Adriano Amore Il Clarinetto in Italia nel primo Novecento (1900 - 1950) 2012 1 DELLO STESSO AUTORE: La Scuola Clarinettistica Italiana: Virtuosi e Didatti Frasso Telesino, a cura dell’autore, 2006 Il Clarinetto in Italia nell’Ottocento Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2009 Ernesto Cavallini: Il Paganini del Clarinetto Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2011 La Letteratura Italiana per Clarinetto Frasso Telesino, a cura dell’autore, 2011 © ADRIANO AMORE FRASSO TELESINO, 2012 WWW.ADRIANOAMORE.IT 2 INDICE GENERALE Premessa Abbreviazioni Archivi e Biblioteche 5 6 6 I - L’ORGANOLOGIA Invenzioni ed innovazioni Costruttori di clarinetti II - 9 16 LA DIDATTICA L’organizzazione didattica Nuove scuole Il reclutamento dei docenti Programmi e durata degli studi Metodi e studi La musica d’insieme I saggi di classe Didatti italiani all’estero Aspetti didattici La scelta dello strumento La scelta del becco Le ance La postura L’imboccatura L’attacco del suono e lo staccato Lo studio delle scale Chiave di Tenore o di Violino? Il vibrato Il “Bel suono” Il trasporto e la preparazione all’orchestra Appendice I (didatti e principali scuole) Appendice II (metodi per clarinetto) 22 22 24 27 29 30 32 36 36 37 37 38 38 40 40 40 41 41 41 44 46 3 III - IL CLARINETTO IN AMBITO ORCHESTRALE Il reclutamento Diritti e tutela degli orchestrali La duplicità degli incarichi Gli organici, i compositori e l’utilizzo L’intonazione Toscanini e i clarinettisti La diaspora degli orchestrali Appendice (primi esecutori dei principali assoli) IV - I CLARINETTISTI I concertisti Il repertorio solistico I clarinettisti nelle formazioni da camera I clarinettisti a 78 giri I clarinettisti eclettici I clarinettisti del Duce La musica sincopata e i primi clarinettisti jazz Giudizi e recensioni V- 4 47 47 50 51 54 54 57 60 62 64 65 68 70 71 73 74 LA LETTERATURA Aspetti e contesti La riproposta di musiche antiche La musica da ballo La letteratura solistica La letteratura cameristica Appendice (primi esecutori di brani solisti e da camera) 77 78 79 79 81 83 Bibliografia 84 Indice dei clarinettisti citati 88 PREMESSA Questo lavoro, estende alla prima metà del Novecento tutti gli argomenti trattati nel mio precedente Il Clarinetto in Italia nell’Ottocento (Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2009). Pur tuttavia, alcuni capitoli sono stati omessi e/o sostituiti da altri ben più corrispondenti alle mutate condizioni storico, sociali e musicali dell’epoca. Se da un lato, infatti, scompaiono i grandi virtuosi, tanti piccoli costruttori di clarinetti e le virtuosistiche fantasie operistiche, dall’altro vengono finalmente uniformati i programmi e le scuole di insegnamento. Agli orchestrali vengono legalmente riconosciuti diritti e doveri e la diffusione della musica jazz e l’invenzione del grammofono, infine, offrono nuove opportunità di lavoro e di diffusione della propria arte musicale. Il tutto, sotto l’occhio attento del Regime fascista che, nel favorire e incoraggiare tante nuove iniziative musicali, mirò in realtà a sottomettere al proprio controllo anche l’intero sistema musicale italiano. 5 ABBREVIAZIONI ca. cfr. cit. ed. idem op. p. post. s.d. s.e. s.l. vol. circa confronta citato, citata edizione / edizioni lo stesso, uguale opera pagina posteriore, successivo senza data senza edizione senza luogo volume SIGLE DI ARCHIVI E BIBLIOTECHE D-B Berlin (Germany), Staatsbibliothek zu Berlin Preußischer Kulturbesitz, Musikabteilung GB-Cu Cambridge (United Kingdom), University Library GB-Lbl London (United Kingdom), The British Library I-Baf Bologna (Italia), Biblioteca dell’Accademia Filarmonica I-BGi Bergamo (Italia), Biblioteca del Civico Istituto Musicale “G. Donizetti” I-CAcon Cagliari (Italia), Biblioteca del Conservatorio di Musica “P. da Palestrina” 6 I-CBcon Campobasso (Italia), Biblioteca del Conservatorio di Musica “L. Perosi” I-Fn Firenze (Italia), Biblioteca Nazionale Centrale I-FTamore Frasso Telesino (Italia), Archivio privato Adriano Amore I-Gl Genova (Italia), Biblioteca del Conservatorio di Musica “N. Paganini” I-Mc Milano (Italia), Biblioteca del Conservatorio di Musica “G. Verdi” I-MOl Modena (Italia), Biblioteca dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “O. Vecchi A. Tonelli” I-Nc Napoli (Italia), Biblioteca del Conservatorio di Musica “San Pietro a Majella” I-NOVi Novara (Italia), Biblioteca dell’Istituto Civico Musicale Brera I-PAc Parma (Italia), Biblioteca Nazionale Palatina I-PESc Pesaro (Italia), Biblioteca del Conservatorio di Musica “G. Rossini” I-PESr Pesaro (Italia), Fondazione Rossini, Biblioteca I-Rama Roma (Italia), Biblioteca Musicale dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia I-Rbgf Roma (Italia), Archivio della Banda della Guardia di Finanza 7 I-Rn Roma (Italia), Biblioteca Nazionale Centrale Vittorio Emanuele II I-Rsc Roma (Italia), Biblioteca Musicale Governativa del Conservatorio di Santa Cecilia I-Rvat Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana I-REim Reggio Emilia (Italia), Biblioteca Armando Gentilucci dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Achille Peri” I-Sac Siena (Italia), Biblioteca dell’Accademia Chigiana I-SASc Sassari (Italia), Biblioteca del Conservatorio di Musica “L. Canepa” I-Vnm Venezia (Italia), Biblioteca Nazionale Marciana US-CPpa College Park (U.S.A.), University of Maryland, The Michelle Smith Performing Arts Library US-Wc Washington (U.S.A.), Library of Congress, Music Division 8 I L’ORGANOLOGIA INVENZIONI ED INNOVAZIONI Analogamente a quanto era successo per tutto l’Ottocento, anche nella prima metà del Novecento furono inventati diversi congegni atti a migliorare la tecnica del clarinetto e i sistemi brevettati in precedenza da Müller, Böhm, Albert e Barret. In modo particolare, interessanti risultarono le innovazioni introdotte da Giampieri, Micozzi e Pupeschi. I molteplici brevetti di quest’ultimo, però, se da un lato contribuivano notevolmente a sviluppare e a facilitare la meccanica, dall’altro non sempre producevano suoni perfettamente intonati. Le ance in plastica brevettate dal Maccaferri e l’ottimo «Clarinetto a tasto diatonio» di Dall’Argine-Barlassina, invece, non furono neppure presi in considerazione dai clarinettisti italiani. Nel caso del «Clarinetto a tasto diatonico», le motivazioni vanno ricercate nel fatto che esso prevedeva una digitazione completamente diversa dai sistemi Müller e Böhm utilizzati all’epoca. Diverse sono infine le innovazioni e i brevetti “camuffati”, copie o varianti di altri già in uso o brevettati in precedenza in Italia e/o all’estero. Di seguito, in ordine cronologico, sono illustrate le principali invenzioni. Sistema Zavaldi Allievo di Romeo Orsi, Giovanni Zavaldi suonò come 1° clarinetto per il ballo nell’orchestra del Teatro alla Scala di Milano (1894-1898ca.) e insegnò clarinetto e poi teoria e solfeggio alla Civica Scuola Musicale di Milano (1900-1936). Nel 1904, la ditta Orsi mise in commercio un clarinetto da lui riformato, denominato «Sistema Zavaldi», che permetteva all’esecutore di passare in poco tempo dalle deficienze del clarinetto tipo ministeriale ai vantaggi del sistema Böhm. Come ci ricorda il Pace, «questo clarinetto dava il do 9 diesis acuto con tutti i fori aperti, il mi bemolle in quarto spazio con la posizione alternata formata dal sollevamento dell’anulare destro tenendo abbassati il mignolo, il medio e l’indice, e aveva il foro per il sol in secondo rigo nella parte anteriore dello strumento invece che in quella posteriore per permettere alla saliva di scorrere fino alla campana, senza incontrare altre vie d’uscite».1 Sistema Paladino Nel 1912, il clarinettista napoletano Federico Paladino ottenne la privativa per 6 anni per un clarinetto da lui riformato. Di questo sistema, che non ebbe evidentemente alcuna diffusione, non conosciamo però le caratteristiche. «Sordina al Clarino» Nel 1914, il compositore e direttore d’orchestra napoletano Beniamino Domenico Fonte brevettò la «Sordina al clarino». L’idea non era nuova. Conosciuta e utilizzata sin dal primo Ottocento,2 l’applicazione di una sordina al clarinetto era stata già utilizzata, tra gli altri, da Hector Berlioz e in Italia da Pietro Mascagni, all’inizio del III atto dell’Opera Iris (1898). Consisteva in una sorta di copertura a sacco di cuoio o di cartone «entro la quale si colloca l’istrumento, e che ha due fori laterali per far passare le mani. Ne risulta un suono più scuro, piuttosto bello».3 Brevetto Mazzeri Nel 1918, l’italiano Giovanni C. Mazzeri, brevettò negli U.S.A. la «Reed-Protecting Device» Si trattava di alcuni dispositivi che applicati alle ance tradizionali favorivano una migliore protezione e un più omogeneo assorbimento della saliva. TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti: Storia, fisica, letteratura, Firenze, Casa Editrice Carlo Cya, 1943, p. 56. 2 Nel 1826, il Lichtenthal scriveva che come sordina «negli oboe e clarinetti si usa di mettere nell’apertura inferiore un po’ di bambagia o spugna inumidita». PIETRO LICHTENTHAL, Dizionario e bibliografia della musica, Milano, Fontana, 1826, vol. II, p. 211. 3 ALFREDO CASELLA - VIRGILIO MORTARI, La Tecnica dell’orchestra contemporanea, 2a edizione riveduta, Milano, Ricordi, 1950, p. 43. 1 10 Congegni automatici Giampieri Alamiro Giampieri, fra il 1928 e il 1929, ideò due «congegni automatici» che contribuirono a perfezionare la meccanica del clarinetto, senza pregiudicarne l’usuale digitazione: «Il primo congegno è applicabile al Clarinetto sistema Boehm e permette l’emissione del Mib-Sib a forchetta mediante un procedimento automatico semplicissimo che elimina il plateaux, la piccola chiavetta laterale, ed ogni sorta di bilanciere. Elimina pure il foro per la doppia chiave di DoD-SolD il cui suono si ottiene mediante altro procedimento automatico. Riduce così la circolazione e la possibile perdita dell’aria e dà perfetta intonazione, prontezza e chiarezza al Sib a forchetta e relativo Mib fondamentale pur’esso a forchetta. Il secondo congegno è applicabile ad ogni Clarinetto di qualsiasi sistema e permette l’emissione di un perfetto Sib in terza linea. Mercè l’applicazione di questo congegno, il Sib in terza linea si produce per mezzo di un nuovo foro indipendente da quello del portavoce e risulta chiaro, voluminoso, intonato e invariabile di timbro al pari di ogni altra nota, conferendo così omogeneità ed uguaglianza di suono a tutta la scala del Clarinetto. Questi congegni sono stati acquistati e brevettati dalla Ditta Rampone e C. di Milano (1930)».4 Sistema Quaranta Clarinettista al Teatro alla Scala di Milano (1898-1907ca.), nel 1929, Romolo Quaranta fece mettere in commercio dalla ditta Rampone un clarinetto, denominato «sistema Quaranta», che riportava alcune innovazioni nella meccanica simili a quelle brevettate dal fiorentino Pupo Pupeschi. In modo particolare, questo sistema facilitava il passaggio Do2/Mi2 sul clarinetto sistema Müller. Sistema Ciciotti Nel 1931, Andrea Ciciotti ottrnne negli U.S.A. il brevetto per un nuovo clarinetto nel quale erano apportate diverse modifiche nella disposizione delle chiavi che favorivano una migliore apertura e intonazione. MARCO VINICIO RECUPITO, Artisti e Musicisti moderni, Milano, La Fiamma Editrice, 1933, p. 127. 4 11 Clarinetto con i «congegni automatici» ideati dal Giampieri. 12 Brevetti Pupeschi Dopo il successo ottenuto dal suo clarinetto «sistema Pupeschi» (1892) - assai apprezzato a fine Ottocento in Italia dal clarinettista Aurelio Magnani e negli U.S.A. dalla ditta C.G. Conn - il fiorentino Pupo Pupeschi continuò anche nei primi decenni del ‘900 le sue sperimentazioni sulla meccanica del clarinetto. Tra l’altro, nel 1907 brevettò «Nuovi meccanismi applicati al Clarinetto», nel 1908 un nuovo «Clarinetto perfezionato» e nel 1932 un «Clarinetto Boehm Perfezionatissimo Tipo Conservatorio». Quest’ultimo, pur facilitando l’esecuzione di alcuni trilli e tremoli, a giudizio del Pace, presentava almeno due inconvenienti: «Nella digitazione l’inconveniente era rappresentato dalla necessità di abituarsi a fare tutti i trilli dei mignoli in modo opposto alle nostre abitudini […]. La chiusura poi non era mai sicura […]. Per queste ragioni l’innovazione non si è diffusa».5 Completamente ignorati in Italia, i suoi molteplici brevetti furono poi venduti a importanti costruttori esteri, come Mahillon, C. G. Conn, Hawkes & Son e Vinzent Kohlert & Söhne. «Clarinetto a tasto diatonico» di Dall’Argine-Barlassina Giuseppe Barlassina di Milano, nel 1933, otteneva la privativa per 6 anni per la costruzione e commercializzazione del «Clarinetto a Tasto diatonico», inventato nel 1888 dal parmense Priamo Dall’Argine. Nella richiesta di rilascio della suddetta privativa, presentata il 27 marzo 1932, lo stesso Barlassina ne illustrava le caratteristiche: «Clarinetto a tasto diatonico, caratterizzato dal fatto che un certo numero di chiavi, a comando libero, mentre è provvisto di leve o similari, che, quando dette chiavi vengono chiuse, provocano la chiusura di chiavi laterali corrispondenti, è, d’altra parte, disposto in modo da muovere, sempre all’atto della chiusura, degli organi intermedi, i quali producono la chiusura di altre chiavi secondarie, quando venga compreso un tasto apposito; detto tasto essendo chiamato diatonico, perché vale a rendere naturali tutte le note ottenute col passaggio da un tasto all’altro e che se non si ponga in azione il tasto diatonico stesso, sono delle note diesis o bemolle». Secondo il Pace, «il clarinetto Dall’Argine-Barlassina, pur 5 TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 60. 13 riconoscendogli i molti pregi di sonorità, intonazione, omogeneità, comodità, non fu incoraggiato e diffuso per la complicazione del suo meccanismo».6 Brevetti Maccaferri Dopo aver osservato un clarinettista “aprire” la sua ancia deformata dall’umidità, nel 1934 il Maccaferri brevettò un’ancia tagliata diagonalmente, che preveniva le deformazioni avendo un egual numero di pori aperti su ogni lato, dando così vita alle ance iso-vibrant. Assieme a questa linea, nel 1941 brevettò un’ancia impregnata di plastica che resisteva all’umidità. Ciò portò ad uno dei suoi più grandi successi: l’ancia in plastica. Commercializzate con i marchi French American Reeds e Maccaferri Reeds, le sue ance furono particolarmente popolari negli anni ‘40-50 e usate principalmente dai più grandi clarinettisti jazz statunitensi (Benny Goodman, Jimmy Dorsey, Woody Herman ed altri ancora). Egli progettò, inoltre, anche una linea di imboccature per clarinetto in nylon, un ingegnoso Reed-o-meter che misurava la resistenza dell’ancia e sviluppò parecchi miglioramenti nei macchinari per la costruzione delle ance.7 Sistema De Marco Brevettato da Gennaro De Marco nel 1938 negli U.S.A., tra l’altro, prevedeva un complesso meccanismo di chiavi applicate al pezzo superiore che facilitavano l’esecuzione del Sol diesis, in seconda linea, nei passaggi tecnici veloci. Brevetto Micozzi Primo clarinetto nelle principali orchestre romane e poi professore nei conservatori di Palermo e Napoli, nel 1939, Antonio Micozzi brevettò la «leva ausiliaria del portavoce», da lui denominata «chiave M. 13», che permetteva di ottenere nel registro acuto suoni stabili, intonati e omogenei. Secondo il Pace «Gli armonici o rapporti di dodicesime ottenuti con la leva M. 13, hanno suono stabile ed intonato, timbro voluminoso ed omogeneo, e 6 7 Idem, p. 66. Cfr. «American Luthiere», 1985, n° 2, p. 32-37. 14 possono essere prodotti pianissimo anche nel registro marginale, ciò che costituisce un apporto notevolissimo alla tecnica del clarinetto».8 Ance autarchiche Zeffirino Bartolomasi e C. di Cavezzo (Modena), intorno al 1942, inventarono un tipo di ance per clarinetto a base di resina sintetica, denominate «Ance autarchiche».9 Brevetto Incampo Nel 1946, Giuseppe Incampo brevetta negli U.S.A. il «Water absorber», un congegno a spugna che applicato nella campana serviva ad assorbire e ad evitare la fuoriuscita della saliva. 8 9 TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 63. Idem, p. 110.. 15 COSTRUTTORI DI CLARINETTI Per gran parte dell’Ottocento, le elevate tariffe doganali sull’importazione dall’estero e gli incentivi previsti dai vari Istituti «d’incoraggiamento», avevano favorito in molte città la presenza di fabbricanti di clarinetti. Dall’Unità d’Italia (1861) in poi, la crescente concorrenza straniera determinò la progressiva scomparsa di molti piccoli costruttori;10 altri, pur continuando ad essere presenti sul mercato per tutto il primo Novecento, in realtà, si limitarono a rivendere strumenti costruiti altrove, soprattutto dalle milanesi Rampone e Orsi, marchiandoli a proprio nome. Solo per pochi anni, invece, riuscirono ad operare alcune fabbriche nate in questo periodo, schiacciate poi dalle grandi industrie milanesi e dalla progressiva e inarrestabile diffusione in Italia dei clarinetti di manifattura francese, Buffet11 e Selmer12 in modo particolare. Accanto ai clarinetti sistema Böhm, utilizzati da quasi tutti gli orchestrali e didatti, rilevante risulta ancora la produzione di clarinetti con sistema Müller, destinati al sempre fiorente mondo bandistico e in uso ben oltre gli anni ‘50. Breve e limitata risulta invece la diffusione dei clarinetti costruiti con i sistemi brevettati in Italia in questo periodo (Zavaldi, Pupeschi, Quaranta, Giampieri, ecc.). Dai sistemi produttivi, scompare del tutto il corno di bassetto, sostituito dal clarinetto contralto,13 mentre aumenta la produzione Nel 1877, Michele Ruta amaramente constatava che «per la fabbricazione di strumenti musicali, abbiamo valorosi artefici, ma non potendo essi reggere alla concorrenza estera, preferiscono, scoraggiati, di fare i mercanti; e nelle loro fabbriche, in luogo delle manifatture nazionali, troviamo depositi di fabbriche forestieri […] coll’andar del tempo, continuando su questa via, si perderà del tutto l’arte di costruire gl’istrumenti musicali». MICHELE RUTA, Storia Critica delle Condizioni della Musica in Italia e del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, Napoli, Detken e Rocholl, 1877, pp. 9-10. 11 Tra i clarinettisti italiani che utilizzarono i clarinetti della Buffet, ricordiamo: Angelo e Alberto Chiaffarelli, Paolo Del Pistoia, Fernando Gambacurta, Antonio Giammateo, Aurelio Magnani e Gabriele Tosé. 12 Tra gli altri, usarono i clarinetti della Selmer: Antonio Decimo, Michele Fusco, Giuseppe Norrito, Antonio Sarli e Rocco Zottarelle, tutti attivi negli U.S.A. nella prima metà del ‘900. 13 «Presso i compositori moderni questo istrumento non ha avuto fortuna. Gli esempi di 10 16 dei clarinetti di taglia bassa, in modo particolare del clarinetto basso, ormai utilizzato da tutti i compositori dell’epoca. Di seguito, sono elencati in ordine alfabetico i principali costruttori di clarinetti e suoi accessori attivi nella prima metà del ‘900. Per ogni costruttore, sono riportate notizie sulla vita, sul periodo di attività e sulla tipologia di strumenti da essi fabbricati. BARLASSINA, Giuseppe (Limbiate, Monza, 1866 - Milano, 1936). Dal 1890 fu attivo a Milano come costruttore di «flauti alla Böhm modificati, di oboi, di clarini a nuovo sistema assai encomiabili».14 Nel 1935, diede inizio alla costruzione del «Clarinetto a tasto diatonico», ideato nel 1888 da Priamo dall’Argine. Nonostante i lusinghieri giudizi espressi dal Gabucci e dal Pace, la produzione di questo nuovo clarinetto fu un autentico flop economico per la ditta, tanto da portare il titolare Giuseppe al suicidio (1936). MACCAFERRI, Mario (Cento, Ferrara, 1900 - New York, U.S.A., 1993). Celebre chitarrista e liutaio, agli inizi degli anni ‘30 collaborò con la ditta Selmer di Parigi alla costruzione di sue chitarre. In seguito, prima a Parigi e dal 1939 a New York, negli U.S.A., diede vita ai marchi «French American Reeds» e «Maccaferri reeds» con i quali fabbricò e commercializzò le ance iso-vibrant e in plastica, da lui brevettate e assai apprezzate dai clarinettisti americani Benny Goodman, Jimmy Dorsey e Woody Herman. MAINO e ORSI Fondata a Milano nel 1881, da Paolo Maino e Romeo Orsi, rimase in attività fino al 1918. Questa fabbrica si distinse impiego del corno di bassetto pare che siano sempre limitati a qualche opera di Mozart, Beethoven e pochi altri minori, e oggi per eseguire quelle opere il corno di bassetto, che è assai difficile da trovare, viene, di solito, sostituito dal clarinetto contralto in mi bem.». ALFREDO CASELLA - VIRGILIO MORTARI, La Tecnica dell’orchestra contemporanea, op. cit., p. 47. 14 GAETANO F. FOSCHINI, La Musica all’Esposizione Generale Italiana di Torino 1898, in «Rivista Musicale Italiana», 1898, p. 835. 