Il Clarinetto in Italia nel primo Novecento (1900

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Adriano Amore
Il Clarinetto in Italia nel primo Novecento
(1900 - 1950)
2012
1
DELLO STESSO AUTORE:
La Scuola Clarinettistica Italiana: Virtuosi e Didatti
Frasso Telesino, a cura dell’autore, 2006
Il Clarinetto in Italia nell’Ottocento
Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2009
Ernesto Cavallini: Il Paganini del Clarinetto
Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2011
La Letteratura Italiana per Clarinetto
Frasso Telesino, a cura dell’autore, 2011
© ADRIANO AMORE
FRASSO TELESINO, 2012
WWW.ADRIANOAMORE.IT
2
INDICE GENERALE
Premessa
Abbreviazioni
Archivi e Biblioteche
5
6
6
I - L’ORGANOLOGIA
Invenzioni ed innovazioni
Costruttori di clarinetti
II -
9
16
LA DIDATTICA
L’organizzazione didattica
Nuove scuole
Il reclutamento dei docenti
Programmi e durata degli studi
Metodi e studi
La musica d’insieme
I saggi di classe
Didatti italiani all’estero
Aspetti didattici
La scelta dello strumento
La scelta del becco
Le ance
La postura
L’imboccatura
L’attacco del suono e lo staccato
Lo studio delle scale
Chiave di Tenore o di Violino?
Il vibrato
Il “Bel suono”
Il trasporto e la preparazione all’orchestra
Appendice I (didatti e principali scuole)
Appendice II (metodi per clarinetto)
22
22
24
27
29
30
32
36
36
37
37
38
38
40
40
40
41
41
41
44
46
3
III -
IL CLARINETTO IN AMBITO ORCHESTRALE
Il reclutamento
Diritti e tutela degli orchestrali
La duplicità degli incarichi
Gli organici, i compositori e l’utilizzo
L’intonazione
Toscanini e i clarinettisti
La diaspora degli orchestrali
Appendice (primi esecutori dei principali assoli)
IV -
I CLARINETTISTI
I concertisti
Il repertorio solistico
I clarinettisti nelle formazioni da camera
I clarinettisti a 78 giri
I clarinettisti eclettici
I clarinettisti del Duce
La musica sincopata e i primi clarinettisti jazz
Giudizi e recensioni
V-
4
47
47
50
51
54
54
57
60
62
64
65
68
70
71
73
74
LA LETTERATURA
Aspetti e contesti
La riproposta di musiche antiche
La musica da ballo
La letteratura solistica
La letteratura cameristica
Appendice (primi esecutori di brani solisti e da camera)
77
78
79
79
81
83
Bibliografia
84
Indice dei clarinettisti citati
88
PREMESSA
Questo lavoro, estende alla prima metà del Novecento tutti gli
argomenti trattati nel mio precedente Il Clarinetto in Italia
nell’Ottocento (Perugia, Accademia Italiana del Clarinetto, 2009).
Pur tuttavia, alcuni capitoli sono stati omessi e/o sostituiti da
altri ben più corrispondenti alle mutate condizioni storico, sociali e
musicali dell’epoca.
Se da un lato, infatti, scompaiono i grandi virtuosi, tanti piccoli
costruttori di clarinetti e le virtuosistiche fantasie operistiche,
dall’altro vengono finalmente uniformati i programmi e le scuole di
insegnamento. Agli orchestrali vengono legalmente riconosciuti
diritti e doveri e la diffusione della musica jazz e l’invenzione del
grammofono, infine, offrono nuove opportunità di lavoro e di
diffusione della propria arte musicale. Il tutto, sotto l’occhio attento
del Regime fascista che, nel favorire e incoraggiare tante nuove
iniziative musicali, mirò in realtà a sottomettere al proprio controllo
anche l’intero sistema musicale italiano.
5
ABBREVIAZIONI
ca.
cfr.
cit.
ed.
idem
op.
p.
post.
s.d.
s.e.
s.l.
vol.
circa
confronta
citato, citata
edizione / edizioni
lo stesso, uguale
opera
pagina
posteriore, successivo
senza data
senza edizione
senza luogo
volume
SIGLE DI ARCHIVI E BIBLIOTECHE
D-B
Berlin (Germany), Staatsbibliothek zu Berlin
Preußischer Kulturbesitz, Musikabteilung
GB-Cu
Cambridge (United Kingdom), University
Library
GB-Lbl
London (United Kingdom), The British
Library
I-Baf
Bologna (Italia), Biblioteca dell’Accademia
Filarmonica
I-BGi
Bergamo (Italia), Biblioteca del Civico
Istituto Musicale “G. Donizetti”
I-CAcon
Cagliari (Italia), Biblioteca del
Conservatorio di Musica “P. da Palestrina”
6
I-CBcon
Campobasso (Italia), Biblioteca del
Conservatorio di Musica “L. Perosi”
I-Fn
Firenze (Italia), Biblioteca Nazionale
Centrale
I-FTamore
Frasso Telesino (Italia), Archivio privato
Adriano Amore
I-Gl
Genova (Italia), Biblioteca del
Conservatorio di Musica “N. Paganini”
I-Mc
Milano (Italia), Biblioteca del Conservatorio
di Musica “G. Verdi”
I-MOl
Modena (Italia), Biblioteca dell’Istituto
Superiore di Studi Musicali “O. Vecchi A. Tonelli”
I-Nc
Napoli (Italia), Biblioteca del Conservatorio
di Musica “San Pietro a Majella”
I-NOVi
Novara (Italia), Biblioteca dell’Istituto
Civico Musicale Brera
I-PAc
Parma (Italia), Biblioteca Nazionale Palatina
I-PESc
Pesaro (Italia), Biblioteca del Conservatorio
di Musica “G. Rossini”
I-PESr
Pesaro (Italia), Fondazione Rossini,
Biblioteca
I-Rama
Roma (Italia), Biblioteca Musicale
dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia
I-Rbgf
Roma (Italia), Archivio della Banda della
Guardia di Finanza
7
I-Rn
Roma (Italia), Biblioteca Nazionale
Centrale Vittorio Emanuele II
I-Rsc
Roma (Italia), Biblioteca Musicale
Governativa del Conservatorio di Santa
Cecilia
I-Rvat
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana
I-REim
Reggio Emilia (Italia), Biblioteca Armando
Gentilucci dell’Istituto Superiore di Studi
Musicali “Achille Peri”
I-Sac
Siena (Italia), Biblioteca dell’Accademia
Chigiana
I-SASc
Sassari (Italia), Biblioteca del Conservatorio
di Musica “L. Canepa”
I-Vnm
Venezia (Italia), Biblioteca Nazionale
Marciana
US-CPpa
College Park (U.S.A.), University of
Maryland, The Michelle Smith Performing
Arts Library
US-Wc
Washington (U.S.A.), Library of Congress,
Music Division
8
I
L’ORGANOLOGIA
INVENZIONI ED INNOVAZIONI
Analogamente a quanto era successo per tutto l’Ottocento, anche
nella prima metà del Novecento furono inventati diversi congegni
atti a migliorare la tecnica del clarinetto e i sistemi brevettati in
precedenza da Müller, Böhm, Albert e Barret. In modo particolare,
interessanti risultarono le innovazioni introdotte da Giampieri,
Micozzi e Pupeschi. I molteplici brevetti di quest’ultimo, però, se da
un lato contribuivano notevolmente a sviluppare e a facilitare la
meccanica, dall’altro non sempre producevano suoni perfettamente
intonati. Le ance in plastica brevettate dal Maccaferri e l’ottimo
«Clarinetto a tasto diatonio» di Dall’Argine-Barlassina, invece, non
furono neppure presi in considerazione dai clarinettisti italiani. Nel
caso del «Clarinetto a tasto diatonico», le motivazioni vanno
ricercate nel fatto che esso prevedeva una digitazione completamente
diversa dai sistemi Müller e Böhm utilizzati all’epoca. Diverse sono
infine le innovazioni e i brevetti “camuffati”, copie o varianti di altri
già in uso o brevettati in precedenza in Italia e/o all’estero.
Di seguito, in ordine cronologico, sono illustrate le principali
invenzioni.
Sistema Zavaldi
Allievo di Romeo Orsi, Giovanni Zavaldi suonò come 1°
clarinetto per il ballo nell’orchestra del Teatro alla Scala di Milano
(1894-1898ca.) e insegnò clarinetto e poi teoria e solfeggio alla
Civica Scuola Musicale di Milano (1900-1936). Nel 1904, la ditta
Orsi mise in commercio un clarinetto da lui riformato, denominato
«Sistema Zavaldi», che permetteva all’esecutore di passare in poco
tempo dalle deficienze del clarinetto tipo ministeriale ai vantaggi del
sistema Böhm. Come ci ricorda il Pace, «questo clarinetto dava il do
9
diesis acuto con tutti i fori aperti, il mi bemolle in quarto spazio con
la posizione alternata formata dal sollevamento dell’anulare destro
tenendo abbassati il mignolo, il medio e l’indice, e aveva il foro per il
sol in secondo rigo nella parte anteriore dello strumento invece che
in quella posteriore per permettere alla saliva di scorrere fino alla
campana, senza incontrare altre vie d’uscite».1
Sistema Paladino
Nel 1912, il clarinettista napoletano Federico Paladino ottenne la
privativa per 6 anni per un clarinetto da lui riformato. Di questo
sistema, che non ebbe evidentemente alcuna diffusione, non
conosciamo però le caratteristiche.
«Sordina al Clarino»
Nel 1914, il compositore e direttore d’orchestra napoletano
Beniamino Domenico Fonte brevettò la «Sordina al clarino». L’idea
non era nuova. Conosciuta e utilizzata sin dal primo Ottocento,2
l’applicazione di una sordina al clarinetto era stata già utilizzata, tra
gli altri, da Hector Berlioz e in Italia da Pietro Mascagni, all’inizio
del III atto dell’Opera Iris (1898). Consisteva in una sorta di
copertura a sacco di cuoio o di cartone «entro la quale si colloca
l’istrumento, e che ha due fori laterali per far passare le mani. Ne
risulta un suono più scuro, piuttosto bello».3
Brevetto Mazzeri
Nel 1918, l’italiano Giovanni C. Mazzeri, brevettò negli U.S.A.
la «Reed-Protecting Device» Si trattava di alcuni dispositivi che
applicati alle ance tradizionali favorivano una migliore protezione e
un più omogeneo assorbimento della saliva.
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti: Storia, fisica, letteratura, Firenze, Casa Editrice Carlo
Cya, 1943, p. 56.
2
Nel 1826, il Lichtenthal scriveva che come sordina «negli oboe e clarinetti si usa di
mettere nell’apertura inferiore un po’ di bambagia o spugna inumidita». PIETRO
LICHTENTHAL, Dizionario e bibliografia della musica, Milano, Fontana, 1826, vol. II, p.
211.
3
ALFREDO CASELLA - VIRGILIO MORTARI, La Tecnica dell’orchestra contemporanea, 2a
edizione riveduta, Milano, Ricordi, 1950, p. 43.
1
10
Congegni automatici Giampieri
Alamiro Giampieri, fra il 1928 e il 1929, ideò due «congegni
automatici» che contribuirono a perfezionare la meccanica del
clarinetto, senza pregiudicarne l’usuale digitazione: «Il primo
congegno è applicabile al Clarinetto sistema Boehm e permette
l’emissione del Mib-Sib a forchetta mediante un procedimento
automatico semplicissimo che elimina il plateaux, la piccola chiavetta
laterale, ed ogni sorta di bilanciere. Elimina pure il foro per la
doppia chiave di DoD-SolD il cui suono si ottiene mediante altro
procedimento automatico. Riduce così la circolazione e la possibile
perdita dell’aria e dà perfetta intonazione, prontezza e chiarezza al
Sib a forchetta e relativo Mib fondamentale pur’esso a forchetta. Il
secondo congegno è applicabile ad ogni Clarinetto di qualsiasi
sistema e permette l’emissione di un perfetto Sib in terza linea.
Mercè l’applicazione di questo congegno, il Sib in terza linea si
produce per mezzo di un nuovo foro indipendente da quello del
portavoce e risulta chiaro, voluminoso, intonato e invariabile di
timbro al pari di ogni altra nota, conferendo così omogeneità ed
uguaglianza di suono a tutta la scala del Clarinetto. Questi congegni
sono stati acquistati e brevettati dalla Ditta Rampone e C. di Milano
(1930)».4
Sistema Quaranta
Clarinettista al Teatro alla Scala di Milano (1898-1907ca.), nel
1929, Romolo Quaranta fece mettere in commercio dalla ditta
Rampone un clarinetto, denominato «sistema Quaranta», che
riportava alcune innovazioni nella meccanica simili a quelle
brevettate dal fiorentino Pupo Pupeschi. In modo particolare, questo
sistema facilitava il passaggio Do2/Mi2 sul clarinetto sistema Müller.
Sistema Ciciotti
Nel 1931, Andrea Ciciotti ottrnne negli U.S.A. il brevetto per un
nuovo clarinetto nel quale erano apportate diverse modifiche nella
disposizione delle chiavi che favorivano una migliore apertura e
intonazione.
MARCO VINICIO RECUPITO, Artisti e Musicisti moderni, Milano, La Fiamma Editrice,
1933, p. 127.
4
11
Clarinetto con i «congegni automatici» ideati dal Giampieri.
12
Brevetti Pupeschi
Dopo il successo ottenuto dal suo clarinetto «sistema Pupeschi»
(1892) - assai apprezzato a fine Ottocento in Italia dal clarinettista
Aurelio Magnani e negli U.S.A. dalla ditta C.G. Conn - il fiorentino
Pupo Pupeschi continuò anche nei primi decenni del ‘900 le sue
sperimentazioni sulla meccanica del clarinetto. Tra l’altro, nel 1907
brevettò «Nuovi meccanismi applicati al Clarinetto», nel 1908 un
nuovo «Clarinetto perfezionato» e nel 1932 un «Clarinetto Boehm
Perfezionatissimo Tipo Conservatorio». Quest’ultimo, pur
facilitando l’esecuzione di alcuni trilli e tremoli, a giudizio del Pace,
presentava almeno due inconvenienti: «Nella digitazione
l’inconveniente era rappresentato dalla necessità di abituarsi a fare
tutti i trilli dei mignoli in modo opposto alle nostre abitudini […].
La chiusura poi non era mai sicura […]. Per queste ragioni
l’innovazione non si è diffusa».5 Completamente ignorati in Italia, i
suoi molteplici brevetti furono poi venduti a importanti costruttori
esteri, come Mahillon, C. G. Conn, Hawkes & Son e Vinzent
Kohlert & Söhne.
«Clarinetto a tasto diatonico» di Dall’Argine-Barlassina
Giuseppe Barlassina di Milano, nel 1933, otteneva la privativa
per 6 anni per la costruzione e commercializzazione del «Clarinetto
a Tasto diatonico», inventato nel 1888 dal parmense Priamo
Dall’Argine. Nella richiesta di rilascio della suddetta privativa,
presentata il 27 marzo 1932, lo stesso Barlassina ne illustrava le
caratteristiche: «Clarinetto a tasto diatonico, caratterizzato dal fatto
che un certo numero di chiavi, a comando libero, mentre è provvisto
di leve o similari, che, quando dette chiavi vengono chiuse,
provocano la chiusura di chiavi laterali corrispondenti, è, d’altra
parte, disposto in modo da muovere, sempre all’atto della chiusura,
degli organi intermedi, i quali producono la chiusura di altre chiavi
secondarie, quando venga compreso un tasto apposito; detto tasto
essendo chiamato diatonico, perché vale a rendere naturali tutte le
note ottenute col passaggio da un tasto all’altro e che se non si ponga
in azione il tasto diatonico stesso, sono delle note diesis o bemolle».
Secondo il Pace, «il clarinetto Dall’Argine-Barlassina, pur
5
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 60.
13
riconoscendogli i molti pregi di sonorità, intonazione, omogeneità,
comodità, non fu incoraggiato e diffuso per la complicazione del suo
meccanismo».6
Brevetti Maccaferri
Dopo aver osservato un clarinettista “aprire” la sua ancia
deformata dall’umidità, nel 1934 il Maccaferri brevettò un’ancia
tagliata diagonalmente, che preveniva le deformazioni avendo un
egual numero di pori aperti su ogni lato, dando così vita alle ance
iso-vibrant. Assieme a questa linea, nel 1941 brevettò un’ancia
impregnata di plastica che resisteva all’umidità. Ciò portò ad uno dei
suoi più grandi successi: l’ancia in plastica. Commercializzate con i
marchi French American Reeds e Maccaferri Reeds, le sue ance
furono particolarmente popolari negli anni ‘40-50 e usate
principalmente dai più grandi clarinettisti jazz statunitensi (Benny
Goodman, Jimmy Dorsey, Woody Herman ed altri ancora). Egli
progettò, inoltre, anche una linea di imboccature per clarinetto in
nylon, un ingegnoso Reed-o-meter che misurava la resistenza
dell’ancia e sviluppò parecchi miglioramenti nei macchinari per la
costruzione delle ance.7
Sistema De Marco
Brevettato da Gennaro De Marco nel 1938 negli U.S.A., tra
l’altro, prevedeva un complesso meccanismo di chiavi applicate al
pezzo superiore che facilitavano l’esecuzione del Sol diesis, in
seconda linea, nei passaggi tecnici veloci.
Brevetto Micozzi
Primo clarinetto nelle principali orchestre romane e poi
professore nei conservatori di Palermo e Napoli, nel 1939, Antonio
Micozzi brevettò la «leva ausiliaria del portavoce», da lui
denominata «chiave M. 13», che permetteva di ottenere nel registro
acuto suoni stabili, intonati e omogenei. Secondo il Pace «Gli
armonici o rapporti di dodicesime ottenuti con la leva M. 13, hanno
suono stabile ed intonato, timbro voluminoso ed omogeneo, e
6
7
Idem, p. 66.
Cfr. «American Luthiere», 1985, n° 2, p. 32-37.
14
possono essere prodotti pianissimo anche nel registro marginale, ciò
che costituisce un apporto notevolissimo alla tecnica del clarinetto».8
Ance autarchiche
Zeffirino Bartolomasi e C. di Cavezzo (Modena), intorno al
1942, inventarono un tipo di ance per clarinetto a base di resina
sintetica, denominate «Ance autarchiche».9
Brevetto Incampo
Nel 1946, Giuseppe Incampo brevetta negli U.S.A. il «Water
absorber», un congegno a spugna che applicato nella campana serviva
ad assorbire e ad evitare la fuoriuscita della saliva.
8
9
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 63.
Idem, p. 110..
15
COSTRUTTORI DI CLARINETTI
Per gran parte dell’Ottocento, le elevate tariffe doganali
sull’importazione dall’estero e gli incentivi previsti dai vari Istituti
«d’incoraggiamento», avevano favorito in molte città la presenza di
fabbricanti di clarinetti.
Dall’Unità d’Italia (1861) in poi, la crescente concorrenza
straniera determinò la progressiva scomparsa di molti piccoli
costruttori;10 altri, pur continuando ad essere presenti sul mercato
per tutto il primo Novecento, in realtà, si limitarono a rivendere
strumenti costruiti altrove, soprattutto dalle milanesi Rampone e
Orsi, marchiandoli a proprio nome. Solo per pochi anni, invece,
riuscirono ad operare alcune fabbriche nate in questo periodo,
schiacciate poi dalle grandi industrie milanesi e dalla progressiva e
inarrestabile diffusione in Italia dei clarinetti di manifattura francese,
Buffet11 e Selmer12 in modo particolare.
Accanto ai clarinetti sistema Böhm, utilizzati da quasi tutti gli
orchestrali e didatti, rilevante risulta ancora la produzione di
clarinetti con sistema Müller, destinati al sempre fiorente mondo
bandistico e in uso ben oltre gli anni ‘50. Breve e limitata risulta
invece la diffusione dei clarinetti costruiti con i sistemi brevettati in
Italia in questo periodo (Zavaldi, Pupeschi, Quaranta, Giampieri,
ecc.).
Dai sistemi produttivi, scompare del tutto il corno di bassetto,
sostituito dal clarinetto contralto,13 mentre aumenta la produzione
Nel 1877, Michele Ruta amaramente constatava che «per la fabbricazione di strumenti
musicali, abbiamo valorosi artefici, ma non potendo essi reggere alla concorrenza estera,
preferiscono, scoraggiati, di fare i mercanti; e nelle loro fabbriche, in luogo delle manifatture
nazionali, troviamo depositi di fabbriche forestieri […] coll’andar del tempo, continuando
su questa via, si perderà del tutto l’arte di costruire gl’istrumenti musicali». MICHELE RUTA,
Storia Critica delle Condizioni della Musica in Italia e del Conservatorio di San Pietro a
Majella di Napoli, Napoli, Detken e Rocholl, 1877, pp. 9-10.
11
Tra i clarinettisti italiani che utilizzarono i clarinetti della Buffet, ricordiamo: Angelo e
Alberto Chiaffarelli, Paolo Del Pistoia, Fernando Gambacurta, Antonio Giammateo,
Aurelio Magnani e Gabriele Tosé.
12
Tra gli altri, usarono i clarinetti della Selmer: Antonio Decimo, Michele Fusco, Giuseppe
Norrito, Antonio Sarli e Rocco Zottarelle, tutti attivi negli U.S.A. nella prima metà del
‘900.
13
«Presso i compositori moderni questo istrumento non ha avuto fortuna. Gli esempi di
10
16
dei clarinetti di taglia bassa, in modo particolare del clarinetto basso,
ormai utilizzato da tutti i compositori dell’epoca.
Di seguito, sono elencati in ordine alfabetico i principali
costruttori di clarinetti e suoi accessori attivi nella prima metà del
‘900. Per ogni costruttore, sono riportate notizie sulla vita, sul
periodo di attività e sulla tipologia di strumenti da essi fabbricati.
BARLASSINA, Giuseppe (Limbiate, Monza, 1866 - Milano,
1936).
Dal 1890 fu attivo a Milano come costruttore di «flauti alla
Böhm modificati, di oboi, di clarini a nuovo sistema assai
encomiabili».14 Nel 1935, diede inizio alla costruzione del
«Clarinetto a tasto diatonico», ideato nel 1888 da Priamo
dall’Argine. Nonostante i lusinghieri giudizi espressi dal Gabucci e
dal Pace, la produzione di questo nuovo clarinetto fu un autentico
flop economico per la ditta, tanto da portare il titolare Giuseppe al
suicidio (1936).
MACCAFERRI, Mario (Cento, Ferrara, 1900 - New York,
U.S.A., 1993).
Celebre chitarrista e liutaio, agli inizi degli anni ‘30 collaborò con
la ditta Selmer di Parigi alla costruzione di sue chitarre. In seguito,
prima a Parigi e dal 1939 a New York, negli U.S.A., diede vita ai
marchi «French American Reeds» e «Maccaferri reeds» con i quali
fabbricò e commercializzò le ance iso-vibrant e in plastica, da lui
brevettate e assai apprezzate dai clarinettisti americani Benny
Goodman, Jimmy Dorsey e Woody Herman.
MAINO e ORSI
Fondata a Milano nel 1881, da Paolo Maino e Romeo Orsi,
rimase in attività fino al 1918. Questa fabbrica si distinse
impiego del corno di bassetto pare che siano sempre limitati a qualche opera di Mozart,
Beethoven e pochi altri minori, e oggi per eseguire quelle opere il corno di bassetto, che è
assai difficile da trovare, viene, di solito, sostituito dal clarinetto contralto in mi bem.».
ALFREDO CASELLA - VIRGILIO MORTARI, La Tecnica dell’orchestra contemporanea, op.
cit., p. 47.
14
GAETANO F. FOSCHINI, La Musica all’Esposizione Generale Italiana di Torino 1898, in
«Rivista Musicale Italiana», 1898, p. 835.
17
inizialmente nella costruzione del clarinetto a doppia tonalità,
inventato da Romeo Orsi. Nei primi decenni del Novecento, oltre ai
tradizionali clarinetti con sistema Müller e Böhm, fabbricò anche
clarinetti con sistema Albert per il mercato americano, poi marchiati
e rivenduti dalla ditta «Prof. Vincenzo Spadea - New York».
ORSI, Romeo (Como, 1843 - Milano, 1918).
Il successo commerciale ottenuto con i suoi clarinetti a doppia
tonalità, realizzati in collaborazione con Paolo Maino, lo portò ad
associarsi nel 1881 a quest’ultimo e a dar vita al marchio «Maino e
Orsi», in attività fino al 1918. Dopo la sua morte, dal 1918 l’attività
fu proseguita dal figlio Lorenzo (1899-1957), che trasformò il
marchio in «Prof. Romeo Orsi». Oltre al clarinetto a doppia tonalità
e a vari strumenti costruiti su commissione dei maggiori operisti
italiani della sua epoca (Verdi, Puccini, Mascagni), nel 1904 realizzò
il clarinetto «sistema Zavaldi» e nel 1915 ottenne la privativa per 3
anni per ulteriori «Perfezionamenti nei clarinetti». Tutta la sua
produzione del primo ‘900 risulta di eccellente fattura e fu assai
apprezzata dai clarinettisti italiani, in modo particolare da Luigi
Amodio, che amava eseguire i quintetti con archi di Mozart e
Brahms con un suo clarinetto in La.
PUPESCHI, Pupo (Marti, Pisa, 1859 - Firenze, 1932).
Attivo a Firenze dal 1885, dopo la sua morte (1932), l’attività fu
proseguita fino al 1957 dal figlio Aldo con i marchi «cav. P.
