Lettera del Sindaco e dossier 2^ fase

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Comune
di Taranto
Il Sindaco
Taranto, 15 settembre 2015
Oggetto: Bando per il titolo: Capitale Italiana della cultura 2016 e 2017 (Decreto del Ministero dei Beni e
delle attività Cultuali e del Turismo datato 12 dicembre 2014); dossier di candidatura per la 2a fase.
Come rappresentante istituzionale del Comune di Taranto desidero innanzitutto esprimere il plauso nei
confronti del Ministro del MIBACT, On.le Dario Franceschini, e dei suoi collaboratori per la efficienza delle
strutture del Ministero nel definire la pratica di selezione delle domande di prima fase e nel fornire
documentata e qualificata collaborazione con gli Enti locali designati per la seconda fase.
La proposta che si allega, rappresenta per questo civico Ente un esempio di lungimirante volontà a sfruttare
tutte le sinergie che nel nostro territorio potranno unirsi per valorizzare, non solo dal punto di vista culturale,
ma anche turistico e di valorizzazione delle produzioni locali.
In questa ottica come primo cittadino del Comune di Taranto ho avuto l’onore di interloquire con il Sindaco
di Matera, città ormai avviata alla massima considerazione a livello europeo e mondiale, al fine di definire
intese strategiche in grado, da un lato di qualificare al meglio la presente proposta, dall’altro lato in grado di
rafforzare ed estendere la capacità attuativa dei flussi di visitatori in un’area che comprenda oltre alla “Città
dei Sassi” di Matera, anche la “Città di Pietra” cioè la Città Vecchia di Taranto, con la notevole componente
dell’area posta tra i due Capoluoghi, caratterizzata da testimonianze di altissimo pregio della Civiltà
Rupestre.
Mi auguro che lo staff di collaborazione di questo Ente ed il sottoscritto abbiano rappresentato
compiutamente nelle pagine seguenti le potenzialità del nostro territorio, evidenziando una forte vocazione
alla valorizzazione culturale delle nostre testimonianze archeologiche, architettoniche, antropologiche ed
ambientali.
Il Sindaco
(Dott. Ippazio Stefano)
1
Oggetto: Bando per il titolo: Capitale Italiana della cultura 2016 e 2017 (Decreto del Ministero dei
Beni e delle attività Cultuali e del Turismo datato 12 dicembre 2014); dossier di
candidatura per la 2° fase.
Indice
1-
Premessa .................................................................................................................................. 4
2-
Inquadramento gestionale ........................................................................................................ 4
3-
Museo Archeologico MARTA di Taranto .............................................................................. 13
4-
Castello Aragonese in Citta Vecchia ...................................................................................... 23
5-
Museo Etnografico “Maiorano” in Palazzo Pantaleo .............................................................. 29
6-
Rete degli ipogei ed ambienti rupestri nella Città Vecchia ...................................................... 36
7-
Parco delle Gravine, testimonianza di civiltà rupestre ............................................................. 44
8-
Museo Diocesano di Taranto .................................................................................................. 46
9-
Riti della Settimana Santa ...................................................................................................... 47
10- Taranto città spartana ............................................................................................................. 50
11- Attività culturali e religiose .................................................................................................... 53
12- Sistema immateriale di valorizzazione e gestione dei beni e dei servizi .................................. 55
13- Conclusioni ............................................................................................................................ 60
Nella pagina seguente si riporta la corografia con l’ubicazione dei siti di maggiore interesse
culturale ed archeologico.
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1- Premessa
La presente proposta fa seguito al dossier della fase 1, che si è caratterizzata positivamente per i
seguenti contenuti:
Prodotto servizio da realizzare
Il prodotto finale del progetto è la costituzione di un “piccolo sito culturale” con modello
aggregato verticale semi – specialistico che compendierà:

recupero e valorizzazione di beni culturali e paesaggistici;

miglioramento dei servizi per l’informazione ai turisti;

miglioramento dei servizi per l’accoglienza ai turisti;
Risultati e benefici attesi
I risultati attesi dal progetto sono:

avvio del processo di rigenerazione del Borgo Antico;

rebrand della Città: Taranto Capitale della Cultura Italiana, Taranto citta spartana, taranto
digital city;

valorizzazione e creazione di nuove industrie culturali e creative che cooperino al fine di
implementare i servizi di informazione e accoglienza per i turisti;
Ed i relativi benefici:

sviluppo locale di breve periodo e pianificazione strategica di lungo termine che consideri la
cultura come matrice di una riqualificazione dell’economia della città;

sviluppo di una cultura della progettazione integrata e della pianificazi9one strategica
conforme alle Linee guida dei PMBOK Guide;

valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici minimizzando il rischio di polarizzazione dei
flussi turistici solo nei mesi estivi.
La presente proposta si propone di dettagliare, seppure sommariamente, le iniziative previste nel
dossier di prima fase, descrivendo i punti di forza della nostra offerta culturale, caratterizzati da
musei, uno dei quali (MARTA di Taranto) rientrante nell’elenco dei venti musei più prestigiosi
in Italia.
Quanto all’obiettivo del <<miglioramento dei servizi per l’informazione ai turisti>> si farà
riferimento ad un sistema immateriale che comprende tutte le possibili opzioni di carattere
culturale, architettonico ambientale sull’intero territorio provinciale, in uno con la fornitura dei
servizi di permanenza nell’area jonica con gli annessi servizi di ristrutturazione.
2- Inquadramento gestionale
Come anticipato dal Sindaco nella nota di presentazione della presente proposta alla pag.1, il
punto di forza della presente proposta è la visione di una area più vasta del territorio tarantino,
4
abbinata alla realtà dell’area materana , ormai assunta agni onori dell’interesse internazionale
con la designazione di Capitale della Cultura in Europa per l’anno 2019.
L’intesa sottoscritta dal Sindaco di Taranto e dal Sindaco di Matera, di cui si allega copia alla
pag. 6, si basa sulle seguenti considerazioni:
“- si intende valorizzare l’ambito operativo denominato “Itinerario di pietra”;
- già da molti anni si ipotizzano gli Itinerari artistici e culturali come occasione per
valorizzare al meglio il Mezzogiorno;
- l’ Itinerario di pietra ne è certamente un esempio, rappresentando un Territorio che
dall'Area del Vulture, meglio nota come Alto Bradano, si sviluppa lungo il tracciato della
Via Appia, passando per le due storiche Città di Matera e Taranto, avvicinando le stesse e
saldandosi così all'Area Ionico-Salentina;
- su questo Territorio sono scolpite le tracce dell'esperienza millenaria dell'Uomo,
testimoniata dagli insediamenti in epoca preistorica, quelli della Civiltà Rupestrerintracciabili nelle tante Gravine di questo territorio e da un'architettura di pietra com'è
quella dei Sassi di Matera, patrimonio Unesco - e quelli dell'Isola Marinara di Taranto,
compresa tra i due Mari (Mar Piccolo e Mar Grande), da sempre segno distintivo della
Città Jonica ed ex Capitale della Magna Grecia;
- e, dunque, l'Archeologia e l'Antropologia costituiscono filtri scientifici attraverso cui
narrare la Storia di questo Territorio, per rappresentarlo e attrezzarlo come un unico
"Grande Attrattore Culturale" in rete con gli altri del Mezzogiorno, promuovendo così un
modello di Politiche Culturali, dove ogni Grande Attrattore Culturale coincide con un
Itinerario Artistico-Culturale;
- è di tutta evidenza che, in ogni operazione in cui si progetta lo Sviluppo di un Territorio, è
indispensabile partire dai suoi punti di forza; quelli, cioè, che, per caratteristiche storiche,
paesaggistiche e ambientali, possono assicurare attrattività per i grandi flussi
internazionali del Turismo Culturale, creando così i presupposti per una incisiva e
duratura Cultura dell'Economia;
- pertanto, gli obiettivi principali e prioritari di questa operazione, pensata con coordinate
interregionali e panmeridionali, sono i due grandi Musei diffusi dell'Antropologia a Matera
e dell'Archeologia a Taranto, nonchè il grande affresco dell'Architettura di Pietra, i Sassi
di Matera e l'Isola Marinara di Taranto;
- i primi sono centrati su due rispettivi Centri di Eccellenza, quali il Museo Etno-DemoAntropologico di Matera (DEA) ed il Museo Archeologico di Taranto (MARTA);
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- in entrambi, appare opportuno strutturare e riunire la Storia dell'Antropologia e
dell'Archeologia dei Luoghi, mappando gli insediamenti più significativi e riunendo le
componenti filologiche di questo processo in un'unica storia narrata;
- più in dettaglio, il DEA comprende, riunisce e gestisce tutti i luoghi maggiormente
significativi della Civiltà Rupestre, mentre il MARTA quelli dell'Archeologia (Metaponto,
Venosa, Policoro, Matera, Massafra, Crispiano, Saturo ed altri);
- conseguentemente si parte già dalle strutture esistenti (il DEA di Matera e il MARTA di
Taranto), ampliandone la missione culturale e la conseguente gestione economica,
estendendola ad altri siti che finiscono con l'essere terminali remoti di un sistema
policentrico;
- questo è il modello del Museo Diffuso che produce rafforzamento degli assets territoriali e
gestionali e determina efficienza ed economia nell'offerta culturale;
- lo stesso approccio deve essere mantenuto sull'Architettura di Pietra, dove Sassi e Isola
Marinara diventano terreno comune di ricerca antropologica e architettonica,
sperimentazione di modelli di restauro e rigenerazione urbana, palestra sempre comune di
sperimentazione di tecniche di restauro, utilizzando come sponda culturale e formativa la
Scuola di Restauro di Matera, recentemente realizzata e oggi già in funzione nella Città dei
Sassi;
- questi grandi obiettivi dovranno ovviamente scontare livelli innovativi di collaborazione
interistituzionale, come quelli delle due Regioni coinvolte, Puglia e Basilicata, e degli altri
Enti competenti nei processi attuativi, a cominciare dalle Soprintendenze e dalle Direzioni
Regionali dei Beni Culturali;
- accanto a questa principale e prioritaria area di attività, fondata essenzialmente sul tema
delle Industrie Culturali, se ne dovrà necessariamente prevedere un'altra, anche questa
omogenea, ma di supporto alla prima, e cioè l’area delle Infrastrutture per l'accesso e il
deflusso dei Visitatori all'Area Vasta dell’Itinerario di pietra.
- senza dire che la concordata alleanza sull’articolato progetto culturale dovrà tradursi
anche in intese coerenti nelle iniziative produttive in atto, in rapporto al ruolo
internazionale del porto di Taranto e alle ricadute conseguenti sulla vasta aerea territoriale
interessata dal presente protocollo d’intesa”
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8
9
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Per le attività connesse alla redazione della presente proposta, a seguito dell’accordo tra i
due Capoluoghi, la struttura del Comune di Taranto si è avvalsa della preziosa
collaborazione della “Fondazione Zetema”, che costituisce il “braccio operativo” delle
iniziative connesse a Matera Capitale della Cultura in Europa per l’anno 2019.
Si riportano di seguito le caratteristiche qualificanti della Fondazione Zetema, con la nota
ufficiale offerta di collaborazione nei confronti del Comune di Taranto.
Zetema è una Fondazione che ha per scopo la programmazione e la realizzazione di attività
di studio, di documentazione, di formazione, di ricerca, di progettazione e di produzione nel
campo della tutela, gestione, valorizzazione e promozione da beni culturali e ambientali e
delle attività culturali; giuridicamente la natura della Fondazione consente di vincolare
obbligatoriamente il patrimonio raccolto e incrementato nel tempo per l’impiego
esclusivo in attività perfettamente coerenti con il suo scopo sociale di valorizzazione dei
beni culturali ed ambientali e, pertanto, tutela tale patrimonio da ogni forma di impiego
differente rispetto agli obiettivi statutari.
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In relazione ai contenuti del suddetto protocollo d’Intesa può apparire superfluo il fatto che le
considerazioni sopra esposte costituiscono gli ELEMENTI FONDANTI della presente
proposta.
Si è, quindi, cercato di esporre, seppure sommariamente per il “vincolo” delle 60 pagine, i punti
di forza della nostra offerta turistica, basata su Musei di grande spessore, anche internazionale,
su un habitat di grande valenza Architettonica e paesaggistico, il tutto con l’intento di servire al
meglio il visitatore/turista con un sistema multimediale in grado di “prenderlo in consegna” sin
dal primo momento in cui accederà nell’area jonica.
Se si pensa che già in questi ultimi due anni (grazie ad una accorta campagna di marketing del
Comune Capoluogo, del Ministero MIBACT per il Museo MARTA e dell’Agenzia specialistica
della Regione denominata “Puglia Promozione”) si sono registrate 90.000 presenze per il
Castello Aragonese (grazie anche all’accesso gratuito garantito dal Comando in Capo della
Marina Militare) e 50.000 presenze per il Museo MARTA, tutto lascia prevedere che le 140.000
visite potranno raddoppiare con gli evidenti vantaggi culturali, sociali ed economici di un’area
che stenta a differenziarsi in maniera convincente dall’immagine di città inquinata dagli
insediamenti industriali, prima fra tutti l’ILVA.
