Dispensa - IPSSSS Severina De Lilla

LA MUSICA POPOLARE IN PUGLIA
Nino Blasi
In questa sezione introduttiva mi risulta doveroso avanzare alcune considerazioni
preliminari.
La musica popolare, una volta diffusissima, circolava oralmente e adempiva a
funzioni sociali; nella sua trasmissione, sia essa antica che più recente, ha subito
adattamenti di varia natura che inducono ad osservare alcune cautele nelle procedure di
datazione, classificazione, localizzazione, individuazione dell’area e dei livelli di
diffusione, nonché dei bacini di destinazione e fruizione.
1. La difficoltà di stabilire una precisa cronologia per un brano, sia nella
configurazione poetica che nella espressione musicale, è imputabile, fondamentalmente,
alla trasmissione orale che, se da un lato registra e conserva i modelli, dall’altro, non
fissandoli definitivamente, rimane esposta a continui interventi di trasformazione che
impediscono una immediata e chiara lettura del prodotto culturale pervenuto.
2. Una singola composizione, pur avendo una ipotizzabile area di provenienza, la
si riscontra in diversi contesti spazio-temporali che modificano e, talvolta,
compromettono l’originaria struttura poetico-musicale, i contenuti, i linguaggi, gli
strumenti utilizzati e la vocalità. Di qui le varianti, anche con modifiche sostanziali, che
conducono, ad esempio, a versioni in cui i testi poetici si adattano su diverse melodie, o
viceversa.
3. La musica popolare ha sempre avuto canali di diffusione e referenti di ascolto
diversi dalla musica colta e ufficiale che, pur tuttavia, in diverse occasioni, non ha
mancato di attingere ad essa, studiarne le peculiarità e proporne una rielaborazione.
Diverse melodie pervenuteci testimoniano maggiori affinità con la musica antica che
non con quella moderna, anche per ciò che concerne gli strumenti musicali utilizzati e le
tecniche esecutive.
4. Nell’ampia problematica popolare/dotto si inserisce anche il binomio
collettività/individuo: anche nel caso della conoscenza dell’autore di un documento
letterario e/o musicale popolare, la maggioranza degli studiosi concorda nella
impossibilità di poter fissare una linea di demarcazione tra il singolo e la comunità,
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considerati entrambi in sempre diversi rapporti di fluide intersecazioni come produttori,
fruitori e trasformatori.
5. La musica popolare è parte integrante di un più vasto patrimonio culturale
appartenente alla memoria storica di un’etnia, che include fiabe, proverbi, leggende,
occasioni sociali, attività lavorative, forme rituali e spettacolari legate al ciclo della vita
umana e della natura a cui un tempo era intimamente connessa. Impostazioni
etnomusicologiche più avanzate, che all’analisi specialistico-formale dei documenti
affiancano la considerazione di studi antropologici, sociologici, storici, filologici, ecc.,
contribuiscono a dare alla tradizione musicale popolare, nelle sue peculiarità, un profilo
quanto più possibile preciso in ordine ai moventi, le occasioni, i significati, i contenuti e
le forme, gli autori e i fruitori.
6. La bibliografia critica riguardante la musica popolare ha spesso anteposto
un’ideologia precostituita nel cui quadro teorico sistemare i documenti da analizzare, sia
essa di impostazione spiritualista o formalista, idealista o marxista, ecc.
7. Diversi canti possono presentare, nelle varianti pervenute, fluttuazioni
melodiche, ossia modifiche o abbellimenti di alcuni punti del brano che si richiamano a
una flessibilità intonativa tipica più delle tradizioni monodiche che non di quelle
polifoniche. Spesso il musicista popolare, condizionato nell’esecuzione dai propri limiti
fisiologici, o consapevole delle proprie potenzialità, si ritaglia una sua particolare
tessitura del componimento o di parte di esso.
8. La trasmissione orale ha favorito reciproche influenze tra lingua parlata e lingua
cantata che confermano il nesso inscindibile tra parola e canto nella musica popolare:
ecco, quindi, le melodie parlate, i recitativi melodici, le inflessioni onomatopeiche, gli
intercalari privi di significato, che tanto rimandano ai richiami dei venditori ambulanti o
ai canti di lavoro.
9. Una fase più avanzata rispetto alla semplice audizione registrata è il contatto
diretto con gli informatori popolari, in situazioni da cui il canto trae origine, per cogliere
per intero tutti gli aspetti della comunicatività, poiché l’esecutore, trapiantato dal suo
ambiente naturale sul palcoscenico, tende, inconsciamente, a modificare l’autenticità del
suo modo esecutivo.
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10. Nel corso della storia diversi studiosi hanno nutrito l’esigenza di fissare su
pagina scritta il testo poetico dei canti popolari, ma pochissimi di loro hanno goduto
dell’accesso al pentagramma.
11. Poiché la musica popolare è di per sé storicamente orale, l’analisi dei suoi
documenti deve essere effettuata ascoltando registrazioni “sul campo” o, in mancanza di
queste, esecuzioni tratte da operatori impegnati ad analizzare le caratteristiche delle
fonti, facendo propri gli autentici modi esecutivi.
12. Recenti e nuove tecniche di produzione hanno permesso la massiccia
affermazione del CD, determinando la repentina sparizione dal mercato di una ricca
documentazione di materiali originali, frutto di interessantissime ricerche, registrati,
negli anni ’60 su vinile, nastri magnetici e audio-cassette. Fortunatamente, un recente
revival di interesse compensa tale mancanza con la ripubblicazione di questa
produzione in nuovi e sempre più sofisticati formati digitali salvandoli dall’estinzione.