17 inizialmente nella costruzione del clarinetto a doppia tonalità, inventato da Romeo Orsi. Nei primi decenni del Novecento, oltre ai tradizionali clarinetti con sistema Müller e Böhm, fabbricò anche clarinetti con sistema Albert per il mercato americano, poi marchiati e rivenduti dalla ditta «Prof. Vincenzo Spadea - New York». ORSI, Romeo (Como, 1843 - Milano, 1918). Il successo commerciale ottenuto con i suoi clarinetti a doppia tonalità, realizzati in collaborazione con Paolo Maino, lo portò ad associarsi nel 1881 a quest’ultimo e a dar vita al marchio «Maino e Orsi», in attività fino al 1918. Dopo la sua morte, dal 1918 l’attività fu proseguita dal figlio Lorenzo (1899-1957), che trasformò il marchio in «Prof. Romeo Orsi». Oltre al clarinetto a doppia tonalità e a vari strumenti costruiti su commissione dei maggiori operisti italiani della sua epoca (Verdi, Puccini, Mascagni), nel 1904 realizzò il clarinetto «sistema Zavaldi» e nel 1915 ottenne la privativa per 3 anni per ulteriori «Perfezionamenti nei clarinetti». Tutta la sua produzione del primo ‘900 risulta di eccellente fattura e fu assai apprezzata dai clarinettisti italiani, in modo particolare da Luigi Amodio, che amava eseguire i quintetti con archi di Mozart e Brahms con un suo clarinetto in La. PUPESCHI, Pupo (Marti, Pisa, 1859 - Firenze, 1932). Attivo a Firenze dal 1885, dopo la sua morte (1932), l’attività fu proseguita fino al 1957 dal figlio Aldo con i marchi «cav. P. PUPESCHI e figlio» e F.I.S.M. (Fabbrica Italiana Strumenti Musicali). Se marginale risultò la sua produzione di clarinetti con sistema Müller e Böhm, degna di attenzione fu invece l’ampia gamma di clarinetti fabbricati con le sue molteplici innovazioni brevettate a partire dal 1892. In esse, però, si mostrò più attento alle caratteristiche meccaniche dello strumento che non a quelle acustiche, tanto che alla distanza furono tutte dimenticate, proprio perché se da un lato facilitavano alcuni passaggi veloci fra posizioni, creavano in compenso vari problemi d’intonazione o di sonorità. RAMPONE (& CAZZANI), Ditta Fondata nel 1866 da Agostino Rampone, nel 1920 si fuse con la ditta Cazzani dando vita al marchio «Rampone e Cazzani», tuttora 18 in attività. Agli inizi del ‘900, la ditta «Agostino Rampone» era in grado di produrre circa 150 modelli di clarinetti, con diversi gradi di finitura e con numerosissime opzioni sul numero e raddoppi di chiavi, sull’estensione e sui materiali: dal sistema Müller al Böhm o mezzo Böhm, dal sistema Leonesi (1901) al sistema Quaranta (1929), dal sistema Barret fino a quelli che prevedevano i «Congegni automatici» ideati dal Giampieri (1930). I suoi strumenti, «garantiti per la loro solidità, finezza di lavoro, precisione di meccanica, bontà di voce ed intonazione perfettissima», furono usati, tra gli altri, da Luigi Amodio, Alamiro Giampieri ed Ulderico Perilli che, durante la sua permanenza al Teatro alla Scala (1906-1913ca.), ne fu anche collaudatore.15 RICO, (Joseph) Giuseppe (Castel San Vincenzo, Isernia, 1876 Vance, Francia, 1957). Dopo gli studi di Teologia e Musica al Seminario di Cassino (Frosinone), emigrò a New York, dove suonò con una piccola formazione orchestrale, interamente costituita da musicisti italiani. Nel 1899 si trasferì in Francia, dove si affermò come uno dei più raffinati compositori di valzer lenti. Da qui, a partire dal 1926, iniziò a inviare alcune ance per clarinetto, provenienti dalla Regione del Var, al nipote Frank De Michele, all’epoca attivo a Los Angeles come clarinettista negli Studi della Walt Disney. Il successo ottenuto dalla vendita di queste ance, spinse il De Michele a dar vita nel 1928 a una propria manifattura d’ance alla quale Joseph Rico diede il suo nome. Nel 2004, La fabbrica fu rilevata dalla D’Addario & Company. 16 Tra gli altri costruttori di clarinetti, infine, ricordiamo: Alfredo Abbate (Napoli, 1907ca.-1913ca.);17 Carlo Alberi (Milano, 18611930); Dario Aloy (Roma, 1930ca.); Luigi Alziati (Milano, 19201959); Guido Bardelli (Trieste, 1930-1960ca.); Tito Belati PETER H. ADAMS, Antique Woodwinds Instruments. An Identification and Price Guide, Atglen, Schiffer Pubblishing Ltd, 2005, p. 106. 16 Fonte: http://www.josephricomusic.com (collegamento del 2 novembre 2009); Rico, Farminglade, D’Addario & Company Inc., 2006, p. 5. 17 In parentesi tonda, sono riportati i luoghi e i periodi approssimativi di inizio e fine attività. 15 19 (Perugia, fine XIX sec.-1941ca.); Gastone Bini (Pisa, 1922-1950); Massimo Boario (Torino, 1920-1950); Orfeo Borgani (Macerata, dal 1920 in poi); fratelli A. M. Bottali (Milano, 1906-1930); fratelli Cairati (Genova, 1920-1932ca.); F. Ceruti (Napoli, 1900ca1960ca.); fratelli Cigna (Biella, 1910-1932); Paolo Del Pistoia (Milano, 1950-1957); Leonildo Desidera (Mantova-NovaraVerona, 1930-1965); Pietro Donnini (Milano, 1881-1919); Otello Faccini (Terni, 1907-1932); F.I.M. (Castelnuovo Scrivia, 1926ca. 1932); F.I.S.M. [già ditta P. Pupeschi e F.] (Firenze, 1936-1956); Alfredo Gardelli (Bari, 1880-1936ca.); Ippolito Gerini (Firenze, 1910-1916ca.); Ditta Adolfo Lapini (Firenze, 1875-1929); La Prealpina (Quarna, 1915-1920ca.); Alessandro Maldura (18711920); Luigi Massara (Ivrea, 1888-1931); Giuseppe Molteni (Varese, primo ‘900); Antonio Monzino (Milano, 1872-1926); Marcello Morutto (Torino, 1902-1939ca.); Giacomo Olivieri (Novara, 1907-1931ca.); Ercole Paleari (Milano, 1895-1929); Silvio Parisi (Torino, 1907-1947ca.); Umberto Pizzi (Bologna, 1929ca.); Gino Procacci (Firenze, 1932-1950); Eugenio Procaccini (Roma, 1925ca.); Riboni e Benicchio (Milano, 1915-1955); Vittorio Roncolato (Trento, 1940ca.); Paolo Rondoni (Verona, 1900-1914ca.); Gustavo Rosselli (Larderello, Pisa, fino al 1936); S.A.I.M. (Castelnuovo Scrivia, 1922-1934); Annibale Saccani (Milano, 1912-1919); Camillo Sambruna (Milano, 1882-1923); Saporetti e Cappelli (Firenze, dal 1904); Edoardo Sioli (Milano, 1904-1922); Stabilimenti Musicali Riuniti [già Bottali-Roth-Pelitti] (Milano, 1920); Giuseppe Thaon (Torino, 1899-1933ca.); Trimarco (Salerno, prima metà XX sec.); Gioboario Zaccagni (Torino, inizio ‘900); Comingio Zinzi (Roma, 1925-1931ca.). 20 Pubblicità del 1907. 21 II LA DIDATTICA L’ORGANIZZAZIONE DIDATTICA Nuove Scuole Accanto agli Istituti e ai Conservatori di Musica già operanti nell’Ottocento (Bologna, Firenze, Lucca, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Venezia), nella prima metà del Novecento furono aperti nuovi Istituti e Licei (poi denominati Conservatori) che contribuirono notevolmente ad ampliare la cultura musicale italiana. Accanto a queste istituzioni “ufficiali”, anche nei piccoli centri furono create nuove scuole popolari di musica, spesso istituite all’interno di ospizi e orfanotrofi, che prevedevano anche l’insegnamento del clarinetto. Queste furono notevolmente incoraggiate e ampliate durante il Ventennio fascista tanto che anche nei più piccoli e sperduti centri della penisola furono attive bande musicali di giovani balilla o dell’O. N. D. (Opera Nazionale Dopolavoro), con relativo maestro di musica. Il reclutamento dei docenti Se per gran parte dell’Ottocento i docenti venivano assunti “per chiara fama” e reclutati tra le prime parti delle orchestre o bande cittadine, nella prima metà del Novecento, secondo le normative vigenti, gli stessi accedevano all’insegnamento dopo aver superato i relativi concorsi per titoli ed esami banditi periodicamente dai singoli Conservatori. Pur tuttavia, pochissimi furono i concorsi effettivamente banditi, nei quali, quasi sempre, ci si limitava alla sola valutazione dei titoli artistici e didattici.18 Moltissime invece furono 18 «La Commissione giudicatrice del concorso, ove stimi necessario l’esame sottoporrà i 22 gli incarichi di supplenza, poi trasformati in incarichi a tempo indeterminato, o le nomine in ruolo ope legis disposte senza concorso durante il regime fascista: «La legge fondamentale sull’istruzione artistica del 1912, all’art. 7 prevede, come provvedimento eccezionale, la nomina senza concorso […] a persone che “saranno venute in meritata fama di singolare perizia nelle materie che dovrebbero insegnare”. Con l’art. 5 ultimo comma del R. D. L. 2-12-1935, n. 208, il Ministro De Vecchi avocò a sé questa prerogativa […]. Senonchè quanto era previsto in via eccezionale, a partire dal 1935 e particolarmente nel periodo 19381943, divenne invece procedura normale. Si ha così una vera ondata di nomine senza concorso19 [oltre 235] per sistemare le persone del Ministro, del Direttore Generale delle Arti, dei vari Gerarchi».20 Al primo e vero concorso a cattedre, bandito con Decreto del 24 giugno 1935, per l’eccessiva difficoltà delle prove previste, pochissimi furono i candidati che vi presero parte. Per il clarinetto, erano previste ben sei prove: «1) – Eseguire col clarinetto sistema Böhm: a) il concerto di W. A. Mozart (Op. 107) per clarinetto in La e pianoforte; b) il secondo concerto di C. M. Weber (Op. 74) per clarinetto e pianoforte; c) un concerto moderno o una composizione moderna da concerto, estratto a sorte fra cinque presentati dal candidato; d) due studi estratti a sorte fra i seguenti: A. Magnani: “Dieci studi-Capricci” nn. 1, 3 e 8; R. Stark: Op. 51 “Ventiquattro studi di virtuosità” nn. 15, 19 e 24; P. Jeanjean: “Sedici studi moderni” nn. 1, 7 e 12; A. D’Elia: “Dodici grandi studi per il virtuosismo tecnico” nn. 2, 9 e 11. 2) – Interpretare, previo studio di tre ore (compresa mezz’ora di prova col pianista), una composizione di media difficoltà per clarinetto e pianoforte, assegnata dalla Commissione. 3) – a) Esporre i propri criteri candidati alle seguenti prove […]”. L’inclusione di questo comma nei bandi di concorso, quasi sempre legalizzava e riduceva la valutazione ai soli titoli artistici e didattici. Cfr., Concorso ad un posto di professore di clarinetto nel Regio conservatorio di musica «V. Bellini» di Palermo, in «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», 9 settembre 1929, Parte Prima, p. 4115. 19 Tra i clarinettisti immessi in ruolo senza concorso, ricordiamo Francesco Pitzianti al Conservatorio di Parma (1939), Agostino Gabucci al Liceo Musicale di Cagliari (1941) e Fernando Gambacurta al Conservatorio G.I.L. di Roma (1941), poi assorbito dal S. Cecilia. 20 Le malefatte del fascismo nel campo musicale, in «Rivista Musicale Italiana», 1946, fascicolo I, pp. 70-71. 23 didattici; b) Dar lezione ad un allievo, designato dalla Commissione. La lezione si svolgerà su una breve composizione e uno studio scelti dalla Commissione e consegnati all’allievo mezz’ora prima. 4) – a) Fare l’analisi, formale ed armonica, del 1° tempo di una sonata classica, o di una composizione d’insieme per strumenti a fiato, assegnata due ore prima; b) Concertare, partecipando alla esecuzione, il 1° tempo di una composizione d’insieme per strumenti a fiato, assegnata 24 ore prima. 5) – a) Leggere a prima vista un brano di musica moderna di media difficoltà e trasportare un altro non oltre un tono sopra e sotto; b) Eseguire alcuni fra i più importanti “a solo” del repertorio lirico e sinfonico, scelti dalla Commissione. 6) – Dar prova di conoscere la storia e la letteratura del clarinetto, le più importanti opere didattiche, e la costruzione e il funzionamento tecnico del clarinetto e del clarinetto basso». La partecipazione ai suddetti concorsi, ovviamente, era riservata ai soli candidati in possesso del «Certificato d’iscrizione al Partito Nazionale Fascista».21 Il reclutamento nelle scuole di musica comunali o bandistiche, invece, avveniva come nell’Ottocento, preferendo reclutare quasi sempre dei polistrumentisti in grado di assicurare l’insegnamento del maggior numero possibile di strumenti a fiato. Programmi e durata degli studi Normalmente, nei Conservatori e Licei Musicali, la durata degli studi oscillava tra i 5 e i 6 anni, mentre nelle scuole di musica comunali e bandistiche era ridotta a 2-3 anni. Come dalla metà dell’800, gran parte dei Conservatori e Licei adottavano propri programmi di studio, mentre per gli esami finali si attenevano alle disposizioni previste dal Regio Decreto n° 108 del 2 marzo 1899.22 Cfr., Concorso al posto di insegnante di clarinetto nel Regio conservatorio di musica di Milano, in «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», 26 agosto 1935, Parte Prima, p. 4235. 22 Questo prevedeva ben sei prove: 1) Esecuzione di un pezzo da concerto a scelta del candidato; 2) Esecuzione di uno studio di perfezionamento estratto a sorte fra 6 preparati dal candidato; 3) Esecuzione di un pezzo d’insieme scelto dalla commissione esaminatrice 24 ore prima dell’esame; 4) Interpretazione di un pezzo di media difficoltà assegnato dalla commissione, previo studio di 3 ore a porte chiuse; 5) Lettura a prima vista e trasporto; 6) Interrogazioni sul metodo d’insegnamento, sulla storia, tecnica e costruzione del clarinetto. «Dimostrare la conoscenza teorica e pratica degli strumenti congeneri e dar prova di 21 24 Con il D.L. del 5 maggio 1918, pur lasciando a ciascun istituto la facoltà di compilare propri programmi di studio, vengono istituiti, tra l’altro, nuovi corsi per le esercitazioni d’insieme per strumenti a fiato e d’orchestra. Quest’ultima, doveva essere composta dai professori e dagli alunni dell’istituto ritenuti idonei dal direttore che ne curava anche la direzione. Con il R.D. n° 1945 dell’11 dicembre 1930, furono nuovamente uniformati a livello nazionale i programmi degli esami23 e la durata degli studi, fissata in 7 anni per il Clarinetto, di cui 5 per il Corso inferiore e 2 per il Corso superiore. Ancora una volta, però, le disposizioni ministeriali riguardavano solo i programmi degli esami intermedi e finali e non contenevano indicazioni sul percorso didattico e sui relativi programmi di studio. Fonte di un malumore diffuso, questi programmi furono poi ulteriormente esasperati da una serie di direttive del regime fascista miranti a sottomettere alle rigide regole di autarchia nazionale anche il percorso formativo dei musicisti: «Con decreto dell’1 novembre 1941 fu istituita una commissione per “l’Autarchia musicale”, incaricata di valutare e rivedere i metodi di studio in vista di una riforma radicale dell’istruzione musicale italiana».24 Per la conoscere le opere dei migliori compositori ed autori didattici». 23 Per il compimento del corso inferiore, erano previste: 1) Esecuzione di un pezzo da concerto con accompagnamento di pianoforte. 2) Esecuzione di due studi estratti a sorte fra i seguenti: Cavallini: 30 Capricci (ed. Ricordi) n. 3, op. 1; n. 4, op.2; n. 4 op. 3; n.3, op. 4; n. 2, op.5; Baermann: 12 esercizi op. 30 (ed. Costellat), nn. 3 e 6; R. Stark: 24 Studi op. 49 (ed. Schmid), nn. 2, 3, 6, 9 e 23. 3) Esecuzione di un pezzo di media difficoltà assegnato dalla commissione tre ore prima dell’esame preparato dal candidato in apposita stanza. 4) Lettura a prima vista di un brano di media difficoltà e trasporto di un facile brano per clarinetto in La e in Do. Per la prova di cultura, bisognava poi «dar prova di saper suonare il clarinetto basso e di conoscere la costruzione dello strumento». Per gli esami di diploma, invece, erano previste: 1) Esecuzione del Concerto n. 2 di Weber per clarinetto e pianoforte e di un pezzo da concerto a scelta del candidato. 2) Esecuzione di due Studi estratti a sorte fra sei presentati dal candidato e scelti fra i seguenti: Stark: 24 Grandi Studi op. 51 (ed. Schmid), nn. 3, 4, 9, 12, 15 e 20; Magnani: 10 Studi-Capriccio di grande difficoltà (ed. Evette e Schaeffer), nn. 3, 8 e 10; Marasco: 10 Studi (ed. Ricordi), nn. 2, 4 e 6. 3) Esecuzione di un importante brano assegnato dalla commissione tre ore prima dell’esame e preparato dal candidato in apposita stanza. 4) Lettura estemporanea di un importante brano e trasporto non oltre un tono sotto o sopra di un brano di media difficoltà. Per la prova di cultura, infine, era prevista l’esecuzione e concertazione di un brano di musica d’insieme per strumenti a fiato, assegnato 24 ore prima dell’esame e, per la storia del clarinetto, bisognava «dar prova di conoscere la più importante letteratura e i metodi didattici più noti». 24 GUIDO SALVETTI (a cura), Milano e il suo Conservatorio, 1808-2002, Milano, Skira, 25 sottocommissione di clarinetto furono nominati Agostino Gabucci, Carlo Luberti e Temistocle Pace. Successivamente, con «circolare del 18 novembre 1942, il ministro Bottai sollecitava i direttori dei conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati a prendere visione, insieme ai docenti delle varie discipline, degli elenchi di testi stilati dalle varie sottocommissioni allo scopo di apportare eventuali modifiche o aggiunte».25 La proposta elaborata dal Conservatorio di Musica di Milano, per ovvi motivi, includeva molte pubblicazioni didattiche scritte o revisionate da Alamiro Giampieri, all’epoca unico professore di clarinetto del medesimo istituto, e comprendeva solo autori e pubblicazioni italiane, così come previsto dallo spirito autarchico fascista. Nello specifico, questa prevedeva, «Dall’impianto a tutto il corso normale», il Metodo progressivo in due parti, la Raccolta di esercizi e studi, i 16 Studi giornalieri di perfezionamento, i 6 Capricci e i 12 Studi moderni di Alamiro Giampieri (tutti editi dalle edizioni Ricordi); i 50 piccoli studi progressivi per lo stile e la tecnica dal “Breve metodo” (ed. Carisch), i 20 Studi medi (ed. Ricordi) e i 50 Duetti di celebri autori italiani (ed. Carisch) di Agostino Gabucci; i 12 Capricci e i 22 Studi progressivi di Giovanni Battista Gambaro, i 21 Capricci di Vincenzo Gambaro e i 30 Capricci di Ernesto Cavallini, tutti pubblicati dalla Ricordi con revisione del Giampieri, e i 10 Capricci di Aurelio Magnani (ed. Carisch). Per il «Corso superiore», invece, prevedeva i 10 Studi di perfezionamento di Giuseppe Marasco (ed. Ricordi), i 12 Studi brillanti e i 28 Grandi Studi di Agostino Gabucci (editi dalla Carisch); i 10 Duetti (III parte del Metodo) e i 12 Studi tratti dal Metodo di Gaetano Labanchi, revisionati da Antonio Micozzi (in corso di stampa per le edizioni Curci); i 12 Grandi Studi di Giuseppe D’Elia (ed. Ricordi); i Duetti di Ernesto Cavallini (ed. Ricordi); gli Studi d’orchestra in due volumi di Alamiro Giampieri (ed. Ricordi); i 14 Studi descrittivi (ed. Ricordi) e “Ancie battenti”, Storia, acustica e letteratura degli strumenti ad ancia semplice (in stampa per le ed. Cya di Firenze) di Temistocle Pace. Il rapido precipitare verso la catastrofe bellica della Seconda 2003, p. 183. 25 Ibidem. 26 Guerra Mondiale, non permise poi l’attuazione di questo progetto e i programmi del 1930 rimasero “ufficiali” per molti decenni ancora. Metodi e studi La definitiva affermazione e diffusione del sistema Böhm e i notevoli sviluppi meccanici dello strumento, trovarono agli inizi del ‘900 applicazione didattica nel Méthode Complète di Aurelio Magnani (Paris, Evette et Schaeffer, 1900; I-Fn, I-Mc, I-Nc), utilizzato poi in quasi tutti i Conservatori italiani. Discreta diffusione ebbero il Metodo Progressivo in due volumi di Alamiro Giampieri (Milano, Ricordi, 1933; I-Fn, I-Nc) e il Metodo di Agostino Gabucci (Milano, Carisch, 1937; I-Fn). Un discorso a parte merita la cosiddetta “Scuola napoletana”, dove, invece, veniva ancora usato il “celebre” metodo di Gaetano Labanchi.26 In ambito bandistico, oltre al solito Lefevre, godettero di una certa diffusione i metodi di Federico Antoniotti, Mariano Bartolucci, Alessandro Cardoni, Giuseppe Di Dio, Giovanni Battista Falorsi, Salvatore Ficini, Giovanni Battista Frosali, Pietro Gagna, e Pasquale Valentini.27 Questi ultimi, tutti di modesta fattura, assemblati quasi sempre utilizzando materiali didattici di altri autori, furono concepiti per permettere di acquisire in breve tempo la tecnica basilare al giovane bandista. A supporto dei metodi fin qui citati, furono ripubblicate diverse raccolte di studi ottocenteschi, con revisione di Alamiro Giampieri, Antonio Micozzi e Leonardo Savina, tra le quali i 12 Capricci in forma di studio op. 17 e i 24 Esercizi di meccanismo di Franz T. Blatt, i 16 Grandi Studi da Concerto (dall’op. 63) di Carl Baermann, i 12 Esercizi op. 30 di Heinrich J. Baermann, i 30 Capricci opp. 1-5 di Ernesto Cavallini, tenuti ancora in gran considerazione, i 12 Capricci e i 22 Studi progressivi di Giovanni Battista Gambaro, i 21 Capricci di Vincenzo Gambaro, i 20 Studi di genere e meccanismo e i 20 studi caratteristici di Hyacinthe Klosé, i 12 Studi melodici di Gaetano Labanchi, i 30 Studi in tutte le tonalità di Iwan Müller, i Premiato con medaglia all’Esposizione di Palermo del 1891-1892, questo Metodo, grazie all’attività didattica di alcuni suoi allievi, dai primi anni del ‘900 ha avuto una buona diffusione anche in America, dove più volte è stato ristampato. 27 Per i riferimenti bibliografici relativi a questi metodi, vedi di seguito l’Appendice II. 26 27 24 Studi melodici, i 50 Studi di meccanismo e i 32 Studietti di meccanismo di Domenico Nocentini. Accanto a queste ristampe, furono pubblicate anche nuove e interessanti raccolte di studi: 12 Studi melodici di Ottavio Basile (Roma, Ortipe, 1950ca.; I-FTamore); 6 Studi brillanti di Giovanni Bellone (Genova, Cigna, 1939; I-Fn); 9 Studi di Giuseppe Bergonzini (Milano, Ricordi, 1919; I-Fn, I-FTamore); 15 Studi di Giulio Bonnard (Roma, De Santis, 1951; I-FTamore, I-PESc); 12 Grandi Studi di Giuseppe D’Elia (Milano, Ricordi, 1928; I-Fn, INc); 10 Studi di perfezionamento di Antonino De Luca (Roma, Ortipe, 1950ca.); 7 Divertimenti (Roma, Ortipe, 1950ca.; IFTamore), Il passatempo del clarinettista (idem) e 14 Studi esatonali per l’esercizio giornaliero (idem) di Pietro Di Francesco; 10 Studi di Fernando Gambacurta (Roma, Ortipe, 1950ca.; ICAcon, I-FTamore); 6 Studi di perfezionamento di Antonio Jermanni (Portici, Pucci, 1930; I-FTamore); 12 Studi brillanti sul legato e staccato (Milano, Carisch, 1938; I-PESc), 20 Studi di media difficoltà (Milano, Ricordi, 1942; I-Fn); 10 Studi moderni di grande difficoltà (Paris, Leduc, 1950; I-PESc), 26 cadenze in forma di preludi (Paris, Leduc, 1951; I-PESc); 10 Fantasie da concerto (Milano, Ricordi, 1959; I-FTamore), 30 Studi di preparazione ai Corsi Superiori (Roma, Gabucci, s.d.; I-FTamore), 28 Grandi Studi tecnici e melodici in forma moderna (Milano, Carisch, 1960; IPESc) di Agostino Gabucci; 16 Studi giornalieri di perfezionamento (Milano, Ricordi, 1935; I-Fn, I-Nc), 12 Studi Moderni (Milano, Ricordi, 1936; I-Fn, I-Nc), 6 Capricci (Milano, Ricordi, 1937; IFn), 6 Studi fantastici (Milano, Ricordi, 1940; I-FTamore), Esercizi di tecnica giornaliera (Milano, Ricordi, 1943; I-Fn), 18 StudiCapricci (Milano, Ricordi, 1959; I-FTamore), La Tecnica settimanale del Clarinettista (Milano, Ricordi, 1962; I-FTamore) di Alamiro Giampieri; 10 Studi di perfezionamento28 di Giuseppe Nel presentare la pubblicazione di questi studi, la rivista «Musica e Musicisti», n° 3 del 15 maggio 1902, a p. 177 scrive: «Il signor Marasco presenta Dieci Studi di perfezionamento per la Scuola del Clarinetto che costituiscono un’opera d’un alto valore didattico, fatto con piena conoscenza dell’istrumento e illuminati da un’esperienza a tutta prova. Attraverso i dieci Studi ogni difficoltà pel concertista è appianata e vinta; la piena padronanza dell’istrumento è conquistata, quasi senza fatica, quasi senza che lo studioso se ne sia accorto». 