Nelle pagine seguenti saranno esposte le peculiarità dei nostri maggiori contenitori culturali,
sicuri che l’auspicato riconoscimento di Taranto come capitale della cultura in Italia,
implementerà l’offerta dei numerosi siti contraddistinti da vaste aree archeologiche, da palazzi
nobiliari di elevato pregio culturale ed architettonico in Città Vecchia, oltre alle testimonianze
della civiltà rupestre.
3- Museo Archeologico MARTA di Taranto
La storia del Museo
Il Convento degli Alcantarini o di S. Pasquale (la sede storica), costruito intorno alla metà
del XVIII secolo e destinato a carcere, era stato preferito al Convento di Sant'Antonio per
ospitare l'istituendo museo archeologico, a seguito dei complessi rapporti intercorsi fra il.
Ministero dell'Istruzione Pubblica e l'amministrazione municipale, anche per la sua posizione
favorevole nel settore nord occidentale del nuovo quartiere Borgo. Il repentino estendersi delle
abitazioni verso oriente nei decenni
finali dell'Ottocento, a seguito
dell'avvio dei lavori
dell'arsenale militare, se da un lato consentiva di riportare in luce i resti della polis (città) greca e
soprattutto della città romana, confermando l'importanza archeologica
ne sanciva
del sito di Taranto,
contestualmente la distruzione, prevedendo l'impianto di. isolati regolari e il
livellamento delle differenti altimetrie antiche. Nel periodo in cui la ricerca era condotta a
Taranto dall'archeologo Luigi Viola, con Regio Decreto del 3 aprile del 1887 veniva istituito un
Museo Nazionale, destinato ad accogliere, come previsto dall'articolo 2: «Tutti gli oggetti
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di interesse storico ed archeologico, tornati o che torneranno in luce in quella regione pel'
lavori e scavi fatti direttamente dallo Stato, o ad opera delle autorità locali...». Agli inizi
del Novecento la struttura si trasformava così da semplice deposito in vero e proprio museo, sia
per le caratteristiche dell'organizzazione degli spazi che per il piano scientifico del percorso
espositivo, sotto la colta ed efficiente guida di Quintino Quagliati. A partire dal 1903, infatti,
l'edificio, già sottoposto nel tempo a radicali modifiche ed integrazioni in relazione con i
cambi di destinazione funzionale, veniva ingrandito e risistemato in fasi diverse: soltanto la
facciata in stile neoclassico, realizzata nello stesso
periodo e attribuita a Guglielmo
Calderini, è rimasta pressoché invariata fino ai nostri giorni.
Fra il 1935 il 1941 veniva costruita
una nuova ala su progetto di Carlo Ceschi,
utilizzando gli spazi a giardino a nord dell'ala Alcantarini. Durante la guerra si rendeva
necessario il trasferimento dei materiali[ archeologici in luoghi più sicuri, tanto che le sale vuote
del museo venivano requisite dalle truppe alleate qualche giorno dopo l'armistizio dell'8
settembre del 1943. Ciro Drago riavviava nel 1949 i lavori di ripristino dell'edificio, fortemente
compromesso dagli eventi bellici, provvedendo anche ad un rinnovamento dell'esposizione,
riaperta al pubblico nel 1952.
Il Presidente della Repubblica Antonio Segni inaugurava
nel 1963 il
nuovo allestimento
generale delle collezioni curato da Nevio Degrassi, che aveva privilegiato nell'elaborazione
del percorso di visita una presentazione per classi di materiali. La
realizzazione della
sezione· preistorica allestita nella sopraelevazione al secondo piano veniva affidata a Felice
Gino Lo Porto, mentre la sezione topografica al piano rialzato restava fruibile solo poco
tempo, in quanto le sale. espositive venivano progressivamente utilizzate per la conservazione
dei materiali provenienti dalle nuove indagini sul territorio, a .causa della carenza di spazi
all'interno dell'immobile che ospitava anche gli uffici della Soprintendenza.
Intorno agli anni '90 del secolo scorso, l'esigenza di ristrutturazione dell'edificio ·e
rinnovamento dell'esposizione, rimasta praticamente
portavano
invariata
per
alcuni
decenni,
ad avviare impegnative revisioni e attività di riordino dei depositi, campagne
inventariazione,
riallestimento
catalogazione
delle
e
documentazione dei
collezioni Tali interventi
reperti,
nella
di
prospettiva
di
del
consentivano contestualmente di integrare
l'esposizione· ricostituendo i contesti smembrati nelle varie sezioni, di programmare il restauro
di importanti elementi scultorei di epoche e contesti diversi, conservati nei magazzini e mai
esposti, come le statue in marmo del ciclo giulio-claudio o gli elementi architettonici e i rilievi
in pietra tenera sia della necropoli tarantina, sia del territorio apulo. Nello stesso periodo, si
riapriva al pubblico la sezione preistorica regionale.
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Progressivamente, fra il 1998 e il 1999, infine, si procedeva a ridurre il percorso fruibile
e ad avviare il nuovo cantiere dei lavori di ristrutturazione, pervenendo alla chiusura totale del
museo nel gennaio del 2000. Per non privare completamente la città di uno dei maggiori poli
di attrazione culturale,
nel
mese
di aprile
dello stesso
settecentesco Palazzo Pantaleo, nel centro storico
anno veniva
realizzato
nel
di Taranto, un percorso espositivo che,
utilizzando contesti rilevanti delle collezioni museali, consentiva
di seguire le principali
manifestazioni culturali della preistoria e protostoria regionale e della cultura funeraria e
religiosa della Taranto di età greca e romana.
La progressiva riapertura .(2007, 2013) degli spazi espositivi ha restituito al pubblico il
ricco patrimonio archeologico acquisito alle collezioni museali in oltre un secolo di ricerche su l
territorio.
Il percorso espositivo - I piano terra
Oltre agli uffici e ai laboratori, al piano terra sono distribuiti gli spazi destinati all'accoglienza del
pubblico, con la biglietteria; la libreria e altri servizi in via di allestimento. L’ingresso storico
.del museo, da Corso Umberto 41, è riservato alla piccola "sala degli incontri", utilizzata per
conferenze ed altre attività culturali, da cui è possibile accedere anche alle sale .destinate a
mostre ed esposizioni temporanee.
Entrando da via Cavour, il visitatore si ritrova nella grande hall, al centro della quale è posta la
gigantesca copia della testa dell’Eracle bronzeo di Lisippo, la statua colossale che Quinto Fabio
Massimo, dopo aver conquistato Taranto nel 209 a.C., portò via e trasferì a Roma per celebrare il
trionfo, e per collocare sul Campidoglio.
Sulla sinistra è possibile visitare quanto rimane del chiostro del Convento degli Alcantarini,
completamente modificato rispetto alle linee architettoniche originali in cui sono stati sistemati
mosaici, elementi architettonici e funerari fuori percorso.
Dall'ingresso, attraverso la scala sul fondo dell'ambiente o con gli attigui ascensori; si sale agli
spazi espositivi.
Il percorso espositivo - II piano
Al secondo piano, oltre a uno spazio per attività propedeutiche alla visita e per laboratori
didattici, si distribuiscono otto sale (I-VIlI). Prendendo avvio dall’inquadramento territoriale
(Sala I), il percorso affronta nella Sale I e III (parte) le tematiche delle manifestazioni culturali
del neolitico e dell’età del bronzo in Puglia e nel territorio tarantino, in cui assumono particolare
interesse le importazioni micenee dei siti costieri jonici (Scoglio del Tonno, Porto Perone-Saturo,
Torre Castelluccia).
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Nelle Sale III (Parte) e IV, la storia della città di Taranto si sviluppa dalla fondazione della
colonia greca fino al IV secolo a.C., partendo da rapporti con gli Iapigi e presentando i
documenti superstiti, anche attraverso proposte ricostruttive, della polis, in relazione anche con
altri siti del territorio grecizzato (chora). Ampio spazio viene inoltre deicato alle manifestazioni
del culto, sia nei santuari urbani che extraurbani, come quelli indagati nel sito dell’antica
Satyrion. La Sala IV, inoltre accoglie la sezione sull’economia e produzione, con una sintesi
sulla zecca di Taras e sulla circolazione monetale, sulle attività dell’artigianato locale fra VII e
IV secolo a.C. e sulle pricipali importazioni che documentano i diversi flussi commerciali da e
verso Taranto, dall’età arcaica al primo ellenismo.
Nelle Sale V e VI si trattano i rapporti fra Taranto e il mondo indigeno, attraverso la
presentazione cronologica di contesti provenienti dalla Daunia, da Ruvo e Canosa, o dall’area
peuceta, con significativi corredi funerari da Rutigliano e i famosi crateri protoitalioti da Ceglie
del Campo, attribuiti al Pittore delle Carnee e dal Pittore della Nascita di Dionisio. Per la
Messapia, una attenzione particolare è rivolta alla statua bronzea stilita di Zeus-Zis rinvenuta ad
Ugento, realizzata da maestranze greche su committenza indigena secondo il modello
iconografico dello Zeus del Pantheon greco, collocata all’inizio del percorso (Sala I) per
enfatizzarne l’importanza.
L’esposizione del secondo piano si conclude nelle Sale VII e VIII con le tematiche collegate alla
cultura funeraria della città greca, dalla fondazione al IV secolo, presentando contesti che,
caratterizzati nelle fasi più antiche da importazioni di ceramica corinzia, documentano
l’evoluzione e i cambiamenti del rituale funerario, attraverso l’adozione di forme funzionali
legate sempre più al banchetto e al simposio e una progressiva massiccia presenza di ceramiche
figurate importate dall’Attica.
Queste grandi sale ospitano le famose tombe degli atleti tarantini, dal corredo dell’ipogeo di via
Crispi al sarcofago dell’atleta rinvenuto nel 1959 in via Genova, con le anfore panatenaiche,
simbolo delle vittorie conseguite nei giochi che si svolgevano ad Atene in onore della dea Atena
o ancora i corredi con gli attrezzi di palestra e di gara utilizzati in vita: strigili (per detergersi),
alabastra (contenitori oli profumati e unguenti), punte di giavellotto, un disco, gli Halteres
(utilizzati nel salto), ma ancora vasi in contesto con scene di palestra, di corsa, di pugilato, di
lotta.
Nel percorso cronologico attraverso i contesti della necropoli, si coglie la riduzione progressiva
delle importazioni greche e l’inserimento nei corredi, a partire dalla fine del V secolo a.C., di
vasi figurati prodotti dalle officine locali, che si discostano progressivamente dal modello attico,
rispondendo alle esigenze di comunicazione della committenza greco-occidentale e apula.
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Scene mitologiche, di guerra, di lotta, di vita quotidiana, si alternano a prodotti più comuni,
ugualmente utili nello svolgimento dei complessi rituali di seppellimento e delle altre pratiche
funerarie.
La comunicazione
Le indicazioni di orientamento di carattere generale, con la distinzione cromatica delle diverse
sezioni dell'intero percorso, sono collocate all'ingresso, mentre altre indicazioni specifiche sono
distribuite lungo il percorso. I reperti e i contesti in esposizione sono accompagnati da un
apparato didascalico ed illustrativo, predisposto in italiano ed inglese, che consente anch'esso
approfondimenti diversi. Le didascalie forniscono informazioni essenziali sui singoli reperti e sul
contesto di rinvenimento, mentre i pannelli distribuiti sala per sala ampliano le informazioni
sulle tematiche trattate. Infine, una serie di postazioni multimediali sono distribuite lungo il
percorso e i monitor touch-screen consentono quindi ai visitatori di consultare ipertesti con
notizie più specifiche, di carattere storico, mitologico, iconografico, topografico, tecnico, con la
possibilità di consultare anche vocabolari terminologici.
L'evento della riapertura è stato accompagnato dallo slogan ''Bentornato MARTA'', l'acronimo
di Museo Nazionale Archeologico di Taranto, proposto
in caratteri
greci nel piano di
comunicazione del nuovo museo ed entrato ormai nel linguaggio corrente. Il logo è inserito in
un elemento quadrato e utilizza preferibilmente, come base cromatica, l'oro e l'arancio, che
richiamano rispettivamente il colore del metallo prezioso delle ricche oreficerie tarantine e
quello dell'argilla utilizzata negli impianti artigianali locali per le produzioni fittili.
Il progetto architettonico
Il degrado architettonico in cui versava ormai da tempo l'immobile ne ha richiesto la integrale
ristrutturazione, su
progetto generale di
consolidamento, adeguamento
impiantistico e
riallestimento, elaborato dalla Soprintendenza Archeologia della Puglia e dalla Soprintendenza
Belle arti e Paesaggio per le province di lecce, Brindisi e Taranto, con la collaborazione di
consulenti esterni nelle fasi iniziali dei lavori. Sebbene i lavori siano stati condotti sulla
base di un progetto unitario, sul piano operativo ci si è trovati di fronte ad un museo
"frammentato" dalle modalità di erogazione dei finanziamenti, con conseguenti enormi disagi
per evitare la sovrapposizione di attività e soggetti diversi nei medesimi spazi. Sin dalle prime
fasi di cantierizzazione va rilevata
infatti, nel complesso monumentale in corso
ristrutturazione, la persistenza di funzioni tecniche e di
vigilanza
connesse con
di
la
conservazione in loco di una parte delle collezioni rnuseali, fra cui le famose oreficerie di
età ellenistica, oggi nuovamente fruibili.
l vari interventi hanno dovuto tener conto delle
caratteristiche della sede, destinata in parte e per diversi decenni ad assolvere anche altre
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funzioni della Soprintendenza (laboratori e uffici amministrativi) e
costituita da corpi di
fabbrica giustapposti, realizzati in momenti differenti. È stata pertanto garantita la continuità
del percorso, attraverso la creazione di nuovi ambienti negli spazi aperti dell'ala Ceschi, il
raccordo dei diversi livelli, l'eliminazione delle barriere architettoniche, adeguando l'immobile
alle nuove norme sulla sicurezza.