13. Molto spesso il termine “Folklore” (composto dai lemmi di origine sassone
Folk = popolo e Lore = sapere) è usato per indicare alcune rievocazioni recenti, non di
rado arbitrarie, di antiche feste o esibizioni di gruppi musicali in costume che cantano e
danzano svolgendo programmi su testi poetici e musicali inventati e dichiarati
tradizionali, o tradizionali e dichiarati propri, o non sempre elaborati con adeguata
attenzione (è il caso, questo, anche della canzone popolare d’autore). Per tale motivo il
termine “Folklore” ha assunto oggi un’accezione negativa, onde è consigliabile evitare
di usarlo in schede e lavori scientifici, sostituendolo con “cultura tradizionale”, “sapere
tradizionale”, “cultura orale”, “cultura locale” e, similmente, lo studio di tale materia si
indica di norma con “demologia”.
14. Negli ultimi decenni, il processo in atto della globalizzazione culturale sta
investendo la musica popolare in commistioni multietniche che aprono nuove scenari,
talvolta affascinanti per qualità ed effetto. Ne sono esempio e testimonianza i diversi
arrangiamenti di musiche popolari effettuati dai maestri concertatori che si sono
alternati, da più di un decennio, nella “Notte della taranta” di Melpignano (Lecce).
Generi musicali
La musica popolare dell’area italiana presenta una situazione estremamente
diversificata, dal momento che coesistono stili e modi fra loro lontani e lontanissimi,
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spesso più apparentati con aree straniere che fra di loro. Ciò non deve stupire, in quanto
non è altro che il riflesso della vicenda storica e sociale del nostro paese, giunto
all’unificazione in epoca recente a seguito di un susseguirsi di dominazioni che lo
hanno, comunque, arricchito di stimoli e confronti, diversificando aree di ibridazione.
Nel Sud Italia risultano predominanti cinque generi musicali.
Tarantella
Il termine, usato in senso generico, ricopre diverse forme di ballo popolare, con
diversi passi per le coppie e/o il gruppo a seconda delle zone di attestazione,
testimonianza di sopravvivenze di forme arcaiche legate al ciclo della vita umana e della
natura, assai lontane dalle odierne stilizzazioni destinate al largo consumo discografico
e cinematografico.
La tarantella è eseguita con strumenti diversi. In alcune zone è ancora in uso la
zampogna, che ha storicamente rallegrato i danzatori, grazie alla sua capacità di coprire,
contemporaneamente, le funzioni di solista e di accompagnamento, al ritmo incessante
scandito dal tamburello e da “percussioni povere”. Tale funzione è stata ricoperta,
successivamente, dall’organetto e dalla fisarmonica, di più estese possibilità tonali e di
più semplice manutenzione; nel Gargano la tarantella è eseguita con chitarra battente,
tamburello e castagnette. Quando viene eseguita da sole donne, queste si accompagnano
con tamburello e nacchere.
Pizzica
In dialetto tarantino il morso della tarantola è detto “pizzico” e dal ballo
terapeutico che si fa eseguire ai tarantolati è derivato il nome di pizzica-pizzica (genere
musicale) e pizzica tarantata (danza terapeutica).
La pizzica è un tipico modello di pura tarantella. L’etimologia del termine
tarantella, da “taranta”, abbreviazione dialettale di tarantola (dal latino Lycosa
tarentula), nome che designa un tipo di ragno frequente soprattutto a Taranto (latino
Tarentum), fulcro della Magna Grecia jonica, testimonia il profondo legame del genere
musicale con questo ballo terapeutico nato per curare dal morso dell’animale, la pizzica
tarantata, e il fenomeno ad esso connesso (tarantismo). La fiducia in questa terapia era
priva di riserve.
I musici terapeuti del tarantismo salentino usano il violino e la chitarra, oltre
all’organetto e al tamburello. A differenza della tarantella, può essere ballata da soli o,
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se in gruppo, da ciascuno singolarmente, a coppie o in gruppo, mentre la pizzicascherma o danza delle spade (danza improvvisata) è rigorosamente a coppie.
Tammurriata
La tammurriata, la cui principale funzione è di accompagnare il ballo, si svolge su
un tappeto ritmico scandito dalla tammorra, tipo di tamburo a cornice, con un canto
essenzialmente sillabico, tratto da un repertorio di natura estremamente eterogenea. Il
tamburo, in genere, appoggia e contraddistingue tali divisioni, e la bravura del suonatore
consiste proprio nel conoscere esattamente le accentazioni ritmiche e nel seguire il
cantore nelle sue costanti variazioni.
L’estrema duttilità nell’adattarsi all’improvvisazione e a variazioni di contenuti
con prevalenza di satira sociale, a seconda delle zone e dei cantori, hanno indotto gli
etnomusicologi ad approfondire le ricerche a tal riguardo per fissarne alcune
caratteristiche.
Alla fine di ogni distico o di ogni canzone, la conclusione viene accentuata,
ancora, dal tamburo con una serie di colpi battuti sull’unità di tempo.
Villanella
La villanella, genere analogo alla frottola quattrocentesca per lo più a quattro voci,
è una composizione anche a tre voci, di carattere omoritmico e su strofe variamente
rimate, di argomento per lo più erotico; si è cercato di provare che il luogo di origine
delle
villanelle
sia
Napoli:
in
verità,
queste
canzoni
fiorirono
quasi
contemporaneamente non solo nelle varie regioni d’Italia, ma anche in Francia, in
Germania, in Spagna e in Inghilterra, presentando caratteristiche affini, ed ebbero, come
gran parte delle manifestazioni culturali del Meridione sino all’Unità d’Italia, in Napoli
il loro centro di raccolta e di diffusione.