PUPESCHI e figlio» e F.I.S.M. (Fabbrica Italiana Strumenti
Musicali). Se marginale risultò la sua produzione di clarinetti con
sistema Müller e Böhm, degna di attenzione fu invece l’ampia
gamma di clarinetti fabbricati con le sue molteplici innovazioni
brevettate a partire dal 1892. In esse, però, si mostrò più attento alle
caratteristiche meccaniche dello strumento che non a quelle
acustiche, tanto che alla distanza furono tutte dimenticate, proprio
perché se da un lato facilitavano alcuni passaggi veloci fra posizioni,
creavano in compenso vari problemi d’intonazione o di sonorità.
RAMPONE (& CAZZANI), Ditta
Fondata nel 1866 da Agostino Rampone, nel 1920 si fuse con la
ditta Cazzani dando vita al marchio «Rampone e Cazzani», tuttora
18
in attività. Agli inizi del ‘900, la ditta «Agostino Rampone» era in
grado di produrre circa 150 modelli di clarinetti, con diversi gradi di
finitura e con numerosissime opzioni sul numero e raddoppi di
chiavi, sull’estensione e sui materiali: dal sistema Müller al Böhm o
mezzo Böhm, dal sistema Leonesi (1901) al sistema Quaranta
(1929), dal sistema Barret fino a quelli che prevedevano i «Congegni
automatici» ideati dal Giampieri (1930). I suoi strumenti, «garantiti
per la loro solidità, finezza di lavoro, precisione di meccanica, bontà
di voce ed intonazione perfettissima», furono usati, tra gli altri, da
Luigi Amodio, Alamiro Giampieri ed Ulderico Perilli che, durante la
sua permanenza al Teatro alla Scala (1906-1913ca.), ne fu anche
collaudatore.15
RICO, (Joseph) Giuseppe (Castel San Vincenzo, Isernia, 1876 Vance, Francia, 1957).
Dopo gli studi di Teologia e Musica al Seminario di Cassino
(Frosinone), emigrò a New York, dove suonò con una piccola
formazione orchestrale, interamente costituita da musicisti italiani.
Nel 1899 si trasferì in Francia, dove si affermò come uno dei più
raffinati compositori di valzer lenti. Da qui, a partire dal 1926,
iniziò a inviare alcune ance per clarinetto, provenienti dalla Regione
del Var, al nipote Frank De Michele, all’epoca attivo a Los Angeles
come clarinettista negli Studi della Walt Disney. Il successo ottenuto
dalla vendita di queste ance, spinse il De Michele a dar vita nel 1928
a una propria manifattura d’ance alla quale Joseph Rico diede il suo
nome. Nel 2004, La fabbrica fu rilevata dalla D’Addario &
Company. 16
Tra gli altri costruttori di clarinetti, infine, ricordiamo: Alfredo
Abbate (Napoli, 1907ca.-1913ca.);17 Carlo Alberi (Milano, 18611930); Dario Aloy (Roma, 1930ca.); Luigi Alziati (Milano, 19201959); Guido Bardelli (Trieste, 1930-1960ca.); Tito Belati
PETER H. ADAMS, Antique Woodwinds Instruments. An Identification and Price Guide,
Atglen, Schiffer Pubblishing Ltd, 2005, p. 106.
16
Fonte: http://www.josephricomusic.com (collegamento del 2 novembre 2009); Rico,
Farminglade, D’Addario & Company Inc., 2006, p. 5.
17
In parentesi tonda, sono riportati i luoghi e i periodi approssimativi di inizio e fine
attività.
15
19
(Perugia, fine XIX sec.-1941ca.); Gastone Bini (Pisa, 1922-1950);
Massimo Boario (Torino, 1920-1950); Orfeo Borgani (Macerata,
dal 1920 in poi); fratelli A. M. Bottali (Milano, 1906-1930); fratelli
Cairati (Genova, 1920-1932ca.); F. Ceruti (Napoli, 1900ca1960ca.); fratelli Cigna (Biella, 1910-1932); Paolo Del Pistoia
(Milano, 1950-1957); Leonildo Desidera (Mantova-NovaraVerona, 1930-1965); Pietro Donnini (Milano, 1881-1919); Otello
Faccini (Terni, 1907-1932); F.I.M. (Castelnuovo Scrivia, 1926ca. 1932); F.I.S.M. [già ditta P. Pupeschi e F.] (Firenze, 1936-1956);
Alfredo Gardelli (Bari, 1880-1936ca.); Ippolito Gerini (Firenze,
1910-1916ca.); Ditta Adolfo Lapini (Firenze, 1875-1929); La
Prealpina (Quarna, 1915-1920ca.); Alessandro Maldura (18711920); Luigi Massara (Ivrea, 1888-1931); Giuseppe Molteni
(Varese, primo ‘900); Antonio Monzino (Milano, 1872-1926);
Marcello Morutto (Torino, 1902-1939ca.); Giacomo Olivieri
(Novara, 1907-1931ca.); Ercole Paleari (Milano, 1895-1929);
Silvio Parisi (Torino, 1907-1947ca.); Umberto Pizzi (Bologna,
1929ca.); Gino Procacci (Firenze, 1932-1950); Eugenio Procaccini
(Roma, 1925ca.); Riboni e Benicchio (Milano, 1915-1955);
Vittorio Roncolato (Trento, 1940ca.); Paolo Rondoni (Verona,
1900-1914ca.); Gustavo Rosselli (Larderello, Pisa, fino al 1936);
S.A.I.M. (Castelnuovo Scrivia, 1922-1934); Annibale Saccani
(Milano, 1912-1919); Camillo Sambruna (Milano, 1882-1923);
Saporetti e Cappelli (Firenze, dal 1904); Edoardo Sioli (Milano,
1904-1922); Stabilimenti Musicali Riuniti [già Bottali-Roth-Pelitti]
(Milano, 1920); Giuseppe Thaon (Torino, 1899-1933ca.);
Trimarco (Salerno, prima metà XX sec.); Gioboario Zaccagni
(Torino, inizio ‘900); Comingio Zinzi (Roma, 1925-1931ca.).
20
Pubblicità del 1907.
21
II
LA DIDATTICA
L’ORGANIZZAZIONE DIDATTICA
Nuove Scuole
Accanto agli Istituti e ai Conservatori di Musica già operanti
nell’Ottocento (Bologna, Firenze, Lucca, Milano, Napoli, Palermo,
Roma e Venezia), nella prima metà del Novecento furono aperti
nuovi Istituti e Licei (poi denominati Conservatori) che
contribuirono notevolmente ad ampliare la cultura musicale italiana.
Accanto a queste istituzioni “ufficiali”, anche nei piccoli centri
furono create nuove scuole popolari di musica, spesso istituite
all’interno di ospizi e orfanotrofi, che prevedevano anche
l’insegnamento del clarinetto. Queste furono notevolmente
incoraggiate e ampliate durante il Ventennio fascista tanto che anche
nei più piccoli e sperduti centri della penisola furono attive bande
musicali di giovani balilla o dell’O. N. D. (Opera Nazionale
Dopolavoro), con relativo maestro di musica.
Il reclutamento dei docenti
Se per gran parte dell’Ottocento i docenti venivano assunti “per
chiara fama” e reclutati tra le prime parti delle orchestre o bande
cittadine, nella prima metà del Novecento, secondo le normative
vigenti, gli stessi accedevano all’insegnamento dopo aver superato i
relativi concorsi per titoli ed esami banditi periodicamente dai
singoli Conservatori. Pur tuttavia, pochissimi furono i concorsi
effettivamente banditi, nei quali, quasi sempre, ci si limitava alla sola
valutazione dei titoli artistici e didattici.18 Moltissime invece furono
18
«La Commissione giudicatrice del concorso, ove stimi necessario l’esame sottoporrà i
22
gli incarichi di supplenza, poi trasformati in incarichi a tempo
indeterminato, o le nomine in ruolo ope legis disposte senza
concorso durante il regime fascista: «La legge fondamentale
sull’istruzione artistica del 1912, all’art. 7 prevede, come
provvedimento eccezionale, la nomina senza concorso […] a persone
che “saranno venute in meritata fama di singolare perizia nelle
materie che dovrebbero insegnare”. Con l’art. 5 ultimo comma del
R. D. L. 2-12-1935, n. 208, il Ministro De Vecchi avocò a sé
questa prerogativa […]. Senonchè quanto era previsto in via
eccezionale, a partire dal 1935 e particolarmente nel periodo 19381943, divenne invece procedura normale. Si ha così una vera ondata
di nomine senza concorso19 [oltre 235] per sistemare le persone del
Ministro, del Direttore Generale delle Arti, dei vari Gerarchi».20
Al primo e vero concorso a cattedre, bandito con Decreto del 24
giugno 1935, per l’eccessiva difficoltà delle prove previste,
pochissimi furono i candidati che vi presero parte.
Per il clarinetto, erano previste ben sei prove: «1) – Eseguire col
clarinetto sistema Böhm: a) il concerto di W. A. Mozart (Op. 107)
per clarinetto in La e pianoforte; b) il secondo concerto di C. M.
Weber (Op. 74) per clarinetto e pianoforte; c) un concerto moderno
o una composizione moderna da concerto, estratto a sorte fra cinque
presentati dal candidato; d) due studi estratti a sorte fra i seguenti:
A. Magnani: “Dieci studi-Capricci” nn. 1, 3 e 8; R. Stark: Op. 51
“Ventiquattro studi di virtuosità” nn. 15, 19 e 24; P. Jeanjean:
“Sedici studi moderni” nn. 1, 7 e 12; A. D’Elia: “Dodici grandi
studi per il virtuosismo tecnico” nn. 2, 9 e 11. 2) – Interpretare,
previo studio di tre ore (compresa mezz’ora di prova col pianista),
una composizione di media difficoltà per clarinetto e pianoforte,
assegnata dalla Commissione. 3) – a) Esporre i propri criteri
candidati alle seguenti prove […]”. L’inclusione di questo comma nei bandi di concorso,
quasi sempre legalizzava e riduceva la valutazione ai soli titoli artistici e didattici. Cfr.,
Concorso ad un posto di professore di clarinetto nel Regio conservatorio di musica «V.
Bellini» di Palermo, in «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», 9 settembre 1929, Parte
Prima, p. 4115.
19
Tra i clarinettisti immessi in ruolo senza concorso, ricordiamo Francesco Pitzianti al
Conservatorio di Parma (1939), Agostino Gabucci al Liceo Musicale di Cagliari (1941) e
Fernando Gambacurta al Conservatorio G.I.L. di Roma (1941), poi assorbito dal S. Cecilia.
20
Le malefatte del fascismo nel campo musicale, in «Rivista Musicale Italiana», 1946,
fascicolo I, pp. 70-71.
23
didattici; b) Dar lezione ad un allievo, designato dalla Commissione.
La lezione si svolgerà su una breve composizione e uno studio scelti
dalla Commissione e consegnati all’allievo mezz’ora prima. 4) – a)
Fare l’analisi, formale ed armonica, del 1° tempo di una sonata
classica, o di una composizione d’insieme per strumenti a fiato,
assegnata due ore prima; b) Concertare, partecipando alla esecuzione,
il 1° tempo di una composizione d’insieme per strumenti a fiato,
assegnata 24 ore prima. 5) – a) Leggere a prima vista un brano di
musica moderna di media difficoltà e trasportare un altro non oltre
un tono sopra e sotto; b) Eseguire alcuni fra i più importanti “a
solo” del repertorio lirico e sinfonico, scelti dalla Commissione. 6) –
Dar prova di conoscere la storia e la letteratura del clarinetto, le più
importanti opere didattiche, e la costruzione e il funzionamento
tecnico del clarinetto e del clarinetto basso».
La partecipazione ai suddetti concorsi, ovviamente, era riservata
ai soli candidati in possesso del «Certificato d’iscrizione al Partito
Nazionale Fascista».21
Il reclutamento nelle scuole di musica comunali o bandistiche,
invece, avveniva come nell’Ottocento, preferendo reclutare quasi
sempre dei polistrumentisti in grado di assicurare l’insegnamento del
maggior numero possibile di strumenti a fiato.
Programmi e durata degli studi
Normalmente, nei Conservatori e Licei Musicali, la durata degli
studi oscillava tra i 5 e i 6 anni, mentre nelle scuole di musica
comunali e bandistiche era ridotta a 2-3 anni.
Come dalla metà dell’800, gran parte dei Conservatori e Licei
adottavano propri programmi di studio, mentre per gli esami finali si
attenevano alle disposizioni previste dal Regio Decreto n° 108 del 2
marzo 1899.22
Cfr., Concorso al posto di insegnante di clarinetto nel Regio conservatorio di musica di
Milano, in «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», 26 agosto 1935, Parte Prima, p. 4235.
22
Questo prevedeva ben sei prove: 1) Esecuzione di un pezzo da concerto a scelta del
candidato; 2) Esecuzione di uno studio di perfezionamento estratto a sorte fra 6 preparati
dal candidato; 3) Esecuzione di un pezzo d’insieme scelto dalla commissione esaminatrice
24 ore prima dell’esame; 4) Interpretazione di un pezzo di media difficoltà assegnato dalla
commissione, previo studio di 3 ore a porte chiuse; 5) Lettura a prima vista e trasporto; 6)
Interrogazioni sul metodo d’insegnamento, sulla storia, tecnica e costruzione del clarinetto.
«Dimostrare la conoscenza teorica e pratica degli strumenti congeneri e dar prova di
21
24
Con il D.L. del 5 maggio 1918, pur lasciando a ciascun istituto la
facoltà di compilare propri programmi di studio, vengono istituiti,
tra l’altro, nuovi corsi per le esercitazioni d’insieme per strumenti a
fiato e d’orchestra. Quest’ultima, doveva essere composta dai
professori e dagli alunni dell’istituto ritenuti idonei dal direttore che
ne curava anche la direzione.
Con il R.D. n° 1945 dell’11 dicembre 1930, furono nuovamente
uniformati a livello nazionale i programmi degli esami23 e la durata
degli studi, fissata in 7 anni per il Clarinetto, di cui 5 per il Corso
inferiore e 2 per il Corso superiore. Ancora una volta, però, le
disposizioni ministeriali riguardavano solo i programmi degli esami
intermedi e finali e non contenevano indicazioni sul percorso
didattico e sui relativi programmi di studio.
Fonte di un malumore diffuso, questi programmi furono poi
ulteriormente esasperati da una serie di direttive del regime fascista
miranti a sottomettere alle rigide regole di autarchia nazionale anche
il percorso formativo dei musicisti: «Con decreto dell’1 novembre
1941 fu istituita una commissione per “l’Autarchia musicale”,
incaricata di valutare e rivedere i metodi di studio in vista di una
riforma radicale dell’istruzione musicale italiana».24 Per la
conoscere le opere dei migliori compositori ed autori didattici».
23
Per il compimento del corso inferiore, erano previste: 1) Esecuzione di un pezzo da
concerto con accompagnamento di pianoforte. 2) Esecuzione di due studi estratti a sorte fra
i seguenti: Cavallini: 30 Capricci (ed. Ricordi) n. 3, op. 1; n. 4, op.2; n. 4 op. 3; n.3, op. 4;
n. 2, op.5; Baermann: 12 esercizi op. 30 (ed. Costellat), nn. 3 e 6; R. Stark: 24 Studi op. 49
(ed. Schmid), nn. 2, 3, 6, 9 e 23. 3) Esecuzione di un pezzo di media difficoltà assegnato
dalla commissione tre ore prima dell’esame preparato dal candidato in apposita stanza. 4)
Lettura a prima vista di un brano di media difficoltà e trasporto di un facile brano per
clarinetto in La e in Do. Per la prova di cultura, bisognava poi «dar prova di saper suonare
il clarinetto basso e di conoscere la costruzione dello strumento». Per gli esami di diploma,
invece, erano previste: 1) Esecuzione del Concerto n. 2 di Weber per clarinetto e pianoforte
e di un pezzo da concerto a scelta del candidato. 2) Esecuzione di due Studi estratti a sorte
fra sei presentati dal candidato e scelti fra i seguenti: Stark: 24 Grandi Studi op. 51 (ed.
Schmid), nn. 3, 4, 9, 12, 15 e 20; Magnani: 10 Studi-Capriccio di grande difficoltà (ed.
Evette e Schaeffer), nn. 3, 8 e 10; Marasco: 10 Studi (ed. Ricordi), nn. 2, 4 e 6. 3)
Esecuzione di un importante brano assegnato dalla commissione tre ore prima dell’esame e
preparato dal candidato in apposita stanza. 4) Lettura estemporanea di un importante brano
e trasporto non oltre un tono sotto o sopra di un brano di media difficoltà. Per la prova di
cultura, infine, era prevista l’esecuzione e concertazione di un brano di musica d’insieme per
strumenti a fiato, assegnato 24 ore prima dell’esame e, per la storia del clarinetto, bisognava
«dar prova di conoscere la più importante letteratura e i metodi didattici più noti».
24
GUIDO SALVETTI (a cura), Milano e il suo Conservatorio, 1808-2002, Milano, Skira,
25
sottocommissione di clarinetto furono nominati Agostino Gabucci,
Carlo Luberti e Temistocle Pace. Successivamente, con «circolare del
18 novembre 1942, il ministro Bottai sollecitava i direttori dei
conservatori di musica e degli istituti musicali pareggiati a prendere
visione, insieme ai docenti delle varie discipline, degli elenchi di testi
stilati dalle varie sottocommissioni allo scopo di apportare eventuali
modifiche o aggiunte».25
La proposta elaborata dal Conservatorio di Musica di Milano,
per ovvi motivi, includeva molte pubblicazioni didattiche scritte o
revisionate da Alamiro Giampieri, all’epoca unico professore di
clarinetto del medesimo istituto, e comprendeva solo autori e
pubblicazioni italiane, così come previsto dallo spirito autarchico
fascista. Nello specifico, questa prevedeva, «Dall’impianto a tutto il
corso normale», il Metodo progressivo in due parti, la Raccolta di
esercizi e studi, i 16 Studi giornalieri di perfezionamento, i 6
Capricci e i 12 Studi moderni di Alamiro Giampieri (tutti editi dalle
edizioni Ricordi); i 50 piccoli studi progressivi per lo stile e la
tecnica dal “Breve metodo” (ed. Carisch), i 20 Studi medi (ed.
Ricordi) e i 50 Duetti di celebri autori italiani (ed. Carisch) di
Agostino Gabucci; i 12 Capricci e i 22 Studi progressivi di Giovanni
Battista Gambaro, i 21 Capricci di Vincenzo Gambaro e i 30
Capricci di Ernesto Cavallini, tutti pubblicati dalla Ricordi con
revisione del Giampieri, e i 10 Capricci di Aurelio Magnani (ed.
Carisch). Per il «Corso superiore», invece, prevedeva i 10 Studi di
perfezionamento di Giuseppe Marasco (ed. Ricordi), i 12 Studi
brillanti e i 28 Grandi Studi di Agostino Gabucci (editi dalla
Carisch); i 10 Duetti (III parte del Metodo) e i 12 Studi tratti dal
Metodo di Gaetano Labanchi, revisionati da Antonio Micozzi (in
corso di stampa per le edizioni Curci); i 12 Grandi Studi di
Giuseppe D’Elia (ed. Ricordi); i Duetti di Ernesto Cavallini (ed.
Ricordi); gli Studi d’orchestra in due volumi di Alamiro Giampieri
(ed. Ricordi); i 14 Studi descrittivi (ed. Ricordi) e “Ancie battenti”,
Storia, acustica e letteratura degli strumenti ad ancia semplice (in
stampa per le ed. Cya di Firenze) di Temistocle Pace.
Il rapido precipitare verso la catastrofe bellica della Seconda
2003, p. 183.
25
Ibidem.
26
Guerra Mondiale, non permise poi l’attuazione di questo progetto e
i programmi del 1930 rimasero “ufficiali” per molti decenni ancora.
Metodi e studi
La definitiva affermazione e diffusione del sistema Böhm e i
notevoli sviluppi meccanici dello strumento, trovarono agli inizi del
‘900 applicazione didattica nel Méthode Complète di Aurelio
Magnani (Paris, Evette et Schaeffer, 1900; I-Fn, I-Mc, I-Nc),
utilizzato poi in quasi tutti i Conservatori italiani.
Discreta diffusione ebbero il Metodo Progressivo in due volumi
di Alamiro Giampieri (Milano, Ricordi, 1933; I-Fn, I-Nc) e il
Metodo di Agostino Gabucci (Milano, Carisch, 1937; I-Fn).
Un discorso a parte merita la cosiddetta “Scuola napoletana”,
dove, invece, veniva ancora usato il “celebre” metodo di Gaetano
Labanchi.26
In ambito bandistico, oltre al solito Lefevre, godettero di una
certa diffusione i metodi di Federico Antoniotti, Mariano Bartolucci,
Alessandro Cardoni, Giuseppe Di Dio, Giovanni Battista Falorsi,
Salvatore Ficini, Giovanni Battista Frosali, Pietro Gagna, e Pasquale
Valentini.27 Questi ultimi, tutti di modesta fattura, assemblati quasi
sempre utilizzando materiali didattici di altri autori, furono
concepiti per permettere di acquisire in breve tempo la tecnica
basilare al giovane bandista.
A supporto dei metodi fin qui citati, furono ripubblicate diverse
raccolte di studi ottocenteschi, con revisione di Alamiro Giampieri,
Antonio Micozzi e Leonardo Savina, tra le quali i 12 Capricci in
forma di studio op. 17 e i 24 Esercizi di meccanismo di Franz T.
Blatt, i 16 Grandi Studi da Concerto (dall’op. 63) di Carl Baermann,
i 12 Esercizi op. 30 di Heinrich J. Baermann, i 30 Capricci opp. 1-5
di Ernesto Cavallini, tenuti ancora in gran considerazione, i 12
Capricci e i 22 Studi progressivi di Giovanni Battista Gambaro, i 21
Capricci di Vincenzo Gambaro, i 20 Studi di genere e meccanismo e
i 20 studi caratteristici di Hyacinthe Klosé, i 12 Studi melodici di
Gaetano Labanchi, i 30 Studi in tutte le tonalità di Iwan Müller, i
Premiato con medaglia all’Esposizione di Palermo del 1891-1892, questo Metodo, grazie
all’attività didattica di alcuni suoi allievi, dai primi anni del ‘900 ha avuto una buona
diffusione anche in America, dove più volte è stato ristampato.
27
Per i riferimenti bibliografici relativi a questi metodi, vedi di seguito l’Appendice II.
26
27
24 Studi melodici, i 50 Studi di meccanismo e i 32 Studietti di
meccanismo di Domenico Nocentini.
Accanto a queste ristampe, furono pubblicate anche nuove e
interessanti raccolte di studi: 12 Studi melodici di Ottavio Basile
(Roma, Ortipe, 1950ca.; I-FTamore); 6 Studi brillanti di Giovanni
Bellone (Genova, Cigna, 1939; I-Fn); 9 Studi di Giuseppe
Bergonzini (Milano, Ricordi, 1919; I-Fn, I-FTamore); 15 Studi di
Giulio Bonnard (Roma, De Santis, 1951; I-FTamore, I-PESc); 12
Grandi Studi di Giuseppe D’Elia (Milano, Ricordi, 1928; I-Fn, INc); 10 Studi di perfezionamento di Antonino De Luca (Roma,
Ortipe, 1950ca.); 7 Divertimenti (Roma, Ortipe, 1950ca.; IFTamore), Il passatempo del clarinettista (idem) e 14 Studi
esatonali per l’esercizio giornaliero (idem) di Pietro Di Francesco;
10 Studi di Fernando Gambacurta (Roma, Ortipe, 1950ca.; ICAcon, I-FTamore); 6 Studi di perfezionamento di Antonio
Jermanni (Portici, Pucci, 1930; I-FTamore); 12 Studi brillanti sul
legato e staccato (Milano, Carisch, 1938; I-PESc), 20 Studi di
media difficoltà (Milano, Ricordi, 1942; I-Fn); 10 Studi moderni di
grande difficoltà (Paris, Leduc, 1950; I-PESc), 26 cadenze in forma
di preludi (Paris, Leduc, 1951; I-PESc); 10 Fantasie da concerto
(Milano, Ricordi, 1959; I-FTamore), 30 Studi di preparazione ai
Corsi Superiori (Roma, Gabucci, s.d.; I-FTamore), 28 Grandi Studi
tecnici e melodici in forma moderna (Milano, Carisch, 1960; IPESc) di Agostino Gabucci; 16 Studi giornalieri di perfezionamento
(Milano, Ricordi, 1935; I-Fn, I-Nc), 12 Studi Moderni (Milano,
Ricordi, 1936; I-Fn, I-Nc), 6 Capricci (Milano, Ricordi, 1937; IFn), 6 Studi fantastici (Milano, Ricordi, 1940; I-FTamore), Esercizi
di tecnica giornaliera (Milano, Ricordi, 1943; I-Fn), 18 StudiCapricci (Milano, Ricordi, 1959; I-FTamore), La Tecnica
settimanale del Clarinettista (Milano, Ricordi, 1962; I-FTamore) di
Alamiro Giampieri; 10 Studi di perfezionamento28 di Giuseppe
Nel presentare la pubblicazione di questi studi, la rivista «Musica e Musicisti», n° 3 del
15 maggio 1902, a p. 177 scrive: «Il signor Marasco presenta Dieci Studi di
perfezionamento per la Scuola del Clarinetto che costituiscono un’opera d’un alto valore
didattico, fatto con piena conoscenza dell’istrumento e illuminati da un’esperienza a tutta
prova. Attraverso i dieci Studi ogni difficoltà pel concertista è appianata e vinta; la piena
padronanza dell’istrumento è conquistata, quasi senza fatica, quasi senza che lo studioso se
ne sia accorto».