Il progetto scientifico
Raccontare la “storia" non è un compito facile. La scelta dei criteri metodologici
nell'elaborazione di un progetto espositivo dipende dal tipo di comunicazione che si intende
fornire.
Le tematiche prescelte per
il
nuovo allestimento, incentrate principalmente su Taranto,
sono state definite già nel 1990 e sono scaturite innanzitutto da
generale della
rete museale dell'intera regione e
un'ipotesi di risistemazione
dalla previsione della redistribuzione in
percorsi espositivi alternativi, sia in ambito urbano che su scala territoriale più ampia dei
materiali confluiti nel museo soprattutto negli ultimi decenni. L'ampliamento delle superfici
utilizzabili a scopi espositivi, inoltre, è derivato dalla previsione di trasferimento in
altri
immobili monumentali (Convento di S. Domenio e Convento di S.Antonio) delle funzioni
amministrative e tecniche proprie della Soprintendenza Archeologica, accorpate, come si è visto,
per circa un secolo nella sede storica del Convento degli Alcantarini.
Le modalità
di acquisizione dei materiali, confluiti nel museo prevalentemente a seguito
di scavi e, quindi, la possibilità di riferire al contesto urbano di provenienza la maggior parte
dei reperti hanno consentito di sviluppare, come si è detto, il progetto espositivo su Taranto,
stabilendo un rapporto stretto fra il museo, la città e il territorio, a partire dall'età neolitica
e delle prime forme del popolamento nell'arco jonico.
Le fasi riconducibili alla polis (città) greca sono state prese in esame senza tralasciare le
problematiche dei rapporti dinamici fra centro coloniale e mondo indigeno, evidenziando
nella presentazione della fasi riconducibili all'età romana, le diverse forme di organizzazione
politico-amministrativa, le trasformazioni di carattere sociale
ed economico seguite alla
conquista della città da parte dei Romani. Il limite cronologico più recente è stato rialzato fino
all'età bizantina, in considerazione dei risultati delle indagini di archeologia urbana condotte
nell'ultimo ventennio nella città vecchia e tenendo altresì conto di un nucleo consistente
di reperti "storici" delle collezioni museali. L'ampliamento della fascia temporale garantisce
maggiormente il raccordo fra il museo e il centro storico, caratterizzato da una frequentazione
continuativa, favorita tra l'altro dalla particolare conformazione dell'antica penisola, una
leggera altura protesa
fra i
due
mari, in cui è possibile
individuare
nel
reimpiego
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architettonico, nelle strutture murarie superstiti, nell'impianto urbanistico, negli ambienti ipogei
lungo il salto di quota, che caratterizza la costa settentrionale verso il mar Piccolo, tracce
ancora consistenti del passato.
Partendo dall'inquadramento territoriale al II piano, l'impianto espositivo si sviluppa
privilegiando l'aspetto cronologico (periodo preistorico e protostorico, periodo greco, periodo
romano, periodo tardoantico e altomedievale) e illustrando progressivamente le manifestazioni
più rilevanti della vita di Taranto antica. Il percorso quindi si articola su livelli complementari,
di complessità variabile, in grado di soddisfare le richieste di un pubblico differenziato. Il livello
più semplice, destinato all'inquadramento di carattere generale, si lega allo scorrere del tempo e
ai mutamenti percepibili nelle cultura materiale, ma che riflettono cambiamenti di carattere
politico, sociale, economico, culturale. Un secondo livello, più complesso, a carattere tematico
(città, organizzazione del territorio, economia e produzione, cultura religiosa, cultura funeraria,
rapporti fra genti di cultura diversa) è distribuito sul piano areale e ripetuto all'interno di ampie
fasce cronologiche. E' stato previsto infine un terzo livello di approfondimento, presente nel
percorso in maniera discontinua e puntiforme, con trattazioni specifiche che variano a seconda
delle fasce
cronologiche.
A scopo
esemplificativo, si evidenzia come nell'ambito della
cultura funeraria, per l'età arcaica si prestano ad approfondimenti aspetti peculiari come
l'atletismo, il simposio, il mito, gli dei, gli eroi, il mondo dell'oikos, utilizzando prevalentemente
i vasi figurati e sfruttando la maniera dei Greci di comunicare per immagini; in età ellenistica,
invece, sempre in ambito funerario, è possibile soffermarsi sui giochi dei bambini, sui riti di
passaggio, sui legami con il teatro e con
l'ambito
dionisiaco,
sulla
musica, sulle
manifestazioni cultuali nelle aree di necropoli.
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20
MUSEO MARTA - TARANTO ALCUNI REPERTI DEL MUSEO
01_stele
Stele in carparo con scena
di combattimento
III secolo a.C.
04_metopa
Metopa con scena
di combattimento
III-II secolo a.C.
02_acrobata
Terracotta policroma: acrobata
III secolo a.C.
05_orecchino
Orecchino a navicella in oro
IV secolo a.C.
03_testa eracle
Testa virile in marmo (Ercole)
I secolo a.C.
06_maschera
Maschera teatrale fittile
III secolo a.C.
07_lekythos
Lekythos sovraddipinta, particolare
Fine IV secolo a.C.
21
08_carpoforo
Genio carpoforo
(che porta frutti)
II secolo d.C.
11_applique
Applique in terracotta dorata
Seconda metà del IV secolo a.C.
09_part grifo
Mosaico policromo
con grifi, particolare
II secolo d.C.
12_diadema
Diadema in oro
IV secolo a.C.
10_hydria
Hydria in bronzo con corona
funeraria, particolare
Seconda metà del IV secolo a.C.
13_diadema Canosa
Diadema in oro, pietre
e smalti + particolare
Fine III-II secolo a.C.
14_transito s. giuseppe
Olio su tela:
Transito di S. Giuseppe
XVII secolo
22
4- Castello Aragonese in Citta Vecchia
Tali dimensioni risultano in perfetto accordo con quelle raccomandate da Francesco di Giorgio (80-100
Il castello di Taranto, denominato Castel S. Angelo (fig.1 e fig. 2), si eleva a ridosso di un antico
piedi di larghezza, 40-50 piedi di profondità; vds Trattato di architettura civile e militare di Francesco di
avvallamento naturale del banco di roccia su cui sorge la città vecchia e, come orgogliosamente rivendicato
Giorgio, C. Promis, Torino1841). Appare altresì in linea con i precetti dell'architetto senese la concezione
da una lapide posta sul torrione dell'Annunziata, è essenzialmente costituito dalla ricostruzione aragonese di
del fossato come "trappola" per il nemico che, qualora fosse riuscito a penetrare al suo interno, sarebbe stato
una precedente fortificazione normanno-svevoangioina ubicata nello stesso punto ma di caratteristiche assai
bersagliato dal tiro incrociato proveniente dalle casematte delle torri e dalle feritoie delle cortine murarie.
diverse.
Infine, sempre in accordo con le teorie di Francesco di Gorgia basate su geometrie delle fortezze definite dal
Lo "Statutum de reparatione castro rum" dell'Imperatore Federico II, che verso il 1240 disponeva la
tiro delle artiglierie di attaccante e difensore, le
riparazione dell'antico castello, ne contiene l'unica descrizione in nostro possesso: si trattava del tipico
Aragonese, del fossato e dello spalto (terrapieno eretto sul margine esterno del fossato) appaiono essere
fortilizio medioevale con numerose torri quadrangolari alte e strette adatte alla difesa piombante, la difesa
state determinate rispettivamente dalle esigenze del tiro di fiancheggiamento da parte dei torrioni casamatta
cioè attuata mediante il lancio dall'alto di pietre, frecce e materiale incendiario sugli assalitori.
ti a difesa delle cortine murarie e di defilamento dal tiro nemico della fortificazione quasi interamente
Il perfezionamento delle artiglierie nel XV secolo rese del tutto superato questo tipo di fortificazione le cui
nascosta al di sotto del piano della campagna e dello spalto. Come materiale di costruzione furono impiegati
mura troppo sottili non, potevano resistere alle artiglierie dell'attaccante né consentirne l'impiego da parte
soprattutto il carparo, un tipo di calcare che costituisce il banco di roccia sul quale sorge la città vecchia di
dei difensori. La conquista di Otranto da parte dei Turchi nel1480 costituì prova lampante del peripolo e
Taranto, estratto da cave poste nelle immediate vicinanze del castello, e una sorta di tufo chiaro di minore
della inadeguatezza di questo tipo di fortificazione. Il Re di Napoli Ferdinando d'Aragona decise, pertanto,
consistenza denominato "zuppigno" presente nel territorio settentrionale di Taranto4• L'utilizzazione su
di potenziare le difese marittime del Regno.
larga scala di materiale lapideo cavato dalle immediate prossimità della fortificazione (nonché di materiale
In tale contesto, tra il1487 e il1492 fu ricostruito il castello di Taranto seguendo precetti e moduli o forse
proveniente dalla demolizione del vecchio castella) consentì certamente di contenere la spesa poiché
addirittura lo specifico disegno del grande architetto senese Francesco di Giorgio Martini1• Il nuovo
l'eventuale trasporto da aree distanti aveva una fortissima incidenza sui costi che potevano financo
castello, una tipica fortificazione del XV secolo, concepita per contrastare la potenza raggiunta nello stesso
raddoppiare ogni 20-30 km. di percorso e allo stesso tempo abbreviò probabilmente i tempi di costruzione
periodo dalle armi da fuoco, aveva una forma vagamente simile a quella di un aquilone (o forse di uno
rendendo li indipendenti dall'aleatorietà dei rifornimenti.
scorpione secondo gli schemi zoomorfi tipici proprio del Martini) con cinque torrioni rotondi posti agli
Le opere difensive del castello aragonese erano costituite da casematte, cannoniere, camminamenti e
angoli della costruzione; questi torrioni, più bassi e più massicci dei precedenti, erano denominati S.
:(feritoie per l'impiego delle armi da fuoco ma anche da un certo numero di caditoie per la difesa piombante
Cristoforo, S. Lorenzo, S. Angelo, verso l'attuale canale navigabile, Annunziata e Bandiera verso la città
che ancora a fine XV secolo non era stata completamente abbandonata.
vecchia.
Le fortificazioni di quel periodo furono caratterizzate da grande pregio sul piano estetico ma da validità
In accordo con i precetti di Francesco di Giorgio, torrioni e mura avevano la stessa altezza, 21 metri sul
effimera dal punto di vista militare per il rapido progresso delle artiglierie. Gli Spagnoli, subentrati agli
livello del mare, e quasi lo stesso spessore, circa 8 metri le mura, oltre 7 metri i torrioni, questi ultimi tutti di
Aragonesi nel 1502, completarono il castello costruendo, come desumibili dalle carte dell'Archivio
diametro pari a 18 metri, eccetto S. Cristoforo, dieci metri più ampio2• Verso il Mar Grande fu aggiunto un
Generale di Simancas del XVI secolo, gli ampi locali con volta a botte a ridosso delle cortine murarie e le
puntone triangolare, oggi impropriamente chiamato rivellino; questo è invece un vero e proprio prototipo
soprastanti grandi piattaforme per facilitare la movimentazione e l'impiego delle artiglierie; riempirono di
del bastione cinquecentesco concettualmente simile alle analoghe strutture delle fortezze di San Leo e
pietre e terra numerosi corridoi interni alle mura per rinforzar le e terrapienarono le CA superiori dei
soprattutto di Cagli, opere entrambe di Francesco di Giorgio che sosteneva nel suo trattato di architettura
torrioni, che erano a cielo aperto, per costruire piazzole sommitali per i cannoni; ampliarono infine la
dover essere i "torrioni tondi e i muri angolati'' per ridurre l'efficacia distruttiva delle artiglierie nemiche.
larghezza del fossato che raggiunse i 63 metri alle estremità.
Il fossato fu anch'esso ampliato dagli Aragonesi durante la ricostruzione del castello, allargando il fosso
Per quanto concerne le capacità militari, nell'arco del XVI secolo autorevoli uomini d'arme, funzionari
della fortificazione svevoangioina sino a raggiungere una larghezza variabile da 25 a 31 metri, una
spagnoli di altro rango e financo i Viceré di Napoli continuarono ad esprimere giudizi positivi valutando il
lunghezza tale da mettere in comunicazione il Mar Grande con il Mar Piccolo e una profondità di circa 15
castello solido, ben armato e ben provvisto di rifornimenti.
configurazioni orizzontale e verticale del Castello
metri di cui 3 in acqua.
