N° 1 – Settembre 2003 CRAB Bollettino di agricoltura biologica A cura del CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica NUMERO 1 Settembre 2003 CRAB Scuola Malva Arnaldi Bollettino di agricoltura biologica A cura del CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica NUMERO 1 Settembre 2003 CRAB Scuola Malva Arnaldi Bollettino di agricoltura biologica A cura del CRAB N. 1 – Settembre 2003 Centro di Riferimento per l’agricoltura biologica (C.R.A.B.) Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) Servizio Agricoltura della Provincia di Torino Corso Stati Uniti, 1 – Torino – Dirigente: Antonio Parrini Scuola Malva-Arnaldi Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) – Presidente: Dario Martina Coordinamento editoriale a cura di Annalisa Turchi e Patrizia Zaccara Coordinamento scientifico a cura di Massimo Pinna Foto di Massimo Pinna eccetto quelle delle pagg. 24, 25, 28, 53, 61 e 77 di Giulio Re, di pag. 96 di Giuseppe Zeppa e delle pagg. 89, 90 e 91 del CRAB Progetto grafico e realizzazione: EICON snc – Torino Stampa: AGES Arti Grafiche – Torino Finito di stampare: Settembre 2003 Il contenuto della presente pubblicazione è riproducibile citando la fonte. Si ringraziano tutte le aziende agricole e i mulini che con entusiasmo e disponibilità hanno attivamente collaborato alla realizzazione delle sperimentazioni, i tecnici delle Comunità Montane e delle Organizzazioni professionali di categoria per la preziosa collaborazione, le Ditte produttrici, che hanno fornito i mezzi tecnici per la realizzazione delle prove ed il prof. Paolo Navone per la disponibilità offerta. Un ringraziamento particolare va al Settore Fitosanitario della Regione Piemonte. Indice Presentazioni .......................................................................................................... pag. 4 Agricoltura biologica: un gioco di ruoli .......................................................... pag. 8 Colture frutticole Indagini territoriali Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo, Patrizia Zaccara, Rosemarie Tedeschi, Sergio Gallo Monitoraggio dei meleti del Canavese colpiti da fitoplasmi agenti causali di AP (Apple Proliferation) ................................................................................................ pag. 9 Strategie di difesa Giulio Re, Dario Possetto, Alba Cotroneo Strategie di difesa dalle principali avversità fungine del melo: valutazione dell’efficacia di prodotti rameici e polisolfuro di calcio su “Pink Lady”, cv di recente introduzione ........ pag. 21 Gestione del suolo e della fertilità Giulio Re, Dario Possetto, Paolo Balsari, Aldo Ferrero, Francesco Vidotto Gestione del terreno in frutteti a produzione biologica .................................................. pag. 31 Ursula Gamba, Massimo Pinna, Sandra Spagnolo, Dario Possetto, Giancarlo Bourlot Verifica di diverse strategie di fertirrigazione biologica sulla cultivar Pink Lady ............ pag. 47 Colture orticole Indagini territoriali ed agronomiche Giulio Re, Dario Possetto, Silvana Nicola, Jeanet Hoeberechts, Emanuela Fontana, Daniela Saglietti, Giuseppe Piovano, Giuseppe Zeppa, Luca Rolle La coltivazione della patata nelle aree montane: verifica dell’applicabilità delle tecniche di produzione biologiche e individuazione delle migliori varietà con particolare riferimento ai parametri qualitativi .................................................... pag. 51 Strategie di difesa Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo, Giuseppe Nervo Verifica della tecnica dell’undersowing per il contenimento delle infestazioni di origine animale su colture di cavolo........................................................................ pag. 65 Cerealicoltura Indagini territoriali ed agronomiche Aldo Ferrero, Francesco Vidotto, Giulio Re Valutazione di tecniche per la produzione biologica del riso............................................ pag. 75 Sandra Spagnolo, Massimo Pinna, Ursula Gamba, Patrizia Zaccara, Dario Possetto, Paolo Valoti Valutazione di ecotipi piemontesi di mais da polenta in coltivazione biologica .................. pag. 81 Giuseppe Zeppa, Luca Rolle Studio per la caratterizzazione sensoriale del mais autoctono piemontese .......................... pag. 93 Presentazioni S i inaugura con questa pubblicazione una collana divulgativa dedicata alle sperimentazioni nel campo dell’agricoltura biologica. Questo primo numero raccoglie i risultati delle sperimentazioni condotte dal Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica (C.R.A.B.) nel corso del 2002, grazie alla collaborazione offerta da molti operatori del settore ed ai contributi finanziari che la Regione Piemonte e la Provincia di Torino hanno messo a disposizione. Le attività su cui ci si è concentrati in questo primo anno sono molte e variegate, avendo riguardato le colture frutticole, orticole e cerealicole. Ci auguriamo che gli addetti ai lavori e non solo loro, trovino in esse motivi di interesse e di utilità e che la divulgazione dei risultati, oltre ad incentivare il passaggio al metodo di coltivazione biologico, sia di stimolo per tecnici ed imprenditori che desiderino inserirsi nelle sperimentazioni in azienda o vogliano fornire consigli e suggerimenti per migliorarle ed arricchirle. Il bollettino infatti vuole essere uno degli strumenti che il C.R.A.B. utilizzerà per svolgere il ruolo di collegamento tra la domanda espressa dal settore del biologico e le risposte che il mondo scientifico è in grado di fornire. Auspicando una proficua collaborazione, auguriamo buona lettura. Il Dirigente del Servizio Agricoltura della Provincia di Torino Il Presidente della Scuola Malva-Arnaldi di Bibiana Antonio Parrini Dario Martina 4 biologica è una risposta alla massificazione delle produzioni e all’industrializ’ agricoltura L zazione delle tecniche che hanno investito parte dell’agricoltura convenzionale. Una massificazione che dipende dalle modifiche profonde intervenute nelle filiere agro alimentari, col prevalere dell’industria alimentare – investita da processi di concentrazione – e della grande distribuzione organizzata, che richiedono prodotti omogenei e standardizzati. A questi fenomeni, di scala planetaria, in Europa si sono sommati agli effetti specifici della PAC, che era impostata, com’è noto, sul sostegno dei prezzi e sull’isolamento dei mercati agricoli europei da quelli del resto del mondo. Di conseguenza i prezzi non svolgevano più il loro ruolo di regolazione della domanda e dell’offerta, e diveniva incontenibile l’orientamento alle massime rese unitarie col supporto di innovazioni tecnologiche biologiche, chimiche, genetiche, meccaniche, impiantistiche, agronomiche e zootecniche. Sono ben noti gli effetti contraddittori che tale politica ha prodotto. Tra gli altri, quello più sconcertante è la contemporanea convivenza di modelli agro zootecnici orientati a raggiungere traguardi produttivi sempre più alti, talora addirittura senza curarsi delle ricadute negative sull’ambiente; e la crescita preoccupante di eccedenze di offerta, avvertite dal grande pubblico soprattutto quando assiste all’intollerabile spettacolo della loro distruzione. All’origine, la fine degli anni ottanta, l’agricoltura biologica ha trovato le sue ragioni profonde nel rifiuto di quelle innovazioni tecnologiche che distinguevano il modello allora dominante di agricoltura convenzionale e nella ricerca di una nuova e diversa relazione fra uomo e natura. Kaltoft (2001)1, autore di una ricerca sui rapporti fra agricoltori biologici e convenzionali, l’ha definita “pre moderna”. Per inciso si può osservare che il rifiuto dello strumento tecnico, senza incidere sulle ragioni che ne giustificano l’impiego, è un modo parziale di affrontare il problema. Le cose sono molto più complicate se si cerca di incidere sulle cause profonde: le politiche economiche e commerciali, l’evoluzione dei mercati, i modelli sociali e di consumo. Sono ben note le difficoltà che incontra la riforma della PAC, basata proprio sul graduale e progressivo abbandono del sostegno dei prezzi e sulla sua sostituzione con forme di aiuto diretto al reddito, nel rispetto di vincoli ambientali. Ma dal successo di riforme come queste dipenderà la definiva sconfitta di quei modelli agricoli e zootecnici talmente iperproduttivi da tradire la missione profonda dell’agricoltura, che Hausmann (1964, pag. 566), già quarant’anni fa, definiva come “la convivenza non dannosa dell’uomo col terreno” basata su “norme pregiudiziali che mirano alla conservazione della fertilità del suolo”2. Dunque l’agricoltura biologica è nata per reazione, e in aperta contrapposizione, con i modelli di agricoltura convenzionale di successo. Essa è sostanzialmente una scommessa, quella di produrre senza l’ausilio di alcuni presidi fitosanitari, di concimi di sintesi, di organismi OGM, dell’uso dell’embriotransfert. Ma intercettava anche una domanda di nuovo tipo, espressa da quei consumatori che avvertivano un crescente fastidio nei confronti di alimenti ottenuti con poco rispetto dell’ambiente e con tecniche industriali. Era una domanda ricca e di pochi, disposta a pagare un maggiore prezzo per avere beni ottenuti in modo “più naturale”. Ma era il segnale dell’inizio di una trasformazione culturale di ampiezza ben più vasta, che assegna alla ruralità e alla tradizione notevoli valori simbolici e che si accompagna a nuovi e sempre più diffusi stili di consumo. 1 2 Kaltoft P. (2001): Organic Farmingin Late Modernity: At the Frontier of Modernity or Opposing Modernity?, Sociologia Ruralis, XLI, n. 1. Hausmann G. (1964): La terra e l’uomo, Paolo Boringhieri, Torino. 5 In questi ultimi anni l’espansione della domanda di prodotti biologici è stata così intensa da interessare la grande distribuzione organizzata. Di conseguenza il biologico è sempre meno un mercato di nicchia e si apre al largo consumo. A parere di molti Autori (Grando, 2001)3, proprio questo fenomeno rappresenta il maggiore motivo di trasformazione che investe oggi l’agricoltura biologica europea. Essa registra non soltanto una forte crescita quantitativa4 ma anche una profonda evoluzione nella natura e negli obiettivi dei consumatori, dei distributori, dei produttori5. In particolare, le motivazioni di questi ultimi sono ora meno ideologiche e più razionali, con un preciso riferimento alle esigenze di mercato e nella consapevolezza del proprio ruolo nel dare una risposta ai problemi dell’inquinamento. Kaltoft (cit.) definisce “moderna” questa nuova agricoltura biologica . Il carattere differenziale fondamentale fra i prodotti biologici e gli altri è costituito dalle tecniche impiegate per ottenerli. In particolare, i primi rispettano regole di coltivazione e di allevamento dettate, con qualche inevitabile vaghezza, dai Regolamenti comunitari. Pertanto è essenziale il controllo della piena applicazione delle regole, con il corredo forse inevitabile di una certa quantità di adempimenti burocratici. Dunque, la messa a punto di precisi protocolli di coltivazione o di allevamento nelle diverse circostanze territoriali è essenziale sia per orientare i produttori che adottano i metodi dell’agricoltura biologica, sia, per i controllori. Per farlo, occorrono risultati sperimentali. Infatti, le tecniche di produzione della moderna agricoltura biologica richiedono innovazioni tecnologiche specifiche che talora, ma solo apparentemente, si ispirano alle tecniche del passato. D’altro canto queste sarebbero inapplicabili, essendo completamente mutate le condizioni sociali, economiche e politiche. Si pensi soltanto al rapporto lavoro/capitali nell’agricoltura tradizionale. Lo studio di alcune fra tali innovazioni, e la verifica di qualche protocollo di coltivazione, sono gli obiettivi delle ricerche presentate in questo volume. Esse riguardano coltivazioni frutticole (il melo), due colture orticole (patata di montagna e cavolo), due colture cerealicole (riso e mais). Tre sperimentazioni, naturalmente relative a colture erbacee, indagano l’intero ciclo produttivo. Purtroppo nessuna ricerca mette a confronto le tecniche biologiche con quelle convenzionali corrispondenti e questo è un peccato perché le differenze sarebbero state interessanti, soprattutto in termine di costi unitari e di impiego di lavoro umano. D’altro canto tutte le prove si sono svolte in aziende biologiche, nelle quali è impossibile sviluppare tecniche anche convenzionali. I risultati evidenziano successi e insuccessi. Nella maggior parte dei casi le tecniche studiate hanno risposto alle attese. Si sono raggiunti i risultati desiderati nei diversi modi di diserbare e di concimare il meleto, nella coltivazione delle patate di montagna, nel ridurre l’attacco di uno dei lepidotteri che aggrediscono le colture di cavolo e nella coltivazione di varietà diverse di mais nostrani. Da sottolineare, in questo ultimo caso, la puntualizzazione circa l’esigenza di una certa “rusticità” nelle varietà coltivate con metodi biologici. Le tecniche adottate per la difesa contro la ticchiolatura del melo hanno contenuto il patogeno ma con un rilevante peggioramento estetico dei frutti. Peraltro, un recente lavoro di Banks e Marsden (2001)6 dimostra che i consumatori di prodotti biologici e convenzionali esprimono criteri di qualità diversi, a iniziare dal giudizio sul loro aspetto fisico. 3 4 5 Grando S. (2001): Contributi socio-economici per lo studio dell’evoluzione dell’agricoltura biologica nei paesi occidentali, Rivista di Economia Agraria, LVI, n. 4. In Italia i produttori biologici sono saliti dai 2.500 del 1992 ai 56.500 del 2001, occupando circa l’8% della SAU nazionale Vi sarebbe poi anche un’agricoltura biologica “post moderna” motivata dal rifiuto della standardizzazione, implicita nella società di massa e conseguente alla dissoluzione delle classi sociali e all’affermazione dell’individualismo. 6 Trattandosi di prove svolte in campo, i risultati sono stati fortemente condizionati dall’andamento climatico – nell’anno di riferimento particolarmente piovoso – tanto che in un caso, quello della coltivazione biologica del riso, si è giunti addirittura a sospendere i rilievi a causa dello sviluppo incontrollabile delle malerbe. È in ogni caso previsto che le ricerche durino più anni e poiché nessuna è ancora giunta alla conclusione tutti i risultati ottenuti sono ancora parziali. La natura delle prove svolte, i loro finanziatori soltanto pubblici (Regione Piemonte, Provincia di Torino, alcune Comunità Montane), la provenienza egualmente pubblica dei ricercatori impegnati, le sedi coinvolte (l’azienda La Malva e un certo numero di aziende biologiche private), la finalizzazione direttamente applicativa, sono aspetti tutti coerenti col modello di produzione e di diffusione delle conoscenze tipico dell’agricoltura biologica e che Morgan e Murdoch (2000)7 riconducono allo schema di “network orizzontale”. Si tratta di una delle differenze fondamentali fra l’agricoltura biologica e quella convenzionale. Quest’ultima, infatti, produce e diffonde conoscenze prevalentemente entro uno schema di “network verticale”, in cui prevalgono gli attori più potenti della filiera agro alimentare, che indirizzano l’innovazione tecnologica verso l’omologazione delle produzioni, l’aumento delle rese e la crescita della produttività dei fattori. “Questo processo ha spiazzato le conoscenze tradizionali degli agricoltori riguardo a pratiche come la rotazione delle colture, l’aratura, la diversificazione produttiva, la conduzione aziendale” (Grando, cit., pag. 702). Viceversa, quando la produzione di conoscenze avviene nell’ambito di un “network orizzontale”, caratterizzato dalle integrazioni all’interno di ciascun segmento della filiera, nessun attore domina sugli altri, si creano forme di collaborazione e processi interattivi, sono valorizzate le competenze e le esperienze individuali. Ne consegue che nella produzione e diffusione delle conoscenze crescono sia l’autonomia degli agricoltori, sia l’attenzione verso le tradizioni, il clima e l’ambiente locale. A ben vedere, proprio per queste peculiari origini le innovazioni studiate per l’agricoltura biologica possono acquisire un significato più ampio, e diventare interessanti anche nella prospettiva di una loro trasferibilità, parziale o totale. La realtà è più complessa degli schemi adottati per descriverla. Questo vale anche nei rapporti fra agricoltura biologica e convenzionale, presentati normalmente in termini di contrapposizione ma che possono facilmente comprendere reciproci scambi di conoscenze e di valori. Un’evoluzione in questo senso sarebbe desiderabile, non soltanto perché molti modelli di agricoltura convenzionale sono sicuramente eco compatibili ma, soprattutto, perché nella Terra c’è bisogno di un forte aumento della produzione agricola, sia pure ottenuto in condizioni di sostenibilità certa. Norman Borlaug, agronomo e premio Nobel per la pace, ha ricordato ancora recentemente8 che occorrerà addirittura raddoppiare la produzione alimentare mondiale nei prossimi decenni se si vorrà eradicare la fame dal mondo. Per tentare di raggiungere un così ambizioso obiettivo si dovranno costruire nuovi strumenti politici, finanziari e tecnologici, e le innovazioni che oggi l’agricoltura biologica rifiuta, ripulite degli eccessi, saranno necessarie. Non è neppure il caso di ricordare che la domanda a cui si riferisce Borlaug è molto diversa da quella, appagata, che si rivolge ai beni biologici. Il Preside della Facoltà di Agraria Università di Torino Prof. Bruno Giau 6 7 8 Banks J. – Marsden T.K. (2001): The Nature of Rural Development: The Organic Potential, Journal of Environmental Policy and Planning, III, n. 2. Morgan K. – Murdoch J. (2000): Organic vs conventional agriculture: Know-ledge, power and innovatio in the food chain, Geoforum, XXXI, Pergamon. Borlaug N. (2003): Relazione al Congresso: In the walche of the double helix: from the green to the gene revolution, Università di Bologna. 7 Agricoltura biologica: un gioco di ruoli R ecentemente, ho avuto modo di compiere un viaggio in uno dei Paesi che entreranno prossimamente nell’Unione Europea. La mia trasferta faceva parte di un programma Fahre per la diffusione e l’ordinamento dell’agricoltura biologica in quel Paese. Durante il volo di rientro in Italia, ripensando all’esperienza avuta, spiccava tra i ricordi la diffidenza verso questo metodo, espressami da alcuni professori conosciuti nei miei giorni di permanenza. I loro dubbi, sinceri e sicuramente esenti da malafede, erano dettati da una profonda serietà professionale e, probabilmente, da anni spesi nella ricerca e nella sperimentazione in agricoltura convenzionale. Come si potevano spiegare le apparenti contraddizioni insite nei fondamenti dell’agricoltura biologica? Alla base di questa c’è la tutela e lo sfruttamento corretto della biodiversità, eppure alcune strategie per il controllo delle piante infestanti prevedono anche tecniche distruttive come il pirodiserbo e quindi l’impoverimento dell’agroecosistema. È meglio “sopportare” gli afidi all’interno di un meleto o tentare di distruggere le piante ospiti secondarie riducendo in tal modo la diversificazione ambientale? Credo che alla base di queste domande e di questi dubbi legittimi, vi fosse in realtà una inconsapevole strutturazione mentale, allenata per anni nel settore dell’agricoltura convenzionale. Noi tutti, ricercatori, tecnici, agricoltori e consumatori, siamo stati per troppo tempo abituati ad una classificazione delle colture e delle tecniche necessarie per la loro buona riuscita, schematica e molto riduttiva. Gli insetti si suddividevano tra utili, dannosi ed indifferenti, quasi a voler rappresentare per questi ultimi, un’apparente neutralità nella guerra dell’uomo agricoltore verso i nemici delle sue colture. Le essenze vegetali, invece, erano considerate “specie d’interesse agrario”, specie spontanee o erbe infestanti. La chimica, oltre ad impoverire gli ambienti naturali, ha impigrito il nostro desiderio di conoscenza della natura e sclerotizzato la nostra duttilità mentale. L’agricoltura biologica presuppone invece una notevole elasticità del pensiero di chi opera per essa ed il considerare l’agroecosistema come un grande gioco di ruolo; in questo role game, accanto agli organismi sicuramente minacciosi per le specie buone, esistono una serie di ruoli intermedi che vengono giocati di volta in volta da soggetti diversi o addirittura dai medesimi soggetti che, a seconda della situazione, assumono vesti diverse; in relazione all’epoca ed al contesto, una specie erbacea può giocare il suo ruolo come infestante o come area di rifugio per insetti utili; altri organismi possono risultare indifferenti ma anche concorrenziali verso ospiti indesiderati per l’occupazione dello spazio o per la disponibilità di sostanze nutritive. Il compito di ricercatori, tecnici ed agricoltori che operano in agricoltura biologica è quindi proprio quello di individuare e sfruttare i diversi ruoli rivestiti dai protagonisti di questo gioco, con intuizione, elasticità mentale e soprattutto capacità di… mettersi in gioco a loro volta. Massimo Pinna 8 Monitoraggio