Bollettino di agricoltura biologica

N° 1 – Settembre 2003
CRAB
Bollettino di agricoltura biologica
A cura del CRAB
Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica
NUMERO
1
Settembre 2003
CRAB
Scuola Malva Arnaldi
Bollettino di agricoltura biologica
A cura del CRAB
Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica
NUMERO
1
Settembre 2003
CRAB
Scuola Malva Arnaldi
Bollettino di agricoltura biologica
A cura del CRAB
N. 1 – Settembre 2003
Centro di Riferimento per l’agricoltura biologica (C.R.A.B.)
Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO)
Servizio Agricoltura della Provincia di Torino
Corso Stati Uniti, 1 – Torino – Dirigente: Antonio Parrini
Scuola Malva-Arnaldi
Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO) – Presidente: Dario Martina
Coordinamento editoriale a cura di Annalisa Turchi e Patrizia Zaccara
Coordinamento scientifico a cura di Massimo Pinna
Foto di Massimo Pinna
eccetto quelle delle pagg. 24, 25, 28, 53, 61 e 77 di Giulio Re,
di pag. 96 di Giuseppe Zeppa e delle pagg. 89, 90 e 91 del CRAB
Progetto grafico e realizzazione: EICON snc – Torino
Stampa: AGES Arti Grafiche – Torino
Finito di stampare: Settembre 2003
Il contenuto della presente pubblicazione è riproducibile citando la fonte.
Si ringraziano tutte le aziende agricole e i mulini che con entusiasmo
e disponibilità hanno attivamente collaborato alla realizzazione
delle sperimentazioni, i tecnici delle Comunità Montane e delle
Organizzazioni professionali di categoria per la preziosa collaborazione,
le Ditte produttrici, che hanno fornito i mezzi tecnici per la realizzazione
delle prove ed il prof. Paolo Navone per la disponibilità offerta.
Un ringraziamento particolare va al Settore Fitosanitario
della Regione Piemonte.
Indice
Presentazioni .......................................................................................................... pag. 4
Agricoltura biologica: un gioco di ruoli .......................................................... pag. 8
Colture frutticole
Indagini territoriali
Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo, Patrizia Zaccara,
Rosemarie Tedeschi, Sergio Gallo
Monitoraggio dei meleti del Canavese colpiti da fitoplasmi agenti causali di AP
(Apple Proliferation) ................................................................................................ pag. 9
Strategie di difesa
Giulio Re, Dario Possetto, Alba Cotroneo
Strategie di difesa dalle principali avversità fungine del melo: valutazione dell’efficacia
di prodotti rameici e polisolfuro di calcio su “Pink Lady”, cv di recente introduzione ........ pag. 21
Gestione del suolo e della fertilità
Giulio Re, Dario Possetto, Paolo Balsari, Aldo Ferrero, Francesco Vidotto
Gestione del terreno in frutteti a produzione biologica .................................................. pag. 31
Ursula Gamba, Massimo Pinna, Sandra Spagnolo,
Dario Possetto, Giancarlo Bourlot
Verifica di diverse strategie di fertirrigazione biologica sulla cultivar Pink Lady ............ pag. 47
Colture orticole
Indagini territoriali ed agronomiche
Giulio Re, Dario Possetto, Silvana Nicola, Jeanet Hoeberechts, Emanuela Fontana,
Daniela Saglietti, Giuseppe Piovano, Giuseppe Zeppa, Luca Rolle
La coltivazione della patata nelle aree montane: verifica dell’applicabilità
delle tecniche di produzione biologiche e individuazione delle migliori varietà
con particolare riferimento ai parametri qualitativi .................................................... pag. 51
Strategie di difesa
Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo, Giuseppe Nervo
Verifica della tecnica dell’undersowing per il contenimento delle infestazioni
di origine animale su colture di cavolo........................................................................ pag. 65
Cerealicoltura
Indagini territoriali ed agronomiche
Aldo Ferrero, Francesco Vidotto, Giulio Re
Valutazione di tecniche per la produzione biologica del riso............................................ pag. 75
Sandra Spagnolo, Massimo Pinna, Ursula Gamba, Patrizia Zaccara,
Dario Possetto, Paolo Valoti
Valutazione di ecotipi piemontesi di mais da polenta in coltivazione biologica .................. pag. 81
Giuseppe Zeppa, Luca Rolle
Studio per la caratterizzazione sensoriale del mais autoctono piemontese .......................... pag. 93
Presentazioni
S
i inaugura con questa pubblicazione una collana divulgativa dedicata alle sperimentazioni nel campo dell’agricoltura biologica.