28 28 Marasco (Milano, Ricordi, 1902; I-Fn; I-Mc; I-Nc); 8 Grandes Etudes de technique mélodique di Giacomo Miluccio (Paris, Leduc, 1956; I-Nc); 9 Capricci-Studi di Augusto Modoni (Bologna, Bongiovanni, 1913; I-Fn); 14 Studi descrittivi di Temistocle Pace (Milano, Ricordi, 1942; I-Fn); 10 Capricci da Rodè di Ulderico Paone (Napoli, Simeoli, 1950; I-FTamore); Studi sulle scale e sugli intervalli (Torino, Parisi, 1933; I-Fn / Milano, Ricordi, 1957; IFTamore) di Leonardo Savina; 12 Capricci di perfezionamento (Milano, V. Spadea, 1910; US-Wc) e 40 Grandi Studi di perfezionamento (idem) di Vincenzo Spadea. La musica d’insieme Nella formazione didattica, un ruolo importante è riservato anche alla musica d’insieme «diretta al doppio scopo di avvezzarli alla unione e simultaneità della esecuzione, e di sviluppare sempre meglio l’idea colla udizione dei capo-lavori dei grandi Maestri d’ogni tempo e nazione».29 Se per tutto il secolo precedente essa costituiva un arricchimento alla formazione musicale e lasciata al libero arbitrio dei singoli docenti, con D.L. del 5 maggio 1918 diveniva materia “ufficiale”, seppur complementare al corso di clarinetto e impartita da apposito docente. Per questi motivi, molti didatti scrissero e/o pubblicarono svariate raccolte di musiche per 2 o più clarinetti. Aurelio Magnani, ad esempio, incluse nel secondo volume del suo Méthode Complète 7 suoi duetti, 6 trascritti da W. A. Mozart e 2 Grandi Duetti adattati da opere di F. Kulhau e A. B. Fürstenau, mentre Carlo Della Giacoma incluse nel suo Metodo 21 duetti, un Terzetto, un Quartetto e un Quintetto per soli clarinetti (dal piccolo in Mib al clarinetto basso), tutti di sua composizione. Furono, inoltre, pubblicate varie raccolte, originali o trascritte da antichi maestri: 6 Duetti di Antonino De Luca (Roma, Ortipe, 1950ca.; I-FTamore), 50 Duetti30 di Agostino Gabucci (Milano, Carisch, 1940; I-PESc); 26 Pezzi di celebri autori trascritti per due clarinetti di Alamiro Giampieri (Milano, Ricordi, 1956; I-FTamore) e Invenzioni a due GUIDO SALVETTI (a cura), Milano e il suo Conservatorio, op. cit., p. 140. Nella prefazione, il Gabucci afferma che «la presenta raccolta è stata compilata onde fornire agli studiosi del Clarinetto il mezzo per conoscere la musica dei grandi Maestri italiani antichi e moderni e sviluppare il senso estetico-artistico-musicale». 29 30 29 voci di J. S. Bach di Leonardo Savina (Milano, Ricordi, 1934; I-Fn). Con finalità prettamente didattiche, Giacomo Setaccioli nel 1921 pubblicò per le edizioni Ricordi di Milano varie trascrizioni per piccoli ensemble di fiati con clarinetti.31 Da ricordare, infine, l’inedito Scherzo di Giovanni Bolzoni, trascritto per 2 clarinetti in Sib, clarinetto in La e clarinetto basso in La da Francesco Sigismondi (ms in I-Baf). Le prime esibizioni pubbliche: i Saggi di Classe. I saggi di fine anno scolastico hanno sempre rappresentato una delle prime occasioni di esibizione in pubblico per i giovani musicisti. L’analisi di alcuni programmi, ci permette di farci un’idea delle conoscenze e dei gusti dell’epoca, nonché della continua evoluzione della letteratura clarinettistica, dai capolavori del passato di Mozart, Beethoven e Weber, alle virtuosistiche pagine ottocentesche di Cavallini, Demersseman e Ponchielli, fino alle contemporanee composizioni di Debussy e Bonnard. Al R. Liceo Musicale S. Cecilia di Roma, ad esempio, il 22 marzo 1919, Aurelio Magnani presenta due suoi allievi: Giovanni Brigidi, nell’esecuzione del Quintetto op. 55 per pianoforte e fiati di Anton Rubinstein, e il diplomando Alberto Luconi, quale interprete della Sonata op, 120 n° 2 per clarinetto e pianoforte di J. Brahms e del Quintetto op. 16 per pianoforte e fiati di L. van Beethoven.32 Circa 20 anni dopo, il suo allievo e successore Carlo Luberti, il 12 aprile 1938, fa eseguire dai suoi allievi tre novità per clarinetto e pianoforte in prima esecuzione assoluta: il Concerto di Giuseppe Manente (dedicato allo stesso Luberti), suonato da Umberto Francescone (2° corso); il Valzer da Concerto di Giulio Bonnard, suonato da Giovanni Celleno (4° corso) e il Notturno e Rondò, sempre di Giulio Bonnard, suonato da Nicodemo Quandancarlo (5° corso).33 Tra queste, ricordiamo: Allegro in Sol minore di D. Scarlatti per 2 clarinetti in Sib e clarinetto basso in Sib; Canone dal “Gradus ad Parnassum” di Muzio Clementi per 2 clarinetti in Si b e 2 fagotti; Adagio della Sonata n° 3 per organo di G. S. Bach per clarinetto e pianoforte e Canto della sera di R. Schumann per flauto, clarinetto in Sib, fagotto e pianoforte (tutti in I-FTamore). 32 Regia Accademia di Santa Cecilia, Annuario dal 1° luglio 1919 al 30 giugno 1920, Roma, Società Tipografica A. Manuzio, 1920, p. 164. 33 Regia Accademia di Santa Cecilia, Annuario 1938-1939, Roma, Società Tipografica A. 31 30 Al Liceo Musicale “Luigi Canepa” di Cagliari, nei saggi della classe di clarinetto di Giuseppe Lizio, il suo allievo Francesco Pitzianti suona il Solo de Concert di J. Demersseman (nel 1924) e la Rapsodie di C. Debussy (nel 1927), mentre tra gli allievi di Agostino Gabucci, Giuseppe Murgia suona il Concerto di W. A. Mozart (nel 1934) e A. Bistrussu il Concerto (?) di C. M. von Weber (nel 1936).34 Al Liceo Musicale “Frescobaldi” di Ferrara, nel 1949, Ambrogio Lelli fa eseguire dall’allievo Marino Mantovani il Concerto in La di W. A. Mozart. Al Liceo Musicale di Bologna, nel 1924, Bianco Bianchini fa suonare dall’allievo Filottino Rossi la Pastorale di H. Busser. Al Conservatorio di Milano, Umberto Blonk-Steiner, nel 1921, presenta il Trio op. 11 di L. van Beethoven, suonato dall’allievo Arrigo Gandolfi, e la 1a Fantasia di G. Marty, suonata dal diplomando Francesco Tissoni; nel 1925, fa suonare dall’allievo Torquato Scotese l’Allegro e Intermezzo dal Concerto in Do minore di J. Mann, con l’orchestra del Conservatorio diretta da Guido Farina. Al Conservatorio di Napoli, Arcangelo Picone fa suonare dall’alunno Giovanni Battista Imbriani la Sonata op. 31 di Giacomo Setaccioli (nel 1923) e 4 Bozzetti di Antonio Scontrino (nel 1924), mentre all’alunno Carcano fa eseguire la Suite di Alessandro Longo (nel 1927). Al Conservatorio di Palermo, per la classe del M° Ulderico Perilli, nel 1922 «il giovane Arnone dovette bissare un Concertino di Weber».35 Al Liceo Musicale “G. Nicolini” di Piacenza, nei saggi della classe di clarinetto e fagotto del M° Vittorio Clini, l’alunno Giovanni Novi suona il Concerto (?) di C. M. von Weber (nel 1906) e gli allievi Giuseppe Felloni e Andrea Zurlini suonano il Duetto (Divertimento ?) di Amilcare Ponchielli (nel 1917), mentre tra gli allievi di Giuseppe Felloni, Ernesto Franzini suona l’Adagio e Tarantella di Ernesto Cavallini (nel 1928), il 1° Concerto op. 73 di Manuzio, 1939, pp. 394-395. 34 AA. VV., Diorama della musica in Sardegna, Cagliari, Società Editoriale Italiana, 1937, pp. 124, 127, 130. 35 «Musica d’Oggi», 1922, n° 7, p. 218. 31 C. N. von Weber (nel 1929), il Concerto di Egon Gabler (nel 1930) e, nell’anno del suo diploma, il 2° Concerto op. 74 di C. M. von Weber (nel 1931). Della classe di Rimondo Maramotti, invece, l’alunno Natale Sfolcini (5° corso) suona il Solo (Solo de Concours ?) di H. Rabaud (nel 1936) e il Pezzo da concerto (Morceaux de Concours ?) di P. V. De la Nux (nel 1937).36 Didatti italiani all’estero Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, moltissimi clarinettisti furono attivi all’estero non solo come componenti di bande o di celebri orchestre, ma anche come apprezzati didatti. In Argentina, ad esempio, Ruggiero Lavecchia fu attivo come didatta privato a Buenos Aires (1940-1960ca.), l’avellinese Antonio Giliberti insegnò all’Istituto Superior de Musica di Santa Fè (dagli anni ‘50) e il leccese Antonio Della Rocca fu professore al Conservatorio di Tucumàn (dagli anni ‘40). In Brasile, dal 1906, il parmense Guido Rocchi fu professore al Conservatório Dramático e Musical di San Paolo. In Canada, al Conservatorio di Musica del Québec di Montréal insegnarono Giuseppe Moretti (fino al 1960ca.) e il napoletano Giulio Romano (anni ‘30-40). In Colombia, il romano Pietro Biava Ramponi fu professore al Conservatorio di Musica di Barraquilla (dal 1926). In Egitto, nel 1906, era professore di clarinetto al Conservatorio di Musica di Alessandria d’Egitto il casertano Gennaro Funaro. In Finlandia, furono attivi il bolognese Bianco Bianchini, come professore al Conservatorio di Helsinky (inizio ‘900), e Giuseppe Matteuzzi, come professore privato a Stoccolma (1923ca.). In Svizzera, il bolognese Luigi Amodio fu attivo per alcuni anni come didatta privato (1921-1923), mentre il casertano Gennaro Sparano insegnò al Collegio Papio di Ascona (dopo il 1930) e il marchigiano Osvaldo Mengassini fu professore alla Musikakademie di Basilea (almeno fino al 1973). AA. VV., I Cent’anni del Liceo Musicale “G. Nicolini” di Piacenza, Piacenza. Tipografia A. del Maino, 1939, pp. 197, 206, 208, 210, 214, 228, 231. 36 32 GINO CIOFFI 33 In Uruguay, nei primi decenni del ‘900, insegnarono a Montevideo il napoletano Alfredo Ciasullo, come professore privato, e il parmense Guido Rocchi, come professore al Conservatorio. Il maggior numero di clarinettisti-didatti italiani, però, lo troviamo attivo negli Stati Uniti d’America. Qui, infatti, insegnarono: Nicola Cesarone, dal 1926 alla Syracuse University; Gino B. Cioffi, al New England Conservatory, alla Boston University e al Berkshire Music Center (1951-1952); Gustavo Corti, al Kansas City Conservatory of Music (anni ‘30); Angelo De Caprio, al Chicago Musical College (anni ‘50); Domenico De Caprio, alla Northwestern University di Evanston (1928-1957); Nicola Falcone, alla Ann Arbor Public Schools (dal 1927); Giuseppe Gigliotti, alla Temple University di Philadelphia; Alberto Luconi, alla University of Michigan School of Music di Detroit (1941-1963); Francesco Mancini, alla Modesto High School di Modesto; Nicola Mastrangelo, alla Philadelphia Musical Academy; Antonio Raimondi, alla University of Southern California (anni ‘40); Pietro Tarantola, all’Oberlin Conservatory of Music di Denver (1938ca.); Augusto Vannini, al New England Conservatory of Music di Boston e Rocco Zottarelle, al St. Louis Institute of Music (anni ‘50). Numerosissimi furono pure i clarinettisti che si dedicarono all’insegnamento privato, tra i quali, ricordiamo: Rocco Bicchiere, dal 1906 a New York; Domenico Caputo, a Cleveland (dal 1926) e a Pittsburgh (fino al 1947); Giovanni (John) De Bueris, a New York (anni ‘20-30); Luigi (Louis) De Santis, a Philadelphia e New York (anni ‘30); Francesco Lieto, a Plainfield (anni ‘40); Mario S. Rocereto, a Pittsburgh (anni ‘20-40) e Vincenzo Spadea, a New York (anni ‘20). Molti di questi, a sostegno della propria attività didattica, pubblicarono negli U.S.A. anche alcuni interessanti metodi e studi per clarinetto: Clarinet Virtuoso Studies, 2 volumi, di Rocco Bicchiere (New York, New Sounds in Modern Music, 1957; IFTamore, US-CPpa); Bandman’s Studio for Clarinet, voll. I-IV, di Giovanni (John) De Bueris (New York, C. Fischer, 1929); New approach to the clarinet, Metodo di Angelo De Caprio (Chicago, McKinley publishers, 1946; US-Wc); The De Caprio Clarinet Method, 2 books, di Domenico De Caprio (New York, Remick Music Corp., 1939-1940; US-CPpa, US-Wc); New Studies di 34 Luigi (Louis) De Santis (New York, Al Rocky Music Co., 1935; ristampa: ClarinetCentral.com, 2003; I-FTamore, US-CPpa); Daily exsercises di Vincenzo (Vincent) Donatelli (Greeley, Western International Music, 1953; US-CPpa, US-Wc); Daily interval and chord exercises di Gerardo Iasilli (New York, C. Fischer, 1948; USCPpa, US-Wc); Six virtuoso caprices di Luigi Pantaleo (New York, C. Fischer, 1943; US-Wc); Modern Method di Giuseppe Pettine (Chicago, Chart music publishing house, 1937; US-Wc); The Newest Indispensable Method, 3 parts, di Vincenzo Spadea (New York, V. Spadea, 1920; GB-Cu); “The high school of clarinet playing”, virtuoso studies di Gennaro Volpe (New York, G. Volpe, 1950; US-Wc). Liceo Musicale di Santa Cecilia - Roma, 1919 Saggio degli alunni di Aurelio Magnani 35 ASPETTI DIDATTICI Analogamente a gran parte dei metodi pubblicati nel secolo precedente, anche quelli stampati nel primo Novecento riportano solo brevi indicazioni o avvertenze sul modo di suonare il clarinetto. Si tratta per lo più di brevi suggerimenti, che, seppur parzialmente, ci aiutano a comprendere gli aspetti fondamentali sui quali poggiava l’impostazione didattica. Dall’analisi e dalla comparazione di tutti i metodi pubblicati dal 1900 al 1950ca., di seguito si riportano le principali e più interessanti indicazioni.37 La scelta dello strumento Per il Della Giacoma, «a cominciar bene lo studio del Clarinetto bisogna che l’insegnante scelga, secondo l’età dell’allievo, il più adatto […] prima dei 12 anni l’allievo è necessariamente costretto a servirsi di uno dei più piccoli e […] appena la lunghezza delle dita glielo permetterà dovrà subito adottare il soprano in Sib. Nella scelta del modello, quest’ultimo, inoltre, consiglia il clarinetto a 13 chiavi sistema Müller, riformato nel 1842 dal fabbricante Buffet di Parigi, poiché del Clarinetto sistema Boehm non è il caso qui di trattare, essendosi ormai riconosciuto troppo complicato il meccanismo e perciò è limitatissimo il numero degli studiosi di detto sistema; lo stesso dicasi del Clarinetto Romeo y Andia Antonio […]». Per il Giampieri, è il «Clarinetto sistema Böhm (dotato di tutti i perfezionamenti fin qui applicati), il solo che permetta di poter giungere a suonare correttamente in qualsiasi tonalità». Per il Cardoni, «anche col Clarinetto a 16 Chiavi non riusciranno ancora bene eseguibili, nel legato, le successioni Mi-Sol diesis gravi e Si-Re diesis nelle righe. Pertanto un buon Clarinetto non dovrebbe essere sprovvisto della importante aggiunta recentemente inventata dall’illustre Orsi la quale rende facilissime quelle successioni e più sciolti i tremoli fra quelle note e gli altri suoni cromatici vicini». Per i riferimenti bibliografici relativi a tutti i metodi di seguito citati, vedi di seguito l’Appendice II. 37 36 La scelta del becco Tranne rare eccezioni, in questo periodo, il becco di cristallo è quello più usato dai clarinettisti italiani e le motivazioni ce le spiega brillantemente il Pace: «per quanto riguarda il bocchino di cristallo, oggi diffuso fra i clarinettisti italiani, mentre in tutte le altre parti del mondo si adopera soltanto il caucciù e l’ebanite, noi siamo convinti che il suo uso è consigliato non soltanto per ottenere un suono più brillante su tutta la gamma, ma anche perché essendo meno sensibile al calore del soffio umano, è più difficilmente sottoposto agl’innalzamenti e abbassamenti di corista».38 I becchi in cristallo più usati e apprezzati, inizialmente erano quelli francesi prodotti dalla Buffet, dalla Selmer39 e da H. Chedeville.40 Dagli anni ‘40 godettero di grande popolarità anche quelli prodotti artigianalmente dalla famiglia Bucchi di Genova (padre, figlio e nipote).41 Le ance Per il Giampieri, «l’ancia non deve essere né troppo dura né troppo debole; nel primo caso dà suono crudo e opaco, nel secondo lo dà fiacco e stridente. L’ancia è buona quando, trovandosi in giusto rapporto col piano del bocchino, permette di emettere buon suono su tutta l’estensione del Clarinetto sia nel piano come nel forte, prestandosi tanto al legato quanto allo staccato e alle diverse gradazioni di colorito». Analogamente, anche il Pace affermava che «l’ancia deve essere di temperatura giusta: se troppo debole dà voce stridula e se dura dà voce opaca e scura». Inoltre, ricorda che l’ancia «in ambienti caldi indurisce perché si prosciuga continuamente e in quelli freddi indebolisce perché assorbe l’umidità dell’aria. In locali grandi risulta più debole che in quelli piccoli. La forza dell’ancia dipende dalle misure del piano del bocchino ma anche dalla forza delle labbra TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 105. I Clarion della Selmer furono particolarmente apprezzati da Gino Cioffi e Fernando Gambacurta. 40 Erano le imboccature preferite, tra gli altri, di Luigi Amodio. 41 Piuttosto aperti e dal suono caldo e scuro, le loro imboccature furono utilizzate da tutti i grandi clarinettisti italiani attivi in orchestra e banda a partire dagli anni ‘50 (Budini, Borali, Garbarino, Settimi, ecc.). Nella loro bottega, inoltre, apprese i primi rudimenti anche Cosimo Pomarico, il quale a suo volta negli anni ‘60 si affermò poi come costruttore di imboccature in cristallo, ancora oggi apprezzate in tutto il Mondo. 38 39 37 dell’esecutore».42 Contrariamente ai clarinettisti tedeschi e del nord Europa, che continuavano a costruirsi personalmente le ance, dalla fine dell’800 gli italiani preferirono utilizzare quelle prodotte industrialmente in Francia o in Italia. Assai apprezzate nel primo Novecento furono le ance Buffet Crampon, Magaphone, Fournier e Barbù e quelle prodotte delle ditte Giuseppe Leonesi di Torino43 e Giuseppe Prestini di Firenze.44 Del tutto sconosciute, invece, furono quelle prodotte dalla ditta Bartolomasi di Cavezzo (Modena) e all’estero dagli italiani Giuseppe (Joseph) Rico e Mario Maccaferri. La postura Per il Della Giacoma, «studiando si deve stare sempre in piedi, in posizione normale, comoda, di riposo […] le dita devono posare sui buchi un poco obliquamente, avendo cura però che il polpaccio della punta chiuda ermeticamente i buchi; le braccia non debbono essere troppo strette al corpo né troppo distanti da esso, e l’istrumento non deve stare troppo inclinato in basso senza, naturalmente, alzarlo troppo». Per il Ficini, lo strumento «deve essere tenuto in modo che il pollice destro che lo sostiene si trovi a circa un palmo discosto dal petto». Per il Valentini, «lo strumento dev’essere tenuto in forma quasi orizzontale, con una leggera pendenza in giù tenuti leggermente alzati gomiti” e in più consiglia di “ricorrere al vecchio e sempre utile sistema delle “spalle al muso” per abituarlo a conservare una rettilinea posizione di forma e di eleganza». L’imboccatura Ancora nel primo Novecento, tranne rare eccezioni, continuò ad essere adottata l’imboccatura a doppio labbro,45 considerato come il TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 110. Vedi: ADRIANO AMORE, Il Clarinetto in Italia nell’Ottocento, Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2009, p. 97. 44 Agli inizi del ‘900 a Firenze iniziò la fabbricazione di ance non solo per il suo strumento (era uno dei migliori oboisti italiani dell’epoca) ma anche per il clarinetto, che furono assai apprezzate negli anni ‘40-50. Nei primi anni ‘50, la fabbrica fu trasferita prima a Cogolin (Francia) e nel 1979 a Nogales (USA), dove tuttora è in attività. 45 Ancora nel 1943, il Pace deplorava l’abitudine di «suonare coi denti, anche se dobbiamo 42 43 38 principale presupposto per ottenere una “bella voce”. Il Magnani, infatti, sosteneva che solo «dalla corretta posizione ed imboccatura dell’istrumento dipende la buona qualità del suono». Discordanti, invece, sono le indicazioni relative al modo di imboccare. Per il Giampieri, «il bocchino deve essere situato fra le labbra e un po’ inoltrato dentro la bocca. L’ancia deve posare sul labbro inferiore. Le labbra debbono coprire i denti e servire da cuscinetto al bocchino». Per il Gabucci, bisognava «mettere il bocchino in bocca per circa due centimetri e mezzo». Per il Ficini, «il bocchino deve entrare fra le labbra per circa la metà della sua unghiatura», mentre per il Della Giacoma «si suona introducendo in bocca quasi interamente la parte vibrante dell’ancia (13 mm. circa)». Quest’ultimo, inoltre, ebbe a scrivere: «Interessantissimo sarebbe uno studio sui due sistemi in uso nel modo di suonare il Clarinetto, con l’ancia sopra o sotto […]. L’esperienza insegna che si debbano ritenere buoni tutti due sistemi, perché i vantaggi si compensano reciprocamente, ed anche perché abbiamo avuto ed abbiamo tuttora ottimi clarinettisti dell’uno e dell’altro sistema. Io personalmente, ne’ miei allievi che non presentano labbra anormali, adotto l’ancia sopra, sebbene riconosca un leggero vantaggio dell’ancia sotto per lo staccato». Contrariamente a queste affermazioni, ben oltre l’Ottocento e la prima metà del Novecento, diversi clarinettisti continuarono ad utilizzare l’imboccatura con l’ancia in alto; tra gli ultimi ricordiamo il parmense Ferruccio Gonizzi46 primo clarinetto nell’Orchestra dei “Pomeriggi Musicali” di Milano, e il pugliese Giovanni Battista Imbriani47 primo clarinetto nell’Orchestra del Teatro S. Carlo di Napoli. però confessare che in Italia, Germania e Francia, vi sono ancora degli autorevoli sostenitori di questo genere d’imboccatura e che il Prof. Cappetti […] ricordato dai fiorentini per la bellezza del suono, appoggiava anche lui i denti superiori sul bocchino». TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 107. 46 INGRID ELIZABETH PEARSON, Ferdinando Sebastiani, Gennaro Bosa and the Clarinet in Nineteenth-Century Naples, in «The Galpin Society Journal», vol. 40 (2007), p. 203. 47 ADRIANO AMORE, La Scuola Clarinettistica Italiana: Virtuosi e Didatti, Frasso Telesino, l’autore, 2006, p. 43. 