23
In particolare secondo costoro la fortezza aragonese aveva buoni torrioni, robuste mura e un fossato
Questo simbolo della Città jonica, dopo il Museo Marta, costituisce uno dei richiami più consistenti di
eccezionale; poteva accogliere sino a 4000 soldati a fronte di una guarnigione fissa di 45 uomini e aveva
turisti e visitatori locali; nel 2014 si sono registrati 90.000 presenze circa, mentre nel decorso periodo
un armamento costituito da 36 pezzi di artiglieria di bronzo di varie dimensioni, il più cospicuo di tutta
gennaio-agosto 2015 le presenze sono già arrivate a quota 80.000.
la Puglia, e uno dei più notevoli del Regno di Napoli.
Tutto lascia prevedere che nel prossimo biennio, saranno prevedibili almeno 130.000 visitatori, in
Il Castello Aragonese ed il Ponte Girevole sono il simbolo di Taranto anche per l’occhio più inesperto e
conseguenza di una maggiore diffusione del sistema turistico locale e dei sistemi informatici che
superficiale.
faciliteranno il rapporto con il turista; il tutto come meglio esposto nella parte della presente proposta
Legati non solo geologicamente (su un banco di carparo), ma per le vicende storiche della Città Vecchia e
riferita al “miglioramento dei servizi per l’informazione ai turisti”.
per lo sviluppo della città nuova, sono diventati anche il simbolo della Marina Militare Italiana nei suoi
momenti di maggiore splendore nel mare Jonico e nel territorio tarantino.
Ci soffermiamo in particolare sulle peculiarità del Castello che si presenta estremamente complesso per
l’impianto generale, la diversità di ambienti e la varietà di sistemazioni difensive.
I ritrovamenti archeologici (fra cui notevole testina fittile di tipo arcaico, probabilmente del V sec. a.c.)
relativi ai periodi arcaico e classico, riemersi dopo lunghi lavori di scavo nei vari strati del sito, come pure
la vicinanza alle “Colonne Doriche”, confermano che qui sorgeva l’Acropoli della città magno-greca.
La dominazione normanna-svevo-angioina lasciarono successivamente importanti segni di grandezza
militare adeguata ai tempi.
Novità architettoniche e strutturali, segno della potente dominazione aragonese, in seguito arricchirono il
Castello che, per la sua imponenza estetica e varietà di fortificazioni, dava immediatamente il senso della
validità difensiva marittima e della solidità del Regno.
In grande architetto senese Francesco di Giorgio Martini con i suoi precetti e moduli o addirittura con uno
specifico disegno, portò ai lavori di ammodernamento del Castello che divenne un capolavoro
dell’architettura militare italiana del Rinascimento.
Il trascorrere dei secoli, il progresso delle artiglierie, il succedersi delle dominazioni, richiesero comunque
continue trasformazioni ed ampliamenti, anche del fossato.
Gli spagnoli apportarono nel XVI secolo ulteriori modifiche, costruendo ampi locali con le caratteristiche
volte a botte e piazzole per i cannoni, rinforzando e sistemando i torrioni.
Successivamente il Castello ebbe il ruolo di carcere e caserma con adattamenti all’uopo.
Segno non indifferente della vita quotidiana nel passaggio di uomini e vicende, è la presenza di cucine,
focolari, ceramiche (geometrico-japigie, corinzie, medioevali), canalette di scolo delle acque e di una
probabile cappella cristiana su un edificio di culto pagano.
L’integrità del Castello rimase più o meno indenne fino al 1883 con la demolizione del torrione di S.
Angelo per la sistemazione del fossato e la costruzione del Ponte Girevole.
24
Pianta del Castello
-
in rosso il piano delle banchine
-
a 1,40 m. sul livello del mare
Cappella di S. Leonardo
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Volta a padiglione lunettata della navata
Lapide raffigurante la parte inferiore dello stemma di Filippo II di Spagna
Monumento funebre
Lapide che riporta il lascito testamentario di un castello spagnolo
Cripta sottostante la navata
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IL CASTELLO ARAGONESE
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5- Museo Etnografico “Maiorano” in Palazzo Pantaleo
Il Palazzo del Barone Francesco Maria Pantaleo si affaccia sul Mar Grande in posizione dominante.
Grazie al “Maestro fabbricatore” Francesco Saverio Miraglia ed al noto decoratore di interni
Domenico Carella, l’aristocratico palazzo settecentesco si presenta completo di tutti quegli elementi
necessari all’architettura dell’epoca: facciata con grande portale, pilastri con capitelli, balcone con
ringhiera bombata in ferro battuto. Notevole l’androne coperto da volta leccese con stemma. ma
soprattutto la scala scenografica.
Nelle sale superiori si ammirano affreschi del Carella nei soffitti variamente decorati.
In tale sede ha trovato allestimento definitivo la collezione etnografica donata negli anni ottanta
dallo studioso tarantino Alfredo Majorano al Comune di Taranto che ha istituito il Museo
Etnografico “Ettore Majorano”. Il percorso che si articola in sale, evidenzia la cultura popolare
spaziando dal folklore dei contadini a quello dei pescatori, mettendo in risalto la “ritualità magica
e religiosa nel tarantino”.
Le sale si articolano come riportato nelle pagine seguenti. Completano la serie di testimonianze le
scuderie poste ai lati dell’androne.
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Il piano Blandino per primo segnalò la presenza di passaggi e gallerie ascrivibili alle fortificazioni bizantine
6- Rete degli ipogei ed ambienti rupestri nella Città Vecchia
della città, indicandone la forte connotazione conservativa. Altrettanto importanti sono stati i saggi
La Città Vecchia di Taranto, oltre a conservare le tracce della metropoli della Magna Grecia, reca in modo
archeologici e gli studi, in particolare di Silvia De Vitis, secondo la quale la presenza degli ipogei può
evidente i segni della sua riorganizzazione bizantina a ridosso dell’anno Mille della nostra era.
essere riassunta secondo le seguenti categorie che si intersecano e si sovrappongono cronologicamente e
Tra le caratteristiche delle forme dell’insediamento tardo antico e altomedievale vi è la tendenza a ricavare
funzionalmente.
abitazioni, luoghi di culto e ambienti produttivi scavando il banco calcarenitico. Dunque, anche Taranto fa
1) cave per l’estrazione del materiale da costruzione dall’arcaismo all’età moderna: spesso le cantine dei
parte della Civiltà Rupestre ionica. Le evidenze sotterranee nel nostro Borgo Antico sono infatti
palazzi nobiliari sono ricavate dalle cave usate per acquisire il materiale edilizio per la costruzione del
numerosissime.
palazzo stesso e in molte di queste si conservano ancora settori di fronte di cave più antichi come ad
Promozione,
valorizzazione, conoscenza e
costante fruizione pubblica della complessa realtà ipogeica
esempio negli ipogei Di Stani, Calò, Bellacicco, Nardoni, Mannarini, Gennarini, ambiente ipogeo sotto ex
avrebbero sicuramente un impatto notevole nell’offerta turistico-culturale. Gli ambienti ipogei parlano di
monastero di Santa Chiara, ipogeo di via Cava 99, hotel Sant’Andrea degli Armeni; si nota come gli
rivisitazioni, trasformazioni, ma anche della loro continuità d’uso e di “organizzazione urbanistica” ormai
ambienti ipogei con fronti di cava più antichi si rilevano lungo l’asse di via Duomo attesa la necessità di
perduta.
operare i primi livellamenti per l’organizzazione urbanistica di quello che era lo scoglio angusto su cui si
E’ confortante sapere infatti che almeno per la fase tardo-antica e medievale, l’isola abbia conservato
insediarono i primi coloni greci.
fedelmente il suo assetto urbanistico originale. L’età tardo-antica e medievale infatti hanno segnato per
2) cavità funzionali alla vita domestica: pozzi e cisterne medievali e di età moderna: si pensi ai silos
sempre la storia di Taranto. In questo tessuto, ancora conservato, sono presenti le tracce delle epoche
altomedievali nell’area del tempio dorico alle cisterne settecentesche nel convento di San Francesco, alla
precedenti, come hanno dimostrato tutti gli scavi archeologici degli ultimi 30 anni, nella Città Vecchia. E
grande cisterna cinquecentesca di palazzo Baffi.
tuttavia poco si conosce di questa fase urbana della città di Taranto e della sua facies rupestre e ancor meno
3) ipogei produttivi come frantoi, forni e fornaci, fogge granarie (palazzo Stola, palazzo Baffi, palazzo
della Taranto sotterranea.
Mannarini, palazzo Arco Paisiello, palazzo Ulmo, ambiente sotto sacrestia Sant'Andrea degli Armeni,
Una vastissima rete formata da singoli ambienti ipogeici e da un più complesso sistema di cunicoli che si
palazzo Gennarini, palazzo Calò, palazzo Spartera). Uno straordinario documento notarile del 1084 ha per
estende a reticolo che, se studiata e recuperata, nei suoi tratti più accessibili e pregevoli potrebbe offrire
oggetto un frantoio rinvenuto in via Cava 93.
ampie garanzie di attrattività turistica e sviluppo scientifico. La presenza di una complessa, quanto
4) Ipogei funerari: Delli Ponti, via Cava 99, ipogei fra scaletta Calò e via Nuova (una decina).
ricchissima, stratigrafia archeologica dell’isola, potrebbe arricchire di nuove prospettive di ricerca la
Va altresì rilevato, a riprova della straordinaria valenza storica, la presenza di numerosi cunicoli, caverne e
comprensione della Taranto greco arcaica, classica e medievale, in gran parte ancora nascosta nella
camminamenti presenti soprattutto lungo il tratto che doveva essere alla base delle mura greche e bizantine,
cosiddetta città sotterranea. Determinante è la conoscenza di tutte le realtà ipogeiche esistenti attraverso un
fra via Cava e salita San Martino e quelli lungo il fronte prospiciente il mar Grande al di sotto della
censimento delle cavità sotterranee che da alcuni mesi l’associazione culturale Nobilissima Taranto ha
“Ringhiera”. Particolarmente interessanti i cunicoli di età greca al di sotto di palazzo Baffi che un tempo si
avviato contribuendo alla messa a punto della prima mappa ufficiale del Comune di Taranto di oltre 50
dipartivano verso piazzetta San Francesco e il castello. Evidentemente, prima della sistemazione aragonese
ambienti ipogei e rupestri.
della struttura castellare questi cunicoli garantivano uno stretto raccordo fra il castello e il territorio
La Città Vecchia risulta infatti attraversata da una miriade di cavità sotterranee disseminate sotto tutti i
circostante. Particolarmente interessante si presenta la facies rupestre di via Cava.
palazzi nobiliari, conventi, chiese. Gran parte di tali cavità fanno parte di un contesto stratigrafico risalente
Via Cava, nel cuore del Borgo Antico, è molto interessante dal punto di vista della storia dell’insediamento
al periodo greco, spesso aree di cava risalenti a questo periodo storico che potrebbero essere interessanti per
nella Città Vecchia fra età bizantina e medioevo; l’apertura della via nel suo tratto nord-sud è
individuare tratti murari, fondazioni di edifici o aree pubbliche, aree templari ed assi stradali antichi e
indubbiamente un fatto estraneo alla topografia dell’acropoli greca, costituendo un percorso sul quale si
periodi storici specifici, funzionalità primaria ed attuale.
organizzano gli spazi abitativi e le strade minori in epoca bizantina e divenendo la nuova via di
Il centro storico rappresenta un unicum considerando la millenaria stratigrafia archeologica ed urbanistica,
collegamento tra le zone nuove realizzate sulla colmata e la parte alta della città. Il toponimo “La Cava” è
le realtà sotterranee di enorme valenza storico-ambientale ed il patrimonio artistico.
indicativo
del
primitivo
sfruttamento
del
luogo
per
attività
estrattive
del
carparo.
36
In origine dunque via Cava era una depressione la cui morfologia era ulteriormente determinata
dall’azione delle acque meteoriche. Una serie di documenti ne illustrano l’ascesa da semplice
località a percorso viario della maggior importanza. In particolare un documento del 1084 ha per
oggetto un frantoio (rinvenuto ed indagato durante i lavori di risanamento). Si tratterebbe
certamente di uno dei più antichi frantoi di Puglia. Alla fine del trecento il sito appariva compreso
in una zona di intensa urbanizzazione e definito come viam puplicam, sulla quale si affacciavano
frantoi, fornaci (anch’esse rinvenute negli scavi collegati al piano di risanamento), cantine, ambienti
di servizio, fortificazioni. Questi ipogei sono stati inglobati in epoche differenti nelle case
soprastanti. Nel corso dei lavori di risanamento è inoltre emerso come tutti gli edifici su via Cava e
su via di Mezzo presentino una fase rupestre nella quale le facciate di muratura sono solo un
intervento più tardo riferibile al XVII-XVIII secolo, quando, dall’aggregazione di elementi più
antichi, sorsero i palazzi signorili che ancora oggi vediamo. Una strada quindi caratterizzata da una
complessa articolazione produttiva ed artigianale particolarmente fiorente nella Taranto medievale.
