista
debba svolgere qualche ruolo in una teoria della SC.
Rejoinder
Se non si accetta la distinzione tra intenzionalità originaria e
derivata, anche un termostato viene a possedere
intenzionalità. Una (sedicente) teoria della mente che
ascrive stati intenzionali a un termostato non è affatto
una teoria della mente, poiché non è capace di dar conto
della differenza che sussiste tra stati mentali e stati non
mentali. (cfr. Searle 1980).
Anche se l’argomento di Searle si basa su nozioni dubbie,
resta vero che la SC deve fare di più nella direzione di
offrire un criterio del mentale.
Critiche all’inconscio cognitivo (2)
G. Strawson: mente = esperienza
«I soli fenomeni peculiarmente mentali sono i fenomeni
dell’esperienza cosciente»
Quindi: nemmeno gli stati disposizionali sono coscienti
Argomento (idea-guida)  È intrinseco al concetto di
stato mentale che questo abbia un possessore, un
soggetto di esperienza. Non ci sono stati mentali che
fluttuano “liberi”. Dunque la mente richiede (in atto)
una prospettiva in prima persona.
 Neocartesianismo
Obiezioni a Strawson
1) Petizione di principio. Non c’è argomento ma una
sedicente intuizione.
2) Se restringiamo il concetto di mentale a quello di
esperienziale, delle due l’una:
- o la restrizione ha delle conseguenze teoriche su
ciò che deve rientrare nell’ambito di studio della SC,
e allora rischiamo di perdere capacità esplicativa o di
istituire separazioni anacronistiche tra psicologia
filosofica e psicologia sperimentale;
- oppure la restrizione non ha alcuna ricaduta
teorica, e allora si tratta di una questione
meramente verbale, nominalistica.
Inconscio cognitivo: conclusioni
Un tentativo di giustificazione della natura mentale di stati e
processi subpersonali:
1) stati e processi subpersonali sono ipotesi irrinunciabili ai
fini di spiegare le nostre capacità mentali, ivi inclusi i
fenomeni coscienti associati al loro esercizio.
2) Tali ipotesi vengono formulate in uno specifico
vocabolario, quello computazionale, che si colloca a un
livello intermedio tra le persone, o più in generale gli
organismi, e i cervelli. In tale vocabolario la capacità
mentale da spiegare viene in prima istanza descritta come
una funzione astratta dell’organismo: siamo ancora lontani
dal cervello. Ciò sembra corrispondere abbastanza bene al
“territorio” del mentale.
Inconscio cognitivo: conclusioni
3) La demarcazione tra ciò che è solo cerebrale e ciò che
è anche mentale si fonda sul criterio della rilevanza
esplicativa.
4) Questo modello di spiegazione consente di poter
attribuire capacità mentali anche ad alcune
macchine e a vari organismi non umani.
Coscienza e scienze cognitive
Problema:
Che cosa ha da dire sulla coscienza un paradigma di
ricerca che:
- Colloca al livello subpersonale la gran parte dei
processi mentali
- Non ha bisogno della coscienza per spiegare la grande
maggioranza dei fenomeni mentali
Rischio: epifenomenismo della coscienza
Reazione: a partire dagli anni ‘90 si affronta la questione
della coscienza
Coscienza di stato e duplicazione dei tipi di
coscienza
Crane: la nozione di creature consc. è esplicativamente
prioritaria, perché
essere in uno stato cosciente =df. essere in uno stato in cui
la creatura è cosciente
Carruthers (?): le due nozioni sono esplicativamente
indipendenti, perché ci sono stati coscienti ( blindsight,
controllo motorio) di cui la creatura non è cosciente.
* Tuttavia la posizione di Carruthers presuppone la
distinzione tra coscienza fenomenica e coscienza
d’accesso, che Crane respinge (per Crane l’unica nozione
interessante di coscienza è quella fenomenica).
coscienza fenomenica/coscienza d’accesso
(Block 1995)
Stato conscio-F = stato che dà luogo a “effetti in prima
persona”, cioè in cui la creatura prova qualcosa, “sente”.
Fenomenico = (etimolog.) ciò che appare alla mente
Stato conscio-A = stato disponibile per elaborazioni
cognitive (ragionamento, controllo razionale dell’azione) e
linguistiche.
È una distinzione relativa alla state-consciosuness, anche se il
concetto di coscienza fenomenica può forse essere
caratterizzato indipendentemente dalla distinzione e in
riferimento alla creatura.
coscienza fenomenica/coscienza d’accesso
Esempi:
Una credenza (in senso disposizionale) è cosciente-A
ma non cosciente-F (ma è suscettibile di divenire
anche cosciente-F). Cfr. la posizione di Searle e
Strawson.
Un dolore è sia cosciente-A sia cosciente-F. In
generale gli stati mentali occorrenti sono sia
coscienti-A sia coscienti-F.
Ci sono stati coscienti-F ma non coscienti-A?
Dissociazioni tra coscienza fenomenica e
coscienza d’accesso
- Il caso dello studioso assorto: coscienza-F senza
coscienza-A ?
- Il caso del (super)blindsight: coscienza-A senza
coscienza-F ?
- Il caso del “pilota automatico” (Armstrong)
Coscienza vs. consapevolezza
(Chalmers 1996)
È una distinzione sostanzialmente analoga a quella di
Block.
La consapevolezza è “uno stato nel quale abbiamo
accesso ad alcune informazioni che possiamo usare
per controllare il comportamento”.
- È una nozione funzionale (psicologica, cognitiva)
- La coscienza (fenomenica) è sempre accompagnata
dalla consapevolezza
- Ci può essere consapevolezza senza coscienza
(fenomenica)
La consapevolezza è una nozione di coscienza nella
quale non svolge nessun ruolo l’elemento
fenomenico, il “ciò che appare alla mente”, il “ciò che
prova il soggetto”.
Coscienza fenomenica
È la condizione in cui ci troviamo per il fatto stesso
di stare al mondo, quando siamo svegli e vigili;
l’effetto che ci fa percepire, agire e pensare.
Ciò che si prova (what it is like)
Sensazioni grezze (raw feels):
essere coscienti fenomenicamente = essere
creature senzienti.
Es. dolore, piacere, impressioni visive, acustiche,
olfattive ecc.
Coscienza fenomenica
La coscienza fenomenica non è uno stato
introspettivo: non c’è bisogno di riflettere
su una propria sensazione per provarla
[questo è indubbio], né vi è bisogno di
focalizzare l’attenzione su qualcosa per
essere (fenomenicamente) coscienti di quel
qualcosa [questo è meno evidente].
MA…
Un’ambiguità?
Quando non presto attenzione a qualcosa
(“non me me accorgo”), in che senso ne
sono cosciente?
( esempi del guidatore e del mal di denti)
Il concetto di stato conscio-F rischia di
confondersi con quello di stato
potenzialmente cosciente.
( obiezione della inattentional blindness)
Elenco di questioni
A) Questioni di carattere generale
1) È possibile spiegare la coscienza?
 come si produce e perché si produce
2) In base a quali criteri attribuiamo coscienza?
( animali inferiori, stati vegetativi)
3) A quale stadio evolutivo compare la
coscienza?
Elenco di questioni
B) Questioni più specifiche
1) Che relazione c’è tra coscienza e
autocoscienza?
2) Che relazione c’è tra coscienza e
intenzionalità?