Questo primo numero raccoglie i risultati delle sperimentazioni condotte dal Centro di
Riferimento per l’Agricoltura Biologica (C.R.A.B.) nel corso del 2002, grazie alla collaborazione offerta da molti operatori del settore ed ai contributi finanziari che la Regione
Piemonte e la Provincia di Torino hanno messo a disposizione.
Le attività su cui ci si è concentrati in questo primo anno sono molte e variegate, avendo
riguardato le colture frutticole, orticole e cerealicole.
Ci auguriamo che gli addetti ai lavori e non solo loro, trovino in esse motivi di interesse e
di utilità e che la divulgazione dei risultati, oltre ad incentivare il passaggio al metodo di
coltivazione biologico, sia di stimolo per tecnici ed imprenditori che desiderino inserirsi nelle
sperimentazioni in azienda o vogliano fornire consigli e suggerimenti per migliorarle ed
arricchirle.
Il bollettino infatti vuole essere uno degli strumenti che il C.R.A.B. utilizzerà per svolgere il
ruolo di collegamento tra la domanda espressa dal settore del biologico e le risposte che il
mondo scientifico è in grado di fornire.
Auspicando una proficua collaborazione, auguriamo buona lettura.
Il Dirigente
del Servizio Agricoltura
della Provincia di Torino
Il Presidente
della Scuola Malva-Arnaldi
di Bibiana
Antonio Parrini
Dario Martina
4
biologica è una risposta alla massificazione delle produzioni e all’industrializ’ agricoltura
L
zazione delle tecniche che hanno investito parte dell’agricoltura convenzionale. Una massificazione che dipende dalle modifiche profonde intervenute nelle filiere agro alimentari, col prevalere dell’industria alimentare – investita da processi di concentrazione – e della grande distribuzione organizzata, che richiedono prodotti omogenei e standardizzati. A questi fenomeni, di scala
planetaria, in Europa si sono sommati agli effetti specifici della PAC, che era impostata, com’è
noto, sul sostegno dei prezzi e sull’isolamento dei mercati agricoli europei da quelli del resto del
mondo. Di conseguenza i prezzi non svolgevano più il loro ruolo di regolazione della domanda e
dell’offerta, e diveniva incontenibile l’orientamento alle massime rese unitarie col supporto di
innovazioni tecnologiche biologiche, chimiche, genetiche, meccaniche, impiantistiche, agronomiche
e zootecniche.
Sono ben noti gli effetti contraddittori che tale politica ha prodotto. Tra gli altri, quello più sconcertante è la contemporanea convivenza di modelli agro zootecnici orientati a raggiungere traguardi produttivi sempre più alti, talora addirittura senza curarsi delle ricadute negative sull’ambiente; e la crescita preoccupante di eccedenze di offerta, avvertite dal grande pubblico soprattutto quando assiste all’intollerabile spettacolo della loro distruzione.
All’origine, la fine degli anni ottanta, l’agricoltura biologica ha trovato le sue ragioni profonde
nel rifiuto di quelle innovazioni tecnologiche che distinguevano il modello allora dominante di
agricoltura convenzionale e nella ricerca di una nuova e diversa relazione fra uomo e natura.
Kaltoft (2001)1, autore di una ricerca sui rapporti fra agricoltori biologici e convenzionali, l’ha
definita “pre moderna”.
Per inciso si può osservare che il rifiuto dello strumento tecnico, senza incidere sulle ragioni che ne
giustificano l’impiego, è un modo parziale di affrontare il problema. Le cose sono molto più complicate se si cerca di incidere sulle cause profonde: le politiche economiche e commerciali, l’evoluzione dei mercati, i modelli sociali e di consumo. Sono ben note le difficoltà che incontra la riforma della PAC, basata proprio sul graduale e progressivo abbandono del sostegno dei prezzi e sulla
sua sostituzione con forme di aiuto diretto al reddito, nel rispetto di vincoli ambientali. Ma dal
successo di riforme come queste dipenderà la definiva sconfitta di quei modelli agricoli e zootecnici talmente iperproduttivi da tradire la missione profonda dell’agricoltura, che Hausmann
(1964, pag. 566), già quarant’anni fa, definiva come “la convivenza non dannosa dell’uomo col terreno” basata su “norme pregiudiziali che mirano alla conservazione della fertilità del suolo”2.
Dunque l’agricoltura biologica è nata per reazione, e in aperta contrapposizione, con i modelli di
agricoltura convenzionale di successo. Essa è sostanzialmente una scommessa, quella di produrre
senza l’ausilio di alcuni presidi fitosanitari, di concimi di sintesi, di organismi OGM, dell’uso
dell’embriotransfert.
