Prof. Stefano Gensini Storia della filosofia del linguaggio Lezioni per gli studenti del corso di laurea magistrale in FIlosofia dell'a.a. 2014-15 Il contributo di Wilhelm von Humboldt Unità didattica 2. Il versante filosofico della linguistica dell’Ottocento • • • • • Wilhelm von Humboldt (1767-1835), linguista, politico, diplomatico e filosofo. Si forma sulle opere di Kant, intrattiene stretti rapporti con Goethe e Schiller. Ricca conoscenza linguistica grazie ai numerosi viaggi e allo studio dei materiali grammaticali dei gesuiti. Fra le sue opere che più ci interessano: 1795, Piano di un’antropologia comparata 1820, Sullo studio linguistico comparato in rapporto alle diverse epoche dello sviluppo del linguaggio 1836, Sulla diversità della struttura linguistica umana e il suo influsso sullo sviluppo spirituale del genere umano La «correzione» del kantismo • Dalle tre Critiche di Kant (Ragion Pura, 1780, Pratica 1788, Facoltà di giudizio, 1790) riprende il principio della soggettività della conoscenza mediante il ricorso a schemi trascendentali, che ritagliano e modellano le esperienze possibili; ma in esso integra il linguaggio, sul quale Kant aveva taciuto. • Con ciò, Humboldt si situa nella scia teorica aperta da: • Johann G. Hamann (17301788) Metacritica sui purismi della ragion pura (1784, I ed. postuma 1800) • Johann G. Herder (17441803), Metacritica alla Critica della ragione pura (1799). Il linguaggio è per Humboldt… • Non un prodotto, ma un’attività creatrice dell’essere umano: è enérgheia, non érgon • Si contrappone pertanto a ogni visione naturalistica del linguaggio (cfr. Schleicher) • Non è uno strumento del pensiero, ma un dispositivo che lo media, cioè che lo aiuta a formarsi e che lo condiziona nel suo sviluppo • Il linguaggio funziona pertanto da condizione di possibilità dell’esperienza Linguaggio <-> Essere umano • «E’ mia convinzione che il linguaggio debba essere considerato come immediatamente insito nell’essere umano (Menschen) : esso è infatti assolutamente inspiegabile come opera (Werk) che il suo intelletto produca nella chiarezza della coscienza. Non serve a nulla concedere millenni e millenni alla sua invenzione. Non si potrebbe inventare il linguaggio se il suo tipo (Typus) non preesistesse nell’intelletto umano. Perché l’uomo comprenda davvero anche una sola parola, non come mero impulso sensibile, ma come suono articolato designante un concetto, il linguaggio dev’essere già in lui intero e nel suo nesso (ganz und im Zusammenhange). Nel linguaggio non vi è nulla di isolato, ciascuno dei suoi elementi si annuncia solo come parte di un intero. Come è naturale l’ipotesi di un graduale perfezionarsi delle lingue, così solo di colpo (mit einem Schlage) poté avvenire la loro invenzione. L’essere umano è tale solo attraverso il linguaggio, ma per inventare (erfinden) il linguaggio egli doveva già essere umano. (…) Pertanto se si può confrontare con qualcos’altro ciò di cui non esiste in fondo nulla di uguale (…) si può rammentare l’istinto degli animali e chiamare il linguaggio un istinto intellettuale della ragione (Vernunft)» (Ueber das vergleichende Sprachstudium ecc., § 13, 1820) Il linguaggio forma il pensiero (1) «Dalla reciproca dipendenza del pensiero dalla parola e viceversa, appare chiaro che le lingue sono propriamente un mezzo non per presentare verità già conosciute, ma, assai più, per scoprire le verità prima sconosciute. La loro diversità non è una diversità di suoni e di segni, ma delle stesse visioni del mondo (eine Verschiedenheit der Weltansichten selbst) . In ciò è racchiuso il fondamento e lo scopo ultimo di ogni ricerca linguistica» (Ueber das vergl. Sprachstudium ecc., § 20, 1820). Il linguaggio forma il pensiero (2) • «La lingua stessa non è un’opera (érgon), ma un’attività (enérgheia). La sua vera definizione non può essere perciò che genetica. Essa è cioè il lavoro eternamente reiterato, volto a rendere il suono articolato capace di esprimere il pensiero. In senso stretto e immediato questa è la definizione dell’atto individuale del parlare; ma in senso vero e fondamentale si può considerare lingua (Sprache) solo, per così dire, la