Il Palazzo Comunale (Palazzo d`Accursio)

Il Palazzo Comunale (Palazzo d'Accursio)
Il Palazzo Comunale è costituito da un insieme di edifici che nel corso dei secoli sono via via stati
uniti ad un nucleo più antico acquisito dal Comune alla fine del Duecento, comprendente fra l'altro
l'abitazione di Accursio, maestro di diritto nello Studio bolognese. Fu inizialmente destinato a
conservare le pubbliche riserve granarie e ad ospitare alcuni uffici municipali; da quando nel 1336
divenne residenza degli Anziani, la massima magistratura di Governo del Comune, è la sede del
governo della città.
Rinnovato e ampliato nella prima metà del Quattrocento con l'intervento dell'architetto Fioravante
Fioravanti, fu poi arricchito di un orologio nella torre d'Accursio e, secondo esempi diffusi nel
centro Europa, di un carosello con automi in legno (Madonna con Bambino e corteo dei Magi)
rimossi nel 1796 (ne restano alcuni, conservati oggi presso
le Collezioni Comunali d'Arte, al secondo piano).
La sempre più forte presenza del potere papale nella città, già evocata dalla statua in lamina di rame
di Bonifacio VIII (1301, ora conservata nel Museo Medievale) collocata sulla facciata, sopra la
ringhiera degli Anziani, promosse consistenti revisioni architettoniche soprattutto a partire dal 1506,
con l'arrivo di Papa Giulio II, all'epoca della caduta della signoria dei Bentivoglio.
Si fa risalire a quest'epoca il progetto delle due rampe della grande cordonata che conduce al
secondo piano (terminata alla fine del Cinquecento), attribuito al Bramante.
La facciata, dove è tuttora collocata la Madonna con Bambino di Niccolò dell'Arca (1478) già
dorata e policroma, e dove restò per pochi anni un'immagine di Giulio II (distrutta nel 1511
all'epoca di un tentativo di rientro dei Bentivoglio nella città), fu arricchita a metà Cinquecento col
bel portale di Galeazzo Alessi, sopra il quale nel 1580 fu posta la grande statua in bronzo di papa
Gregorio XIII (pontefice della bolognese famiglia Boncompagni), dovuta allo scultore Alessandro
Menganti.
Gli ambienti monumentali all'interno conservano memoria di momenti storici e vicende politiche
della città. Al primo piano vi è una seconda galleria, adibita oggi a Sala del Consiglio Comunale, la
cui volta fu affrescata fra il 1675 e il 1677 da Angelo Michele Colonna e Gioacchino Pizzoli per il
Senato Bolognese, con quadrature architettoniche e allegorie che alludono alla ricchezza, alla fama,
alle arti e alla cultura della città.
Al secondo piano affaccia sulla grande Sala Farnese la Cappella del Legato, in cui nel 1530 si tenne
una solenne cerimonia per l'incoronazione dell'imperatore Carlo V. Nella cappella sono ancora
visibili affreschi con Storie della vita della Vergine, eseguiti da Prospero Fontana (1562) durante la
legazione di Carlo Borromeo sotto il pontificato di Pio IV, che rappresentano uno dei testi più
importanti della pittura bolognese fra Maniera e Controriforma.
La decorazione della Sala Farnese, eseguita intorno al 1660 da un gruppo di artisti di una
generazione successiva a quella di Francesco Albani, loro maestro (fra cui Carlo Cignani e Lorenzo
Pasinelli), ripercorre i momenti salienti della presenza della Chiesa e del potere pontificio nella
città, attraverso la rappresentazione di episodi che vanno dal Medio Evo al Seicento.
Dalla sala si accede alle Collezioni Comunali d'Arte, fondate nel 1936, che conservano dipinti e
arredi dal Medio Evo all'Ottocento, e al Museo Morandi, inaugurato nel 1993, il cui patrimonio è in
buona parte costituito da opere donate al Municipio dalla famiglia dell'artista.
Il palazzo del Podestà
Fu la prima sede del governo cittadino esercitato appunto dal Podestà e dai suoi giudici e ufficiali.