39 L’attacco del suono e lo staccato Per il Gampieri, l’attacco del suono «si ottiene con un movimento rapido della lingua stessa, la quale dovrà colpire direttamente sotto la punta dell’ancia simultaneamente al movimento delle dita sull’istrumento». Sul modo di produrre il doppio staccato, infine, il Della Giacoma scrive: «Erroneamente affermano taluni essere impossibile il doppio colpo di lingua nel Clarinetto; tale importantissimo pregio si ottiene esercitandosi pazientemente a ripetere una data nota - il Sol in seconda linea da principio - alternando un colpo di lingua e l’altro di gola, press’a poco come se si dovesse pronunciare la sillaba ta nel dare il primo colpo, e la sillaba ca nel secondo, incominciando molto lentamente fino a raggiungere il massimo grado possibile di celerità». Lo studio delle scale Per il Gabucci, «è cosa della massima importanza imparare tutte le scale a memoria, ed eseguirle una volta forte e l’altra pianissimo». Chiave di Tenore o di Violino? Il Valentini, scrive che «il Clarinetto Soprano in Sib è accordato […] un tono sotto al Clarinetto in Do; legge la Chiave di Violino, ma il suonatore deve calcolare che la nota prodotta risulterà effettivamente di un tono più basso di quella segnata. Ad evitare inconvenienti del genere (tra cui quello uditivo e la confusione che spesso produce nell’intonare strumento con strumento) si dovrebbe leggere la parte del Clarinetto Soprano in Sib in Chiave di Tenore: avremmo, così, per risultato il suono reale». Favorevole all’utilizzo della chiave di Tenore è anche il Pace: «La musica per clarinetto Sib viene scritta e letta in chiave di Sol, invece che in chiave di tenore, creando così una differenza fra suono scritto e suono reale. Si può facilmente immaginare quanto danno porti all’orecchio questo impianto, specialmente quando l’allievo, insieme al clarinetto, studia anche il pianoforte. Noi siamo decisamente contrari a questo difettoso sistema ed abbiamo fatto molti tentativi per evitarlo ma con poco successo, perché gli allievi generalmente vengono in classe quando già suonano e riesce quindi impossibile abituarli a dare il vero nome alle note che chiamano erratamente. Nell’Italia meridionale ciò è più facile, perché l’uso della chiave di 40 tenore fra i clarinettisti, anche di valore mediocre, è molto diffuso».48 Infatti, in tutte le scuole meridionali l’impostazione e la lettura delle note avveniva attraverso la chiave di tenore, mentre nel resto dell’Italia veniva utilizzata la chiave di violino. Il Vibrato In questo periodo veniva utilizzato da quasi tutti i clarinettisti, ad imitazione dei cantanti lirici, che lo consideravano un arricchimento al “bel suono” e un utile stratagemma per correggere piccoli difetti di intonazione. Secondo il Gabucci, «per l’espressione del suono, fare il vibrato stretto, imitando esattamente la voce dei cantanti, che eseguiscono con arte la musica». Il “Bel suono” Secondo il Gabucci, «per ottenere un suono bello e pieno dal clarinetto, occorre suonare con le labbra sopra i denti, e non con i denti sopra il bocchino, come usano specialmente molti esecutori, di musica leggera!». Seppur discutibile questa affermazione, sappiamo però che molti didatti curarono in modo ossessivo la bellezza del suono, considerata da tutti come una delle prerogative fondamentali del buon clarinettista. Antoine de Bavier, ad esempio, affermò che Luigi Amodio49 «non era attento alle note sbagliate, ma poteva cacciare i suoi allievi fuori dalla porta appena sentiva da loro un suono non sufficientemente bello».50 Il Trasporto e la preparazione all’orchestra Secondo il Magnani, «uno dei grandi ostacoli per il Clarinettista d’Orchestra è quello del trasporto. Infatti è noto che i maestri compositori nelle loro partizioni scrivono quasi sempre per tré Clarinetti di tonalità diversa; e cioè, per Clarinetto in Do, in Sib e in La. Se iI clarinettista non vuole adoperare i tré suaccennati TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 128. Tranne una breve parentesi come professore di clarinetto presso la Civica Scuola di Musica di Milano (1936-1938), Luigi Amodio fu attivo principalmente come didatta privato. Oltre all’italo-svizzero Antoine de Bavier, studiarono privatamente con lui anche Luigi Schiani e Giacomo Gandini. 50 LUIGI MAGISTRELLI, Amodio & de Bavier, in «I Fiati», Aprile-Giugno 2007, n° 58, p. 32. 48 49 41 istrumenti, ma servirsi soltanto di quello in Sib (sempre che sia fornito del Mib grave), sarà costretto di ricorrere al trasporto, e si troverà sempre di fronte a maggiori difficoltà d’esecuzione per la necessità di dover leggere prontamente spostando la nota, e alzando o abbassando l’accordatura a seconda del caso; e solo la conoscenza perfetta di tutti gli intervalli renderà possibile lo studio teorico e pratico per giungere alla completa padronanza di qualsiasi trasporto». Anche per questo motivo, il Giampieri consiglia «che l’allievo si abitui a trasportare anche un tono sotto e mezzo tono sopra onde trovarsi in regola con i programmi di esame in vigore nei Conservatori di Musica, ed anche perché la conoscenza di detti trasporti è talvolta utile nello svolgimento della professione orchestrale». Pur mostrandosi favorevole all’utilizzo in orchestra del solo clarinetto in Sib, il Magnani sosteneva che «si possa fare a meno del Clarinetto in Do per il timbro della sua voce stridula e sgradevole; ma sarà sempre bene servirsi in certi casi speciali del Clarinetto in La che offre la chiarezza nei passaggi d’agilità e la sicurezza meccanica». Più realista, vista la situazione generale italiana dell’epoca, sembra il Pace: «L’instabilità degli organismi per le esecuzioni di alto livello artistico, ha sempre impedito di poter imporre ai professionisti uno studio adeguato e un corredo necessario di strumenti. Per una professione incerta e mal retribuita in orchestre di vita effimera, raramente costituite per concerti sinfonici, ma più frequentemente impiegate nella lirica, e quindi con una funzione di minore importanza, si è sempre ritenuto sufficiente il solo clarinetto Sib e le poche nozioni di trasporto apprese a scuola e sviluppate con la pratica professionale».51 Per una buona preparazione dell’allievo alle esecuzioni orchestrali, il Savina scriveva che «lo studio deve rendere le dita agili e pronte a superare i diversi intervalli, deve portare lo strumentista al bel suono (legato, staccato, vibrato) al fraseggio corretto e infine a quella perfetta interpretazione ch’è tanto necessaria alla pratica della nostra arte. Solo lavorando in questa direzione e specie se si sarà 51 TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 127. 42 esercitato nel trasporto in Do e La, l’allievo si renderà idoneo a qualsiasi difficoltà di esecuzione in orchestrale». Si segnalano, infine, le diverse raccolte di studi pubblicate in questi anni e concepite per la preparazione all’orchestra e al trasposto con il solo clarinetto in Sib: Piccolo Metodo per imparare a trasportare col clarinetto Sib di Guglielmo Cappetti (Portici, Pucci, s.d.; I-FTamore); 30 melodie e una canzone spagnola originali (Roma, Gabucci, 1952; I-PESc), 60 Divertimenti (Milano, Ricordi, 1957; I-Fn, I-Nc) e 50 Piccoli Pezzi (Firenze, Benedettini, 1967; IPESc) di Agostino Gabucci, Raccolta di esercizi e studi (Milano, Ricordi, 1942; I-Fn) e Studi d’orchestra per clarinetto (Raccolta di Passi difficili e a solo tolti da importanti opere liriche e sinfoniche), 2 volumi, di Alamiro Giampieri (Milano, Ricordi, 1936, 1941; IFn, I-Mc, I-Nc); Metodo teorico-pratico per imparare a spostare in orchestra col clarinetto in si b di Virgilio Pozzi (Firenza, Pozzi, 1913; I-Fn); Raccolta di Passi difficili di Opere Sinfoniche di Salvatore Pucci (Portici, Pucci, 1950; I-Fn; I-FTamore); 10 Grandi Studi di Leonardo Savina (Milano, Ricordi, 1953; I-Fn). 43 Appendice I I DIDATTI E LE PRINCIPALI SCUOLE CLARINETTISTICHE ALESSANDRIA, Liceo Musicale “A. Vivaldi”: Ignazio Antonini (fino al 1932); Alamiro Giampieri (dal 1932); Baldassarre Torchio (1940); Mario Romani (1941-post. 1958). BARI, Liceo Musicale “N. Piccinni”: Antonio Sarno (1939); Attilio Torquato Scotese (1940-1969). BOLOGNA, Istituto Musicale: Francesco Giuseppe Biancani (18691905); Bianco Bianchini (1906-1939); Paolo Budini (1940-1941); Raimondo Maramotti (1940-1941); Alberto Alberani (1942-post. 1956). BOLZANO, Conservatorio di Musica “C. Monteverdi”: Giuseppe Massari (1927-1932); Alberto Alberani (1932-1934); Roberto Adang (1934-1940); Eugenio Brunoni (1940-post. 1956). BRESCIA, Istituto Musicale Venturi: Guglielmo Forbek (1879-1915); Ettore Negri (1915-1946); Alamiro Giampieri (1946-1959). CAGLIARI, Liceo Musicale: Giuseppe Lizio (1924-1932); Ferruccio Gonizzi (1932-1933); Agostino Gabucci (1933-1941). FERRARA, Istituto Musicale: Ambrogio Lelli (1899-post. 1956). FIRENZE, Istituto Musicale: Domenico Nocentini (1892-1921); Temistocle Pace, (1923-1942); Agostino Gabucci (1942-1958). FOGGIA, Istituto Musicale “U. Giordano”: Giuseppe Saccone (1939post. 1963). GENOVA, Civico Istituto Musicale: Francesco Paolo Lombardo (18981921); Alamiro Giampieri (1921-1937); Giovanni Bellone (1937-1939); Osvaldo Mengassini (1939-1946); Giovanni Bellone (1946-1956). LECCE, Liceo Musicale “Tito Schipa”: Ariosto Prisco (dal 1940). LUCCA, Istituto Musicale “G. Pacini”: Archimede Picchi (1877-1907); Enrico Del Dobbio (1907-1915); Dante Baccelli (1915-1918); Enrico Del Dobbio (1919-1934); Dante Baccelli (1934-1936); Bruno Fallani (1936-1976). MILANO, Conservatorio di Musica: Romeo Orsi (1873-1914); Felice Umberto Blonk-Steiner (1915-1934); Eugenio Brunoni (1934-1937); Alamiro Giampieri (1937-1963). MODENA, Liceo Musicale “O. Vecchi”: Agenore Bianchini (18881902); Giuseppe Eruditi-Tosatti (1902- post. 1954). NAPOLI, Conservatorio S. Pietro a Majella: Gaetano Labanchi (18901908); Arcangelo Picone (1908-1933); Antonio Micozzi (1933-1947); Ulderico Paone (1947-1968). 44 PADOVA, Istituto Musicale “C. Pollini”: Guglielmo Cappetti (19001901); Giuseppe Gallina (1902-1903); Antonio Lopes (1904-1905); Enrico Negri (1906-1907); Luigi Falcomer (1907-1939); Ferruccio Gonizzi (1939). PALERMO, Conservatorio di Musica: Carmelo Micalizzi (1882-1911); Pietro Mari (1911-1913); Ulderico Perilli (1913-1930); Antonio Micozzi (1930-1933); Alberto Alberani (1934-1942); Paolo Calamia (1943-1955ca.). PARMA, Scuola di Musica (poi Conservatorio di Musica): Edgardo Cassani (1886-1935); Francesco Pitzianti (1936-1939); Ferruccio Gonizzi (1939-1976). PESARO, Istituto Musicale (poi Conservatorio di Musica): Antonio Mazzoleni (1883-1908); Filiberto Peri (1908-1940); Lucio Jucci (19411968). PESCARA, Liceo Musicale “L. D’Annunzio”: Valentino Fiore (dal 1935). PIACENZA, Liceo Musicale: Vittorio Clini (1900-1919); Egizio Mazza (1919-1924); Mario Cremaschi (1924-1927); Arturo Giammatteo (1927-1928); Giuseppe Felloni (1928-1932); Raimondo Maramotti (1932-1968ca.). RAVENNA, Istituto Musicale “G. Verdi”: Clemente Maccagni (18761908); Giuseppe Prestini (1909-1911); Filippo Castellini (1912-1945); Eudoro Maramotti (1946-post. 1973). ROMA, Accademia di S. Cecilia: Aurelio Magnani (1890-1921); Carlo Luberti (1922-1955); Fernando Gambacurta (1941-1973; seconda cattedra di clarinetto). TERAMO, Istituto Musicale “G. Braga”: Onello Bonsignori (19321945); Costantino D’Attanasio (1946-1963). TORINO, Liceo Musicale Comunale (poi Conservatorio di Musica “G. Verdi”): Domenico Mari (1895-1902); Armando Cicotti (1902-1910); Ettore Bendazzi (1908-1922); Leonardo Savina (1922-1959). TRIESTE, Liceo Musicale “G. Tartini”: Angiolo Del Bravo (19031908); Eugenio Toffolo (1909-1939); Pietro Micol (1939-1968ca.). UDINE, Istituto “J. Tomadini”: Giuseppe D’Arienzo (1909-1935); Luigi Lazzeri (dal 1935); Edgardo Scialino (1940ca.); Arturo D’Aniello (1942-post. 1967). VENEZIA, Liceo Musicale “B. Marcello”: Giuseppe Marasco (18831930); Renato Zanon (1930-1931); Francesco Miotto (1931-1958). 45 Appendice II METODI PER CLARINETTO Antoniotti, Federico: Metodo (Milano, Monzino e Garlandini, 1934; I-Fn). Bartolucci, Mariano: Metodo per clarinetto in Sib o Mib (Perugia, Tito Belati, 1937; I-MAi). Cappetti, Guglielmo: Piccolo Metodo per imparare a trasportare (Portici, Pucci, s.d.; I-FTamore). Cardoni, Alessandro: Introduzione allo studio del clarinetto (Milano, Ricordi, 1914; I-Fn, I-FTamore, US-Wc). Cardoni, Alessandro: Corso completo per lo studio del clarinetto e suoi affini (Roma, C. Zinzi, 1937; I-Fn). D’Avino, Carlo: Esercizi (Metodo) per Clarone (Milano, Ricordi, 1914; I-Fn). Della Giacoma, Carlo: Metodo (ms, 1905; Bellona, Santabarbara, 1997; I-PAc). De Luca, Antonino: Metodo teorico-pratico, 2 parti (Roma, Ortipe, 1950ca.; I-CNc). Di Dio, Giuseppe: Metodo (Firenze, Mignani, 1934; I-Fn). Falorsi, Giovanni Battista: Metodo Popolare (Padova, Zanibon, 192?). Falorsi, Giovanni Battista: Metodo Popolare per Clarinetto contralto Mib e basso Mib (Padova, Zanibon, 192?; I-REim). Ficini, Salvatore: Metodo Teorico-Pratico (Firenze, Lapini, s.d.; ristampa: Portici, Pucci, 1952; I-Fn). Frosali, Giovanni Battista: Metodo (Ristampa: Portici, Pucci, 1951; IFn). Gabucci, Agostino: Metodo (Milano, Carisch, 1937; I-CAcon). Gagna, Pietro: Metodo elementare (Firenze, Lapini, 1908; I-Mc, I-Nc). Giampieri, Alamiro: Metodo progressivo per lo studio del clarinetto sistema Boehm, 2 volumi (Milano, Ricordi, 1933; I-Fc, I-Nc) Magnani, Aurelio: Méthode Complète de Clarinette systeme Boehm en 3 parties (Paris, Evette & Schaeffer, 1900; I-Mc, I-Fn, I-Nc). Orsi, Romeo: Metodo popolare (Milano, Ricordi, 1901; I-Mc). Pozzi, Virginio: Metodo teorico-pratico per imparare a spostare in orchestra col clarinetto in si b, corredato di tutte le combinazioni che si possono trovare in orchestra, preceduto dalla origine e storia del clarinetto (Firenze, V. Pozzi, 1913; I-Fn). Valentini, Pasquale: Metodo Teorico-Pratico (Roma, Ortipe, 1950ca.; I-FTamore, I-SASc). 46 III IL CLARINETTO IN AMBITO ORCHESTRALE Il reclutamento Per l’instabilità di molte orchestre ed enti teatrali, raramente furono banditi appositi concorsi per il reclutamento degli orchestrali. Le assunzioni, pertanto, erano prerogativa degli stessi impresari o enti teatrali, che spesso si rivolgevano a mediatori o ad agenzie per reclutare le prime parti o l’intera massa orchestrale. In diversi casi, le assunzioni o i licenziamenti furono determinati anche su segnalazione dei direttori d’orchestra. Luigi Amodio, ad esempio, nel 1924 fu assunto al Teatro alla Scala di Milano per intercessione di Arturo Toscanini, mentre un tal Bianchi, suonatore di clarinetto piccolo sempre al Teatro alla Scala, su segnalazione del direttore d’orchestra Tullio Serafin, nel marzo del 1911 fu licenziato per le sue modeste capacità musicali.52 Diritti e tutela degli orchestrali Mal pagati e poco tutelati, nel primo Novecento gli orchestrali vivevano la loro professione nella precarietà più assoluta, come sarcasticamente scriveva nel 1911 il «Corriere Orchestrale» di Milano: «Le piace sbarazzarsi di un elemento turbolento? – Drin, drin un colpo di telefono: un segretario, un avvocato, e non so chi altri son pronti al servizio; c’è un musicista che chiede un aumento di paga? – Drin, drin, il segretario scrive, corre, parla, si fa in quattro Il 15 febbraio 1911, il direttore d’orchestra Tullio Serafin scriveva la seguente lettera alla direzione del Teatro alla Scala: «Sono dolente di dover nuovamente comunicarle che il Prof. Bianchi non è in grado di eseguire la parte del clarino Mib e Re nel Cavaliere della Rosa. Cedendo alle sue istanze l’ho ancora fatto provare - purtroppo il risultato fu negativo. La prego perciò a provvedere il più presto possibile. Cordialmente suo Tullio Serafin». «Corriere Orchestrale», 1911, n° 14, p. 140. 52 47 Contratto sottoscritto nel 1910 da Ulderico Perilli con il Teatro alla Scala di Milano. 48 per cercare il concorrente».53 Anche la sottoscrizione di contratti (spesso ambigui), non sempre garantiva e tutelava il lavoro degli orchestrali. Per questi motivi, nel febbraio del 1910 fu fondata a Milano l’Unione Orchestrale Italiana con «lo scopo dell’elevazione artistica e morale, nonché dei miglioramenti professionali e materiali dei suoi aderenti. Per […] l’affermazione ed applicazione di tariffe minime generali, a partire dalle quali tutti gli aderenti dovranno uniformarsi, sottostando al controllo che scrupolosamente l’Unione intende esercitare».54 Oltre a stabilire le tariffe contrattuali minime,55 l’Unione mirava quindi a tutelare e ad assistere legalmente tutti gli orchestrali,56 dalla sottoscrizione dei contratti con gli enti teatrali, fino al pagamento finale per il lavoro svolto in orchestra. Tra i soci fondatori di questo nuovo sodalizio, troviamo tutti i clarinettisti all’epoca scritturati al Teatro alla Scala: Ulderico Perilli, Romolo Quaranta, Pietro Mari e Arturo Capredoni. Nel corso del 1910, si affiliarono all’Unione anche altri clarinettisti: da Sanremo, Egisto Crudeli e Manlio Marcantoni; da Napoli, Angelo Picone, Giuseppe Battaglia e Vincenzo Satta; da Buenos Aires (Argentina), Umberto Blonk-Steiner e Giuseppe Tempesta; poi Antonio Raimondi, Francesco Miotto, Afro Alfieri, Carlo Luberti, Leonardo Savina, Ettore Bendazzi e altri ancora. Durante il Ventennio fascista, il regime dette vita ad una serie di organismi con il chiaro intento di assoggettare e controllare tutte le attività musicali italiane. Nacquero così, il Sindacato Nazionale Fascista Musicisti (1933), con l’annessa Cassa Nazionale di Assistenza, l’Unione Nazionale dell’Arte Teatrale (1934), il Centro «Corriere Orchestrale», 1911, n° 14, p. 139. «Corriere Orchestrale», 1910, n° 2, pp. 17-19. 55 Nel 1913, il clarinettista torinese Giuseppe Zaccuti, fu radiato dall’Unione Orchestrale Italiana perché ritenuto colpevole di “krumiraggio”, avendo accettato un contratto con un compenso inferiore a quello minimo stabilito dalla suddetta Unione. Cfr., «Corriere Orchestrale», 1913, n° 37-38, p. 393. 56 Nel 1913, avvisava tutti i suoi iscritti di «non accettare alcun contratto pel Kursaal di Lucerna [Svizzera] senza prima aver ottenuto l’autorizzazione del Comitato Centrale. Motivo: Contratto d’Orchestra e regolamento disciplinare recanti condizioni di lavoro eccessivamente gravose e ledenti la dignità dell’uomo e dell’artista». Cfr., «Corriere Orchestrale», 1913, n° 45, p. 416. 53 54 49 Lirico Italiano (1936) e il Consorzio degli Editori Italiani di Musica (1938). Nel 1932, inoltre, sottoscrisse il primo «Contratto collettivo nazionale di lavoro per gli orchestrali dipendenti da imprese liriche od enti lirici». Si trattò di una grossa conquista per gli orchestrali che, per la prima volta, videro stabiliti in modo chiaro diritti e doveri, retribuzioni e periodi di ferie, prima lasciati al libero arbitrio dei singoli enti teatrali. La duplicità degli incarichi In gran parte dei teatri italiani, «il lavoro si aggirò nei primi decenni intorno ai due o tre mesi annui: uno o uno e mezzo per la sinfonica, uno o uno e mezzo per la lirica; lungo gli anni Trenta, il numero totale di mesi lavorativi crebbe fino a circa quattro».57 Non stupisce, pertanto, che molti clarinettisti, all’attività orchestrale, alternarono spesso quella didattica e/o bandistica. A Napoli, ad esempio, Arcangelo Picone e poi il suo allievo Giovanni Battista Imbriani, seppur in periodi diversi, suonarono contemporaneamente al Teatro San Carlo e nel “Corpo Musicale Municipale di Napoli”, a Roma Fernando Gambacurta fu 1° clarinetto nell’Orchestra di Santa Cecilia e nella Banda dei Carabinieri e professore al Conservatorio, a Torino Ettore Bendazzi suonò contemporaneamente nell’Orchestra e nella Banda Municipale e fu professore al Liceo Musicale. Altri orchestrali, soprattutto quelli meridionali, suonarono durante i mesi estivi con le cosiddette “bande da giro” che erano vere e proprie orchestre di soli fiati. Tra questi, ricordiamo alcuni clarinettisti del Teatro San Carlo di Napoli: Ernesto Carpio (Banda di San Severo; inizio ‘900), Luigi Ferro (Banda di Somma Vesuviana; anni ‘30-40), Ulderico Paone (Banda di Acerra; anni ‘40), e Giacomo Miluccio (Banda di Carovigno; fine anni ‘40). Molti clarinettisti settentrionali, invece, suonarono nelle orchestrine da ballo attive nelle principali località turistiche e/o balneari italiane ed estere. Tra questi, ricordiamo Luigi Amodio che suonò spesso in estate a Rimini e a Viareggio e Vincenzo Artigas, attivo ad Alassio (1912). MARCELLO CONATI e MARCELLO PAVARANI (a cura), Orchestre in Emilia-Romagna nell’Ottocento e Novecento, Parma, 1982, p. 339. 57 50 Sempre nei cosiddetti “periodi morti” (maggio-novembre), moltissimi furono anche i clarinettisti che preferirono sottoscrivere contratti stagionali con teatri esteri o con compagnie teatrali operanti all’estero (Argentina, Brasile, Egitto, Svizzera, ecc.). Solo per citare qualche nome, al Teatro Colòn di Buenos Aires (Argentina), suonarono Felice Umberto Blonk-Steiner (1910, 1913), Leonardo Savina (anni ‘20), Mario Romani (1928) e Arturo Capredoni (1933); nei Teatri Municipali di Rio de Janeiro e San Paolo del Brasile, alla fine degli anni ‘20, suonò più volte Agostino Gabucci; al Teatro San Carlo di Lisbona (Portogallo), invece, troviamo Ferdinando Seveso (1906ca.), mentre al Teatro Reale del Cairo (Egitto), suonarono Sesto Carlini (1923), Augusto Modoni (fine anni ‘20), Agostino Gabucci (1926) e Peppino Mariani (19511952) e al Teatro Kursaal di Lugano (Svizzera) suonarono, tra gli altri, Vincenzo Artigas (1911), Alberto Alberani (1912), Afro Alfieri (1913), Ermenegildo Lugatti (1913) e Bruto Mastelli (19141921). Al seguito della compagnia teatrale dell’Impresario Walter Mocchi, infine, Manlio Marcantoni suonò in varie città del Sud America (1914), mentre Alamiro Giampieri, nel 1928, partecipò con una compagnia operistica italiana ad una lunga tournée in Australia. Gli organici, i compositori e l’utilizzo In buona parte delle orchestre del primo Novecento, figuravano stabilmente in organico due clarinetti e un clarinetto basso, ai quali, a partire dagli anni ‘20, vi si aggiunse in pianta stabile anche un clarinetto piccolo (in Mib o in Re), prima utilizzato solo occasionalmente.58 Pur tuttavia, nel 1940, erano solo due i clarinettisti presenti nell’orchestra del Teatro Massimo di Palermo (Alberto Alberani e «Il clarinetto piccolo […] molto sovente, è affidato allo stesso esecutore cui è preposta la parte del 2° o del 3° clarinetto, ma il clarinettista odierno preferisce evitare il passaggio fra l’istrumento ordinario e il piccolo, o viceversa, perché la differenza delle ance (nel clarinetto piccolo l’ancia è tale da rendere più facile e spontanea l’emissione dei suoni acuti) impone un adattamento del labbro non sempre raggiungibile senza danno della purezza del suono. Nelle migliori orchestre di oggi, perciò, il clarinetto piccolo, è suonato per lo più da un esecutore specializzato». ALFREDO CASELLA - VIRGILIO MORTARI, La Tecnica dell’orchestra contemporanea, op. cit., p. 45. 