totalità di questo parlare (Sprechen)» (Verschiedenheit, § 8, 1836; tr. it. 1991, p. 36). Il linguaggio forma il pensiero (3) • «Il linguaggio è l’organo formativo (das bildende Organ) del pensiero. L’attività dell’intelletto, del tutto spirituale, del tutto interiore, che quasi svanisce senza lasciare traccia, si estrinseca mediante il suono nel discorso e diviene percepibile ai sensi. Quest’attività è pertanto tutt’uno col linguaggio, essi sono inseparabili l’uno dall’altro. Ma, anche considerata in sé, tale attività è legata alla necessità di contrarre un’alleanza (Verbindung) coi suoni del linguaggio, poiché altrimenti il pensiero non potrebbe pervenire a chiarezza, né la rappresentazione potrebbe divenire concetto. L’alleanza indissolubile che unisce il pensiero, gli organi vocali e l’udito al linguaggio risiede in modo irrevocabile nella costituzione (Einrichtung) originaria, non ulteriormente esplicabile, della natura umana» (Verschiedenheit, § 9, 1836; tr. it. 1991, p. 42) Lingua come ‘forma’ • Se la lingua è un principio formativo, essa opera modellando sia il suono sia il pensiero in modo determinato. • Individuo e comunità esercitano quest’attività in modo costante, governato da princìpi formativi comuni • In questo senso la lingua ‘ forma’, non in quanto trasmetta un contenuto, ma in quanto «dà forma». • «Ciò che permane costante e uniforme in questo lavoro dello spirito per sollevare il suono articolato all’espressione del pensiero, colto nella sua connessione nel modo più completo possibile, costituisce la forma della lingua» (Verschiendeheit, § 8, 1836, tr. it. 1991, p. 37) • Ogni lingua ‘forma’ in modo individuale suono e pensiero. La lingua materna si frappone fra noi e il mondo degli oggetti • «Come il singolo suono si inserisce tra l’oggetto e l’essere umano, così la lingua intera si inserisce tra lui e la natura, che su questi esercita un influsso interno ed esterno. L’essere umano si circonda di un mondo di suoni per accogliere in sé e elaborare il mondo degli oggetti. (…) Egli vive con gli oggetti percepiti esclusivamente nel modo in cui glieli porge la lingua». (Verschiedenheit, § 9, 1836, tr. it. 1991, p. 47 [con ritocchi]) Il «cerchio» della lingua attorno all’individuo • «Con lo stesso atto, in forza del quale [l’essere umano] ordisce dal suo interno la rete della propria lingua, egli vi si intesse (spinnt er sich…ein), e ogni lingua traccia intorno al popolo cui appartiene un cerchio (Kreis) da cui è possibile uscire solo passando, nel medesimo istante, nel cerchio di un’altra lingua. L’apprendimento di una lingua straniera dovrebbe essere pertanto l’acquisizione di un nuovo punto di vista nella visione del mondo (Weltansicht) fino allora vigente» (ibid. tr. it. 1991, p. 47, con ritocchi). Humboldt teorico e pratico della ‘differenza’ • Interessi specialistici documentati per lingue come il basco, l’azteco e il quechua (mexicanische Sprache), il cinese ecc., che esibiscono «visioni del mondo» molto diverse dal modello indoeuropeo. Il suo capolavoro è lo studio della lingua Kawi dell’isola di Giava. • Unità del linguaggio (das Sprechen), differenza delle lingue (die Sprachen) • Da una parte il carattere formativo individuale e storico delle lingue • Dall’altra il carattere universale dell’essere umano e dunque il principio universale e egualitario della attività linguistica. Humboldt e il comparatismo • Il suo programma di ricerca è molto più comprensivo di quello comparatistico: il suo comparatismo ha carattere antropologico e filosofico, ed è incentrato sulla varietà delle Weltansichten. • Il linguaggio è visto come realtà storica e creativa, e non come oggetto naturale, «scientificamente» descrivibile. • H. apre la via a una considerazione generale e filosofica del linguaggio, a partire però dall’analisi delle lingue. L’eredità linguistica humboldtiana • Nell’Ottocento • L’hegeliano Heymann Steinthal (1823-99) , fondatore, con Lazarus, della Zeitschrift für Völkerpsychologie und Sprachwissenschaft (1860) • Nel Novecento • Riprese idealistiche (B. Croce, 1901) • Sviluppi neokantiani (E. Cassirer, 1923) • Relativismo linguistico (cd. Tesi Sapir-Whorf, 1921-1936).