L'assetto originario non era molto differente da quello odierno: sotto le volte del portico e
tutt'intorno si succedevano le animate botteghe di merciai, fruttivendoli e artigiani, mentre sotto le
scale di accesso al primo piano i notai stipulavano atti e contratti. Fin dall'inizio disponeva di una
torre campanaria detta dell'arengo per chiamare a raccolta i cittadini in caso di eventi straordinari
(assemblee, guerre..). Originariamente doveva però trattarsi di una costruzione lignea che fu
sostituita nel 1259 dall'odierna torre quadrangolare in cotto realizzata da Alberto di S. Pietro,
l'architetto che aveva già realizzato la torre della cattedrale S. Pietro appunto. I quattro pilastri
angolari che sostengono la torre formano una volta a crociera detto 'Voltone del Podestà' in cui nel
1525 furono poste le statue in terracotta dei santi protettori della città plasmate da Alfonso
Lombardi: S. Petronio, S. Procolo, S. Domenico e S. Francesco. Un particolare effetto acustico
consente ai visitatori di parlarsi sommessamente dagli angoli opposti del voltone. Su un modello di
Aristotile Fioravanti, che nel 1453 collocò l'attuale campana, la facciata romanica venne rinnovata
in forme rinascimentali per volontà del signore della città, Giovanni II Bentivoglio. La
ristrutturazione avviata tra 1484-94 con la collaborazione di Marsilio Infrangipani per la parte
decorativa in bugnato rimane però incompiuta. Al piano nobile l'ampio salone del podestà già
utilizzato come teatro pubblico tra XVI e XVIII secolo e quindi sala per il gioco del pallone fu
affrescato nel primo decennio del XX secolo da Adolfo De Carolis e allievi con episodi celebri della
storia di Bologna
Palazzo Re Enzo
Denominato 'palazzo nuovo' per distinguerlo dal palazzo del Podestà, viene costruito tra 1244-46
(contemporaneamente al palazzo del capitano del popolo) come ampliamento degli edifici
comunali. Appena tre anni più tardi diviene la 'residenza' del re prigioniero della battaglia di
Fossalta: re Enzo di Sardegna, figlio di Federico II appunto. Nell'ultimo dei tre piani originari era
riservato al re un ampio vano dove trascorse i successivi ventitré anni fino alla morte (1279).
Numerose leggende fiorirono nella letteratura popolare intorno alla leggendaria figura del re
prigioniero: il padre avrebbe offerto ai bolognesi in riscatto del figlio tanto oro da poter cingere le
mura della città e ancora si favoleggia di una fuga del re nascosto dentro una 'brenta' o tino sventata
però da una donna che avrebbe urlato 'scappa, scappa!' ottenendo poi in ricompensa dal comune di
potersi fregiare del cognome Scappi. Al piano terreno erano conservate le macchine da guerra
dell'esercito e il Carroccio. Con una scala coperta si accede al loggiato del primo piano dove si
tenevano le sedute dei consigli popolari. La Sala del Trecento, realizzata da Antonio di Vincenzo
nel 1386, viene successivamente adibita ad archivio comunale, mentre l'ultimo piano subisce una
vasta opera di ristrutturazione nel 1771 con G. G. Dotti. Consistenti furono nel caso del palazzo Re
Enzo i restauri condotti nel 1905 da Alfonso Rubbiani che mira a ripristinare l'aspetto gotico
dell'edificio a discapito degli interventi successivi, come per es. quelli del Dotti. Sulla base delle
tracce trovate e delle fonti rinnova la facciata, ricostruisce le merlature, le arcate del pianterreno e la
scala quattrocentesca. Sulla destra del palazzo è situato l'accesso alla cappella di S. Maria dei
Carcerati cui si recavano i condannati a morte.
Le due Torri: Garisenda e degli Asinelli
Simbolo comunemente riconosciuto di Bologna, queste due torri 'gemelle' sono collocate
strategicamente nel punto di ingresso in città dell'antica via Emilia. L'attuale isolamento in cui ci
appaiono oggi al centro dello slargo di piazza di porta Ravegnana non corrisponde ovviamente
all'originaria sistemazione con costruzioni lignee intorno e passaggi sospesi di collegamento.
Realizzate in muratura come poche altre costruzioni svolgevano importanti funzioni militari (di
segnalazione e di difesa) oltre a rappresentare con la loro imponenza il prestigio sociale della
famiglia. Alla fine del XII secolo se ne contavano in città un centinaio di cui solo una ventina,
sopravvissute ad incendi, guerre e fulmini, sono oggi ancora visibili. Recente è la ricollocazione
dinanzi alle torri di una statua di San Petronio di Gabriele Brunelli del 1670, che era stata rimossa
nel 1871 "per motivi di traffico".
Torre degli Asinelli viene costruita tra 1109 - 19 dalla famiglia omonima e passa al Comune già nel
secolo successivo. Alta 97,20 m presenta uno strapiombo di 2,23 metri e una scalinata interna di
498 gradini terminata nel 1684. Il basamento è circondato da una 'rocchetta' realizzata nel 1488 per
ospitare i soldati di guardia. Oggi sotto il portico sono state ricollocate alcune botteghe di
artigianato a ricordo della funzione commerciale svolta dal medievale 'mercato di mezzo'.