dei meleti del Canavese colpiti da fitoplasmi agenti causali di AP (Apple Proliferation) (1) Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo, Patrizia Zaccara(*) – Rosemarie Tedeschi(**) – Sergio Gallo(***) Introduzione Cenni Storici Gli scopazzi del melo (apple proliferation) sono considerati tra le più gravi malattie di questa pomacea; sono causati da un fitoplasma (AP) in stretta relazione filogenetica con gli agenti dei giallumi delle drupacee, della moria del pero e della leptonecrosi del susino. La malattia è stata descritta per la prima volta in Italia nel 1950, in Veneto e in Trentino. In Piemonte, l’Alto Canavese rappresenta il focolaio storico della malattia. Negli ultimi cinque anni, numerose segnalazioni di tecnici ed agricoltori hanno tuttavia evidenziato l’estensione della fitopatia al di fuori degli areali di origine ed anche in provincia di Cuneo. Fig.1 - Emissione incontrollata di germogli Secondo molti ricercatori è da escludere la trasmissione della malattia tramite ferite o tagli di potatura. C. costalis e C. melanoneura sono state ritrovate sulle seguenti piante ospiti: Taxus baccata, Crataegus oxyacantha, C. monogyna, Pyrus communis, Malus domestica (Culatti). In Piemonte sono frequenti i reperimenti di C. melanoneura mentre non è ancora stata accertata la presenza di C. costalis (Alma, 2000). Modalità di trasmissione dell’AP Il fitoplasma può essere trasmesso attraverso materiale di propagazione infetto (innesto), anastomosi radicale e tramite punture di suzione di insetti vettori appartenenti all’ordine dei Rincoti. I vettori dell’AP accertati in Italia sono le psille Cacopsylla costalis (Flor) e Cacopsylla melanoneura (Förster). (1) Lavoro eseguito con il contributo della Regione Piemonte e della Provincia di Torino. (*) (**) (***) CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica-Provincia di Torino – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO) Di.Va.P.R.A. Settore Entomologia e Zoologia applicata all’Ambiente “Carlo Vidano” Facoltà di Agraria Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO) Settore Fitosanitario Regione Piemonte – Via Livorno, 60 – 10147 Torino 9 Biologia di C. melanoneura Tecniche di contenimento C. melanoneura compie una generazione all’anno con svernamento allo stadio di adulto. A fine gennaio gli adulti svernanti iniziano a colonizzare il melo raggiungendo un picco intorno alla metà di marzo. In aprile compaiono i giovani, i primi adulti sfarfallano verso la fine del mese. Essi tendono ad abbandonare rapidamente i meli per spostarsi su ospiti diversi per l’estivazione e lo svernamento (Tedeschi et al., 2002). Non esistono mezzi di lotta diretti per il controllo di malattie causate da fitoplasmi, quando queste si manifestino in colture già in atto; per questa ragione sono fondamentali interventi preventivi: • evitare i rinnovi parziali dei meleti onde scongiurare la contemporanea presenza di piante sane e infette, ma procedere, in previsione del rinnovo del meleto, ad una sostituzione totale e contemporanea; • utilizzare esclusivamente materiale di propagazione certificato; Sintomatologia • contenere le popolazioni dei vettori, I sintomi su melo, descritti sino ad ora, tramite interventi insetticidi, almeno imputabili alla presenza del fitoplasma nei primi anni; agente causale di AP possono essere rias• eliminare i meleti incolti limitrofi, possunti come segue: sibili focolai di infezione. 1 emissione incontrollata di germogli laterali sui rami dell’anno (scopazzi) Ripercussioni sulle produzioni (Fig.1 e 4) 2 ripresa vegetativa anticipata L’AP causa una diminuzione della pezza3 formazione di rosette di foglie all’api- tura dei frutti e quindi un loro deprezzace dei germogli (Fig.5) mento, inoltre orienta la pianta a spende4 fioriture fuori stagione (Fig.6) re un maggior quantitativo di risorse a 5 foglie piccole, allungate e con margini favore della fase vegetativa e a discapito seghettati di quella riproduttiva. Nonostante questo 6 stipole di dimensioni superiori alla è stato osservato che piante sintomatiche norma (Fig.7) possono nel tempo non manifestare più i 7 arrossamenti degli apici vegetativi sintomi e quindi sopportare una produ8 frutti di dimensioni inferiori alla zione accettabile pur restando positive norma, con picciolo allungato e colo- alle analisi. La possibilità di procedere razione che permane verde (Fig.8) all’espianto di un meleto in piena produ9 affastellamento vegetativo dell’intera zione in presenza della malattia è quindi pianta (Fig.9). da valutare attentamente. 10 Il monitoraggio in Provincia di Torino Nella primavera del 2002 è stata avviata un’indagine per conoscere la diffusione della malattia sul territorio regionale, approfondire le conoscenze sulle modalità di trasmissione del fitoplasma e sulla biologia dei suoi vettori; l’indagine è realizzata da un gruppo di lavoro coordinato dal Settore Fitosanitario della Regione Piemonte al quale partecipano il Di.Va.P.R.A. Settore Entomologia e Zoologia applicata all’Ambiente “Carlo Vidano” e il CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica della Provincia di Torino ed il CreSO. Mappatura dei Comuni In questo primo anno di attività il monitoraggio ha riguardato i comuni inseriti nella Comunità Montana Alto Canavese (riconosciuti come focolaio storico della malattia) e quelli in cui è stata data segnalazione della presenza di sintomi sospetti: Maglione, Borgomasino, Moncrivello, Borgo d’Ale, Alice Castello, Villareggia, Mazzè e Caluso (Figg.2-3). Su indicazione di tecnici ed agricoltori sono stati individuati 40 appezzamenti, tra frutteti ed incolti, in ognuno dei quali è stato effettuato un sopralluogo, a partire dal mese di giugno. L’obiettivo era Obiettivi quello di rilevare la presenza della malatCon l’intenzione di prevenire un’ulteriore tia, la gravità con cui si manifesta e la sindiffusione della malattia sono state avvia- tomatologia in relazione a: fase fenologite le seguenti indagini preliminari: ca, cultivar ed età della pianta. Per questi • mappatura dei Comuni e dei frutteti in rilievi era stata redatta apposita scheda. cui sono presenti sintomi di AP; • determinazione dell’entità dei focolai Rilievi sintomatologici presenti in meleti abbandonati e in altri Allo scopo di studiare l’evoluzione sintoincolti; • riconoscimento dei sintomi nelle diver- matologica di AP nel corso della stagione, è stato individuato un frutteto “camse fasi fenologiche della pianta; • organizzazione di momenti informativi pione”, in cui effettuare dei rilievi perioper agricoltori e tecnici con l’intento di dici, nell’azienda Berta Paolo di Prasensibilizzare sull’entità del problema, scorsano-TO. L’appezzamento considerasulle possibilità di riconoscimento in to contava 167 piante dell’età di 7 anni, campo della malattia e sulle profilassi appartenenti a quattro cultivar differenti (Golden Delicious, Renetta del Canada, da adottare; • monitoraggio e studio dei possibili Royal Gala e Ozark Gold), innestate su insetti vettori, del loro ciclo e della loro portinnesto M7, con forma di allevamento a “doppio Y”. diffusione sul territorio; • individuazione di altre specie vegetali In questo frutteto si sono succeduti una serie di sopralluoghi per valutare se e come ospiti di C. melanoneura; • analisi di laboratorio per l’identificazio- il quadro sintomatologico, a carico di ogni ne del fitoplasma agente della malattia, singola pianta, evolvesse nel corso della sia all’interno dei vettori, sia nelle pian- stagione. A tal fine ogni pianta osservata è stata numerata. I rilievi sono coincisi con te riconosciute come infette. le date del 26/06/02, del 13/09/02 e il 11 prelevate dai rami venivano avvolte in pellicola trasparente, numerate, perché la loro posizione fosse nota, e conservate in frigorifero fino alla consegna, realizzata in giornata, ai laboratori del Di.Va.Pra. dove venivano valutate le specie di insetti catturati ed in particolare il numero di psille appartenti alla specie C. melanoneura. 03/03/03, corrispondenti alle fasi fenologiche di frutto noce, pre-raccolta e riposo vegetativo. Un quarto rilievo è stato eseguito alla ripresa vegetativa. Anche per il frutteto campione è stata compilata una scheda sintetica e conoscitiva dell’azienda. Rilievi sulla presenza stagionale degli insetti vettori Campionamento mediante scuotimento meccanico Uno degli obiettivi della sperimentazione era quello di ampliare le conoscenze relative gli insetti vettori di AP, in particolare evidenziare quali specie siano presenti in Piemonte e come si svolga il loro ciclo biologico in questo ambiente. Durante il monitoraggio, si è posta particolare attenzione anche alla vegetazione spontanea, presente ai margini degli appezzamenti coltivati, nel tentativo di chiarire una questione ancora incerta, ossia su quali specie vegetali gli adulti svernanti trovino rifugio durante l’inverno, data la loro accertata assenza sulla coltura del melo. A questo scopo, parallelamente al lavoro di monitoraggio, esteso ad un ampio territorio, è stata scelta l’azienda Fenoglio Pietro e Marco nel comune di Prascorsano, perché chiaramente sintomatica, entro cui effettuare tutte le osservazioni relative agli insetti vettori. A partire dal 2 maggio, campionamenti mediante scuotimento meccanico dei rami sono stati eseguiti ogni 10 giorni, fino al 12 giugno. Dieci piante sono state scelte a caso e per ogni pianta venivano dati dieci colpi con un bastone, tenendo sotto i rami un vassoio di plastica bianco dove cadevano le psille. Questa tecnica di campionamento rappresenta un utile supporto alle trappole cromotropiche, soprattutto nei periodi in cui è più ridotta l’attività di volo degli insetti. Inoltre tale tecnica permette di raccogliere insetti vivi da destinare a successive prove di laboratorio, quali per esempio le indagini diagnostiche. Gli insetti sono quindi stati raccolti mediante aspiratore entomologico e portati in laboratorio per essere sottoposti a diagnosi molecolare. Campionamento mediante trappole cromotropiche gialle Raccolta di campioni di foglie da piante di melo sintomatiche A cominciare dal 2 maggio 2002, nell’azienda Fenoglio, si è proceduto al posizionamento di 10 trappole cromotropiche collanti gialle, sostituite ogni 10 giorni fino al 5 luglio, sulla base di uno schema di distribuzione prefissato. L’altezza dal suolo delle trappole era di circa 1.6-1.8 metri. Ad ogni sostituzione le trappole Per accertare l’effettiva presenza del fitoplasma agente dell’Apple Proliferation nel meleto considerato, campioni di foglie sono stati prelevati da 10 piante mostranti sintomi di AP, a fine estate, quando maggiore è la concentrazione dei fitoplasmi nei meli, e portati al Di.Va.P.R.A. per essere sottoposti alle indagini molecolari. 12 Osservazioni di laboratorio Estrazione di DNA da vegetale Il materiale consegnato in laboratorio è stato prima sottoposto ad un’osservazione mirante a stabile il numero, l’età ed il sesso degli individui catturati di C. melanoneura (unico vettore rintracciato), e successivamente alle indagini molecolari necessarie per evidenziare la positività dei vettori al fitoplasma agente causale di AP. Le indagini di laboratorio hanno previsto l’estrazione del DNA totale sia dagli insetti sia dai campioni di foglie di melo, seguendo un protocollo precedentemente descritto da Marzachì et al. (1998) per quanto riguarda gli insetti e da Ahrens, Seemüller (1992) per quanto riguarda le piante (Marzachì et al, 1998; Ahrens, Seemüller, 1992). Successivamente il DNA del fitoplasma è stato amplificato mediante PCR (reazione di amplificazione genica a catena). Per quanto riguarda l’estrazione del DNA da vegetale, per ciascun campione, 1 g di nervature di foglie di melo, allo scopo di concentrare il tessuto vascolare e di conseguenza anche il floema che ospita i fitoplasmi, è stato prelevato, pestato in mortaio con azoto liquido e addizionato con un primo tampone di estrazione (Grinding Buffer). Dopo filtrazione della sospensione, essa è stata trasferita in provette da 13,5 ml e centrifugata per 30 min a 4°C. La fase liquida è stata eliminata e al pellet rimasto è stato addizionato un secondo tampone di estrazione (CTAB) preriscaldato a 60°C. Dopo un’incubazione di 30 min a 60°C, alla sospensione è stato aggiunto un volume di cloroformio-isoamilalcool. Dopo un’agitazione di 20 min successiva centrifugazione a temperatura ambiente, la fase acquosa è stata prelevata e trasferita in una nuova provetta dove il DNA è stato fatto precipitare con 0,7 volumi di isopropanolo a -20°C per 30 min. In seguito a centrifugazione per 30 min a 4°C, il surnatante è stato scartato e il pellet di DNA è stato lavato con etanolo, trasferito in una provetta da 1,5 µl ed asciugato in vacuo. Infine il DNA è stato risospeso in 100 ml di acqua sterile e posto in congelatore a -20°C per la sua conservazione. Estrazione di DNA da insetti Gli insetti sono stati pestati in gruppi da 5 individui ciascuno, quando possibile, in provette da 1,5 ml per mezzo di micropestelli in presenza di un tampone di estrazione (CTAB) preriscaldato a 60°C. La sospensione è stata incubata a 60°C per 30 min, quindi centrifugata al fine di eliminare il residuo solido. Il surnatante è stato trasferito in nuove provette e addizionato con un volume di cloroformio isoamilalcol. Dopo un’agitazione di 20 min successiva centrifugazione a temperatura ambiente per 5 min, la fase acquosa è stata trasferita in nuove provette e il DNA è stato precipitato con 1 volume di isopropanolo freddo in centrifuga refrigerata, lavato con etanolo 70% ed asciugato in vacuo. Infine il DNA è stato risospeso in 20 µl di acqua deionizzata sterile e posto in congelatore a -20°C per la sua conservazione. Amplificazione del DNA (PCR) La tecnica della PCR prevede l’utilizzo di primer la cui funzione è di ibridarsi a un tratto specifico del DNA (appartenente al fitoplasma) con sequenza complementare, creando un tratto di DNA a doppia elica che sarà riconosciuto come substrato della successiva reazione di polimerizzazione. Per la ricerca del fitoplasma agente dell’apple proliferation, sono stati utilizzati 13 come templati nell’amplificazione indiretta con fO1/rO1. Per visualizzare i frammenti di DNA ottenuti con la PCR, gli amplificati sono stati sottoposti ad elettroforesi in gel di agarosio all’1%, seguita da colorazione con bromuro di etidio. Il gel è stato quindi osservato e fotografato grazie ad un transilluminatore con lampada ad UV. prima dei primer generici per i fitoplasmi (P1/P7) (Schneider et al., 1995) in PCR diretta e successivamente dei primer specifici per il gruppo AP (fO1/rO1) (Lorenz et al., 1995) in PCR indiretta. I prodotti di amplificazione ottenuti con la PCR diretta sono stati diluiti alla concentrazione finale di 1:40 con acqua deionizzata sterile in modo da essere impiegati Fig.2 - Focolai originari (in rosso) e di estensione (in blu) di AP nel Canavese Fig.3 - Comuni monitorati nel corso del 2002 14 Risultati Nel 75% dei frutteti censiti è stato rilevato un accrescimento delle stipole superiore alla norma. Gli altri sintomi sono comparsi con minore incidenza (Tab.2). È stato osservato che la manifestazione dei sintomi diventava più evidente con l’avanzamento della stagione, in particolare in prossimità della raccolta, e che esiste una diversa risposta alla malattia nelle differenti cultivar (ad esempio le cv Golden delicious e Renetta del Canada hanno manifestato sintomi più evidenti). Monitoraggio L’emissione incontrollata di germogli laterali sui rami dell’anno è il sintomo rilevato con maggior frequenza, in particolare sulle branche più interne della vegetazione o, a livello del colletto, a carico dei polloni. Sintomi di AP sono stati trovati in tutti i frutteti censiti, l’incidenza della malattia, comunque, è risultata grave in soli tre meleti localizzati nei comuni di Prascorsano e Valperga. Nella maggior parte dei casi la malattia si è manifestata in forma lieve o media (Tab.1). Tab.1- Incidenza della malattia nei frutteti censiti Comune n° Frutteti Borgo d’Ale 2 Candia 2 Canischio 1 Castellamonte 3 1 Chiesa Nuova 1 Cossano 1 Cuorgnè 1 1 Maglione 4 1 Mazzè 2 Pertusio 3 Prascorsano 2 1 2 Pratiglione 3 S. Colombano 1 Valperga 3 2 1 Vische 1 Totale Frutteti 39 15 Classe di danno lieve lieve media lieve media lieve media lieve media lieve media lieve lieve lieve media grave media media lieve media grave lieve Tab.2- Incidenza dei sintomi osservati Sintomo Emissione incontrollata di germogli laterali sui rami dell’anno (scopazzi) Ripresa vegetativa anticipata Formazione di rosette di foglie all’apice dei germogli Fioriture fuori stagione Foglie piccole, allungate e con i margini seghettati Stipole di dimensioni superiori alla norma Arrossamenti degli apici vegetativi Frutti di dimensioni inferiori alla norma con picciolo allungato e colorazione che permane verde Affastellamento vegetativo dell’intera pianta % Riscontrata sul totale dei frutteti 90% n.r. 25% 15% 20% 75% 15% 12.5% 25% Il secondo rilievo del 13 settembre, in fase ormai di pre-raccolta, ha evidenziato un quadro sintomatologico più vario: gli apici vegetativi degli scopazzi, presenti su un numero maggiore di piante, mostravano arrossamenti e foglie di piccole dimensioni con margine seghettato. Di seguito si fornisce un quadro dei sintomi riscontrati nel corso dei due rilievi (Tab.3). Rilievi sintomatologici nel frutteto campione Nel corso del primo rilievo, effettuato il 26 giugno allo stadio fenologico di frutto noce, le piante infette sono state rilevate grazie alla presenza diffusa di stipole di dimensioni superiori rispetto alla norma e, secondariamente, per la presenza di scopazzi. Tab.3- Numero di piante risultate sintomatiche, nelle due diverse fasi fenologiche, nel frutteto campione Sintomi Emissione incontrollata di germogli laterali sui rami dell’anno (scopazzi) Ripresa vegetativa anticipata Formazione di rosette di foglie all’apice dei germogli Fioriture fuori stagione Foglie piccole, allungate e con i margini seghettati Stipole di dimensioni superiori alla norma Arrossamenti degli apici vegetativi Frutti di dimensioni inferiori alla norma con picciolo allungato e colorazione che permane verde Affastellamento vegetativo dell’intera pianta Frutto Noce (26/6) Preraccolta (13/9) 18 33 – – 0 0 0 0 1 32 38 0 34 18 0 0 5 0 16 generazione e sono sempre stati presenti in numero limitato, probabilmente perché a maggio gran parte della popolazione neosfarfallata era già migrata su ospiti alternativi al melo per l’estivazione e il successivo svernamento su altre piante ancora sconosciute (Tab.4 e Tab.5). Rilievi sugli insetti vettori Dall’osservazione degli insetti catturati attraverso le trappole cromotropiche gialle e lo scuotimento meccanico dei rami è risultato che gli adulti di C.melanoneura campionati appartenevano tutti alla nuova Tab.4- Catture di Cacopsylla melanoneura mediante trappole cromotropiche gialle (legenda: m-maschio; f-femmina; n-ninfa) DATA 13 maggio 24 maggio 3 giugno 12 giugno 24 giugno 1 2 1f+1m 0 0 2f+1m 0 0 1m 1f 0 0 3 0 0 0 0 1f TRAPPOLA 4 5 6 0 0 1f 1f 0 1f+1m 2f+1m 0 1m 1f+5m 0 2m 0 0 0 7 0 0 1m 2f+13m 0 8 0 0 0 2m 0 9 0 1m 1f 6m 0 10 0 2m 0 1f+1m 0 Tab.5- Catture di Cacopsylla melanoneura mediante scuotimento meccanico dei rami di melo (legenda: m-maschio; f-femmina; n-ninfa) DATA 13 maggio 23 maggio 03 giugno 13 giugno PIANTA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1m 1m 1n 0 0 3m+4n 1f+2m+3n 3f+1m 1f+1m 2f+1m 0 1m+1n 1m 1m+1n 0 0 0 0 1n 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 Degli otto campioni di psille, raccolti mediante la tecnica dello scuotimento meccanico dei rami e sottoposti ad analisi molecolare mediante PCR con primer specifici per i fitoplasmi del gruppo AP, solamente uno, formato da cinque adulti neosfarfallati, è risultato positivo. Analisi sui campioni vegetali Tutti i dieci campioni di vegetale raccolti sono risultati positivi ad AP in seguito a PCR con primer specifici per i fitoplasmi del gruppo AP. 17 Sintomatologia osservata Fig.4 - Emissione incontrollata di germogli laterali sui rami dell’anno (scopazzi) Fig.5 - Formazione di rosette di foglie all’apice dei germogli Fig.6 - Fioriture fuori stagione Fig.7 - Stipole di dimensioni superiori alla norma 18 Fig.8 - Frutti di dimensioni inferiori con picciolo allungato Fig.9 - Affastellamento vegetativo dell’intera pianta 19 BIBLIOGRAFIA AHRENS U., SEEMÜLLER E., 1992. Detection of DNA of plant pathogenic mycoplasmalike organisms by a polymerase chain reaction that amplifies a sequence of the 16S rRNA gene. Phytopathology 82: 828-832. ALMA A., NAVONE P.,VISENTIN C., ARZONE A., BOSCO D., 2000. Rilevamento di fitoplasmi di “Apple proliferation” in Cacopsylla melanoneura (Förster) (Homoptera Psyllidae). Petria 10: 141-142. CULATTI P. Scopazzi del melo. Schede Fitosanitarie Regione Lombardia. http://www.agricoltura.regione.lombardia.it/admin/rla_Documenti/1-259/scopazzi.pdf LORENZ K.H., SCHNEIDER B., AHRENS U., SEEMÜLLER E., 1995. Detection of the Apple Proliferation and Pear Decline Phytoplasmas by PCR amplification of ribosomal and non ribosomal DNA. Phytopathology 85: 771-776. MARZACHÌ C., VERATTI F., BOSCO D., 1998. Direct PCR detection of phytoplasmas in experimentally infected insects. Annals of Applied Biology 133: 45-54. SCHNEIDER E., SEEMÜLLER E., SMART C.D., KIRKPATRICK B.C., 1995. Phylogenetic classification of plant pathogenic mycoplasma-like organism or phytoplasmas. In Razin S., J.G. Tully (eds.). Molecular and Diagnostic Procedures in Mycoplasmology, Vol I, pp. 369-380. Academic Press, San Diego. TEDESCHI R., BOSCO D., ALMA A., 2002. Population dynamics of Cacopsylla melanoneura (Homoptera: Psyllidae), a vector of Apple Proliferation in northwestern Italy. Journal of Economic Entomology 95 (3): 544-551. 