Sempre lungo via Cava di grandissimo fascino e di indubbio interesse storico per la lettura della
stratificazione nel passaggio dall’età greca a quella altomedievale, sono gli ambienti cavati nel
fianco occidentale che sono risultati in origine comunicanti fra loro e collegati con quelli che si
aprono sul vico Cosa mediante stretti passaggi, certamente costituenti antichissimi e segreti
camminamenti, anche in considerazione del fatto che siamo proprio nei pressi dell’antica cinta
muraria. Emblematica rappresentazione è il “passo di ronda” rappresentato dal camminamento di
collegamento interamente scavato nel banco calcarenitico fra vico Cosa e via Cava. Un passo di
ronda sicuramente risalente ad età greca e successivamente reimpiegato come passaggio di
collegamento fra diversi ambienti rupestri in età altomedievale ed in epoche successive. Oggi è
possibile ammirare una parte di queste strutture rupestri ed ipogee all’interno del Cantiere Maggese
il cui ingresso è proprio in fondo a vico Cosa dove appunto è possibile meglio rilevare il limite del
banco calcarenitico sopra il quale correva l’antica cinta muraria. Più a nord sotto vico Vigile, un
altro vicolo cavato nel banco calcarenitico lungo via Cava, si aprono alcuni camminamenti che
portano su salita San Martino che in età greca dovette forse essere la postierla più ad occidente
dell’acropoli.
Nella pagina seguente si allega corografia in A3 con l’ evidenziazione di ipogei e ambienti rupestri.
37
38
Non potendo descrivere tutti gli ipogei presenti nella città vecchia per contenere la presente
relazione in 60 pagine, come prescritto dal MIBACT, si riportano di seguito i tre ritenuti più
significativi :
a) Come testimonianza di ipogeo rupestre, il Frantoio ipogeo Normanno;
b) Come testimonianza con i più antichi tagli di cava in età greca, l’ ipogeo S. Andrea degli
Armeni;
c) Come testimonianza di ipogeo completo di affaccio a mare l’ Ipogeo del Palazzo Baffi.
A. IL FRANTOIO IPOGEO NORMANNO
Immediatamente dopo la ricostruzione bizantina del 967 e via via che assumeva la dimensione ed il
ruolo di “viam puplicam” via Cava si imponeva sempre più come l’arteria simbolo della
ricostruzione. Vitale, ricca di attività produttive quali fornaci e botteghe artigiane di vario tipo, non
c’era ambiente sui due fronti della strada che non fosse cavato per ricavarne ambienti di lavoro.
Segno inequivocabile della fiorente attività che si svolgeva lungo via Cava è indubbiamente la
presenza di due frantoi dei quali uno ubicato nella parte alta sotto scaletta San Martino ed un altro
verso la parte bassa. Quest’ultimo è davvero imponente ed è un vero peccato che per alcuni decenni
sia finito completamente nell’oblio ed interdetto alla fruizione pubblica dopo che gli ambienti
furono restaurati, senza peraltro essere stati sufficientemente studiati, negli anni Ottanta nell’ambito
del piano di risanamento.
Nella nostra Puglia, terra di ulivi millenari, fortemente caratterizzata da un elevato numero di
frantoi ipogei scavati nella roccia, questo frantoio, che ha continuato a produrre per molto tempo
secondo le tecnologie descritteci da Catone, dal Columella e da Varrone, potrebbe essere fra i più
antichi ed in ogni caso il più imponente all’interno di un grande agglomerato urbano. E’ a questo
sito che fa riferimento un vecchissimo atto notarile risalente addirittura al 1084 e redatto in doppia
lingua (greca e latina).
“Strateliatus filius Ioannis Nicolao Patricio tradit speluncam positam loco vulgo dicto Cava, ut in
ed trapetum impensis ipsius Nicolai extruatur, uterque vero tum spelonca tum trapeto communi iure
utantur”
Ma il solo rileggere alcuni passi di questo straordinario documento entrando in questi ambienti è
una sensazione di viaggio nel tempo che solo alcuni ambienti in Città Vecchia sono in grado di
offrire.
La visita al frantoio mostra come sia perfetta l’integrazione fra edilizia in negativo, scavata nella
roccia, e quella realizzata in costruzione. La lettura stratigrafica degli alzati e dei tagli di cava, oltre
alla presenza residua di molte macine, ci fa comprendere la complessità e la longevità di questo
ambiente produttivo di età normanna.
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Dal punto di vista geologico all’interno del sito è possibile osservare i fronti di scavo delle
formazioni delle calcareniti del Tirreniano (calcareniti di Monte Castiglione), le quali mostrano una
tipica grana grossolana e risultano essere piuttosto farinose al tatto e di colore grigio-giallastro. Tali
calcareniti, note localmente come “tufi”, presentano una stratificazione omogenea ed una struttura
compatta, priva di rotture. Sono inoltre visibili alcuni resti fossili, tipici di ambiente di
sedimentazione litorale in clima caldo. Fra questi possono essere identificati molluschi quali Patella
ferruginea, Thericium vulgatum, Aporrhais pespelecani, Strombus bubonius, Polinices lacteus,
Semicassis saburon, Charonia nodifera, Spondylus gaederopus, Acanthocardia echinata, Venus
verrucosa, Dosinia lupinus lincta, Solenocurtus chamasolen.
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B. L'ipogeo dell'hotel Sant'Andrea degli Armeni
Situato nel pieno centro del borgo antico, in adiacenza all'antica chiesa di Sant'Andrea degli
Armeni, l'edificio era parte integrante della chiesa con la canonica e la sagrestia, posto ad angolo tra
la via Paisiello e la piazza Monteoliveto.
E' un edificio nel quale si percepisce il fascino di secoli di storia. Gli interni, realizzati in stile
classico, creano un'atmosfera sobria, elegante e raffinata. Composto dal piano terra e due piani
superiori, è sicuramente il descenso al piano ipogeo che comincia a farci percepire come si stia per
giungere ad uno dei luoghi più fascinosi e mitici della città.
Dopo aver attraversato gli ambienti adibiti a deposito e a fogge granarie si entra in un vano
quadrangolare al di sotto del quale si intravede una parte di un setto murario di età arcaica scavato
direttamente sul banco roccioso. Attraverso un piccolo cunicolo si entra in un altro ambiente
quadrangolare dove, in pochi metri quadri, sono conservati resti delle originarie strutture greche,
romane e medievali. Prima di entrare in questo ambiente è possibile notare sui resti di una parete i
resti di un affresco di probabile età romana raffigurante un toro nel contesto di un paesaggio
agreste.
Blocchi isodomici di carparo, di cui alcuni ancora in fase di taglio, fanno pensare in modo
inequivocabile ad un originario ambiente di cava. Fanno bella mostra alcuni rocchi di colonna
insieme ad un probabile impianto vitivinicolo (torchi di età romana con annessa cisterna di
raccolta). Tutt'intorno le pareti mostrano alcuni archi di età romana e la classica tessitura muraria
medievale.
Un vero spettacolo. E' come sentirsi avvolti da tremila anni di storia.
41
C. Ipogeo di Palazzo Baffi
L’imponente invaso è quello più profondo dall’attuale ingresso su vico Quartiere e sino al livello
del mare. Sono due gli ambienti principali, dei quali quello che ci appare dopo un ripido descenso
ha tutte le pareti scandite da filari di cava che devono essersi succeduti fra il cinquecento e la fine
del settecento in occasione della costruzione del palazzo sovrastante. L’ambiente principale più
grande è dotato verso la parete di fondo di una lunga arcata realizzata con materiali antichi di
reimpiego. Questo ambiente per lungo tempo sembra essere stato utilizzato prima come vera e
propria carbonaia e poi come deposito di carbone. L’altro grande ambiente è una grande cisterna di
cui residua ancora la coibentazione delle pareti con malta idraulica e deve aver avuto una funzione
sociale particolarmente rilevante fra il cinquecento ed il seicento. All’epoca della costruzione del
palazzo furono realizzate in funzione di sostruzioni due grandissime e belle arcate per le quali
42
vennero utilizzati materiali di spoglio di strutture di età magno greca. Sotto la parete frontale sul
lato destro una breve scalinata ricavata nella roccia conduce ad un reticolo di cunicoli alti intorno a
circa 2.20 e larghi 1.80 che conducono verso N, O e verso S. Questo collegato direttamente al mare
mentre gli altri due porterebbero in direzione del castello aragonese e di piazzetta San Francesco.
Lungo il lato Ovest si trova un profondo pozzo. Il piano di calpestio dei cunicoli è sempre
attraversato da un velo d’acqua proveniente da falda. I tagli di cava e la fattura degli stessi fanno
presumere una datazione di possibile età greca e riutilizzati come sistema drenante, sicuramente al
tempo della realizzazione della grande cisterna. Ancora oggi lungo uno dei cunicoli sono visibili i
segni dell’utilizzo di questi ambienti come rifugi durante il secondo conflitto mondiale.
43
7- Parco delle Gravine, testimonianza di civiltà rupestre
questo si deve aggiungere l'entità del mutamento climatico che favorì nel nostro territorio una generalizzata
Cenni storici
decadenza dell'uso abitativo della grotta, verificatasi a partire da quei secoli anche nelle cittadine sorte su
La presenza umana nel territorio del Parco ha origine antichissime. Forme di trogloditismo civile sono
insediamenti trogloditici, in quanto, nel XIV secolo si assistette ad una brusca degradazione climatica, preludio
conosciute sin da 750.000 anni fa e cioè da quando l'uomo cominciò a padroneggiare l'uso del fuoco. Le
della cosiddetta piccola età glaciale. Nella Puglia il periodo particolarmente fresco e umido si protrasse sino
abitazioni trogloditiche in grotte naturali divennero pressoché comuni nel periodo glaciale denominato
alla metà del Cinquecento, quando inizio la vera e propria piccola età glaciale, i cui rigori si sentirono sino alla
Würmiano, ossia nel Paleolitico medio (80.000 – 50.000 anni fa) e nel Post Würmiano. Il Neolitico è invece
metà dell'Ottocento. E' evidente che il nuovo regime climatico doveva aver mutato abbastanza rapidamente le
caratterizzato dalle prime tracce di adattamento artificiale di grotte naturali alle esigenze umane nel frattempo
condizioni di zona arida, entro le quali era stata maturata la scelta trogloditica del coloni bizantini: non aveva,
accresciutesi.
perciò più molto senso rimanere nelle gravine, visto che l'acqua era abbondante in ogni zona del territorio, né
Le prime testimonianze nell'area delle gravine le possiamo quindi già riscontrare durante l'Età del bronzo che
vivere nelle grotte, dato che la temperatura media si era di molto abbassata in ogni stagione.
rivelano come il territorio tarantino avesse già grande rilievo come documentato da tutta un'articolata tipologia
Quindi, sia per motivi storici che per motivi climatici, la "cosiddetta civiltà rupestre" conosce il suo epilogo
funeraria che è caratteristica di questo periodo.
regalandoci, però, per l'oggi, stupende testimonianze di un lungo e stratificato passato dominato da influssi
Nel corso dell'Età del Ferro, o Villanoviana (X-VIII secolo a.C.), comparvero nuove relazioni interregionali
stranieri che hanno così caratterizzato il nostro territorio e che rappresentano un indubbio patrimonio da
(con la preminenza, forse, di una matrice balcanica) che, interagendo con le istanze locali, diedero vita ad una
valorizzare e proteggere.
cultura nuova, la prima propriamente regionale, denominata iapigica.
Caratteristiche fisiche
Da un punto di vista urbanistico questa condusse a termine il processo, da lungo già avviato, di progressivo
Il parco è esteso 28.016 ettari ed interessa il Comune di Villa Castelli in provincia di Brindisi, nonché 13
concentramento degli insediamenti, con il contestuale abbandono delle grotte ad uso abitativo.
Comuni in provincia di Taranto (Palagianello, Castellaneta, Grottaglie, Massafra, Martina Franca, Mottola,
In Età Classica, quindi, l'abitazione ipogea sembra essere poco usata nell'Europa temperata, mentre in Età
Crispiano, Ginosa, Laterza, Montemesola, Palagiano, San Marzano di san Giuseppe, Statte).
Preistorica le grotte erano state abitate dall'uomo prevalentemente per difendersi dal freddo della glaciazione
Dal punto di vista naturalistico, soprattutto a causa delle condizioni impervie dal punto di vista orografico, le
Würmiana, mentre in epoche storiche più recenti le motivazioni sembrano essere esattamente opposte e quindi
gravine presentano tipici ed esclusivi insediamenti in materia di FAUNA e di FLORA.
legate al differente andamento climatico.
Fauna
Il ritorno, quindi, dell'importanza relativa degli insediamenti rupestri si presenta più in là nella storia e
E’ possibile incontrare parecchi rapaci di piccole dimensioni come il lanario, il grillaio e il gheppio, ma anche
precisamente nel cosiddetto Alto Medioevo dove prese le mosse la cosiddetta "civiltà rupestre" con la
il nibbio bruno, la poiana, il biancone, il capovaccaio (oggi molto raro) e il gufo comune.
realizzazione delle prime strutture civili e religiose nelle gravine e nelle loro immediate vicinanze,
Altri volatili presenti nelle gravine sono il corvo imperiale, rondoni, barbagianni, civette e cianciallegre. Di
rimaneggiando, in molti casi, le preesistenti strutture neolitiche. Tale fase storica si protrasse quasi
notte è facile trovarsi di fronte a pipistrelli.
ininterrottamente dal 680 all'850 circa, fino alla conquista dei Saraceni, ed al successivo ritorno dei Bizantini
(880). L'Alto Medioevo si pone in netta discontinuità con il sistema economico-sociale tardoantico, in quanto
la ricorrenza di guerre, pestilenze, mutamenti climatici e crollo demografico esaurirono lo slancio che aveva
ispirato il sistema agrario tardoantico. L'occupazione longobarda creò le condizioni per l'instaurarsi di un
nuovo modello insediativo del territorio favorendo l'aggregazione della popolazione mediante la costruzione di
chiese e monasteri rurali. In questa nuova trama insediativa, del tutto spontanea, si iscrive anche la gran parte
degli insediamenti rupestri.