Nel campo musicale, la differenza che corre fra composizioni di villanelle
cosiddette popolari e composizioni aristocratiche è semplicemente nel fatto che le prime
mettono in musica brevi strofe, lasciando sovente dominare l’elemento ritmico della
danza; le altre mettono in musica testi metricamente più complessi, dando importanza
all’elemento espressivo della poesia e avvalendosi di tutti gli elementi contrappuntistici
e armonici.
Serenata
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In molti paesi della Puglia, la serenata cantata sotto la finestra della donna
prescelta era qualcosa di più che un semplice atto di corteggiamento, assumendo la
funzione ufficiale di fidanzamento. A questa richiesta faceva seguito, da parte della
donna, un comportamento che convenzionalmente significava accettazione o rifiuto
(l’atto di sputare dalla finestra sul capo del giovane corteggiatore, ad esempio,
corrispondeva a una piena adesione da parte della ragazza alle profferte di amore
rivoltele).
Contenuti
Canti del ciclo della vita umana
Il corso della vita umana si svolge secondo una fitta e progressiva trama di forme
ereditate dalla tradizione e in continua trasformazione, alla cui base vi sono i riti di
passaggio: cerimoniali e funzioni che si compiono per indicare e sancire le successive
fasi che preludono o accompagnano l’ingresso di un individuo nella comunità, secondo i
momenti e le età della sua vita.
La ninna nanna, sia pur elaborata entro canoni ben precisi, si può prestare per
l’autrice ad occasione di libero sfogo, entro certi limiti, in uno stadio di autonomia e
specificità culturale, e si rivela oggetto primario d’attenzione per l’analisi della
comunicazione popolare, libera da inibizioni. Molto spesso a strofe liete e serene se ne
affiancano altre lugubri, intonate a mo’ di lamento con immagini di morte e violenza da
esorcizzare.
La filastrocca, che cadenza i giochi dei bambini (quando non sono vittime di
prodotti ludici programmati dal consumismo per l’infanzia), ha invece il fine di renderli
attori in una dimensione di piena creatività in un continuo scambio di ruoli suggerendo,
nel contempo, modelli di socializzazione secondo gli schemi del gruppo.
Il canto d’amore o di corteggiamento, predominante nel genere liricomonostrofico, si presta a diversi utilizzi, con toni sempre diversi: allegri, tristi,
canzonatori in bisticci comico-amorosi, appassionati, maliziosi, ecc.
Il canto conviviale, in virtù del suo utilizzo estemporaneo, accanto ad alcune
strofe codificate ne presenta altre improvvisate dall’estro degli astanti, che esprimono
stati d’animo di diversa natura che, se dominanti, indurrebbero a identificarli in un
territorio intermedio con altri tipi di canti (d’amore o sociali, ad esempio).
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Il canto di lavoro rappresenta una categoria assai ampia: si è soliti far rientrare
sotto tale definizione non soltanto quei canti specifici che vengono utilizzati per ritmare
i movimenti (soprattutto collettivi) in diretta corrispondenza con le precise necessità
funzionali cui sono destinati, ma anche quelli che servono ad alleviare fisiologicamente
e psicologicamente la fatica e la noia individuale e collettiva.
Il canto sociale e politico si presenta in forme differenti, in diretto rapporto con lo
sviluppo economico-sociale delle aree di attestazione. Nei paesi dove la rivoluzione
industriale si è verificata con fenomeni migratori, esso ha assunto, fin dall’inizio,
caratteristiche urbane, con limitato apporto dal repertorio contadino. Là dove, invece, il
capitalismo si è sviluppato con maggiore ritardo e ha cercato il suo sbocco agendo sulla
condizione agricola, i canti di ambito rurale costituiscono l’elemento portante del
repertorio.
Il canto rituale, legato al culto dei morti, rimanda alle radici più remote di una
data cultura: affrontare e solennizzare il momento culminante della vita umana
all’interno di un preciso ordine di comportamenti e di credenze ha significato, nelle più
diverse e antiche culture, ammetterne l’esistenza per affermare il proprio diritto storico
alla vita.
Canti del ciclo della natura
I canti del ciclo della natura sono da classificare in diretta correlazione con le
grandi feste tradizionali che si svolgono nel corso dell’anno e accomunano tutti i popoli,
essendo queste ultime collegate ai più significativi momenti della vita agricola. La
varietà che li contraddistingue da un luogo a un altro è determinata dalle differenti
condizioni etniche, climatiche, ambientali e di sviluppo economico che sottendono una
lunga serie di credenze e usanze antichissime, forme di cultura e concezioni magicopagane, trasformate e/o sincretizzate in seguito all’introduzione del cristianesimo.
L’azione regolatrice della religione cristiana ha convogliato tali feste in cerimonie
cicliche che vengono praticate all’inizio di ogni periodo-stagione e che si ispirano ai due
principi fondamentali della magia, l’eliminazione del male che si è accumulato nel
periodo precedente e la propiziazione per il ciclo che si inaugura.