28
28
Marasco (Milano, Ricordi, 1902; I-Fn; I-Mc; I-Nc); 8 Grandes
Etudes de technique mélodique di Giacomo Miluccio (Paris, Leduc,
1956; I-Nc); 9 Capricci-Studi di Augusto Modoni (Bologna,
Bongiovanni, 1913; I-Fn); 14 Studi descrittivi di Temistocle Pace
(Milano, Ricordi, 1942; I-Fn); 10 Capricci da Rodè di Ulderico
Paone (Napoli, Simeoli, 1950; I-FTamore); Studi sulle scale e sugli
intervalli (Torino, Parisi, 1933; I-Fn / Milano, Ricordi, 1957; IFTamore) di Leonardo Savina; 12 Capricci di perfezionamento
(Milano, V. Spadea, 1910; US-Wc) e 40 Grandi Studi di
perfezionamento (idem) di Vincenzo Spadea.
La musica d’insieme
Nella formazione didattica, un ruolo importante è riservato anche
alla musica d’insieme «diretta al doppio scopo di avvezzarli alla
unione e simultaneità della esecuzione, e di sviluppare sempre meglio
l’idea colla udizione dei capo-lavori dei grandi Maestri d’ogni tempo
e nazione».29 Se per tutto il secolo precedente essa costituiva un
arricchimento alla formazione musicale e lasciata al libero arbitrio
dei singoli docenti, con D.L. del 5 maggio 1918 diveniva materia
“ufficiale”, seppur complementare al corso di clarinetto e impartita
da apposito docente.
Per questi motivi, molti didatti scrissero e/o pubblicarono
svariate raccolte di musiche per 2 o più clarinetti. Aurelio Magnani,
ad esempio, incluse nel secondo volume del suo Méthode Complète
7 suoi duetti, 6 trascritti da W. A. Mozart e 2 Grandi Duetti
adattati da opere di F. Kulhau e A. B. Fürstenau, mentre Carlo Della
Giacoma incluse nel suo Metodo 21 duetti, un Terzetto, un
Quartetto e un Quintetto per soli clarinetti (dal piccolo in Mib al
clarinetto basso), tutti di sua composizione. Furono, inoltre,
pubblicate varie raccolte, originali o trascritte da antichi maestri: 6
Duetti di Antonino De Luca (Roma, Ortipe, 1950ca.; I-FTamore),
50 Duetti30 di Agostino Gabucci (Milano, Carisch, 1940; I-PESc);
26 Pezzi di celebri autori trascritti per due clarinetti di Alamiro
Giampieri (Milano, Ricordi, 1956; I-FTamore) e Invenzioni a due
GUIDO SALVETTI (a cura), Milano e il suo Conservatorio, op. cit., p. 140.
Nella prefazione, il Gabucci afferma che «la presenta raccolta è stata compilata onde
fornire agli studiosi del Clarinetto il mezzo per conoscere la musica dei grandi Maestri
italiani antichi e moderni e sviluppare il senso estetico-artistico-musicale».
29
30
29
voci di J. S. Bach di Leonardo Savina (Milano, Ricordi, 1934; I-Fn).
Con finalità prettamente didattiche, Giacomo Setaccioli nel 1921
pubblicò per le edizioni Ricordi di Milano varie trascrizioni per
piccoli ensemble di fiati con clarinetti.31 Da ricordare, infine,
l’inedito Scherzo di Giovanni Bolzoni, trascritto per 2 clarinetti in
Sib, clarinetto in La e clarinetto basso in La da Francesco
Sigismondi (ms in I-Baf).
Le prime esibizioni pubbliche: i Saggi di Classe.
I saggi di fine anno scolastico hanno sempre rappresentato una
delle prime occasioni di esibizione in pubblico per i giovani
musicisti. L’analisi di alcuni programmi, ci permette di farci un’idea
delle conoscenze e dei gusti dell’epoca, nonché della continua
evoluzione della letteratura clarinettistica, dai capolavori del passato
di Mozart, Beethoven e Weber, alle virtuosistiche pagine
ottocentesche di Cavallini, Demersseman e Ponchielli, fino alle
contemporanee composizioni di Debussy e Bonnard.
Al R. Liceo Musicale S. Cecilia di Roma, ad esempio, il 22
marzo 1919, Aurelio Magnani presenta due suoi allievi: Giovanni
Brigidi, nell’esecuzione del Quintetto op. 55 per pianoforte e fiati di
Anton Rubinstein, e il diplomando Alberto Luconi, quale interprete
della Sonata op, 120 n° 2 per clarinetto e pianoforte di J. Brahms e
del Quintetto op. 16 per pianoforte e fiati di L. van Beethoven.32
Circa 20 anni dopo, il suo allievo e successore Carlo Luberti, il 12
aprile 1938, fa eseguire dai suoi allievi tre novità per clarinetto e
pianoforte in prima esecuzione assoluta: il Concerto di Giuseppe
Manente (dedicato allo stesso Luberti), suonato da Umberto
Francescone (2° corso); il Valzer da Concerto di Giulio Bonnard,
suonato da Giovanni Celleno (4° corso) e il Notturno e Rondò,
sempre di Giulio Bonnard, suonato da Nicodemo Quandancarlo (5°
corso).33
Tra queste, ricordiamo: Allegro in Sol minore di D. Scarlatti per 2 clarinetti in Sib e
clarinetto basso in Sib; Canone dal “Gradus ad Parnassum” di Muzio Clementi per 2
clarinetti in Si b e 2 fagotti; Adagio della Sonata n° 3 per organo di G. S. Bach per
clarinetto e pianoforte e Canto della sera di R. Schumann per flauto, clarinetto in Sib,
fagotto e pianoforte (tutti in I-FTamore).
32
Regia Accademia di Santa Cecilia, Annuario dal 1° luglio 1919 al 30 giugno 1920,
Roma, Società Tipografica A. Manuzio, 1920, p. 164.
33
Regia Accademia di Santa Cecilia, Annuario 1938-1939, Roma, Società Tipografica A.
31
30
Al Liceo Musicale “Luigi Canepa” di Cagliari, nei saggi della
classe di clarinetto di Giuseppe Lizio, il suo allievo Francesco
Pitzianti suona il Solo de Concert di J. Demersseman (nel 1924) e la
Rapsodie di C. Debussy (nel 1927), mentre tra gli allievi di
Agostino Gabucci, Giuseppe Murgia suona il Concerto di W. A.
Mozart (nel 1934) e A. Bistrussu il Concerto (?) di C. M. von
Weber (nel 1936).34
Al Liceo Musicale “Frescobaldi” di Ferrara, nel 1949, Ambrogio
Lelli fa eseguire dall’allievo Marino Mantovani il Concerto in La di
W. A. Mozart.
Al Liceo Musicale di Bologna, nel 1924, Bianco Bianchini fa
suonare dall’allievo Filottino Rossi la Pastorale di H. Busser.
Al Conservatorio di Milano, Umberto Blonk-Steiner, nel 1921,
presenta il Trio op. 11 di L. van Beethoven, suonato dall’allievo
Arrigo Gandolfi, e la 1a Fantasia di G. Marty, suonata dal
diplomando Francesco Tissoni; nel 1925, fa suonare dall’allievo
Torquato Scotese l’Allegro e Intermezzo dal Concerto in Do minore
di J. Mann, con l’orchestra del Conservatorio diretta da Guido
Farina.
Al Conservatorio di Napoli, Arcangelo Picone fa suonare
dall’alunno Giovanni Battista Imbriani la Sonata op. 31 di Giacomo
Setaccioli (nel 1923) e 4 Bozzetti di Antonio Scontrino (nel 1924),
mentre all’alunno Carcano fa eseguire la Suite di Alessandro Longo
(nel 1927).
Al Conservatorio di Palermo, per la classe del M° Ulderico
Perilli, nel 1922 «il giovane Arnone dovette bissare un Concertino
di Weber».35
Al Liceo Musicale “G. Nicolini” di Piacenza, nei saggi della
classe di clarinetto e fagotto del M° Vittorio Clini, l’alunno
Giovanni Novi suona il Concerto (?) di C. M. von Weber (nel
1906) e gli allievi Giuseppe Felloni e Andrea Zurlini suonano il
Duetto (Divertimento ?) di Amilcare Ponchielli (nel 1917), mentre
tra gli allievi di Giuseppe Felloni, Ernesto Franzini suona l’Adagio e
Tarantella di Ernesto Cavallini (nel 1928), il 1° Concerto op. 73 di
Manuzio, 1939, pp. 394-395.
34
AA. VV., Diorama della musica in Sardegna, Cagliari, Società Editoriale Italiana, 1937,
pp. 124, 127, 130.
35
«Musica d’Oggi», 1922, n° 7, p. 218.
31
C. N. von Weber (nel 1929), il Concerto di Egon Gabler (nel
1930) e, nell’anno del suo diploma, il 2° Concerto op. 74 di C. M.
von Weber (nel 1931). Della classe di Rimondo Maramotti, invece,
l’alunno Natale Sfolcini (5° corso) suona il Solo (Solo de Concours
?) di H. Rabaud (nel 1936) e il Pezzo da concerto (Morceaux de
Concours ?) di P. V. De la Nux (nel 1937).36
Didatti italiani all’estero
Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento,
moltissimi clarinettisti furono attivi all’estero non solo come
componenti di bande o di celebri orchestre, ma anche come
apprezzati didatti.
In Argentina, ad esempio, Ruggiero Lavecchia fu attivo come
didatta privato a Buenos Aires (1940-1960ca.), l’avellinese Antonio
Giliberti insegnò all’Istituto Superior de Musica di Santa Fè (dagli
anni ‘50) e il leccese Antonio Della Rocca fu professore al
Conservatorio di Tucumàn (dagli anni ‘40).
In Brasile, dal 1906, il parmense Guido Rocchi fu professore al
Conservatório Dramático e Musical di San Paolo.
In Canada, al Conservatorio di Musica del Québec di Montréal
insegnarono Giuseppe Moretti (fino al 1960ca.) e il napoletano
Giulio Romano (anni ‘30-40).
In Colombia, il romano Pietro Biava Ramponi fu professore al
Conservatorio di Musica di Barraquilla (dal 1926).
In Egitto, nel 1906, era professore di clarinetto al Conservatorio
di Musica di Alessandria d’Egitto il casertano Gennaro Funaro.
In Finlandia, furono attivi il bolognese Bianco Bianchini, come
professore al Conservatorio di Helsinky (inizio ‘900), e Giuseppe
Matteuzzi, come professore privato a Stoccolma (1923ca.).
In Svizzera, il bolognese Luigi Amodio fu attivo per alcuni anni
come didatta privato (1921-1923), mentre il casertano Gennaro
Sparano insegnò al Collegio Papio di Ascona (dopo il 1930) e il
marchigiano Osvaldo Mengassini fu professore alla Musikakademie
di Basilea (almeno fino al 1973).
AA. VV., I Cent’anni del Liceo Musicale “G. Nicolini” di Piacenza, Piacenza. Tipografia
A. del Maino, 1939, pp. 197, 206, 208, 210, 214, 228, 231.
36
32
GINO CIOFFI
33
In Uruguay, nei primi decenni del ‘900, insegnarono a
Montevideo il napoletano Alfredo Ciasullo, come professore privato,
e il parmense Guido Rocchi, come professore al Conservatorio.
Il maggior numero di clarinettisti-didatti italiani, però, lo
troviamo attivo negli Stati Uniti d’America. Qui, infatti,
insegnarono: Nicola Cesarone, dal 1926 alla Syracuse University;
Gino B. Cioffi, al New England Conservatory, alla Boston
University e al Berkshire Music Center (1951-1952); Gustavo Corti,
al Kansas City Conservatory of Music (anni ‘30); Angelo De Caprio,
al Chicago Musical College (anni ‘50); Domenico De Caprio, alla
Northwestern University di Evanston (1928-1957); Nicola Falcone,
alla Ann Arbor Public Schools (dal 1927); Giuseppe Gigliotti, alla
Temple University di Philadelphia; Alberto Luconi, alla University
of Michigan School of Music di Detroit (1941-1963); Francesco
Mancini, alla Modesto High
School di Modesto; Nicola
Mastrangelo, alla Philadelphia Musical Academy; Antonio
Raimondi, alla University of Southern California (anni ‘40); Pietro
Tarantola, all’Oberlin Conservatory of Music di Denver (1938ca.);
Augusto Vannini, al New England Conservatory of Music di Boston
e Rocco Zottarelle, al St. Louis Institute of Music (anni ‘50).
Numerosissimi furono pure i clarinettisti che si dedicarono
all’insegnamento privato, tra i quali, ricordiamo: Rocco Bicchiere, dal
1906 a New York; Domenico Caputo, a Cleveland (dal 1926) e a
Pittsburgh (fino al 1947); Giovanni (John) De Bueris, a New York
(anni ‘20-30); Luigi (Louis) De Santis, a Philadelphia e New York
(anni ‘30); Francesco Lieto, a Plainfield (anni ‘40); Mario S.
Rocereto, a Pittsburgh (anni ‘20-40) e Vincenzo Spadea, a New
York (anni ‘20).
Molti di questi, a sostegno della propria attività didattica,
pubblicarono negli U.S.A. anche alcuni interessanti metodi e studi
per clarinetto: Clarinet Virtuoso Studies, 2 volumi, di Rocco
Bicchiere (New York, New Sounds in Modern Music, 1957; IFTamore, US-CPpa); Bandman’s Studio for Clarinet, voll. I-IV, di
Giovanni (John) De Bueris (New York, C. Fischer, 1929); New
approach to the clarinet, Metodo di Angelo De Caprio (Chicago,
McKinley publishers, 1946; US-Wc); The De Caprio Clarinet
Method, 2 books, di Domenico De Caprio (New York, Remick
Music Corp., 1939-1940; US-CPpa, US-Wc); New Studies di
34
Luigi (Louis) De Santis (New York, Al Rocky Music Co., 1935;
ristampa: ClarinetCentral.com, 2003; I-FTamore, US-CPpa); Daily
exsercises di Vincenzo (Vincent) Donatelli (Greeley, Western
International Music, 1953; US-CPpa, US-Wc); Daily interval and
chord exercises di Gerardo Iasilli (New York, C. Fischer, 1948; USCPpa, US-Wc); Six virtuoso caprices di Luigi Pantaleo (New York,
C. Fischer, 1943; US-Wc); Modern Method di Giuseppe Pettine
(Chicago, Chart music publishing house, 1937; US-Wc); The
Newest Indispensable Method, 3 parts, di Vincenzo Spadea (New
York, V. Spadea, 1920; GB-Cu); “The high school of clarinet
playing”, virtuoso studies di Gennaro Volpe (New York, G. Volpe,
1950; US-Wc).
Liceo Musicale di Santa Cecilia - Roma, 1919
Saggio degli alunni di Aurelio Magnani
35
ASPETTI DIDATTICI
Analogamente a gran parte dei metodi pubblicati nel secolo
precedente, anche quelli stampati nel primo Novecento riportano
solo brevi indicazioni o avvertenze sul modo di suonare il clarinetto.
Si tratta per lo più di brevi suggerimenti, che, seppur parzialmente, ci
aiutano a comprendere gli aspetti fondamentali sui quali poggiava
l’impostazione didattica.
Dall’analisi e dalla comparazione di tutti i metodi pubblicati dal
1900 al 1950ca., di seguito si riportano le principali e più
interessanti indicazioni.37
La scelta dello strumento
Per il Della Giacoma, «a cominciar bene lo studio del Clarinetto
bisogna che l’insegnante scelga, secondo l’età dell’allievo, il più
adatto […] prima dei 12 anni l’allievo è necessariamente costretto a
servirsi di uno dei più piccoli e […] appena la lunghezza delle dita
glielo permetterà dovrà subito adottare il soprano in Sib. Nella scelta
del modello, quest’ultimo, inoltre, consiglia il clarinetto a 13 chiavi
sistema Müller, riformato nel 1842 dal fabbricante Buffet di Parigi,
poiché del Clarinetto sistema Boehm non è il caso qui di trattare,
essendosi ormai riconosciuto troppo complicato il meccanismo e
perciò è limitatissimo il numero degli studiosi di detto sistema; lo
stesso dicasi del Clarinetto Romeo y Andia Antonio […]».
Per il Giampieri, è il «Clarinetto sistema Böhm (dotato di tutti i
perfezionamenti fin qui applicati), il solo che permetta di poter
giungere a suonare correttamente in qualsiasi tonalità».
Per il Cardoni, «anche col Clarinetto a 16 Chiavi non riusciranno
ancora bene eseguibili, nel legato, le successioni Mi-Sol diesis gravi e
Si-Re diesis nelle righe. Pertanto un buon Clarinetto non dovrebbe
essere sprovvisto della importante aggiunta recentemente inventata
dall’illustre Orsi la quale rende facilissime quelle successioni e più
sciolti i tremoli fra quelle note e gli altri suoni cromatici vicini».
Per i riferimenti bibliografici relativi a tutti i metodi di seguito citati, vedi di seguito
l’Appendice II.
37
36
La scelta del becco
Tranne rare eccezioni, in questo periodo, il becco di cristallo è
quello più usato dai clarinettisti italiani e le motivazioni ce le spiega
brillantemente il Pace: «per quanto riguarda il bocchino di cristallo,
oggi diffuso fra i clarinettisti italiani, mentre in tutte le altre parti del
mondo si adopera soltanto il caucciù e l’ebanite, noi siamo convinti
che il suo uso è consigliato non soltanto per ottenere un suono più
brillante su tutta la gamma, ma anche perché essendo meno sensibile
al calore del soffio umano, è più difficilmente sottoposto
agl’innalzamenti e abbassamenti di corista».38 I becchi in cristallo più
usati e apprezzati, inizialmente erano quelli francesi prodotti dalla
Buffet, dalla Selmer39 e da H. Chedeville.40 Dagli anni ‘40 godettero
di grande popolarità anche quelli prodotti artigianalmente dalla
famiglia Bucchi di Genova (padre, figlio e nipote).41
Le ance
Per il Giampieri, «l’ancia non deve essere né troppo dura né
troppo debole; nel primo caso dà suono crudo e opaco, nel secondo
lo dà fiacco e stridente. L’ancia è buona quando, trovandosi in giusto
rapporto col piano del bocchino, permette di emettere buon suono
su tutta l’estensione del Clarinetto sia nel piano come nel forte,
prestandosi tanto al legato quanto allo staccato e alle diverse
gradazioni di colorito».
Analogamente, anche il Pace affermava che «l’ancia deve essere di
temperatura giusta: se troppo debole dà voce stridula e se dura dà
voce opaca e scura». Inoltre, ricorda che l’ancia «in ambienti caldi
indurisce perché si prosciuga continuamente e in quelli freddi
indebolisce perché assorbe l’umidità dell’aria. In locali grandi risulta
più debole che in quelli piccoli. La forza dell’ancia dipende dalle
misure del piano del bocchino ma anche dalla forza delle labbra
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 105.
I Clarion della Selmer furono particolarmente apprezzati da Gino Cioffi e Fernando
Gambacurta.
40
Erano le imboccature preferite, tra gli altri, di Luigi Amodio.
41
Piuttosto aperti e dal suono caldo e scuro, le loro imboccature furono utilizzate da tutti i
grandi clarinettisti italiani attivi in orchestra e banda a partire dagli anni ‘50 (Budini, Borali,
Garbarino, Settimi, ecc.). Nella loro bottega, inoltre, apprese i primi rudimenti anche
Cosimo Pomarico, il quale a suo volta negli anni ‘60 si affermò poi come costruttore di
imboccature in cristallo, ancora oggi apprezzate in tutto il Mondo.
38
39
37
dell’esecutore».42 Contrariamente ai clarinettisti tedeschi e del nord
Europa, che continuavano a costruirsi personalmente le ance, dalla
fine dell’800 gli italiani preferirono utilizzare quelle prodotte
industrialmente in Francia o in Italia.
Assai apprezzate nel primo Novecento furono le ance Buffet
Crampon, Magaphone, Fournier e Barbù e quelle prodotte delle ditte
Giuseppe Leonesi di Torino43 e Giuseppe Prestini di Firenze.44 Del
tutto sconosciute, invece, furono quelle prodotte dalla ditta
Bartolomasi di Cavezzo (Modena) e all’estero dagli italiani Giuseppe
(Joseph) Rico e Mario Maccaferri.
La postura
Per il Della Giacoma, «studiando si deve stare sempre in piedi, in
posizione normale, comoda, di riposo […] le dita devono posare sui
buchi un poco obliquamente, avendo cura però che il polpaccio della
punta chiuda ermeticamente i buchi; le braccia non debbono essere
troppo strette al corpo né troppo distanti da esso, e l’istrumento non
deve stare troppo inclinato in basso senza, naturalmente, alzarlo
troppo».
Per il Ficini, lo strumento «deve essere tenuto in modo che il
pollice destro che lo sostiene si trovi a circa un palmo discosto dal
petto».
Per il Valentini, «lo strumento dev’essere tenuto in forma quasi
orizzontale, con una leggera pendenza in giù tenuti leggermente
alzati gomiti” e in più consiglia di “ricorrere al vecchio e sempre
utile sistema delle “spalle al muso” per abituarlo a conservare una
rettilinea posizione di forma e di eleganza».
L’imboccatura
Ancora nel primo Novecento, tranne rare eccezioni, continuò ad
essere adottata l’imboccatura a doppio labbro,45 considerato come il
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 110.
Vedi: ADRIANO AMORE, Il Clarinetto in Italia nell’Ottocento, Perugia, Accademia
Italiana del Clarinetto, 2009, p. 97.
44
Agli inizi del ‘900 a Firenze iniziò la fabbricazione di ance non solo per il suo strumento
(era uno dei migliori oboisti italiani dell’epoca) ma anche per il clarinetto, che furono assai
apprezzate negli anni ‘40-50. Nei primi anni ‘50, la fabbrica fu trasferita prima a Cogolin
(Francia) e nel 1979 a Nogales (USA), dove tuttora è in attività.
45
Ancora nel 1943, il Pace deplorava l’abitudine di «suonare coi denti, anche se dobbiamo
42
43
38
principale presupposto per ottenere una “bella voce”.
Il Magnani, infatti, sosteneva che solo «dalla corretta posizione
ed imboccatura dell’istrumento dipende la buona qualità del suono».
Discordanti, invece, sono le indicazioni relative al modo di
imboccare.
Per il Giampieri, «il bocchino deve essere situato fra le labbra e
un po’ inoltrato dentro la bocca. L’ancia deve posare sul labbro
inferiore. Le labbra debbono coprire i denti e servire da cuscinetto al
bocchino».
Per il Gabucci, bisognava «mettere il bocchino in bocca per circa
due centimetri e mezzo».
Per il Ficini, «il bocchino deve entrare fra le labbra per circa la
metà della sua unghiatura», mentre per il Della Giacoma «si suona
introducendo in bocca quasi interamente la parte vibrante dell’ancia
(13 mm. circa)». Quest’ultimo, inoltre, ebbe a scrivere:
«Interessantissimo sarebbe uno studio sui due sistemi in uso nel
modo di suonare il Clarinetto, con l’ancia sopra o sotto […].
L’esperienza insegna che si debbano ritenere buoni tutti due sistemi,
perché i vantaggi si compensano reciprocamente, ed anche perché
abbiamo avuto ed abbiamo tuttora ottimi clarinettisti dell’uno e
dell’altro sistema. Io personalmente, ne’ miei allievi che non
presentano labbra anormali, adotto l’ancia sopra, sebbene riconosca
un leggero vantaggio dell’ancia sotto per lo staccato».
Contrariamente a queste affermazioni, ben oltre l’Ottocento e la
prima metà del Novecento, diversi clarinettisti continuarono ad
utilizzare l’imboccatura con l’ancia in alto; tra gli ultimi ricordiamo
il parmense Ferruccio Gonizzi46 primo clarinetto nell’Orchestra dei
“Pomeriggi Musicali” di Milano, e il pugliese Giovanni Battista
Imbriani47 primo clarinetto nell’Orchestra del Teatro S. Carlo di
Napoli.
però confessare che in Italia, Germania e Francia, vi sono ancora degli autorevoli sostenitori
di questo genere d’imboccatura e che il Prof. Cappetti […] ricordato dai fiorentini per la
bellezza del suono, appoggiava anche lui i denti superiori sul bocchino». TEMISTOCLE
PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 107.
46
INGRID ELIZABETH PEARSON, Ferdinando Sebastiani, Gennaro Bosa and the Clarinet in
Nineteenth-Century Naples, in «The Galpin Society Journal», vol. 40 (2007), p. 203.
47
ADRIANO AMORE, La Scuola Clarinettistica Italiana: Virtuosi e Didatti, Frasso Telesino,
l’autore, 2006, p. 43.
39
L’attacco del suono e lo staccato
Per il Gampieri, l’attacco del suono «si ottiene con un
movimento rapido della lingua stessa, la quale dovrà colpire
direttamente sotto la punta dell’ancia simultaneamente al movimento
delle dita sull’istrumento».
Sul modo di produrre il doppio staccato, infine, il Della Giacoma
scrive: «Erroneamente affermano taluni essere impossibile il doppio
colpo di lingua nel Clarinetto; tale importantissimo pregio si ottiene
esercitandosi pazientemente a ripetere una data nota - il Sol in
seconda linea da principio - alternando un colpo di lingua e l’altro di
gola, press’a poco come se si dovesse pronunciare la sillaba ta nel
dare il primo colpo, e la sillaba ca nel secondo, incominciando molto
lentamente fino a raggiungere il massimo grado possibile di celerità».
Lo studio delle scale
Per il Gabucci, «è cosa della massima importanza imparare tutte
le scale a memoria, ed eseguirle una volta forte e l’altra pianissimo».
Chiave di Tenore o di Violino?