58 51 Pietro Calamia); tre clarinettisti, invece, figuravano stabilmente nelle orchestre del Teatro Comunale di Firenze (Temistocle Pace, Dino Pozzi e Corrado Sarri), del Teatro Carlo Felice di Genova (Angelo Cinquegrana, Osvaldo Mengassini e Umberto Stefani), del Casinò Municipale di Sanremo (Armando Bergonzoni, Giacomo Gandini, Mario Virgili), dell’E.I.A.R. (poi R.A.I.) di Roma (Arturo Abbà, Orazio Moscardini e Paolo Ufirini), dell’E.I.A.R. (poi R.A.I.) di Torino (Leonardo Savina, Guido Longoni e Pietro Mari), del Teatro Comunale di Trieste (Paolo Budini, Vittorio Mandolin e Francesco Sigismondi) e del Teatro La Fenice di Venezia (Gildo Camozzo, Francesco Miotto e Angelo Talamini); quattro clarinettisti, infine, erano presenti nelle orchestre del Teatro alla Scala di Milano (Afro Alfieri, Luigi Amodio, Eugenio Brunoni, Carlo Freddi), del Teatro San Carlo di Napoli (Antonio Micozzi, Ulderico Paone, Gaetano Moschettino e Vincenzo Canale), del Teatro dell’Opera di Roma (Leone Contarini, Giorgio Giorgi, Lucio Jucci, Sebastiano Savoia) e dell’Accademia S. Cecilia di Roma (Pietro Di Francesco, Fernando Gambacurta, Alfredo Mari e Augusto Nardacci).59 Diverso fu pure il numero e la tipologia dei clarinetti utilizzati dai principali compositori dell’epoca. In tutte le opere scritte nei primi decenni del ‘900, Giacomo Puccini utilizza spesso due clarinetti in Sib e un clarinetto basso in Sib.60 Senza ricorrere al clarinetto in Do o in La61, utilizza per tutta l’opera la coppia di clarinetti i Sib, in qualche caso, discendenti al do diesis grave (Turandot). Tranne alcuni brevissimi incisi solistici, i clarinetti vengono spesso utilizzati per terze o all’unisono con gli oboi o i violini, all’ottava con i flauti e per dare colore alla massa orchestrale. L’estensione è limitata al registro medio e grave e raramente supera il Re sul pentagramma, fatta eccezione per il “brillante e leggiero” assolo presente nella Madama Butterfly, tutto incentrato sul registro acuto e sovracuto. Il clarinetto basso (da Cfr., Annuario Musicale Italiano, Roma, Fratelli Palombi, 1940, pp. 229-247. Nella Fanciulla del West (1910), l’organico orchestrale prevede 3 clarinetti in sib e un clarone in Sib. 61 Ad eccezione del finale della Turandot e della Tosca, dove alterna spesso i clarinetti in Sib con quelli in La, affidando a quest’ultimo il celebre assolo presente nel III Atto. 59 60 52 Puccini chiamato ancora Clarone62), invece, è quasi sempre in Sib ed è usato spesso come raddoppio del fagotto, del corno (Fanciulla del West), delle viole (Turandot) o dei violoncelli. Brillante e quasi mai banale è l’uso del clarinetto in Ottorino Respighi, che sfrutta tutte le qualità timbriche, tecniche e di estensione (fino al Do diesis basso nei Pini di Roma). In quasi tutte le sue composizioni, usa sempre una coppia di clarinetti (Sib o La) e un clarinetto basso (Sib o La), ai quali aggiunge spesso il clarinetto piccolo (Mib o Re), a cui affida anche brevi e brillanti assoli nel Poema Sinfonico Ballata degli Gnomidi (piccolo in Mib), nella Suite n° 1 Belkin, Regina di Saba e nel Poema Sinfonico Feste Romane (piccolo in Re). Analogamente, anche in alcune pagine di Alfredo Casella è presente il clarinetto piccolo che usa, tra l’altro, nell’Elegia Eroica (piccolo in Mib), nella Rhapsodie op. 11 Italia (piccolo in Re) e nella Scarlattiana (piccolo in Mib e in Re). Per l’intera Opera Dèbora e Jaéle (1922), Ildebrando Pizzetti utilizza tre clarinetti sempre in Sib (il terzo con l’obbligo del clarinetto basso in Sib) la cui scrittura risulta poco funzionale nei numerosi tremoli presenti nel I Atto. Analogamente, poco appropriato risulta l’utilizzo dei clarinetti anche in alcune composizioni orchestrali di Ferruccio Busoni. Nel suo Rondò Arlecchinesco (1915), ad esempio, prevede 2 clarinetti in Do, con un’estensione che dal suono reale del Do diesis basso (non presente nei clarinetti in Do!) sale fino al La sopracuto. In questo caso è fin troppo evidente che la scrittura in Do è puramente funzionale (per il compositore)63 e che la parte va trasportata e suonata (tra mille difficoltà tecniche, di lettura e di intonazione!) con un clarinetto in Sib discendente, appunto, al Do diesis basso. Eccellente risulta invece l’utilizzo dei clarinetti in gran parte delle composizioni di Riccardo Zandonai, grazie alla conoscenza diretta dello strumento, da lui suonato in gioventù nella banda musicale di L’Ottocentesco termine di Clarone, riferito al clarinetto basso, è presente anche in molte partiture di Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo, Francesco Cilea e Riccardo Zandonai. 63 Non sempre l’utilizzo dei clarinetti in Do era dovuto a precise scelte timbriche. Nel suo Tema variato per orchestra (1903), Lorenzo Perosi, ad esempio, li riporta in Do in partitura e in Sib nelle parti staccate. 62 53 Rovereto (Trento).64 A due opere di Pietro Mascagni, invece, è legato il rarissimo utilizzo del controclarone in Sib (clarinetto contrabbasso): Lodoletta (1917) e Il Piccolo Marat (1921). Con l’avvento della cinematografia, infine, dagli anni ‘30 furono attive alcune occasionali orchestre per la registrazione delle colonne sonore, nelle quali il clarinetto trovò sempre ampio utilizzo. Secondo il Chiarini, «il clarinetto è l’istrumento ideale per l’orchestra cinematografica: egli si piega a tutte le esigenze, assume di volta in volta le più disparate personalità e sa rendere anche i più umili servigi».65 L’intonazione Con il Regio Decreto n° 5095 del 30 ottobre 1887, in Italia veniva ufficialmente adottato il La3 di 435 hz, fissato dalla conferenza internazionale svoltosi a Vienna nel 1885. Pur tuttavia, il corista delle principali orchestre continuò ad essere sempre molto alto, anche nella prima metà del ‘900. Al IV Congresso Nazionale, svoltosi nel 1939 a Catania, Ottavio Tiby affermava: «Per quanto riguarda l’Italia, sebben non siano state compiute ricerche con rigore di metodo, si può già dire che si è abbondantemente superato il 435 e in molti casi anche il 440. Così l’orchestra del Teatro Carlo Felice, ha un la medio di 442-43, quello della Scala oscilla fra il 440 e il 442, quello del Reale dell’Opera fra il 440 e il 443 e quello della R. Acc. Di Santa Cecilia, dell’EIAR e del San Carlo stanno intorno al 440. Tutte alte sono le orchestre di musica così detta brillante, mentre nei concerti di musica classica il diapason discende fra il 435 e 439, conseguenza evidente dell’accordatura dei pianoforti».66 Toscanini e i clarinettisti Arturo Toscanini, senza ombra di dubbio, fu il più grande direttore d’orchestra di tutti i tempi. Cfr., VITTORIA CAMOZZINI CANIZZA, Ricordo di Riccardo Zandonai, in «La voce repubblicana», 6 novembre 1952, p. 3. 65 LUIGI CHIARINI, La Musica nel film, Roma, Bianco e nero, 1950, p. 25. 66 «Il Musicista», Organo Ufficiale del Sindacato Nazionale Fascista Musicisti, 1939, n° 1, pp. 10-11. 64 54 Fermo di carattere, volitivo, irascibile, non ne lasciava passare una. Contro gli orchestrali che non rispondevano alle sue esigenze artistiche, leggendarie furono le sue sfuriate. Era un capriccioso dominatore, che sviluppava al massimo la capacità di rendimento dell’orchestra; alle prove era un artigiano, all’esecuzione un artista, e ripeteva spesso: «Nella vita bisogna essere democratici, qui aristocratici». La sua potenza direttoriale - dovuta non solo alla forza suggestiva che esercitava sugli esecutori - poggiava su indiscutibili ragioni musicali: ebbe una memoria e un orecchio fuori del comune, conobbe come pochi la musica dell’Ottocento, dimostrò sempre un’estrema fedeltà ai testi interpretati e si distinse dai grandi direttori del suo tempo, soprattutto per il più vivace stacco dei tempi e per il brillante carattere del suono che sapeva ottenere dall’orchestra. Nelle sue esecuzioni non c’era artificiosità e ogni passaggio o sfumatura venivano da lui curati fin nei minimi particolari. Ettore Cozzani, ci ricorda di averlo visto «arginare d’improvviso una marea traboccante a ondate di procella d’una musica ascendente, per accusar un clarinetto d’essere entrato un quarto di battuta d’un tempo rapidissimo più tardi d’un flauto: e far ripetere tre o quattro volte il colloquio a due, e mostrare in realtà come due note, finale dell’uno e iniziale dell’altro, che dovevano sovrapporsi, s’erano invece seguite».67 Questa cura maniacale per i dettagli e le conseguenti continue ripetizioni durante le prove - spesso accompagnate da sfuriate scurrili nei confronti del singolo orchestrale, della sezione o dell’intera orchestra - furono per molti orchestrali fonte di angoscia e spesso di vero terrore! Nuccio Fiorda, ad esempio, ci ricorda che durante le prove degli Intermezzi della Pisanella di Ildebrando Pizzetti, al Teatro alla Scala di Milano, Toscanini fece «provare e riprovare quel passo del clarinetto della Danza dell’amore e della morte profumata per raggiungere la velata morbidezza ondeggiante, voluta dall’autore! Ed il Prof. Cancellieri (primo clarinetto), preso dal nervosismo nell’eseguire quel brano, non riusciva più ad intendersi col 67 ETTORE COZZANI, Arturo Toscanini, in «Il Carroccio», 1921, n° 2, p. 198. 55 Maestro, tanto che nell’intervallo, rivolgendosi a me (era anche lui romano), disse: “ Domani me ne ritorno a Roma”. Ma poi si calmò e l’incontentabilità di Toscanini fu soddisfatta». Diversi musicisti, inoltre, per non “macchiarsi” di una probabile cacciata dalle sue orchestre, preferirono non suonare sotto la direzione di Toscanini. Negli anni ‘40, ad esempio, il clarinettista basso Joseph Allard - prima di unirsi all’Orchestra Toscaniniana, nella quale suonò poi dal 1949 al 1954 - declinò più volte l’invito della NBC: «Hanno licenziato qualsiasi clarinettista basso che avessero, quindi perché dovrei essere proprio io il prossimo?»68 Se Toscanini fu sempre puntiglioso e maniacale durante le prove, ancor più lo fu nella scelta dei “suoi” orchestrali. Nel 1948, Attilio Poto, clarinettista italo-americano di seconda generazione, sostenne un’audizione con Toscanini per l’Orchestra NBC che durò ben tre giorni!69 A partire dalla metà degli anni ‘50, molti clarinettisti si fregiarono di aver suonato sotto la direzione del Toscanini; in realtà, pochi furono quelli scelti, apprezzati e che suonarono per lunghi periodi con “Il Mago” dell’orchestra. In Italia, godettero della sua stima Luigi Cancellieri, Alfio Alfieri, Alberto Luconi, Francesco Sigismondi,70 Ulderico Perilli, l’anziano e concittadino Arturo Capredoni71 e Luigi Amodio, da lui designato come primo clarinetto al Teatro alla Scala di Milano nel 1924, dopo averlo ascoltato in una esecuzione del Nerone di Arrigo Boito al Teatro Comunale di Bologna. Negli U.S.A., tra i pochi clarinettisti stimati dal Toscanini ricordiamo Augustin Duques, primo clarinetto nella sua NBC Symphony Orchestra per ben 13 anni (1937-1949), e Simeon Bellison, primo clarinetto della New York Philharmonic Orchestra (1920-1948). Biographical sketch: http://www.joeallard.org/bio.html (accesso del 19 agosto 2012). Memories of Koussevitzky: Victor Koshkin-Youritzin Interviews Attilio Poto, in «MusicalNet», http://www.classical.net/music/guide/society/krs/excerpt8.php (accesso del 19 agosto 2012). 70 Tutti scelti personalmente dal Toscanini per la mega orchestra di 98 elementi che nel 1920 allestì per un tour di concerti in Italia, Stati Uniti d’America e Canada. Cfr, ANDREA DELLA CORTE, Arturo Toscanini, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1989, p. 134. 71 Dal 1898 al 1926ca., fu clarinetto basso al Teatro alla Scala di Milano. 68 69 56 La diaspora degli orchestrali La progressiva crisi dell’opera, con la conseguente chiusura di diversi teatri, la mancanza di stabilità del lavoro in orchestra e, in alcuni casi, i forti contrasti politici verificatisi durante il regime fascista, spinsero un gran numero di clarinettisti a cercare fuori dall’Italia una migliore collocazione professionale. Escludendo i clarinettisti che occasionalmente o per brevi periodi furono attivi in orchestre estere, di seguito si riportano alcune notizie su quelli che invece vi operavano stabilmente e che, tranne in rari casi, non rientrarono mai più in Italia. In ARGENTINA, furono attivi: Antonio Giliberti (Profesorado Orquestal e Teatro Colòn di Buenos Aires, primi decenni del ‘900), Antonio Marranti (Teatro Municipale di Santa Fè, primi decenni del ‘900) e Giuseppe Tempesta (Teatro Colòn di Buenos Aires, primi decenni 1910). In BRASILE: Salvatore Bove (Orchestra Sinfonica Municipale di Campinas, anni ‘20) e Salvatore Campanella (Orchestra Sinfonica Municipale di Porto Alegre, dagli anni ‘30). In CANADA: Francesco Masella (Quebec Symphony Orchestra di Montréal, fino al 1952) e Giulio Romano (Orchestra Sinfonica di Montréal, dal 1930). In COLOMBIA: Pietro Biava Ramponi (Orchestra del Teatro Colombia di Barraquilla, dal 1926). In PERÙ: Luigi Accinelli (Orchestra di Lima, inizio ‘900). In SVIZZERA: Armando Basile (Orchestra della Radio Svizzera Italiana, 1946-1976), Natale Domenichini (Tonhalle Orchestra di Zurigo, 1926-1956ca.), Bruto Mastelli (Teatro Kursaal di Lugano, dal 1914) e Osvaldo Mengassini (Radio Svizzera DRS e Basel Orchestra Company, 1947-1965). In URUGUAY: Alfredo Ciasullo (Orchestra di Montevideo, dal 1910ca.). Negli STATI UNITI D’AMERICA, per gli alti ingaggi che offrivano le orchestre, troviamo infine il maggior numero di clarinettisti immigrati: Attilio Barbera (Metropolitan Opera House di New York, inizi del ‘900), Antonio Bellucci (Metropolitan Opera House di New York, 1883-1914), Ettore Bendazzi (Teatro Metropolitan di New York, 1922-1958), Rocco Bicchiere (Manhattam Opera House di New York, dal 1906), Benni Bonacio, pseudonimo di 57 Sebastiano Bonaccio (C.B.S. e New York Philharmonic, anni ‘40), Luigi Cancellieri (Metropolitan Opera Orchestra di New York, 1924-1955ca.), Domenico Caputo (Cleveland Orchestra, dal 1926; Pittsburgh Symphony, 1940ca.-1947), Alberto Chiaffarelli (New York Philharmonic, 1910-1919; Metropolitan Opera, 1919-1921; Chicago Opera, dal 1921; Pittsburgh Symphony Orchestra, 19421943), Angelo Chiaffarelli (Metropolitan Opera di New York, 1909-1918ca.), Gino B. Cioffi (Radio City Music Hal Orchestra, dal 1937; Pittsburgh Symphony Orchestra, 1941-1942; Cleveland Orchestra, 1942-1944; New York Philharmonic, 1944-1946; N.B.C. Orchestra, Metropolitan Opera Orchestra, 1946-1950; Boston Symphony Orchestra, 1950-1970), O. Castellazzi (San Francisco Symphony Orchestra, 1922), Gustavo Corti (Kansas City Philharmonic Orchestra, 1934-1935), Giovanni (John) De Bueris (Herbert Victor Orchestra di New York, 1927ca.), Angelo De Caprio (Minneapolis Symphony Orchestra, 1914-1922; Detroit Symphony Orchestra, 1922; Chicago Symphony Orchestra, 19221923), Domenico De Caprio (Civic Orchestra of Chicago, 19211922; Chicago Symphony Orchestra, 1922-1923; Chicago Philharmonic; National Chamber Orchestra di Chicago), Antonio Decimo (Ocean City Pops Orchestra, anni ‘30), Francesco De Michele (Orchestra della Walt Disney Studio, dal 1926 ca.), Emidio De Santis (Providence Symphony Orchestra, 1927-1941; New England Symphony Orchestra, 1941-1949), Luigi De Santis (Houston Orchestra, 1913; Chicago Civic Opera, 1914; St. Louis Orchestra, 1925-1926; Cleveland Orchestra, 1926-1929; Philadelphia Orchestra, 1930-1931; Andre Kostelanetz’s Philco Radio Orchestra; C.B.S. Orchestra di New York, anni ‘30), Vincenzo Donatelli (RKO di Los Angeles, dal 1910ca.), Nicola (Nicholas) Falcone (Orchestra del Teatro di Ann Arbor, dal 1915ca.), Angelo Fiorani (Baltimore Symphony Orchestra, 19401956ca.), Nicola (Nicholas) Forlani (Boston Symphony Orchestra, 1918-1921; Detroit Symphony Orchestra, 1924ca.), Francesco Domenico Fragale (San Francisco Opera Orchestra, dal 1915; San Francisco Symphony Orchestra; 1922-1955), Michele Fusco (Metropolitan Opera di New York, 1919-1941), Vincenzo Garzia (New Symphony Orchestra di New York, 1919-1920), Pirro Gentile (New York Philharmonic Orchestra, 1915-1917ca.), 58 Giuseppe Gigliotti (Philadelphia Orchestra, anni ‘30-40), Ciro Iannaccone (varie orchestre di New York, 1910-1920ca.), N. Licalsi (Natl Symphony Orchestra, 1932), Alberto Luconi (Detroit Symphony Orchestra, 1923-1926; Manhattan Opera Company; Radio Station WJR), Francesco (Frank) Mancini (Chicago Grand Opera; Philadelphia Grand Opera; Paris Grand Opera, 19151920ca.), Giulio (Julio) Mazzocca (Society Symphony Orchestra di New York, dal 1925; People’s Symphony Orchestra di Boston, 1927-1935; Indianapolis Symphony Orchestra, 1937-1944; New York Symphony Orchestra, 1946-1947), Salvatore Nirella (Pittsburg Orchestra, inizio ‘900; Minneapolis Symphony Orchestra, 1907-1913), Luigi (Louis) Nobile (Los Angeles Philharmonic Orchestra, 1922-1940ca.), Giuseppe Norrito (Columbia Theatre di Boston, 1892-1922), Guido Pettinari (Los Angeles Philharmonic Orchestra, 1943-1953ca.), Antonio Raimondi (Los Angeles Symphony Orchestra, 1916-1961), Antonio (Toni) Sarli (St. Louis Symphony Orchestra, (1907-1946), Ermelindo Scarpa (Ocean City Pops Orchestra, anni ‘30), Giulio (Jules) Serpentini (Philadelphia Orchestra, 1920-1962), Alberto (Albert) Sigismondi (Baltimore Symphony Orchestra, 1947-1949), Giuseppe Siniscalchi (Grand Opera Company di Chicago, dal 1910ca.; Chicago Symphony Orchestra, 1921-1923), Gabriele (Gabriel) Tosé (Chicago Civic Opera Orchestra, 1948), Valentino Trovato (St. Louis Symphony Orchestra, 1907-1909; New Symphony Orchestra di New York, 1919-1920), Augusto Vannini (Boston Symphony Orchestra, 1903-1926), Achille Villani (New York Symphony Society Orchestra, 1916-1917), Gennaro Volpe (varie orchestre di New York, dal 1906), Nicola Zannini (California Theater di San Francisco, 1912-1932; San Francisco Symphony Orchestra, 1918-anni ‘30), Rocco (Mike) Zottarelle (St. Louis Symphony Orchestra, 1921-1949) e tanti altri ancora. 59 Appendice PRIMI ESECUTORI DEI PRINCIPALI ASSOLI ORCHESTRALI I dati di seguito riportati, scaturiscono dalla lettura delle partiture, dei nominativi degli orchestrali riportati nei libretti d’opere e negli organici orchestrali, dalle lettere o memorie degli stessi operisti e dalle recensioni pubblicate subito dopo le prime esecuzioni. Amodio, Luigi (Bologna, 1902 - Milano, 1942). Assolo nel I Atto dell’Opera Turandot (Milano, Teatro alla Scala, 1926). Bellison, Simeon (Mosca, Russia, 1883 - New York, U.S.A., 1953). Assolo nella Scarlattiana di Alfredo Casella (New York, U.S.A., New York Philharmonic Orchestra, 1927). Assolo nel Concerto dell’Estate di Ildebrando Pizzetti (New York, U.S.A., New York Philharmonic Orchestra, 1929). Assolo (L’Ottobrata) nel Poema Sinfonico Feste Romane di Ottorino Respighi (New York, U.S.A., New York Philharmonic Orchestra, 1929). Bendazzi, Ettore (Torino, 1881 - ?, U.S.A., post. 1958). Assoli nell’Opera Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai (Torino, Teatro Regio, 1914). Bellucci, Antonio (Pisa, 1857 - New York, U.S.A., 1916). Assoli nell’Opera La Fanciulla del West (New York, Metropolitan Opera House, 1910). Cancellieri, Luigi (Roma, 1895 - ?, U.S.A., 1959). Assoli nell’Opera Dèbora e Jaéle di Ildebrando Pizzetti (Milano, Teatro alla Scala, 1922). De Napoli, Angelo (Napoli, 1860 - Torino, 1930). Assolo del clarinetto basso nel III Atto dell’Opera Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai (Torino, Teatro Regio, 1914). 60 Franceschini, Augusto (? - Bologna, 1921). Assoli nell’Opera Madame Butterfly di Giacomo Puccini (Milano, Teatro alla Scala, 1904). Gehrhardt, J. Assolo per clarinetto piccolo in Re (La Befana) nel Poema Sinfonico Feste Romane di Ottorino Respighi (New York, U.S.A., New York Philharmonic Orchestra, 1929). Hamelin, Gastone (Saint-Georges, Francia, 1884 - Parigi, Francia, 1951). Assoli nelle Impressioni Sinfoniche Vetrate di Chiesa di Ottorino Respighi (Boston, U.S.A., Boston Symphony Orchestra, 1927). Assolo (Modus VII) nel Tema e Variazioni Metamorfosen. XII Modi di Ottorino Respighi (Boston, U.S.A., Boston Symphony Orchestra, 1930). Magnani, Aurelio (Longiano, Forlì, 1856 - Roma, 1921). Assolo nel III Atto dell’Opera Tosca (Toma, Teatro Costanzi, 1900). Micozzi, Antonio (Roma, 1886 - Napoli, 1948). Assolo nelle Impressioni Sinfoniche Primavera in Val di Sole di Riccardo Zandonai (Roma, Orchestra del Teatro Augusteo, 1915). Assolo nel Rondò Arlecchinesco (Roma, Orchestra del Teatro dell’Augusteo, 1916). Assoli nel Poema Sinfonico Le Fontane di Roma di Ottorino Respighi (Roma, Orchestra del Teatro dell’Augusteo, 1917). Assolo nell’Elegia Eroica op. 29 di Alfredo Casella (Roma, Orchestra del Teatro dell’Augusteo, 1917). Assoli (I Pini del Gianicolo) nel Poema Sinfonico I Pini di Roma di Ottorino Respighi (Roma, Orchestra del Teatro dell’Augusteo, 1924). 61 IV I CLARINETTISTI I concertisti Dopo i fasti dell’epoca d’oro dei grandi clarinettisti-virtuosi dell’800 (Ernesto Cavallini, Ferdinando Sebastiani, Girolamo Salieri ed altri), per tutta la prima metà del ‘900, pochissimo spazio fu riservato alle esibizioni solistiche. Nell’Annuario dei Concertisti del 1915-1916, non risulta alcun clarinettista,72 come non sono presenti nei bollettini dei diversi “Uffici Concerti” di Bologna, Milano e Roma, che rappresentavano i musicisti e organizzavano concerti cameristici e orchestrali in tutta Italia. Lo strumento, evidentemente, non era più ritenuto adatto per pubbliche esibizioni solistiche. Completamente assente anche da tutte le programmazioni ufficiali dei grandi teatri d’opera di Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Torino, troviamo occasionali esibizioni di clarinettisti solo in contesti secondari, per lo più nella città in cui insegnavano o suonavano in orchestra. Ben pochi, pertanto, si esibirono in più città e/o all’estero, se non come componenti di gruppi da camera. Dal 1922 al 1925, ad esempio, con il «Doppio Quintetto» di Torino, Leonardo Savina suonò in diverse città del nord Italia. Grazie al «giro artistico», organizzato dal Ministero per la Stampa e la Propaganda e dal Ministero degli Affari Esteri, per diffondere la cultura musicale italiana all’estero, invece, nel 1936, Francesco Miotto suonò con il «Gruppo Strumentale Italiano» in vari città europee (Ginevra, Losanna, Basilea, Amsterdam, Bruxelles, Parigi).73 Analogamente, negli anni ‘40, Raimondo Maramotti, con la Annuario dei Concertisti, Bologna, Edizione della Federazione fra le Società Italiane di Concerti, 1915. 73 ROBERTO ZANETTI, La Musica Italiana nel Novecento, Busto Arstizio, Bramante Editrice, 1985, vol. I, p. 572. 