Torre Garisenda Coeva alla precedente si differenzia visivamente per la minore altezza (48,16
metri) e il forte strapiombo (3,22 m) dovuto ad un precoce e maggiore cedimento del terreno e delle
fondamenta. Dante che la vide ancora integra la paragona ad Anteo chinato nel XXXI Canto
dell'Inferno. A metà del XIV secolo si rende necessario l'abbassamento. Il rivestimento in bugne di
selenite alla base risale invece alla fine del XIX secolo.
Prendono il nome delle potenti famiglie bolognesi che ebbero il permesso di erigerle, anche se la
più bassa fu fatta in seguito "accorciare" perchè c'era il rischio che precipitasse da un momento
all'altro. Le due torri si trovano, oltre che con via Castiglione, all'incrocio con altre quattro strade.
Tra le loro caratteristiche l'inclinazione "inversa". Quella degli Asinelli (alta 97,20 metri ed eretta
all'inizio del 1100) pende di circa nove metri verso via Rizzoli, quella della Garisenda (la più bassa,
anche se misura 48,16 metri), invece, "guarda" verso la parte opposta. Proprio dalla sommità della
torre degli Asinelli (498 gradini) è possibile ammirare il panorama della città, con la struttura a
raggiera entro il percorso delle mura. A questo proposito è curioso ricordare come, nel Medioevo,
Bologna contasse oltre cento torri delle quali adesso se ne possono ammirare solo una ventina.
Basilica di Santo Stefano
Foto: SIT - Comune di Bologna
S. Stefano, detto anche Sette Chiese. Legato alle più antiche memorie di storia e religiosità
bolognesi, è un complesso monumentale di edifici, ricordato fin dall'anno 887 col nome di "Santa
Gerusalemme". Un racconto leggendario della fine del XII secolo ne attribuisce la fondazione al
vescovo bolognese Petronio (431/32-450), che avrebbe riprodotto e dedicato al Protomartire
cristiano, Stefano, i luoghi della Passione di Cristo, visitati in un suo viaggio in Terrasanta. Qui il
presule fu ed è tuttora sepolto. Risulta da scavi archeologici che già alla fine del IV secolo l'area
adiacente la via Aemilia (Strada Maggiore) e nell'allora suburbio orientale, ospitava un cimitero
cristiano, dove verosimilmente furono traslati i corpi dei Protomartiri locali, Vitale e Agricola,
ritrovati nel 392/93, presente sant'Ambrogio di Milano, nel cimitero giudaico. Il luogo conserva
anche il ricordo dei Longobardi, che conquistarono Bologna nel 727, e di Carlo Magno, che nel 786
prelevò alcune reliquie dei martiri. Dopo una probabile decadenza tra IX e metà X secolo circa, il
complesso si risollevò grazie all'arrivo dei monaci benedettini - la loro presenza è documentata per
la prima volta nell'anno 983 - la cui intensa attività edilizia, concentrata tra XI e XIII secolo, conferì
al centro cultuale quell'articolazione e quelle linee romaniche che ancora conserva, nonostante i
restauri moderni. La complessa architettura si arricchì in seguito di altre costruzioni, in gran parte
scomparse.
Foto: Atlante Storico Multimediale di Bologna
Infatti i restauri non sempre felici eseguiti verso il 1880 e nei primi decenni del nostro
secolo hanno mutato il volto antico del complesso e ridotto a quattro le tradizionali "sette
Chiese". Chiesa del Battista: ad una sola navata, è sorta in età romanica su un edificio
minore. Il presbitero è barocco (1637). Cripta dell'abate Martino: del tipo ad oratorio,
accolse agli inizi dell'XI secolo le spoglie di Vitale e Agricola, dalla vicina chiesa,
fatiscente. Chiesa del S. Sepolcro: eretta, secondo la leggenda, da San Petronio, è
ottagonale con galleria superiore a volta. Fu ristrutturata in età romanica sui resti di un
tempio pagano dedicato probabilmente a Iside. Nell'edicola centrale vi è la tomba di San
Petronio. Chiesa dei Ss. Vitale e Agricola: a tre navate divise da colonne e pilastri,
conserva i sarcofaghi vuoti dei Protomartiri, scolpiti in epoche diverse (VIII e XI secolo).
Cortile detto "di Pilato" per la vasca centrale che rappresenta il bacile in cui Pilato si lavò le
mani. Un'epigrafe lungo il bordo ricorda i re longobardi Liutprando e Ildeprando. Chiesa
della Trinità o del Calvario: ampiamente restaurata, ha pianta traversale articolata nel lato
sud-est in piccoli vani, costruita su precedente martyrion paleocristiano cruciforme.