20 Strategie di difesa dalle principali avversità fungine del melo. Valutazione dell’efficacia di prodotti rameici e polisolfuro di calcio su “Pink Lady”, cv di recente introduzione (2) Giulio Re, Dario Possetto(*), Alba Cotroneo(**) Introduzione anni. Le diverse descrizioni della stampa specializzata attribuiscono a “Pink Lady” una elevata sensibilità alla ticchiolatura. In seguito a queste considerazioni e all’assenza di sperimentazioni sulla coltivazione con il metodo dell’agricoltura biologica è stata avviata l’attività di sperimentazione. È stata considerata anche l’evoluzione dell’oidio (Podosphaera leucotricha) vista la localizzazione della prova in una zona collinare favorevole allo sviluppo del patogeno. La prova è finalizzata alla valutazione dell’efficacia di diverse strategie di difesa dalla ticchiolatura del melo (Venturia inaequalis) con i prodotti ammessi dal Reg. CE 2092/91, sulla varietà Pink Lady. Alcune prerogative quali la tardiva epoca di maturazione, l’aspetto particolarmente attraente (sovraccolore rosato su colore di fondo verde), l’ottimo sapore fanno di questa cv una delle novità varietali più interessanti degli ultimi Materiali e metodi L’appezzamento è in conversione all’agricoltura biologica dal 2001. All’interno del frutteto sono stati destinati quattro filari alla sperimentazione, situati in posizione centrale rispetto all’appezzamento. Le tesi confrontate erano le seguenti: • polisolfuro di calcio (2 kg/hl nelle prime fasi, 1,5 kg/hl dalla fioritura in poi) • rame (ossicloruro per il primo intervento, idrossido per i successivi a dosaggi di 45-60 gr/hl di rame metallo) + zolfo per il contenimento dell’oidio. Localizzazione e caratterizzazione del sito Il meleto in cui è stata condotta la prova è situato nell’areale frutticolo del Pinerolese, sulla prima fascia collinare del comune di Bibiana (TO), a circa 420 m s.l.m.. Le principali caratteristiche dell’impianto sono le seguenti: cv Pink Lady Portainnesto: M9 –Pajam 2 Età: IV anno Sesti d’impianto: m 4 x 1,5 Forma di allevamento: Fusetto Superficie totale: 0,5 ha (2) Lavoro eseguito con finanziamento della Regione Piemonte. (*) (**) Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) Settore Fitosanitario Regione Piemonte – Via Livorno, 60 – 10147 Torino 21 • polisolfuro di calcio e rame (aggiunta di zolfo) alternando l’impiego dei due principi attivi in relazione alle condizioni ambientali. In linea generale è stato utilizzato il rame fino alla fase di prefioritura e successivamente il polisolfuro, con un unico trattamento estivo con prodotti rameici. Andamento climatico, determinazione delle infezioni e trattamenti I dati meteorologici sono stati rilevati da una capannina di tipo meccanico situata a circa 400 m a valle del meleto, seguita dai tecnici C.A.T.A.C. locali. In particolare venivano rilevati: • temperature (alle ore 8.00, 14.00 e 19.00) • umidità relativa • quantità di pioggia • durata della bagnatura fogliare. Per ognuna delle tesi indicate sono state individuate 4 parcelle (di 14 piante ciascuna), localizzate all’interno di altrettanti blocchi. Le piante testimone sono state individuate nei due interpali di testata, suddivise quindi in due ripetizioni. Rispetto all’andamento climatico medio dell’ultimo decennio, il 2002 è stato caratterizzato da una elevata frequenza di precipitazioni durante tutto il periodo primaverile estivo (Fig.1). Inoltre vengono rilevati due eventi grandinigeni nei mesi di giugno ed agosto, rispettivamente di forte e media intensità che hanno danneggiato l’80% della produzione. mm di pioggia 70 40 pioggia mm t° Media 35 60 30 50 25 40 20 30 15 20 10 10 5 0 0 T° Medie giornaliere 80 17-set 07-set 28-ago 18-ago 08-ago 29-lug 19-lug 09-lug 29-giu 19-giu 09-giu 30-mag 20-mag 10-mag 30-apr 20-apr 10-apr 31-mar 21-mar 11-mar 01-mar Data Fig.1 - Andamento di temperatura media e piovosità nel periodo marzo- settembre 2002 22 e piogge frequenti, si sono verificate condizioni predisponenti alle infezioni primarie per ben 8 volte. In Tab.1 vengono riportati i periodi di Mills-Laplant e l’esecuzione dei trattamenti. Nel periodo aprile-maggio sono stati effettuati 10 interventi. Verificata la limitata presenza di macchie dovute ad eventuali infezioni primarie, nei mesi estivi sono stati effettuati trattamenti cautelativi ogni 15-20 gg, in relazione alle frequenti bagnature fogliari. A fine di settembre è stato effettuato il trattamento di chiusura. Per il contenimento dell’oidio, nella tesi “rame” è stato utilizzato zolfo bagnabile alla dose di 200 g/hl con un intervallo di circa 15 gg. Attraverso la valutazione della temperatura e della durata della bagnatura fogliare è stato individuato il potenziale inizio delle infezioni primarie e secondarie, considerando il diagramma di Mills-Laplant. Per la determinazione dei momenti di intervento sono stati seguiti criteri preventivi, intervenendo il giorno precedente al previsto inizio delle precipitazioni, facendo riferimento alle indicazioni del servizio agrometeorologico della Regione Piemonte. Nel caso di piogge prolungate venivano effettuati anche trattamenti tempestivi su vegetazione bagnata. Particolarmente problematica in tal senso la situazione del mese di maggio in cui, a seguito di temperature elevate Tab.1 - Decorso delle infezioni primarie e trattamenti effettuati nel periodo marzo-giugno 2002 Mese di MARZO Infezione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 I I Temperatura media (°C) 10 11 Bagnatura (h) 22h 13h Trattamenti P Mese di APRILE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 III III I 6,6° 8° 11 48 72 13h P C P C P Mese di MAGGIO 1 2 3 III 4 I 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 III II I II III III 11 10° 13° 11° 17° 16.2° 14,2° 17° 36h 11h 36h 20h 12h 13h 20h 27h C C P P P P Mese di GIUGNO 1 2 3 I 4 5 6 7 III 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 II 18.8° 15° 14° 10h 30h 18h P Infezione: – debole I – media II – forte III Trattamenti: – preventivo P – curativo C 23 Sintomatologia di ticchiolatura e oidio su foglie e frutti A partire da fine aprile, calcolando il periodo di incubazione, sono state effettuate osservazioni periodiche sul testimone per individuare la comparsa delle macchie di ticchiolatura (Fig.2). Il 30 giugno è stato effettuato il rilievo dei sintomi sulle foglie e sui frutti, in tutte le parcelle, per la determinazione delle infezioni primarie. Sono state monitorate 300 foglie e 200 frutti per ogni parcella. Per la valutazione delle infezioni sulle foglie è stato utilizzato lo schema che prevedeva la suddivisione in sette classi in relazione alla estensione delle macchie (secondo Theon, Stout, modificata da Govi, 1955). Per la valutazione del livello di infezione sui frutti è stata rilevato il numero di quelli attaccati. Alla raccolta è stato ripetuto il controllo dei frutti colpiti, distinguendoli in relazione all’estensione della macchia (maggiore o minore di 1 cm2). Per quanto riguarda l’oidio sono stati controllati 100 germogli per parcella, determinando la percentuale di quelli attaccati il 25 di agosto. Fig.2 - Forte infezione primaria sul testimone (foto luglio 2002) Entità delle popolazioni di acari fitoseidi Alla fine di luglio è stato effettuato il monitoraggio delle popolazioni di ragnetto rosso (Panonychus ulmi) e di acari fitoseidi per evidenziare eventuali effetti tossici dei principi attivi impiegati sui predatori. Sono state esaminate 25 foglie per parcella con l’ausilio di lente contafili 12X. Residui dei p.a. presenti nei frutti alla raccolta Valutazione di eventuali effetti dei prodotti impiegati su allegagione e rugginosità dei frutti Al fine di valutare la quantità di residui eventualmente presenti sui frutti alla raccolta è stato prelevato un campione di 40 frutti (10 mele per ogni ripetizione) per ogni tesi trattata. Le analisi dei residui sono state effettuate dal laboratorio Chemical Control di Cuneo, che ha determinato i quantitativi di zolfo (per il polisolfuro) e di rame presenti sui frutti ed ha provveduto ad inviare il relativo rapporto. Per la valutazione dell’eventuale effetto diradante del polisolfuro è stato effettuato il conteggio dei frutti allegati ad inizio giugno, su 5 piante per ognuna delle parcelle in prova. Alla raccolta sono stati effettuati rilievi sulla rugginosità sull’epicarpo, suddividendo il campione di 50 frutti per parcella in 8 classi in relazione alla percentuale dell’area interessata dall’alterazione rispetto alla superficie totale del frutto. 24 Risultati Va sicuramente sottolineata l’efficacia dei numerosi trattamenti tempestivi sulla vegetazione bagnata effettuati nei mesi di aprile e maggio che hanno permesso di evitare l’avvio di infezioni gravi, evidenziando anche una retroattività dei prodotti impiegati. Nelle parcelle trattate ripetutamente con prodotti rameici, analogamente al primo anno di prova, sono state osservate macchie circoscritte, più o meno estese sulle foglie, probabilmente dovute a fitotossicità da accumulo di rame in trattamenti successivi. Particolarmente colpite le foglie nella parte medio bassa della chioma (Fig.3). Monitoraggio delle macchie di ticchiolatura su foglie e frutti I risultati dei rilievi effettuati su foglie e frutti alla fine delle infezioni primarie sono riportati nelle Tabb. 2 e 3. Le prime sporadiche macchie sul testimone, riconducibili alla infezione del 19 marzo, sono comparse intorno al 20 di aprile. La prima infezione grave avviata nella prima settimana di maggio ha dato luogo alle relative macchie verso la metà del mese. In generale è stata rilevata una scarsa incidenza della malattia nelle parcelle trattate (percentuale di frutti attaccati inferiore al 3%). Attacchi decisamente più consistenti sono stati rilevati sul testimone a confermare la sensibilità della cv a Venturia inaequalis e le condizioni ambientali predisponenti alle infezioni. Tutte le tesi trattate si sono differenziate in modo statisticamente significativo, per tutti i parametri considerati, rispetto al testimone. L’elaborazione statistica ha inoltre evidenziato, per la superficie fogliare infetta, una maggiore efficacia per la strategia di difesa che prevedeva l’uso del solo rame rispetto al polisolfuro e alla tesi “mista”. Rispetto al 2001 sono stati riscontrati comunque attacchi lievemente più consistenti. Fig.3 - Alterazioni sulle foglie frequentemente rilevate nelle parcelle della tesi “rame” 25 Tab.2 - Sintomatologia sulle foglie al termine delle infezioni primarie (30 giugno) Tesi rame polisolfuro polis.+rame testimone 0 297 274 259 224 n° foglie colpite /classe * 1 2 3 4 5 6 3 0 0 0 0 0 21 3 2 0 0 0 31 5 3 1 0 0 51 11 7 7 0 0 7 0 0 0 0 % foglie colpite % sup. fogliare infetta 1a 9b 14 b 25 c 0,03 a 0,34 a 0,57 a 1,28 b * media dei valori rilevati nelle tre ripetizioni (Test di Duncan, differenze significative per valori di q > 3,0 e valori di p < 0,05) Tab.3 - Frutti colpiti da ticchiolatura al 30 giugno (media delle tre ripetizioni) tesi N° di frutti attaccati % sul totale 3,7 1,0 2,0 22,0 1,8 a 0,5 a 1,0 a 11,0 b polisolfuro rame polisolfuro+rame testimone (Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05) furo per i diversi livelli di infezione. Le percentuali di frutti attaccati sono state decisamente superiori al 2001, in particolare nelle parcelle trattate con polisolfuro e con entrambi i principi attivi. I risultati dei rilievi sui frutti alla raccolta sono riportati nella Tab.4. Anche in questo caso si conferma una maggiore efficacia per il rame rispetto alle altre tesi con differenze significative rispetto al polisol- Tab.4 - Percentuale di frutti colpiti alla raccolta, distinti per estensione delle macchie presenti (<o> di 1 cmq). Sono stati controllati 100 frutti/parcella tesi rame polisolfuro+rame polisolfuro testimone % di frutti attaccati > 1 cm2 < 1 cm2 4,7 a 9,5 b 13,0 b 13,3 b 0,8 a 3,3 ab 6,8 b 33,0 c (Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05) 26 Totale 5,5 a 12,8 ab 19,8 b 46,3 c Tab.5 - Entità degli attacchi di oidio (% di cacciate colpite al 25 luglio) Oidio Non sono emerse differenze significative rispetto alla percentuale di cacciate colpite dal mal bianco (Tab.5) tra le diverse tesi. L’elevata frequenza delle precipitazioni estive ha probabilmente contribuito a ridurre in generale le infestazioni del patogeno. % di germogli colpiti Tesi polisolfuro rame (+ zolfo bagnabile) polis.+rame testimone 0,5 a 0,2 a 0,6 a 1,0 a (Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05) Tab.6 - Numero medio di frutti allegati/pianta ad inizio giugno Valutazione di allegagione e rugginosità Il conteggio dei frutticini allegati ad inizio giugno, al fine di evidenziare l’eventuale effetto diradante del polisolfuro, non ha evidenziato differenze significative, denotando inoltre una elevata eterogeneità tra le diverse piante considerate (Tab.6). N° frutti allegati/pianta Tesi testimone polisolfuro polis.+rame rame (+ zolfo bagnabile) 96 a 90 a 88 a 78 a (Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05) ginosità diffusa. Pur essendo nettamente individuabile si rileva comunque un danno estetico inferiore rispetto a manifestazioni analoghe su Golden Delicious, decisamente più evidenti. Il rilevamento della rugginosità dei frutti alla raccolta (Tab.7 e Fig.4) ha evidenziato un’incidenza decisamente superiore nelle parcelle trattate con idrossido di rame, con oltre il 60% dei frutti con rugTab.7 - Rugginosità dei frutti alla raccolta N° frutti per classe di estensione della rugginosità Tesi 0% Rugginosità % frutti rugginosità diffusa (>20%) media 1-10% 11-20% 21-30% 31-40% 41-50% 51-60% 61-70% polisolfuro 50,3 9,7 0,0 0,0 polis.+rame 48,7 10,0 1,0 0,0 testimone 56,0 4,0 0,0 0,0 rame 3,0 6,7 13,0 18,7 0,0 0,0 0,0 6,7 0,0 0,0 0,0 6,0 0,0 0,0 0,0 3,3 0,0 0,0 0,0 2,3 (Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05) 27 0,5 a 0,7 a 0,2 a 15,3 b 0,0 a 0,0 a 0,0 a 61,7 b Fig.4 - Frutti prelevati nelle parcelle trattate con polisolfuro (sx) e rame (dx): evidente la rugginosità indotta dal rame Non viene invece rilevata alcuna differenza significativa nel numero di individui Il controllo effettuato a fine luglio ha evi- rilevati tra le diverse parcelle trattate denziato popolazioni di acari fitoseidi (Tab.8). decisamente più consistenti nelle parcelle testimone. Monitoraggio acari fitoseidi Tab.8 - Entità media delle popolazioni di acari fitoseidi rilevati su 25 foglie per parcella (numero di individui) tesi polisolfuro rame (+ zolfo bagnabile) polisolfuro+rame testimone Ragnetto rosso Acari fitoseidi 1,0 a 0,7 a 1,0 a 1,0 a 5,0 a 6,6 a 7,6 a 16,0 b (Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05) 28 livello di residui decisamente inferiore ai limiti di legge per quanto riguarda il rame, mentre per lo zolfo i quantitativi I referti analitici del laboratorio Chemical erano inferiori alla soglia rilevabile Control di Cuneo hanno evidenziato un (Tab.9). Analisi delle quantità di residui chimici presenti Tab.9 - Residui rilevati sui frutti alla raccolta e R.M.A. per i principi attivi indagati Campione Tesi P.a. indagato 1 2 Polisolfuro Rame 3 Polis. + rame Zolfo Rame Zolfo Rame Concentrazione Residuo massimo rilevata (ppm) ammesso (ppm) n.r. 1,2 n.r. 0,53 50 20 50 20 Conclusioni Nel 2002, l’andamento climatico primaverile particolarmente favorevole alle infezioni primarie ed il protrarsi delle precipitazioni nel periodo estivo con la vegetazione continuamente esposta alle infezioni secondarie hanno determinato attacchi più consistenti rispetto al 2001 in tutte le parcelle in prova. Tuttavia, anche a fronte della dichiarata sensibilità della cv alla ticchiolatura, viene confermata una buona efficacia delle strategie di difesa impiegate. In particolare viene confermata una maggiore efficacia del rame rispetto al polisolfuro, soprattutto in relazione ai rilevamenti effettuati alla raccolta. Nonostante i ripetuti interventi in prossimità della fioritura con il polisolfuro non è stata rilevata una riduzione dei frutti allegati imputabile all’effetto diradante del principio attivo in oggetto. Da sottolineare invece l’effetto fitotossico del rame sui frutti, con rugginosità diffusa su oltre il 60% dei frutti nelle parcelle trattate esclusivamente con questo fungicida. Numerosi interventi nelle fasi di fioritura-allegagione hanno contribuito ad aumentare l’entità del fenomeno rispetto all’anno precedente. Anche se nella melicoltura biologica non sempre la rugginosità determina un significativo deprezzamento dei frutti (viene spesso associata alla salubrità del prodotto), occorre sicuramente limitare l’impiego del rame nelle fasi di maggior sensibilità (fioritura-allegagione) per ridurre l’incidenza delle alterazioni sulle mele alla raccolta. Alla luce dei due anni di prova si ritengono comunque applicabili le strategie di difesa previste dai disciplinari dell’agricoltura biologica sulla cv Pink Lady con buon successo. 29 BIBLIOGRAFIA CONSULTATA GOVI G., (1955) - Risultati di prove di lotta contro la ticchiolatura del melo. Frutticoltura 6, pp15. MANTINGER H., STAINER R., (1997) – Pink Lady: è nata una nuova stella da coltivare? TESTONI A., LOVATI F., NUZZI M., PELLEGRINO S. (2002) – Prime valutazioni su epoca di raccolta e tecniche di conservazione di mele Pink Lady® Cripps Pink prodotte in ambiente pedemontano. KELDERER M., LARDSCHNEIDER E., CASERA C. (2001) – Manuale di Frutticoltura e Viticoltura Biologica. 