Il Valentini, scrive che «il Clarinetto Soprano in Sib è accordato
[…] un tono sotto al Clarinetto in Do; legge la Chiave di Violino,
ma il suonatore deve calcolare che la nota prodotta risulterà
effettivamente di un tono più basso di quella segnata. Ad evitare
inconvenienti del genere (tra cui quello uditivo e la confusione che
spesso produce nell’intonare strumento con strumento) si dovrebbe
leggere la parte del Clarinetto Soprano in Sib in Chiave di Tenore:
avremmo, così, per risultato il suono reale».
Favorevole all’utilizzo della chiave di Tenore è anche il Pace: «La
musica per clarinetto Sib viene scritta e letta in chiave di Sol, invece
che in chiave di tenore, creando così una differenza fra suono scritto
e suono reale. Si può facilmente immaginare quanto danno porti
all’orecchio questo impianto, specialmente quando l’allievo, insieme
al clarinetto, studia anche il pianoforte. Noi siamo decisamente
contrari a questo difettoso sistema ed abbiamo fatto molti tentativi
per evitarlo ma con poco successo, perché gli allievi generalmente
vengono in classe quando già suonano e riesce quindi impossibile
abituarli a dare il vero nome alle note che chiamano erratamente.
Nell’Italia meridionale ciò è più facile, perché l’uso della chiave di
40
tenore fra i clarinettisti, anche di valore mediocre, è molto diffuso».48
Infatti, in tutte le scuole meridionali l’impostazione e la lettura delle
note avveniva attraverso la chiave di tenore, mentre nel resto
dell’Italia veniva utilizzata la chiave di violino.
Il Vibrato
In questo periodo veniva utilizzato da quasi tutti i clarinettisti, ad
imitazione dei cantanti lirici, che lo consideravano un arricchimento
al “bel suono” e un utile stratagemma per correggere piccoli difetti
di intonazione. Secondo il Gabucci, «per l’espressione del suono,
fare il vibrato stretto, imitando esattamente la voce dei cantanti, che
eseguiscono con arte la musica».
Il “Bel suono”
Secondo il Gabucci, «per ottenere un suono bello e pieno dal
clarinetto, occorre suonare con le labbra sopra i denti, e non con i
denti sopra il bocchino, come usano specialmente molti esecutori, di
musica leggera!». Seppur discutibile questa affermazione, sappiamo
però che molti didatti curarono in modo ossessivo la bellezza del
suono, considerata da tutti come una delle prerogative fondamentali
del buon clarinettista. Antoine de Bavier, ad esempio, affermò che
Luigi Amodio49 «non era attento alle note sbagliate, ma poteva
cacciare i suoi allievi fuori dalla porta appena sentiva da loro un
suono non sufficientemente bello».50
Il Trasporto e la preparazione all’orchestra
Secondo il Magnani, «uno dei grandi ostacoli per il Clarinettista
d’Orchestra è quello del trasporto. Infatti è noto che i maestri
compositori nelle loro partizioni scrivono quasi sempre per tré
Clarinetti di tonalità diversa; e cioè, per Clarinetto in Do, in Sib e in
La. Se iI clarinettista non vuole adoperare i tré suaccennati
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 128.
Tranne una breve parentesi come professore di clarinetto presso la Civica Scuola di
Musica di Milano (1936-1938), Luigi Amodio fu attivo principalmente come didatta
privato. Oltre all’italo-svizzero Antoine de Bavier, studiarono privatamente con lui anche
Luigi Schiani e Giacomo Gandini.
50
LUIGI MAGISTRELLI, Amodio & de Bavier, in «I Fiati», Aprile-Giugno 2007, n° 58, p.
32.
48
49
41
istrumenti, ma servirsi soltanto di quello in Sib (sempre che sia
fornito del Mib grave), sarà costretto di ricorrere al trasporto, e si
troverà sempre di fronte a maggiori difficoltà d’esecuzione per la
necessità di dover leggere prontamente spostando la nota, e alzando
o abbassando l’accordatura a seconda del caso; e solo la conoscenza
perfetta di tutti gli intervalli renderà possibile lo studio teorico e
pratico per giungere alla completa padronanza di qualsiasi
trasporto».
Anche per questo motivo, il Giampieri consiglia «che l’allievo si
abitui a trasportare anche un tono sotto e mezzo tono sopra onde
trovarsi in regola con i programmi di esame in vigore nei
Conservatori di Musica, ed anche perché la conoscenza di detti
trasporti è talvolta utile nello svolgimento della professione
orchestrale».
Pur mostrandosi favorevole all’utilizzo in orchestra del solo
clarinetto in Sib, il Magnani sosteneva che «si possa fare a meno del
Clarinetto in Do per il timbro della sua voce stridula e sgradevole;
ma sarà sempre bene servirsi in certi casi speciali del Clarinetto in La
che offre la chiarezza nei passaggi d’agilità e la sicurezza meccanica».
Più realista, vista la situazione generale italiana dell’epoca, sembra
il Pace: «L’instabilità degli organismi per le esecuzioni di alto livello
artistico, ha sempre impedito di poter imporre ai professionisti uno
studio adeguato e un corredo necessario di strumenti. Per una
professione incerta e mal retribuita in orchestre di vita effimera,
raramente costituite per concerti sinfonici, ma più frequentemente
impiegate nella lirica, e quindi con una funzione di minore
importanza, si è sempre ritenuto sufficiente il solo clarinetto Sib e le
poche nozioni di trasporto apprese a scuola e sviluppate con la
pratica professionale».51
Per una buona preparazione dell’allievo alle esecuzioni
orchestrali, il Savina scriveva che «lo studio deve rendere le dita agili
e pronte a superare i diversi intervalli, deve portare lo strumentista al
bel suono (legato, staccato, vibrato) al fraseggio corretto e infine a
quella perfetta interpretazione ch’è tanto necessaria alla pratica della
nostra arte. Solo lavorando in questa direzione e specie se si sarà
51
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 127.
42
esercitato nel trasporto in Do e La, l’allievo si renderà idoneo a
qualsiasi difficoltà di esecuzione in orchestrale».
Si segnalano, infine, le diverse raccolte di studi pubblicate in
questi anni e concepite per la preparazione all’orchestra e al
trasposto con il solo clarinetto in Sib: Piccolo Metodo per imparare
a trasportare col clarinetto Sib di Guglielmo Cappetti (Portici,
Pucci, s.d.; I-FTamore); 30 melodie e una canzone spagnola originali
(Roma, Gabucci, 1952; I-PESc), 60 Divertimenti (Milano, Ricordi,
1957; I-Fn, I-Nc) e 50 Piccoli Pezzi (Firenze, Benedettini, 1967; IPESc) di Agostino Gabucci, Raccolta di esercizi e studi (Milano,
Ricordi, 1942; I-Fn) e Studi d’orchestra per clarinetto (Raccolta di
Passi difficili e a solo tolti da importanti opere liriche e sinfoniche),
2 volumi, di Alamiro Giampieri (Milano, Ricordi, 1936, 1941; IFn, I-Mc, I-Nc); Metodo teorico-pratico per imparare a spostare in
orchestra col clarinetto in si b di Virgilio Pozzi (Firenza, Pozzi,
1913; I-Fn); Raccolta di Passi difficili di Opere Sinfoniche di
Salvatore Pucci (Portici, Pucci, 1950; I-Fn; I-FTamore); 10 Grandi
Studi di Leonardo Savina (Milano, Ricordi, 1953; I-Fn).
43
Appendice I
I DIDATTI E LE PRINCIPALI SCUOLE CLARINETTISTICHE
ALESSANDRIA, Liceo Musicale “A. Vivaldi”: Ignazio Antonini (fino al
1932); Alamiro Giampieri (dal 1932); Baldassarre Torchio (1940); Mario
Romani (1941-post. 1958).
BARI, Liceo Musicale “N. Piccinni”: Antonio Sarno (1939); Attilio
Torquato Scotese (1940-1969).
BOLOGNA, Istituto Musicale: Francesco Giuseppe Biancani (18691905); Bianco Bianchini (1906-1939); Paolo Budini (1940-1941);
Raimondo Maramotti (1940-1941); Alberto Alberani (1942-post. 1956).
BOLZANO, Conservatorio di Musica “C. Monteverdi”: Giuseppe
Massari (1927-1932); Alberto Alberani (1932-1934); Roberto Adang
(1934-1940); Eugenio Brunoni (1940-post. 1956).
BRESCIA, Istituto Musicale Venturi: Guglielmo Forbek (1879-1915);
Ettore Negri (1915-1946); Alamiro Giampieri (1946-1959).
CAGLIARI, Liceo Musicale: Giuseppe Lizio (1924-1932); Ferruccio
Gonizzi (1932-1933); Agostino Gabucci (1933-1941).
FERRARA, Istituto Musicale: Ambrogio Lelli (1899-post. 1956).
FIRENZE, Istituto Musicale: Domenico Nocentini (1892-1921);
Temistocle Pace, (1923-1942); Agostino Gabucci (1942-1958).
FOGGIA, Istituto Musicale “U. Giordano”: Giuseppe Saccone (1939post. 1963).
GENOVA, Civico Istituto Musicale: Francesco Paolo Lombardo (18981921); Alamiro Giampieri (1921-1937); Giovanni Bellone (1937-1939);
Osvaldo Mengassini (1939-1946); Giovanni Bellone (1946-1956).
LECCE, Liceo Musicale “Tito Schipa”: Ariosto Prisco (dal 1940).
LUCCA, Istituto Musicale “G. Pacini”: Archimede Picchi (1877-1907);
Enrico Del Dobbio (1907-1915); Dante Baccelli (1915-1918); Enrico
Del Dobbio (1919-1934); Dante Baccelli (1934-1936); Bruno Fallani
(1936-1976).
MILANO, Conservatorio di Musica: Romeo Orsi (1873-1914); Felice
Umberto Blonk-Steiner (1915-1934); Eugenio Brunoni (1934-1937);
Alamiro Giampieri (1937-1963).
MODENA, Liceo Musicale “O. Vecchi”: Agenore Bianchini (18881902); Giuseppe Eruditi-Tosatti (1902- post. 1954).
NAPOLI, Conservatorio S. Pietro a Majella: Gaetano Labanchi (18901908); Arcangelo Picone (1908-1933); Antonio Micozzi (1933-1947);
Ulderico Paone (1947-1968).
44
PADOVA, Istituto Musicale “C. Pollini”: Guglielmo Cappetti (19001901); Giuseppe Gallina (1902-1903); Antonio Lopes (1904-1905);
Enrico Negri (1906-1907); Luigi Falcomer (1907-1939); Ferruccio
Gonizzi (1939).
PALERMO, Conservatorio di Musica: Carmelo Micalizzi (1882-1911);
Pietro Mari (1911-1913); Ulderico Perilli (1913-1930); Antonio
Micozzi (1930-1933); Alberto Alberani (1934-1942); Paolo Calamia
(1943-1955ca.).
PARMA, Scuola di Musica (poi Conservatorio di Musica): Edgardo
Cassani (1886-1935); Francesco Pitzianti (1936-1939); Ferruccio
Gonizzi (1939-1976).
PESARO, Istituto Musicale (poi Conservatorio di Musica): Antonio
Mazzoleni (1883-1908); Filiberto Peri (1908-1940); Lucio Jucci (19411968).
PESCARA, Liceo Musicale “L. D’Annunzio”: Valentino Fiore (dal
1935).
PIACENZA, Liceo Musicale: Vittorio Clini (1900-1919); Egizio
Mazza (1919-1924); Mario Cremaschi (1924-1927); Arturo Giammatteo
(1927-1928); Giuseppe Felloni (1928-1932); Raimondo Maramotti
(1932-1968ca.).
RAVENNA, Istituto Musicale “G. Verdi”: Clemente Maccagni (18761908); Giuseppe Prestini (1909-1911); Filippo Castellini (1912-1945);
Eudoro Maramotti (1946-post. 1973).
ROMA, Accademia di S. Cecilia: Aurelio Magnani (1890-1921); Carlo
Luberti (1922-1955); Fernando Gambacurta (1941-1973; seconda
cattedra di clarinetto).
TERAMO, Istituto Musicale “G. Braga”: Onello Bonsignori (19321945); Costantino D’Attanasio (1946-1963).
TORINO, Liceo Musicale Comunale (poi Conservatorio di Musica “G.
Verdi”): Domenico Mari (1895-1902); Armando Cicotti (1902-1910);
Ettore Bendazzi (1908-1922); Leonardo Savina (1922-1959).
TRIESTE, Liceo Musicale “G. Tartini”: Angiolo Del Bravo (19031908); Eugenio Toffolo (1909-1939); Pietro Micol (1939-1968ca.).
UDINE, Istituto “J. Tomadini”: Giuseppe D’Arienzo (1909-1935);
Luigi Lazzeri (dal 1935); Edgardo Scialino (1940ca.); Arturo D’Aniello
(1942-post. 1967).
VENEZIA, Liceo Musicale “B. Marcello”: Giuseppe Marasco (18831930); Renato Zanon (1930-1931); Francesco Miotto (1931-1958).
45
Appendice II
METODI PER CLARINETTO
Antoniotti, Federico: Metodo (Milano, Monzino e Garlandini, 1934;
I-Fn).
Bartolucci, Mariano: Metodo per clarinetto in Sib o Mib (Perugia, Tito
Belati, 1937; I-MAi).
Cappetti, Guglielmo: Piccolo Metodo per imparare a trasportare
(Portici, Pucci, s.d.; I-FTamore).
Cardoni, Alessandro: Introduzione allo studio del clarinetto (Milano,
Ricordi, 1914; I-Fn, I-FTamore, US-Wc).
Cardoni, Alessandro: Corso completo per lo studio del clarinetto e suoi
affini (Roma, C. Zinzi, 1937; I-Fn).
D’Avino, Carlo: Esercizi (Metodo) per Clarone (Milano, Ricordi,
1914; I-Fn).
Della Giacoma, Carlo: Metodo (ms, 1905; Bellona, Santabarbara,
1997; I-PAc).
De Luca, Antonino: Metodo teorico-pratico, 2 parti (Roma, Ortipe,
1950ca.; I-CNc).
Di Dio, Giuseppe: Metodo (Firenze, Mignani, 1934; I-Fn).
Falorsi, Giovanni Battista: Metodo Popolare (Padova, Zanibon, 192?).
Falorsi, Giovanni Battista: Metodo Popolare per Clarinetto contralto
Mib e basso Mib (Padova, Zanibon, 192?; I-REim).
Ficini, Salvatore: Metodo Teorico-Pratico (Firenze, Lapini, s.d.;
ristampa: Portici, Pucci, 1952; I-Fn).
Frosali, Giovanni Battista: Metodo (Ristampa: Portici, Pucci, 1951; IFn).
Gabucci, Agostino: Metodo (Milano, Carisch, 1937; I-CAcon).
Gagna, Pietro: Metodo elementare (Firenze, Lapini, 1908; I-Mc, I-Nc).
Giampieri, Alamiro: Metodo progressivo per lo studio del clarinetto
sistema Boehm, 2 volumi (Milano, Ricordi, 1933; I-Fc, I-Nc)
Magnani, Aurelio: Méthode Complète de Clarinette systeme Boehm en
3 parties (Paris, Evette & Schaeffer, 1900; I-Mc, I-Fn, I-Nc).
Orsi, Romeo: Metodo popolare (Milano, Ricordi, 1901; I-Mc).
Pozzi, Virginio: Metodo teorico-pratico per imparare a spostare in
orchestra col clarinetto in si b, corredato di tutte le combinazioni che si
possono trovare in orchestra, preceduto dalla origine e storia del clarinetto
(Firenze, V. Pozzi, 1913; I-Fn).
Valentini, Pasquale: Metodo Teorico-Pratico (Roma, Ortipe, 1950ca.;
I-FTamore, I-SASc).
46
III
IL CLARINETTO IN AMBITO ORCHESTRALE
Il reclutamento
Per l’instabilità di molte orchestre ed enti teatrali, raramente
furono banditi appositi concorsi per il reclutamento degli orchestrali.
Le assunzioni, pertanto, erano prerogativa degli stessi impresari o
enti teatrali, che spesso si rivolgevano a mediatori o ad agenzie per
reclutare le prime parti o l’intera massa orchestrale.
In diversi casi, le assunzioni o i licenziamenti furono determinati
anche su segnalazione dei direttori d’orchestra. Luigi Amodio, ad
esempio, nel 1924 fu assunto al Teatro alla Scala di Milano per
intercessione di Arturo Toscanini, mentre un tal Bianchi, suonatore
di clarinetto piccolo sempre al Teatro alla Scala, su segnalazione del
direttore d’orchestra Tullio Serafin, nel marzo del 1911 fu licenziato
per le sue modeste capacità musicali.52
Diritti e tutela degli orchestrali
Mal pagati e poco tutelati, nel primo Novecento gli orchestrali
vivevano la loro professione nella precarietà più assoluta, come
sarcasticamente scriveva nel 1911 il «Corriere Orchestrale» di
Milano: «Le piace sbarazzarsi di un elemento turbolento? – Drin,
drin un colpo di telefono: un segretario, un avvocato, e non so chi
altri son pronti al servizio; c’è un musicista che chiede un aumento di
paga? – Drin, drin, il segretario scrive, corre, parla, si fa in quattro
Il 15 febbraio 1911, il direttore d’orchestra Tullio Serafin scriveva la seguente lettera alla
direzione del Teatro alla Scala: «Sono dolente di dover nuovamente comunicarle che il
Prof. Bianchi non è in grado di eseguire la parte del clarino Mib e Re nel Cavaliere della
Rosa. Cedendo alle sue istanze l’ho ancora fatto provare - purtroppo il risultato fu negativo.
La prego perciò a provvedere il più presto possibile. Cordialmente suo Tullio Serafin».
«Corriere Orchestrale», 1911, n° 14, p. 140.
52
47
Contratto sottoscritto nel 1910 da Ulderico Perilli
con il Teatro alla Scala di Milano.
48
per cercare il concorrente».53
Anche la sottoscrizione di contratti (spesso ambigui), non sempre
garantiva e tutelava il lavoro degli orchestrali.
Per questi motivi, nel febbraio del 1910 fu fondata a Milano
l’Unione Orchestrale Italiana con «lo scopo dell’elevazione artistica e
morale, nonché dei miglioramenti professionali e materiali dei suoi
aderenti. Per […] l’affermazione ed applicazione di tariffe minime
generali, a partire dalle quali tutti gli aderenti dovranno uniformarsi,
sottostando al controllo che scrupolosamente l’Unione intende
esercitare».54
Oltre a stabilire le tariffe contrattuali minime,55 l’Unione mirava
quindi a tutelare e ad assistere legalmente tutti gli orchestrali,56 dalla
sottoscrizione dei contratti con gli enti teatrali, fino al pagamento
finale per il lavoro svolto in orchestra.
Tra i soci fondatori di questo nuovo sodalizio, troviamo tutti i
clarinettisti all’epoca scritturati al Teatro alla Scala: Ulderico Perilli,
Romolo Quaranta, Pietro Mari e Arturo Capredoni.
Nel corso del 1910, si affiliarono all’Unione anche altri
clarinettisti: da Sanremo, Egisto Crudeli e Manlio Marcantoni; da
Napoli, Angelo Picone, Giuseppe Battaglia e Vincenzo Satta; da
Buenos Aires (Argentina), Umberto Blonk-Steiner e Giuseppe
Tempesta; poi Antonio Raimondi, Francesco Miotto, Afro Alfieri,
Carlo Luberti, Leonardo Savina, Ettore Bendazzi e altri ancora.
Durante il Ventennio fascista, il regime dette vita ad una serie di
organismi con il chiaro intento di assoggettare e controllare tutte le
attività musicali italiane. Nacquero così, il Sindacato Nazionale
Fascista Musicisti (1933), con l’annessa Cassa Nazionale di
Assistenza, l’Unione Nazionale dell’Arte Teatrale (1934), il Centro
«Corriere Orchestrale», 1911, n° 14, p. 139.
«Corriere Orchestrale», 1910, n° 2, pp. 17-19.
55
Nel 1913, il clarinettista torinese Giuseppe Zaccuti, fu radiato dall’Unione Orchestrale
Italiana perché ritenuto colpevole di “krumiraggio”, avendo accettato un contratto con un
compenso inferiore a quello minimo stabilito dalla suddetta Unione. Cfr., «Corriere
Orchestrale», 1913, n° 37-38, p. 393.
56
Nel 1913, avvisava tutti i suoi iscritti di «non accettare alcun contratto pel Kursaal di
Lucerna [Svizzera] senza prima aver ottenuto l’autorizzazione del Comitato Centrale.
Motivo: Contratto d’Orchestra e regolamento disciplinare recanti condizioni di lavoro
eccessivamente gravose e ledenti la dignità dell’uomo e dell’artista». Cfr., «Corriere
Orchestrale», 1913, n° 45, p. 416.
53
54
49
Lirico Italiano (1936) e il Consorzio degli Editori Italiani di Musica
(1938). Nel 1932, inoltre, sottoscrisse il primo «Contratto
collettivo nazionale di lavoro per gli orchestrali dipendenti da
imprese liriche od enti lirici». Si trattò di una grossa conquista per
gli orchestrali che, per la prima volta, videro stabiliti in modo chiaro
diritti e doveri, retribuzioni e periodi di ferie, prima lasciati al libero
arbitrio dei singoli enti teatrali.
La duplicità degli incarichi
In gran parte dei teatri italiani, «il lavoro si aggirò nei primi
decenni intorno ai due o tre mesi annui: uno o uno e mezzo per la
sinfonica, uno o uno e mezzo per la lirica; lungo gli anni Trenta, il
numero totale di mesi lavorativi crebbe fino a circa quattro».57 Non
stupisce, pertanto, che molti clarinettisti, all’attività orchestrale,
alternarono spesso quella didattica e/o bandistica.
A Napoli, ad esempio, Arcangelo Picone e poi il suo allievo
Giovanni Battista Imbriani, seppur in periodi diversi, suonarono
contemporaneamente al Teatro San Carlo e nel “Corpo Musicale
Municipale di Napoli”, a Roma Fernando Gambacurta fu 1°
clarinetto nell’Orchestra di Santa Cecilia e nella Banda dei
Carabinieri e professore al Conservatorio, a Torino Ettore Bendazzi
suonò contemporaneamente nell’Orchestra e nella Banda Municipale
e fu professore al Liceo Musicale.
Altri orchestrali, soprattutto quelli meridionali, suonarono
durante i mesi estivi con le cosiddette “bande da giro” che erano vere
e proprie orchestre di soli fiati. Tra questi, ricordiamo alcuni
clarinettisti del Teatro San Carlo di Napoli: Ernesto Carpio (Banda
di San Severo; inizio ‘900), Luigi Ferro (Banda di Somma
Vesuviana; anni ‘30-40), Ulderico Paone (Banda di Acerra; anni
‘40), e Giacomo Miluccio (Banda di Carovigno; fine anni ‘40).
Molti clarinettisti settentrionali, invece, suonarono nelle
orchestrine da ballo attive nelle principali località turistiche e/o
balneari italiane ed estere. Tra questi, ricordiamo Luigi Amodio che
suonò spesso in estate a Rimini e a Viareggio e Vincenzo Artigas,
attivo ad Alassio (1912).
MARCELLO CONATI e MARCELLO PAVARANI (a cura), Orchestre in Emilia-Romagna
nell’Ottocento e Novecento, Parma, 1982, p. 339.
57
50
Sempre nei cosiddetti “periodi morti” (maggio-novembre),
moltissimi furono anche i clarinettisti che preferirono sottoscrivere
contratti stagionali con teatri esteri o con compagnie teatrali
operanti all’estero (Argentina, Brasile, Egitto, Svizzera, ecc.). Solo
per citare qualche nome, al Teatro Colòn di Buenos Aires
(Argentina), suonarono Felice Umberto Blonk-Steiner (1910,
1913), Leonardo Savina (anni ‘20), Mario Romani (1928) e Arturo
Capredoni (1933); nei Teatri Municipali di Rio de Janeiro e San
Paolo del Brasile, alla fine degli anni ‘20, suonò più volte Agostino
Gabucci; al Teatro San Carlo di Lisbona (Portogallo), invece,
troviamo Ferdinando Seveso (1906ca.), mentre al Teatro Reale del
Cairo (Egitto), suonarono Sesto Carlini (1923), Augusto Modoni
(fine anni ‘20), Agostino Gabucci (1926) e Peppino Mariani (19511952) e al Teatro Kursaal di Lugano (Svizzera) suonarono, tra gli
altri, Vincenzo Artigas (1911), Alberto Alberani (1912), Afro
Alfieri (1913), Ermenegildo Lugatti (1913) e Bruto Mastelli (19141921). Al seguito della compagnia teatrale dell’Impresario Walter
Mocchi, infine, Manlio Marcantoni suonò in varie città del Sud
America (1914), mentre Alamiro Giampieri, nel 1928, partecipò
con una compagnia operistica italiana ad una lunga tournée in
Australia.
Gli organici, i compositori e l’utilizzo
In buona parte delle orchestre del primo Novecento, figuravano
stabilmente in organico due clarinetti e un clarinetto basso, ai quali,
a partire dagli anni ‘20, vi si aggiunse in pianta stabile anche un
clarinetto piccolo (in Mib o in Re), prima utilizzato solo
occasionalmente.58
Pur tuttavia, nel 1940, erano solo due i clarinettisti presenti
nell’orchestra del Teatro Massimo di Palermo (Alberto Alberani e
«Il clarinetto piccolo […] molto sovente, è affidato allo stesso esecutore cui è preposta la
parte del 2° o del 3° clarinetto, ma il clarinettista odierno preferisce evitare il passaggio fra
l’istrumento ordinario e il piccolo, o viceversa, perché la differenza delle ance (nel clarinetto
piccolo l’ancia è tale da rendere più facile e spontanea l’emissione dei suoni acuti) impone
un adattamento del labbro non sempre raggiungibile senza danno della purezza del suono.