72 62 «Camerata Strumentale Italiana», e Pietro Di Francesco, con un ensemble cameristico allestito per l’esecuzione del Pierrot Lunaire di Arnold Schönberg, si esibirono nelle principali città italiane ed europee. Singolare risulta la carriera concertistica di Lucio Jucci: dal 1921 al 1926 da solista e dal 1933 in poi sia da solista che con il «Quintetto romano di strumenti a fiato», si esibì saltuariamente a Roma; mentre, dal 1927 agli inizi del 1933, più volte si produsse in concerti solistici a Berna, Montreux, Losanna e in altre città della Svizzera, dove fu attivo anche in varie orchestre. Anche Luigi Amodio, dalla fine degli anni ‘30 al 1942, anno della sua morte, si esibì sporadicamente a Milano - in duo con i pianisti Guido Agosti o Giorgio Favaretto, con il Quartetto d’archi Poltronieri e con l’orchestra “Juvenilis Lympha” del G.U.F. di Milano - mentre, dal 1939, suonò più volte in Austria e Germania, in duo con i pianisti Walter Gieseking e Edwin Fischer, con il Quartetto Strub e come solista nei concerti di Weber e Mozart con la Städtisches Orchester di Berlino. Nello stesso periodo, anche Agostino Gabucci – che in Italia si era esibito solo a Cagliari e Firenze, nei periodi in cui era professore nei rispettivi conservatori – tenne molti concerti in Austria e Germania (Berlino, Monaco, Stoccarda, Lipsia, Vienna ed altre città). Nel 1942, amaramente il Pace scriveva: «Nelle orchestre francesi il primo Clarinetto, che è il preferito fra i fiati, è a parità di condizioni morali col 1° Violino ed ha diritto, similmente agli archi, di eseguire concerti come solista, nell’orchestra di cui fa parte. Quanti sono invece i clarinettisti italiani che hanno suonato un concerto con accompagnamento d’orchestra, esclusi i saggi di Conservatori? Noi sappiamo per esperienza personale che per dare uno dei rari concerti all’Eiar, occorre superare molte prevenzioni, mentre basta leggere i programmi tedeschi e francesi, per trovarvi molto spesso programmi di musica per fiati […]. Anche la stampa, sempre generosa di parole e di giudizi ai Concerti degli strumenti tradizionali, diventa avara quando si trova a giudicare gli strumenti a fiato e, peggio ancora, tace talvolta il nome dell’esecutore o dell’esecuzione stessa, pur trattandosi dei più valorosi artisti che 63 vanti l’Italia».74 Il repertorio solistico Scomparse quasi del tutto le variazioni e le fantasie di derivazione operistica,75 assai apprezzate per gran parte dell’Ottocento, il repertorio dei pochi concertisti attivi nella prima metà del ‘900, era tutto incentrato sulle composizioni, solistiche e da camera, dei grandi compositori di scuola tedesca e francese e sulle esecuzioni di nuovi lavori di compositori italiani. Delle composizioni di Johannes Brahms, le 2 Sonate op. 120, per clarinetto e pianoforte, furono eseguite, tra gli altri, a Carrara da Enea Pollini (1906), a Torino da Ettore Bendazzi (1921), a Venezia da Renato Zanon (1931), a Roma da Lucio Jucci (1933) e a Milano da Luigi Amodio (1934); il Trio op. 114, per clarinetto, violoncello e pianoforte, a Napoli da Arcangelo Picone (1915), a Torino da Leonardo Savina (1923), a Roma da Lucio Jucci (1933) e a Palermo da Alberto Alberani (1937); il Quintetto op. 115, per clarinetto e archi, A Vienna (Austria) da Angiolo Del Bravo (1908), a Torino e in altre città, per ben 25 volte, da Leonardo Savina (1922-1925), a Cagliari da Ferruccio Gonizzi (1933) e a Milano da Luigi Amodio (1934). Della Première Rhapsodie di Claude Debussy, si segnalano le esecuzioni a Torino di Leonardo Savina (1927) e Mario Romani (1948), a Montreux (Svizzera) di Lucio Jucci (1931) e a Milano di Luigi Amodio (1936). Dei capolavori di Wolfgang Amedeus Mozart, il Trio K. 498, per clarinetto, viola e pianoforte, fu eseguito a Roma da Aurelio Magnani (1907) e a Firenze da Agostino Gabucci (1946); il Quintetto k. 581, per clarinetto e archi, a Roma da Aurelio Magnani (1903) e Lucio Jucci (1935), a Torino da Ettore Bendazzi (1922) e Leonardo Savina (1924), a Venezia da Renato Zanon (1931) e a Milano da Luigi Amodio (1934, 1936, 1937, 1940); il Concerto K. TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 199-200. Per alcuni decenni continuano ad essere presenti solo nei programmi dei saggi scolastici. Tra le rare esecuzioni di questo tipo di musica, ricordiamo una Fantasia su motivi di Rossini suonata a Carrara, nel 1911, dal clarinettista fiorentino Guglielmo Cappetti con il pianista Demetrio Ghetti. Cfr., ALBERTO COMPAGNO, Cronologia della vita musicale Carrarere 1800-1960, Carrara, a spese dell’autore, 2006, p. 181. 74 75 64 622, per clarinetto e orchestra, a Montreux (Svizzera) da Lucio Jucci (1931), a Milano da Luigi Amodio (1939) e a Torino da Leonardo Savina (1948). Di Sergei Prokofiev, l’Ouverture su temi ebraici op. 34, per clarinetto, quartetto d’archi e pianoforte, fu eseguita a Milano (1938) da Luigi Amodio, con il Quartetto Poltronieri e l’autore al pianoforte. Di Giacomo Setaccioli, la Sonata op. 31, per clarinetto e pianoforte, fu eseguita a Roma da Lucio Jucci (1921,1922) e da Enrico Di Zenzo (1942), a Milano da Agostino Gabucci (1921), a Palermo da Ulderico Perilli (1925). Di Carlo Savina, la Sonata, per clarinetto e pianoforte, vincitrice del Premio «Olimpiadi Culturali della Gioventù» di Torino (1947), fu eseguita a Torino da Agostino Gabucci (1947) e a Genova da M.o Fabbri (1948). Di Max Reger, il Quintetto op. 146, per clarinetto e archi, fu eseguito in prima italiana nel 1924 a Venezia da Giuseppe Marasco, «lavoro, però, che piacque poco».76 Di Carl Maria von Weber, il Grand Duo concertant op. 48, per clarinetto e pianoforte, fu eseguito a Trieste da Angiolo Del Bravo (1905); il Concerto n° 2 op. 74, per clarinetto e orchestra, a Trieste da Angiolo Del Bravo (1905) e a Napoli da Ulderico Paone (1945). Tra le rare e spesso uniche esecuzioni di altre composizioni per clarinetto e pianoforte, ricordiamo la Sonatina del polacco Antoni Szalowski, eseguita a Venezia da Francesco Miotto (1938), la Sonata in Re di Nino Rota, eseguita a Bari da Attilio Scotese (1945) e la Pastorale di Vincenzo Di Donato, eseguita a Losanna (Svizzera) da Lucio Jucci (1933). I clarinettisti nelle formazioni da camera Emarginati come solisti, diversi clarinettisti svolsero una dignitosa attività concertisti principalmente in formazioni cameristiche. Con il Quintetto della Regina Margherita di Roma,77 ad esempio, dalla fine dell’800 al primo decennio del ‘900, suonò spesso Aurelio 76 77 «Musica d’Oggi», 1924, n° 3, p. 96. FRANCESCO SANVITALE, Tosti, Torino, EDT, 1991, p. 101. 65 Magnani, quale interprete dei capolavori di Mozart e Beethoven e per la prima esecuzione del Quintetto in sol minore per violino, clarinetto, corno, violoncello e pianoforte di Giuseppe Frugatta (1899). Con il «Doppio Quintetto di Torino», formazione costituita dall’unione di un quintetto d’archi e di un quintetto a fiati, durante la sua breve attività (1920-1925),78 suonarono prima Ettore Bendazzi (1920-1922) e poi Leonardo Savina (1923-1925). Con un repertorio che comprendeva parecchie composizioni con clarinetto solista,79 Il Doppio Quintetto si esibì nelle principali città del nord Italia, presentando spesso anche prime esecuzioni di musiche di autori italiani e stranieri,80 alcune delle quali scritte appositamente per questa formazione.81 Per breve tempo, fu attivo a Venezia il Trio Toffoletti (pianoforte), Pace (clarinetto) e Guarnieri (violoncello) che nel 1922 «ottennero il più lusinghiero e completo successo in un programma indovinatissimo che ha permesso loro di far emergere Cfr. STEFANO BALDI, Un episodio del modernismo torinese: il «Doppio Quintetto di Torino», 1920-1925, in «Giorgio Federico Ghedini: Doppio quintetto per archi e fiati con l’aggiunta di arpa e pianoforte (1921)», a cura di Stefano Parise, Torino, Zedde Editore, 2000, pp. VIII-XIII; GUGLIELMO BERUTTO, Il Piemonte e la Musica 1800-1984, Torino, a cura dell’autore, 1984, pp. 117, 214, 238, 258. 79 Nella brossura divulgativa del Doppio Quintetto di Torino del 1920-1921, tra l’altro, figuravano anche le seguenti composizioni con clarinetto: Beethoven, Settimino op. 20; Brahms, Sonate op. 120,Trio op. 114 e Quintetto op. 115; Mozart, Quintetto K. 452 e Trio K. 498; Saint-Saëns,Caprice sur des airs danois et russes; Schubert, Ottetto op.166; Schumann, Fantasia op. 73; Spohr, Nonetto. Sotto la dicitura «repertorio moderno»: Busoni, Sonata per clarinetto e archi; V. d’Indy, Trio op. 29. Negli anni successivi, furono poi aggiunti: A. Magnard, Quintetto per fiati e pianoforte; Pierné, Pastorale op. 14 per quintetto a fiati; Stravinskj, Suite da l’Histoire du soldat per clarinetto, violino e pianoforte e altre pagine contemporanee. Cfr., STEFANO BALDI, Un episodio del modernismo torinese, op. cit, p. XII. 80 Nel 1924 nella sala del Conservatorio di Milano fu presentata in prima esecuzione italiana la Kleine Kammermusik per quintetto di fiati di Paul Hindemith. Cfr. STEFANO BALDI, Un episodio del modernismo torinese, op. cit, pp. XI-XII; GUGLIELMO BERUTTO, Il Piemonte e la Musica 1800-1984, Torino, a cura dell’autore, 1984, p. 214. 81 Tra queste, ricordiamo il Doppio quintetto per archi e fiati con l’aggiunta di arpa e pianoforte di Giorgio Federico Ghedini, opera vincitrice nel 1921 di un concorso indetto dallo stesso Doppio Quintetto; Silhouettes e caricature, Quattro danze per doppio quintetto (1922, perduta) di Luigi Perrachio; Impressioni campestri (1921) per doppio quintetto di Francesco Angelo Cuneo; Intermezzo tragico op. 10 per doppio quintetto di Renzo Bossi. 78 66 tutte le virtù di esecutori e di interpreti».82 Qualche anno dopo, ritroviamo il Pace con il Sestetto Fiorentino, un’insolita formazione (per l’epoca) costituita da un quintetto di fiati e pianoforte, fondato nel 1925 a Firenze da Felice Boghen83 e in attività fino a dopo il 1932. Diversi furono i quintetti a fiato, attivi per lo più negli ambienti orchestrali e scolastici di Roma, Palermo, Milano, Cagliari e Sassari. Al 1922 risale la fondazione a Roma della Società fra strumenti a fiato per la musica da camera,84 che alla fine degli anni ‘20 assunse la denominazione di Quintetto romano di strumenti a fiato. Con questa formazione, suonarono Carlo Luberti (dal 1922), Antonio Micozzi (dal 1930), Lucio Jucci (1935) e Osvaldo Mengassini (dal 1936). Tra le altre composizioni, nel 1935, il quintetto suonò in prima assoluta la Partita di Pietro Sassoli e la Suite di Ezio Carabella. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, sempre a Roma, ebbe vita il Quintetto di strumenti a fiato di Radio Roma - costituito dalle prime parti dell’orchestra della R.A.I. - nel quale suonò Giacomo Gandini. Nel 1950, il quintetto ottenne il Microfono d’argento dell’Associazione della Stampa Romana. Tra gli altri occasionali quintetti a fiato presenti nel resto d’Italia, ricordiamo quelli attivi a Palermo (1932), con Antonio Micozzi; 85 Milano (1932, 1934), con Luigi Amodio;86 Sassari, con Ugo Artioli,87 e Cagliari (1936), con Agostino Gabucci.88 Dalla seconda metà degli anni ‘30, infine, furono attive anche all’estero due ensemble di archi e fiati: il Gruppo Strumentale Italiano, in cui suonò Francesco Miotto, e la Camerata Strumentale Italiana, che ebbe come clarinettista Raimondo Maramotti. «Il Pianoforte», 1922, n° 5, pp. 153-154. LEONARDO PINZAUTI, L’Accademia musicale chigiana da Boito a Boulez, Milano, Electa, 1982, p. 192. 84 ARTHUR EAGLEFIELD HULL, A dictionary of modern music and musicians, London, J. M. Dent & sons Ltd, 1924, p. 87. 85 «Musica d’Oggi», 1932, n° 1, p. 33. 86 EMANUELA SCARPELLINI, Il Teatro del popolo: La stagione artistica dell’Umanitaria fra cultura e società, 1911-1943, Milano, Franco Angeli, 2000, pp. 338, 341. 87 AA. VV., Diorama della musica in Sardegna, op. cit., p. 206. 88 Idem, p. 158. 82 83 67 I clarinettisti a 78 giri L’invenzione del fonografo (1877) e successivamente del grammofono (1887), rivoluzionarono non poco il sistema produttivo musicale mondiale: per la prima volta era possibile registrare e riascoltare, su dischi riproducibili in più copie identiche, i più disparati brani musicali. Di conseguenza, l’invenzione del disco rappresentò per i musicisti non solo uno straordinario mezzo per diffondere la propria arte, ma soprattutto un nuovo sistema per fare business con poco lavoro. Tra i primi clarinettisti italiani che incisero dei dischi a 78 giri, troviamo Felice Iardella e Giuseppe Norrito. Questi, tra il 1897 e il 1898, incisero negli U.S.A. diversi ballabili e brani di estrazione popolare per la Berliner’s Gramophone, tra i quali ricordiamo Clarionet Polka, incisa nel 1897 da Felice Iardella, e Schottisches, incisa sempre nel 1897 da Giuseppe Norrito. Al 1902 risalgono, invece, le incisioni di Antonio Ciccotti e Romolo Quaranta, all’epoca primi clarinetti al Teatro alla Scala di Milano. In duo, registrarono per la Zonophone il Concerto dall’Opera Maria Padilla di G. Donizetti89 per 2 clarinetti e pianoforte,90 mentre Romolo Quaranta incise da solista, per la Gramophone Concert Record, il Carnevale di Venezia di Jules Benedict, 91 “Parmi veder le lagrime” dal Rigoletto di G. Verdi, La Fantasia sulla Sonnambula di Bellini e altre variazioni e fantasie operistiche. Al 1914 risalgono le incisioni di Antonio Decimo per l’americana Rex: Polacca dal Concerto n° 2 di Weber, Zigeunerweisen di Pablo Sarasate e Rêverie Russe di Cavallini, con il flautista Giuseppe (Joseph) La Monaca. Particolarmente attivo negli U.S.A. fu pure il casertano Antonio Giammatteo che, dal 1911 fino agli anni ‘30, incise un gran numero di 78 giri per la Edison, da solista, in duo con il clarinettista Fred Nel 1994 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical Recordings, Volume II», Clarinet Classics (CC0010). 90 Si tratta di una versione estratta dalla Fantasia di Concerto su un motivo dell’Opera Maria Padilla del M° Gaetano Donizetti, per flauto e clarinetto con accompagnamento di pianoforte, di Francesco Pizzi (copia manoscritta in I-NOVi). 91 Nel 1993 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical Recordings, Volume I», Clarinet Classics (CC005). 89 68 Brissett e con i flautisti Julius Spindler o Pietro Caso. Le sue incisioni sono per lo più ancorate al tipico repertorio ottocentesco delle fantasie operistiche e comprendono, tra le altre, la Fantasia dalla Norma (nel 1920), la Fantasia dal Simon Boccanegra di Donato Lovreglio (1921), Il Convegno di Amilcare Ponchielli (1926), il Duo Concertant op. 33 di Carl Baermann (1924).92 Del 1921 è invece l’unica incisione nota per la Berliner Gramophone di Giuseppe Moretti, all’epoca attivo in Canada: Scènes alsaciennes di Jules Massanet, in una suggestiva versione per clarinetto, violoncello e celesta. Prima in Italia e poi in Germania, nell’arco di un decennio (1932-1942), Luigi Amodio incise i maggiori capolavori della letteratura clarinettistica.93 Nel 1932, per la Columbia, incide i quintetti K. 581 di W. A. Mozart e op. 115 di J. Brahms, con il Quartetto Poltronieri. Al 1937, invece, risale la registrazione per la Cetra de “Il Pastore sulla Roccia“ op. 129 di F. Schubert, con Maria Cecil Winifred (soprano) e Alfredo Simonetti (pianoforte). I continui concerti che tenne a partire dal 1939 in Germania, favorirono poi i contatti con l’Electrola, la Polydor, la Siemens e la Deutsche Grammophon, con le quali incise i suoi ultimi dischi: Quintetto K. 581 di W. A. Mozart (nel 1941), con il Quartetto Strub; Trio op. 11 di L. van Beethoven (1942), con H. Scrhoder (violoncello) e Siegfried Schultze (pianoforte); Trio K. 498 di W. A. Mozart (1942), con Rudolph Nei (viola) e Siegfried Schultze (pianoforte); Sonata n° 1 op. 120 di J. Brahms (1942), Fantasiestücke op. 73 di R. Schumann (1942) e Gran Duo concertante op. 48 di C. M. von Weber (1942), con il pianista Siegfried Schultze; Concerto K. 622 di W. A. Mozart, con la Städtisches Orchester di Berlino diretta da Alceo Galliera (1942).94 Nel 1993 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical Recordings, Volume I», Clarinet Classics (CC005). 93 Seppur in forma anonima, dagli anni ‘30 fino alla morte, Luigi Amodio incise per la Odeon moltissimi dischi con l’orchestra del fisarmonicista Gallo, contenenti per lo più virtuosistiche polke, valzer e mazurke. 94 Il Il Quintetto K. 581 di Mozart, con il Quartetto Strub, il Trio op. 11 di Beethoven, la Sonata n° 1 op. 120 di Brahms e al terzo movimento dei Fantasiestücke op. 73 di Schumann, nel 1999 sono stati rimasterizzati e pubblicati nel Cd «Luigi Amodio: La Scala Virtuoso» dalla londinese Clarinet Classics (CC008); mentre una registrazione radiofonica del Quintetto K. 581, con il Quartetto Strub, e il Concerto K. 622 di Mozart, con la 92 69 Tra le ultime incisioni a 78 giri, ricordiamo il Larghetto dal Quintetto K. 581 di W. A. Mozart registrato nel 1949 per la Celson da Paolo Del Pistoia95 con il Quartetto d’archi della Scala. 96 I clarinettisti eclettici Nutrito risulta l’elenco dei clarinettisti che, oltre all’attività solistica, orchestrale e/o didattica, si cimentarono con successo anche in altri campi musicali. Moltissimi, ad esempio, furono i clarinettisti che si dedicarono alla direzione di bande musicali. Tra questi, ricordiamo: Giuseppe D’Elia, direttore della Banda della Guardia di Finanza (1932-1958); Antonino De Luca, direttore della Banda Palatina della Città del Vaticano (dopo il 1945), Luigi Falcomer, direttore della banda cittadina di Padova (1910-1940ca.), Antonio Giammatteo, direttore della New York State Symphonic Band (dal 1930 al 1950ca.), Alamiro Giampieri, direttore della banda cittadina di Brescia (anni ‘30-40), e Temistocle Pace, direttore delle bande della 7a Legione della Milizia Ferroviaria (dal 1933) e di Prato (1934-1942). Diversi furono anche quelli che si cimentarono con successo nella direzione d’orchestra, tra questi ricordiamo: Teofilo De Angelis, direttore di varie orchestre romane e italiane, Antonio Marranti, direttore di varie compagnie operistiche italiane attive in Argentina (anni ‘30), Temistocle Pace, fondatore e direttore dell’orchestra del Dopolavoro di Firenze, e Augusto Vannini, direttore del Boston Symphony Ensemble (anni ‘20). Nell’ambito dell’editoria musicale, invece, furono attivi Pietro Massara ad Ivrea e Alamiro Giampieri. Quest’ultimo, durante la sua permanenza a Genova, diede vita alle Edizioni Musicali Giampieri, con le quali, per alcuni anni (1929-1931), pubblicò diverse Städtisches Orchester di Berlino, nel 2005 sono stati rimasterizzati e pubblicati nel Cd «Wolfgang Amadeus Mozart: Klarinetworks» dalla DRA Deutsches Rundfunkarkiv. 95 Negli anni ‘40, fondò l’Orchestra Del Pistoia con la quale pubblicò per la Odeon e La Voce del Padrone molti dischi contenenti virtuosistici ballabili: «La musichetta villereccia risorge, a poco a poco e si allinea tra i generi minori con intendimento d’arte. Anche qui si cammina; anche qui, chi guarda senza preconcetti, troverà che il nostro Del Pistoia può vantarsi di essere sulla buona strada». Cfr., «La Voce del Padrone», listino n° 5, maggio 1940, p. 9. 96 Nel 1994 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical Recordings, Volume II», Clarinet Classics (CC0010); 70 composizioni popolari e riduzioni operistiche per orchestrine. Al canto, infine, si dedicarono con successo Manlio Marcantoni, apprezzato maestro di canto a Roma, e Giovanni Martinelli, raffinato tenore che si esibì nei maggiori teatri d’Europa e delle Americhe. I clarinettisti del Duce Durante il Ventennio fascista (1922-1942), le continue direttive e imposizioni del regime, rivoluzionarono non poco gli ambienti musicali e i rapporti di lavoro dei musicisti. L’iscrizione al Partito Nazionale Fascista (P.N.F.), dal maggio 1933, era dichiarata requisito fondamentale per la partecipazione ai concorsi pubblici; dal marzo 1937, era obbligatoria se si voleva accedere a un qualunque incarico pubblico. Dal giugno 1938, senza la Tessera del P.N.F., da molti chiamata la «tessera del pane», non era più possibile suonare nei teatri o insegnare nei conservatori e anche per esercitare legalmente la libera professione di insegnamento privato, bisognava possederla ed essere iscritti al Sindacato Fascista dei Musicisti.97 Singolare risulta il caso di Luigi Amodio, soprannominato «Il piccolo Lenin» dai suoi colleghi dell’Orchestra alla Scala di Milano: nel 1934 la sua domanda di insegnamento al Conservatorio di Bolzano non fu presa in considerazione in quanto non iscritto al partito fascista. Tessera che, evidentemente, fu costretto ad accettare poco dopo per continuare a suonare alla Scala e per tenere concerti in Austria e Germania. Anche per questi ultimi, infatti, bisognava ottenere il «nulla osta» dal Ministero della Cultura Popolare, rilasciato sempre e solo agli iscritti al Partito Nazionale Fascista. Tra quanti non accettarono queste imposizioni, troviamo Gino Cioffi che, nel 1937, abbandonò l’Italia per trasferirsi definitivamente negli U.S.A., dove proseguì la sua straordinaria carriera di orchestrale. Tanti altri, invece, per convinzione, per costrizione o per semplice opportunismo, aderirono ai meccanismi di do ut des politico, ovvero «protezioni e agevolazioni in cambio di consenso «Il Musicista», Organo Ufficiale del Sindacato Nazionale Fascista Musicisti, 1938, nn. 2-3, p. 45. 97 71 ufficiale e partecipazione attiva al “sistema” fascismo».98 Di sicuro, al sistema e alle tante attività volute e fortemente incentivate dal regime fascista, parteciparono attivamente Temistocle Pace, fondatore e direttore dell’Orchestra Sinfonica del Dopolavoro di Firenze e membro del Direttorio del Sindacato Fascista dei Musicisti della Toscana,99 Francesco Pitzianti, nel 1938 componente del Direttorio del Sindacato Fascista dei Musicisti di Cagliari,100 Raimondo Maramotti, istruttore e direttore di bande e complessi corali della Gioventù Italiana del Littorio di Piacenza,101 Paolo Ufirini, professore di clarinetto all’Istituto Musicale “M. Clementi” dell’Opera Nazionale del Dopolavoro (O.N.D.) di Roma,102 Eugenio Brunoni, iscritto nella Federazione dei Fasci di Combattimento Ravennati come “Squadrista”103 e tanti altri ancora. Per molti, le gratificazioni e i riconoscimenti del regime non tardarono ad arrivare. Tra gli altri, furono nominati in ruolo senza concorso Francesco Pitzianti al Conservatorio di Parma (nel 1939), Fernando Gambacurta al Conservatorio G.I.L. di Roma (nel 1941) e Agostino Gabucci al Liceo Musicale di Cagliari (nel 1941). Quest’ultimo poi, con Temistocle Pace e Carlo Luberti, nel 1941 fu nominato componente della sottocommissione di clarinetto, istituita dal governo fascista, per «l’Autarchia musicale», incaricata di valutare e rivedere i metodi di studio in vista di una riforma radicale dell’istruzione musicale italiana.104 Dopo la caduta del fascismo, tra i pochissimi clarinettisti che pagarono per il proprio attivismo, troviamo Eugenio Brunoni, nel 1945, allontanato dagli ambienti musicali di Milano perché troppo compromesso con il precedente regime. 