30 Gestione del terreno in frutteti a produzione biologica (3) Giulio Re, Dario Possetto(*) – Paolo Balsari(**) – Aldo Ferrero, Francesco Vidotto(***) Introduzione Nella realtà agricola piemontese le strategie di gestione del suolo in frutticoltura si sono ormai da tempo orientate verso l’inerbimento spontaneo dell’interfila e il diserbo chimico sulla fila. La recente diffusione delle produzioni biologiche ha però determinato l’insorgere di nuove problematiche nella gestione della flora infestante che può divenire, senza il ricorso al mezzo chimico, problematica e dispendiosa. In altri paesi europei, quali Austria, Francia e Germania, nei frutteti a conduzione biologica si è assistito ad una rapida diffusione dell’inerbimento artificiale, tecnica questa che è stata solo marginalmente studiata nelle condizioni ambientali della frutticoltura piemontese. I vantaggi dell’inerbimento artificiale rispetto a quello spontaneo consistono prevalentemente nella possibilità di utilizzare specie in grado di contrastare lo sviluppo della flora spontanea più dannosa e al tempo stesso di esercitare una ridotta competizione nei confronti delle piante arboree. Queste specie devono essere caratterizzate da rapido insediamento ed elevata longevità, per competere efficacemente con le infestanti, e dovranno essere scelte di volta in volta in (3) base alle condizioni pedoclimatiche dell’ambiente in cui si opera. L’inerbimento artificiale del frutteto, oltre a costituire una pratica ecocompatibile per il contenimento delle malerbe, è da più parti indicato come un valido metodo preventivo contro l’erosione e un efficace strumento per il mantenimento del suolo in buone condizioni chimicofisiche e strutturali. I vantaggi dell’inerbimento sono tra l’altro considerati in alcune misure di Agenda 2000 che prevedono compensi per l’adozione di tale pratica. Al fine di verificare la applicabilità della tecnica dell’inerbimento artificiale in frutteti a conduzione biologica, nell’anno 2001 ha avuto inizio una attività sperimentale finanziata dalla Regione Piemonte, condotta dall’Università degli Studi di Torino (Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio; Dipartimento di Economia e Ingegneria Agraria, Forestale e Ambientale), presso la Scuola TeoricoPratica Malva-Arnaldi, sita nel comune di Bibiana (TO). La prova aveva una durata prevista di 3 anni e durante il 2002 è stata svolta l’attività relativa al secondo anno. Lavoro eseguito con finanziamento della Regione Piemonte. (*) (**) (***) Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) Dipartimento di Economia ed Ingegneria Agraria, Forestale ed Ambientale - Facoltà di Agraria, Via L. da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO) Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio - Facoltà di Agraria, Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO) 31 Materiali e metodi Le tesi messe a confronto sono state le seguenti: A: lavorazione sulla fila; B: pirodiserbo; C: inerbimento spontaneo; D: inerbimento con Lolium perenne (40%) + Festuca rubra (60%); E: inerbimento con Lolium perenne (25%) + Festuca rubra (35%) + Trifolium repens (40%); F: inerbimento con Festuca arundinacea; G: inerbimento con Festuca rubra (40%) + Trifolium repens (60%). La ricerca si è svolta in un meleto di quattro anni (cv. Pink Lady innestata su Pajam 2) con sesto d’impianto 1.5 m x 3.8 m presso la Scuola teorico pratica Malva-Arnaldi di Bibiana (TO). Durante il 2001 è stato realizzato l’inerbimento artificiale nel sottofila. Nell’interfila è stato mantenuto l’inerbimento spontaneo, che ha garantito un buon livello di copertura. Poiché l’azienda in cui si è svolta la prova era in regime di coltivazione biologica, non è stato possibile, rispetto al progetto iniziale, introdurre una o più tesi di controllo chimico delle infestanti presenti nel sottofila. Nelle tesi C, D, E, F e G lo sviluppo degli inerbimenti è stato regolato mediante sfalci successivi. Il disegno sperimentale adottato è stato lo schema a blocchi randomizzati con 3 ripetizioni, in cui ogni blocco è rappresentato da un tratto di fila di 105 m di lunghezza e 1 m di larghezza. Ogni parcella elementare aveva una lunghezza di 15 m (Fig.1). Fig.1 – Schema parcellare della sperimentazione 32 50 kg/ha per le graminaceae e 7 kg/ha per le leguminose e attribuendo in via precauzionale ad ogni parcella una superficie maggiorata a 22,5 m2. Durante il 2002 i diversi inerbimenti realizzati nel 2001 sono stati gestiti senza effettuare ulteriori semine. In particolare, nelle tesi che prevedevano lo sfalcio (C, D, E, F, G) o la lavorazione meccanica del sottochioma (A) sono stati effettuati 4 interventi. Nella tesi A (pirodiserbo) è stato necessario effettuare 5 interventi. Il calendario degli interventi è riportato in Tab.1. Gli inerbimenti artificiali sono stati realizzati nel primo anno di prova, effettuando la semina delle specie previste il 10/05/01. La semina è stata preceduta da due passaggi con una fresatrice interceppo e seguita da una rullatura per garantire il contatto dei semi al terreno. Anche le tesi che non prevedevano inerbimenti artificiali sono state lavorate con la stessa attrezzatura per consentire un confronto più oggettivo tra le varie situazioni. I quantitativi di semina sono stati calcolati considerando come dose piena Tab.1 – Calendario degli interventi di gestine della vegetazione nel sottofila DATA 30 aprile 29 maggio 2 luglio 6 agosto 9 settembre tesi A lavoraz. lavoraz. lavoraz. lavoraz. tesi B piro. piro. piro. piro. piro. tesi C sfalcio sfalcio sfalcio sfalcio tesi D sfalcio sfalcio sfalcio sfalcio tesi E sfalcio sfalcio sfalcio sfalcio tesi F sfalcio sfalcio sfalcio sfalcio tesi G sfalcio sfalcio sfalcio sfalcio 4 rilievi di sviluppo degli inerbimenti. Nelle varie parcelle è stata determinata la densità o la copertura delle varie specie presenti. Per valutare l’incidenza delle diverse tecniche adottate sul comportamento vegeto-produttivo del meleto sono stati considerati i seguenti parametri quantitativi e qualitativi: parametri quantitativi: • vigoria: rilevamento della lunghezza dei germogli, effettuata misurando 15 succhioni formatisi sul primo palco di branche su tre piante rappresentative della parcella; • produzione media/pianta; • numero di frutti/pianta; • peso medio dei frutti; Per lo sfalcio è stata utilizzata una falciatrice rotativa montata lateralmente al trattore e dotata di tastatore, al fine di evitare il danneggiamento del fusto delle piante. Per la lavorazione dell’interfila è stata utilizzata una macchina dotata di zappette rotanti attorno ad un asse verticale e in grado di operare, ad una profondità di 6 cm, con una velocità di avanzamento di 1,2 km/h. Per il pirodiserbo è stata utilizzata una attrezzatura manuale dotata di un riduttore di pressione, un regolatore di flusso e un bruciatore. Nell’ambito della valutazione economica, sono stati calcolati, per ogni singola operazione, i costi di esercizio delle singole macchine. Nel corso del 2002 sono stati effettuati 33 La pesatura dei frutti e la determinazione degli zuccheri sono state effettuate presso il laboratorio della Scuola MalvaArnaldi. parametri qualitativi: • sovracolore; • durezza; • lugol; • tenore in zuccheri; • acidità. Risultati per il rifornimento della macchina, mentre la zappatura è fortemente penalizzata dalla ridotta velocità di avanzamento (Fig.2). La macchina falciatrice ha raggiunto la più elevata capacità di lavoro (prossima a 0,34 ha/h), rispetto ad essa il pirodiserbo risulta essere gravato dai tempi necessari Zappatura Sfalcio Pirodiserbo 0 0.1 0.2 0.3 Capacità di lavoro operativa (ha/h) Fig.2 – Capacità di lavoro delle macchine utilizzate Il pirodiserbo è caratterizzato da un costo macchina di poco superiore allo sfalcio (76,75 €/ha contro 72,10 €/ha). Tuttavia se a tale importo si aggiunge quello per l’acquisto del GPL (circa 20 €/ha) si ottiene un costo complessivo dell’intervento di pirodiserbo superiore a 96 €/ha. Si tratta comunque di un valore inferiore a quello della zappatura (oltre 124 €/ha) (Fig.3). L’elevata capacità di lavoro della pirodiserbatrice ha permesso di ridurre sensibilmente il tempo di utenza per unità di superficie di questa macchina, che è risultato di poco inferiore a 60 min/ha contro i 137,2 e 258,74 min/ha relativi rispettivamente alla falciatrice e all’erpice rotante, nonostante l’impiego dell’attrezzatura comporti anche un tempo accessorio necessario per la sostituzione delle bombole (rifornimenti e scarichi). 34 Zappatura Costo Macchina Sfalcio Costo GPL Pirodiserbo 0 20 40 60 80 100 120 140 Costo del trattamento (euro/ha) Fig.3 – Costo dei trattamenti un costo prossimo a 288 €/ha.anno, mentre il pirodiserbo e la zappatura sono risultate essere caratterizzate da un costo rispettivamente pari a 452,75 €/ha.anno (+57%) e a 496,06 €/ha.anno (+72%) (Fig.4). Nel corso della sperimentazione, al fine di garantire un buon controllo delle infestanti, sono stati eseguiti 5 interventi di pirodiserbo, 4 di sfalcio e 4 di zappatura. In tali condizioni operative, i costi più contenuti per il controllo delle infestanti sono stati quelli relativi allo sfalcio, con Zappatura Costo Macchina Sfalcio Costo GPL Pirodiserbo 0 100 200 300 400 500 Costo del controllo malerbe (euro/ha anno) Fig.4 – Costo annuale del controllo delle infestanti necessità di eseguire, indipendentemente dalle modalità di controllo delle infestanti, un elevato numero di interventi, ha determinato un netto vantaggio economico a favore dello sfalcio. Il costo del controllo delle malerbe risente in larga misura dell’aggressività delle infestanti e dell’effetto su di esse delle macchine impiegate. Nel corso di questo secondo anno di sperimentazione, la 35 Rilievi sugli inerbimenti modo proporzionale rispetto alla dose iniziale di semina. I valori più elevati di copertura per questa specie (46%) sono infatti stati rilevati nelle tesi D, dove era stata impiegata la miscela con la dose più alta. Minore variabilità è stata osservata per F. rubra, con valori di copertura nettamente inferiori. Primo rilievo Copertura (%) Nel primo rilievo (effettuato il 22 aprile), nelle tesi in cui sono stati realizzati inerbimenti con specie seminate, è stato osservato un livello di copertura di F. rubra e F. arundinacea compreso fra 9% e 46%. In particolare, la copertura di F. arundinacea è risultata variabile in 50 45 40 35 30 25 20 15 10 5 0 F. rubra F. arundinacea D E F G F G Densità (piante/mq) Tesi 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 T. repens L. perenne D E Tesi Fig.5 – Copertura e densità delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al primo rilievo 36 A causa dello stadio di sviluppo, per L. perenne e T. repens, in questo rilievo sono stati considerati i valori di densità. La presenza di L. perenne è risultata proporzionale alla dose di semina e compresa fra 28 piante/m2 (tesi E) e 41 piante/m2 (tesi D). Nel caso di T. repens sono stati rilevati valori di densità significativamente più elevati. Per questa specie, tuttavia, i valori registrati non sono apparentemente proporzionali alla dose di semina. Nelle tesi D, E, F e G, le infestanti maggiormente rappresentate (Fig.6) sono state Stellaria media (STEME) e Taraxacum officinale (TAROF). Particolarmente abbondante è risultata la presenza di Convolvulus arvensis (CONAR) nella tesi F, soprattutto a causa di una forte infestazione in una delle ripetizioni. 90 Densità (piante/mq) 80 70 60 STEME VERPE TAROF CERAR POAsp CONAR 50 40 30 20 10 0 D E F G Tesi Fig.6 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al primo rilievo L. perenne, in particolare nella tesi B (Fig.7). Fra le altre specie presenti, la più abbondante è risultata STEME, con circa 150 piante/m2 nella tesi C. Nelle tesi in cui veniva effettuata la gestione dell’inerbimento spontaneo (tesi A, B e C), la graminacea maggiormente rappresentata in questo rilievo era 160 Densità (piante/mq) 140 T. repens F. arundinacea CERAR POAsp CONAR L. perenne STEME VERPE TAROF 120 100 80 60 40 20 0 A B C Tesi Fig.7 – Densità delle specie più imporanti rilevate nelle tesi A, B e C 37 La biomassa del totale delle piante presenti al momento del primo rilievo, espressa in termini di peso fresco, è risultata compresa fra 520 g/m2 (tesi F) e 890 g/m2 (tesi C) in Fig.8. Nelle parcelle seminate, la tesi D si è distinta per la ridottissima biomassa complessiva delle specie diverse da quelle seminate. Nelle altre tesi, la biomassa delle infestanti è risultata compresa fra il 11% e il 17% della biomassa totale (Fig.9). 1000 800 600 400 200 0 B A C E D F Tesi Fig.8 – Biomassa totale (specie seminate + infestanti) nelle diverse tesi (peso fresco medio) al primo rilievo 900 Infestanti Seminate 800 Biomassa (g peso fresco/mq) Biomassa (g peso fresco/mq) 1200 700 600 500 400 300 200 100 0 D E F G Tesi Fig.9 – Ripartizione della biomassa totale tra specie seminate e specie infestanti al primo rilievo 38 G L’elevato grado di ricoprimento dato da questa specie ha verosimilmente determinato lo sviluppo relativamente scarso di L. perenne, per il quale è stato registrato un valore di copertura massimo del 12% (tesi D). La copertura di T. repens (tesi E e G) è risultata compresa fra il 32% e il 47%. Fra le tesi seminate, la più elevata presenza di infestanti è stata osservata nella tesi F (Fig.11), dove la specie più abbondante è risultata Digitaria sanguinalis (DIGSA), con circa 60 piante/m2. Secondo rilievo Al momento del secondo rilievo (13 giugno), effettuato dopo due interventi di gestione degli inerbimenti (lavorazione, sfalcio o pirodiserbo), nelle tesi seminate la copertura data da F. rubra è risultata prossima al 100% nelle tesi in cui era stata seminata (tesi D, E, G) (Fig.10). F. rubra L. perenne 120 F. arundinacea T. repens Copertura (%) 100 80 60 40 20 0 D E F G Tesi Fig.10 – Copertura delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al secondo rilievo Densità (piante/mq) 70 60 50 DIGSA TAROF STEME POAsp CONAR CERAR 40 30 20 10 0 D E F G Tesi Fig.11 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al secondo rilievo 39 I valori più bassi sono stati registrati nelle tesi D ed F. Nelle tesi in cui era previsto l’inerbimento spontaneo, le specie più abbondanti sono risultate L. perenne e D. sanguinalis. (Fig.12). Complessivamente, la più elevata densità di piante è stata rilevata nella tesi B. Nelle tesi D, E, F, G e H, il maggior contributo alla biomassa totale era dato dalle specie seminate (Fig.14), mentre le infestanti rappresentavano, in tutti i casi, non La biomassa totale al secondo rilievo era più del 10%. compresa fra 1300 e 2600 g/m2 (Fig.13). Densità (piante/mq) 160 140 T. repens STEME POAsp L. perenne CONAR CERAR DIGSA TAROF 120 100 80 60 40 20 0 A B C Tesi Fig.12 – Densità delle specie infestanti nelle tesi A, B e C al secondo rilievo Biomassa (g peso fresco/mq) 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 B A C D E F G Tesi Fig.13 – Biomassa totale (specie seminate + infestanti) nelle diverse tesi (peso fresco medio) al secondo rilievo Biomassa (g peso fresco/mq) 3500 Infestanti Seminate 3000 2500 2000 1500 1000 500 0 D E F G Tesi Fig.14 – Ripartizione della biomassa totale tra specie seminate e specie infestanti al secondo rilievo 40 Nella stessa tesi, tuttavia, è stata osservata la maggior presenza di infestanti, con Nel terzo rilievo (6 agosto) i più elevati una densità complessiva di circa 19 pianvalori di copertura nelle parcelle semina- te/m2 (Fig.16). te sono stati osservati ancora per F. rubra (Fig.15). Nelle tesi D, E e G le altre spe- Nelle tesi in cui era previsto l’inerbimencie seminate presentavano valori di coper- to spontaneo, il rilievo è stato eseguito tura quasi sempre inferiori al 10%. Nella solo nelle tesi A e C, dove è stata osservatesi F è stato rilevato un buon equilibrio ta una elevata presenza di D. sanguinalis e, fra le due specie di Festuca presenti, con nella sola tesi A, di S. media (Fig.17). una copertura totale prossima al 90%. Copertura (%) Terzo rilievo 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 F. rubra L. perenne F. arundinacea T. repens D E F G Tesi Fig.15 – Copertura delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al terzo rilievo Densità (piante/mq) 14 DIGSA GASCI POROL 12 10 TAROF STEME CONAR 8 6 4 2 0 D F E G Tesi Densità (piante/mq) Fig.16 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al terzo rilievo 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 T. repens STEME L. perenne GASCI DIGSA ECHCG A C Tesi Fig.17 – Densità delle specie infestanti nelle tesi A e C al terzo rilievo 41 Nelle stesse tesi seminate, l’elevata copertura data dalle due specie di Festuca ha determinato un ridotto sviluppo di infestanti. Tra queste, solo Taraxacum officinale (TAROF) era presente con densità superiori a 10 piante/m2 (Tesi E, Fig.19). Quarto rilievo Analogamente ai rilievi precedenti, anche nell’ultimo rilievo F. rubra ha determinato il più elevato livello di copertura nelle tesi seminate. Con l’eccezione di F. arundinacea nella tesi F, tutte le altre specie seminate presentavano livelli di copertura spesso non rilevabili e comunque al di sotto del 10% (Fig.18). 120 F. rubra L. perenne Copertura (%) 100 F. arundinacea T. repens 80 60 40 20 0 D E F G Tesi Fig.18 – Copertura delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al quarto rilievo 12 DIGSA TAROF STEME Densità (piante/mq) 10 SETVI ECHCG PLALA 8 6 4 2 0 D E F G Tesi Fig.19 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al quarto rilievo 42 Nelle tesi in cui era previsto l’inerbimento spontaneo le graminacee maggiormente rappresentate erano L. perenne e D. sanguinalis (Fig.20). Tra le altre specie presenti, elevati valori di densità sono stati rilevati per Veronica persica e S. media nella tesi A (rispettivamente 166 e 103 piante/m2). 180 T. repens STEME ECHCG Densità (piante/mq) 160 140 La biomassa totale al quarto rilievo era compresa fra 850 e 1900 g/m2 di sostanza fresca (Fig.21). Nelle tesi A e B i valori osservati sono risultati significativamente inferiori rispetto a quelli rilevati nelle altre tesi. Nelle tesi D, E, F, G e H, le specie seminate formavano sempre oltre il 90% della biomassa totale (Fig.22). L. perenne POAsp TAROF DIGSA CONAR POROL PLAMA VERPE 120 100 80 60 40 20 0 A B C Tesi Fig.20 – Densità delle specie presenti nelle tesi A e C al quarto rilievo Biomassa (g peso fresco/mq) 2500 2000 1500 1000 500 0 A B D C E G F Tesi Fig.21 – Biomassa totale (specie seminate + infestanti) nelle diverse tesi (peso fresco medio) al quarto rilievo Biomassa (g peso fresco/mq) 2500 Infestanti Seminate 2000 1500 1000 500 0 D E F G Tesi Fig.22 – Ripartizione della biomassa totale tra specie seminate e specie infestanti al quarto rilievo 43 I valori più elevati di questo parametro sono stati osservati nella tesi A, mentre i L’osservazione sulle caratteristiche vege- più bassi nella tesi D. to-produttive del melo non ha fornito, al momento, risultati di chiara interpreta- Per quanto riguarda i parametri qualitazione, a causa del relativamente breve tivi dei frutti, differenze significative tra periodo di tempo intercorso nella prova. le varie tesi sono state osservate solo nella Per quanto riguarda i parametri quantita- risposta alla reazione di Lugol, con valori tivi (Fig.23), differenze significative tra significativamente inferiori nella tesi G le tesi sono state osservate solo per quan- (Fig.24). to riguarda il peso medio dei frutti. 80.0 70.0 60.0 50.0 40.0 30.0 20.0 10.0 0.0 120 Numero frutti/pianta Lunghezza germogli (cm) Rilievi sulla coltura 100 80 60 40 20 0 B A C E D F G A B C 185.0 180.0 175.0 170.0 165.0 160.0 155.0 150.0 145.0 140.0 b ab ab ab ab ab a A B C D D E F G E F G Tesi Peso medio pianta (kg) Peso medio frutti (g) Tesi E F 20.0 18.0 16.0 14.0 12.0 10.0 8.0 6.0 4.0 2.0 0.0 A G B C D Tesi Tesi Fig.23 – Principali parametri quantitativi. A lettere uguali corrispondono differenze non significative secondo REGWF test (P=0.05) 44 b b b b b b 9 Sovracolore Punteggio Lugol 10 a 8 7 0 A B C E D F 96 94 92 90 88 86 84 82 80 78 G A B C Tesi Tenore in zuccheri (°brix) 9.5 9.0 B C D E F G E F G 14.6 14.4 14.2 14.0 13.8 13.6 13.4 13.2 13.0 12.8 A B Tesi C D E F Tesi 200.0 Acidità (meq/l) Durezza 10.0 A D Tesi 160.0 120.0 80.0 40.0 0.0 A B C D E F G Tesi Fig.24 – Principali parametri qualitativi. A lettere uguali corrispondono differenze non significative secondo REGWF test (P=0.05) 45 G Conclusioni I risultati ottenuti nella prova condotta presso la scuola teorico-pratica MalvaArnaldi hanno fornito utili indicazioni sulla dinamica di sviluppo di diverse tipologie di inerbimenti controllati. In questo secondo anno di prova, Festuca rubra è stata la specie in grado di determinare le coperture generalmente maggiori, sostituendo in parte il ruolo rivestito dal Lolium perenne nel precedente anno. Tra le altre specie seminate, buoni livelli di copertura sono stati ottenuti durante tutta la stagione con F. arundinacea, mentre la presenza di Trifolium repens si è ridotta verso gli ultimi rilievi. Con l’eccezione del peso medio dei frutti, la gestione degli inerbimenti lungo la fila non ha influenzato i principali parametri quantitativi e qualitativi della produzione. Analogamente, dopo due anni di sperimentazione non sono evidenti effetti sul contenuto in azoto totale del terreno. La prova a carattere dimostrativo condotta presso Castellar ha confermato la buona capacità di copertura di F. rubra ed ha posto in evidenza l’importanza di una corretta esecuzione degli sfalci e, in particolare, della regolazione dell’altezza di taglio nel mantenimento della copertura per tutta la stagione. Le prove svolte in questo secondo anno di sperimentazione hanno inoltre permesso di meglio valutare i costi di alcune tecniche di controllo delle infestanti basate su metodi fisici e meccanici. In particolare, la necessità di eseguire un numero di interventi relativamente elevato ha determinato costi complessivi annui molto simili tra sfalcio e pirodiserbo e decisamente più bassi rispetto a quelli della lavorazione superficiale del terreno. 46 Verifica di diverse strategie di fertirrigazione biologica sulla cultivar Pink Lady (4) Ursula Gamba, Massimo Pinna, Sandra Spagnolo(*) – Dario Possetto(**) – Giancarlo Bourlot(***) Introduzione sperimentazione avviata nell’anno 2002, su impianto di melo cv Pink Lady. Nel panorama varietale della melicoltura italiana, la cultivar Pink Lady rappresenta un’importante novità che riscuote l’interesse degli operatori commerciali e dei consumatori grazie alle sue caratteristiche estetiche ed organolettiche del tutto originali. La Scuola Malva Arnaldi da alcuni anni sperimenta la messa a punto di tecniche di coltivazione biologica di questa cultivar; l’individuazione delle idonee strategie di fertirrigazione impiegabili può rappresentare quindi un passo importante per la gestione biologica della mela Pink Lady. La messa a punto delle tecniche di fertilizzazione rappresenta uno degli aspetti fondamentali per la corretta gestione delle colture biologiche. Il rapido diffondersi dell’agricoltura biologica ha portato in questi anni le industrie produttrici di fertilizzanti ad immettere sul mercato un considerevole numero di prodotti di origine naturale idonei a tale scopo ma che spesso, per un loro corretto utilizzo, necessitano di verifiche di campo e della messa a punto delle idonee strategie di distribuzione. Nel settore viticolo ed in quello orticolo esistono ormai numerose esperienze, mentre nel campo della frutticoltura biologica sono necessari ulteriori approfondimenti. Questo lo scopo della Materiali e metodi I tre filari a disposizione sono stati suddivisi in quattro parcelloni, corrispondenti ad altrettante tesi (Tab.1), ripartiti come da Fig.1. Nel 2002 il campo sperimentale è stato allestito su un impianto di melo cv Pink Lady, dell’età di quattro anni, presso la Scuola Malva Arnaldi di Bibiana. (4) Lavoro eseguito con contributo di Regione Piemonte e Provincia di Torino. (*) (**) (***) CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica-Provincia di Torino – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO) Scuola Malva Arnaldi – Via S.Vincenzo 48 – 10060 Bibiana (TO) Laboratorio Agrochimico - Regione Piemonte – Via Livorno, 60 - 10147 Torino 47 Tesi 1 Tesi 2 Tesi 3 Tesi 4 Fig.1 – Disegno sperimentale Tab.1 – Tesi a confronto Tesi Fertirrigazione Dose (kg/Ha) Concimazione fogliare Dose (kg/Ha) 1 2 3 4 Ilsadrip Lysodin Alga-Fert Nutrigreen AD Testimone non trattato 60 50 45 – Etix mgb Lisodin multimix Oligogreen Testimone non trattato 2 2 3 – I due interventi fogliari sono stati effettuati allo stadio di frutto noce (30 maggio) e ad inizio ingrossamento frutto (21 luglio); le fertirrigazioni, a cominciare dall’ 8 maggio, sono state ripetute ogni dieci giorni. I concimi fogliari impiegati sono composti da diverse miscele di microelementi. I concimi organici sono costituiti da composti aminoacidici, in diversa proporzione nei differenti formulati, ottenuti attraverso processi di idrolisi enzimatica. Si differenzia Lysodin Alga-Fert la cui formulazione comprende alghe brune (Ascophyllum nodosum) del Nord Atlantico. Tutti i prodotti sono stati distribuiti rispettando le dosi consigliate dalle ditte produttrici. La distribuzione dei concimi fogliari è stata effettuata con l’ausilio di un atomizzatore, mentre per le fertirrigazioni è stato utilizzato l’impianto d’irrigazione a goccia presente in azienda. La parcella testimone, individuata nella porzione terminale dei filari, è stata isolata dalla fertirrigazione chiudendo le manichette di distribuzione all’altezza del terzultimo palo. All’interno di ogni parcella sono state individuate dieci piante su cui effettuare periodicamente i seguenti rilievi: • sulla fase fenologica: misurazione della lunghezza di cinque germogli apicali per pianta, ogni dieci giorni per sei volte, a cominciare dalla ripresa vegetativa; • sulla produzione: conteggio dei frutti e peso complessivo della produzione per pianta, analisi del contenuto zuccherino mediante l’impiego di un rifrattometro. I dati ottenuti sono stati sottoposti ad elaborazione statistica mediante analisi della varianza. 