Nelle migliori orchestre di oggi, perciò, il clarinetto piccolo, è suonato per lo più da un
esecutore specializzato». ALFREDO CASELLA - VIRGILIO MORTARI, La Tecnica
dell’orchestra contemporanea, op. cit., p. 45.
58
51
Pietro Calamia); tre clarinettisti, invece, figuravano stabilmente nelle
orchestre del Teatro Comunale di Firenze (Temistocle Pace, Dino
Pozzi e Corrado Sarri), del Teatro Carlo Felice di Genova (Angelo
Cinquegrana, Osvaldo Mengassini e Umberto Stefani), del Casinò
Municipale di Sanremo (Armando Bergonzoni, Giacomo Gandini,
Mario Virgili), dell’E.I.A.R. (poi R.A.I.) di Roma (Arturo Abbà,
Orazio Moscardini e Paolo Ufirini), dell’E.I.A.R. (poi R.A.I.) di
Torino (Leonardo Savina, Guido Longoni e Pietro Mari), del
Teatro Comunale di Trieste (Paolo Budini, Vittorio Mandolin e
Francesco Sigismondi) e del Teatro La Fenice di Venezia (Gildo
Camozzo, Francesco Miotto e Angelo Talamini); quattro
clarinettisti, infine, erano presenti nelle orchestre del Teatro alla
Scala di Milano (Afro Alfieri, Luigi Amodio, Eugenio Brunoni,
Carlo Freddi), del Teatro San Carlo di Napoli (Antonio Micozzi,
Ulderico Paone, Gaetano Moschettino e Vincenzo Canale), del
Teatro dell’Opera di Roma (Leone Contarini, Giorgio Giorgi, Lucio
Jucci, Sebastiano Savoia) e dell’Accademia S. Cecilia di Roma
(Pietro Di Francesco, Fernando Gambacurta, Alfredo Mari e
Augusto Nardacci).59
Diverso fu pure il numero e la tipologia dei clarinetti utilizzati
dai principali compositori dell’epoca.
In tutte le opere scritte nei primi decenni del ‘900, Giacomo
Puccini utilizza spesso due clarinetti in Sib e un clarinetto basso in
Sib.60 Senza ricorrere al clarinetto in Do o in La61, utilizza per tutta
l’opera la coppia di clarinetti i Sib, in qualche caso, discendenti al do
diesis grave (Turandot). Tranne alcuni brevissimi incisi solistici, i
clarinetti vengono spesso utilizzati per terze o all’unisono con gli
oboi o i violini, all’ottava con i flauti e per dare colore alla massa
orchestrale. L’estensione è limitata al registro medio e grave e
raramente supera il Re sul pentagramma, fatta eccezione per il
“brillante e leggiero” assolo presente nella Madama Butterfly, tutto
incentrato sul registro acuto e sovracuto. Il clarinetto basso (da
Cfr., Annuario Musicale Italiano, Roma, Fratelli Palombi, 1940, pp. 229-247.
Nella Fanciulla del West (1910), l’organico orchestrale prevede 3 clarinetti in sib e un
clarone in Sib.
61
Ad eccezione del finale della Turandot e della Tosca, dove alterna spesso i clarinetti in
Sib con quelli in La, affidando a quest’ultimo il celebre assolo presente nel III Atto.
59
60
52
Puccini chiamato ancora Clarone62), invece, è quasi sempre in Sib ed
è usato spesso come raddoppio del fagotto, del corno (Fanciulla del
West), delle viole (Turandot) o dei violoncelli.
Brillante e quasi mai banale è l’uso del clarinetto in Ottorino
Respighi, che sfrutta tutte le qualità timbriche, tecniche e di
estensione (fino al Do diesis basso nei Pini di Roma). In quasi tutte
le sue composizioni, usa sempre una coppia di clarinetti (Sib o La) e
un clarinetto basso (Sib o La), ai quali aggiunge spesso il clarinetto
piccolo (Mib o Re), a cui affida anche brevi e brillanti assoli nel
Poema Sinfonico Ballata degli Gnomidi (piccolo in Mib), nella Suite
n° 1 Belkin, Regina di Saba e nel Poema Sinfonico Feste Romane
(piccolo in Re).
Analogamente, anche in alcune pagine di Alfredo Casella è
presente il clarinetto piccolo che usa, tra l’altro, nell’Elegia Eroica
(piccolo in Mib), nella Rhapsodie op. 11 Italia (piccolo in Re) e
nella Scarlattiana (piccolo in Mib e in Re).
Per l’intera Opera Dèbora e Jaéle (1922), Ildebrando Pizzetti
utilizza tre clarinetti sempre in Sib (il terzo con l’obbligo del
clarinetto basso in Sib) la cui scrittura risulta poco funzionale nei
numerosi tremoli presenti nel I Atto.
Analogamente, poco appropriato risulta l’utilizzo dei clarinetti
anche in alcune composizioni orchestrali di Ferruccio Busoni. Nel
suo Rondò Arlecchinesco (1915), ad esempio, prevede 2 clarinetti in
Do, con un’estensione che dal suono reale del Do diesis basso (non
presente nei clarinetti in Do!) sale fino al La sopracuto. In questo
caso è fin troppo evidente che la scrittura in Do è puramente
funzionale (per il compositore)63 e che la parte va trasportata e
suonata (tra mille difficoltà tecniche, di lettura e di intonazione!)
con un clarinetto in Sib discendente, appunto, al Do diesis basso.
Eccellente risulta invece l’utilizzo dei clarinetti in gran parte delle
composizioni di Riccardo Zandonai, grazie alla conoscenza diretta
dello strumento, da lui suonato in gioventù nella banda musicale di
L’Ottocentesco termine di Clarone, riferito al clarinetto basso, è presente anche in molte
partiture di Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo, Francesco Cilea e Riccardo Zandonai.
63
Non sempre l’utilizzo dei clarinetti in Do era dovuto a precise scelte timbriche. Nel suo
Tema variato per orchestra (1903), Lorenzo Perosi, ad esempio, li riporta in Do in
partitura e in Sib nelle parti staccate.
62
53
Rovereto (Trento).64
A due opere di Pietro Mascagni, invece, è legato il rarissimo
utilizzo del controclarone in Sib (clarinetto contrabbasso): Lodoletta
(1917) e Il Piccolo Marat (1921).
Con l’avvento della cinematografia, infine, dagli anni ‘30 furono
attive alcune occasionali orchestre per la registrazione delle colonne
sonore, nelle quali il clarinetto trovò sempre ampio utilizzo. Secondo
il Chiarini, «il clarinetto è l’istrumento ideale per l’orchestra
cinematografica: egli si piega a tutte le esigenze, assume di volta in
volta le più disparate personalità e sa rendere anche i più umili
servigi».65
L’intonazione
Con il Regio Decreto n° 5095 del 30 ottobre 1887, in Italia
veniva ufficialmente adottato il La3 di 435 hz, fissato dalla
conferenza internazionale svoltosi a Vienna nel 1885. Pur tuttavia, il
corista delle principali orchestre continuò ad essere sempre molto
alto, anche nella prima metà del ‘900.
Al IV Congresso Nazionale, svoltosi nel 1939 a Catania, Ottavio
Tiby affermava: «Per quanto riguarda l’Italia, sebben non siano state
compiute ricerche con rigore di metodo, si può già dire che si è
abbondantemente superato il 435 e in molti casi anche il 440. Così
l’orchestra del Teatro Carlo Felice, ha un la medio di 442-43, quello
della Scala oscilla fra il 440 e il 442, quello del Reale dell’Opera fra
il 440 e il 443 e quello della R. Acc. Di Santa Cecilia, dell’EIAR e
del San Carlo stanno intorno al 440. Tutte alte sono le orchestre di
musica così detta brillante, mentre nei concerti di musica classica il
diapason discende fra il 435 e 439, conseguenza evidente
dell’accordatura dei pianoforti».66
Toscanini e i clarinettisti
Arturo Toscanini, senza ombra di dubbio, fu il più grande
direttore d’orchestra di tutti i tempi.
Cfr., VITTORIA CAMOZZINI CANIZZA, Ricordo di Riccardo Zandonai, in «La voce
repubblicana», 6 novembre 1952, p. 3.
65
LUIGI CHIARINI, La Musica nel film, Roma, Bianco e nero, 1950, p. 25.
66
«Il Musicista», Organo Ufficiale del Sindacato Nazionale Fascista Musicisti, 1939, n° 1,
pp. 10-11.
64
54
Fermo di carattere, volitivo, irascibile, non ne lasciava passare
una. Contro gli orchestrali che non rispondevano alle sue esigenze
artistiche, leggendarie furono le sue sfuriate.
Era un capriccioso dominatore, che sviluppava al massimo la
capacità di rendimento dell’orchestra; alle prove era un artigiano,
all’esecuzione un artista, e ripeteva spesso: «Nella vita bisogna essere
democratici, qui aristocratici».
La sua potenza direttoriale - dovuta non solo alla forza
suggestiva che esercitava sugli esecutori - poggiava su indiscutibili
ragioni musicali: ebbe una memoria e un orecchio fuori del comune,
conobbe come pochi la musica dell’Ottocento, dimostrò sempre
un’estrema fedeltà ai testi interpretati e si distinse dai grandi
direttori del suo tempo, soprattutto per il più vivace stacco dei
tempi e per il brillante carattere del suono che sapeva ottenere
dall’orchestra. Nelle sue esecuzioni non c’era artificiosità e ogni
passaggio o sfumatura venivano da lui curati fin nei minimi
particolari.
Ettore Cozzani, ci ricorda di averlo visto «arginare
d’improvviso una marea traboccante a ondate di procella d’una
musica ascendente, per accusar un clarinetto d’essere entrato
un quarto di battuta d’un tempo rapidissimo più tardi d’un
flauto: e far ripetere tre o quattro volte il colloquio a due, e
mostrare in realtà come due note, finale dell’uno e iniziale
dell’altro, che dovevano sovrapporsi, s’erano invece seguite».67
Questa cura maniacale per i dettagli e le conseguenti
continue ripetizioni durante le prove - spesso accompagnate da
sfuriate scurrili nei confronti del singolo orchestrale, della
sezione o dell’intera orchestra - furono per molti orchestrali
fonte di angoscia e spesso di vero terrore!
Nuccio Fiorda, ad esempio, ci ricorda che durante le prove degli
Intermezzi della Pisanella di Ildebrando Pizzetti, al Teatro alla Scala
di Milano, Toscanini fece «provare e riprovare quel passo del
clarinetto della Danza dell’amore e della morte profumata per
raggiungere la velata morbidezza ondeggiante, voluta dall’autore! Ed
il Prof. Cancellieri (primo clarinetto), preso dal nervosismo
nell’eseguire quel brano, non riusciva più ad intendersi col
67
ETTORE COZZANI, Arturo Toscanini, in «Il Carroccio», 1921, n° 2, p. 198.
55
Maestro, tanto che nell’intervallo, rivolgendosi a me (era anche lui
romano), disse: “ Domani me ne ritorno a Roma”. Ma poi si
calmò e l’incontentabilità di Toscanini fu soddisfatta».
Diversi musicisti, inoltre, per non “macchiarsi” di una probabile
cacciata dalle sue orchestre, preferirono non suonare sotto la
direzione di Toscanini. Negli anni ‘40, ad esempio, il clarinettista
basso Joseph Allard - prima di unirsi all’Orchestra Toscaniniana,
nella quale suonò poi dal 1949 al 1954 - declinò più volte l’invito
della NBC: «Hanno licenziato qualsiasi clarinettista basso che
avessero, quindi perché dovrei essere proprio io il prossimo?»68
Se Toscanini fu sempre puntiglioso e maniacale durante le prove,
ancor più lo fu nella scelta dei “suoi” orchestrali. Nel 1948, Attilio
Poto, clarinettista italo-americano di seconda generazione, sostenne
un’audizione con Toscanini per l’Orchestra NBC che durò ben tre
giorni!69
A partire dalla metà degli anni ‘50, molti clarinettisti si
fregiarono di aver suonato sotto la direzione del Toscanini; in realtà,
pochi furono quelli scelti, apprezzati e che suonarono per lunghi
periodi con “Il Mago” dell’orchestra.
In Italia, godettero della sua stima Luigi Cancellieri, Alfio Alfieri,
Alberto Luconi, Francesco Sigismondi,70 Ulderico Perilli, l’anziano e
concittadino Arturo Capredoni71 e Luigi Amodio, da lui designato
come primo clarinetto al Teatro alla Scala di Milano nel 1924, dopo
averlo ascoltato in una esecuzione del Nerone di Arrigo Boito al
Teatro Comunale di Bologna.
Negli U.S.A., tra i pochi clarinettisti stimati dal Toscanini
ricordiamo Augustin Duques, primo clarinetto nella sua NBC
Symphony Orchestra per ben 13 anni (1937-1949), e Simeon
Bellison, primo clarinetto della New York Philharmonic Orchestra
(1920-1948).
Biographical sketch: http://www.joeallard.org/bio.html (accesso del 19 agosto 2012).
Memories of Koussevitzky: Victor Koshkin-Youritzin Interviews Attilio Poto, in
«MusicalNet», http://www.classical.net/music/guide/society/krs/excerpt8.php (accesso
del 19 agosto 2012).
70
Tutti scelti personalmente dal Toscanini per la mega orchestra di 98 elementi che nel
1920 allestì per un tour di concerti in Italia, Stati Uniti d’America e Canada. Cfr, ANDREA
DELLA CORTE, Arturo Toscanini, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1989, p. 134.
71
Dal 1898 al 1926ca., fu clarinetto basso al Teatro alla Scala di Milano.
68
69
56
La diaspora degli orchestrali
La progressiva crisi dell’opera, con la conseguente chiusura di
diversi teatri, la mancanza di stabilità del lavoro in orchestra e, in
alcuni casi, i forti contrasti politici verificatisi durante il regime
fascista, spinsero un gran numero di clarinettisti a cercare fuori
dall’Italia una migliore collocazione professionale. Escludendo i
clarinettisti che occasionalmente o per brevi periodi furono attivi in
orchestre estere, di seguito si riportano alcune notizie su quelli che
invece vi operavano stabilmente e che, tranne in rari casi, non
rientrarono mai più in Italia.
In ARGENTINA, furono attivi: Antonio Giliberti (Profesorado
Orquestal e Teatro Colòn di Buenos Aires, primi decenni del ‘900),
Antonio Marranti (Teatro Municipale di Santa Fè, primi decenni
del ‘900) e Giuseppe Tempesta (Teatro Colòn di Buenos Aires,
primi decenni 1910).
In BRASILE: Salvatore Bove (Orchestra Sinfonica Municipale di
Campinas, anni ‘20) e Salvatore Campanella (Orchestra Sinfonica
Municipale di Porto Alegre, dagli anni ‘30).
In CANADA: Francesco Masella (Quebec Symphony Orchestra di
Montréal, fino al 1952) e Giulio Romano (Orchestra Sinfonica di
Montréal, dal 1930).
In COLOMBIA: Pietro Biava Ramponi (Orchestra del Teatro
Colombia di Barraquilla, dal 1926).
In PERÙ: Luigi Accinelli (Orchestra di Lima, inizio ‘900).
In SVIZZERA: Armando Basile (Orchestra della Radio Svizzera
Italiana, 1946-1976), Natale Domenichini (Tonhalle Orchestra di
Zurigo, 1926-1956ca.), Bruto Mastelli (Teatro Kursaal di Lugano,
dal 1914) e Osvaldo Mengassini (Radio Svizzera DRS e Basel
Orchestra Company, 1947-1965).
In URUGUAY: Alfredo Ciasullo (Orchestra di Montevideo, dal
1910ca.).
Negli STATI UNITI D’AMERICA, per gli alti ingaggi che offrivano
le orchestre, troviamo infine il maggior numero di clarinettisti
immigrati: Attilio Barbera (Metropolitan Opera House di New
York, inizi del ‘900), Antonio Bellucci (Metropolitan Opera House
di New York, 1883-1914), Ettore Bendazzi (Teatro Metropolitan
di New York, 1922-1958), Rocco Bicchiere (Manhattam Opera
House di New York, dal 1906), Benni Bonacio, pseudonimo di
57
Sebastiano Bonaccio (C.B.S. e New York Philharmonic, anni ‘40),
Luigi Cancellieri (Metropolitan Opera Orchestra di New York,
1924-1955ca.), Domenico Caputo (Cleveland Orchestra, dal 1926;
Pittsburgh Symphony, 1940ca.-1947), Alberto Chiaffarelli (New
York Philharmonic, 1910-1919; Metropolitan Opera, 1919-1921;
Chicago Opera, dal 1921; Pittsburgh Symphony Orchestra, 19421943), Angelo Chiaffarelli (Metropolitan Opera di New York,
1909-1918ca.), Gino B. Cioffi (Radio City Music Hal Orchestra,
dal 1937; Pittsburgh Symphony Orchestra, 1941-1942; Cleveland
Orchestra, 1942-1944; New York Philharmonic, 1944-1946;
N.B.C. Orchestra, Metropolitan Opera Orchestra, 1946-1950;
Boston Symphony Orchestra, 1950-1970), O. Castellazzi (San
Francisco Symphony Orchestra, 1922), Gustavo Corti (Kansas City
Philharmonic Orchestra, 1934-1935), Giovanni (John) De Bueris
(Herbert Victor Orchestra di New York, 1927ca.), Angelo De
Caprio (Minneapolis Symphony Orchestra, 1914-1922; Detroit
Symphony Orchestra, 1922; Chicago Symphony Orchestra, 19221923), Domenico De Caprio (Civic Orchestra of Chicago, 19211922; Chicago Symphony Orchestra, 1922-1923; Chicago
Philharmonic; National Chamber Orchestra di Chicago), Antonio
Decimo (Ocean City Pops Orchestra, anni ‘30), Francesco De
Michele (Orchestra della Walt Disney Studio, dal 1926 ca.), Emidio
De Santis (Providence Symphony Orchestra, 1927-1941; New
England Symphony Orchestra, 1941-1949), Luigi De Santis
(Houston Orchestra, 1913; Chicago Civic Opera, 1914; St. Louis
Orchestra, 1925-1926; Cleveland Orchestra, 1926-1929;
Philadelphia Orchestra, 1930-1931; Andre Kostelanetz’s Philco
Radio Orchestra; C.B.S. Orchestra di New York, anni ‘30),
Vincenzo Donatelli (RKO di Los Angeles, dal 1910ca.), Nicola
(Nicholas) Falcone (Orchestra del Teatro di Ann Arbor, dal
1915ca.), Angelo Fiorani (Baltimore Symphony Orchestra, 19401956ca.), Nicola (Nicholas) Forlani (Boston Symphony Orchestra,
1918-1921; Detroit Symphony Orchestra, 1924ca.), Francesco
Domenico Fragale (San Francisco Opera Orchestra, dal 1915; San
Francisco Symphony Orchestra; 1922-1955), Michele Fusco
(Metropolitan Opera di New York, 1919-1941), Vincenzo Garzia
(New Symphony Orchestra di New York, 1919-1920), Pirro
Gentile (New York Philharmonic Orchestra, 1915-1917ca.),
58
Giuseppe Gigliotti (Philadelphia Orchestra, anni ‘30-40), Ciro
Iannaccone (varie orchestre di New York, 1910-1920ca.), N. Licalsi
(Natl Symphony Orchestra, 1932), Alberto Luconi (Detroit
Symphony Orchestra, 1923-1926; Manhattan Opera Company;
Radio Station WJR), Francesco (Frank) Mancini (Chicago Grand
Opera; Philadelphia Grand Opera; Paris Grand Opera, 19151920ca.), Giulio (Julio) Mazzocca (Society Symphony Orchestra di
New York, dal 1925; People’s Symphony Orchestra di Boston,
1927-1935; Indianapolis Symphony Orchestra, 1937-1944; New
York Symphony Orchestra, 1946-1947), Salvatore Nirella
(Pittsburg Orchestra, inizio ‘900; Minneapolis Symphony
Orchestra, 1907-1913), Luigi (Louis) Nobile (Los Angeles
Philharmonic Orchestra, 1922-1940ca.), Giuseppe Norrito
(Columbia Theatre di Boston, 1892-1922), Guido Pettinari (Los
Angeles Philharmonic Orchestra, 1943-1953ca.), Antonio
Raimondi (Los Angeles Symphony Orchestra, 1916-1961),
Antonio (Toni) Sarli (St. Louis Symphony Orchestra, (1907-1946),
Ermelindo Scarpa (Ocean City Pops Orchestra, anni ‘30), Giulio
(Jules) Serpentini (Philadelphia Orchestra, 1920-1962), Alberto
(Albert) Sigismondi (Baltimore Symphony Orchestra, 1947-1949),
Giuseppe Siniscalchi (Grand Opera Company di Chicago, dal
1910ca.; Chicago Symphony Orchestra, 1921-1923), Gabriele
(Gabriel) Tosé (Chicago Civic Opera Orchestra, 1948), Valentino
Trovato (St. Louis Symphony Orchestra, 1907-1909; New
Symphony Orchestra di New York, 1919-1920), Augusto Vannini
(Boston Symphony Orchestra, 1903-1926), Achille Villani (New
York Symphony Society Orchestra, 1916-1917), Gennaro Volpe
(varie orchestre di New York, dal 1906), Nicola Zannini (California
Theater di San Francisco, 1912-1932; San Francisco Symphony
Orchestra, 1918-anni ‘30), Rocco (Mike) Zottarelle (St. Louis
Symphony Orchestra, 1921-1949) e tanti altri ancora.
59
Appendice
PRIMI ESECUTORI DEI PRINCIPALI ASSOLI ORCHESTRALI
I dati di seguito riportati, scaturiscono dalla lettura delle partiture, dei
nominativi degli orchestrali riportati nei libretti d’opere e negli organici
orchestrali, dalle lettere o memorie degli stessi operisti e dalle recensioni
pubblicate subito dopo le prime esecuzioni.
Amodio, Luigi (Bologna, 1902 - Milano, 1942).
 Assolo nel I Atto dell’Opera Turandot (Milano, Teatro alla Scala,
1926).
Bellison, Simeon (Mosca, Russia, 1883 - New York, U.S.A., 1953).
 Assolo nella Scarlattiana di Alfredo Casella (New York, U.S.A.,
New York Philharmonic Orchestra, 1927).
 Assolo nel Concerto dell’Estate di Ildebrando Pizzetti (New
York, U.S.A., New York Philharmonic Orchestra, 1929).
 Assolo (L’Ottobrata) nel Poema Sinfonico Feste Romane di
Ottorino Respighi (New York, U.S.A., New York Philharmonic
Orchestra, 1929).
Bendazzi, Ettore (Torino, 1881 - ?, U.S.A., post. 1958).
 Assoli nell’Opera Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai
(Torino, Teatro Regio, 1914).
Bellucci, Antonio (Pisa, 1857 - New York, U.S.A., 1916).
 Assoli nell’Opera La Fanciulla del West (New York,
Metropolitan Opera House, 1910).
Cancellieri, Luigi (Roma, 1895 - ?, U.S.A., 1959).
 Assoli nell’Opera Dèbora e Jaéle di Ildebrando Pizzetti (Milano,
Teatro alla Scala, 1922).
De Napoli, Angelo (Napoli, 1860 - Torino, 1930).
 Assolo del clarinetto basso nel III Atto dell’Opera Francesca da
Rimini di Riccardo Zandonai (Torino, Teatro Regio, 1914).
60
Franceschini, Augusto (? - Bologna, 1921).
 Assoli nell’Opera Madame Butterfly di Giacomo Puccini (Milano,
Teatro alla Scala, 1904).
Gehrhardt, J.
 Assolo per clarinetto piccolo in Re (La Befana) nel Poema
Sinfonico Feste Romane di Ottorino Respighi (New York,
U.S.A., New York Philharmonic Orchestra, 1929).
Hamelin, Gastone (Saint-Georges, Francia, 1884 - Parigi, Francia, 1951).
 Assoli nelle Impressioni Sinfoniche Vetrate di Chiesa di Ottorino
Respighi (Boston, U.S.A., Boston Symphony Orchestra, 1927).
 Assolo (Modus VII) nel Tema e Variazioni Metamorfosen. XII
Modi di Ottorino Respighi (Boston, U.S.A., Boston Symphony
Orchestra, 1930).
Magnani, Aurelio (Longiano, Forlì, 1856 - Roma, 1921).
 Assolo nel III Atto dell’Opera Tosca (Toma, Teatro Costanzi,
1900).
Micozzi, Antonio (Roma, 1886 - Napoli, 1948).
 Assolo nelle Impressioni Sinfoniche Primavera in Val di Sole di
Riccardo Zandonai (Roma, Orchestra del Teatro Augusteo,
1915).
 Assolo nel Rondò Arlecchinesco (Roma, Orchestra del Teatro
dell’Augusteo, 1916).
 Assoli nel Poema Sinfonico Le Fontane di Roma di Ottorino
Respighi (Roma, Orchestra del Teatro dell’Augusteo, 1917).
 Assolo nell’Elegia Eroica op. 29 di Alfredo Casella (Roma,
Orchestra del Teatro dell’Augusteo, 1917).
 Assoli (I Pini del Gianicolo) nel Poema Sinfonico I Pini di Roma
di Ottorino Respighi (Roma, Orchestra del Teatro dell’Augusteo,
1924).
61
IV
I CLARINETTISTI
I concertisti
Dopo i fasti dell’epoca d’oro dei grandi clarinettisti-virtuosi
dell’800 (Ernesto Cavallini, Ferdinando Sebastiani, Girolamo Salieri
ed altri), per tutta la prima metà del ‘900, pochissimo spazio fu
riservato alle esibizioni solistiche.