105 STEFANO BIGUZZI, L’orchestra del duce: Mussolini, la musica e il mito del capo, Torino Utet, 2003, p. 117. 99 Musicisti e Artisti contemporanei della Toscana: Profili didascalici, Torino, Editoriale Sabauda, 1939, p. 151. 100 «Il Musicista», Organo Ufficiale del Sindacato Nazionale Fascista Musicisti, 1938, n° 1, p. 1. 101 AA. VV., I Cent’anni del Liceo Musicale “G. Nicolini” di Piacenza, op. cit., p. 99. 102 «Rassegna Dorica», 1937, n° 3, p. 67. 103 ELIOS ANDREINI - SATURNO CARNOLI, Camicie Nere di Ravenna e Romagna tra oblio e castigo, Ravenna, Edizioni Artestampa, 2006, P. 478. 104 GUIDO SALVETTI (a cura), Milano e il suo Conservatorio, op. cit., p. 183. 105 Idem, p. 263. 98 72 La musica sincopata e i primi clarinettisti jazz In pieno regime fascista, l’Italia esporta musica lirica e importa musica jazz, attraverso i dischi a 78 giri portati dagli emigrati italiani che tornavano dagli U.S.A. Pur criticandola aspramente («Niente musica e tutto ritmo», scriveva il Popolo d’Italia), il regime la tollerava e non usò mai il suo potere per vietarla, almeno fino alla dichiarazione di guerra agli Stati Uniti del 1941, quando furono vietati titoli, nomi e musiche americane. Decreto, però, che fu facilmente aggirato italianizzando i titoli dei brani e i nomi dei musicisti e delle orchestre, spesso con risultati grotteschi.106 Negli anni ‘20, molte furono le orchestre di “jazz annacquato” (più che altro “musica leggera ritmica para-jazzistica”) specializzate nella grande musica da ballo. In esse, vi suonarono inizialmente clarinettisti provenienti per lo più dalle bande militari, capaci di suonare bene anche il sassofono ma poco esperti nell’improvvisazione. Copiando dai dischi importati e dai musicisti americani in tournée in Italia, dalla fine degli anni ‘20, maturò poi una folta schiera di clarinetti-sassofonisti107 di buon valore: Piero Rizza (la sua Louisiana Band nel ‘29 aveva inciso i primi otto brani di vero jazz italiano con la Fonotecnica), Sesto Carlini (nel 1938 e nel 1939, la sua orchestra fu ingaggiata anche in Olanda, Londra e New York), Eraldo Volontè (con la sua orchestra, nel 1949 vince il Festival del Jazz di Firenze), Tommaso Ansalone, Vito Morea, Piero Pizziconi, Mario Balbo, Giuseppe Cattafesta, Baldo (Teobaldo) Maestri e tanti altri ancora fino a Henghel Gualdi che dalla fine degli anni ‘40 fu il più attivo e importane clarinettista jazz italiano del XX secolo.108 «Con questo stratagemma vengono coniate delle vere e proprie ridicolaggini, quali Le tristezze di San Luigi quale improbabile traduzione di St. Louis Blues, a dimostrazione del becero provincialismo della dittatura mussoliniana. Gli stessi grandi Louis Armstrong e Benny Goodman si trasformano in Luigi Bracciaforte e Beniamino Buonuomo, allo scopo di consentire, a musicisti e discografici, di aggirare l’ostacolo e contrabbandare ugualmente musica che va raccogliendo sempre maggiori consensi tra il popolo italiano». GILDO DE STEFANO, Vesuview Jazz: Tracce di jazz in Campania dal 1920 al Nuovo Millennio, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 16. 107 Vedi: ADRIANO MAZZOLENI, Quarant’anni di jazz in Itali, Milano, Ricordi, 1965; ADRIANO MAZZOLENI, Il Jazz in Italia: Dalle origini alle grandi orchestre, Torino, EDT, 2004. 108 Su Henghel Gualdi, vedi: HENGHEL GUALDI, Poteva andare meglio, Rimini, Guaraldi, 106 73 Un ulteriore impulso all’acqusizione del linguaggio e delle tecniche jazzistiche, infine, fu dato dalle edizioni Curci di Milano che, nel 1941, pubblicarono il Metodo (Scuola di tecnica moderna per clarinetto) del celebre clarinettista americano Artie Shaw.109 Giudizi e Recensioni La bellezza del suono (cavata), il fraseggio di derivazione operistica e il possesso di un perfetta tecnica esecutiva, furono le qualità maggiormente apprezzate da compositori, direttori d’orchestra e critica musicale del tempo110 e che costituirono gli elementi basilari della nostra scuola clarinettistica, assai apprezzata in tutto il mondo. Di seguito, si riportano giudizi e recensioni su alcuni tra i maggiori clarinettisti dell’epoca. Amodio, Luigi: «Perfetta tecnica, accompagnata da una voce deliziosa, veramente incomparabile e sorretta da un senso artistico di musicista sì da formare del prof. Amodio un elemento, non soltanto superiore, ma addirittura prezioso».111 Bianchini, Bianco: «Artista e clarinettista delicatissimo, che ha per dote principale una deliziosa voce cui corrisponde un particolare modo di eseguire, cosa che lo distingue fra molti».112 Blonk-Steiner, Umberto: « Impareggiabile esecutore per la sua arte e per la voce meravigliosa che sapeva trarre dal Clarinetto».113 Cioffi, Gino: «Il sig. Cioffi ha un suono morbido e rotondo, dolce ma non piatto, dalla bellezza del registro dello chalumeau a salire verso l’alto […] è il clarinetto, nelle mani di un maestro, che 1996; GIORGIO BABBINI, Henghel, un angelo del clarinetto, Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2011. 109 Copia in I-CAcon. 110 Il critico Mario Saint Cyr, sulla «Rassegna Dorica» del 1933 (p. 172), scriveva: «Il clarinetto - si sa - è uno strumento assai difficile non tanto per la tecnica, relativamente e generalmente meno ardua di quella degli strumenti a corda e a tastiera, quanto per l’emissione d’un bel suono pastoso e dolce: quel suono che, per il suo timbro speciale, à nell’orchestra e in talune musiche da camera, una grande importanza per ottenere particolari effetti di amalgama o anche per necessità prettamente solistiche». 111 Giudizio espresso dal celebre compositore Pietro Mascagni, citato in LUIGI MAGISTRELLI, Amodio & de Bavier, op. cit., p. 31. 112 GIUSEPPE PRESTINI, Notizie intorno alla storia degli “strumenti a fiato in legno”, Bologna, F. Bongiovanni Editore, 1925, p. 32. 113 AGOSTINO GABUCCI, Origine e Storia del Clarinetto, edizione riveduta e corretta, Milano, Carisch, 1954, p. 36. 74 canta in maniera naturale. La padronanza del legato del sig. Cioffi è prodigiosa».114 Del Bravo, Angiolo: «Per la indiavolata facilità con la quale supera ogni più difficoltosa arditezza di taluni famosi passi, per la rapidità degli stacchi e per la dolcezza della cavata, può dirsi senz’altro “un Kubelik del clarinetto”».115 Gambacurta, Ferdinando: «Egli si è dimostrato un elemento di prim’ordine tanto per le qualità tecniche ed artistiche, quanto per le qualità morali».116 Giampieri, Alamiro: «Specialmente come teorico, didatta, tecnico ed innovatore del suo istrumento, egli à dimostrato un intelletto vivo ed una non comune perspicacia».117 Jucci, Lucio: «È certo ora uno dei migliori che v’abbiamo in Italia, non soltanto per la sua meccanica, pronta a piegarsi a tutte le esigenze […] ma anche per il suono intimo profondo e nel medesimo tempo robusto ed eguale che egli sa trarre dallo strumento. […] il suo canto, legato e continuo, è di una limpidezza genuina veramente rara».118 Magnani, Aurelio: «Tutti gli astanti rimasero entusiasmati dalla pura bellezza della voce e dal virtuosismo del valente esecutore, nonché dallo stile delle sue composizioni».119 Paone, Ulderico: «Purissimo per intonazione, esperto d’ogni accorgimento tecnico, vago nella qualità del suono che sa ottenere, quando occorra, vivacemente brillante e dolcemente opaco».120 Perilli, Ulderico: «Purezza e dolcezza di cavata, ottima scuola e padronanza assoluta della tecnica dell’istrumento». 121 Romani, Mario: «Artista dalla dolcezza del suono «Daily Globe», 17 febbraio 1957, cit. in ADRIANO AMORE, La Scuola Clarinettistica Italiana, op. cit., p. 26. 115 «L’Indipendente di Trieste», 20 febbraio 1904, cit. in MASO SALVINI, Angiolo Del Bravo clarinettista, Pisa, Giardini Editore, 1965, p. 11. 116 Dichiarazione del direttore d’orchestra Bernardino Molinari, datata Roma 25 ottobre 1947. 117 MARCO VINICIO RECUPITO, Artisti e Musicisti Moderni, op. cit., p. 127. 118 «Rassegna Dorica», 1933, n° 7, p. 172. 119 ALBERTO DE ANGELIS, L’Italia Musicale d’oggi: Dizionario dei Musicisti, Roma, Ausonia, 1918, p. 194. 120 «Il Paese», 6 dicembre 1945, cit. in AA.VV., Omaggio a Ulderico Paone e Carlo Uva, Acerra, Tipografia La Nuovissima, 1990, p. 28. 121 Dichiarazione del direttore d’orchestra Tullio Serafin, datata Milano 25 febbraio 1913. 114 75 indimenticabile, insegnante cosciente e sensibile».122 Savina, Leonardo: «Artista dalla netta distinzione e dalla forbita competenza tecnica del suo strumento».123 ULDERICO PERILLI CORNELIO MARTINA, Nozioni sul Clarinetto, Milano, Edizioni Curci, 1975, p. 28. GIACOMO MILUCCIO, Il Clarinetto: cenni storici, funzionamento tecnico, letteratura e principali opere didattiche, Napoli, Santillo, 1955, p. 15. 122 123 76 V LA LETTERATURA Aspetti e contesti La scarsa attenzione riservata al clarinetto solista dalle principali istituzioni concertistiche, unita alla crescente diffusione in Italia delle musiche di autori francesi e tedeschi (Debussy, Beethoven, Brahms, Mozart, Weber), limitò non poco lo sviluppo di una nuova letteratura da concerto. Al contrario, la musica per piccoli ensemble cameristici - grazie ad alcune formazioni nate a partire dagli anni ‘20, come il Doppio Quintetto di Torino, il Sestetto di Firenze e il Quintetto romano di strumenti a fiato - ebbe notevole impulso soprattutto in epoca fascista. A partire dal 1928, infatti, il «Direttorio Nazionale del Sindacato Fascista dei Musicisti», diede vita, in diverse città, a varie «Rassegne sindacali di musica contemporanea» il cui «intento principale, quello di dare ai giovani compositori la possibilità di presentarsi al giudizio del pubblico accanto ai compositori già noti».124 Oltre a favorire, tra l’altro, la nascita di nuove musiche per fiati (quintetto o piccole formazioni), queste rassegne rappresentarono per molti giovani strumentisti una delle poche occasioni di esibizione pubblica. Abbandonate del tutto le ottocentesche forme legate alle fantasie operistiche (variazioni, pot-pourrì, parafrasi, ecc.), le nuove musiche per clarinetto sono caratterizzate in questo periodo da una costante ricerca timbrica e formale, che trovò negli anni ‘30-40 la sua massima espressione con il neoclassicismo tipicamente italiano. SINDACATO NAZIONALE FASCISTA MUSICISTI, II° Rassegna Nazionale dei Giovani Concertisti, Roma, Istituto Grafico Tiberino, 1936, p. 5. 124 77 La riproposta di musiche antiche L’orgoglio italico, stimolato dal Regime fascista - che trovò il suo culmine negli anni ‘40 con l’Autarchia musicale - favorì la riscoperta e la riproposta di molti autori italiani del passato. Accanto ad una miriade di concerti, sonate e musiche sacre di antichi autori quali Bonoporti, Albinoni, Durante, Pergolesi, Scarlatti ecc., furono riproposte anche alcune composizioni con clarinetto. Nel 1929, ad esempio, Felice Boghen pubblica per le edizioni Ricordi di Milano la sua « revisione e interpretazione» del Quartetto (Tema con variazioni) per flauto, clarinetto, corno e fagotto di Gioachino Rossini (I-CAcon), dedicandola a Temistocle Pace e agli altri strumentisti a fiato del Sestetto di Firenze, di cui era fondatore, pianista e direttore. Sempre a Firenze, il 28 giugno 1943, la Camerata del R. Conservatorio Cherubini, diretta da Guido Guerrini, ripropose il Concertone a più strumenti obbligati (tra i quali anche 2 clarinetti), di Giuseppe Sarti (ms in I-Fc).125 Al 1947, invece, risale la pubblicazione per le edizioni Ricordi di Milano dei 2 Concerti (F. XII, n° 1 [RV 560]; F. XII n° 2 [RV 559]) per 2 oboi, 2 clarinetti, archi e basso continuo, revisionati da Angelo Ephrikian (I-Fn, I-Rn, I-Mc, I-Nc, D-B). Sotto la direzione del revisore, il Concerto F. XII, n° 1 [RV 560], fu poi riproposto al Teatro alla Scala di Milano il 15 novembre 1948 con i clarinettisti Paolo Del Pistoia e Paolo Budini.126 La rivalutazione delle musiche antiche, però, non riguardò solo gli autori italiani. Dal 1942 - con riduzioni e/o revisioni di Alamiro Giampieri, per fraseggio e licenziosi tagli, non sempre fedeli - le edizioni Ricordi di Milano pubblicarono per la prima volta in Italia i concerti di Mozart e Weber e le 2 Sonate op. 120 di Brahms che da qualche decennio erano entrate nei programmi di studio e nel repertorio di tutti i clarinettisti italiani. TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 129. GIAMPIERO TINTORI, Cronologia: opere, balletti, concerti 1778-1977, in «Duecento anni di Teatro alla Scala», vol. II, Milano, Grafica Gutenberg Editrice, 1979, p. 293. 125 126 78 La musica da ballo Pur presente da sempre, durante il Ventennio fascista (19221942) la musica da ballo fu notevolmente incoraggiata per le attività ludiche connesse con tutte le organizzazioni periferiche istituite dal Regime. Per il clarinetto, strumento principe delle numerosissime bande presidiare e dell’O.N.D., istituite e finanziate dal Regime fascista, furono pubblicate diverse collane di ballabili per clarinetto solo, scritti dai più acclamati solisti e maestri di banda dell’epoca: polke, valzer, mazurche, schottisch, ma anche i nuovi balli provenienti in quegli anni dalle Americhe, come l’one step, il tango e il fox-trot. A Firenze, l’editore Lapini pubblicò L’Ideale del Clarinettista, 2 fascicoli di «12 ballabili ciascuno per clarinetto solo accompagnabili a orecchio», mentre l’editore Saporetti e Cappelli, dal 1923 pubblicò ben 5 raccolte di ballabili. Analogamente, anche le edizioni Pucci di Nocera Inferiore (poi Portici), nel 1935, pubblicarono le raccolte Sogno del Clarinettista (2 fascicoli di 12 ballabili) e l’Album del Virtuosismo ( 12 ballabili) scritti dal giovanissimo, e all’epoca attivo come clarinettista, Giovanni Orsomando. Va detto, però, che la musica da ballo non coinvolse solo i clarinettisti attivi in banda, ma anche alcuni dei maggiori didatti e orchestrali dell’epoca. A Genova, ad esempio, Alamiro Giampieri fondò le Edizioni Musicali Giampieri con le quali pubblicò, tra il 1929 e il 1931, diversi ballabili per orchestrine con clarinetto. A Milano, invece, Paolo Del Pistoia (clarinettista al Teatro alla Scala), pubblicò dal 1939 diverse raccolte per le Edizioni Joli. La letteratura solistica Non particolarmente ampia risulta la letteratura per clarinetto e pianoforte, che comprende lavori che vanno dal tardo romanticismo, alle raffinate sonorità impressionistiche francesi, fino ai nuovi linguaggi e sonorità del neoclassicismo italiano dell’epoca. Accanto a pagine di assoluto valore, come le sonate di Castelnuovo-Tedesco, Giorni, Rota e Setaccioli o le suite di Frugatta e Longo, sono presenti diverse brevi composizioni, originariamente concepite per gli annuali saggi scolastici (Bonnard, Di Donato, Stadio). Tra le pagine di derivazione tardo-romantiche, ricordiamo la deliziosa Piccola Suite di Giuseppe Cappetti (Firenze, Lapini, 1912; 79 I-Fn, I-REim), l’eccellente Suite op. 44 di Giuseppe Frugatta (Milano, Ricordi, 1901 (I-SASc, US-CPpa), l’ottima Sonata in La maggiore di Aurelio Giorni (1933; ms in US-CPpa), la solare e brillante Suite op. 62 di Alessandro Longo (Milano, Ricordi, 1913; I-Fn, I-Nc, I-SASc, US-Wc) e i contrastanti 6 Bozzetti di Giuseppe Scontrino (Firenze, Brizzi e Niccolai, 1909; I-Fc, I-Rama, USCPpa). Protese verso nuovi linguaggi e sonorità, risultano, invece, gli ottimi Notturno, Rondò eValzer da concerto di Giulio Bonnard (Milano, Ricordi, 1937; I-Fn), l’eccellente e monumentale Sonata op. 128 di Mario Castelnuovo-Tedesco (Milano, Ricordi, 1977; ICBcon, I-Mc, I-MOl, GB-Lbl, US-Wc),127 la splendida Sonata in Re di Nino Rota (Milano, Ricordi, 1945; ristampe 1981 e 1990; ICBcon, I-REim, I-Sac, GB-Lbl), la bellissima Sonata in Mib op. 31 di Giacomo Setaccioli (Milano, Ricordi, 1921; I-Fn, US-Wc),128 Sono, inoltre, da ricordare, l’affascinante Elegia (B.V. 286) di Ferruccio Busoni (Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1921; I-REim, I-Sac, US-Wc), la raffinata Pastorale di Vincenzo Di Donato (Roma, De Santis, 1927; I-Fn, I-PESr), la piacevole Aria e Scherzo di Agostino Gabucci (Firenze, Mignani, 1935; I-Fn, I-Nc, I-Rama), Il virtuosistico Capriccio Variato Il Carnevale di Venezia di Alamiro Giampieri (Milano, Ricordi, 1948; I-Fn, I-Mc, GB-Lbl, US-CPpa), la raffinata Inquiétude, Étude mélodique, di Mario Pilati (Paris, Leduc, 1930; I-Nc), le deliziose Burlesca e Serenata di Ciro Stadio (Milano, Ricordi, 1931; I-Fn, I-Nc). Tra le pochissime composizioni solistiche con orchestra, ricordiamo la modesta Aria per clarinetto, archi e due corni di Gianandrea Gavazzeni (Bologna, Bongiovanni, 1942; I-Fn, I-Rama), l’ottimo Concertino op. 48 di Ferruccio Busoni (Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1918; I-BGi, US-Wc), l’interessante Concerto di Lorenzo Perosi (1928-1930; ms autografo in I-Rvat [Mss. n° 502]) e il Dopo l’esecuzione triestina, il 15 settembre 1952, l’autore scrisse al clarinettista napoletano Ulderico Paone: «Caro Paone, sono stato molto lieto di averla per compagno nella prima esecuzione europea della mia Sonata per Clarinetto e Pianoforte. So quanto sia difficile la mia Sonata! E desidero dirle che anche in America, dove l’ho eseguita con molti buoni Clarinettisti, raramente ho sentito un suono più bello, una tecnica più sciolta e sicura e una più duttile musicalità». AA.VV., Omaggio a Ulderico Paone, op. cit., p. 24. 128 Nel 1922, il «Musical Courier» di New York la definì «opera di grande finezza e sentimento». 127 80 baroccheggiante e brillante Concerto grosso in Fa maggiore per flauto, oboe, clarinetto, corno, fagotto e orchestra d’archi di Giorgio Federico Ghedini (Milano, Suvini Zerboni, 1946; I-Fn, I-Nc, IRama, GB-Lbl). Seppur molto ampia, la letteratura solistica con banda, invece, comprende solo poche pagine di un certo interesse e valore musicale. Abbondano, infatti, le varie polke, mazurche, valzer e riduzioni operistiche scritte per lo più da modesti compositori-direttori e quasi sempre caratterizzate da un virtuosismo chiassoso e appariscente. Fanno eccezione l’ottocentesca Fantasia Torniamo all’antico di Giuseppe Manente (Perugia, Belati, 1906; I-FTamore) e l’eccellente e virtuosistico Concerto “Turbine” di Giuseppe D’Elia (1944; ms in I-Rbgf). La letteratura cameristica Completamente assenti sono le composizioni per Trio con strumento ad arco e pianoforte e per clarinetto e trio o quartetto d’archi, mentre risultano insignificanti quelle per soli clarinetti (per lo più trascrizioni didattiche) e pochissime e di modesta fattura quelle per due o tre fiati con clarinetto. Limitata risulta anche la letteratura per quartetto di fiati (flauto, oboe, clarinetto e fagotto), che comprende il brioso e virtuosistico Divertimento n° 3 di Abelardo Albisi (Milano, Fantuzzi, 1923; IMc, I-PAc, I-Vnm), le interessanti e neoclassiche Cinque Bagattelle di Armando Renzi (Roma, De Santis, 1948; I-PESc, GB-Lbl) e il breve e piacevole Quartettino di Giovanni Valentini (Modena, s.e., 1933; I-FTamore, I-MOl, I-Rsc). Piacevoli e quasi sempre interessanti e di buona fattura, invece, risultano le diverse pagine, comprese alcune inedite,129 scritte e pubblicate per quintetto di fiati. Tra questi, ricordiamo i giovanili quintetti di Giorgio Federico Ghedini (Milano, Ricordi, 1992; I-Fn, I-Mc, GB-Lbl) e di Ottorino Respighi (Bologna, Bongiovanni, 1986; I-FTamore), la deliziosa Petite offrande musicale di Nino Rota (Paris, Leduc, 1955; I-Gl, I-PESc, I-SASc) e l’ottima Suite di Tra queste, si ricordano Danzando con la fata, movimento di danza fantastica (1932) di Mario Guarino (1900-1971), la Suite in tre tempi (1919) di Giulio Cesare Paribeni (1881-1964), i Due pezzi (Notturno; Pastorale d’autunno) di Francesco Santoliquido (1883-1971) e la Partita di Pietro Sassoli (1898-1946). 129 81 Ezio Carabella (Milano, Ricordi, 1935; I-Fn, I-Nc, I-Rama). Tra le altre composizioni da camera con clarinetto, infine, si segnalano la piacevole e neoclassica Sinfonia op. 53, per pianoforte, clarinetto, tromba e violoncello (Milano, Carisch, 1933; I-Fn, IRama, I-SASc, GB-Lbl) e la splendida Serenata op. 46 per clarinetto, fagotto, tromba, violino e violoncello di Alfredo Casella (Wien, Universal Edition, 1928; I-PESc, I-Sac, I-SASc, GB-Lbl), il brillante Concerto a cinque per flauto, oboe, clarinetto, fagotto e pianoforte di Giorgio Federico Ghedini (Milano, Ricordi, 1937; I-Fn, I-Nc, IRama, GB-Lbl), la suggestiva e bucolica Scenetta pastorale per flauto, oboe, clarinetto, fagotto e pianoforte di Achille Longo (Napoli, Fratelli Curci, 1926, ristampa 1959; I-Fn, I-PESc) e la neoclassica e brillante Sonatina per 2 clarinetti e pianoforte di Mario Mascagni (Firenze, Mignani, 1933; I-Fn, I-Nc). 82 Appendice PRIMI ESECUTORI DI BRANI SOLISTICI E DA CAMERA Celleno, Giovanni: Valzer da Concerto per clarinetto e pianoforte di Giulio Bonnard (Roma, 1938). Del Pistoia, Paolo: Sonata per clarinetto e fagotto di Alfredo Sangiorgi (Roma, 1935). Gandini, Giacomo: Divertimento per clarinetto, fagotto, violino, viola e violoncello di Vieri Tosatti (Roma, 1949). Jucci, Lucio: Sonata op. 31 per clarinetto e pianoforte di Giacomo Setaccioli (Roma, 1921); Suite per quintetto a fiati di Ezio Carabella (Roma, 1935). Miotto, Francesco: Trio (detto di “Fra’ Jacopino”) per flauto, clarinetto e viola di Guido Turchi (Venezia, 1946). Paone, Ulderico: Sonata op. 128 per clarinetto e pianoforte di Mario Castelnuovo-Tedesco (in Europa: Trieste, 1952). Picone, Arcangelo: Sonata per clarinetto e pianoforte di Luigi Romaniello (Napoli, 1901). Quantancarlo, Nicodemo: Notturno e Rondò per clarinetto e pianoforte di Giulio Bonnard (Roma, 1938). Savina, Leonardo: Concerto grosso per flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno e archi di Giorgio Federico Ghedini (Torino, Orchestra dell’EIAR, 1929). Scotese, Attilio: Sonata in Re per clarinetto e pianoforte di Nino Rota (Bari, 1945). 