Ma intercettava anche una domanda di nuovo tipo, espressa da quei consumatori che avvertivano un crescente fastidio nei confronti di alimenti ottenuti con poco rispetto dell’ambiente e con tecniche industriali.
Era una domanda ricca e di pochi, disposta a pagare un maggiore prezzo per avere beni ottenuti
in modo “più naturale”. Ma era il segnale dell’inizio di una trasformazione culturale di ampiezza ben più vasta, che assegna alla ruralità e alla tradizione notevoli valori simbolici e che si
accompagna a nuovi e sempre più diffusi stili di consumo.
1
2
Kaltoft P. (2001): Organic Farmingin Late Modernity: At the Frontier of Modernity or Opposing Modernity?, Sociologia Ruralis, XLI, n. 1.
Hausmann G. (1964): La terra e l’uomo, Paolo Boringhieri, Torino.
5
In questi ultimi anni l’espansione della domanda di prodotti biologici è stata così intensa da interessare la grande distribuzione organizzata. Di conseguenza il biologico è sempre meno un mercato di nicchia e si apre al largo consumo.
A parere di molti Autori (Grando, 2001)3, proprio questo fenomeno rappresenta il maggiore
motivo di trasformazione che investe oggi l’agricoltura biologica europea. Essa registra non soltanto una forte crescita quantitativa4 ma anche una profonda evoluzione nella natura e negli
obiettivi dei consumatori, dei distributori, dei produttori5.
In particolare, le motivazioni di questi ultimi sono ora meno ideologiche e più razionali, con un
preciso riferimento alle esigenze di mercato e nella consapevolezza del proprio ruolo nel dare una
risposta ai problemi dell’inquinamento. Kaltoft (cit.) definisce “moderna” questa nuova agricoltura biologica .
Il carattere differenziale fondamentale fra i prodotti biologici e gli altri è costituito dalle tecniche impiegate per ottenerli. In particolare, i primi rispettano regole di coltivazione e di allevamento dettate, con qualche inevitabile vaghezza, dai Regolamenti comunitari. Pertanto è essenziale il controllo della piena applicazione delle regole, con il corredo forse inevitabile di una certa
quantità di adempimenti burocratici.
Dunque, la messa a punto di precisi protocolli di coltivazione o di allevamento nelle diverse circostanze territoriali è essenziale sia per orientare i produttori che adottano i metodi dell’agricoltura biologica, sia, per i controllori. Per farlo, occorrono risultati sperimentali. Infatti, le tecniche di produzione della moderna agricoltura biologica richiedono innovazioni tecnologiche specifiche che talora, ma solo apparentemente, si ispirano alle tecniche del passato. D’altro canto queste sarebbero inapplicabili, essendo completamente mutate le condizioni sociali, economiche e politiche. Si pensi soltanto al rapporto lavoro/capitali nell’agricoltura tradizionale.
Lo studio di alcune fra tali innovazioni, e la verifica di qualche protocollo di coltivazione, sono
gli obiettivi delle ricerche presentate in questo volume. Esse riguardano coltivazioni frutticole (il
melo), due colture orticole (patata di montagna e cavolo), due colture cerealicole (riso e mais). Tre
sperimentazioni, naturalmente relative a colture erbacee, indagano l’intero ciclo produttivo.
Purtroppo nessuna ricerca mette a confronto le tecniche biologiche con quelle convenzionali corrispondenti e questo è un peccato perché le differenze sarebbero state interessanti, soprattutto in termine di costi unitari e di impiego di lavoro umano. D’altro canto tutte le prove si sono svolte in
aziende biologiche, nelle quali è impossibile sviluppare tecniche anche convenzionali.
I risultati evidenziano successi e insuccessi. Nella maggior parte dei casi le tecniche studiate hanno
risposto alle attese. Si sono raggiunti i risultati desiderati nei diversi modi di diserbare e di concimare il meleto, nella coltivazione delle patate di montagna, nel ridurre l’attacco di uno dei lepidotteri che aggrediscono le colture di cavolo e nella coltivazione di varietà diverse di mais nostrani. Da sottolineare, in questo ultimo caso, la puntualizzazione circa l’esigenza di una certa
“rusticità” nelle varietà coltivate con metodi biologici.
Le tecniche adottate per la difesa contro la ticchiolatura del melo hanno contenuto il patogeno ma
con un rilevante peggioramento estetico dei frutti. Peraltro, un recente lavoro di Banks e Marsden
(2001)6 dimostra che i consumatori di prodotti biologici e convenzionali esprimono criteri di qualità diversi, a iniziare dal giudizio sul loro aspetto fisico.