Nell’Annuario dei Concertisti del 1915-1916, non risulta alcun
clarinettista,72 come non sono presenti nei bollettini dei diversi
“Uffici Concerti” di Bologna, Milano e Roma, che rappresentavano i
musicisti e organizzavano concerti cameristici e orchestrali in tutta
Italia. Lo strumento, evidentemente, non era più ritenuto adatto per
pubbliche esibizioni solistiche.
Completamente assente anche da tutte le programmazioni
ufficiali dei grandi teatri d’opera di Bologna, Firenze, Milano,
Napoli, Palermo e Torino, troviamo occasionali esibizioni di
clarinettisti solo in contesti secondari, per lo più nella città in cui
insegnavano o suonavano in orchestra. Ben pochi, pertanto, si
esibirono in più città e/o all’estero, se non come componenti di
gruppi da camera.
Dal 1922 al 1925, ad esempio, con il «Doppio Quintetto» di
Torino, Leonardo Savina suonò in diverse città del nord Italia.
Grazie al «giro artistico», organizzato dal Ministero per la
Stampa e la Propaganda e dal Ministero degli Affari Esteri, per
diffondere la cultura musicale italiana all’estero, invece, nel 1936,
Francesco Miotto suonò con il «Gruppo Strumentale Italiano» in
vari città europee (Ginevra, Losanna, Basilea, Amsterdam, Bruxelles,
Parigi).73
Analogamente, negli anni ‘40, Raimondo Maramotti, con la
Annuario dei Concertisti, Bologna, Edizione della Federazione fra le Società Italiane di
Concerti, 1915.
73
ROBERTO ZANETTI, La Musica Italiana nel Novecento, Busto Arstizio, Bramante
Editrice, 1985, vol. I, p. 572.
72
62
«Camerata Strumentale Italiana», e Pietro Di Francesco, con un
ensemble cameristico allestito per l’esecuzione del Pierrot Lunaire di
Arnold Schönberg, si esibirono nelle principali città italiane ed
europee.
Singolare risulta la carriera concertistica di Lucio Jucci: dal 1921
al 1926 da solista e dal 1933 in poi sia da solista che con il
«Quintetto romano di strumenti a fiato», si esibì saltuariamente a
Roma; mentre, dal 1927 agli inizi del 1933, più volte si produsse in
concerti solistici a Berna, Montreux, Losanna e in altre città della
Svizzera, dove fu attivo anche in varie orchestre.
Anche Luigi Amodio, dalla fine degli anni ‘30 al 1942, anno
della sua morte, si esibì sporadicamente a Milano - in duo con i
pianisti Guido Agosti o Giorgio Favaretto, con il Quartetto d’archi
Poltronieri e con l’orchestra “Juvenilis Lympha” del G.U.F. di
Milano - mentre, dal 1939, suonò più volte in Austria e Germania,
in duo con i pianisti Walter Gieseking e Edwin Fischer, con il
Quartetto Strub e come solista nei concerti di Weber e Mozart con
la Städtisches Orchester di Berlino.
Nello stesso periodo, anche Agostino Gabucci – che in Italia si
era esibito solo a Cagliari e Firenze, nei periodi in cui era professore
nei rispettivi conservatori – tenne molti concerti in Austria e
Germania (Berlino, Monaco, Stoccarda, Lipsia, Vienna ed altre
città).
Nel 1942, amaramente il Pace scriveva: «Nelle orchestre francesi
il primo Clarinetto, che è il preferito fra i fiati, è a parità di
condizioni morali col 1° Violino ed ha diritto, similmente agli archi,
di eseguire concerti come solista, nell’orchestra di cui fa parte.
Quanti sono invece i clarinettisti italiani che hanno suonato un
concerto con accompagnamento d’orchestra, esclusi i saggi di
Conservatori? Noi sappiamo per esperienza personale che per dare
uno dei rari concerti all’Eiar, occorre superare molte prevenzioni,
mentre basta leggere i programmi tedeschi e francesi, per trovarvi
molto spesso programmi di musica per fiati […]. Anche la stampa,
sempre generosa di parole e di giudizi ai Concerti degli strumenti
tradizionali, diventa avara quando si trova a giudicare gli strumenti a
fiato e, peggio ancora, tace talvolta il nome dell’esecutore o
dell’esecuzione stessa, pur trattandosi dei più valorosi artisti che
63
vanti l’Italia».74
Il repertorio solistico
Scomparse quasi del tutto le variazioni e le fantasie di derivazione
operistica,75 assai apprezzate per gran parte dell’Ottocento, il
repertorio dei pochi concertisti attivi nella prima metà del ‘900, era
tutto incentrato sulle composizioni, solistiche e da camera, dei
grandi compositori di scuola tedesca e francese e sulle esecuzioni di
nuovi lavori di compositori italiani.
Delle composizioni di Johannes Brahms, le 2 Sonate op. 120, per
clarinetto e pianoforte, furono eseguite, tra gli altri, a Carrara da
Enea Pollini (1906), a Torino da Ettore Bendazzi (1921), a Venezia
da Renato Zanon (1931), a Roma da Lucio Jucci (1933) e a Milano
da Luigi Amodio (1934); il Trio op. 114, per clarinetto, violoncello
e pianoforte, a Napoli da Arcangelo Picone (1915), a Torino da
Leonardo Savina (1923), a Roma da Lucio Jucci (1933) e a
Palermo da Alberto Alberani (1937); il Quintetto op. 115, per
clarinetto e archi, A Vienna (Austria) da Angiolo Del Bravo (1908),
a Torino e in altre città, per ben 25 volte, da Leonardo Savina
(1922-1925), a Cagliari da Ferruccio Gonizzi (1933) e a Milano da
Luigi Amodio (1934).
Della Première Rhapsodie di Claude Debussy, si segnalano le
esecuzioni a Torino di Leonardo Savina (1927) e Mario Romani
(1948), a Montreux (Svizzera) di Lucio Jucci (1931) e a Milano di
Luigi Amodio (1936).
Dei capolavori di Wolfgang Amedeus Mozart, il Trio K. 498,
per clarinetto, viola e pianoforte, fu eseguito a Roma da Aurelio
Magnani (1907) e a Firenze da Agostino Gabucci (1946); il
Quintetto k. 581, per clarinetto e archi, a Roma da Aurelio Magnani
(1903) e Lucio Jucci (1935), a Torino da Ettore Bendazzi (1922) e
Leonardo Savina (1924), a Venezia da Renato Zanon (1931) e a
Milano da Luigi Amodio (1934, 1936, 1937, 1940); il Concerto K.
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 199-200.
Per alcuni decenni continuano ad essere presenti solo nei programmi dei saggi scolastici.
Tra le rare esecuzioni di questo tipo di musica, ricordiamo una Fantasia su motivi di
Rossini suonata a Carrara, nel 1911, dal clarinettista fiorentino Guglielmo Cappetti con il
pianista Demetrio Ghetti. Cfr., ALBERTO COMPAGNO, Cronologia della vita musicale
Carrarere 1800-1960, Carrara, a spese dell’autore, 2006, p. 181.
74
75
64
622, per clarinetto e orchestra, a Montreux (Svizzera) da Lucio Jucci
(1931), a Milano da Luigi Amodio (1939) e a Torino da Leonardo
Savina (1948).
Di Sergei Prokofiev, l’Ouverture su temi ebraici op. 34, per
clarinetto, quartetto d’archi e pianoforte, fu eseguita a Milano
(1938) da Luigi Amodio, con il Quartetto Poltronieri e l’autore al
pianoforte.
Di Giacomo Setaccioli, la Sonata op. 31, per clarinetto e
pianoforte, fu eseguita a Roma da Lucio Jucci (1921,1922) e da
Enrico Di Zenzo (1942), a Milano da Agostino Gabucci (1921), a
Palermo da Ulderico Perilli (1925).
Di Carlo Savina, la Sonata, per clarinetto e pianoforte, vincitrice
del Premio «Olimpiadi Culturali della Gioventù» di Torino (1947),
fu eseguita a Torino da Agostino Gabucci (1947) e a Genova da
M.o Fabbri (1948).
Di Max Reger, il Quintetto op. 146, per clarinetto e archi, fu
eseguito in prima italiana nel 1924 a Venezia da Giuseppe Marasco,
«lavoro, però, che piacque poco».76
Di Carl Maria von Weber, il Grand Duo concertant op. 48, per
clarinetto e pianoforte, fu eseguito a Trieste da Angiolo Del Bravo
(1905); il Concerto n° 2 op. 74, per clarinetto e orchestra, a Trieste
da Angiolo Del Bravo (1905) e a Napoli da Ulderico Paone (1945).
Tra le rare e spesso uniche esecuzioni di altre composizioni per
clarinetto e pianoforte, ricordiamo la Sonatina del polacco Antoni
Szalowski, eseguita a Venezia da Francesco Miotto (1938), la
Sonata in Re di Nino Rota, eseguita a Bari da Attilio Scotese (1945)
e la Pastorale di Vincenzo Di Donato, eseguita a Losanna (Svizzera)
da Lucio Jucci (1933).
I clarinettisti nelle formazioni da camera
Emarginati come solisti, diversi clarinettisti svolsero una
dignitosa attività concertisti principalmente in formazioni
cameristiche.
Con il Quintetto della Regina Margherita di Roma,77 ad esempio,
dalla fine dell’800 al primo decennio del ‘900, suonò spesso Aurelio
76
77
«Musica d’Oggi», 1924, n° 3, p. 96.
FRANCESCO SANVITALE, Tosti, Torino, EDT, 1991, p. 101.
65
Magnani, quale interprete dei capolavori di Mozart e Beethoven e
per la prima esecuzione del Quintetto in sol minore per violino,
clarinetto, corno, violoncello e pianoforte di Giuseppe Frugatta
(1899).
Con il «Doppio Quintetto di Torino», formazione costituita
dall’unione di un quintetto d’archi e di un quintetto a fiati, durante
la sua breve attività (1920-1925),78 suonarono prima Ettore
Bendazzi (1920-1922) e poi Leonardo Savina (1923-1925). Con
un repertorio che comprendeva parecchie composizioni con
clarinetto solista,79 Il Doppio Quintetto si esibì nelle principali città
del nord Italia, presentando spesso anche prime esecuzioni di
musiche di autori italiani e stranieri,80 alcune delle quali scritte
appositamente per questa formazione.81
Per breve tempo, fu attivo a Venezia il Trio Toffoletti
(pianoforte), Pace (clarinetto) e Guarnieri (violoncello) che nel
1922 «ottennero il più lusinghiero e completo successo in un
programma indovinatissimo che ha permesso loro di far emergere
Cfr. STEFANO BALDI, Un episodio del modernismo torinese: il «Doppio Quintetto di
Torino», 1920-1925, in «Giorgio Federico Ghedini: Doppio quintetto per archi e fiati con
l’aggiunta di arpa e pianoforte (1921)», a cura di Stefano Parise, Torino, Zedde Editore,
2000, pp. VIII-XIII; GUGLIELMO BERUTTO, Il Piemonte e la Musica 1800-1984, Torino,
a cura dell’autore, 1984, pp. 117, 214, 238, 258.
79
Nella brossura divulgativa del Doppio Quintetto di Torino del 1920-1921, tra l’altro,
figuravano anche le seguenti composizioni con clarinetto: Beethoven, Settimino op. 20;
Brahms, Sonate op. 120,Trio op. 114 e Quintetto op. 115; Mozart, Quintetto K. 452 e
Trio K. 498; Saint-Saëns,Caprice sur des airs danois et russes; Schubert, Ottetto op.166;
Schumann, Fantasia op. 73; Spohr, Nonetto. Sotto la dicitura «repertorio moderno»:
Busoni, Sonata per clarinetto e archi; V. d’Indy, Trio op. 29. Negli anni successivi, furono
poi aggiunti: A. Magnard, Quintetto per fiati e pianoforte; Pierné, Pastorale op. 14 per
quintetto a fiati; Stravinskj, Suite da l’Histoire du soldat per clarinetto, violino e pianoforte
e altre pagine contemporanee. Cfr., STEFANO BALDI, Un episodio del modernismo torinese,
op. cit, p. XII.
80
Nel 1924 nella sala del Conservatorio di Milano fu presentata in prima esecuzione
italiana la Kleine Kammermusik per quintetto di fiati di Paul Hindemith. Cfr. STEFANO
BALDI, Un episodio del modernismo torinese, op. cit, pp. XI-XII; GUGLIELMO BERUTTO,
Il Piemonte e la Musica 1800-1984, Torino, a cura dell’autore, 1984, p. 214.
81
Tra queste, ricordiamo il Doppio quintetto per archi e fiati con l’aggiunta di arpa e
pianoforte di Giorgio Federico Ghedini, opera vincitrice nel 1921 di un concorso indetto
dallo stesso Doppio Quintetto; Silhouettes e caricature, Quattro danze per doppio
quintetto (1922, perduta) di Luigi Perrachio; Impressioni campestri (1921) per doppio
quintetto di Francesco Angelo Cuneo; Intermezzo tragico op. 10 per doppio quintetto di
Renzo Bossi.
78
66
tutte le virtù di esecutori e di interpreti».82
Qualche anno dopo, ritroviamo il Pace con il Sestetto Fiorentino,
un’insolita formazione (per l’epoca) costituita da un quintetto di
fiati e pianoforte, fondato nel 1925 a Firenze da Felice Boghen83 e in
attività fino a dopo il 1932.
Diversi furono i quintetti a fiato, attivi per lo più negli ambienti
orchestrali e scolastici di Roma, Palermo, Milano, Cagliari e Sassari.
Al 1922 risale la fondazione a Roma della Società fra strumenti a
fiato per la musica da camera,84 che alla fine degli anni ‘20 assunse la
denominazione di Quintetto romano di strumenti a fiato. Con
questa formazione, suonarono Carlo Luberti (dal 1922), Antonio
Micozzi (dal 1930), Lucio Jucci (1935) e Osvaldo Mengassini (dal
1936). Tra le altre composizioni, nel 1935, il quintetto suonò in
prima assoluta la Partita di Pietro Sassoli e la Suite di Ezio
Carabella.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, sempre a Roma, ebbe vita il
Quintetto di strumenti a fiato di Radio Roma - costituito dalle
prime parti dell’orchestra della R.A.I. - nel quale suonò Giacomo
Gandini. Nel 1950, il quintetto ottenne il Microfono d’argento
dell’Associazione della Stampa Romana.
Tra gli altri occasionali quintetti a fiato presenti nel resto d’Italia,
ricordiamo quelli attivi a Palermo (1932), con Antonio Micozzi; 85
Milano (1932, 1934), con Luigi Amodio;86 Sassari, con Ugo
Artioli,87 e Cagliari (1936), con Agostino Gabucci.88
Dalla seconda metà degli anni ‘30, infine, furono attive anche
all’estero due ensemble di archi e fiati: il Gruppo Strumentale
Italiano, in cui suonò Francesco Miotto, e la Camerata Strumentale
Italiana, che ebbe come clarinettista Raimondo Maramotti.
«Il Pianoforte», 1922, n° 5, pp. 153-154.
LEONARDO PINZAUTI, L’Accademia musicale chigiana da Boito a Boulez, Milano, Electa,
1982, p. 192.
84
ARTHUR EAGLEFIELD HULL, A dictionary of modern music and musicians, London, J.
M. Dent & sons Ltd, 1924, p. 87.
85
«Musica d’Oggi», 1932, n° 1, p. 33.
86
EMANUELA SCARPELLINI, Il Teatro del popolo: La stagione artistica dell’Umanitaria fra
cultura e società, 1911-1943, Milano, Franco Angeli, 2000, pp. 338, 341.
87
AA. VV., Diorama della musica in Sardegna, op. cit., p. 206.
88
Idem, p. 158.
82
83
67
I clarinettisti a 78 giri
L’invenzione del fonografo (1877) e successivamente del
grammofono (1887), rivoluzionarono non poco il sistema
produttivo musicale mondiale: per la prima volta era possibile
registrare e riascoltare, su dischi riproducibili in più copie identiche,
i più disparati brani musicali. Di conseguenza, l’invenzione del disco
rappresentò per i musicisti non solo uno straordinario mezzo per
diffondere la propria arte, ma soprattutto un nuovo sistema per fare
business con poco lavoro.
Tra i primi clarinettisti italiani che incisero dei dischi a 78 giri,
troviamo Felice Iardella e Giuseppe Norrito. Questi, tra il 1897 e il
1898, incisero negli U.S.A. diversi ballabili e brani di estrazione
popolare per la Berliner’s Gramophone, tra i quali ricordiamo
Clarionet Polka, incisa nel 1897 da Felice Iardella, e Schottisches,
incisa sempre nel 1897 da Giuseppe Norrito.
Al 1902 risalgono, invece, le incisioni di Antonio Ciccotti e
Romolo Quaranta, all’epoca primi clarinetti al Teatro alla Scala di
Milano. In duo, registrarono per la Zonophone il Concerto
dall’Opera Maria Padilla di G. Donizetti89 per 2 clarinetti e
pianoforte,90 mentre Romolo Quaranta incise da solista, per la
Gramophone Concert Record, il Carnevale di Venezia di Jules
Benedict, 91 “Parmi veder le lagrime” dal Rigoletto di G. Verdi, La
Fantasia sulla Sonnambula di Bellini e altre variazioni e fantasie
operistiche.
Al 1914 risalgono le incisioni di Antonio Decimo per
l’americana Rex: Polacca dal Concerto n° 2 di Weber,
Zigeunerweisen di Pablo Sarasate e Rêverie Russe di Cavallini, con il
flautista Giuseppe (Joseph) La Monaca.
Particolarmente attivo negli U.S.A. fu pure il casertano Antonio
Giammatteo che, dal 1911 fino agli anni ‘30, incise un gran numero
di 78 giri per la Edison, da solista, in duo con il clarinettista Fred
Nel 1994 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical
Recordings, Volume II», Clarinet Classics (CC0010).
90
Si tratta di una versione estratta dalla Fantasia di Concerto su un motivo dell’Opera
Maria Padilla del M° Gaetano Donizetti, per flauto e clarinetto con accompagnamento di
pianoforte, di Francesco Pizzi (copia manoscritta in I-NOVi).
91
Nel 1993 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical
Recordings, Volume I», Clarinet Classics (CC005).
89
68
Brissett e con i flautisti Julius Spindler o Pietro Caso. Le sue
incisioni sono per lo più ancorate al tipico repertorio ottocentesco
delle fantasie operistiche e comprendono, tra le altre, la Fantasia
dalla Norma (nel 1920), la Fantasia dal Simon Boccanegra di
Donato Lovreglio (1921), Il Convegno di Amilcare Ponchielli
(1926), il Duo Concertant op. 33 di Carl Baermann (1924).92
Del 1921 è invece l’unica incisione nota per la Berliner
Gramophone di Giuseppe Moretti, all’epoca attivo in Canada:
Scènes alsaciennes di Jules Massanet, in una suggestiva versione per
clarinetto, violoncello e celesta.
Prima in Italia e poi in Germania, nell’arco di un decennio
(1932-1942), Luigi Amodio incise i maggiori capolavori della
letteratura clarinettistica.93 Nel 1932, per la Columbia, incide i
quintetti K. 581 di W. A. Mozart e op. 115 di J. Brahms, con il
Quartetto Poltronieri. Al 1937, invece, risale la registrazione per la
Cetra de “Il Pastore sulla Roccia“ op. 129 di F. Schubert, con Maria
Cecil Winifred (soprano) e Alfredo Simonetti (pianoforte). I
continui concerti che tenne a partire dal 1939 in Germania,
favorirono poi i contatti con l’Electrola, la Polydor, la Siemens e la
Deutsche Grammophon, con le quali incise i suoi ultimi dischi:
Quintetto K. 581 di W. A. Mozart (nel 1941), con il Quartetto
Strub; Trio op. 11 di L. van Beethoven (1942), con H. Scrhoder
(violoncello) e Siegfried Schultze (pianoforte); Trio K. 498 di W.
A. Mozart (1942), con Rudolph Nei (viola) e Siegfried Schultze
(pianoforte); Sonata n° 1 op. 120 di J. Brahms (1942),
Fantasiestücke op. 73 di R. Schumann (1942) e Gran Duo
concertante op. 48 di C. M. von Weber (1942), con il pianista
Siegfried Schultze; Concerto K. 622 di W. A. Mozart, con la
Städtisches Orchester di Berlino diretta da Alceo Galliera (1942).94
Nel 1993 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical
Recordings, Volume I», Clarinet Classics (CC005).
93
Seppur in forma anonima, dagli anni ‘30 fino alla morte, Luigi Amodio incise per la
Odeon moltissimi dischi con l’orchestra del fisarmonicista Gallo, contenenti per lo più
virtuosistiche polke, valzer e mazurke.
94
Il Il Quintetto K. 581 di Mozart, con il Quartetto Strub, il Trio op. 11 di Beethoven, la
Sonata n° 1 op. 120 di Brahms e al terzo movimento dei Fantasiestücke op. 73 di
Schumann, nel 1999 sono stati rimasterizzati e pubblicati nel Cd «Luigi Amodio: La Scala
Virtuoso» dalla londinese Clarinet Classics (CC008); mentre una registrazione radiofonica
del Quintetto K. 581, con il Quartetto Strub, e il Concerto K. 622 di Mozart, con la
92
69
Tra le ultime incisioni a 78 giri, ricordiamo il Larghetto dal
Quintetto K. 581 di W. A. Mozart registrato nel 1949 per la Celson
da Paolo Del Pistoia95 con il Quartetto d’archi della Scala. 96
I clarinettisti eclettici
Nutrito risulta l’elenco dei clarinettisti che, oltre all’attività
solistica, orchestrale e/o didattica, si cimentarono con successo
anche in altri campi musicali.
Moltissimi, ad esempio, furono i clarinettisti che si dedicarono
alla direzione di bande musicali. Tra questi, ricordiamo: Giuseppe
D’Elia, direttore della Banda della Guardia di Finanza (1932-1958);
Antonino De Luca, direttore della Banda Palatina della Città del
Vaticano (dopo il 1945), Luigi Falcomer, direttore della banda
cittadina di Padova (1910-1940ca.), Antonio Giammatteo, direttore
della New York State Symphonic Band (dal 1930 al 1950ca.),
Alamiro Giampieri, direttore della banda cittadina di Brescia (anni
‘30-40), e Temistocle Pace, direttore delle bande della 7a Legione
della Milizia Ferroviaria (dal 1933) e di Prato (1934-1942).
Diversi furono anche quelli che si cimentarono con successo nella
direzione d’orchestra, tra questi ricordiamo: Teofilo De Angelis,
direttore di varie orchestre romane e italiane, Antonio Marranti,
direttore di varie compagnie operistiche italiane attive in Argentina
(anni ‘30), Temistocle Pace, fondatore e direttore dell’orchestra del
Dopolavoro di Firenze, e Augusto Vannini, direttore del Boston
Symphony Ensemble (anni ‘20).
Nell’ambito dell’editoria musicale, invece, furono attivi Pietro
Massara ad Ivrea e Alamiro Giampieri. Quest’ultimo, durante la sua
permanenza a Genova, diede vita alle Edizioni Musicali Giampieri,
con le quali, per alcuni anni (1929-1931), pubblicò diverse
Städtisches Orchester di Berlino, nel 2005 sono stati rimasterizzati e pubblicati nel Cd
«Wolfgang Amadeus Mozart: Klarinetworks» dalla DRA Deutsches Rundfunkarkiv.
95
Negli anni ‘40, fondò l’Orchestra Del Pistoia con la quale pubblicò per la Odeon e La
Voce del Padrone molti dischi contenenti virtuosistici ballabili: «La musichetta villereccia
risorge, a poco a poco e si allinea tra i generi minori con intendimento d’arte. Anche qui si
cammina; anche qui, chi guarda senza preconcetti, troverà che il nostro Del Pistoia può
vantarsi di essere sulla buona strada». Cfr., «La Voce del Padrone», listino n° 5, maggio
1940, p. 9.
96
Nel 1994 è stato rimasterizzato e pubblicato nel Cd «The Clarinet: Historical
Recordings, Volume II», Clarinet Classics (CC0010);
70
composizioni popolari e riduzioni operistiche per orchestrine.
Al canto, infine, si dedicarono con successo Manlio Marcantoni,
apprezzato maestro di canto a Roma, e Giovanni Martinelli,
raffinato tenore che si esibì nei maggiori teatri d’Europa e delle
Americhe.
I clarinettisti del Duce
Durante il Ventennio fascista (1922-1942), le continue direttive
e imposizioni del regime, rivoluzionarono non poco gli ambienti
musicali e i rapporti di lavoro dei musicisti.
L’iscrizione al Partito Nazionale Fascista (P.N.F.), dal maggio
1933, era dichiarata requisito fondamentale per la partecipazione ai
concorsi pubblici; dal marzo 1937, era obbligatoria se si voleva
accedere a un qualunque incarico pubblico. Dal giugno 1938, senza
la Tessera del P.N.F., da molti chiamata la «tessera del pane», non
era più possibile suonare nei teatri o insegnare nei conservatori e
anche per esercitare legalmente la libera professione di insegnamento
privato, bisognava possederla ed essere iscritti al Sindacato Fascista
dei Musicisti.97
Singolare risulta il caso di Luigi Amodio, soprannominato «Il
piccolo Lenin» dai suoi colleghi dell’Orchestra alla Scala di Milano:
nel 1934 la sua domanda di insegnamento al Conservatorio di
Bolzano non fu presa in considerazione in quanto non iscritto al
partito fascista. Tessera che, evidentemente, fu costretto ad accettare
poco dopo per continuare a suonare alla Scala e per tenere concerti
in Austria e Germania. Anche per questi ultimi, infatti, bisognava
ottenere il «nulla osta» dal Ministero della Cultura Popolare,
rilasciato sempre e solo agli iscritti al Partito Nazionale Fascista.