Tra le cerimonie legate alla fine dell’inverno, il Carnevale e i canti carnascialeschi
ad esso connessi assumono rilevanza sociologica come sfogo collettivo consacrato
all’eversione, allo svago, agli scherzi e alle beffe: un’occasione privilegiata, diffusa
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nella cultura medievale, per deridere momentaneamente gli schemi della vita
quotidiana, i valori ufficiali e gli ideali più alti in una caotica mescolanza di contrari
(sacro-profano, saggio-stolto, ricco-povero, maschio-femmina). Nei festeggiamenti
religiosi della Pasqua per la morte e risurrezione di Cristo si realizza la celebrazione
solenne della natura, pronta al risveglio stagionale per opera dell’intervento umano.
In tutti i paesi europei, da epoche antichissime sino agli inizi del secolo scorso, il
trionfo della primavera e della natura era accolto da “Calendimaggio”. Allegre canzoni
popolari (maggiolate) accompagnavano cortei di giovani che, dopo aver raccolto un
ramo fiorito nei boschi e averlo ricoperto di fiori, lo piantavano dinanzi alla porta delle
ragazze amate a simbolo di fertilità e auspicio per la procreazione.
Il 25 dicembre, giorno di celebrazione del Natale da parte della Chiesa cristiana,
riprende la stessa data in cui il calendario romano commemorava il Dies natalis solis
invicti (Natale del sole invitto): in occasione del solstizio d’inverno si festeggiava,
secondo un’antichissima tradizione indoeuropea diffusasi nei paesi nordici e nel bacino
del Mediterraneo, il culto del Sole che progressivamente allunga le ore di luce nella
giornata. Innumerevoli sono i canti natalizi che, in particolare, hanno ispirato i
compositori nella rielaborazione di antiche melodie che, nella tradizione delle
“pastorali”, sono eseguite da suonatori di zampogna e ciaramella presso i presepi, per le
vie dei borghi e per le valli.
Sempre nell’ambito dei canti religiosi si ricorda il canto narrativo, nel cui novero
rientrano le vite dei santi e le leggende sacre cantate in versi.
All’interno dei suddetti periodi si inseriscono le sagre paesane, le feste patronali e
i pellegrinaggi. Nella scansione rituale del calendario ciascun centro abitato conserva la
festa patronale come momento eccezionale di celebrazione della natura nel ciclo del
lavoro agricolo (l’aratura, la semina, il raccolto prima del vuoto vegetale), proprio
perché dal ripetersi regolare dei cicli stagionali dipende la stabilità economico-sociale e,
quindi, la sopravvivenza di una civiltà e della sua cultura. Per questa ragione in tutti i
centri legati all’economia agricola la festa si svolge in periodo estivo, con pellegrinaggi
in onore del Santo, a cui si chiede di far sì che le messi siano abbondanti, ma anche di
propiziare la procreazione umana; la stretta analogia tra fertilità dei campi e fecondità
umana può associarsi, nei canti delle città marinare, al motivo ittico, che si presenta in
ruolo concomitante e poche volte predominante.
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Forme letterarie
Canti narrativi
I canti narrativi, la cui forma più antica è rintracciabile nei canti epico-lirici,
largamente diffusi in tutto il territorio neolatino e corrispondenti alle ballate dell’Europa
germanica o alle byline russe, hanno una struttura esplicativa e dialogata insieme, con
spunti e passi anche lirici: svolgono episodi o fatti storici mitizzati, oppure motivi
leggendari storicizzati, ossia attribuiti a qualche personaggio storico.
L’invenzione della stampa portò un nuovo contributo alla diffusione di argomenti
storici, che prima avveniva solo per via orale, e, quando le antiche narrazioni si
fissarono per iscritto sui “fogli volanti” distribuiti dai cantastorie, venne meno, in parte,
la libertà di improvvisazione di questo genere poetico, che assunse sempre più caratteri
regionali, se non nazionali.
Canti lirici
La produzione della lirica monostrofica comprende, forse, la maggior parte dei
canti popolari e trae origine dai componimenti denominati strambotti di tradizione
popolare. Dal francese estribot, il cui tema radicale estrif deriverebbe dal germanico
strit, che significa combattimento, lo strambotto ebbe zone geografico-culturali di
irradiazione che corrispondono alle attuali Sicilia e Toscana. Si caratterizza sin
dall’origine come breve componimento esprimente contesa, ingiuria, satira e include,
nel largo senso del termine, anche il contrasto che sottende il “dispetto” e la gioia di
alcuni canti d’amore.
Lo stornello è una forma metrica di tradizione orale strettamente legata allo
strambotto, come testimonia l’etimologia dal provenzale estorn, che significa contesa,
combattimento, il cui spirito si conserva nell’esecuzione cantata a botta e risposta, a mo’
di sfida.
Le distinzioni operate nella definizione delle forme del canto narrativo e di quello
lirico non devono, comunque, essere considerate come categorie fisse per la
catalogazione, se si pensa, ad esempio, alla presenza di componimenti in cui a una
prima terzina di stornello si aggancia una strofa di strambotto: tale circostanza ci induce
a riflettere ulteriormente sulla interscambiabilità delle forme letterarie che, a distanza di
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secoli di trasmissione orale, possono oggi aver determinato testimonianze poetiche
contaminate da figure retoriche di diverso tipo.
Ulteriori criteri (sotto-criteri o criteri diversi) di catalogazione hanno elaborato le
categorie del canto iterativo ed enumerativo, cumulativo, satirico, a dispetto, a botta e
risposta, a contrasto, ecc.
Nei canti iterativi ed enumerativi uno stesso motivo viene espresso a regolari
intervalli in strofe pressoché identiche, che si differenziano solo per il mutamento di un
particolare; tra di esse, sempre nella stessa posizione, si aggiunge una ripresa o un
ritornello.