48 Risultati Questi dati hanno comunque un valore qualitativo in quanto le piante interessate dalla prova erano al primo anno di produzione; inoltre gli effetti delle fertirrigazioni e delle pratiche fertilizzanti in generale possono evidenziarsi soltanto dopo alcuni anni. La sperimentazione dovrà quindi proseguire nei prossimi anni per evidenziare gli eventuali effetti dei prodotti saggiati nel lungo periodo. I risultati conseguiti in questo primo anno di prova evidenziano una attività di due dei prodotti saggiati sulla fase produttiva della pianta e non sulla fase vegetativa. In particolare le parcelle trattate con Ilsadrip + Etix MGB e con Nutrigreen AD + Oligogreen hanno prodotto frutti con peso specifico superiore rispetto a quello delle parcelle testimone (Tab.2). Tab.2 – Differenze di efficacia dei prodotti saggiati nei confronti del testimone Tesi Ilsadrip + Etix MGB Lysodin Alga-Fert + Lisodin multimix Nutrigreen AD + Oligogreen Lunghezza germogli Peso medio frutti per pianta Produzione totale per pianta n.s. (*) P< 0,05 n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. (*) P< 0,05 (*) P< 0,05 BIBLIOGRAFIA CONSULTATA BARTOLINI R., 2003. Un attivatore per concimi fogliari. Terra e vita. Edagricole, 2: 52-54. BARTOLINI R., 2003. Fertirrigazione e meccanismi fisiologici. Terra e vita. Edagricole, 2: 61-65. 49 50 La coltivazione della patata nelle aree montane: verifica dell’applicabilità delle tecniche di produzione biologiche e individuazione delle migliori varietà con particolare riferimento ai parametri qualitativi (5) Giulio Re, Dario Possetto(*) – Silvana Nicola, Jeanet Hoeberechts, Emanuela Fontana, Daniela Saglietti, Giuseppe Piovano(**) Giuseppe Zeppa, Luca Rolle(***) Introduzione Il progressivo abbandono delle coltivazioni negli areali montani costituisce una importante problematica per le numerose ripercussioni sull’assetto idrogeologico e sul paesaggio, in quanto si determina la rottura di importanti sinergie tra agricoltura, turismo e tutela ambientale, fondamentali per lo sviluppo globale di questi territori marginali. Una coltura importante per l’adattabilità a queste situazioni è da sempre la patata, per la quale sarebbe opportuno individuare le cultivar più idonee soprattutto in relazione ai parametri organolettici ed all’adattabilità al metodo dell’agricoltura biologica in montagna: infatti, l’interesse crescente dei consumatori per le produzioni biologiche e per i cosiddetti “prodotti tipici” caratterizzati da una forte tradizionalità sul territorio offrono sicuramente una valida possibilità di rilancio. Diviene quindi necessario ricostruire opportunità agricole nelle vallate alpine a ridosso delle tradizioni gastronomiche e vocazionalità, ottenendo produzioni dotate di numerosi “plus” qualitativi (caratteristiche organolettiche di pregio, patate “biologiche”), e verificando nel contempo le potenzialità dell’orticoltura biologica nelle vallate. La presenza di alcuni ecotipi locali (in primis la “Piatlina”) costituisce sicuramente un importante elemento di tipicizzazione di queste produzioni, ma occorre approfondire le conoscenze in merito al comportamento agronomico e alle prestazioni produttive. Il presente progetto si propone quindi di indagare tutti gli aspetti citati, coinvolgendo direttamente le aziende in loco, mediante la realizzazione di campi sperimentali dislocati nei territori marginali; la valutazione del comportamento agronomico e produttivo, della adattabilità alla coltivazione biologica e la definizione del profilo sensoriale per le varietà in prova. Si riportano i risultati ottenuti nel corso del secondo anno di attività sperimentale (2002) relativi a produzioni ottenute ed analisi biometriche. (5) Lavoro eseguito con finanziamento di Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comunità Montane: Val Chisone e Val Germanasca, Valle Pellice, Alta Valle Susa e Pinerolese Pedemontana. (*) (**) (***) Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio, Settore Orticoltura e Colture Officinali - Facoltà di Agraria Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO) Dipartimento di Valorizzazione e Gestione delle Risorse Agroforestali, Settore Industrie Agrarie - Facoltà di Agraria Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO) 51 Materiali e metodi Per i due siti di coltivazione inseriti in prova solo dal 2002 sono state effettuate le analisi del terreno presso i laboratori del Servizio Fitosanitario Regionale al fine di determinarne i principali parametri chimico-fisici. Gli esiti analitici hanno evidenziato in entrambi i siti suoli franco-sabbiosi con buona dotazione di sostanza organica e valori di pH prossimi alla neutralità. Aziende e siti di coltivazione Alla luce delle prove condotte nel 2001, delle problematiche emerse in alcuni siti e considerato l’interesse manifestato da altre Comunità Montane e la connotazione divulgativa del progetto, sono state apportate alcune variazioni rispetto al primo anno. Nel dettaglio sono stati esclusi i campi di Usseaux e Salza ed inserite le località di Ostana (C.M Valle Po, Bronda e Infernotto) e Cesana, loc. S. Sicario (C.M. Alta Valle Susa). Sono stati invece ripetute le prove di coltivazione nei rimanenti 4 siti dislocati nelle Valli Chisone e Germanasca (Fig.1). Fig.1 – Localizzazione dei siti interessati dalla prova nelle valli Chisone e Germanasca ed in Alta Valle Susa 52 Varietà e protocollo di coltivazione Le varietà considerate sono state Agria, Desirèe, Bintje, Liseta, già in prova nel 2001 e Finka, varietà di recente costituzione inserita in prova in sostituzione di Spunta, in seguito alle richieste di alcuni produttori di sperimentare nuove cv con elevati standard organolettici ed epoca di maturazione anticipata. Particolarmente importante diviene quest’ultimo aspetto per la valorizzazione del prodotto in loco, dove diventa estremamente preziosa la disponibilità del prodotto nel mese di agosto, in corrispondenza del consistente flusso turistico che caratterizza queste vallate. Considerando quindi il carattere divulgativo del progetto e visto l’interesse suscitato nel primo anno sono state accolte le proposte dei produttori inse- Fig.2 – Preparazione del terreno per il trapianto a Pragelato, loc. Gran Puy a 1800 m s.l.m. rendo la cv Finka. La superficie interessa2 ta dalla prova era pari a circa 200 m per ogni sito. Ogni cv è stata ripetuta in tre blocchi randomizzati; le singole parcelle L’epoca del trapianto non è stata la medeoccupavano una superficie di 10 m2. sima in tutti i siti, per ovvie ragioni legate alle diverse condizioni pedoclimatiche: Sono state inoltre recuperate due tipoloPomaretto 18 aprile gie della cv Piatlina (antica varietà autocOstana 30 aprile tona), la prima dal cuneese (Entraque) e la Fenestrelle 20 maggio seconda in Val Chisone (Pragelato). Prali 24 maggio Entrambi gli ecotipi sono stati coltivati Pragelato 13 giugno nel sito di Fenestrelle. Cesana 13 giugno Al fine di uniformare la tecnica colturale e permettere una attendibile valutazione Sono stati rilevati gli appezzamenti e delle interazioni tra i siti ed i parametri definiti gli schemi sperimentali più osservati, è stato definito un protocollo opportuni che sono stati forniti alle comune di coltivazione a cui le aziende aziende, coadiuvando gli agricoltori nelle dovevano sottostare: operazioni di trapianto. • preparazione del letto di semina con Eventuali lavorazioni successive sono aratura a 25-30 cm di profondità state effettuate in relazione allo sviluppo • letamazione (10 qli, pari a 500 qli/ha) più o meno elevato delle infestanti. • fresatura o erpicatura superficiale • semina (a file, con sesti di 70 cm x 25 cm) • rincalzatura dei tuberi. 53 Avversità biotiche Contemporaneamente all’esecuzione dei rilievi dei diversi stadi fenologici, veniva rilevata anche l’eventuale presenza di avversità di natura biotica, in particolare la peronospora (Phytphtora infestans) e la dorifora (Leptinotarsa decemlineata), valutando la necessità di interventi di lotta. Nella difesa dalle avversità le aziende dovevano attenersi alle norme previste dal Reg. CE 2092/91 sull’agricoltura biologica. Peraltro, tre delle aziende coinvolte, hanno effettivamente avviato la conversione all’agricoltura biologica nel 2001. Sono stati effettuati monitoraggi per valutare la necessità di interventi di lotta. La raccolta è stata effettuata nelle seguenti date: Pomaretto 13 agosto Ostana 27 agosto Fenestrelle 16 settembre Prali 23 settembre Cesana 30 settembre Pragelato 3 ottobre Parametri produttivi e merceologici In tali occasioni si sono effettuati i rilievi dei parametri produttivi, determinando: in campo: • peso della produzione commercializzabile (diametro trasversale >30 mm), con conteggio del numero di tuberi • peso della produzione di scarto (diametro trasversale <30 mm), con conteggio del numero di tuberi • livello di maturazione, dato dall’incidenza dei tuberi con evidente distacco dell’epidermide allo sfregamento (a valori bassi dell’indice corrispondono tuberi con un basso grado di maturazione, la cui epidermide si sfoglia facilmente); Rilievi e parametri osservati Fenologia Sono stati effettuati rilievi sull’evoluzione delle principali fasi fenologiche e sulla vigoria delle piante. Per la valutazione dell’emergenza sono stati effettuati due rilievi, rispettivamente dopo 2 settimane e un mese dalla semina, rilevando il numero di piante emerse e lo stadio di sviluppo. Sono state determinate le epoche di fioritura al fine di ottenere informazioni utili sulla diversa precocità delle cv e formulare ragionevoli previsioni per le epoche di raccolta. Dopo la fase di fioritura è stata determinata la vigoria delle piante, attraverso la misurazione dell’altezza di 20 fusti per ogni parcella. in laboratorio (su un campione rappresentativo di circa 10 kg di tuberi per parcella prelevato al momento della raccolta): • pezzatura mediante suddivisione dei tuberi in classi di diametro trasversale (<40 mm; tra 40 e 60 mm; >60 mm) • pesatura e conteggio dei tuberi per ogni classe. I dati sono stati sottoposti ad elaborazione statistica. 54 alcun elemento di variabilità quale può essere l’olio di cottura nel caso delle patate fritte. In relazione all’elevato numero di varietà e di siti coinvolti non è possibile il loro confronto mediante dei test discriminanti qualitativi e quindi agli assaggiatori è stata chiesta una descrizione dei singoli prodotti unita ad una valutazione delle patate sia in termini assoluti sia tra le cultivar provenienti da ciascun sito. A queste valutazioni è stata aggiunta la classificazione secondo la European Association for Potato Research (EAPR) che prevede tre tipologie indicate come A (polpa soda, grana molto fine, indicata per insalata e forno), B (consistenza media, grana fine, indicata per purea, gnocchi e forno) e C (polpa molto tenera, farinosa, grana grossa, indicata per patate fritte e gnocchi). Non è stata effettuata invece alcuna valutazione comparativa fra i diversi siti. Analisi sensoriale Nell’annata 2002 la caratterizzazione sensoriale della patata pinerolese è stata effettuata su tutte le cultivar (Finka, Agria, Liseta, Bintije, Desirée) ed i siti (Pomaretto, Fenestrelle, Pragelato, Prali, Cesana, Ostana) in studio. Il campione utilizzato per l’assaggio è stato ottenuto unendo per ciascun sito e ciascuna varietà le patate delle tre parcelle di coltivazione. Le patate sono state conservate in cella frigo a circa 10 °C ed in assenza di luce sino al momento dell’esame sensoriale che si è svolto dopo circa quattro mesi dalla raccolta. L’esame sensoriale è stato effettuato esclusivamente sui prodotti cotti. Fra le numerose tecniche di cottura (al forno, a vapore, bollite, fritte ecc.) anche per l’anno 2002 è stata scelta quella a vapore (25 min) in quanto è riproducibile, di facile esecuzione e soprattutto non inserisce Risultati valori più modesti (73% a Fenestrelle). La cv Bintije, anche negli appezzamenti con elevata percentuale di piante emerse, ha evidenziato una notevole disformità (emergenza scalare, ed accrescimenti irregolari). Lo sviluppo delle plantule nelle prime fasi è apparso invece molto omogeneo per Agria e Desirèe. L’andamento della fioritura ha evidenziato diversi livelli di precocità tra le cv indagate. In generale Agria e Desirèe hanno iniziato la fioritura con qualche giorno di anticipo rispetto a Bintije. Per la cv Liseta non sono stati osservati fiori nel 2002 nei diversi siti. Evoluzione degli stadi fenologici e della vigoria L’andamento delle fasi di emergenza e fioritura nei diversi siti viene schematizzato nella Fig.3. Mediamente sono intercorsi circa 20 gg dalla semina all’inizio della emergenza; a Pomaretto i tempi sono stati più lunghi in relazione alla semina primaverile, e alle temperature relativamente basse del periodo. Confrontando i dati relativi alle diverse cv nell’ambito dei singoli siti viene rilevato, nella maggior parte delle situazioni, una buona percentuale di emergenza per le varietà in prova, ad eccezione di Liseta e Finka che fanno rilevare in quasi tutte le località i 55 Pomaretto Varietà Maggio Agria 90% Bintje Desirèe 95% Finka 95% 87% non fiorita Giugno Luglio Agria 85% Desirèe 91% Finka 73% Liseta Piatlina Entr. 77% Piatlina Prag. Varietà 82% Ostana Prali non fiorita Maggio Giugno Luglio 89% Bintje 99% Desirèe 98% Finka 79% Liseta Varietà 80% non fiorita Gugno Agria Luglio Agosto 82% Bintje 95% Desirèe 89% Finka 92% Liseta Varietà 92% non fiorita Gugno Luglio Agria Cesana Agosto 87% Agria Agosto 89% Bintje 99% Desirèe 98% Finka 79% Liseta Varietà 80% Gugno non fiorita Luglio Agria Pragelato Luglio 92% Liseta Varietà Fenestrelle Giugno Agosto 98% Bintje 87% Desirèe 93% Finka 96% Liseta 85% non fiorita Fig.3 – Periodi di emergenza e fioritura nei diversi siti per le varietà in prova 56 Piatlina, coltivati nel sito di Fenestrelle, hanno fatto rilevare altezze modeste, con valori medi di 42 cm per l’ecotipo “Val Chisone” e 31 cm per l’ecotipo “Entraque”. In relazione all’incidenza del sito viene evidenziata una vigoria media decisamente superiore a Pomaretto (dove è stato rilevato il maggior sviluppo vegetativo per tutte le cv) e a Fenestrelle rispetto agli appezzamenti situati a quote più elevate. Per la valutazione della vigoria, i risultati del rilevamento dell’altezza delle piante vengono rappresentati nel grafico sotto riportato (Fig.4). In tutti i siti di coltivazione Agria e Desirèe hanno evidenziato un maggiore sviluppo vegetativo con un’altezza media compresa tra i 70 cm di Fenestrelle e i 50 cm di Pragelato; Liseta e Finka hanno invece manifestato una vigoria decisamente contenuta (valori compresi tra 50 e 35 cm). Le piante di 80 altezza media delle piante (cm) 70 60 50 finka liseta bintje desirèe agria 40 30 20 10 0 to et ar P om Fe lle tre s ne na ta Os i al Pr a an s Ce siti to la e ag Pr Fig.4 – Altezza media delle piante rilevata dopo la fioritura 57 Come risulta dalle tabelle appare evidente la elevata sensibilità della cv Bintje e l’elevato livello di tolleranza di Agria e Desirèe. Finka e Liseta presentano invece una situazione intermedia. Per la difesa dalla peronospora sono stati effettuati tre trattamenti con prodotti rameici (ossicloruro di rame) a Pomaretto e due a Fenestrelle. Per la dorifora, a Pomaretto, dove è stata individuata precocemente la presenza, sono stati effettuati due trattamenti con insetticida a base di Bacillus thuringensis (tenebrionis) con ottimi risultati. Monitoraggio delle principali avversità biotiche e strategie di difesa I rilievi effettuati per individuare la presenza di Leptinotarsa decemlineata e di Phytophtora infestans hanno evidenziato la presenza significativa di queste avversità solamente nei siti di Fenestrelle e Pomaretto. L’andamento climatico particolarmente favorevole alla malattia ha determinato lo sviluppo di gravi infestazioni diffuse, consentendo di individuare il diverso livello di tolleranza/sensibilità delle varietà in prova. Tab.1 – Livello di sensibilità a Phytophtora infestans rilevato per le diverse cv nei siti di Fenestrelle e Pomaretto Pomaretto Agria Bintje Desirèe Finka Liseta Fenestrelle ++ ++++ + +++ +++ Agria Bintje Desirèe Finka Liseta ++ +++ + ++ ++ considerati sono stati influenzati significativamente dall’interazione cv x sito Dall’analisi statistica effettuata sui dati di (Tab.2). campo è risultato che tutti i parametri Parametri produttivi Tab.2 – Analisi della varianza per il peso ed il numero di tuberi per pianta (sul totale, sul commerciabile e sul non commerciabile) con valori di P Fonte di variazione Cultivar Sito Cultivar x Sito Significatività di F – Peso dei tuberi per pianta totale commerciabile 0.005 <0.001 0.005 58 0.002 <0.001 0.012 Nei restanti siti le produzioni si pongono tra ca 0.2 e 0.3 kg di tuberi per pianta, con variazioni legate alla cv molto evidenti a Pomaretto e Fenestrelle, più attenuate ad Ostana e Prali (Fig.5). La cultivar che nel complesso dei siti ha prodotto di meno è stata la ‘Bintje’, confermando i risultati del primo anno di sperimentazione. La produzione totale di tuberi per pianta è stata maggiore a Cesana e Pragelato, i siti posti a quota più elevata: le produzioni ottenute con ‘Agria’ e ‘Desiree’ si sono poste intorno a 0.75 kg di tuberi per pianta; buone prestazioni si sono ottenute anche con ‘Bintje’ e ‘Liseta’ a Cesana (ca 0.6 kg per pianta) e ‘Finka’ e ‘Liseta’ a Pragelato (ca 0.5 kg per pianta). 0.8 0.7 0.6 kg 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0 Liseta Finka Desirée Cesana Bintje Agria Liseta Finka Desirée Prali Bintje Agria Liseta Finka Ostana Desirée Bintje Agria Liseta Finka Desirée Fenestrelle Bintje Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Pomaretto Pragelato Cultivar x Sito Fig.5 – Produzione totale di tuberi per pianta nei siti e per le cv esaminate kg La produzione di tuberi commerciabili ha lo stesso andamento di quello riscontrato per la produzione complessiva di tuberi, con valori di poco inferiori (Fig.6); ciò indica che, per i fattori considerati, si è ottenuto nel complesso un raccolto di buona qualità. Si conferma il dato per cui le cv ‘Agria’ e ‘Desiree’ a Cesana e Pragelato hanno fornito le migliori performance. 