83 BIBLIOGRAFIA AA. VV., Diorama della musica in Sardegna, Cagliari, Società Editoriale Italiana, 1937. AA. VV., I Cent’anni del Liceo Musicale “G. Nicolini” di Piacenza, Piacenza. Tipografia A. del Maino, 1939. AA.VV., Omaggio a Ulderico Paone e Carlo Uva, Acerra, Civica Scuola di Musica «F. Sorrentino», 1990. ADAMS, Peter H., Antique Woodwinds Instruments. An Identification and Price Guide, Atglen, Schiffer Pubblishing Ltd, 2005. AMORE, Adriano, La Letteratura Italiana per Clarinetto, Frasso Telesino, a cura dell’autore, 2011. AMORE, Adriano, Il Clarinetto in Italia nell’Ottocento, Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2009. AMORE, Adriano, La Scuola Clarinettistica Italiana: Virtuosi e Didatti, Frasso Telesino, a cura dell’autore, 2006. AMORE, Adriano, Ernesto Cavallini: Il Paganini del Clarinetto, Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2011. AMORE, Adriano, I clarinettisti sull’oceano: Emigrazione e biografie di clarinettisti italiani attivi in America, in «I Fiati», 2007, Anno XII, n° 59, pp. 26-30. AMORE, Adriano, Note storiche, in «Agostino Gabucci, Aria e Scherzo per clarinetto e orchestra d’archi», Pisogne, Eufonia, 2011. AMORE, Adriano, Note storiche al Cd «Italian Clarinet Suites», Naxos 8.572399 (2010). AMORE, Adriano, Note storiche al Cd «Aurelio Magnani: Complete works for clarinet and piano», Accademia Italiana del Clarinetto AIC 001 (2010). AMORE, Adriano, Note storiche al Cd «Italian Clarinet Gems», Naxos 8.572690 (2011). ANESA, Marino, Dizionario della musica italiana per banda: Bibliografie dei compositori e catalogo delle opere dal 1800 ad oggi, Bergamo ABBN, 2004. Annuario dei Concertisti, Bologna, Edizione della Federazione fra le Società Italiane di Concerti, 1915. Annuario Musicale Italiano, Roma, Fratelli Palombi, 1940. BABBINI, Giorgio, Henghel, un Angelo del Clarinetto, Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2011. BALBONI, L. A., Gl’Italiani nella Civiltà Egiziana del Secolo XIX°, vol. III, Alessandria d’Egitto, Stabilimento Tipo-Litografico V. Penasson, 84 1906. BERGER, Kenneth Walter, The March King and His Band; the story of John Philip Sousa, New York, Exposition Press, 1957. BERUTTO, Guglielmo, Il Piemonte e la Musica 1800-1984, Torino, a cura dell’autore, 1984. BIGUZZI, Stefano, L’orchestra del duce: Mussolini, la musica e il mito del capo, Torino UTET, 2003. BRIXEL, Eugen, Klarinetten Bibliographie 1, Wilhelmshaven, Heinrichshofen, 1997. CALBI, Otello, Musicisti Contemporanei: Compositori e Musicologi. Panorama bibliografico, Napoli, Edizioni Cembalo, 1994. CASELLA, Alfredo - MORTARI, Virgilio, La Tecnica dell’orchestra contemporanea, 2a edizione riveduta, Milano, Ricordi, 1950. CHIARINI, Luigi, La Musica nel film, Roma, Bianco e nero, 1950. COMPAGNO, Alberto, Cronologia della vita musicale Carrarere 18001960, Carrara, a spese dell’autore, 2006. DELLA CORTE, Andrea, Arturo Toscanini, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1989 DALL’ARA, Mario, Editori di musica a Torino e in Piemonte, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1999. DA ANGELIS, Alberto, L’Italia Musicale d’oggi: Dizionario dei Musicisti, Roma, Ausonia, 1918. DE MARZI, Bepi, Elio Peruzzi, “Tempo e Controtempo”: La magia di un Clarinetto, Padova, Panda Edizioni, 2001. DE STEFANO, Gildo, Vesuview Jazz: Tracce di jazz in Campania dal 1920 al Nuovo Millennio, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999. DEWOLFEHOTTE HOWE, M. A., The Boston Symphony Orchestra 1881-1931, Boston and New York, Houghton Mifflin Company, 1931. DI LORENZO, Franco, Musica d’insieme per strumenti a fiato, Napoli, Edizioni S. Simeoli, 1964. FÉNIX: Revista de la Biblioteca Nacional, Lima, 1944. GABUCCI, Agostino, Origine e Storia del Clarinetto, edizione riveduta e corretta, Milano, Carisch, 1954. HOFFMANN, Frank, Encyclopedia of Recorded Sound, second edition, New York, Routledge, 2005. HOŠEK, Miroslav, Oboen Bibliographie I, Wilhelmashaven, Heinrichshofen’s Verlag, 1984. LICHTENTHAL, Pietro, Dizionario e bibliografia della musica, vol. II, Milano, Fontana, 1826. LIKAR, Amy L., New York Woodwin Quintet: a continuing legacy, Dissertation, The Ohio State University, 1999. 85 LOMBARDI, Francesco (a cura), Nino Rota: Catalogo critico delle composizioni da concerto, da camera e delle musiche per il teatro, Firenze, Olschki, 2009. LONDEIX, Jean-Marie, 125 ans de Musique pour Saxophone, Paris, Alphonse Leduc, 1971. MAGISTRELLI, Luigi, Amodio & de Bavier, in «I Fiati», Aprile-Giugno 2007, n° 58, pp. 28-33. MANZONI, Giacomo, Guida all’ascolto della musica sinfonica, Milano, Feltrinelli, ristampa 2004. MARTINA, Cornelio, Nozioni sul Clarinetto, Milano, Edizioni Curci, 1975. MATZ, Mary Jane, Opera Stars in the Sun: Intimate Glimpses of Metropolitan personalities, New York, The Metropolitan Opera Guild, 1955. MAZZOLENI, Adriano, Quarant’anni di jazz in Itali, Milano, Ricordi, 1965. MAZZOLENI, Adriano, Il Jazz in Italia: Dalle origini alle grandi orchestre, Torino, EDT, 2004. MILUCCIO, Giacomo, Il Clarinetto: cenni storici, funzionamento tecnico, letteratura e principali opere didattiche, Napoli, Santillo, 1955. ONGARO, Debora, Giacomo Setaccioli: Tra tradizione e innovazione, Tarquinia, Comune di Tarquinia, 2009. PACE, Temistocle, Ancie battenti: Storia, fisica, letteratura, Firenze, Casa Editrice Carlo Cya, 1943. PADDOCK, Tracey Lynn, A Biographical Dictionary of TwentiethCentury American Clarinetists, Treatise, The Florida State University, College of Music, Spring Semester, 2011. PADZIREK, Franz, The Universal Handbook of Musical Literature, Vienna, Padzirek e Co., 1904-1910. PARADISO, Claudio (a cura), Il Flauto in Italia, Roma, Libreria dello Stato, 2005. PETRIELLA, D. - MIATELLO, S. S., Diccionario Biogàfico ItaloArgentino, Buenos Aires, Asociaciòn Dante Alighieri, 1976. PINTACUDA, Salvatore, Il Conservatorio di Musica Nicolò Paganini di Genova, Genova, Liguria Edizioni Sabatelli, 1980. PINZAUTI, Leonardo, L’Accademia musicale Chigiana da Boito a Boulez, Milano, Electa, 1982. PRESTINI, Giuseppe, Notizie intorno alla storia degli “strumenti a fiato in legno”, Bologna, F. Bongiovanni Editore, 1925. PROFETA, Rosario, Storia e Letteratura degli Strumenti Musicali, Firenze, Marzocco, 1942. 86 RECUPITO, Marco Vinicio, Artisti e Musicisti Moderni, Milano, La Fiamma Editrice, 1933. Regia Accademia di Santa Cecilia, Annuario dal 1° luglio 1919 al 30 giugno 1920, Roma, Società Tipografica A. Manuzio, 1920. Regia Accademia di Santa Cecilia, Annuario 1938-1939, Roma, Società Tipografica A. Manuzio, 1939. SALVETTI, Guido (a cura), Milano e il suo Conservatorio, 1808-2002, Milano, Skira, 2003. SCARPELLINI, Emanuela, Il Teatro del popolo: La stagione artistica dell’Umanitaria fra cultura e società, 1911-1943, Milano, Franco Angeli, 2000. SCHIAVO, Giovanni Ermenegildo, Italian-American History, Vol. I, New York, The Vigo Press, 1947. SCHMIDL, Carlo, Dizionario Universale dei Musicisti, Milano, Sonzogno, 1926-1938. TALBOT, Michael, Vivaldi, Torino, EDT, 1978. TINTORI, Giampiero, Cronologia: opere, balletti, concerti 1778-1977, in «Duecento anni di Teatro alla Scala», vol. II, Milano, Grafica Gutenberg Editrice, 1979. TORELLI, Armando, Notizie storiche documenti-cronache sul liceo musicale Orazio Vecchi nel 90° della istituzione (1864-1954), Modena, 1954. VETRO, Gaspare Nello, Dizionario della musica e dei musicisti dei territori del Ducato di Parma e Piacenza dalle origini al 1950, Parma, Comune di Parma, Biblioteche e Archivi, 2000. VIARENGO, Alberto, La musica manoscritta del Civico Istituto Musicale di Novara, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1999. VILLAFRAN, Horazio Araujo, Los Italianos en el Uruguay (Diccionario Biografico), Barcelona, Escardo & Araujo Editores, 1920. VITA, Mirella, La musica italiana per arpa, Bologna, Bongiovanni editore, 1989. WESTON, Pamela, Clarinet virtuosi of the past, London, Robert Hale & Co., 1971. WESTON, Pamela, More clarinet virtuosi of the past, London, The author, 1977 (Reprinted 2002). ZANETTI, Roberto, La Musica Italiana nel Novecento, Busto Arsizio, Bramante Editrice, 1985. 87 INDICE DEI CLARINETTISTI CITATI Abbà, Arturo (? - Roma, 1991), 52 Accinelli, Luigi, 57 Adang, Roberto, 44 Alberani, Alberto (Faenza, Ravenna, 1890 - Bologna, 1958), 44, 45, 51, 64 Alfieri, Afro (Parma, 1884 - ? ), 49, 51, 52, 56 Allard, Joseph (Lowell, U.S.A., 1910 - Bradford, U.S.A., 1991), 56 Amodio, Luigi (Bologna, 1902 - Milano, 1942), 18, 19, 32, 37, 41, 47, 50, 52, 56, 60, 63-65, 67, 69, 71, 74 Ansalone, Tommaso (Mercato San Severino, Salerno, 1907 - Torino, 1989), 73 Antonini, Ignazio, 44 Arnone, ?, 31 Artigas, Vincenzo, 50, 51 Artioli, Ugo, 67 Baccelli, Dante (Lucca, 1873 - ?, post. 1936), 44 Baermann, Heinrich Joseph (Potsdam, Germania, 1784 - Munich, Germania, 1847), 25, 27 Baermann, Carl (Munich, Germania, 1810 - ivi, 1885), 27, 69 Balbo, Mario (Vercelli, 1909 - ? ), 73 Barbera, Attilio (Alessandria d’Egitto, 1853 - Norfolk, U.S.A., 1923), 57 Basile, Armando (Canicattini Bagni, Siracusa, 1911- Torino, 1983), 57 Basile, Ottavio (?, 1915 - Roma, 2000), 28 Battaglia, Giuseppe, 49 Bellison, Simeon (Mosca, Russia, 1881 - New York, U.S.A., 1953), 56, 60 Bellone, Giovanni (Genova, XX sec.), 28, 44 Bellucci, Antonio (Pisa, 1857 - New York, U.S.A., 1916), 57, 60 Bendazzi, Ettore (Torino, 1881 - ?, U.S.A., post. 1958), 45, 49, 50, 57, 60, 64, 66 Bergonzini, Giuseppe, 28 Bergonzoni, Armando, 52 Biancani, Francesco Giuseppe (S. Agostino, Ferrara, 1825 - Bologna, 1909), 44 Bianchi, ?, 47 Bianchini, Agenore (Bastia Umbra, Perugia, 1854 - Perugia, 1904), 44 Bianchini, Bianco (Viterbo,1868 - Castel Guelfo, Bologna, 1940), 31, 32, 44, 74 Biava Ramponi, Pietro (Roma, 1902 - Barraquilla, Colombia, 1972), 32, 57 Bicchiere, Rocco (Napoli, 1887 - Bellmore, U.S.A., 1977), 34, 57 Bistrussu, A., 31 Blatt, Franz (Praga, Repubblica Ceca, 1793 - ivi, 1856), 27 Blonk-Steiner, Felice Umberto (Sermoneta, Latina, 1884 - Milano, 1934), 31, 44, 49, 51, 74 Bonacio, Bennie (Mineo, Catania, 1903 - Clearwater, U.S.A., 1974), 58 Bonsignori, Onello (Camerino, Macerata, 1906 - ?, post. 1945), 45 88 Bove, Salvatore, 57 Brigidi, Giovanni, 30 Brunoni, Eugenio (Riolo Terme, Ravenna, 1891 - Bolzano, 1958), 44, 52, 72 Budini, Paolo (Castèl Bolognese, Ravenna, 1912 - Milano, 2001), 37, 44, 52, 78 Calamia, Paolo (Palermo, 1911 - ?, post. 1955), 45, 52 Camozzo, (Gildo) Ermenegildo (Murano, Venezia, 1898 - ivi, 1964), 52 Campanella, Salvatore (Napoli, 1907 - Porto Alegre, Brasile, 1985), 57 Canale, Vincenzo, 52 Cancellieri, Luigi (Roma, 1895 - ?, U.S.A., 1959), 55, 56, 58, 60 Cappetti, Guglielmo (Arezzo, 1875 - Firenze, 1918), 39, 43, 44, 46, 64, 79 Capredoni, Arturo, 49, 51, 56 Caputo, Domenico (Fondi, Latina, 1885 - ?, U.S.A., 1947), 34, 58 Carcano, ?, 31 Carlini, Sesto (Roma, 1893 - ivi, 1958), 51, 73 Carpio, Ernesto (Frattamaggiore, Napoli, ? - ? ), 50 Cassani, Edgardo (Parma, 1868 - ivi, 1936), 45 Cattafesta, Giuseppe (Sustinente, Mantova, 1895 - Grado, Gorizia, 1976), 73 Cavallini, Ernesto (Milano, 1807 - ivi, 1874), 25-27, 30, 32, 62, 68 Celleno, Giovanni, 30, 83 Cesarone, Nicola (Cosalinontrada, Chieti, 1887 - ? ), 34 Chiaffarelli, Alberto C. (Prata Sannita, Caserta, 1884 - New York, U.S.A., 1945), 16, 58 Chiaffarelli, Angelo (Prata Sannita, Caserta, 1875- ?), 16, 58 Ciasullo Alfredo (Napoli, 1883 - ? ), 34, 57 Ciciotti, Andrea (Celano, L’Aquila, 1894 - Rochester, U.S.A., 1968), 11 Cicotti (Ciccotti), Armando (Bologna, 1867 - ivi, 1910), 45, 68 Cinquegrana, Angelo, 52 Cioffi, Gino B. (Napoli, 1911 - New York, U.S.A., 1992), 33, 34, 37, 58, 71, 74 Clini, Vittorio, 31, 45 Contarini, Leone (Ceregnano, Rovigo, ? - ? ), 52 Corti, Gustavo (Siderno, Reggio Calabria, 1883 - ? ), 34, 58 Cremaschi, Mario, 45 Crudeli, Egisto, 49 Dall’Argine, Priamo (Parma, 1846 - Milano, 1934), 9, 13, 17 D’Aniello, Arturo, 45 D’Arienzo, Giuseppe (Salerno, 1881 - Udine, 1935), 45 D’Attanasio, Costantino (Teramo, ? - Cesena, post. 1985), 45 D’Avino, Carlo, 46 De Bavier, Antoine (?, 1919 - ?, 2004), 41 De Bueris, (John) Giovanni (Castalante, 1881 - ? ), 34, 58 De Caprio, Angelo (Santa Maria Capua Vetere, Caserta, 1986ca. ? - ? ), 34, 35, 58 De Caprio, Domenico (Santa Maria Capua Vetere, Caserta, 1889 - Los Angeles, U.S.A., 1959), 34, 35, 58 Decimo, Antonio (Napoli, 1878 - Philadelphia, U.S.A., 1936), 16, 58, 68 89 Del Bravo, Angiolo (San Miniato, Pisa, 1865 - ivi, 1919), 45, 64, 65, 75 Del Dobbio, Enrico (Lucca, 1883 - ?, post. 1934), 44 D’Elia, Giuseppe (Mirabella Eclano, Avellino, 1897 - Roma, 1958), 23, 26, 28, 70, 81 Della Giacoma, Carlo (Verona, 1858 - Todi, Perugia, 1929), 29, 36, 38-40, 46 Della Rocca, Antonio (Gallipoli, Lecce, 1911 - Tucumàn, Argentina, 2005), 32 Del Pistoia, Paolo (Rimini, 1907 - ? post. 1958), 16, 20, 70, 78, 79, 83 De Luca, Antonino (Caronia, Messina, 1904 - Roma, 1980), 28, 29, 46, 70 De Michele, Francesco (Montorio, 1893 - ? ), 19, 58 De Santis, Emidio (Introdacqua, L’Aquila, 1893 - Providence, U.S.A., 1983), 58 De Santis, Luigi (Napoli, 1893 - New York, U.S.A., 1940), 34, 35, 58 Di Dio, Giuseppe, 27, 46 Di Francesco, Pietro, 28, 52, 63 Di Zenzo, Enrico, 65 Domenichini, Natale (Cesena, 1896-97 - ivi, 1967), 57 Donatelli,Vincenzo (Matera, 1892 - ?, U.S.A., 1956), 35, 58 Dorsey, Jimmy (Shenandoah, U.S.A., 1904 - New York, U.S.A., 1957), 14, 17 Duques, Augustin (Tolosa, Francia, 1899 - New York, U.S.A., 1972), 56 Eruditi-Tosatti, Giuseppe (Mirandola, Modena, 1884 - ?, post. 1954), 44 Fabbri, ?, 65 Falcomer, Luigi (Portogruaro, Venezia, ? - ? ), 45, 70 Falcone, Nicola (Roseto Valfortore, Foggia, 1892 - Ann Arbor, U.S.A., 1981), 34, 58 Fallani, Bruno (Casellina di Scandicci, Firenze, 1908 - Firenze, 1992), 44 Felloni, Giuseppe, 31, 32, 45 Ferro, Luigi, 50 Fiorani, Angelo (Tarquinia, Viterbo, Roma, 1899 - ? ), 58 Fiore, Valentino (Frosinone, 1892 - ?, post. 1935), 45 Forbek, Guglielmo (Parma, 1847 - Brescia, 1926), 44 Forlani, Nicola (Casoli, Chieti, 1886 - ?, U.S.A., 1976), 58 Fragale, Francesco Domenico (Sciara, Palermo, 1894 - San Francisco, U.S.A., 1955), 58 Franceschini, Augusto (? - Bologna, 1921), 61 Francescone, Umberto, 30 Franzini, Ernesto, 32 Freddi, Carlo, 52 Fusco, Michele (Cardito, Napoli, 1879 - ivi, post. 1946), 16, 58 Gabucci, Agostino (Castelfranco di Sottoripa, Pisa, 1896 - Roma, 1976), 17, 23, 26-29, 31, 39-41, 43, 44, 46, 51, 63-65, 67, 72, 80 Gagna, Pietro (? - ?, 1932ca.), 27, 46 Gallina, Giuseppe, 45 Gambacurta, Fernando (Terracina, Latina, 1899 - Roma, 1973), 16, 23, 28, 37, 45, 50, 52, 72, 75 Gambaro, Giovanni Battista (Genova, 1780ca. - 1850), 26, 27 Gambaro, Vincenzo (Genova, 1785 - Parigi, Francia, 1828), 26, 27 90 Gandini, Giacomo (Grantola, Varese, 1912 - ? ), 41, 52, 67, 83 Gandolfi, Arrigo, 31 Garzia, Vincenzo (Paceco, Trapani, 1882 - ? ), 58 Gehrhardt, J., 61 Gentile, Pirro, 58 Giammatteo, Antonio (Alife, Caserta, 1872 - New York, U.S.A., 1970), 68, 70 Giammatteo, Arturo, 45 Giampieri, Alamiro (San Giovanni Valdarno, Firenze, 1893 - Genova, 1963), 9, 11, 12, 19, 26-28, 30, 36, 37, 39, 42-44, 46, 51, 70, 75, 78-80 Gigliotti, Giuseppe (Decollatura, Catanzaro, 1894 - ?, U.S.A., 1978), 34, 59 Giliberti, Antonio (San Michele di Serino, Avellino, 1910 - Santa Fè, Argentina, 1993), 32, 57 Giorgi, Giorgio, 52 Gonizzi, Ferruccio (Parma, 1906 - ivi, 1985), 39, 44, 45, 64 Goodman, Benny (Chicago, U.S.A., 1909 - New York, U.S.A., 1986), 14, 17, 73 Hamelin, Gastone (Saint-Georges, Francia, 1884 - Parigi, Francia, 1951), 61 Herman, Woody (Milwaukee, U.S.A., 1913 - Los Angeles, U.S.A., 1987), 14, 17 Iannaccone, Ciro (Foggia, 1885 - ?, U.S.A., 1945), 59 Iardella, Felice (?, Italia, 1854 - Phoebus, U.S.A., 1927), 68 Imbriani, Giovanni Battista (Trepuzzi, Lecce, 1904 - Priverno, Latina, 1998), 31, 39, 50 Jeanjean, Paul (Montprllier, Francia, 1874 - Beausoleil, Francia, 1928), 23 Jermanni (Germanio), Antonio (Napoli, 1894 - Frigento, Avellino, 1938), 28 Jucci, Lucio (Poggio Mirteto, Rieti, 1892 - Pesaro, 1974), 45, 52, 63-65, 67, 75, 83 Klosé, Hyacinthe Eléonore (Corfù, Grecia, 1808 - Parigi, Francia, 1880), 28 Labanchi, Gaetano (Palermo, 1829 - Napoli, 1908), 26, 28, 43, 44 Lavecchia, Ruggiero, 32 Lazzeri, Luigi, 45 Lefevre, Jean Xavier (Losanna, Svizzera, 1763 - Parigi, Francia, 1829), 27 Lelli, Ambrogio (Argelato, Bologna, 1877 - ?, post. 1956), 31, 44 Leonesi, Giuseppe (Cento, Ferrara,1833 - Brescia, 1901), 19, 38 Licalsi, N., 59 Lieto, Francesco (Gaeta, Latina, 1880 - ? ), 34 Lizio, Giuseppe (S. Lorenzo in Campo, Pesaro, 1881 - Cagliari, 1932), 31, 44 Lombardo, Francesco Paolo, 44 Longoni, Guido, 52 Lopes, Antonio (Napoli, 1849 - ?, post. 1905), 45 Luberti, Carlo (Roma, 1885 - ?, post. 1955), 26, 30, 45, 49, 67, 72 Luconi, Alberto (Valmontone, Roma,1893 - ?, Italia, 1984), 30, 34, 56, 59 Lugatti, Ermenegildo, 51 Maestri, (Teobaldo) Baldo (Roma, 1923 - ivi, 1991), 73 Magnani, Aurelio (Longiano, Forlì, 1856 - Roma, 1921), 13, 16, 23, 25-27, 29, 30, 35, 39, 41, 42, 45, 46, 61, 64, 66, 75 Mancini, Francesco (Serramonesca, Pescara, 1886 - Modesto, U.S.A., 1964), 34, 91 59 Mandolin, Vittorio, 52 Mantovani, Marino, 31 Maramotti, Raimondo (Parigi, Francia, 1906 - Piacenza, 1991), 32, 44, 45, 62, 67, 72 Marasco, Giuseppe (Vibo Valentia, 1860 - Venezia, 1930), 25, 26, 28, 45, 65 Marcantoni, Manlio (Montegiorgio, Ascoli Piceno, 1886 - Roma, post. 1947), 49, 51, 71 Mari, Alfredo, 52 Mari, Domenico ( Montoro Inferiore, Avellino, 1851 - Torino, 1909), 45 Mari, Pietro (Milano, ? - ?, post. 1913), 45, 49, 52 Mariani, Peppino (Cesena, 1923 - Torino, 2009), 52 Marranti, Antonio ( ?, Italia, 1877 - Buenos Aires, Argentina, 1959), 57, 70 Martinelli, Giovanni (Montagnana, Padova, 1885 - New York, U.S.A., 1969), 71 Masella, Francesco (Ischitella, Foggia, 1897 - Montréal, Canada, 1979), 57 Massara, Pietro (Ivrea, 1893 - ? ), 70 Massari, Giuseppe, 44 Mastelli, Bruto (Ficarolo, Rovigo, 1878 - Lugano, Svizzera, 1962), 51, 57 Mastrangelo, Nicola, 34 Matteuzzi, Giuseppe, 32 Mazza, Egizio, 45 Mazzocca, Giulio (?, Italia, 1900 - Union City, U.S.A., 1966), 59 Mazzoleni, Antonio, 45 Mengassini, Osvaldo (Ancona, 1913 - ?, post. 1973 ), 34, 44, 52, 57, 67 Micalizzi, Carmelo (Palermo, ? - ?, post. 1911), 45 Micol, Pietro (Trieste, 1909 - ? ), 45 Micozzi, Antonio (Roma, 1886 - Napoli, 1948), 9, 14, 26, 27, 44, 45, 52, 61, 67 Miluccio, Giacomo (Villaricca, Napoli, 1918 - Napoli, 1998), 29, 50 Miotto, Francesco (Loréo, Rovigo, 1888 - Venezia, 1970), 45, 49, 52, 62, 65, 67 Modoni, (Antonio) Augusto (Medicina, Bologna, ? - ivi, 1939), 29, 51 Morea, Vito (Noci, Bari, 1897 - Roma, 1947), 73 Moretti, Giuseppe, 32, 69 Moscardini, Orazio, 52 Moschettino, Gaetano, 52 Müller, Iwan (Reval, Estonia, 1786 - Bückeburg, Germania, 1854), 9, 11, 16, 18, 28, 36 Murgia, Giuseppe, 31 Negri, Enrico, 45 Negri, Ettore, 44 Nirella, Salvatore (Castel’Umberto, Messina, 1873 - Pittsburg, U.S.A., 1915), 59 Nobile, (Louis) Luigi E. (Montepagano, Teramo, 1881 - ? ), 59 Nocentini, Domenico (Laterina, Arezzo, 1849 - Firenze, 1924), 28, 44 Norrito, Giuseppe (Mazara del Vallo, Trapani, 1860 - ?, post. 1922), 16, 59, 68 Novi, Giovanni, 31 92 Orsi, Romeo (Como, 1843 - Milano, 1918), 9, 16-18, 36, 44, 46 Orsomando, Giovanni (Casapulla, Caserta, 1895 - Roma, 1988), 79 Pace, Temistocle (Pratola Peligna, L’Aquila, 1898 - Firenze, 1943), 13, 14, 17, 26, 27, 29, 37, 38, 40, 42, 44, 52, 63, 66, 67, 70, 72, 78 Paladino, Federico, 10 Pantaleo, Luigi, 35 Paone, Ulderico (Acerra, Napoli, 1922 - Roma, 2000), 29, 44, 50, 52, 65, 72, 80, 83 Peri, Filiberto (Pianello Val Tidone, Piacenza, 1864 - ?, post. 1940), 45 Perilli, Ulderico (Véroli, Frosinone, 1873 - ivi, 1955), 19, 31, 45, 48, 49, 56, 65, 75, 76 Pettinari, Guido (Roma, ? - ? ), 59 Pettine, Giuseppe (Isernia, 1876 - Providence, U.S.A., 1966), 35 Picchi, Archimede (Lucca, 1850 - ivi, 1907), 44 Picone, Arcangelo (Cardito, Napoli, 1863 - ivi, 1933), 31, 44, 49, 50, 64, 83 Pitzianti, Francesco (Cagliari, 1902 - ? ), 23, 31, 45, 72 Pizziconi, Piero (Milano, 1905 - ivi, 1963), 73 Pollini, Enea, 64 Pomarico, Cosimo (Oria, Brindisi,1921 - ivi, 1990), 37 Poto, Attilio (Boston, U.S.A., 1915 - ivi, 2003), 56 Pozzi, Dino, 52 Pozzi, Virginio, 43, 46 Prisco, Ariosto (Salerno, 1912 - Milano, 1990), 44 Pupeschi, Pupo (Marti, Pisa, 1859 - Firenze, 1932), 9, 11, 13, 16, 18, 20 Quandancarlo, Nicodemo, 31 Quaranta, Romolo, 11, 16, 19, 49, 68 Raimondi, Antonio (Montorio nei Frentani, Campobasso, 1885 - Los Angeles, U.S.A., post. 1961), 34, 49, 59 Rizza, Piero (Genova, 1907 - Torino, ? ), 73 Rocchi, Guido (Fontanellato, Parma, 1865 - ? ), 32, 34 Rocereto, Mario S. (Formicola, Caserta, 1863 - Pittsburgh, U.S.A., 1957), 34 Romani, Mario (Saludeccio, Forlì, 1892 - Torino, 1962), 44, 51, 64, 75 Romano, Giulio (Napoli, 1882 - Afragola, Napoli, 1962), 32, 57 Rossi, Filottino, 31 Saccone, Giuseppe, 44 Salieri, Girolamo (Legnago, Verona, 1794 - Padova, 1864), 62 Sarli, Antonio, 16, 59 Sarno, Antonio, 44 Sarri, Corrado, 52 Satta, Vincenzo, 49 Savina, Leonardo (Torino, 1889 - ivi, 1974), 27, 29, 30, 42, 43, 45, 49, 51, 52, 62, 64-66, 76, 83 Savoia, Sebastiano, 52 Scarpa, Ermelindo (Salento, Salerno, 1878 - Philadelphia, U.S.A., 1941), 59 Schiani, Luigi, 41 93 Scialino (Scarlino), Edgardo, 45 Scotese, Attilio Torquato (Montemilone, Potenza, 1899 - Bari, 1988), 31, 44, 65, 83 Sebastiani, Ferdinando (Capua, Caserta, 1803 - Napoli, 1860), 62 Serpentini, (Jules) Giulio (?, 1897 - Philadelphia, U.S.A., 1982), 59 Settimi, Aldo (Teramo, 1910 - Chieti, 1990), 37 Seveso, Ferdinando (Como, 1869 - ?, post. 1906), 51 Sfolcini, Natale, 32 Shaw, Artie (New York, U.S.A., 1910 - Los Angeles, U.S.A., 2004), 74 Sigismondi, (Albert) Alberto, 59 Sigismondi, Francesco, 30, 52, 56 Siniscalchi, Giuseppe (Salerno, 1882 - Chicago, U.S.A., 1950), 59 Spadea, Vincenzo (Gasperina, Catanzaro, 1883 - Lancaster, U.S.A., 1976), 18, 29, 34, 35 Sparano, Gennaro (?, 1894 - ?, 1984), 32 Stark, Robert (Klingenthal, Germania, 1847 - Würzburg, Germania, 1922), 23, 25 Stefani, Umberto, 52 Talamini, Angelo, 52 Tarantola, Pietro (Camporeale, Trapani, 1895 - ? ), 34 Tempesta, Giuseppe, 49, 57 Tissoni, Francesco, 31 Torchio, Baldassarre, 44 Tosé, Gabriele (Berlino, Germania, 1907 - Long Beach, U.S.A., 1984), 16, 59 Trovato, Valentino (Napoli, 1872 - ? ), 59 Ufirini, Paolo, 52, 72 Valentini, Pasquale (Soriano Calabro, Vibo Valentia, 1910 - ?, post. 1958), 27, 38, 40, 46 Vannini, Augusto (Firenze, 1869 - Boston, U.S.A., 1932), 34, 59, 70 Villani, Achille (Torino, 1875 - New Jersey, U.S.A., ? ), 59 Virgili, Mario, 52 Volontè, Eraldo (Milano, 1918 - ivi, 2003), 73 Volpe Gennaro (Napoli, 1880 - New York, U.S.A., 1957), 35, 59 Zannini, Nicola (?, Italia, 1883 - San Francisco, U.S.A., 1960), 59 Zanon, Renato, 45, 64 Zavaldi, Giovanni, 9, 16, 18 Zottarelle, (Mike) Rocco M. (?, 1889 - Saint Louis, U.S.A., 1983), 16, 34, 59 94