Successivamente al periodo bizantino e precisamente tra il XIV e il XV secolo la vicenda trogloditica pugliese
si avvia al suo epilogo. Infatti la crisi e lo spopolamento di molti villaggi, in questo periodo, si
accompagnarono al più generale fenomeno di crescita dell'importanza delle città a svantaggio del contado. A
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Negli stagni presenti nelle Gravine sono presenti l’ululone dal ventre giallo, tipico delle gravine
dell’Italia meridionale, la rana, il tritone e il rospo.
I mammiferi più comuni sono la lepre, la volpe, il riccio, l’istrice, il tasso, il cinghiale, il daino e i
piccoli roditori come moscardino e lo scoiattolo. Presenti sporadicamente sulle Murge e sulle aree
boschive circostanti anche gruppi di lupi. Infatti oltre agli attacchi al patrimonio zootecnico e agli
avvistamenti infatti, nel 2009 è stato ritrovato non distante dalla strada Santeramo-Laterza la
carcassa di un giovane lupo, probabilmente investito da qualche grosso veicolo. I Rettili presenti
sono i serpenti cervone, la vipera e la meno pericolosa lucertola e tartaruga. Presenza comune è
quella del “pugliese geco Kotschy che nella tradizione popolare è chiamata lucertola m’bracidita o
fracitana (lucertola marcia).
Flora
Sono presenti il leccio, il pino d’aleppo, il corbezzolo, il frassino, il carrubo, l’acero selvatico e
l’asparago selvatico.
Nelle gravine si possono trovare orchidee spontanee, il caprifoglio, i ciclamini, il biancospino, rose
selvatiche, il melograno, il cotogno e il fico d’india.
Nelle pagine seguenti sono evidenziate con foto le componenti caratteristiche del Parco delle
Gravine, dal punto di vista ambientale, archeologico ed antropologico, con le antiche abitazioni in
ambito rupestre.
Sono in programma proposte tecniche per la messa in sicurezza dei percorsi all’interno delle
gravine, oltre ai progetti di infrastrutture viarie per migliorare l’accessibilità dell’area delle Gravine,
con particolare riguardo anche alla accessibilità con ciclovie.
Planimetria Parco Naturale Regionale Terra delle Gravine
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Gravina di Castellaneta
Gravina di Laterza
8- Museo Diocesano di Taranto
Il Museo diocesano o Mu.di. allestito nei locali del cinquecentesco Seminario arcivescovile di
Taranto nella Città Vecchia. Il Museo è stato inaugurato il 6 maggio 2011 dall'arcivescovo Benigno
Luigi Papa. Il Mu.di si sviluppa su 4 piani, con un piano seminterrato, con resti di un antico
villaggio iapigio, il piano terra che comprende un auditorium da 100 posti, una sala polifunzionale
(laboratorio di restauro, biblioteca multimediale, sala incontri), e il primo e secondo piano, nei quali
si trovano le sezioni tematiche: Liturgica, Cristologica, Mariana, Santi, Ordini Religiosi e
Confraternite, Cattedrale e Arcivescovi. L'esposizione racchiude oltre 300 opere che abbracciano un
arco temporale che va dal VII al XX secolo, fra arredi sacri, reliquie, quadri e sculture di
eccezionale valore culturale. Queste sono in gran parte provenienti da chiese non più aperta al culto,
o dal "Tesoro di San Cataldo" e dal patrimonio dell'arcidiocesi.
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Opere custodite
Tra le principali opere custodite c'è il tesoro di San Cataldo con la croce aurea ritrovata sul petto del
Santo durante gli scavi della cattedrale del XI secolo, il topazio di Re Ferdinando II, un topazio
brasiliano di Andrea Cariello[2], tele della Madonna della Salute di Nicola Porta, tele della
Madonna dell'Assunta di Serafino Elmo, Il sogno di San Giuseppe di Corrado Giaquinto, Ecce
Homo di Paolo De Matteis e antichi reliquiari contenenti la lingua di San Cataldo ed il sangue di
San Vito. Recentemente il Mu.di. si è arricchito dalle tele d'arte contemporanea a soggetto religioso
donate dell'arcivescovo Benigno Papa.
9- Riti della Settimana Santa
Questi riti della durata di una settimana, sono una delle maggiori attrattive della città di Taranto, dal
punto di vista culturale e religioso, pari solamente a quello di Siviglia; con la presente proposta si
intende implementare la diffusione di questo evento con i sistemi informatici e la pubblicità sui
mass media nazionali ed esteri.
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I riti della Settimana Santa di Taranto sono un evento che si svolge nella città a partire dalla
Domenica delle palme.
I riti della Settimana Santa risalgono all'epoca della dominazione spagnola nell'Italia meridionale.
Furono introdotti a Taranto dal patrizio tarantino don Diego Calò, il quale nel 1603, fece costruire a
Napoli le statue del Gesù morto e dell'Addolorata.
Nel 1765 il patrizio tarantino Francesco Antonio Calò, erede e custode della tradizione della
processione dei Misteri del Venerdì santo, donò alla Confraternita del Carmine le due statue che
componevano la suddetta processione, attribuendole l'onore e l'onere di organizzare e perpetrare
quella tradizione cominciata circa un secolo prima.
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10- Taranto città spartana
Il 24 luglio 2015 il Sindaco di Taranto ed il Sindaco di Sparta hanno firmato il gemellaggio tra i due centri. Sulle origini spartane di Taranto esistono pochi dubbi, per cui già da tempo c’è stato un fiorire di iniziative
culturali che tendevano ad evidenziare le affinità tra le due civiltà, ipotizzando a Taranto eventi, monumenti, costruzioni in ipogeo che richiamino le origini spartane; al riguardo si considera significativo quanto
riportato dal Ministro Franceschini venerdi 11 scorso su una testata giornalistica nazionale dal titolo “benvenuti nel grande Luna Park del passato”; il Ministro così riferisce: <<A Taranto invece, si pensa a Sparta. Già,
perché prendendo spunto dalla sua presunta fondazione spartana, gli Artisti Uniti per Taranto hanno depositato il brand “Taranto la città spartana”, proponendo, tra le altre cose, la sostituzione di una fontana storica con
un colonnato in marmo fornito di scritture bronzee (un simil Vittoriano per capirsi), e la collocazione di un colosso di 12 metri, raffigurante Falanto, mitico fondatore
spartano. Già pronto anche il logo dell’operazione: che riprende Taranto, ma con la <<a>> centrale che si trasforma nel lambda di Lacedemoni, nome greco degli
Spartani. Aspettate a sorridere, perché il ministro
Dario Franceschini ha già benedetto l’impresa: <<E’
un progetto molto bello. Quando io insisto sul concetto
che Taranto davvero può investire sulla propria
storia non penso solo al Museo archeologico nazionale
o al centro storico e agli altri monumenti importanti
che ci sono. Penso al fatto che Taranto è l’unica città
spartana
mondo ha un successo incredibile, nello sport e in tanti
settori>>.
L’unica iniziativa visitabile in merito alle origini
spartane di Taranto è un Museo di limitate
proporzioni realizzato nell’ipogeo
Bellacicco, di cui si allega la descrizione:
De Beaumont
Il Museo Spartano di Taranto - Ipogeo
del mondo: Sparta è un brand che nel
Bellacicco (già Ipogeo di Palazzo de Beaumont
Bonelli) è situato al numero 39 di Corso Vittorio Emanuele II (ringhiera del mar grande) nel Borgo
Antico di Taranto, Salento, Puglia.
La peculiarità che rende questa struttura unica in tutto il panorama storico-artistico pugliese è che in essa
sono documentate tutte le epoche e i periodi storici a
partire dalla fondazione di Taranto ad opera degli spartani (VIII sec a.C) fino al XVII sec. data di
costruzione del soprastante Palazzo nobiliare de
Beaumont Bonelli
L'ipogeo, diviso in quattro sale (alte dai cinque agli otto metri), presenta una estensione di circa 800 metri quadrati e una profondità che arriva nei livelli più bassi (quattro complessivi) a 16 metri sotto il piano stradale e
4 metri sotto il livello del mare. La struttura , in posizione centrale rispetto all'isola del centro storico rappresenta un crocevia con le altre strutture ipogee del borgo antico che formano nel loro complesso il sistema
della Taranto Sotterranea Sebbene sia difficile stabilire con esattezza la data di costruzione e le varie evoluzioni storiche della struttura, tutti gli studi storici, archeologici
e geologici riportano come data di prima edificazione dell'ipogeo al periodo di fondazione della città di Taranto (706 a.C.) quando i Parteni guidati da Falanto cavarono i
banchi di roccia per costruire le prime edificazioni e fortificazioni.
In epoca successiva questa zona delBorgo Antico verrà infatti chiamata "zona delle Fogge (delle cave)"
La struttura, di appartenenza e di gestione privata senza sovvenzionamenti pubblici, è attualmente sede del Centro
Culturale Filonide ed è stata la prima struttura ipogea (2004) interamente restaurata e fruibile di tutto il centro storico di
Taranto.
Il restauro della struttura, durato sei anni, è stato realizzato con i fondi familiari dei suoi attuali proprietari (la famiglia
Bellacicco) senza finanziamenti pubblici o privati
Nel 2007 ha ricevuto il riconoscimento da parte delMinistero dei Beni e delle Attività Culturali mediante apposizione
di espositore all'ingresso della struttura. L'ipogeo è oggetto di numerose tesi di laurea in Italia e negli Stati Uniti ed
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contenitore di eventi culturali e artistici di vario tipo. Eventuali guide turistiche e tour operator che volessero inserire il Museo Spartano nel loro circuito turistico possono contattarci
al [email protected]
Le location di Palazzo de Beaumont Bonelli sono state scelte dalla produzione del nuovo video di Mondo Marcio e Mina "Un Bacio".
Da Aprile 2015 ospita in maniera permanente il Museo Spartano di Taranto contenente esposizioni artistiche e ricostruzioni storiche della Taranto greca. Il museo è attualmente al terzo e ventiduesimo posto fra i siti
turistici recensiti da Tripadvisor rispettivamente a Taranto e in Puglia. L'ipogeo Bellacicco è stato oggetto di studi archeologici, geologici e storici da parte dei professori S. De Vitis, C. d'Angela, G. Mastronuzzi e dalla
dott.ssa C. De Chirico. Le relazioni scientifiche sono disponibili nel libro "Il Mistero della Marchesa, riscoperta di palazzo de Beaumont Bonelli fra storia ed esoterismo". (Il materiale presente in questa pagina è
liberamente riproducibile da terzi con l'obbligo di citarne la fonte www.filonidetaranto.it)
Museo spartano: Sala Etra
Intitolata alla moglie del fondatore di Taranto e protagonista dell'episodio predetto dall'oracolo di Delfi che portò nel 706 ac alla fondazione della città, la sala presenta diverse strutture murarie di epoche e stili diversi.
Sul fondo sud della sala è possibile osservare i resti delle mura di cinta della Taranto Greca che dividono l'ipogeo dall' affaccio sul mar grande. Le pareti laterali della
sala presentano una edificazione in "opus incertum" di periodo medioevale mentre sul fondo opposto della sala è nell'angolo di nord est è possibile riconoscere diversi
blocchi di calcarenite (175000 anni fa) usati dagli spartani come base per la costruzione delle prime aree abitative.
In particolare i diversi blocchi di calcarenite presentano resti fossili che testimoniano la loro datazione antichissima e la loro posizione in epoca antica sotto il livello
del mare.
Infine a metà e a tre quarti della sala è possibile riconoscere una struttura triarcata e quattro pilastri di rinforzo alle volte a botte (XVII sec.) che sostengono il
soprastante palazzo nobiliare.
Museo spartano: Sala Falanto
In posizione attigua e parallela alla sala d'ingresso Etra, la sala Falanto, intitolata al fondatore della città di Taranto, presenta diverse strutture storiche di rilievo nel
suo livello inferiore e visibili attraverso le grate metalliche che attraversano tutta la sala.
Sono documentati i resti di una strada magno greca, un sistema di raccolta dell'acqua medioevale e un sistema di condotte idriche collegate con i pozzi di tutto il
palazzo databili intorno al XVII sec, data di costruzione del palazzo.
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Sul versante sud della sala è presente un tunnel transitabile che collega l'ipogeo con uno sbocco direttamente sul livello del mar grande.
Il tunnel di periodo medievale o tardomedievale approda direttamente sul livello del mare.
Esso presenta sotto il piano di calpestio una condotta idrica medievale perfettamente conservata che convoglia le acque raccolte nell'ipogeo a mare.
Sul versante opposto della sala sono presenti le scale che portano nel cortile del palazzo nobiliare e un camino costruito con blocchi magno greci e copertura ferrea moderna.
Similmente alla sala Etra, la sala Falanto presenta strutture parietali in calcarenite e in "opus incertum" e una copertura a botte in carparo dolce.