Tra quanti non accettarono queste imposizioni, troviamo Gino
Cioffi che, nel 1937, abbandonò l’Italia per trasferirsi
definitivamente negli U.S.A., dove proseguì la sua straordinaria
carriera di orchestrale.
Tanti altri, invece, per convinzione, per costrizione o per
semplice opportunismo, aderirono ai meccanismi di do ut des
politico, ovvero «protezioni e agevolazioni in cambio di consenso
«Il Musicista», Organo Ufficiale del Sindacato Nazionale Fascista Musicisti, 1938, nn.
2-3, p. 45.
97
71
ufficiale e partecipazione attiva al “sistema” fascismo».98
Di sicuro, al sistema e alle tante attività volute e fortemente
incentivate dal regime fascista, parteciparono attivamente Temistocle
Pace, fondatore e direttore dell’Orchestra Sinfonica del Dopolavoro
di Firenze e membro del Direttorio del Sindacato Fascista dei
Musicisti della Toscana,99 Francesco Pitzianti, nel 1938 componente
del Direttorio del Sindacato Fascista dei Musicisti di Cagliari,100
Raimondo Maramotti, istruttore e direttore di bande e complessi
corali della Gioventù Italiana del Littorio di Piacenza,101 Paolo
Ufirini, professore di clarinetto all’Istituto Musicale “M. Clementi”
dell’Opera Nazionale del Dopolavoro (O.N.D.) di Roma,102
Eugenio Brunoni, iscritto nella Federazione dei Fasci di
Combattimento Ravennati come “Squadrista”103 e tanti altri ancora.
Per molti, le gratificazioni e i riconoscimenti del regime non
tardarono ad arrivare.
Tra gli altri, furono nominati in ruolo senza concorso Francesco
Pitzianti al Conservatorio di Parma (nel 1939), Fernando
Gambacurta al Conservatorio G.I.L. di Roma (nel 1941) e Agostino
Gabucci al Liceo Musicale di Cagliari (nel 1941). Quest’ultimo poi,
con Temistocle Pace e Carlo Luberti, nel 1941 fu nominato
componente della sottocommissione di clarinetto, istituita dal
governo fascista, per «l’Autarchia musicale», incaricata di valutare e
rivedere i metodi di studio in vista di una riforma radicale
dell’istruzione musicale italiana.104
Dopo la caduta del fascismo, tra i pochissimi clarinettisti che
pagarono per il proprio attivismo, troviamo Eugenio Brunoni, nel
1945, allontanato dagli ambienti musicali di Milano perché troppo
compromesso con il precedente regime. 105
STEFANO BIGUZZI, L’orchestra del duce: Mussolini, la musica e il mito del capo, Torino
Utet, 2003, p. 117.
99
Musicisti e Artisti contemporanei della Toscana: Profili didascalici, Torino, Editoriale
Sabauda, 1939, p. 151.
100
«Il Musicista», Organo Ufficiale del Sindacato Nazionale Fascista Musicisti, 1938, n° 1,
p. 1.
101
AA. VV., I Cent’anni del Liceo Musicale “G. Nicolini” di Piacenza, op. cit., p. 99.
102
«Rassegna Dorica», 1937, n° 3, p. 67.
103
ELIOS ANDREINI - SATURNO CARNOLI, Camicie Nere di Ravenna e Romagna tra oblio
e castigo, Ravenna, Edizioni Artestampa, 2006, P. 478.
104
GUIDO SALVETTI (a cura), Milano e il suo Conservatorio, op. cit., p. 183.
105
Idem, p. 263.
98
72
La musica sincopata e i primi clarinettisti jazz
In pieno regime fascista, l’Italia esporta musica lirica e importa
musica jazz, attraverso i dischi a 78 giri portati dagli emigrati italiani
che tornavano dagli U.S.A.
Pur criticandola aspramente («Niente musica e tutto ritmo»,
scriveva il Popolo d’Italia), il regime la tollerava e non usò mai il suo
potere per vietarla, almeno fino alla dichiarazione di guerra agli Stati
Uniti del 1941, quando furono vietati titoli, nomi e musiche
americane. Decreto, però, che fu facilmente aggirato italianizzando i
titoli dei brani e i nomi dei musicisti e delle orchestre, spesso con
risultati grotteschi.106
Negli anni ‘20, molte furono le orchestre di “jazz annacquato”
(più che altro “musica leggera ritmica para-jazzistica”) specializzate
nella grande musica da ballo.
In esse, vi suonarono inizialmente clarinettisti provenienti per lo
più dalle bande militari, capaci di suonare bene anche il sassofono
ma poco esperti nell’improvvisazione. Copiando dai dischi importati
e dai musicisti americani in tournée in Italia, dalla fine degli anni ‘20,
maturò poi una folta schiera di clarinetti-sassofonisti107 di buon
valore: Piero Rizza (la sua Louisiana Band nel ‘29 aveva inciso i
primi otto brani di vero jazz italiano con la Fonotecnica), Sesto
Carlini (nel 1938 e nel 1939, la sua orchestra fu ingaggiata anche in
Olanda, Londra e New York), Eraldo Volontè (con la sua orchestra,
nel 1949 vince il Festival del Jazz di Firenze), Tommaso Ansalone,
Vito Morea, Piero Pizziconi, Mario Balbo, Giuseppe Cattafesta,
Baldo (Teobaldo) Maestri e tanti altri ancora fino a Henghel Gualdi
che dalla fine degli anni ‘40 fu il più attivo e importane clarinettista
jazz italiano del XX secolo.108
«Con questo stratagemma vengono coniate delle vere e proprie ridicolaggini, quali Le
tristezze di San Luigi quale improbabile traduzione di St. Louis Blues, a dimostrazione del
becero provincialismo della dittatura mussoliniana. Gli stessi grandi Louis Armstrong e
Benny Goodman si trasformano in Luigi Bracciaforte e Beniamino Buonuomo, allo scopo di
consentire, a musicisti e discografici, di aggirare l’ostacolo e contrabbandare ugualmente
musica che va raccogliendo sempre maggiori consensi tra il popolo italiano». GILDO DE
STEFANO, Vesuview Jazz: Tracce di jazz in Campania dal 1920 al Nuovo Millennio,
Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999, p. 16.
107
Vedi: ADRIANO MAZZOLENI, Quarant’anni di jazz in Itali, Milano, Ricordi, 1965;
ADRIANO MAZZOLENI, Il Jazz in Italia: Dalle origini alle grandi orchestre, Torino, EDT,
2004.
108
Su Henghel Gualdi, vedi: HENGHEL GUALDI, Poteva andare meglio, Rimini, Guaraldi,
106
73
Un ulteriore impulso all’acqusizione del linguaggio e delle
tecniche jazzistiche, infine, fu dato dalle edizioni Curci di Milano
che, nel 1941, pubblicarono il Metodo (Scuola di tecnica moderna
per clarinetto) del celebre clarinettista americano Artie Shaw.109
Giudizi e Recensioni
La bellezza del suono (cavata), il fraseggio di derivazione
operistica e il possesso di un perfetta tecnica esecutiva, furono le
qualità maggiormente apprezzate da compositori, direttori
d’orchestra e critica musicale del tempo110 e che costituirono gli
elementi basilari della nostra scuola clarinettistica, assai apprezzata in
tutto il mondo. Di seguito, si riportano giudizi e recensioni su alcuni
tra i maggiori clarinettisti dell’epoca.
Amodio, Luigi: «Perfetta tecnica, accompagnata da una voce
deliziosa, veramente incomparabile e sorretta da un senso artistico di
musicista sì da formare del prof. Amodio un elemento, non soltanto
superiore, ma addirittura prezioso».111
Bianchini, Bianco: «Artista e clarinettista delicatissimo, che ha per
dote principale una deliziosa voce cui corrisponde un particolare
modo di eseguire, cosa che lo distingue fra molti».112
Blonk-Steiner, Umberto: « Impareggiabile esecutore per la sua
arte e per la voce meravigliosa che sapeva trarre dal Clarinetto».113
Cioffi, Gino: «Il sig. Cioffi ha un suono morbido e rotondo,
dolce ma non piatto, dalla bellezza del registro dello chalumeau a
salire verso l’alto […] è il clarinetto, nelle mani di un maestro, che
1996; GIORGIO BABBINI, Henghel, un angelo del clarinetto, Perugia, Accademia Italiana del
Clarinetto, 2011.
109
Copia in I-CAcon.
110
Il critico Mario Saint Cyr, sulla «Rassegna Dorica» del 1933 (p. 172), scriveva: «Il
clarinetto - si sa - è uno strumento assai difficile non tanto per la tecnica, relativamente e
generalmente meno ardua di quella degli strumenti a corda e a tastiera, quanto per
l’emissione d’un bel suono pastoso e dolce: quel suono che, per il suo timbro speciale, à
nell’orchestra e in talune musiche da camera, una grande importanza per ottenere particolari
effetti di amalgama o anche per necessità prettamente solistiche».
111
Giudizio espresso dal celebre compositore Pietro Mascagni, citato in LUIGI
MAGISTRELLI, Amodio & de Bavier, op. cit., p. 31.
112
GIUSEPPE PRESTINI, Notizie intorno alla storia degli “strumenti a fiato in legno”,
Bologna, F. Bongiovanni Editore, 1925, p. 32.
113
AGOSTINO GABUCCI, Origine e Storia del Clarinetto, edizione riveduta e corretta,
Milano, Carisch, 1954, p. 36.
74
canta in maniera naturale. La padronanza del legato del sig. Cioffi è
prodigiosa».114
Del Bravo, Angiolo: «Per la indiavolata facilità con la quale
supera ogni più difficoltosa arditezza di taluni famosi passi, per la
rapidità degli stacchi e per la dolcezza della cavata, può dirsi
senz’altro “un Kubelik del clarinetto”».115
Gambacurta, Ferdinando: «Egli si è dimostrato un elemento di
prim’ordine tanto per le qualità tecniche ed artistiche, quanto per le
qualità morali».116
Giampieri, Alamiro: «Specialmente come teorico, didatta, tecnico
ed innovatore del suo istrumento, egli à dimostrato un intelletto vivo
ed una non comune perspicacia».117
Jucci, Lucio: «È certo ora uno dei migliori che v’abbiamo in
Italia, non soltanto per la sua meccanica, pronta a piegarsi a tutte le
esigenze […] ma anche per il suono intimo profondo e nel
medesimo tempo robusto ed eguale che egli sa trarre dallo
strumento. […] il suo canto, legato e continuo, è di una limpidezza
genuina veramente rara».118
Magnani, Aurelio: «Tutti gli astanti rimasero entusiasmati dalla
pura bellezza della voce e dal virtuosismo del valente esecutore,
nonché dallo stile delle sue composizioni».119
Paone, Ulderico: «Purissimo per intonazione, esperto d’ogni
accorgimento tecnico, vago nella qualità del suono che sa ottenere,
quando occorra, vivacemente brillante e dolcemente opaco».120
Perilli, Ulderico: «Purezza e dolcezza di cavata, ottima scuola e
padronanza assoluta della tecnica dell’istrumento». 121
Romani, Mario: «Artista dalla dolcezza del suono
«Daily Globe», 17 febbraio 1957, cit. in ADRIANO AMORE, La Scuola Clarinettistica
Italiana, op. cit., p. 26.
115
«L’Indipendente di Trieste», 20 febbraio 1904, cit. in MASO SALVINI, Angiolo Del
Bravo clarinettista, Pisa, Giardini Editore, 1965, p. 11.
116
Dichiarazione del direttore d’orchestra Bernardino Molinari, datata Roma 25 ottobre
1947.
117
MARCO VINICIO RECUPITO, Artisti e Musicisti Moderni, op. cit., p. 127.
118
«Rassegna Dorica», 1933, n° 7, p. 172.
119
ALBERTO DE ANGELIS, L’Italia Musicale d’oggi: Dizionario dei Musicisti, Roma,
Ausonia, 1918, p. 194.
120
«Il Paese», 6 dicembre 1945, cit. in AA.VV., Omaggio a Ulderico Paone e Carlo Uva,
Acerra, Tipografia La Nuovissima, 1990, p. 28.
121
Dichiarazione del direttore d’orchestra Tullio Serafin, datata Milano 25 febbraio 1913.
114
75
indimenticabile, insegnante cosciente e sensibile».122
Savina, Leonardo: «Artista dalla netta distinzione e dalla forbita
competenza tecnica del suo strumento».123
ULDERICO PERILLI
CORNELIO MARTINA, Nozioni sul Clarinetto, Milano, Edizioni Curci, 1975, p. 28.
GIACOMO MILUCCIO, Il Clarinetto: cenni storici, funzionamento tecnico, letteratura e
principali opere didattiche, Napoli, Santillo, 1955, p. 15.
122
123
76
V
LA LETTERATURA
Aspetti e contesti
La scarsa attenzione riservata al clarinetto solista dalle principali
istituzioni concertistiche, unita alla crescente diffusione in Italia delle
musiche di autori francesi e tedeschi (Debussy, Beethoven, Brahms,
Mozart, Weber), limitò non poco lo sviluppo di una nuova
letteratura da concerto.
Al contrario, la musica per piccoli ensemble cameristici - grazie
ad alcune formazioni nate a partire dagli anni ‘20, come il Doppio
Quintetto di Torino, il Sestetto di Firenze e il Quintetto romano di
strumenti a fiato - ebbe notevole impulso soprattutto in epoca
fascista.
A partire dal 1928, infatti, il «Direttorio Nazionale del
Sindacato Fascista dei Musicisti», diede vita, in diverse città, a varie
«Rassegne sindacali di musica contemporanea» il cui «intento
principale, quello di dare ai giovani compositori la possibilità di
presentarsi al giudizio del pubblico accanto ai compositori già
noti».124 Oltre a favorire, tra l’altro, la nascita di nuove musiche per
fiati (quintetto o piccole formazioni), queste rassegne
rappresentarono per molti giovani strumentisti una delle poche
occasioni di esibizione pubblica.
Abbandonate del tutto le ottocentesche forme legate alle fantasie
operistiche (variazioni, pot-pourrì, parafrasi, ecc.), le nuove musiche
per clarinetto sono caratterizzate in questo periodo da una costante
ricerca timbrica e formale, che trovò negli anni ‘30-40 la sua
massima espressione con il neoclassicismo tipicamente italiano.
SINDACATO NAZIONALE FASCISTA MUSICISTI, II° Rassegna Nazionale dei Giovani
Concertisti, Roma, Istituto Grafico Tiberino, 1936, p. 5.
124
77
La riproposta di musiche antiche
L’orgoglio italico, stimolato dal Regime fascista - che trovò il suo
culmine negli anni ‘40 con l’Autarchia musicale - favorì la riscoperta
e la riproposta di molti autori italiani del passato. Accanto ad una
miriade di concerti, sonate e musiche sacre di antichi autori quali
Bonoporti, Albinoni, Durante, Pergolesi, Scarlatti ecc., furono
riproposte anche alcune composizioni con clarinetto.
Nel 1929, ad esempio, Felice Boghen pubblica per le edizioni
Ricordi di Milano la sua « revisione e interpretazione» del Quartetto
(Tema con variazioni) per flauto, clarinetto, corno e fagotto di
Gioachino Rossini (I-CAcon), dedicandola a Temistocle Pace e agli
altri strumentisti a fiato del Sestetto di Firenze, di cui era fondatore,
pianista e direttore.
Sempre a Firenze, il 28 giugno 1943, la Camerata del R.
Conservatorio Cherubini, diretta da Guido Guerrini, ripropose il
Concertone a più strumenti obbligati (tra i quali anche 2 clarinetti),
di Giuseppe Sarti (ms in I-Fc).125
Al 1947, invece, risale la pubblicazione per le edizioni Ricordi di
Milano dei 2 Concerti (F. XII, n° 1 [RV 560]; F. XII n° 2 [RV
559]) per 2 oboi, 2 clarinetti, archi e basso continuo, revisionati da
Angelo Ephrikian (I-Fn, I-Rn, I-Mc, I-Nc, D-B). Sotto la direzione
del revisore, il Concerto F. XII, n° 1 [RV 560], fu poi riproposto al
Teatro alla Scala di Milano il 15 novembre 1948 con i clarinettisti
Paolo Del Pistoia e Paolo Budini.126
La rivalutazione delle musiche antiche, però, non riguardò solo
gli autori italiani. Dal 1942 - con riduzioni e/o revisioni di Alamiro
Giampieri, per fraseggio e licenziosi tagli, non sempre fedeli - le
edizioni Ricordi di Milano pubblicarono per la prima volta in Italia
i concerti di Mozart e Weber e le 2 Sonate op. 120 di Brahms che
da qualche decennio erano entrate nei programmi di studio e nel
repertorio di tutti i clarinettisti italiani.
TEMISTOCLE PACE, Ancie battenti, op. cit., p. 129.
GIAMPIERO TINTORI, Cronologia: opere, balletti, concerti 1778-1977, in «Duecento
anni di Teatro alla Scala», vol. II, Milano, Grafica Gutenberg Editrice, 1979, p. 293.
125
126
78
La musica da ballo
Pur presente da sempre, durante il Ventennio fascista (19221942) la musica da ballo fu notevolmente incoraggiata per le attività
ludiche connesse con tutte le organizzazioni periferiche istituite dal
Regime.
Per il clarinetto, strumento principe delle numerosissime bande
presidiare e dell’O.N.D., istituite e finanziate dal Regime fascista,
furono pubblicate diverse collane di ballabili per clarinetto solo,
scritti dai più acclamati solisti e maestri di banda dell’epoca: polke,
valzer, mazurche, schottisch, ma anche i nuovi balli provenienti in
quegli anni dalle Americhe, come l’one step, il tango e il fox-trot.
A Firenze, l’editore Lapini pubblicò L’Ideale del Clarinettista, 2
fascicoli di «12 ballabili ciascuno per clarinetto solo accompagnabili
a orecchio», mentre l’editore Saporetti e Cappelli, dal 1923 pubblicò
ben 5 raccolte di ballabili. Analogamente, anche le edizioni Pucci di
Nocera Inferiore (poi Portici), nel 1935, pubblicarono le raccolte
Sogno del Clarinettista (2 fascicoli di 12 ballabili) e l’Album del
Virtuosismo ( 12 ballabili) scritti dal giovanissimo, e all’epoca attivo
come clarinettista, Giovanni Orsomando. Va detto, però, che la
musica da ballo non coinvolse solo i clarinettisti attivi in banda, ma
anche alcuni dei maggiori didatti e orchestrali dell’epoca. A Genova,
ad esempio, Alamiro Giampieri fondò le Edizioni Musicali
Giampieri con le quali pubblicò, tra il 1929 e il 1931, diversi
ballabili per orchestrine con clarinetto. A Milano, invece, Paolo Del
Pistoia (clarinettista al Teatro alla Scala), pubblicò dal 1939 diverse
raccolte per le Edizioni Joli.
La letteratura solistica
Non particolarmente ampia risulta la letteratura per clarinetto e
pianoforte, che comprende lavori che vanno dal tardo romanticismo,
alle raffinate sonorità impressionistiche francesi, fino ai nuovi
linguaggi e sonorità del neoclassicismo italiano dell’epoca. Accanto a
pagine di assoluto valore, come le sonate di Castelnuovo-Tedesco,
Giorni, Rota e Setaccioli o le suite di Frugatta e Longo, sono
presenti diverse brevi composizioni, originariamente concepite per
gli annuali saggi scolastici (Bonnard, Di Donato, Stadio).
Tra le pagine di derivazione tardo-romantiche, ricordiamo la
deliziosa Piccola Suite di Giuseppe Cappetti (Firenze, Lapini, 1912;
79
I-Fn, I-REim), l’eccellente Suite op. 44 di Giuseppe Frugatta
(Milano, Ricordi, 1901 (I-SASc, US-CPpa), l’ottima Sonata in La
maggiore di Aurelio Giorni (1933; ms in US-CPpa), la solare e
brillante Suite op. 62 di Alessandro Longo (Milano, Ricordi, 1913;
I-Fn, I-Nc, I-SASc, US-Wc) e i contrastanti 6 Bozzetti di Giuseppe
Scontrino (Firenze, Brizzi e Niccolai, 1909; I-Fc, I-Rama, USCPpa).
Protese verso nuovi linguaggi e sonorità, risultano, invece, gli
ottimi Notturno, Rondò eValzer da concerto di Giulio Bonnard
(Milano, Ricordi, 1937; I-Fn), l’eccellente e monumentale Sonata
op. 128 di Mario Castelnuovo-Tedesco (Milano, Ricordi, 1977; ICBcon, I-Mc, I-MOl, GB-Lbl, US-Wc),127 la splendida Sonata in Re
di Nino Rota (Milano, Ricordi, 1945; ristampe 1981 e 1990; ICBcon, I-REim, I-Sac, GB-Lbl), la bellissima Sonata in Mib op. 31
di Giacomo Setaccioli (Milano, Ricordi, 1921; I-Fn, US-Wc),128
Sono, inoltre, da ricordare, l’affascinante Elegia (B.V. 286) di
Ferruccio Busoni (Leipzig, Breitkopf & Härtel, 1921; I-REim, I-Sac,
US-Wc), la raffinata Pastorale di Vincenzo Di Donato (Roma, De
Santis, 1927; I-Fn, I-PESr), la piacevole Aria e Scherzo di Agostino
Gabucci (Firenze, Mignani, 1935; I-Fn, I-Nc, I-Rama), Il
virtuosistico Capriccio Variato Il Carnevale di Venezia di Alamiro
Giampieri (Milano, Ricordi, 1948; I-Fn, I-Mc, GB-Lbl, US-CPpa),
la raffinata Inquiétude, Étude mélodique, di Mario Pilati (Paris,
Leduc, 1930; I-Nc), le deliziose Burlesca e Serenata di Ciro Stadio
(Milano, Ricordi, 1931; I-Fn, I-Nc).
Tra le pochissime composizioni solistiche con orchestra,
ricordiamo la modesta Aria per clarinetto, archi e due corni di
Gianandrea Gavazzeni (Bologna, Bongiovanni, 1942; I-Fn, I-Rama),
l’ottimo Concertino op. 48 di Ferruccio Busoni (Leipzig, Breitkopf
& Härtel, 1918; I-BGi, US-Wc), l’interessante Concerto di Lorenzo
Perosi (1928-1930; ms autografo in I-Rvat [Mss. n° 502]) e il
Dopo l’esecuzione triestina, il 15 settembre 1952, l’autore scrisse al clarinettista
napoletano Ulderico Paone: «Caro Paone, sono stato molto lieto di averla per compagno
nella prima esecuzione europea della mia Sonata per Clarinetto e Pianoforte. So quanto sia
difficile la mia Sonata! E desidero dirle che anche in America, dove l’ho eseguita con molti
buoni Clarinettisti, raramente ho sentito un suono più bello, una tecnica più sciolta e sicura
e una più duttile musicalità». AA.VV., Omaggio a Ulderico Paone, op. cit., p. 24.
128
Nel 1922, il «Musical Courier» di New York la definì «opera di grande finezza e
sentimento».
127
80
baroccheggiante e brillante Concerto grosso in Fa maggiore per
flauto, oboe, clarinetto, corno, fagotto e orchestra d’archi di Giorgio
Federico Ghedini (Milano, Suvini Zerboni, 1946; I-Fn, I-Nc, IRama, GB-Lbl).
Seppur molto ampia, la letteratura solistica con banda, invece,
comprende solo poche pagine di un certo interesse e valore musicale.
Abbondano, infatti, le varie polke, mazurche, valzer e riduzioni
operistiche scritte per lo più da modesti compositori-direttori e
quasi sempre caratterizzate da un virtuosismo chiassoso e
appariscente. Fanno eccezione l’ottocentesca Fantasia Torniamo
all’antico di Giuseppe Manente (Perugia, Belati, 1906; I-FTamore) e
l’eccellente e virtuosistico Concerto “Turbine” di Giuseppe D’Elia
(1944; ms in I-Rbgf).
La letteratura cameristica
Completamente assenti sono le composizioni per Trio con
strumento ad arco e pianoforte e per clarinetto e trio o quartetto
d’archi, mentre risultano insignificanti quelle per soli clarinetti (per
lo più trascrizioni didattiche) e pochissime e di modesta fattura
quelle per due o tre fiati con clarinetto.
Limitata risulta anche la letteratura per quartetto di fiati (flauto,
oboe, clarinetto e fagotto), che comprende il brioso e virtuosistico
Divertimento n° 3 di Abelardo Albisi (Milano, Fantuzzi, 1923; IMc, I-PAc, I-Vnm), le interessanti e neoclassiche Cinque Bagattelle
di Armando Renzi (Roma, De Santis, 1948; I-PESc, GB-Lbl) e il
breve e piacevole Quartettino di Giovanni Valentini (Modena, s.e.,
1933; I-FTamore, I-MOl, I-Rsc).
Piacevoli e quasi sempre interessanti e di buona fattura, invece,
risultano le diverse pagine, comprese alcune inedite,129 scritte e
pubblicate per quintetto di fiati. Tra questi, ricordiamo i giovanili
quintetti di Giorgio Federico Ghedini (Milano, Ricordi, 1992; I-Fn,
I-Mc, GB-Lbl) e di Ottorino Respighi (Bologna, Bongiovanni,
1986; I-FTamore), la deliziosa Petite offrande musicale di Nino
Rota (Paris, Leduc, 1955; I-Gl, I-PESc, I-SASc) e l’ottima Suite di
Tra queste, si ricordano Danzando con la fata, movimento di danza fantastica (1932) di
Mario Guarino (1900-1971), la Suite in tre tempi (1919) di Giulio Cesare Paribeni
(1881-1964), i Due pezzi (Notturno; Pastorale d’autunno) di Francesco Santoliquido
(1883-1971) e la Partita di Pietro Sassoli (1898-1946).