I canti cumulativi presentano la medesima struttura e il medesimo procedimento
dei canti iterativi, con la differenza che piuttosto che mutare qualcosa nelle diverse
strofe che si susseguono, ad ogni strofa si aggiunge una parola nuova, sino a farne una
lunga lista che mette a dura prova le qualità mnemoniche di chi canta.
I canti satirici criticano con arguzia le debolezze umane, attingendo ad un vasto
repertorio di archetipi presenti anche nella letteratura colta antica, con la messa in
ridicolo, talvolta spregiudicata, di ambienti, concezioni, modi di vita, personaggi del
mondo pubblico.
Ugualmente di carattere estemporaneo, sulla base di un canovaccio, sono i canti a
dispetto, i canti a botta e risposta e a contrasto, che possono diventare anche gare
poetiche cantate, che oppongono come antagonisti due improvvisatori su temi classici
quali quelli presentati nei dialoghi fra povero e ricco, padrone e contadino, cittadino e
paesano, suocera e nuora, marito e moglie, madre e figlia, abitanti di luoghi diversi, ecc.
Aree linguistiche
Il dialetto è una lingua che ha un proprio sistema lessicale, sintattico, morfologico
e fonetico, nonché una propria letteratura in prosa e in versi. Nel caso dell’Italia si
riscontrano molteplici dialetti la cui origine latina è stata contaminata da influenze
linguistiche straniere variegate, che hanno determinato idiomi molto diversi tra loro;
non è rara la presenza di costrutti linguistici e forme lessicali che nei dialetti conservano
quasi integralmente l’etimologia latina, mentre la lingua nazionale forgiata sul volgare
colto fiorentino li ha sostituiti con altri.
Per quanto riguarda la definizione delle varietà presenti nella Puglia, possiamo
riconoscere tre aree geografico-linguistiche principali: settentrionale (Subappennino
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dauno e Gargano), “barese” (la parte meridionale del Tavoliere, la provincia di Bari e la
parte settentrionale della provincia di Brindisi e di quella di Taranto) e salentina (che
comprende, oltre alla provincia di Lecce, gran parte della provincia di Brindisi e quella
sud-orientale della provincia di Taranto).
Particolarmente interessanti risultano alcune “isole” etnico-linguistiche, in cui
sopravvive l’uso di idiomi stranieri: franco-provenzale a Faeto e Celle di San Vito,
arbëreshë (albanese) a Casalvecchio, Chieuti e San Marzano di San Giuseppe, griko o
grecanico (greco parlato nel Salento) a Calimera, Carpignano, Castrignano de’ Greci,
Corigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia e Zollino.
Si riscontra inoltre la presenza, talvolta stabile per lunghi periodi, di comunità
nomadi di Rom, Sinti e Caminanti.
Storicamente rilevante è, infine, il caso di Sannicandro Garganico, dove nella
prima metà del Novecento si è verificato un singolare fenomeno di “conversione”
all’ebraismo, che ha influenzato la locale tradizione musicale (si veda infra, M.
Mascolo, Tracce musicali ebraiche e neo-ebraiche tra la Basilicata e la Puglia).
Le tappe della ricerca
Il susseguirsi di sempre nuove scoperte geografiche ha suscitato, già alla fine del
Cinquecento, in alcuni pensatori (come Montaigne) le prime riflessioni sul “mito del
buon selvaggio”, che condurranno, progressivamente, nel XIX secolo, alla nascita
dell’etnologia (successivamente diversificatasi nelle grandi scuole antropologica,
storico-culturale e sociologica) e della demologia, sorte su basi filosofiche (Lafitau,
Vico, Rousseau, Herder, Hegel). Si affermò, in concerto con le prerogative del
Romanticismo, nelle singole nazioni europee, l’intento di delineare con documenti certi
la propria identità culturale (Walter Scott, Francis James Child, fratelli Grimm), mentre
in Italia, la specifica atmosfera risorgimentale fece maturare un crescente entusiasmo
per la ricerca dei canti popolari che produsse, nella prima parte dell’Ottocento, le prime
raccolte tese a dare testimonianza di un presunto ”popolare nazionale” puro e
incontaminato, e, negli immediati anni post-unitari, studi e miscellanee di impostazione
più tecnica, con l’intento di contribuire, dalle regioni, alla costruzione della Nazione
(cfr. Bibliografia di studi sulla musica popolare 1).
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A queste opere hanno fatto seguito altre di respiro nazionale o geograficamente
più circoscritte (cfr. Bibliografia di studi sulla musica popolare 2).
Alla metà del secolo scorso, con l’affermazione della Storia delle tradizioni
popolari come disciplina scientifica e la costituzione delle omonime cattedre presso le
Università, si sono approfonditi gli studi su basi scientifiche e le analisi comparative dei
documenti (cfr. Bibliografia di studi sulla musica popolare 3).
La volontà di garantire spessore specialistico alla ricerca sulla musica popolare ha
contribuito alla costituzione della etnomusicologia (precedentemente denominata
musicologia comparata) come disciplina autonoma, separata dalla musicologia e dalla
etnologia. Ponendosi come obiettivo primario la registrazione “sul campo” dei
documenti sonori originali dei canti e delle musiche popolari, presso informatori e/o
occasioni rituali in via di estinzione o almeno di sostanziale mutamento, grazie
all’ausilio di sempre più sofisticate e maneggevoli apparecchiature tecnologiche, si sono
potute colmare, almeno in parte, le lacune di molti ricercatori precedenti, poco attenti a
fornire, accanto alla sezione poetica dei canti popolari, la relativa trascrizione
pentagrammatica.