Museo spartano: Sala Filonide
Intitolata allo storico personaggio tarantino che presta il nome all'associazione che ha nella struttura la sua sede, la sala Filonide si sviluppa in posizione ortogonale alle due sale Etra e Falanto.
Tale posizione è resa possibile dalla struttura trapezoidale del palazzo nobiliare che presenta una facciata stretta sull'affaccio a mare e una facciata sensibilmente più larga sulla facciata di via Paesiello (antica via delle
Fogge) dove è presente il portale d'ingresso principale al palazzo.
La sala, la più grande e più alta (8 metri) delle quattro, presenta diverse stratificazioni storiche che rendono particolarmente complessa e interessante la sua analisi e
osservazione.
Le strutture murarie presentano, come le altre sale, strutture in calcarenite e in opus incertum stratificate una sull'altra tanto da rendere particolarmente chiara
l'avvicendarsi delle epoche storiche.
In questa sala è presente una colonna greca che regge un blocco di calcarenite in prossimità di uno dei sei pozzi presenti nella struttura ipogea.
Sul fondo nord ovest della sala sono presenti le scale che portano nella sottostante Sala Persefone e i resti di due collegamenti con gli altri ipogei della Taranto
sotterranea; uno, murato, poco più alto del piano calpestabile e un altro a circa 5 metri di altezza chiuso da una porta lignea medioevale.
Lungo le pareti e sul versante opposto (quello sud est) sono presenti i resti fossili incastonati nei blocchi di calcarenite.
La struttura presenta inoltre sei nicchie; due al livello del piano di calpestio di cui una avente funzione di convogliare l'acqua piovana e le altre quattro in alto a 6 metri
di altezza affaccianti su via Paesiello. La copertura, come per le altre sale, è a botte in carparo dolce.
Museo spartano: Sala Persefone
Intitolata alla dea dell'oltretomba molto venerata a Taranto in periodo greco, la sala Persefone è la sala più antica e profonda di tutto l'ipogeo Bellacicco. La sala,
situata in posizione parallela alla soprastante sala Filonide, si trova a 16 metri di profondità dal piano stradale e (nei livelli inferiori) a 4 sotto il livello del mare.
Interamente scavata nella roccia presenta numerosissimi resti murari greci e una struttura architettonica di difficile attribuzione sul versante sud est.
La particolarità della sala, oltre alla presenza di strutture antichissime, è quella di essere percorsa sotto il pavimento da un fiume sotterraneo visibile. Il fiume
raccoglie l'acqua proveniente dalle murge tarantine che passando nel sottosuolo del centro storico sbocca sia in mar grande che in mar piccolo dando luogo al
singolare fenomeno delle sorgenti di acqua dolce denominati "Citri". Le strutture idriche medioevali dell'ipogeo raccolgono i vari rami dei fiumi sotterranei nei pozzi
e li convogliano infine a mare tramite le cisterne presenti sul piano inferiore (non visibile) alla sala Persefone e tramite le condotte idriche presenti al di sotto del
tunnel a mare di Sala Falanto.
La particolarità e la complessità dei sistemi idrici presenti all'interno della struttura denota la genialità architettonica dei suoi costruttori.
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11- Attività culturali e religiose
Il progetto è un percorso teso a valorizzare siti archeologici, culturali e ambientali della città di Taranto. Un
A Taranto operano numerose Associazioni Culturali ed Organizzazioni stabili in fatto di manifestazioni
viaggio che, attraverso una serie di installazioni artistiche, azioni teatrali, happening culturali riesca a far
culturali e musicali che, da anni, hanno valicato i confini nazionali; la Compagnia Teatrale CREST (
vivere quei luoghi di indiscusso valore artistico della capitale della Magna Grecia, con l'obiettivo di tessere
Collettivo di Ricerche e Sperimentazione Teatrale ( dotata anche di un ampio teatro ) e la Orchestra “
una rete dei siti di richiamo turistico della città. In collaborazione con l'Università di Bari e con la Facoltà di
Magna Grecia “, con concerti annuali a Taranto e numerose esibizioni in tutto il mondo. La compagnia
Scienze dei Beni Culturali, si strutturerà il percorso in diverse tappe, tante per quante sono le facce, gli
teatrale C.r.e.s.t., attiva da oltre trenta anni nel panorama nazionale, ha via via legato la propria identità
specchi di questo caleidoscopio di visioni che è la città di Taranto. Il percorso KALEIDOS intende
poetica ad un lavoro di scoperta e di riproposizione delle proprie radici culturali, centrando – negli ultimi
coinvolgere attivamente gli studenti del Polo Jonico dell'Università di Bari e della Facoltà di Scienze dei
anni - tematiche spinose che vive la realtà tarantina oppure rappresentandone attraverso la fiaba, tutta locale,
Beni Culturali. Attraverso dei laboratori teatrali creati appositamente per il progetto, si prepareranno le
l’immaginario (Sposa sirena, 2013). Questo percorso di immersione nella memoria come luogo in cui
singole azioni per ognuno degli appuntamenti attraverso un percorso fatto di:
ritrovare le tracce di un’identità perduta, é ed è stato il fulcro del nostro lavoro che, oltre alla produzione
1. studio dei luoghi e della loro storia;
teatrale, si è dipanato nel corso dei tanti progetti di animazione e promozione del territorio realizzati di
2. ricerca di materiali e di letteratura inerente e/o affine alla natura dei siti;
concerto con tanti e diversi enti pubblici e locali. Valorizzare il patrimonio culturale e lo sviluppo in chiave
3. teatralizzazione delle performance;
turistica di Taranto, è anche una finalità della nostra proposta alla scoperta di quanto possa essere vitale e
4. realizzazione della performance nei siti in orari e giorni definiti.
valorizzante coniugare il
I percorsi di studio sonoro e visuale saranno coadiuvati da esperti del settore.
fare teatrale con la ricerca e l’approfondimento delle proprie radici sociali e
culturali. Restare ancorati ad un territorio per conoscerlo, raccontarlo, stimolarlo e provocarlo significa per
Progetto “Uomini e Santi. “ Intrecci di vite e memorie nei vicoli della città vecchia.
noi anche lavorare ad affinare gli strumenti del mestiere, perfezionando il 'cosa' e il 'come'. Nella
Giovanni Paisiello e Sant’Egidio sono due tra gli “uomini e santi” che la Città Vecchia di Taranto ha visto
convinzione che le esperienze sinora maturate dal punto di vista culturale possano rappresentare il “grado
nascere tra le sue mura e su cui risulta interessante costruire un progetto culturale complessivo che
zero” per la crescita di una nuova cittadinanza, di nuovi pensieri e nuova energia utili alla ripartenza di una
coinvolga l’intero quartiere. Nati entrambi nella prima metà del Settecento, ed emigrati a Napoli dove
città che appare oggi impastoiata, rallentata nella sua crescita civile e culturale, prima che economica, la
godettero di grande fama, i due si conobbero in vita e si frequentarono con grande amabilità, tanto che è
iniziativa che vede due città del sud – Taranto e Matera – scegliere nello stesso momento di “provarsi” nella
stata tramandata una aneddotica che li vede protagonisti.
difficile sfida di crescere non più solo secondo modelli economico-industriali, ma provando a riallacciare i
Perché non ricostruire i cammini culturali e spirituali che guidarono i due? Perché non trasformare le vie, le
fili di un passato denso e forte di significati, reinventando – senza modelli precostituiti - una vita da
piazze, i vicoli che loro hanno percorso in “luoghi di accadimenti” in cui funzioni, servizi, suoni, colori e
restituire non solo ad antiche vestigia, ma anche ai cittadini del contemporaneo, a cui fare scoprire una
odori possano ricondurre al patrimonio culturale che i due hanno lasciato a Taranto e al mondo intero?
diversa qualità della vita. Di qui nasce la disponibilità a mettere a disposizione la
esperienza e le
Attraverso la creazione: di un centro studi Giovanni Paisiello, di un centro di accoglienza turistica intitolata
competenze, le relazioni che hanno consentito in questi anni di raccogliere stima e apprezzamento intorno ai
a Sant’Egidio, di un percorso enogastronomico e artigianale legato ai sapori della Taranto settecentesca, di
progetti sinora realizzati con vari partner – tra i quali: il Ministero dei Beni Culturali e dello Spettacolo, la
eventi spettacolari e ancora altro, sarebbe possibile costruire una sorta di “paesaggio” storico legato ai due
Regione Puglia, le vecchie APT e poi l’Agenzia Regionale per il Turismo, l’Università agli Studi di Bari, le
personaggi e alla Taranto del ‘700, con la creazione di un indotto turistico-culturale permanente.
Sovrintendenze ai Beni Archeologici, il Museo M.Ar.Ta., tanti e diversi enti locali,
Progetto “Il porto dei sogni“ Un porto dove prendano forma le tradizioni, le leggende, di tante diverse realtà
associazioni e
cooperative regionali e provinciali -, nonché la convinzione che il raggiungimento degli obiettivi individuati
culturali che insistono sul Mediterraneo.
dal Protocollo d’Intesa firmati dai Sindaci di Taranto e Matera include un’ampia condivisione da parte dei
diversi e qualificati attori del territorio, qui chiamati a lavorare in sinergia, disponibili al confronto ed alla
collaborazione con realtà anche extraregionali.
Si citano, sommariamente gli eventi culturali in programma :
Progetto “Kaleidos“ Il termine caleidoscopio deriva dal greco e significa letteralmente ‘vedere il bello’.
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Progetto “Una città di eroi, poeti e santi”. Racconti raccolti e da raccogliere seguendo tre diversi
percorsi tematici: archeologico, barocco e religioso-popolare.
Per quanto riguarda gli aspetti della cultura musicale, nella città operano Associazioni di tutto rispetto
che si elencano senza la pretesa di esaustività:
-Amici della musica "Arcangelo Speranza"
- ICO "Magna Grecia"
-Angelo Lo Sasso – (già Arci-note)
-Accademia Francisco Tarrega - di Talsano
-Taranto tango di Franco Conte
-Associazione La Puteje di Cinzia Pizzo, in via Duomo per la pizzica
-Frank Buffoluto & I pali delle Cozze – con la partecipazione dell' attore Michele Riondino
-Bravo – eventi musicali di Giovanni Raimondi e Nico Ordini
-The Stage di Davide Panico
-Accademia dei due Mari - di Taranto
-Musical Academy
A titolo esplicativo, in carenza di pagine, si descrive la sola attività della “ICO Magna Grecia”,
riservandosi la piena concertazione con tutte le altre Associazioni culturali-musicali.
Per quanto concerne le attività culturali-musicali, si punta alla piena sinergia tra le realtà musicali delle
aree; innanzitutto, per Taranto si farà affidamento sul recupero istituzionale e funzionale dell’Istituto
Musicale Paisiello, operante da decenni a Taranto ed in difficoltà gestionali ed economiche per le
ristrettezze delle risorse nella disponibilità delle Province.
Nell'ambito delle attività previste dal protocollo d'intesa tra i Comuni di Matera e Taranto, si
realizzeranno una serie di attività attraverso un progetto articolato di eventi e di manifestazioni di
cultura diffusa, che rientreranno nelle finalità espresse di concerto dalle due amministrazioni.
Traendo spunto ed ispirazione dalla collaborazione pluriennale tra l’Istituzione Concertistico
Orchestrale Magna Grecia, il Festival Duni e l’Ass. Matera in Musica, si propone un programma che
miri a rafforzare e perfezionare criteri di progettualità che possano costituire elemento di richiamo per
flussi di turismo sempre più interessati ad una cultura autoctona.
La programmazione sarà realizzata attraverso un percorso tra i luoghi più significativi e
strategicamente fruibili del cosiddetto Itinerario di pietra come indicato nel protocollo, anche se spesso
estranei alla abituale rappresentazione di eventi spettacolistici.
Alla base del progetto vi è la precisa volontà di legare il contenuto delle manifestazioni ai luoghi di
volta in volta interessati, alla luce di una sorta di "ecocompatibilità" delle rappresentazioni e
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riconsiderando le modalità di realizzazione delle manifestazioni in funzione dei disparati contesti in
cui esse si rappresentano (i musei, i siti archeologici e di culto, i parchi, ...)
Da ciò consegue con evidenza il recupero di esplicitazioni primigenie del fare musica (il canto, la
percussione...) nei luoghi di interesse antropo-archeologico – ipogei, insediamenti rupestri,… - alla cui
suggestione si darà ampia rilevanza. Ai luoghi più direttamente e abitualmente vocati alla ricezione e
presenza del pubblico – i Musei DEA di Matera e MARTA di Taranto, tra gli altri – saranno destinate
le esecuzioni di repertori vocati alla cultura classica. Per buona parte della programmazione, forte di
un'esperienza che ha determinato decise innovazioni nel coniugare cultura e spettacolo sul territorio, si
proseguirà con un percorso di ricerca di nuove esperienze sinestetiche di rappresentazione alla cui
costruzione concorreranno suoni, luce e immagini con un uso della tecnologia funzionale al recupero
"suggestivo" del patrimonio culturale (architettonico, archeologico, musicale...) e del sapere antico.