0.8 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0 Liseta Finka Desirée Bintje Agria Cesana Liseta Finka Desirée Bintje Agria Prali Liseta Finka Desirée Bintje Ostana Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Fenestrelle Liseta Finka Desirée Bintje Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Pomaretto Pragelato Cultivar x Sito Fig.6 – Produzione di tuberi commerciabili per pianta nei siti e per le cv esaminati 59 Il peso medio dei tuberi nel complesso della produzione ottenuta raggiunge i valori maggiori in corrispondenza dei siti posti a quota più elevata, Cesana e Pragelato, in cui tutte le cv, tranne ‘Bintje’, si attestano su valori variabili tra 81.2 e 100.4 g per tubero (Fig.7). Negli stessi siti ‘Bintje’ ha prodotto in media tuberi di 50.4 g; la stessa cv ha sempre prodotto i tuberi di peso inferiore anche nelle altre località, con un minimo di 27.8 g ad Ostana. Lo scarto, dovuto alla presenza di tuberi di diametro inferiore a 30 mm, in tutti i siti e per tutte le cv è quasi sempre inferiore a 0.1 kg per pianta. Esso assume valori superiori per le cv ‘Bintje’ e ‘Desiree’ ad Ostana e ‘Bintje’ a Cesana, dove si ottiene il valore massimo di 0.17 kg. L’analisi della varianza ha messo in evidenza che il peso medio dei tuberi sia nel complesso della raccolta sia nella categoria dei tuberi commerciabili è stato influenzato significativamente dall’interazione cv x sito, mentre il peso medio relativo alla categoria di tuberi non commerciabili è stato influenzato significativamente dai fattori principali (Tab.3). Tab.3 – Analisi della varianza per il peso medio dei tuberi con valori di P Fonte di variazione totale Cultivar Sito Cultivar x Sito <0.001 <0.001 0.021 Peso medio dei tuberi commerciabile non commerciabile <0.001 <0.001 0.046 0.029 <0.001 0.159 175 150 125 g 100 75 50 25 0 Liseta Finka Desirée Bintje Agria Cesana Liseta Finka Desirée Bintje Agria Prali Liseta Finka Desirée Bintje Ostana Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Fenestrelle Liseta Finka Desirée Bintje Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Pomaretto Pragelato Cultivar x Sito Fig.7 – Peso medio dei tuberi sulla produzione totale nei siti e per le cv esaminate 60 re massimo con ‘Liseta’ (160.3 g per tubero), mentre per le altre cv nei due siti si sono avuti valori decrescenti fino al minimo di 83.5 g con ‘Bintje’. Nelle altre aree di coltivazione i valori variano tra 51.9 g e 96.3 g; il valore minimo in ogni sito è sempre relativo ai tuberi della cv ‘Bintje’. Il peso medio dei tuberi calcolato sulla sola produzione commerciabile aumenta notevolmente, ma l’andamento rimane lo stesso già evidenziato nel grafico precedente (Fig.8). I risultati migliori si sono riscontrati sempre a Cesana e Pragelato; in quest’ultima località si è ottenuto il valo- 175 150 125 g 100 75 50 25 0 Liseta Finka Desirée Bintje Agria Cesana Liseta Finka Desirée Bintje Agria Prali Liseta Finka Desirée Bintje Ostana Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Fenestrelle Liseta Finka Desirée Bintje Agria Liseta Finka Desirée Bintje Agria Pomaretto Pragelato Cultivar x Sito Fig.8 – Peso medio dei tuberi sulla produzione commerciabile nei siti e per le cv esaminate L’analisi dei dati inerenti la ‘Piatlina’ ha messo in evidenza le migliori prestazioni dell’ecotipo ‘Pragelato’ rispetto all’ecotipo ‘Entracque’: la produzione del primo è infatti maggiore di 16 volte rispetto a quella del secondo, pur mantenendosi su livelli molto bassi quali quelli raggiunti da ‘Bintje’ nello stesso sito. La produzione commerciabile di tuberi di ‘Pragelato’ è quasi pari a quella di tuberi non commerciabili, mentre per ‘Entracque’ tutta la produzione non è commerciabile. Anche per il numero di tuberi prodotti per pianta e per il loro peso medio la miglior prestazione è sempre quella dell’ecotipo ‘Pragelato’ (Tab.4-5). Fig.9 – Patata della cv ‘Piatlina’ ecotipo ‘Pragelato’ coltivata nel sito di Fenestrelle 61 Tab.4 – Numero di tuberi per pianta dei due ecotipi della cv ‘Piatlina’ Ecotipo totale Pragelato Entracque 3.86 0.63 Numero di tuberi per pianta commerciabile non commerciabile 1.16 0.08 2.70 0.54 Tab.5 – Peso medio dei tuberi dei due ecotipi della cv ‘Piatlina’ Ecotipo totale Pragelato Entracque 40.97 20.00 Peso medi dei tuberi (g) commerciabile non commerciabile 74.62 50.00 26.49 15.38 Per le altre cultivar non si evidenzia invece un comportamento univoco ed il gradimento risulta quindi maggiormente influenzato dal sito. È da evidenziare che a differenza dell’annata 2001 fra i prodotti 2002 non vi siano patate ascrivibili alla categoria ‘C’ forse a causa del diverso andamento climatico. Analisi sensoriale Andando ad esaminare le valutazioni sensoriali appare evidente che, indipendentemente dal sito considerato, la Bintjie risulta quasi sempre la più gradita (Tab.6). Al contrario la Agria risulta sempre la meno gradita forse a causa dell’evidente aroma vegetale che la caratterizza e della struttura giudicata spesso troppo fine e farinosa. 62 Tab.6 – Classificazione EAPR e valutazione sensoriale delle patate della sperimentazione Ostana Cesana Prali Pomaretto Fenestrelle Pragelato Sito Cultivar EAPR Agria B Bintjie A/B Desirée B Finka A Liseta A Agria A Bintjie B Desirée A Finka A Liseta A/B Agria A Bintjie A/B Desirée A/b Finka A Liseta A Agria A Bintjie A/B Note Valutazione Rango sensoriale colore giallo dorato, struttura sabbiosa, farinosa, poco adesiva, aroma particolare, sapore amarognolo colore giallo paglierino, molto farinosa, grana finissima, aroma vegetale, adesiva colore giallo paglierino, molto farinosa, poco compatta, grana molto fine, aroma leggermente vegetale colore giallo-verdognolo, struttura adesiva, compatta, molto vitrea, aroma vegetale, sapore molto dolce colore giallo paglierino, molto farinosa, poco compatta, adesiva, aroma vegetale, sapore amarognolo colore giallo paglierino, grana molto fine, poco compatta, leggermente adesiva, aroma vegetale, sapore dolce colore giallo paglierino, struttura molto fine, poco compatta, molto aromatica, leggermente vegetale colore giallo paglierino scarico, poco compatta, grana molto fine, aroma leggermente vegetale, vitrea colore giallo dorato con aree verdognole, poco compatta, grana molto fine, aroma vegetale, leggermente adesiva colore giallo paglierino con piccole aree verdognole, molto farinosa, aroma vegetale, poco adesiva, poco compatta, leggermente acida colore giallo dorato intenso, odore vegetale, grana fine, compatta, adesiva, retrogusto amarognolo profumo non molto intenso, grana fine, molto pastosa, adesiva, compatta, leggermente acida colore giallo pallido con sfumature grigiastre, odore non gradevole, grana fine, compatta, adesiva, sensazione dolce, profumo intenso, grana fine, pasta molto compatta, sapida, gradevole 69 5 77 2 79 1 75 3 73 4 66 5 76 1 73 2 70 3 68 4 63 5 78 2 70 4 80 1 colore giallo paglierino carico, deliquescente, grana fine, poco compatta, struttura vitrea colore giallo dorato, aroma vegetale, grana fine, leggermente vitrea, adesiva, sapore amarognolo colore giallo paglierino, adesiva, grana fine 78 2 70 4 80 2 colore giallo paglierino, leggermente adesiva, grana fine 71 3 Desirée A/B Finka A colore giallo dorato, grana fine, adesiva, collosa, aroma erbaceo 81 1 Liseta A 65 5 Agria A/B colore giallo paglierino, grana fine, aroma vegetale, vitrea, poco adesiva pasta poco compatta, farinosa, asciutta, aroma vegetale, poco gradevole 68 3 Bintjie A/B molto farinosa, granulosa, sapore dolce, macchie chiare in superficie 84 1 Desirée A/B 68 3 Finka A 68 3 Liseta A molto farinosa, poco compatta, leggero sentore vegetale, sapore leggermente amaro colore scuro con tonalità verdognole, odore vegetale, pasta compatta, finissima, soda, aroma vegetale poco compatta, vitrea 70 2 Agria B colore giallo paglierino, aroma vegetale, vitrea, adesiva, grana fine 68 5 Bintjie B 80 1 Desirée A 72 3 Finka A 74 2 Liseta A colore giallo paglierino, grana fine, adesiva, leggermente vegetale, poco compatta colore giallo paglierino, struttura compatta, grana fine, leggermente vitrea colore giallo dorato pallido, aroma vegetale, grama fine, leggermente adesiva, poco compatta, vitrea colore giallo paglierino molto chiaro, aroma vegetale, grana fine, poco adesiva 70 4 63 Conclusioni L’analisi dei risultati ottenuti nel secondo anno di attività sperimentale, svolta per la determinazione delle cv di patata più idonee alla coltivazione nelle aree montane secondo il metodo dell’agricoltura biologica, ha permesso di confermare solo alcuni dei risultati ottenuti nel 2001: la produzione è stata infatti fortemente influenzata dalle pessime condizioni meteorologiche verificatesi nel corso del 2002, caratterizzate da abbondanti e frequenti precipitazioni. I siti in cui si sono rilevate le produzioni migliori, in termini sia di peso sia di numero di tuberi, sono stati quelli posti a quota più elevata di Cesana e Pragelato, a differenza del 2001 in cui era stato Pomaretto, il sito a più bassa quota, a fornire i risultati migliori. Sicuramente le forti infestazioni di peronospora rilevate nei siti a quota minore hanno determinato questa inversione di tendenza. Nel complesso i valori di entrambi i parametri sono diminuiti rispetto l’anno precedente, passando per la categoria commerciabile da 0.43 kg/pianta a 0.31 kg/pianta e da 4 a 3 tuberi per pianta (valori medi). La categoria che più ha caratterizzato i tuberi è stata quella di diametro medio di 40-60 mm soprattutto nei due siti più produttivi. La distribuzione nelle diverse categorie di diametro è migliorata soltanto a livello di Pragelato, dove il numero di tuberi con diametro <40 mm è quasi nullo rispetto al 2001, in cui tutte le cv si attestavano intorno al 15%, con Bintje al 45%; inoltre, il numero di tuberi con diametro >60 mm è quasi raddoppiato (40% ca). Nei siti di Pomaretto, Fenestrelle e Prali il numero di tuberi di diametro <40 mm è aumentato (raddoppiato a Fenestrelle), mentre il numero di tuberi di diametro >60 mm è rispettivamente diminuito, rimasto invariato ed aumentato nei tre siti. Tra le cultivar esaminate la ‘Bintje’ ha fornito nuovamente i risultati peggiori per quasi tutti i parametri rilevati; soprattutto per ciò che concerne la produzione, essa si è attestata sui livelli minori tra tutti quelli registrati ed è stata caratterizzata da un’elevata percentuale di tuberi di scarto e di piccole dimensioni. L’analisi sensoriale ha invece evidenziato l’elevato livello di gradimento delle cv Bintje e le buone performances di Finka. La cv maggiormente penalizzata dalla caratterizzazione sensoriale è stata invece Agria. Occorre quindi proseguire la sperimentazione per ottenere conferme dei risultati ad oggi ottenuti e fornire indicazioni ai produttori in relazione alle cv da privilegiare nelle diverse località, individuando un razionale compromesso tra potenzialità produttive e pregi organolettici. BIBLIOGRAFIA AA.VV. 1997. Risultati varietali sulla patata. L’Inf. Agrario 49: 45-53. BAZZOCCHI C., TELLARINI S. 2001. Biologico, come si fa. Terra e Vita 28: 36-37. BIADENE G. 1984. Patata prodotto agroalimentare. Terra e Vita 43: 41-44. 64 Verifica della tecnica dell’undersowing per il contenimento delle infestazioni di origine animale su colture di cavolo (6) Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo(*) – Giuseppe Nervo(**) Introduzione Le tecniche intercropping e undersowing si • Interferenza fisica, quando la coltura rifanno alla vecchia pratica della consoè undersown (coltivata sotto) e perciò ciazione, che prevede la contemporanea viene nascosta da piante più grandi o coltivazione di due specie sullo stesso teralte, tali da interferire con gli spostareno. In vari casi è stato infatti osservato menti dell’insetto all’interno del campo che la presenza nell’appezzamento di due coltivato. Altieri, Doll (1978) utilizzaspecie, una ospite e una indifferente, rono piante di mais per proteggere una riduce sensibilmente le infestazioni di coltivazione di fagiolo. Analoghi espealcuni insetti fitofagi. rimenti hanno evidenziato come il triLa distinzione principale fra le due tecnifoglio debba essere alto e circondare la che è da ricercare nel differente meccanipianta per “trattenere” il fitofago, quinsmo d’interferenza con l’insetto fitofago e, di può fornire poca protezione se il traconseguentemente, nella diversa distribupianto della coltura principale viene zione della specie secondaria nel campo. effettuato prima che questo sia suffiNell’undersowing la specie seminata nell’incientemente sviluppato o già senescenterfila deve ricoprire interamente il terreno te, oppure se lo sviluppo della coltura e circondare completamente la coltura, supera quella del trifoglio. perché l’interferenza con il fitofago è di • Camuffamento visivo. Uno dei mectipo fisico o visivo; tale uniformità di discanismi che regolano l’atterraggio degli tribuzione non è necessaria nell’intercropinsetti sulle piante non è altro che la ping, dove l’interferenza è legata alla proreazione diretta al colore della pianta, duzione di sostanze mascheranti l’odore perciò ricoprendo la superficie del terredella pianta piuttosto che deterrenti. no con una specie di analogo colore si I meccanismi che regolano l’interferenza ottiene il disorientamento dell’insetto nella normale evoluzione delle popolazioche, a seguito di una serie di atterraggi ni fitofaghe nelle coltivazioni undersowing falliti, abbandona la coltura. e intercropping sono ancora oggetto di Smith (1976) dimostrò che in un dibattito, in molti casi si tratta soltanto campo di cavolini di Bruxelles la colodi ipotesi, mentre pochi sono attualmennizzazione da parte degli afidi aumentate i risultati accertati in indagini speriva su terreno sarchiato. mentali. • Mascheramento dell’odore della pianI diversi tipi di interferenza ipotizzati ta ospite attraverso l’emissione da parte (Finch, 1996) sono i seguenti: del non-ospite di sostanze chimiche (6) Lavoro eseguito con finanziamento della Provinicia di Torino. (*) (**) CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica - Provincia di Torino – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) Istituto Sperimentale per l’Orticoltura – Via Paullese, 28 – 26836 Montanaso Lombardo 65 • l’inerbimento dell’interfila riduce gli effetti negativi sulla struttura del terreno dovuti all’azione battente della pioggia ed anche l’eventuale ruscellamento che produrrebbe erosione e scalzo delle giovani piantine; • lo sviluppo radicale a diversa profondità e il tipo differente di apparato radicale delle colture consociate possono, insieme, rimuovere e areare il terreno molto più efficacemente; • la successiva decomposizione delle piante lascia il terreno più arricchito di sostanza organica che non se fosse stato mantenuto libero da copertura vegetale, tanto più nel caso di una leguminosa, quale il trifoglio, per la sua proprietà di fissare l’azoto atmosferico aumentando così la frazione organica di questo elemento nel suolo; • il contenimento della flora spontanea, per competizione trofica, luminosa e idrica, particolarmente utile dove si assiste ad una specializzazione e ad un rapido sviluppo della stessa. In riferimento a questo punto è stata rilevata l’importanza dell’anticipo di semina del trifoglio. La specie si sviluppa bene a temperature primaverili; quando queste si alzano sopra i 20°C non è più competitiva nei confronti di alcune infestanti che prendono quindi il sopravvento soffocandola (es. Portulaca sp.); • l’interferenza con la diffusione di insetti fitofagi. Su cavolo in particolare è stata osservata una collaterale riduzione delle erosioni procurate da Altica sp. nelle parcelle inerbite, dovuta probabilmente alla difficoltà dell’insetto a risalire, a causa dell’intrico di fusticini e foglie, sulla coltura dal terreno in cui cerca riparo durante la notte; • interrompendo la continuità della monocoltura si riduce infine la possibilità, anche per patogeni fungini, di intercettare un ospite recettivo. volatili. A sostegno di questa ipotesi non sono stati sinora raccolti dati sufficienti. • Alterazione di tipo fisiologico, tale da rendere meno attrattiva la pianta ospite, dovuta all’assorbimento di essudati radicali emessi dalla specie coltivata nell’interfila (Theunissen, 1994). È in fase di studio in quale modo Tagetes spp., seminato fra le file di alcune colture, intervenga nella riduzione del numero di insetti colonizzatori. • Deterrenza chimica diretta, legata a percezione tattile piuttosto che a stimoli volatili, osservata nel caso di coltivazione nell’interfila (intercropping) di piante fortemente aromatiche. Solanum lycopersicum L. e Ambrosia artemisifolia L. indurrebbero una riduzione di infestazione di Plutella xylostella L. su cavolo (Tahvanainen & Root, 1972); Tagetes patula L. diminuirebbe l’incidenza della mosca della carota Psila rosae Fabricius (Uvah &Coaker, 1982); Thymus vulgaris L. e Salvia officinalis L. influirebbero sulle deposizioni di P. xylostella su cavolini di Bruxelles (Dover, 1985). La tesi che per ora riscuote maggior consenso sembra essere quella che prende in considerazione la necessità per alcuni insetti di eseguire una serie di atterraggi di prova sulla coltura prima di colonizzare una pianta. Mediante il mascheramento visivo dell’ospite, realizzato con la contemporanea coltivazione di una specie di analogo colore, contigua, ma indifferente, aumenterebbe la probabilità per il fitofago di fallire il bersaglio e ciò lo indurrebbe ad abbandonare il campo. L’undersowing, studiato in questa sede soltanto per la sua proprietà di interferire con lo sviluppo di alcune popolazioni fitofaghe, si inserisce bene nel contesto di una gestione integrale dell’agro-ecosistema, per una pluralità di ragioni: 66 Obiettivi Gli obiettivi della sperimentazione sono: • accertare se, all’interno della tesi under• verificare l’applicabilità della tecnica sowing, si manifesta una diversa distridell’undersowing (inerbimento) in coltubuzione degli insetti, per esempio se ra di cavolo nelle condizioni climatiche esiste una maggiore probabilità di trodei nostri ambienti e valutare la riduvarne ai bordi della parcella, piuttosto zione del livello di infestazione di alcuche nel centro, oppure se è indifferente; ni fitofagi, tra cui i lepidotteri • controllare che applicando questa tecniMamestra brassicae L., Pieris rapae L. e gli ca non si verifichino fenomeni di comafidi Brevicoryne brassicae L. e Aphis petizione con la specie principale tale gossypii Glov. entro limiti accettabili o, da determinare un calo produttivo; quanto meno, più facilmente controlla- • rilevare il comportamento di eventuali bili mediante interventi diretti, a quealtre specie che, durante le prove, sto punto solo più di soccorso, a base di dovessero incontrarsi (altiche, neurotteBacillus thuringiensis sulle larve dei defori, coccinellidi). gliatori; Materiali e metodi Un mese dopo la semina del trifoglio è stato effettuato il trapianto delle piantine di cavolo, realizzato in due tempi: 5 luglio per le parcelle 1, 4 e 11 luglio per le altre. Durante la sperimentazione sono stati eseguiti i seguenti interventi agronomici: • a metà luglio sfalcio del trifoglio, che sottraeva luce e rischiava di soffocare le giovani piantine di cavolo, per consentire a queste ultime un iniziale sviluppo in assenza di competizione; • nello stesso periodo, nelle tesi 2 e 4 sarchiatura meccanica dell’interfila e manuale sulla fila; • nel corso della coltivazione sono stati eseguiti solo due interventi irrigui per l’andamento stagionale caratterizzato da continui rovesci. In ogni parcella sono stati individuati nove siti di osservazione: uno in posizione centrale (punto A) e gli altri disposti concentricamente attorno ad esso su due anel- La prova è stata avviata nel 2002 in un’azienda biologica ad indirizzo orticolo sita a Nichelino, su coltura in pieno campo di cavolo, varietà Kilosa (Fig.7). Due sono state le tesi a confronto: • terreno undersowing (inerbito) • terreno lavorato Il campo sperimentale, ricavato su una superficie di circa 2400 mq, è stato suddiviso in quattro parcelle, disposte a scacchiera. Di queste, due sono state seminate con trifoglio (Trifolium repens L. varietà Nanissima) il 10 giugno, un mese prima del trapianto della coltura principale, in modo da ottenere una buona copertura di tutta la superficie; le altre due sono state lavorate per mantenere l’interfila pulita dalle infestanti. Il seme è stato distribuito a spaglio a causa delle dimensioni troppo ridotte per le seminatrici in dotazione dell’azienda. All’emergenza il trifoglio si mostrava sufficientemente uniforme e ben distribuito. 67 li (B intermedio, C esterno), allo scopo di ricavare informazioni anche su un’eventuale diversa incidenza delle infestazioni in funzione della distanza dal confine (Fig.1). Ognuno dei nove siti di osservazione era costituito da tre piante vicine, le cui foglie venivano controllate, tutte ad ogni rilievo, per conteggiare le ovideposizioni di M. brassicae e P. rapae, oltre che le colonie degli afidi individuati. I controlli, eseguiti con cadenza settimanale, sono stati avviati a partire dal trapianto e proseguiti fino alla raccolta. L’annotazione dei dati è stata effettuata con il primo volo di P. rapae (cominciato il 16 luglio), più tardi il volo di M. brassicae (8 agosto). Non sono state osservate invece, nel corso dell’anno, infestazioni di afidi. Parallelamente, durante i sopralluoghi, è stata osservata ed annotata la presenza di limitatori naturali generici quali predatori crisopidi e coccinellidi (uova e larve); inoltre, a scopo conoscitivo, sono state contate le ovature parassitizzate da Trichogramma sp. C4 C3 B4 B3 A B1 C1 B2 C2 Fig.1 - Distribuzione in ciascuna parcella dei siti di rilevamento Al termine delle prove dieci cavoli per parcella sono stati raccolti e successivamente pesati per valutare eventuali interferenze produttive del trifoglio con la coltura. I dati ottenuti nel corso della sperimentazione, prima di essere sottoposti ad analisi della varianza, sono stati diversamente raggruppati e interpretati in funzione dell’obiettivo da perseguire. 