Foto: Atlante Storico di Bologna
Chiostro: detto "dei Caduti" per le lapidi che ricordano i Bolognesi morti nella grande guerra, si
sviluppa su due logge sovrapposte, del XI e XIII secolo. Ospedale di S. Bovo (S. Stefano o S.
Bruno), ora è stato trasformato nella cappella di Loreto. Era amministrato dalla Compagnia dei
Lombardi e nel 1518 fu unito all'Ospedale dei SS. Pietro e Procolo. Il complesso di S. Stefano
conserva anche testimonianze artistiche di grande valore, legate a nomi quali, ad esempio, Simone
de' Crocefissi, Vitale da Bologna e Lippo di Dalmasio. Da segnalare un frammento di affresco con
"La strage degli Innocenti" che apparteneva al ciclo pittorico eseguito intorno al 1250 da Marco di
Berlinghieri da Lucca per la volta del S. Sepolcro e distrutto nel 1804. (Paola Porta) (F. Bocchi, Il
Duecento, vol. II dell'Atlante storico di Bologna, a cura di F. Bocchi, Bologna 1995)
Noto anche come "Le Sette Chiese", è il sancta sanctorum di Bologna e riunisce diversi edifici
dedicati alla Passione di Gesù. Il nucleo originale fu edificato nel VIII sec. su un tempio pagano
dedicato ad Iside. È qui che sono custodite le spoglie di S. Petronio. Una piazza di rara bellezza, da
qualche anno tornata allo splendore originario, con la sua configurazione a cucchiaio e il selciato
romano, oltre al complesso di edifici risalenti a epoche diverse che le fanno da cornice. Qui sorge la
Basilica di Santo Stefano, o meglio la basilica delle Sette Chiese, volute nel V secolo dal vescovo
Petronio che si prefisse lo scopo di riprodurre i luoghi della passione di Cristo. L'attuale fisionomia
della basilica risale al 1930 (oggi sono visibili sono quattro delle sette chiese originarie). Piazza
Santo Stefano, situata nel centro di Bologna, è considerata una delle piazze più belle d'Italia:
percorrendola si ha l'impressione di ritornare magicamente indietro nel tempo, fino al Medioevo.
Sulla piazza sorge un edificio cui si deve gran parte di questa magia: la Basilica di Santo Stefano. Il
complesso, detto anche delle Sette Chiese, comprende edifici di diverse epoche collegati da
passaggi interni ed è attraversato da chiostri, cripte e cortili. Dopo una serie di lavori e rifacimenti,
la Basilica comprende oggi quattro chiese: la Chiesa del Crocifisso (quella con l'ingresso
principale), la Chiesa del Santo Sepolcro (dove sono conservati i resti di San Petronio), la Chiesa
della Trinità e quella dei Santi Vitale e Agricola (la prima ad essere eretta).
Il palazzo dei Notai
A destra del palazzo Comunale troviamo il palazzo dei Notai, nella cui facciata si può ancora
ammirare lo stemma della potente società medioevale. Splendide le bifore ed elegante la merlatura
che ne slancia la facciata.
A fianco del palazzo dei Notai ecco la quinta chiesa (per grandezza) del mondo. San Petronio, la
chiesa madre dedicata al patrono della città è tanto bella quanto grande. Davvero unico il portale
costato a Jacopo della Quercia ben dodici anni di lavoro, inserito in una facciata purtroppo
incompleta nonostante i quasi tre secoli di lavori. Lo scultore senese vi narra la storia del vecchio e
del nuovo testamento, un'opera che suscitò l'ammirazione entusiastica di Michelangelo. Il portale è
poi completato da trentadue figure di patriarchi e profeti scolpiti, oltre che da Jacopo da Domenico
da Varignana e Amico Aspertini. Ma grossi nomi e splendide opere si trovano anche nell'interno.
Da Giulio Romano al Parmigianino dal Vignola al Masaccio. In quello che è stato definito l'ultimo
monumento gotico europeo sono i numeri a dire la loro. Le tre navate interne, separate da dieci
pilastri alti quasi quaranta metri, si aprono su ventidue ricchissime cappelle per una lunghezza
vicina ai 135 metri. E' alta 51 metri e può contenere fino a 28 mila persone.
Il palazzo della Mercanzia si apre sull'omonima piazza, un tempo conosciuta come "il Carrobbio",
centro di tutte le strade della città. L'edificio, che risale al 1384, è celebre per il balcone sormontato
da un baldacchino in pietra d'Istria che sembra ricamato più che scolpito.