129
81
Ezio Carabella (Milano, Ricordi, 1935; I-Fn, I-Nc, I-Rama).
Tra le altre composizioni da camera con clarinetto, infine, si
segnalano la piacevole e neoclassica Sinfonia op. 53, per pianoforte,
clarinetto, tromba e violoncello (Milano, Carisch, 1933; I-Fn, IRama, I-SASc, GB-Lbl) e la splendida Serenata op. 46 per clarinetto,
fagotto, tromba, violino e violoncello di Alfredo Casella (Wien,
Universal Edition, 1928; I-PESc, I-Sac, I-SASc, GB-Lbl), il brillante
Concerto a cinque per flauto, oboe, clarinetto, fagotto e pianoforte
di Giorgio Federico Ghedini (Milano, Ricordi, 1937; I-Fn, I-Nc, IRama, GB-Lbl), la suggestiva e bucolica Scenetta pastorale per
flauto, oboe, clarinetto, fagotto e pianoforte di Achille Longo
(Napoli, Fratelli Curci, 1926, ristampa 1959; I-Fn, I-PESc) e la
neoclassica e brillante Sonatina per 2 clarinetti e pianoforte di Mario
Mascagni (Firenze, Mignani, 1933; I-Fn, I-Nc).
82
Appendice
PRIMI ESECUTORI DI BRANI SOLISTICI E DA CAMERA
Celleno, Giovanni: Valzer da Concerto per clarinetto e pianoforte
di Giulio Bonnard (Roma, 1938).
Del Pistoia, Paolo: Sonata per clarinetto e fagotto di Alfredo
Sangiorgi (Roma, 1935).
Gandini, Giacomo: Divertimento per clarinetto, fagotto, violino, viola e
violoncello di Vieri Tosatti (Roma, 1949).
Jucci, Lucio: Sonata op. 31 per clarinetto e pianoforte di Giacomo
Setaccioli (Roma, 1921); Suite per quintetto a fiati di Ezio
Carabella (Roma, 1935).
Miotto, Francesco: Trio (detto di “Fra’ Jacopino”) per flauto,
clarinetto e viola di Guido Turchi (Venezia, 1946).
Paone, Ulderico: Sonata op. 128 per clarinetto e pianoforte di
Mario Castelnuovo-Tedesco (in Europa: Trieste, 1952).
Picone, Arcangelo: Sonata per clarinetto e pianoforte di Luigi
Romaniello (Napoli, 1901).
Quantancarlo, Nicodemo: Notturno e Rondò per clarinetto e
pianoforte di Giulio Bonnard (Roma, 1938).
Savina, Leonardo: Concerto grosso per flauto, oboe, clarinetto,
fagotto, corno e archi di Giorgio Federico Ghedini (Torino,
Orchestra dell’EIAR, 1929).
Scotese, Attilio: Sonata in Re per clarinetto e pianoforte di Nino
Rota (Bari, 1945).
83
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87
INDICE DEI CLARINETTISTI CITATI
Abbà, Arturo (? - Roma, 1991), 52
Accinelli, Luigi, 57
Adang, Roberto, 44
Alberani, Alberto (Faenza, Ravenna, 1890 - Bologna, 1958), 44, 45, 51, 64
Alfieri, Afro (Parma, 1884 - ? ), 49, 51, 52, 56
Allard, Joseph (Lowell, U.S.A., 1910 - Bradford, U.S.A., 1991), 56
Amodio, Luigi (Bologna, 1902 - Milano, 1942), 18, 19, 32, 37, 41, 47, 50, 52,
56, 60, 63-65, 67, 69, 71, 74
Ansalone, Tommaso (Mercato San Severino, Salerno, 1907 - Torino, 1989), 73
Antonini, Ignazio, 44
Arnone, ?, 31
Artigas, Vincenzo, 50, 51
Artioli, Ugo, 67
Baccelli, Dante (Lucca, 1873 - ?, post. 1936), 44
Baermann, Heinrich Joseph (Potsdam, Germania, 1784 - Munich, Germania,
1847), 25, 27
Baermann, Carl (Munich, Germania, 1810 - ivi, 1885), 27, 69
Balbo, Mario (Vercelli, 1909 - ? ), 73
Barbera, Attilio (Alessandria d’Egitto, 1853 - Norfolk, U.S.A., 1923), 57
Basile, Armando (Canicattini Bagni, Siracusa, 1911- Torino, 1983), 57
Basile, Ottavio (?, 1915 - Roma, 2000), 28
Battaglia, Giuseppe, 49
Bellison, Simeon (Mosca, Russia, 1881 - New York, U.S.A., 1953), 56, 60
Bellone, Giovanni (Genova, XX sec.), 28, 44
Bellucci, Antonio (Pisa, 1857 - New York, U.S.A., 1916), 57, 60
Bendazzi, Ettore (Torino, 1881 - ?, U.S.A., post. 1958), 45, 49, 50, 57, 60, 64,
66
Bergonzini, Giuseppe, 28
Bergonzoni, Armando, 52
Biancani, Francesco Giuseppe (S. Agostino, Ferrara, 1825 - Bologna, 1909), 44
Bianchi, ?, 47
Bianchini, Agenore (Bastia Umbra, Perugia, 1854 - Perugia, 1904), 44
Bianchini, Bianco (Viterbo,1868 - Castel Guelfo, Bologna, 1940), 31, 32, 44, 74
Biava Ramponi, Pietro (Roma, 1902 - Barraquilla, Colombia, 1972), 32, 57
Bicchiere, Rocco (Napoli, 1887 - Bellmore, U.S.A., 1977), 34, 57
Bistrussu, A., 31
Blatt, Franz (Praga, Repubblica Ceca, 1793 - ivi, 1856), 27
Blonk-Steiner, Felice Umberto (Sermoneta, Latina, 1884 - Milano, 1934), 31, 44,
49, 51, 74
Bonacio, Bennie (Mineo, Catania, 1903 - Clearwater, U.S.A., 1974), 58
Bonsignori, Onello (Camerino, Macerata, 1906 - ?, post. 1945), 45
88
Bove, Salvatore, 57
Brigidi, Giovanni, 30
Brunoni, Eugenio (Riolo Terme, Ravenna, 1891 - Bolzano, 1958), 44, 52, 72
Budini, Paolo (Castèl Bolognese, Ravenna, 1912 - Milano, 2001), 37, 44, 52, 78
Calamia, Paolo (Palermo, 1911 - ?, post. 1955), 45, 52
Camozzo, (Gildo) Ermenegildo (Murano, Venezia, 1898 - ivi, 1964), 52
Campanella, Salvatore (Napoli, 1907 - Porto Alegre, Brasile, 1985), 57
Canale, Vincenzo, 52
Cancellieri, Luigi (Roma, 1895 - ?, U.S.A., 1959), 55, 56, 58, 60
Cappetti, Guglielmo (Arezzo, 1875 - Firenze, 1918), 39, 43, 44, 46, 64, 79
Capredoni, Arturo, 49, 51, 56
Caputo, Domenico (Fondi, Latina, 1885 - ?, U.S.A., 1947), 34, 58
Carcano, ?, 31
Carlini, Sesto (Roma, 1893 - ivi, 1958), 51, 73
Carpio, Ernesto (Frattamaggiore, Napoli, ? - ? ), 50
Cassani, Edgardo (Parma, 1868 - ivi, 1936), 45
Cattafesta, Giuseppe (Sustinente, Mantova, 1895 - Grado, Gorizia, 1976), 73
Cavallini, Ernesto (Milano, 1807 - ivi, 1874), 25-27, 30, 32, 62, 68
Celleno, Giovanni, 30, 83
Cesarone, Nicola (Cosalinontrada, Chieti, 1887 - ? ), 34
Chiaffarelli, Alberto C. (Prata Sannita, Caserta, 1884 - New York, U.S.A., 1945),
16, 58
Chiaffarelli, Angelo (Prata Sannita, Caserta, 1875- ?), 16, 58
Ciasullo Alfredo (Napoli, 1883 - ? ), 34, 57
Ciciotti, Andrea (Celano, L’Aquila, 1894 - Rochester, U.S.A., 1968), 11
Cicotti (Ciccotti), Armando (Bologna, 1867 - ivi, 1910), 45, 68
Cinquegrana, Angelo, 52
Cioffi, Gino B. (Napoli, 1911 - New York, U.S.A., 1992), 33, 34, 37, 58, 71,
74
Clini, Vittorio, 31, 45
Contarini, Leone (Ceregnano, Rovigo, ? - ? ), 52
Corti, Gustavo (Siderno, Reggio Calabria, 1883 - ? ), 34, 58
Cremaschi, Mario, 45
Crudeli, Egisto, 49
Dall’Argine, Priamo (Parma, 1846 - Milano, 1934), 9, 13, 17
D’Aniello, Arturo, 45
D’Arienzo, Giuseppe (Salerno, 1881 - Udine, 1935), 45
D’Attanasio, Costantino (Teramo, ? - Cesena, post. 1985), 45
D’Avino, Carlo, 46
De Bavier, Antoine (?, 1919 - ?, 2004), 41
De Bueris, (John) Giovanni (Castalante, 1881 - ? ), 34, 58
De Caprio, Angelo (Santa Maria Capua Vetere, Caserta, 1986ca. ? - ? ), 34, 35, 58
De Caprio, Domenico (Santa Maria Capua Vetere, Caserta, 1889 - Los Angeles,
U.S.A., 1959), 34, 35, 58
Decimo, Antonio (Napoli, 1878 - Philadelphia, U.S.A., 1936), 16, 58, 68
89
Del Bravo, Angiolo (San Miniato, Pisa, 1865 - ivi, 1919), 45, 64, 65, 75
Del Dobbio, Enrico (Lucca, 1883 - ?, post. 1934), 44
D’Elia, Giuseppe (Mirabella Eclano, Avellino, 1897 - Roma, 1958), 23, 26, 28,
70, 81
Della Giacoma, Carlo (Verona, 1858 - Todi, Perugia, 1929), 29, 36, 38-40, 46
Della Rocca, Antonio (Gallipoli, Lecce, 1911 - Tucumàn, Argentina, 2005), 32
Del Pistoia, Paolo (Rimini, 1907 - ? post. 1958), 16, 20, 70, 78, 79, 83
De Luca, Antonino (Caronia, Messina, 1904 - Roma, 1980), 28, 29, 46, 70
De Michele, Francesco (Montorio, 1893 - ? ), 19, 58
De Santis, Emidio (Introdacqua, L’Aquila, 1893 - Providence, U.S.A., 1983), 58
De Santis, Luigi (Napoli, 1893 - New York, U.S.A., 1940), 34, 35, 58
Di Dio, Giuseppe, 27, 46
Di Francesco, Pietro, 28, 52, 63
Di Zenzo, Enrico, 65
Domenichini, Natale (Cesena, 1896-97 - ivi, 1967), 57
Donatelli,Vincenzo (Matera, 1892 - ?, U.S.A., 1956), 35, 58
Dorsey, Jimmy (Shenandoah, U.S.A., 1904 - New York, U.S.A., 1957), 14, 17
Duques, Augustin (Tolosa, Francia, 1899 - New York, U.S.A., 1972), 56
Eruditi-Tosatti, Giuseppe (Mirandola, Modena, 1884 - ?, post. 1954), 44
Fabbri, ?, 65
Falcomer, Luigi (Portogruaro, Venezia, ? - ? ), 45, 70
Falcone, Nicola (Roseto Valfortore, Foggia, 1892 - Ann Arbor, U.S.A., 1981),
34, 58
Fallani, Bruno (Casellina di Scandicci, Firenze, 1908 - Firenze, 1992), 44
Felloni, Giuseppe, 31, 32, 45
Ferro, Luigi, 50
Fiorani, Angelo (Tarquinia, Viterbo, Roma, 1899 - ? ), 58
Fiore, Valentino (Frosinone, 1892 - ?, post. 1935), 45
Forbek, Guglielmo (Parma, 1847 - Brescia, 1926), 44
Forlani, Nicola (Casoli, Chieti, 1886 - ?, U.S.A., 1976), 58
Fragale, Francesco Domenico (Sciara, Palermo, 1894 - San Francisco, U.S.A.,
1955), 58
Franceschini, Augusto (? - Bologna, 1921), 61
Francescone, Umberto, 30
Franzini, Ernesto, 32
Freddi, Carlo, 52
Fusco, Michele (Cardito, Napoli, 1879 - ivi, post. 1946), 16, 58
Gabucci, Agostino (Castelfranco di Sottoripa, Pisa, 1896 - Roma, 1976), 17, 23,
26-29, 31, 39-41, 43, 44, 46, 51, 63-65, 67, 72, 80
Gagna, Pietro (? - ?, 1932ca.), 27, 46
Gallina, Giuseppe, 45
Gambacurta, Fernando (Terracina, Latina, 1899 - Roma, 1973), 16, 23, 28, 37,
45, 50, 52, 72, 75
Gambaro, Giovanni Battista (Genova, 1780ca. - 1850), 26, 27
Gambaro, Vincenzo (Genova, 1785 - Parigi, Francia, 1828), 26, 27
90
Gandini, Giacomo (Grantola, Varese, 1912 - ? ), 41, 52, 67, 83
Gandolfi, Arrigo, 31
Garzia, Vincenzo (Paceco, Trapani, 1882 - ? ), 58
Gehrhardt, J., 61
Gentile, Pirro, 58
Giammatteo, Antonio (Alife, Caserta, 1872 - New York, U.S.A., 1970), 68, 70
Giammatteo, Arturo, 45
Giampieri, Alamiro (San Giovanni Valdarno, Firenze, 1893 - Genova, 1963), 9,
11, 12, 19, 26-28, 30, 36, 37, 39, 42-44, 46, 51, 70, 75, 78-80
Gigliotti, Giuseppe (Decollatura, Catanzaro, 1894 - ?, U.S.A., 1978), 34, 59
Giliberti, Antonio (San Michele di Serino, Avellino, 1910 - Santa Fè, Argentina,
1993), 32, 57
Giorgi, Giorgio, 52
Gonizzi, Ferruccio (Parma, 1906 - ivi, 1985), 39, 44, 45, 64
Goodman, Benny (Chicago, U.S.A., 1909 - New York, U.S.A., 1986), 14, 17, 73
Hamelin, Gastone (Saint-Georges, Francia, 1884 - Parigi, Francia, 1951), 61
Herman, Woody (Milwaukee, U.S.A., 1913 - Los Angeles, U.S.A., 1987), 14, 17
Iannaccone, Ciro (Foggia, 1885 - ?, U.S.A., 1945), 59
Iardella, Felice (?, Italia, 1854 - Phoebus, U.S.A., 1927), 68
Imbriani, Giovanni Battista (Trepuzzi, Lecce, 1904 - Priverno, Latina, 1998), 31,
39, 50
Jeanjean, Paul (Montprllier, Francia, 1874 - Beausoleil, Francia, 1928), 23
Jermanni (Germanio), Antonio (Napoli, 1894 - Frigento, Avellino, 1938), 28
Jucci, Lucio (Poggio Mirteto, Rieti, 1892 - Pesaro, 1974), 45, 52, 63-65, 67, 75,
83
Klosé, Hyacinthe Eléonore (Corfù, Grecia, 1808 - Parigi, Francia, 1880), 28
Labanchi, Gaetano (Palermo, 1829 - Napoli, 1908), 26, 28, 43, 44
Lavecchia, Ruggiero, 32
Lazzeri, Luigi, 45
Lefevre, Jean Xavier (Losanna, Svizzera, 1763 - Parigi, Francia, 1829), 27
Lelli, Ambrogio (Argelato, Bologna, 1877 - ?, post. 1956), 31, 44
Leonesi, Giuseppe (Cento, Ferrara,1833 - Brescia, 1901), 19, 38
Licalsi, N., 59
Lieto, Francesco (Gaeta, Latina, 1880 - ? ), 34
Lizio, Giuseppe (S. Lorenzo in Campo, Pesaro, 1881 - Cagliari, 1932), 31, 44
Lombardo, Francesco Paolo, 44
Longoni, Guido, 52
Lopes, Antonio (Napoli, 1849 - ?, post. 1905), 45
Luberti, Carlo (Roma, 1885 - ?, post. 1955), 26, 30, 45, 49, 67, 72
Luconi, Alberto (Valmontone, Roma,1893 - ?, Italia, 1984), 30, 34, 56, 59
Lugatti, Ermenegildo, 51
Maestri, (Teobaldo) Baldo (Roma, 1923 - ivi, 1991), 73
Magnani, Aurelio (Longiano, Forlì, 1856 - Roma, 1921), 13, 16, 23, 25-27, 29,
30, 35, 39, 41, 42, 45, 46, 61, 64, 66, 75
Mancini, Francesco (Serramonesca, Pescara, 1886 - Modesto, U.S.A., 1964), 34,
91
59
Mandolin, Vittorio, 52
Mantovani, Marino, 31
Maramotti, Raimondo (Parigi, Francia, 1906 - Piacenza, 1991), 32, 44, 45, 62,
67, 72
Marasco, Giuseppe (Vibo Valentia, 1860 - Venezia, 1930), 25, 26, 28, 45, 65
Marcantoni, Manlio (Montegiorgio, Ascoli Piceno, 1886 - Roma, post. 1947),
49, 51, 71
Mari, Alfredo, 52
Mari, Domenico ( Montoro Inferiore, Avellino, 1851 - Torino, 1909), 45
Mari, Pietro (Milano, ? - ?, post. 1913), 45, 49, 52
Mariani, Peppino (Cesena, 1923 - Torino, 2009), 52
Marranti, Antonio ( ?, Italia, 1877 - Buenos Aires, Argentina, 1959), 57, 70
Martinelli, Giovanni (Montagnana, Padova, 1885 - New York, U.S.A., 1969), 71
Masella, Francesco (Ischitella, Foggia, 1897 - Montréal, Canada, 1979), 57
Massara, Pietro (Ivrea, 1893 - ? ), 70
Massari, Giuseppe, 44
Mastelli, Bruto (Ficarolo, Rovigo, 1878 - Lugano, Svizzera, 1962), 51, 57
Mastrangelo, Nicola, 34
Matteuzzi, Giuseppe, 32
Mazza, Egizio, 45
Mazzocca, Giulio (?, Italia, 1900 - Union City, U.S.A., 1966), 59
Mazzoleni, Antonio, 45
Mengassini, Osvaldo (Ancona, 1913 - ?, post. 1973 ), 34, 44, 52, 57, 67
Micalizzi, Carmelo (Palermo, ? - ?, post. 1911), 45
Micol, Pietro (Trieste, 1909 - ? ), 45
Micozzi, Antonio (Roma, 1886 - Napoli, 1948), 9, 14, 26, 27, 44, 45, 52, 61,
67
Miluccio, Giacomo (Villaricca, Napoli, 1918 - Napoli, 1998), 29, 50
Miotto, Francesco (Loréo, Rovigo, 1888 - Venezia, 1970), 45, 49, 52, 62, 65, 67
Modoni, (Antonio) Augusto (Medicina, Bologna, ? - ivi, 1939), 29, 51
Morea, Vito (Noci, Bari, 1897 - Roma, 1947), 73
Moretti, Giuseppe, 32, 69
Moscardini, Orazio, 52
Moschettino, Gaetano, 52
Müller, Iwan (Reval, Estonia, 1786 - Bückeburg, Germania, 1854), 9, 11, 16, 18,
28, 36
Murgia, Giuseppe, 31
Negri, Enrico, 45
Negri, Ettore, 44
Nirella, Salvatore (Castel’Umberto, Messina, 1873 - Pittsburg, U.S.A., 1915), 59
Nobile, (Louis) Luigi E. (Montepagano, Teramo, 1881 - ? ), 59
Nocentini, Domenico (Laterina, Arezzo, 1849 - Firenze, 1924), 28, 44
Norrito, Giuseppe (Mazara del Vallo, Trapani, 1860 - ?, post. 1922), 16, 59, 68
Novi, Giovanni, 31
92
Orsi, Romeo (Como, 1843 - Milano, 1918), 9, 16-18, 36, 44, 46
Orsomando, Giovanni (Casapulla, Caserta, 1895 - Roma, 1988), 79
Pace, Temistocle (Pratola Peligna, L’Aquila, 1898 - Firenze, 1943), 13, 14, 17,
26, 27, 29, 37, 38, 40, 42, 44, 52, 63, 66, 67, 70, 72, 78
Paladino, Federico, 10
Pantaleo, Luigi, 35
Paone, Ulderico (Acerra, Napoli, 1922 - Roma, 2000), 29, 44, 50, 52, 65, 72,
80, 83
Peri, Filiberto (Pianello Val Tidone, Piacenza, 1864 - ?, post. 1940), 45
Perilli, Ulderico (Véroli, Frosinone, 1873 - ivi, 1955), 19, 31, 45, 48, 49, 56, 65,
75, 76
Pettinari, Guido (Roma, ? - ? ), 59
Pettine, Giuseppe (Isernia, 1876 - Providence, U.S.A., 1966), 35
Picchi, Archimede (Lucca, 1850 - ivi, 1907), 44
Picone, Arcangelo (Cardito, Napoli, 1863 - ivi, 1933), 31, 44, 49, 50, 64, 83
Pitzianti, Francesco (Cagliari, 1902 - ? ), 23, 31, 45, 72
Pizziconi, Piero (Milano, 1905 - ivi, 1963), 73
Pollini, Enea, 64
Pomarico, Cosimo (Oria, Brindisi,1921 - ivi, 1990), 37
Poto, Attilio (Boston, U.S.A., 1915 - ivi, 2003), 56
Pozzi, Dino, 52
Pozzi, Virginio, 43, 46
Prisco, Ariosto (Salerno, 1912 - Milano, 1990), 44
Pupeschi, Pupo (Marti, Pisa, 1859 - Firenze, 1932), 9, 11, 13, 16, 18, 20
Quandancarlo, Nicodemo, 31
Quaranta, Romolo, 11, 16, 19, 49, 68
Raimondi, Antonio (Montorio nei Frentani, Campobasso, 1885 - Los Angeles,
U.S.A., post. 1961), 34, 49, 59
Rizza, Piero (Genova, 1907 - Torino, ? ), 73
Rocchi, Guido (Fontanellato, Parma, 1865 - ? ), 32, 34
Rocereto, Mario S. (Formicola, Caserta, 1863 - Pittsburgh, U.S.A., 1957), 34
Romani, Mario (Saludeccio, Forlì, 1892 - Torino, 1962), 44, 51, 64, 75
Romano, Giulio (Napoli, 1882 - Afragola, Napoli, 1962), 32, 57
Rossi, Filottino, 31
Saccone, Giuseppe, 44
Salieri, Girolamo (Legnago, Verona, 1794 - Padova, 1864), 62
Sarli, Antonio, 16, 59
Sarno, Antonio, 44
Sarri, Corrado, 52
Satta, Vincenzo, 49
Savina, Leonardo (Torino, 1889 - ivi, 1974), 27, 29, 30, 42, 43, 45, 49, 51, 52,
62, 64-66, 76, 83
Savoia, Sebastiano, 52
Scarpa, Ermelindo (Salento, Salerno, 1878 - Philadelphia, U.S.A., 1941), 59
Schiani, Luigi, 41
93
Scialino (Scarlino), Edgardo, 45
Scotese, Attilio Torquato (Montemilone, Potenza, 1899 - Bari, 1988), 31, 44,
65, 83
Sebastiani, Ferdinando (Capua, Caserta, 1803 - Napoli, 1860), 62
Serpentini, (Jules) Giulio (?, 1897 - Philadelphia, U.S.A., 1982), 59
Settimi, Aldo (Teramo, 1910 - Chieti, 1990), 37
Seveso, Ferdinando (Como, 1869 - ?, post. 1906), 51
Sfolcini, Natale, 32
Shaw, Artie (New York, U.S.A., 1910 - Los Angeles, U.S.A., 2004), 74
Sigismondi, (Albert) Alberto, 59
Sigismondi, Francesco, 30, 52, 56
Siniscalchi, Giuseppe (Salerno, 1882 - Chicago, U.S.A., 1950), 59
Spadea, Vincenzo (Gasperina, Catanzaro, 1883 - Lancaster, U.S.A., 1976), 18,
29, 34, 35
Sparano, Gennaro (?, 1894 - ?, 1984), 32
Stark, Robert (Klingenthal, Germania, 1847 - Würzburg, Germania, 1922), 23,
25
Stefani, Umberto, 52
Talamini, Angelo, 52
Tarantola, Pietro (Camporeale, Trapani, 1895 - ? ), 34
Tempesta, Giuseppe, 49, 57
Tissoni, Francesco, 31
Torchio, Baldassarre, 44
Tosé, Gabriele (Berlino, Germania, 1907 - Long Beach, U.S.A., 1984), 16, 59
Trovato, Valentino (Napoli, 1872 - ? ), 59
Ufirini, Paolo, 52, 72
Valentini, Pasquale (Soriano Calabro, Vibo Valentia, 1910 - ?, post. 1958), 27,
38, 40, 46
Vannini, Augusto (Firenze, 1869 - Boston, U.S.A., 1932), 34, 59, 70
Villani, Achille (Torino, 1875 - New Jersey, U.S.A., ? ), 59
Virgili, Mario, 52
Volontè, Eraldo (Milano, 1918 - ivi, 2003), 73
Volpe Gennaro (Napoli, 1880 - New York, U.S.A., 1957), 35, 59
Zannini, Nicola (?, Italia, 1883 - San Francisco, U.S.A., 1960), 59
Zanon, Renato, 45, 64
Zavaldi, Giovanni, 9, 16, 18
Zottarelle, (Mike) Rocco M. (?, 1889 - Saint Louis, U.S.A., 1983), 16, 34, 59
94
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