Nel secondo dopoguerra, in Italia, illustri etnomusicologi quali Diego Carpitella,
Roberto Leydi, Roberto De Simone, Giuseppe Vettori, hanno concretamente realizzato i
principi della nuova scuola metodologica che procede seguendo tappe obbligate: 1)
registrazione; 2) trascrizione fedele; 3) analisi del contesto; 3) raffronto delle varianti; 4)
riflessioni sull’interezza del brano nella sua composizione melodica, armonica e poetica
(cfr. Bibliografia di studi di etnomusicologia).
Su tali presupposti è fiorita negli anni ’60 l’incisione in formato LP di una serie di
documenti sonori originali a cura di case discografiche specializzate – Albatros, che ha
ceduto il catalogo alla Ala Bianca, Dischi del Sole, Zodiaco, Bella Ciao, Ala Bianca, La
Comune, CEDI (Compagnia Editrice Discografica Internazionale), che ha ceduto il
catalogo alla Vedette (poi Editoriale Sciascia), Cetra Collana Folk, Italia Canta – molti
dei quali, se non rieditati, sono pressoché introvabili in commercio (cfr. Discografia
documenti sonori originali Italia 1).
Dall’attività di ricerca sono scaturite proposte di arrangiamenti musicali sulle
melodie tradizionali o nuove composizioni da parte di alcuni gruppi musicali, talvolta
diretti dagli stessi ricercatori (Roberto Leydi, Cesare Bermani, per il Nuovo Canzoniere
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Internazionale, Roberto De Simone per la Nuova Compagnia di Canto Popolare, Sergio
Liberovici, Italo Calvino e Franco Fortini per Cantacronache, con produzioni per lo più
d’autore), che hanno curato le diverse collane o i singoli LP, affiancando ai documenti
originali l’innovazione (cfr. Discografia documenti sonori originali Italia 2).
Successivamente, l’attività di ricerca etnomusicologica è proliferata ramificandosi
sempre più capillarmente sul territorio nazionale, producendo attente registrazioni
impostate su criteri scientifici e corredate da esaustiva documentazione e,
contemporaneamente, sollecitando ulteriori proposte di innovazione (darne un quadro
completo occuperebbe troppo spazio ed esulerebbe comunque dallo scopo che si
propone questa mia analisi di carattere generale).
Grazie anche al patrocinio di Enti pubblici e a all’operato di singoli e di
Associazioni, si sono costituiti archivi istituzionali nazionali, decentrati o locali, presso
cui sono stati depositati per la consultazione molti documenti cartacei, sonori e video
Archivio Etnomusicologico della Discoteca di Stato, Roma;
Biblioteca dell’Accademia di Santa Cecilia, Roma;
Biblioteca del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, Roma;
Istituto “Ernesto De Martino”, Milano;
Istituto “Diego Carpitella”, Melpignano, (Lecce);
Fondo “Roberto Leydi”, Bellinzona (Svizzera);
“The Alan Lomax Collection”, Washington (Stati Uniti);
Archivio di Documentazione Etnocoreutica - Associazione Culturale “Taranta”,
Firenze;
Associazione “Carpino Folk Festival”, Carpino (Foggia);
Fondazione “Giorgio Cini” ONLUS, Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati,
Venezia.
Anche in Puglia l’attività di ricerca è passata attraverso le tappe evolutive
riscontrate in territorio nazionale: alle antologie complessive di canti popolari pugliesi o
di singole aree e località con il testo poetico privo di partitura musicale (cfr.
Bibliografia di studi sulla musica popolare pugliese 1), hanno fatto seguito altre con
alcune partiture musicali (cfr. Bibliografia di studi sulla musica popolare pugliese 2),
con il testo poetico e la relativa partitura musicale (cfr. Bibliografia di studi sulla
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musica popolare pugliese 3) e, infine con CD o DVD allegato (cfr. Discografia
documenti sonori originali pugliesi 1, 2, 3, 4, 5).
Particolarmente rilevante è risultato, negli anni ’50, lo studio sul fenomeno del
tarantismo condotto da Ernesto de Martino e la sua equipe di etnologi, con l’edizione di
dettagliate relazioni, coadiuvate da registrazioni audio-video e partiture musicali. Non
molto distante negli anni è la ricerca “sul campo” degli etnomusicologi Diego Carpitella
e Alan Lomax, per l’occasione trasferitosi dagli Stati Uniti, con l’edizione in formato
LP (cfr. Discografia documenti sonori originali pugliesi 1).
L’interesse rinnovato negli ultimi decenni ha prodotto la riedizione in formato CD
di alcuni precedenti LP (cfr. Discografia documenti sonori originali pugliesi 2), la
pubblicazione di nuovi libri, CD e DVD accompagnati dai testi dei canti, traduzione,
note esplicative e partiture musicali, queste ultime di indubbio interesse scientifico,
considerando l’ormai ineluttabile estinzione delle ultime testimonianze (cfr. Discografia
documenti sonori originali pugliesi 3) e l’edizione di documentari in DVD (cfr.
Discografia documenti sonori originali pugliesi 4).
Fonte di documentazione, se non si possiedono registrazioni “sul campo”,
risultano le interpretazioni di ricercatori-esecutori fedeli alla tradizione (cfr. Discografia
documenti sonori originali pugliesi 5).
Recentemente è stato istituito a Bari, presso la Biblioteca Nazionale “Sagarriga
Visconti”, l’Archivio Sonoro di Puglia, dove sono stati depositati documenti audio tratti
dalla ricerca sul campo di privati, distinti per “Fondi”.