Tra gli elementi più fortemente caratterizzanti del progetto vi è l'esplorazione del sacro e del mito quali
primari elementi di interesse antropologico. Pochi altri territori possono presentare ancora oggi un
riflesso della storia antica e delle mitologia cosi direttamente percepibile. I Sassi di Matera come l'Isola
di Taranto e i numerosissimi siti di primario interesse archeologico si presentano come luoghi ideali
per la riproposizione di repertori musicali legati espressamente al racconto leggendario e rituale.
I repertori musicali copriranno un ampio spettro di generi, stili, organici strumentali.
Si parte dalle più semplici e primordiali esperienze del produrre suono organizzato per arrivare alle più
raffinate costruzioni della musica occidentale per orchestra. Particolare attenzione verrà rivolta ai
grandi Autori della storia musicale del territorio interessato, da Gesualdo da Venosa a Egidio
Romualdo Duni e Giovanni Paisiello a Mario Costa, come ai compositori contemporanei emergenti.
12- Sistema immateriale di valorizzazione e gestione dei beni e dei servizi
La presente proposta si articola in un Progetto turistico per la formazione di un Centro di Servizi
Territoriali per la promozione, l’accoglienza e la fidelizzazione del cliente visitatore/turista.
Dall’analisi dei dati, il risultato più evidente è che la provincia tarantina e il suo capoluogo, risultano
essere una delle mete meno visitate della regione. Questi risultati sono dovuti molto probabilmente ad
una minore competitività dell’offerta turistica tarantina rispetto alle altre province. Quindi il primo
passo dovrebbe essere quello di rendere più appetibile il turismo attraverso l’offerta di maggiori servizi
ai turisti, mettendo a sistema tutta una rete di opportunità ed iniziative, e creando una governante
centralizzata, mista pubblico-privato.
Occorrerà puntare alla soddisfazione del cliente/turista in quanto primo strumento di pubblicità
attraverso il passaparola positivo, che con la velocità di scambio di informazioni sviluppate con il web
è diventato uno degli elementi più importanti.
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Da questi punti di partenza nasce la proposta di Enti Territoriali e di alcune Associazioni culturali e
turistiche dell’area tarantina (e non solo del Capoluogo) che si prevede di associare in un Centro dei
Servizi per il Territorio; questo Organo dovrà avere i seguenti obiettivi:
◦
promuovere e incrementare lo sviluppo turistico del proprio territorio attraverso la
promozione, la propaganda e la pubblicità, per la conoscenza e la valorizzazione delle
località e del loro patrimonio paesaggistico, artistico, storico e culturale, oltre che dei
prodotti locali tipici
◦
collaborare con enti pubblici e privati per la valorizzazione dei territori appartenenti al
Consorzio e per consentirne lo sviluppo coordinato.
◦
svolgere, in maniera ausiliaria e sussidiaria, l'attività di vendita e intermediazione di
pacchetti turistici, come definiti dalla normativa provinciale in materia di turismo, previa
apposita autorizzazione da parte della Provincia;
◦
promuovere e realizzare attività e manifestazioni di carattere turistico;
◦
collaborare con gli altri Enti e associazioni per un migliore svolgimento dei compiti
istituzionali,
◦
sviluppare la mobilità sostenibile e intermodalità dei trasporti.
L’obiettivo del programma del Centro Servizi Territoriali (di seguito brevemente CESET è stato
allibrato al fine di:
- Stimolare i processi di destagionalizzazione;
- Investire sui valori della nostra cultura quali valori aggiunti fondamentali della propria offerta
turistica,
- Attuare politiche per la diversificazione dell’offerta turistica, in grado di intercettare le nuove
motivazioni della domanda turistica,
- Investire sulla qualità del lavoro e professionale, anche attraverso la formazione di base e
l’aggiornamento continuo;
- Promuovere l’inserimento, all’interno dell’azienda, di tecnologie informatiche e telematiche per
offrire on-line nuovi servizi informativi sulla struttura ricettiva, la disponibilità ricettiva, le
prenotazioni e pagamenti, e per la fidelizzazione dei clienti (newsletter, periodici, ecc…).
L’obiettivo del Progetto Ce.Se.T. (Centro servizi territoriali), è stato calibrato al fine di favorire
in maniera ampia le opportunità culturali, archeologiche, paesaggistiche, enogastronomiche
offerte dal territorio, in funzione della fruibilità dei servizi anche da parte delle persone più
fragili, quali anziani, disabili fisici e psichici, minori, ecc. E’ questo “turismo per le fragilità”,
infatti, che si reputa una direzione innovativa che può esprimere un volano di sviluppo
economico e sociale del nostro territorio.
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Il turismo sociale e per le categorie fragili è, per quanto detto, un settore che ha bisogno di
un’attenzione particolare considerando che il suo sviluppo avrà necessità di studiare soluzioni e
itinerari specifici prevedendo una mappatura specifica di tutte le risorse presenti e idonee al
ricevimento di questa tipologia di turisti che servirà a stimolare il territorio per sviluppare nuovi servizi
o rendere maggiormente accessibili i servizi già esistenti.
L’ipotesi progettuale, si basa su due principi:
-
necessità di interventi infrastrutturali con servizi materiali, e soprattutto servizi immateriali, per
rivitalizzare un settore dalle elevate potenzialità nel territorio jonico tarantino;
-
necessità di coniugare in un sistema a rete la fruizione sia delle risorse archeologiche,
architettoniche, ambientali e paesaggistiche, che delle produzioni locali, con notevoli settori di
eccellenza eno-gastronomici.
I servizi materiali partono da una organizzazione capillare di attività di assistenza al turista che
dovrebbe trovare, possibilmente in due siti fisici (come di seguito specificato), in posizioni strategiche
rispetto alle vie di comunicazione , i “motori” di tutte le iniziative e che comprenderanno al loro
interno tutti i servizi che si offrono al turista, dall’esposizione multimediale delle risorse del territorio
alla degustazione dei prodotti tipici; ai centri principali potranno essere affiancati centri minori
dislocati sul territorio provinciale, in modo da assicurare al turista un servizio capillare.
I servizi immateriali saranno l’elemento altamente innovativo della proposta e si basano su un insieme
di iniziative mirate a suscitare interesse all’aspirante turista sin dalla visione di apposito “Portale delle
accoglienze Ceset”, applicazione altamente interattiva che a partire da web 2.0 offra la possibilità di
fornire, in maniera altamente integrata e multisettoriale, l’insieme dei servizi utili al viaggiatore –
visitatore. Il Portale potrà accompagnare il visitatore nel suo viaggio nel territorio offrendo la
possibilità di visitare in anteprima virtuale i luoghi di destinazione, configurare percorsi altamente
personalizzati, prenotare mezzi di trasporto collettivi o individuali, acquistare in anteprima i biglietti
degli eventi, segnalare la necessità di supporti per persone con differenti abilità, possibilità che
accompagnerà tutto il modo di pensare ai servizi al cittadino/viaggiatore.
Al cittadino/viaggiatore si proporrà un’intera organizzazione che assisterà l’interessato secondo un
messaggio promozionale “da tre ore a tre mesi” a seconda delle sue esigenze, delle sue disponibilità di
risorse e di tempo.
Al potenziale turista verranno evidenziate le principali caratteristiche del nostro territorio, con un
“Museo Virtuale” per l’archeologia, con i percorsi sulla Taranto antica con evidenziazione delle aree
archeologiche, del Museo di Taranto, del Castello Aragonese e di altre strutture museali (Mudi, ecc…),
degli ipogei della Città Vecchia, di palazzi di pregio architettonico, di siti della civiltà rupestre e così
via, fino alla serie degli eventi speciali quali i Riti della Settimana Santa e la fruizione di un Museo del
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Mare e di altre iniziative similari riferite alla storia del rapporto tra la Marina Militare e la città
Capoluogo.
Il Portale delle accoglienze Ceset (ma non solo) avrà molteplici funzioni: di navigatore (localizzando
anche le più interne masserie o località del Parco delle Gravine, altrimenti inaccessibili con i normali
navigatori), di espositore di tutti gli alberghi, ristoranti, locali caratteristici, aree camper, ostelli e
quanto attinente all’offerta turistica, per ciascuno dei quali fornirà la localizzazione, la configurazione
fisica, con possibilità di prenotazione e pagamento, di scelta del servizio e, soprattutto, conoscendo a
priori la offerta di servizi e la relativa quotazione economica; anche le offerte di spettacolo saranno
presenti sul Portale delle Accoglienze che fungerà non solo da promotore dell’evento ma fornirà la
possibilità di creare percorsi anche in funzione dell’offerta artistica presente nei luoghi del viaggio e
della conoscenza.
Il Progetto prevede la collocazione in due aree strategiche del territorio tarantino, Porta Napoli e Porta
Lecce, dei centri servizi in cui saranno concentrati le organizzazione e le informazioni per il
viaggiatore turista. Tali centri saranno replicati anche nelle aree provinciali; in tutti i centri sarà
possibile la realizzazione di una esposizione permanente delle produzioni locali con assaggi e
manifestazioni promozionali, nonché sale dove il turista appena giunto via terra, via aerea, via mare o
via ferrovia, potrà assistere a proiezioni h24 che, anche mediante ricostruzioni virtuali di antichi siti,
mostreranno le principali attrattive del territorio, sia naturali che culturali.
Dal punto di vista immateriale il servizio prevede la fornitura di “guida ed assistenza in mobilità”
fruibile tramite supporti informatici quale può essere un’applicazione per smartphone, o tablet, con
accesso tramite login personalizzato che fornisca informazioni riguardanti punti d’interesse artistico
(chiese, monumenti, musei, edifici storici, piazze, percorsi ciclabili e pedonali, escursioni nelle
gravine, ecc.) e/o di servizio (Uffici Turistici, Stazioni di polizia, Mezzi di trasporto, Parcheggi,
Spettacoli), con servizi di prenotazione nei locali, nei parcheggi, con servizi finanziari con pagamento
delle prestazioni e delle attività turistiche connesse al soggiorno. Ad esempio, il sistema di
prenotazioni avviene tramite credito informatico (PayPal, Credit Card o similari) anche prepagato, per
realizzare micro pagamenti.
Attraverso tale progetto il territorio aspira ad avviare un percorso di riconoscibilità delle proprie
attrattive culturali che possano essere visibili soprattutto nel territorio Europeo e Mediterraneo, in
modo da avvicinare il territorio al contesto di riferimento.
Attività da realizzare
Ricapitolando, tra le prime iniziative del Ce.Se.T. ci sarà quella di creare una:
-CARTA SERVIZI PER I TURISTI che permetterà loro di usufruire di attività e servizi come visite
guidate, sconti sui trasporti pubblici, ingresso in mostre e musei, sconti, lista di medici con conoscenze
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di lingue straniere, ecc. a costi agevolati o in alcuni casi a titolo gratuito. I servizi verranno offerti in
primis dalle associazioni facenti parte la federazione, successivamente verranno stipulati contratti e
accordi con imprese e enti del territorio al fine di poter offrire al turista una quantità sempre maggiore
di servizi utili alla sua permanenza nel territorio.
La carta sarà distribuita ai turisti in diversi punti prestabiliti. Il turista quindi potrà usufruire di tante
attività che non faranno altro che aumentare il grado di soddisfazione dello stesso per la qualità
dell’offerta turistica. La carta dei servizi diventerà quindi uno strumento di fidelizzazione e di
passaparola positivo.
Alte attività:
-CREAZIONE DI UN MARCHIO: realizzazione di un marchio unico (brand che può richiamare la
caratteristica di Taranto quale “Città Spartana”), che verrà utilizzato dalla Federazione. Indispensabile
per rendere unico e identificabile il lavoro e la comunicazione realizzata della stessa e per essere
riconoscibile anche dallo stesso turista;
-CREAZIONE DI MATERIALE INFORMATIVO: realizzazione di opuscoli e brochure che
serviranno sia a informare il tessuto imprenditoriale locale della nascita delle Federazione e dello
sviluppo della Carta del Turista, sia ad informare il turista delle potenzialità della Carta e dei servizi
offerti;
-REALIZZAZIONE DEL PORTALE INFORMATICO: internet è diventato il principale
strumento di ricerca di informazione nel mondo, soprattutto a livello turistico in cui il turista prima di
acquistare chiede informazioni e opinioni agli altri utenti. Quindi la presenza della Federazione e della
Carta del Turista sul web è di vitale importanza. L’obiettivo è quello di diventare, in concomitanza con
gli altri siti istituzionali, uno dei portali di riferimento per il turismo tarantino, in cui poter trovare tutte
le informazioni necessarie (anche offerte turistiche) e utili alla permanenza nel nostro territorio;
-IDEAZIONE DI UNA CAMPAGNA DI MARKETING: questa è l’attività più importante.
Abbiamo già detto che il territorio soffre di competitività, l’ideazione di una campagna di marketing a
supporto dello sviluppo della Carta del Turista e del sistema turistico tarantino è un passo strategico da
sviluppare. Attraverso questo si porterà a conoscenza dei maggiori servizi di cui un turista potrà
usufruire visitando il territorio tarantino. Saranno importanti la presenza nelle maggiori fiere del
turismo nazionale e la creazione di eventi come incentivo alla visita del nostro territorio.
Potenziali associati:
-Enti Istituzionali;
-Associazioni culturali e di promozione turistica;
Servizio a regime:
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