68 Risultati Scopo principale della prova era verificare se fosse diversa l’incidenza delle infestazioni dei due lepidotteri nelle tesi undersowing (inerbito) e “lavorato”. Per questo obiettivo la suddivisione dei dati in aree concentriche era superflua, perciò è stato sufficiente confrontare le somme dei rilievi effettuati in ciascuna parcella, per ogni data. L’andamento delle ovideposizioni di M. brassicae è riportato in Fig.2. È evidente una maggior infestazione di M. brassicae nella tesi “terreno lavorato”. I dati, sottoposti ad analisi della varianza, hanno manifestato elevata significatività 1200 1000 n° uova 800 (test di Tukey-Kramer; p‹0,0001). È risultata significatività statistica per le parcelle 1 e 3 della tesi undersowing nei confronti di entrambe le ripetizioni (parcelle 2 e 4) della tesi “terreno lavorato”, mentre non è apparsa nessuna differenza significativa fra le ripetizioni entro ciascuna tesi. I dati delle ovideposizioni di P.rapae non sono risultati statisticamente significativi nelle tesi a confronto, questo a causa dei valori troppo bassi di ovideposizione. Anche dal grafico di Fig.3 non è possibile rilevare differenze apprezzabili. particella 1 - under. particella 2 - lavorato particella 3 - under. particella 4 - lavorato 600 400 200 0 31-lug-02 7-ago-02 14-ago-02 21-ago-02 date rilievi Fig.2 – Andamento delle ovideposizioni di M. brassicae L. nelle quattro parcelle 12 particella 1 - under. 10 particella 2 - lavorato particella 3 - under. n° uova 8 particella 4 - lavorato 6 4 2 0 16/07 23/07 30/07 6/08 13/08 20/08 27/08 date rilievi Fig.3 – Andamento delle ovideposizioni di P. rapae L. nelle quattro parcelle 69 Terzo scopo era accertare se ci fossero competizioni fra la coltura principale ed il trifoglio in termini di produzione, perciò alla raccolta sono stati pesati dieci cavoli per parcella. Nella Fig.5 è riportato il peso medio delle piante per parcella, le cui proporzioni non cambiano nemmeno eliminando dal calcolo delle medie i valori più alto e più basso. Il confronto evidenzia una leggera riduzione di peso Le ovideposizioni di M. brassicae sono nelle parcelle 1 e 4. risultate significativamente inferiori nella tesi A rispetto alla tesi C. Questo dimo- Durante la sperimentazione è stato anche stra, come riscontrabile nella Fig.4, che rilevato il comportamento di altri insetti c’è differenza nell’entità delle deposizioni all’interno delle due tesi. In particolare fra l’area centrale e l’area esterna nelle Chrysoperla sp. non è apparsa influenzata nell’attività di ovideposizione dalla preparcelle gestite con undersowing. Al contrario i valori di ovideposizione di senza o meno della consociazione, mentre P. rapae non manifestano differenze signi- gli afidi, per quanto contenuti in entramficative in nessuno dei confronti possibili be le tesi dall’andamento climatico sfavofra le tre tesi, evidentemente perché le revole, hanno mostrato un’interessante uova sono deposte in maniera puramente riduzione nella tesi undersowing (Fig.6). casuale all’interno delle parcelle con terreno lavorato. n° uova Secondo scopo della sperimentazione era rilevare se, all’interno della tesi undersowing, l’infestazione dei lepidotteri fosse distribuita diversamente procedendo dal bordo verso il centro della parcella; perciò i dati sono stati mantenuti divisi per aree concentriche (denominazione area centrale “A”; area intermedia “B”; area esterna “C”) e riportati nella Fig.4. area C - esterna 210 180 150 120 90 60 30 0 area B - intermedia area A - centrale 13/07/2000 20/08/2000 27/08/2000 08/09/2000 date rilievi Fig.4 – Distribuzione dell’ovideposizione di M. brassicae per aree concentriche nella tesi undersowing 70 800 760 grammi 720 680 640 600 0.0 particella 1 particella 2 particella 3 particella 4 Fig.5 – Peso medio dei cavoli per ciascuna parcella (1 e 3 undersowing; 2 e 4 terreno lavorato) 10 n° afidi 8 6 particella 1 - under. particella 2 - lavorato particella 3 - under. particella 4 - lavorato 4 2 0 18/07/02 28/07/02 30/07/02 08/08/02 18/08/02 20/08/02 27/08/02 08/09/02 date rilievi Fig.6 – Popolazioni afidiche rilevate nelle parcelle durante i sopralluoghi 71 Conclusioni tuare un’analisi statistica. Ugualmente gli afidi quest’anno non sono riusciti ad insediarsi sulla coltura in atto nella zona. Infine il confronto fra i pesi medi dei cavoli delle due tesi alla raccolta ha dimostrato che la consociazione con il trifoglio non determina l’insorgenza di una competizione con la coltura in atto. Anche se i valori in due parcelle (1 e 4) sono stati vistosamente più bassi, appartenendo a tesi diverse, non è stato possibile collegare la riduzione di peso alla differente gestione del suolo. Resta da verificare questo risultato in annate più asciutte in cui non è detto si ottengano le stesse produzioni: quest’anno infatti era esclusa la possibilità di una competizione di tipo idrico tra le piante, vista l’abbondanza di precipitazioni. Per quanto riguarda la competizione luminosa abbiamo già precisato come, al trapianto, sia previsto uno sfalcio del trifoglio proprio per agevolare la coltura principale. Per quanto concerne la competizione trofica, ricordiamo che il trifoglio è miglioratore della fertilità e che per questo non dovrebbe costituire un limite allo sviluppo della coltura. L’analisi statistica dei dati ha dimostrato che l’undersowing, realizzato mediante semina di trifoglio e applicato a coltura di cavolo verza, interferisce con la colonizzazione delle piante da parte di M. brassicae e che la difficoltà per l’insetto di individuare l’ospite cresce procedendo dal perimetro esterno verso il centro della parcella. Questo è stato accertato confrontando i risultati dell’analisi della varianza relativa alla distribuzione delle ovideposizioni per aree concentriche: c’è differenza nel numero di uova deposte per pianta nella zona A (centrale) rispetto la zona C (esterna) nella tesi undersowing, mentre non ci sono differenze nella tesi “terreno lavorato”, dove l’ovideposizione è apparsa puramente casuale. Non sono stati ugualmente incoraggianti i risultati ottenuti per P. rapae: non sono risultate differenze nelle deposizioni di uova fra le due tesi, né tanto meno nella distribuzione entro la tesi undersowing, ma è vero anche che quest’anno le deposizioni di questo lepidottero, ben più sensibile del nottuide alle piogge, sono state contenute dall’andamento climatico avverso entro valori troppo bassi per effet- Fig.7 – Campo sperimentale gestito secondo la tecnica dell’undersowing nell’azienda Bosco di Nichelino (TO) 72 BIBLIOGRAFIA DOVER, J.W., 1985. The responses of some Lepidoptera to labiate herb and white lover extracts. Entomologia Experimentalis et Applicata 39: 177-182. FINCH S., 1996. “Appropriate/inappropriate landings”, a mechanism for describing how undersowing with clover affects host-plant selection by pest insects of brassica crops. Bulletin OILB SROP 19 (XI), 102-105 POLLINI A., 1998. Manuale di entomologia applicata. Edagricole. Bologna, 1-1462 RICE MAHR S. E., 2002. Pteromalus puparum, parasite of imported Cabbageworm pupae (volume III, numero 12). Università di Wisconsin-Madison. http://www.entomology.wisc.edu/mbcn/p-pupar.html_3K SMITH, J.G., 1976. Influence of crop background on aphids and other phytophagous insects on Brussels sprouts. Annals of Applied Biology 83: 1- 13. TAHVANAINEN, J.O. & ROOT, R.B., 1972. The influence of vegetational diversity on the population ecology of a specialized herbivore, Phyllotreta crucifera (Coleoptera: Chrysomelidae). Oecologia 10: 321-346. UVAH, I.I.I. & COAKER, T.H., 1984. Effect of mixed cropping on some insect pests of carrots and onions. Entomologia Experimentalis Applicata 36: 159-167. VIGGIANI G., 1994. Lotta biologica e integrata nella difesa fitosanitaria, volume primo. Liguori edizioni. Napoli, 1-517 WEEDEN, SHELTON, LI, HOFFAMN, 2002. Cotesia glomerata. Biological control: a guide to natural enemies in North America. Università di Cornell. http://www.nysae.cornell.edu/ent/biocontrol/parasitoids/cotesia.html_7K 73 74 Valutazione di tecniche per la produzione biologica del riso (7) Aldo Ferrero, Francesco Vidotto(*) – Giulio Re(**) Introduzione lità di coltivare il riso rispettando seriamente le procedure imposte dai disciplinari di agricoltura biologica, occorre avviare delle sperimentazioni mirate ad individuare e mettere a punto pratiche agronomiche in grado di consentire la gestione del riso in conduzione biologica mantenendo elevati gli standard produttivi e qualitativi. Il lavoro è stato effettuato sia nel tradizionale areale risicolo vercellese, in due aziende, di cui una convenzionale, orientata alla conversione alla produzione biologica e una già a conduzione biologica, sia nell’ambiente torinese, in una azienda senza esperienze di coltivazione del riso. Il Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica ha seguito in particolare quest’ultimo sito, per verificare la possibilità di estendere la coltivazione di questo cereale a un nuovo ambiente consentendo all’azienda biologica di allargare il panorama colturale utilizzabile, con innegabili benefici di carattere agronomico ed economico. La coltura del riso assume un peculiare interesse nell’agricoltura italiana, in particolare di quella dell’Italia nord-occidentale dove essa ha avuto, da secoli, una consistente diffusione. La superficie a riso del nostro Paese, pari a 220.000 ha, su un totale di circa 400.000, è la più importante in ambito europeo. Attualmente si segnalano già aziende che hanno convertito o stanno convertendo i loro terreni alla produzione biologica attirate soprattutto dalle migliori quotazioni della produzione biologica e dai premi percepiti per tale modalità di coltivazione; ma nonostante ciò la produzione di riso biologico stenta a decollare. Le cause sono molteplici, ma sicuramente sono riconducibili, da un lato, alla particolare intensificazione agronomica raggiunta da questa coltura e, dall’altro, alle numerose problematiche agronomiche derivanti dai vincoli produttivi imposti dai disciplinari di produzione biologica. A fronte dell’opinione diffusa presso molti operatori circa la pratica impossibi- (7) Lavoro eseguito con il contributo di Regione Piemonte e Provincia di Torino. (*) (**) Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio - Facoltà di Agraria – Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO) Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) 75 Materiali e metodi Sono state messe a confronto due diverse tecniche di coltivazione (sommersione ed irrigazione turnata) su tre varietà coltivate in parcelloni da 950 m2 ed è stata realizzata una prova parcellare per verificare l’adattabilità alla coltivazione senza sommersione di 9 varietà. B - Coltivazione con irrigazione turnata La sperimentazione è stata realizzata con le stesse modalità e tecniche seguite nella coltivazione con terreno sommerso. Anche in questa prova si sono registrati problemi nelle emergenze a causa dello sfavorevole andamento climatico. Il controllo delle malerbe è stato realizzato ricorrendo a interventi di strigliatura utilizzando l’attrezzatura impiegata nella prova con sommersione. In questo caso si è proceduto ad interventi irrigui per scorrimento, apportando volumi di circa 1000 m3 ha-1 ad intervalli compresi tra 4 e 8 giorni, a seconda dell’andamento climatico e tali da mantenere il terreno costantemente umido. A - Coltivazione con sommersione La coltivazione con sommersione è stata realizzata predisponendo 3 camere contigue di 950 m2. L’appezzamento di terreno destinato alla prova, di tipo franco limoso, è apparso caratterizzato da un sufficiente grado di livellamento. Prima della semina si è proceduto agli interventi di aratura e di erpicatura ordinariamente eseguiti in risicoltura per la preparazione del letto di semina. La semina è stata effettuata il 21.05.2002 su terreno asciutto utilizzando una seminatrice da frumento disponibile in azienda sistemando i distributori del seme in modo da avere file distanti 20 cm. L’emergenza della coltura è stata compromessa dalla crostosità del terreno determinata dalle intense precipitazioni verificatesi alcuni giorni dopo la semina. Prima della sommersione, realizzata col riso allo stadio di 3-4 foglie, si è proceduto a due operazioni di strigliatura effettuata a pieno campo per cercare di eliminare la vegetazione infestante presente. La sommersione è stata mantenuta fino al momento della raccolta ed è stata realizzata con la presenza di uno strato di acqua risultato compreso tra 3 e 12 cm. L’acqua è stata derivata da un pozzo posizionato a circa 100 metri dalle camere della risaia. C - Valutazione della adattabilità alla coltivazione senza sommersione di diverse varietà di riso (prova varietale) Questo studio ha avuto la finalità di valutare il comportamento nella crescita di alcune varietà di riso, che sulla base dei dati bibliografici risultano più adattabili alle condizioni di coltivazione senza sommersione e sono meno sensibili alle avversità biotiche. Sono state prese in esame le seguenti varietà: Andolla Cigalon Cripto Gladio Karnak Loto Nembo S.Andrea Stresa Lo studio è stato eseguito adottando un disegno sperimentale a blocchi randomizzati, con 3 ripetizioni e parcelle elementari di 5 m2. Ogni varietà è stata seminata il 21.05.2002, su terreno asciutto, a file, con interfila di 25 cm, in modo da favorire la lotta alle malerbe mediante interventi di zappatura. 76 La prova è stata interrotta allo stadio di pre-accestimento del riso, a causa dell’irregolare sviluppo della coltura e dell’insufficiente controllo delle malerbe, dovuto allo sfavorevole andamento climatico che ha impedito l’esecuzione tempestiva degli interventi di zappatura. Rilievi Nel corso della prova sono stati effettuati 3 rilievi malerbologici, conteggiando le specie infestanti presenti su 10 aree di dimensioni (25x25) cm. Sulla prova varietale è stato effettuato un rilievo morfometrico (altezza pianta, numero culmi, stadio di sviluppo secondo scala BBCH) alla fine di ottobre. Fig.1 – Appezzamento in prova al momento della prima sommersione 77 Risultati La prova è stata caratterizzata da uno sviluppo notevole delle malerbe (Fig.2). Numerosi fattori hanno infatti favorito l’emergenza e lo sviluppo delle infestanti e delle graminacee in particolare. Tra le specie più rappresentate, nelle fasi inizia- li della sperimentazione si è assistito ad uno sviluppo considerevole di ECHCG e di PANDI (Panicum dichotomiflorum). Tardivamente sono inoltre state registrate numerose emergenze di SETVI (Setaria viridis). Densità (piante/mq) 2500 Sommersione 2000 Lavorato Test 1500 1000 500 0 GASCI 1600 DIGSA ECHCG PANDI CHEPO SETVI POROL AMARE CHEAL POLPE Irrigazione turnata Densità (piante/mq) 1400 1200 Lavorato Test 1000 800 600 400 200 0 GASCI DIGSA ECHCG PANDI CHEPO SETVI POROL AMARE CHEAL POLPE CHEPO SETVI POROL AMARE CHEAL POLPE 1400 Prova varietale Densità (piante/mq) 1200 1000 800 600 400 200 0 GASCI DIGSA ECHCG PANDI Fig.2 – Densità delle infestanti al terzo rilievo 78 per pianta è risultato variabile fra 1.3 e 2.3. Lo stadio di sviluppo medio secondo scala BBCH era compreso fra 47 e 53, corrispondente agli stadi di inizio apertura della guaina della foglia bandiera e 30% di emissione della pannocchia. Gli interventi di lotta hanno sortito un effetto limitato solo su alcune specie e nelle fasi iniziali. Per quanto attiene alla prova parcellare, a fine ottobre, le varietà poste a confronto (seconda semina) presentavano una altezza compresa fra 44 e 60 cm (Fig.3). Il numero di culmi medio numero culmi stadio BBCH 70 2.5 60 2 40 1.5 30 1 20 0.5 10 0 0 Andolla Cigalon Cripto Gladio Karnak Loto Nembo S.Andrea Stresa Fig.3 – Altezza pianta, numero culmi e stadio di sviluppo BBCH delle varietà a confronto a fine ottobre 79 n° culmi altezza (cm) stadio (BBCH) 50 Conclusioni I risultati ottenuti nel primo anno di sperimentazione hanno posto in chiara evidenza la forte influenza dell’andamento climatico sulla coltivazione biologica del riso. La necessità del ricorso a mezzi meccanici e fisici di controllo diretto delle malerbe si è inevitabilmente scontrata con le forti limitazioni climatiche, soprattutto rappresentate dalle frequenti precipitazioni, che hanno caratterizzato in modo particolare la stagione colturale 2002. L’abbondanza di pioggia ha doppiamente favorito lo sviluppo degli inerbimenti, limitando le possibilità di interventi meccanici diretti e garantendo un buon approvvigionamento idrico alle malerbe. In modo più o meno marcato, tutti i siti in cui si è svolta la sperimentazione hanno risentito di questa sfavorevole congiuntura, la quale ha peraltro inciso negativamente su una buona parte delle aziende cerealicole in regime di coltivazione biologica. La sperimentazione condotta ha tuttavia fornito utili indicazioni per la definizione di strategie di gestione delle malerbe. I risultati suggeriscono inoltre che per la gestione non chimica delle infestanti nel riso, oltre all’applicazione preventiva della falsa semina, si debba puntare alla definizione di una corretta e diversa gestione dell’acqua (es. sommersione dopo l’emergenza) e alla ricerca di modalità di semina che consentano di realizzare trattamenti meccanici energici in postemergenza. Al fine di cercare di far fronte a tali vincoli è necessario poter disporre di una notevole flessibilità di azione per adeguare le tecniche di lotta e la pianificazione di ogni singolo intervento alla situazione contingente che si deve affrontare nell’immediato, in uno scenario di continua e imprevedibile evoluzione. Tale condizione comporta inevitabilmente una maggiore complessità del parco macchine e costi più elevati, in quanto il ricorso ad aziende agromeccaniche specializzate risulta di difficile attuazione a causa dei brevissimi periodi utili disponibili per l’intervento di controllo delle infestanti. La prova proseguirà nel 2003. 80 Valutazione di ecotipi piemontesi di mais da polenta in coltivazione biologica (8) Sandra Spagnolo, Massimo Pinna, Ursula Gamba, Patrizia Zaccara(*) – Dario Possetto(**) – Paolo Valoti(***) Introduzione fonte di reddito alternativa per alcune zone agricole svantaggiate. Il mais da polenta ha rappresentato una risorsa importante nell’alimentazione delle popolazioni locali, ma, con l’avvento degli ibridi, molte varietà sono state confinate ad aree marginali e corrono il rischio di scomparire. Numerose associazioni sono già nate in questi anni con lo scopo di tutelare le produzioni tipiche del territorio. Lo stesso intento, ma limitatamente alla coltura del mais, è all’origine delle attività di recupero e valorizzazione del patrimonio degli ecotipi di mais ad uso alimentare avviate nel 2002. Punto fondamentale delle produzioni biologiche è rappresentato dalla tutela delle biodiversità e dal recupero di specie ed ecotipi caratteristici del territorio; questi spesso risultano i meglio adattati alle condizioni ambientali del luogo e di conseguenza i più tolleranti nei confronti di avversità e stress di origine abiotica. Le caratteristiche di rusticità sono indispensabili per la coltivazione in biologico. Bisogna altresì considerare come l’abbinamento della tipicità e dei metodi di produzione biologica consenta di ottenere prodotti con un elevato valore aggiunto che possono perciò rappresentare una Finalità ed obiettivi • verifica dei livelli produttivi per ciascun ecotipo; • definizione delle tecniche ottimali di produzione biologica; • individuazione degli ecotipi più interessanti quali alternative in aree agricole marginali; • valutazione qualitativa delle produzioni ottenute. Gli obiettivi principali della sperimentazione sono: • tutela e valorizzazione di ecotipi di Zea mays tradizionali del Piemonte; • loro caratterizzazione morfologica e agronomica; • determinazione dell’attitudine alla trasformazione per uso alimentare; (8) Lavoro eseguito con contributo della Regione Piemonte e della Provincia di Torino. (*) (**) (***) CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica - Provincia di Torino – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO) Scuola Malva Arnaldi – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO) Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura sez. di Bergamo – Via Stezzano, 24 – 24126 Bergamo 81 Materiali e metodi Nella prima fase del programma, si è ricercato, sul territorio regionale, del materiale di partenza riconducibile ad ecotipi considerati come tradizionali nella coltura maidicola in Piemonte. Presso alcuni agricoltori che continuavano a destinare una piccola superficie di terreno alla coltivazione delle vecchie varietà di mais locale per uso famigliare, sono state ritrovate le sementi riconducibili ai seguenti ecotipi: Pignoletto giallo (Alpignano), Pignoletto rosso (Valperga) e Ottofile (Alba). L’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Bergamo ha ulteriormente fornito il seme relativo a Nostrano dell’Isola, coltivato tradizionalmente nella zona di Saluzzo, ed un ibrido di riferimento necessario per i confronti di campo, siglato FM 802. La semina dei cinque ecotipi, presso il Centro, è stata eseguita il 14 maggio. Ogni appezzamento, corrispondente ad una diversa varietà, è stato suddiviso in modo da ottenere quattro ripetizioni entro cui eseguire i rilievi. In seguito a notevoli