Documenti originali possono essere consultati, oltre che presso i suddetti archivi
nazionali, in quelli dei Musei delle tradizioni popolari (Monte Sant’Angelo,
Sammichele di Bari) e dei centri di seguito indicati [eliminerei indirizzi e recapiti]:
Archivio di Stato, Bari;
Biblioteca Provinciale “De Gemmis”, Bari;
Biblioteca del Conservatorio di Bari;
Biblioteca del Conservatorio di Monopoli;
Biblioteca del Conservatorio di Lecce;
Centro Studi di Storia delle Tradizioni Popolari, Gravina di Puglia;
Centro Studi sulla Didattica della Musica e le Tradizioni Popolari “Il Giardino dei
Suoni”, Andria (Bari)
14
Centro Studi Micaelici e Garganici, Monte Sant’Angelo;
Centro Studi Tradizioni Popolari del Gargano e della Capitanata, Rignano Garganico
(Foggia);
Centro sul Tarantismo e Costumi Salentini, Galatina (Lecce);
Circolo Culturale “Ghetonia”, Calimera (Lecce);
Associazione “Nuovaracne”, Torre Paduli (Lecce).
Archivi museali: Museo della civiltà contadina di Canosa, Museo delle Tradizioni
Popolari di Bitonto, Museo dei reperti della civiltà contadina di Alberobello, Museo
della civiltà rurale di Altamura, Museo Etnico della Civiltà Salentina "Agrilandia
Brindisi, Museum"Museo delle Arti e Tradizioni di Puglia latiano, Museo etnografico
cerignolano, Cerignola, Museo Etnografico del Centro Studi Pugliesi e Siponto,
Manfredonia, Museo Arti e Tradizioni Popolari del Gargano "G. Tacredi" Monte
Sant'Angelo, Museo Provinciale delle Tradizioni Popolari "Abbazia di Cerrate" Lecce,
Museo etnografico Alfredo Majorano Taranto.
All’attività di ricerca si è affiancata la riproposta da parte di alcuni gruppi
musicali di storica costituzione (Areantica, Radicanto, Terrae a Bari, Uaragniaun ad
Altamura, Li sammecalera a Monte Sant’Angelo, Canzoniere Grecanico Salentino,
Arakne mediterranea, Ghetonia, Tamburellisti di Torre Paduli, Ensemble di Terra
d’Otranto, Aramirè, Mena Menamò, Orchestra Sinfonica Grecìa salentina e Mascarimirì
nel Salento), non più operanti (Compagnia dell’arco, Compagnia dei musicanti,
Canzoniere Popolare di Bari) e di recente costituzione (altre formazioni si sono esaurite
in brevi esperienze o in jam sessions estemporanee di durata effimera, perché correlate a
poche esibizioni).
Una forma di espressione singolare è rappresentata dal cantautorato, che ha
rielaborato testi e melodie della tradizione sino a raggiungere composizioni originali in
cui, anche da contemporanei, risulta difficile fissare un confine tra ingegno individuale e
memoria storica. Nel Meridione d’Italia, accanto agli illustri capiscuola Ciccio Busacca,
Rosa Balistreri, Otello Profazio, Roberto Murolo (cfr. Discografia documenti sonori
originali Italia 3), degni di menzione in Puglia sono Matteo Salvatore di Apricena
(Foggia), i Cantori di Carpino (Foggia), Enzo Del Re di Mola di Bari (Bari), Uccio
Aloisi di Cutrofiano (Lecce), Tonino Zurlo di Ostuni (Brindisi), Mario Salvi,
organettista di Cisternino (Brindisi) e tanti altri più giovani (cfr. Discografia documenti
sonori originali pugliesi 6).
15
L’abbattimento dei costi economici, fenomeno particolarmente evidente in questi
ultimi tempi, grazie all’avvento di nuovi mezzi tecnologici per la produzione editoriale
cartacea, audio e video ha permesso la realizzazione di documenti interessanti, ma con
diffusione locale, per cui le bibliografie e le discografie qui proposte sono da
considerare non esaustive e solo indicative per ulteriori approfondimenti.
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FRANCO NASUTI E LI SAMMECALERA, Ngingialà. Canti tradizionali del Parco
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Produzioni.
GADALETA Carmelita, Canti popolari di Puglia e Lucania, V-A, VPA 8191.
DISCOGRAFIA DOCUMENTI SONORI ORIGINALI ITALIA
3
BALISTRERI R., Amore tu lo sai la vita è amare, C-F, LPP 184.
BALISTRERI R., La cantatrice del Sud, RCA. KIT 218
BALISTRERI R., Noi siamo nell’inferno carcerati, C-F, LPP 242.
BUSACCA C., Ci ragiono e canto n.3, La Comune, LC 12/13.
BUSACCA C., Un uomo che viene dal Sud, Dds, DS 1006/08.
BUSACCA C., Cicciu Busacca I, La Comune.
PROFAZIO O., L’Italia cantata dal Sud, Cetra, LPP 168.
PROFAZIO O., Profazio canta Buttitta, Cetra, LPP 29.
PROFAZIO O., Guardavalle in Calabria, C-F, LPP 377.
PROFAZIO O., Guardavalle in Calabria, ELCA SOUND CVCD 028
PROFAZIO O., I Paladini di Francia, Cetra, LPP 29.
PROFAZIO O., Il brigante Musolino (Music Parade, LEL, 90.
PROFAZIO O., Qua si campa d’aria, C-F, LPP 241.