danni sulle plantule, causate dalla presenza di corvi, si è deciso di abbandonare le osservazioni sull’appezzamento destinato all’Ottofile, limitando quindi l’attività ai restanti quattro ecotipi. I terreni destinati alla coltura dei quattro ecotipi presentavano le seguenti caratteristiche: • terreni franchi a reazione acida (pH compreso fra 5,1 e 6,2); • dotazione di sostanza organica; • capacità di scambio media; • ricca disponibilità di fosforo; • disponibilità di potassio variabile. In base alle analisi pedologiche ottenute è stata programmata una concimazione sulla fila a base di concime granulare registrato in agricoltura biologica, ed una fogliare allo stadio di quarta-quinta foglia. A fine giugno è stata effettuata una lavorazione meccanica nell’interfila per il contenimento delle specie infestanti. Allestimento dei campi La sperimentazione è stata svolta su cinque appezzamenti situati presso il Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica di Bibiana. I campi sono stati dislocati ad una distanza minima di 300 metri uno dall’altro e da altre colture di mais per evitare inquinamenti derivanti da impollinazioni incrociate ed assicurarsi materiale riproduttivo utilizzabile anche nell’anno seguente. Parallelamente sono stati allestiti presso l’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Bergamo analoghi campi per la coltivazione degli stessi ecotipi allo scopo di produrre semente in purezza, procedendo all’isolamento delle infiorescenze prima della fioritura, e per l’individuazione delle caratteristiche varietali. Le schede per i rilievi sono state concordate con l’ Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Bergamo. A fine stagione i dati raccolti sui campi allestiti presso il Centro sono stati confrontati e integrati con quelli rilevati presso l’Istituto per la Cerealicoltura di Bergamo. Questo ha permesso di effettuare una prima analisi delle caratteristiche fenotipiche e agronomiche degli ecotipi di mais. 82 In ognuno degli appezzamenti sono stati eseguiti i rilievi periodici sottoindicati. Nel corso della stagione vegetativa sono stati eseguiti rilievi floristici sulle specie infestanti per determinarle, stabilirne la percentuale di copertura sul suolo e valutare la capacità di affermazione della coltura sulle medesime. Sono stati effettuati sei rilievi in data: 7/6, 14/6, 17/6, 3/7, 25/7, 28/8. Il metodo utilizzato è quello dell’individuazione delle specie e relativo conteggio su un’area minima campione di 1 m2. I valori di abbondanza/dominanza (+, 1, 2, 3) rilevati sono riportati successivamente (Tab.4). Tali valori esprimono la copertura di ogni specie infestante rapportata alla copertura totale di infestanti sulla porzione di terreno esaminata. Caratterizzazione fenotipica della fase vegetativa: • percentuale di emergenza mediante conteggio delle piantine nate su un metro lineare; • giorni necessari per il completamento della fase del primo stadio di sviluppo (stadio da 1 a 6 foglie); • giorni necessari per il completamento della fase di sviluppo vegetativo (12° foglia); • giorni trascorsi tra l’emergenza e l’emissione dell’infiorescenza maschile; • giorni trascorsi tra l’emergenza e la formazione delle spighe; • proterandria; • dimensione del pennacchio; • inserzione della spiga; • vigoria, robustezza stocco, tenuta radici, taglia, canopy, coltivabilità. Osservazioni sul periodo di accumulo e alla raccolta: • numero dei giorni necessari al completamento delle fasi R1 (emissione delle sete e fecondazione del fiore), R2 (differenziazione dei tessuti della cariosside), R3 (maturazione lattea), R4 (maturazione pastosa), R5 (maturazione cerosa), R6 (maturazione fisiologica e comparsa dello strato nero); • valutazione della sensibilità ad Ostrinia nubilalis mediante osservazioni sulle foglie e determinazione percentuale delle spighe colpite; • sanità delle foglie; • valutazioni sulla spiga: forma della spiga (conica, cilindro-conica e cilindrica), n° di ranghi, tipo (vitreo corneo e dentato) e colorazione (bianco, giallo, arancio e rosso) del seme, colorazione del tutolo (bianco, rosso o vinato); • determinazione dell’umidità alla raccolta; • determinazione della produzione conseguita per parcella; • valutazione del peso di 1000 cariossidi, del peso ettolitrico e del peso della granella sul totale della spiga. 83 è stato costituito un panel di assaggio: una decina di persone, nel corso di due incontri, ha assaggiato e descritto i sei campioni di polenta preparati cuocendo per un’ora 1 kg di farina per litro di acqua non salata e presentati in maniera anonima. Le indicazioni fornite da tutti sono state utilizzate per caratterizzare i diversi prodotti. Per la determinazione delle specie è stato utilizzato “Flora d’Italia” (Pignatti, 1992). L’ultima fase del programma di valorizzazione ha previsto la realizzazione di un’analisi sensoriale di raffronto fra le farine da polenta ottenute ed un prodotto standard per evidenziare le possibili differenze organolettiche esistenti e caratterizzare i singoli prodotti ottenuti. A questo fine, Risultati competitiva dei diversi ecotipi nei confronti delle infestanti sono riassunti in Tab.4. Dall’esame della tabella si osserva la presenza dominante di due specie: Echinochloa crus-galli (L.) Beauv., presente in tutte le parcelle esaminate con elevata frequenza, soprattutto se a substrato poco drenante (m1a, m2) e Digitaria sanguinalis L. (Scop.) rinvenuta principalmente nelle parcelle ben drenate. A queste due specie dominanti ne seguono altre quali Panicum dichotomiflorum Michx, Setaria glauca (L.) Beauv., Galinsoga ciliata (Rafin.) Blake, maggiormente presenti su substrato umido. Come prevedibile sono ben rappresentate le Chenopodiaceae (Chenopodium album L., Chenopodium polyspermum L.) e Poligonaceae (Polygonum persicaria L., Polygonum aviculare L., Polygonum lapathifolium gr.) che si avvantaggiano, così come Amaranthus lividus L., di suoli ben concimati. Sono presenti inoltre specie alloctone, frequenti infestanti dei coltivi, quali Bidens frondosa e Oxalis fontana, originarie del Nord America, Galinsoga ciliata del Sud America, o accidentali in questi contesti, come la nord americana Robinia pseudoacacia L. Dalle osservazioni fatte durante il ciclo vegetativo, è stata evidenziata una più rapida emergenza e una maggiore capacità germinativa di Ibrido FM 802 e Pignoletto giallo. Successivamente, però, i Pignoletti hanno dimostrato una maggior rapidità di sviluppo. Per il Pignoletto rosso gli indici di vigoria, dimensione dello stocco e taglia hanno superato quelli degli altri ecotipi. Il Pignoletto giallo è stato caratterizzato da elevato intervallo di tempo intercorso tra fioritura degli organi femminili e quella degli organi maschili (basso grado di proterandria). Indicazioni più dettagliate sono riportate in Tab.1. Il Pignoletto è anche l’ecotipo che ha completato la maturazione in un numero inferiore di giorni (Tab.2). Le caratteristiche della spiga negli ecotipi oggetto di indagine possono essere considerate abbastanza omogenee tra loro (fa eccezione il Pignoletto rosso). La forma dominante è quella cilindro-conica, le differenze di dimensione e peso sono da collegare a cause ambientali, quindi non facilmente confrontabili (Tab.3). I dati raccolti relativamente alla capacità 84 Tab.1 – Caratterizzazione fenotipica della fase vegetativa RILIEVI N° piante / 10 m Data emergenza Terza foglia* Sesta foglia* Dodicesima foglia* Emissione pennacchio* Emissione spiga* Vigoria (1) Proterandria (2) Dimensione pennacchio (3) Inserzione spiga (4) Robustezza stocco (5) Tenuta radici (6) Taglia (7) Canopy (8) Coltivabilità (9) Pignoletto giallo 34 27/05 4 11 59 59 67 6 3 7 5 3 8 7 3 6 Pignoletto rosso 25,5 7/06 3 7 48 56 56 9 7 4 8 6 7 9 3 8 Nostrano dell’Isola 20,5 7/06 26 43 / 56 56 3 7 5 4 3 7 3 2 4 (*) i dati relativi a questi rilievi sono espressi in n° di giorni trascorsi dall’emergenza. Legenda: (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9) 1 = tardivo; 9 = precoce 1 = già secco; 9 = 50% spighe 1 = pesante; 9 = leggero 1 = bassa; 9 = alta 85 1 = esile; 9 = robusto 1 = alletta; 9 = stabile 1 = bassa; 9 = alta 1 = chiusa; 9 = aperta 1 = scarsa; 9 = ottima Ibrido FM 802 36,25 28/05 36 53 / 66 66 4 8 8 3 3 7 4 7 7 Tab.2 – Osservazioni sul periodo di accumulo RILIEVI Emissione sete - R1* Differenziazione cariossidi - R2* Maturazione lattea - R3* Maturazione pastosa - R4* Maturazione cerosa - R5* Maturazione fisiologica - R6* % di foglie colpite da O.nubilalis Sanità foglie** Pignoletto giallo 74 77 85 102 116 133 3,6 5 Pignoletto rosso 63 63 74 91 105 117 6,6 8 Nostrano dell’Isola 66 70 81 95 105 122 1,2 3 Ibrido FM 802 73 73 91 105 115 127 1,1 7 (*) i dati relativi a questi rilievi sono stati espressi in n° di giorni trascorsi dall’emergenza (**) 1 = chiaro 9 = scuro Tab.3 – Rilievi alla raccolta RILIEVI Forma spiga N° ranghi Tipo di granella Colorazione seme Colorazione tutolo Umidità alla raccolta Produzione per parcella % spighe colpite da O.nubilalis Peso 1000 cariossidi (g) Peso ettolitrico (kg/Hl) Peso % granella su tot. spiga Pignoletto Pignoletto Nostrano Ibrido giallo rosso dell’Isola FM 802 cilindro-con. cilindro-con. cilindro-con. cilindrica variabile variabile variabile variabile vitrea vitrea vitrea vitrea giallo-arancio rosso giallo giallo bianco rosso bianco bianco 13,5 % 14 % 13 % 12,9 % 11,4 q/ha 23 q/ha 2,6 q/ha 13,80 q/ha 43 39 22 37 194 247,4 169,5 194,4 82,8 79,5 73,9 80,1 77,8 kg 76,2 kg 62,2 kg 78,7 kg 86 Tab.4 – Rilievi sulle erbe infestanti: percentuale di infestazione e determinazione specifica M 1a M 1b M2 M3 M4 pH Data semina mais note Copertura infestanti % al 7/6 Copertura infestanti % al 14/6 Copertura infestanti % al 29/8 6.2 14/05 umido 4 4 40 6.2 14/05 drenato-secco 2 10 40 5.1 14/05 umido 2 6 70 5.1 14/05 secco 6 15 30 5.1 14/05 20 11 50 Classificazione infestanti individuate il 14/6 Polygonum sp. Portulaca oleracea L. Rumex obtusifolius L. Matricaria sp. Echinochloa crus-galli (L.) Beauv. Galinsoga ciliata (Rafin.) Blake Chenopodium sp. Setaria glauca (L.) Beauv. Stellaria media (L.) Vill Convolvulus arvensis L. Lolium multiflorum Lam. Poa trivialis L. n. 12 specie + + + + 1 + + + + 1 1 2 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 + 1 2 + + + Classificazione infestanti individuate il 29/8 Echinochloa crus-galli (L.) Beauv. Panicum dichotomiflorum Michx Setaria glauca (L.) Beauv. Poa trivialis L. Digitaria sanguinalis L. (Scop.) Lolium multiflorum Lam. Galinsoga ciliata (Rafin.) Blake Polygonum persicaria L. Polygonum aviculare L. Polygonum lapathifolium gr. Stellaria media (L.) Vill. Portulaca oleracea L. Trifolium repens L. Ranunculus acris L. Rumex obtusifolius L. Taraxacum officinale s.l. Chenopodium album L. Chenopodium polyspermum L. Amaranthus lividus L. Matricaria camomilla L. Matricaria inodora L. Convolvulus arvensis L. Solanum nigrum L. Plantago major L. Oxalis fontana Bunge Bidens frondosa L. Robinia pseudoacacia L. n. 27 specie 3 1 1 + + 3 1 2 2 2 2 1 1 2 2 2 + 1 1 1 + 2 1 + 1 + + + 1 1 1 1 1 1 1 + + + + + 1 + 1 1 + + + + 1 + 1 1 2 2 + + + + + + + + + Legenda: M1a M1b Pignoletto giallo; M2 Pignoletto rosso; M3 Nostrano dell’Isola; M4 ibrido. 87 Conclusioni I quattro ecotipi sono stati seminati su appezzamenti isolati per la necessità di riprodurli in purezza e avviare una selezione della semente sulla base delle caratteristiche morfologiche conosciute tramite indagine bibliografica. L’esigenza di mantenere gli ecotipi isolati è stata la causa principale delle differenze registrate nei risultati produttivi delle tesi, che risultano pertanto non confrontabili. Il Pignoletto rosso ha dimostrato una buona capacità competitiva nei confronti delle infestanti, uniformità di sviluppo, maggiore taglia, elevata proterandria, buona coltivabilità, la più alta produzione (23 q/ha). Il Pignoletto giallo, poco uniforme nello sviluppo per problemi agronomici, ha dimostrato capacità competitiva media, scarsa proterandria, scarsa vigoria, coltivabilità media, scarsa produzione (12 q/ha). Il Nostrano dell’Isola e l’ibrido di riferimento, FM 802, non hanno fornito dati utilizzabili in un confronto. Di questo primo anno di sperimentazione, è necessario tener conto delle seguenti condizioni in cui si è operato: • la zona scelta non prettamente cerealicola; • le condizioni meteorologiche dell’annata favorevoli allo sviluppo delle infestanti, • la difficoltà nella realizzazione degli interventi meccanici di contenimento della flora infestante. Infine è importante ricordare che, date le differenti destinazioni d’uso, non sarebbe corretto confrontare i livelli produttivi di antichi ecotipi di mais in coltivazioni biologiche con produzioni di mais ibridi in sistemi colturali tradizionali. Nel primo caso, infatti, le valutazioni economiche riguardano l’aspetto qualitativo del prodotto ottenuto e non quantitativo come nel caso di coltivazioni intensive. 88 Ecotipi recuperati sul territorio regionale nel 2002 Pignoletto giallo della Val di Susa Pignoletto rosso del Canavese Nostrano dell’Isola Ibrido FM 802 89 Ostenga Ottofile bianco dell’Albese Ottofile rosso dell’Albese Ottofile giallo di La Morra 90 Pignoletto rosso dell’Albese Granella degli ecotipi utilizzati nella sperimentazione del 2002 Pignoletto giallo Pignoletto rosso Nostrano dell’Isola Ibrido FM 802 91 Ottofile BIBLIOGRAFIA LUCCHIN M., FORTIN M.E., PARRINI P., 1998. Caratterizzazione agronomica e genetica di una vecchia popolazione locale di mais da polenta. Atti del IV convegno nazionale su Biodiversità Germoplasma locale e sulla valorizzazione. Carlo Delfino Editore, 855-858 BERTOLINI M., BRANDOLINI A., CASTIGLIONI P., VERDERIO A., MOTTO M., 1998. Valutazione e caratterizzazione del germoplasma italiano di mais. Atti del IV convegno nazionale su Biodiversità Germoplasma locale e sulla valorizzazione. Carlo Delfino Editore, 859-861. PIGNATTI S., 1992. Flora d’Italia. Edagricole Bologna. 92 Studio per la caratterizzazione sensoriale del mais autoctono piemontese (9) Giuseppe Zeppa, Luca Rolle(*) Metodologia per punteggio (Fig.1). Ad ogni assaggiatore è stato quindi chiesto di descrivere con parole proprie i prodotti in esame utilizzando il maggior numero possibile di termini e fornendo, ove necessario, un giudizio personale su ciascuno dei parametri considerati. Al termine di questa fase l’assaggiatore doveva sintetizzare il suo giudizio sul campione esaminato mediante un punteggio compreso fra 0 e 100. Le descrizioni fornite dagli assaggiatori sono state raccolte e sintetizzate raggruppando le sinonimie, mentre le valutazioni edonistiche sono state normalizzate per ciascun assaggiatore e quindi elaborate con il test non parametrico di KruskalWallis. L’esame sensoriale si è svolto presso la sala di analisi sensoriale del Di. Va. P. R. A. con l’ausilio di una quindicina di assaggiatori aventi una sufficiente conoscenza dell’analisi sensoriale e tutti consumatori abituali di polenta. La polenta è stata preparata unendo 300 g di farina ad 1 litro di acqua naturale minerale e cuocendo per 60 minuti. Non è stato aggiunto sale in fase di cottura. Ad ogni assaggiatore sono state fornite alcune cucchiaiate di prodotto utilizzando quale contenitore un bicchiere in metacrilato (Fig.3). Non esistendo indicazioni bibliografiche sui descrittori sensoriali della polenta, è stato eseguito in questa fase preliminare un esame descrittivo semplice unito ad un esame di classificazione Risultati e discussione Dolce al sapore con un retrogusto legDalle descrizioni fornite dagli assaggiatogermente amarognolo. Sapido. Rustico. ri mediante un lavoro di interpretazione e di sintesi si possono ottenere i seguenti • PIGNOLETTO ROSSO - Colore gialprofili sensoriali: lo scuro, cupo (senape), con presenza di particelle rossastre. Profumo intenso • PIGNOLETTO GIALLO - Colore con note evidenti di “castagne bollite” e giallo intenso, dorato. Profumo delicato crusca. Struttura poco compatta, crein cui si percepiscono note vegetali mosa. Evidente la presenza di particelle (erba, fieno e legumi). Struttura comfibrose, aroma con sentore di mandorle. patta con granuli fini e presenza di parPoco dolce al sapore. ticelle di consistenza vitrea. Collosa. (9) Lavoro eseguito con finanziamento della Provincia di Torino. (*) Dipartimento di Valorizzazione e Gestione delle Risorse Agroforestali, Settore Industrie Agrarie – Facoltà di Agraria Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO) 93 • IBRIDO F.M. 802 - Colore giallo • OTTOFILE - Colore giallo scuro, senape. Profumo poco caratterizzato con scuro. Profumo intenso ma poco caratsentori di “mais cotto”. Granulosità terizzato (leggermente vegetale, patata evidente, grossolana. Struttura molto lessa). Granulosità fine. Struttura piutcompatta, adesiva al palato, quasi friatosto compatta, non collosa. Poco dolce bile. Sensazioni di tannicità. Poco dolce al sapore, equilibrato, quasi neutro. al sapore. Ricorda la polenta prodotta con i mais ‘del supermercato’. • OSTENGA - Colore avorio con particelle di colori diversi (rosso-marrone). • NOSTRANO DELL’ISOLA - Colore Profumo poco intenso con leggeri sengiallo intenso, dorato in cui si distintori di castagne bollite. Struttura guono particelle diversamente colorate. mediamente compatta, farinosa. Profumo abbastanza intenso con sentoGranulosità poco presente. Piuttosto ri di affumicato e di erbaceo. Aroma dolce al sapore. con evidenti note vegetali. Granulosità evidente, vitrea. Buona compattezza. Retrogusto leggermente amarognolo. Percepibile l’astringenza. Mais piemontese Scheda descrittiva - valutativa libera Degustatore : __________________________ Data : 19.11.2002 Codice campione Descrizione - Valutazione Fig.1 – Scheda descrittiva utilizzata per l’esame dei mais da polenta 94 Sulla base di queste descrizioni libere è possibile estrarre dei descrittori sensoriali e definire una prima scheda per l’analisi sensoriale del mais da polenta da utilizzarsi in futuro per l’esame descrittivoquantitativo (Fig.2). entrambe le fasi dell’assaggio come segnalato dagli stessi assaggiatori. Infine è stato inserito anche il descrittore ‘Salato’ in quanto, benchè le polente non siano state salate, è stato più volte segnalato il descrittore ‘Sapido’ ed è stata indicata una differente sapidità nei prodotti esaminati. La scala utilizzata è di tipo lineare non strutturato e questo consente la successiva elaborazione dei risultati ottenibili con tecniche parametriche sia uni- che multivariate. Si tratta ovviamente di una prima bozza della scheda e quindi suscettibile di integrazioni e sostituzioni in relazione ai problemi che dovessero sorgere durante l’addestramento degli assaggiatori e/o durante l’esame dei prodotti. Come si può notare in questa scheda mancano le valutazioni del colore fornite peraltro da tutti gli assaggiatori, ma che possono essere vantaggiosamente sostituite da misurazioni colorimetriche in laboratorio. Per quanto concerne i descrittori dell’odore e dell’aroma questi sono stati ripetuti in quanto si possono percepire in I punteggi di gradimento, standardizzati per ciascun assaggiatore in una scala da 0 a 1, sono stati elaborati mediante il test non parametrico di Kruskal-Wallis. In tabella 1 sono riportati i valori della somma dei ranghi raggiunta da ciascun prodotto ed i risultati del successivo test di comparazione a coppie. Scheda per l’analisi sensoriale del mais da polenta Degustatore: ________________ Data: _______________ Campione: __________ Intensità odore Erbaceo Castagna bollita Patata bollita Mais cotto Dolce Salato Amaro Intensità aroma Erbaceo Castagna bollita Patata bollita Mais cotto Compattezza Granulosità Fig.2 – Proposta di scheda descrittiva quantitativa lineare per l’analisi sensoriale del mais da polenta 95 sapore amaro, è stato il meno gradito. Situazione intermedia invece per gli altri mais a confronto benchè l’Ibrido FM 802 sia tendenzialmente meno gradito ed il Nostrano dell’Isola e l’Ottofile più graditi. Ottima posizione quindi per il Pignoletto rosso e l’Ostenga che sono risultati i più graditi dagli assaggiatori, mentre il Pignoletto giallo, forse a causa della sua struttura disomogenea e del Tab.1 – Valori della somma dei ranghi calcolata per ogni cultivar a confronto e risultati del test di Kruskal-Wallis. Pignoletto giallo 457.5 a Ibrido FM 802 622.5 ab Nostrano dell’Isola 774 bc Ottofile Ostenga 803.5 bc 913.5 c Pignoletto rosso 1085 d Valori con lettere diverse sono statisticamente differenti per p<0.05. Fig.3 – Campioni utilizzati per l’analisi sensoriale Conclusioni standardizzate e quindi definire una graduatoria di gradimento. Si tratta ovviamente di indicazioni preliminari che andranno confermate da ulteriori ricerche ed approfondimenti al fine di verificare se oltre all’effetto della cultivar esiste anche un effetto ‘annata’ ed un effetto ‘sito’ di coltivazione. Anche nel caso del mais da polenta l’analisi sensoriale si è dimostrata un efficace strumento per la caratterizzazione e discriminazione dei prodotti alimentari ed ha consentito di fornire il profilo percepibile di tutti i campioni esaminati. È stato possibile inoltre confrontare i diversi mais da polenta in condizioni 96