PROFAZIO O., Sollazzevole, C-F, LPP 188.
PROFAZIO O.,,Storie e leggende del Sud, ELCA SOUND CVCD 1002.
PROFAZIO O.,Calabria, ELCA SOUND CVCD 1001.
PROFAZIO O., Gesù Giuseppe e Maria, ELCA SOUND CVCD 1004.
36
DISCOGRAFIA DOCUMENTI SONORI ORIGINALI PUGLIESI
6
ALOISI U, Li Ucci, Buonasera a quista casa. Pizziche, stornelli e canti salentini,
Edizioni Aramirè,
ALOISI U, Mara l'acqua, Ass. Salentini DOC, 2006.
ALOISI U, Musiche e canti popolari del Salento, aa. vv. Edizioni Aramirè, 2000.
ALOISI U, Pizziche, stornelli e canti salentini, NOVARACNE, 2002VL 01.
ALOISI U, Robba de smuju tour,CD con libretto con testi, partiture, 2004, il manifesto,
CD 107.
ALOISI U., Il Canto della Terra, Kurumuny.
BENNATO E. (cura di), Tarantella del Gargano. I cantori di Carpino, CD + libretto
con testi, traduzione, Edizioni 55-Rai Trade, TC 002.
CHIRIATTI L. (a cura di), Bonasera a quista casa. Gli Ucci, CD + libro con testi,
traduzione e partiture Lequile, Edizioni Aramirè & L. Chiriatti, 1999, 1999 EA.
DEL RE E., A leggende da nascete de Maule, 4 Musicassette Stereo / Mono Enzo Del
Re 1992.
DEL RE E., Il Banditore, LP 33 rpm Mono CP 002 002 – 1974.
DEL RE E., La dimensione del nero, LP 33 rpm Nuova scena – 1972.
DEL RE E., Ballata per Tonino Miccichè / San Basilio, SP 45 rpm Circoli Ottobre CO
15 – 1975.
DEL RE E., Canzoni di lotta contro i nemici dell'8 marzo, 2 Musicassette Stereo / Mono
Enzo Del Re – 1994.
DEL RE E., Diario di classe, LP 33 rpm Nuova Scena – 1970.
DEL RE E., In Dario Fo – Ci ragiono e canto nr. 2, LP 33 rpm Nuova Scena 1968.
DEL RE E., In Gianni Cellammare – U popole mije, CD Latarantola -2009.
DEL RE E., Maul, LP 33 rpm Mono Enzo Del Re – 1973.
DEL RE E., MTM, LP 33 rpm – 1969.
DEL RE E., Percussioni e seconda voce per Antonio Infantino – Ho la criniera da leone
(perciò attenzione), LP 33 rpm Ricordi – 1967.
37
DEL RE E., Qui tutto bene...e così spero di te (Emigrazione & imperialismo), LP 33
rpm Nuova Scena 1971.
DEL RE E., Senza titolo, con Antonio Infantino. Canzoni per la campagna elettorale,
EP 33 rpm PCI 1968.
DEL RE E., Un sogno di sinistra, LP 33rpm Nuova Scena – 1969.
GRAVINA P., NOVIELLO E. (a cura di), Canti e suoni della tradizione di Carpino,
libro con testi, traduzione + n.2 CD, Calimera, Edizioni Kurumuny, 2011.
I CANTORI DI CARPINO, Stile,storia e musica alla carpinese,TR Srl Mea Sound,
2013.
I CANTORI DI CARPINO, Tarantella del Gargano, RAI, 2013.
I CANTORI DI CARPINO, Tarantella, 2004.
NOVIELLO E. (a cura di), Andrea Sacco suona e canta. Storie di un suonatore e
cantatore di Carpino, libro + 2 CD, EA 12A EA 12 B, Lecce, Edizioni Aramirè, 2005.
RHAELI R., SANTORO V., TORSELLO S., Uccio Aloisi. I colori della terra. Canti e
racconti di un musicista popolare, Libro con n. 2 CD, Lecce, Edizioni Aramirè, 2004.
SALVATORE M., 5-6 e 7 turcenelle e rafanelle, 45 giri
SALVATORE M., Collection, CD, Luckyplanets, LKP 568
SALVATORE M., Folklore pugliese, vol. I, MEA SOUND, CD BB 38
SALVATORE M., Il lamento dei mendicanti, CD, BRAVO RECORDS, BR
128553767-2
SALVATORE M., Il lamento dei mendicanti, Dds. DS 140/42.
SALVATORE M., La luna aggira il mondo e voi dormite. Autobiografia raccontata ad
Angelo Cavallo, Libro + n. 2 CD, ERETICA speciale, Viterbo, Nuovi Equilibri, 2002.
SALVATORE M., La passione secondo Matteo, TWILIGHTMUSIC, TW CD AS 07
35
SALVATORE M., Le quattro stagioni del Gargano, LP n. 4,
SALVATORE M., Matteo Salvatore, CD, suoni dal mondo, ERETICA 03
SALVATORE M., Storie e fatti di Puglia.CD
SALVI M., Taranteria, Finis Terre, FTCD24
.
38
VILLANI S. (cura di), I cantori e suonatori di Carpino, CD + libretto con testi
traduzioni, partiture, Puglia-Tradizioni popolari del Gargano, 2007.NOTA CD 2.45
GEOS.
ZURLO T., Jata viende, CD + testi, traduzione, il manifesto CD-113.
ZURLO T., Nuzzole e pparolu (semi e parole), CD + testi, traduzione,Otranto, Anima
Mundi Edizioni, 2007.
39