3
4
5
Grando S. (2001): Contributi socio-economici per lo studio dell’evoluzione dell’agricoltura biologica nei paesi occidentali, Rivista di Economia
Agraria, LVI, n. 4.
In Italia i produttori biologici sono saliti dai 2.500 del 1992 ai 56.500 del 2001, occupando circa l’8% della SAU nazionale
Vi sarebbe poi anche un’agricoltura biologica “post moderna” motivata dal rifiuto della standardizzazione, implicita nella società di massa e conseguente alla dissoluzione delle classi sociali e all’affermazione dell’individualismo.
6
Trattandosi di prove svolte in campo, i risultati sono stati fortemente condizionati dall’andamento
climatico – nell’anno di riferimento particolarmente piovoso – tanto che in un caso, quello della
coltivazione biologica del riso, si è giunti addirittura a sospendere i rilievi a causa dello sviluppo incontrollabile delle malerbe.
È in ogni caso previsto che le ricerche durino più anni e poiché nessuna è ancora giunta alla conclusione tutti i risultati ottenuti sono ancora parziali.
La natura delle prove svolte, i loro finanziatori soltanto pubblici (Regione Piemonte, Provincia
di Torino, alcune Comunità Montane), la provenienza egualmente pubblica dei ricercatori impegnati, le sedi coinvolte (l’azienda La Malva e un certo numero di aziende biologiche private), la
finalizzazione direttamente applicativa, sono aspetti tutti coerenti col modello di produzione e di
diffusione delle conoscenze tipico dell’agricoltura biologica e che Morgan e Murdoch (2000)7
riconducono allo schema di “network orizzontale”. Si tratta di una delle differenze fondamentali fra l’agricoltura biologica e quella convenzionale. Quest’ultima, infatti, produce e diffonde
conoscenze prevalentemente entro uno schema di “network verticale”, in cui prevalgono gli attori
più potenti della filiera agro alimentare, che indirizzano l’innovazione tecnologica verso l’omologazione delle produzioni, l’aumento delle rese e la crescita della produttività dei fattori. “Questo
processo ha spiazzato le conoscenze tradizionali degli agricoltori riguardo a pratiche
come la rotazione delle colture, l’aratura, la diversificazione produttiva, la conduzione
aziendale” (Grando, cit., pag. 702). Viceversa, quando la produzione di conoscenze avviene nell’ambito di un “network orizzontale”, caratterizzato dalle integrazioni all’interno di ciascun segmento della filiera, nessun attore domina sugli altri, si creano forme di collaborazione e processi
interattivi, sono valorizzate le competenze e le esperienze individuali. Ne consegue che nella produzione e diffusione delle conoscenze crescono sia l’autonomia degli agricoltori, sia l’attenzione
verso le tradizioni, il clima e l’ambiente locale.
A ben vedere, proprio per queste peculiari origini le innovazioni studiate per l’agricoltura biologica possono acquisire un significato più ampio, e diventare interessanti anche nella prospettiva
di una loro trasferibilità, parziale o totale.
La realtà è più complessa degli schemi adottati per descriverla. Questo vale anche nei rapporti fra
agricoltura biologica e convenzionale, presentati normalmente in termini di contrapposizione ma che
possono facilmente comprendere reciproci scambi di conoscenze e di valori. Un’evoluzione in questo
senso sarebbe desiderabile, non soltanto perché molti modelli di agricoltura convenzionale sono sicuramente eco compatibili ma, soprattutto, perché nella Terra c’è bisogno di un forte aumento della produzione agricola, sia pure ottenuto in condizioni di sostenibilità certa. Norman Borlaug, agronomo
e premio Nobel per la pace, ha ricordato ancora recentemente8 che occorrerà addirittura raddoppiare
la produzione alimentare mondiale nei prossimi decenni se si vorrà eradicare la fame dal mondo. Per
tentare di raggiungere un così ambizioso obiettivo si dovranno costruire nuovi strumenti politici,
finanziari e tecnologici, e le innovazioni che oggi l’agricoltura biologica rifiuta, ripulite degli eccessi, saranno necessarie. Non è neppure il caso di ricordare che la domanda a cui si riferisce Borlaug
è molto diversa da quella, appagata, che si rivolge ai beni biologici.
Il Preside della Facoltà di Agraria
Università di Torino
Prof. Bruno Giau
6
7
8
Banks J. – Marsden T.K. (2001): The Nature of Rural Development: The Organic Potential, Journal of Environmental Policy and Planning, III, n. 2.
Morgan K. – Murdoch J. (2000): Organic vs conventional agriculture: Know-ledge, power and innovatio in the food chain, Geoforum, XXXI, Pergamon.
Borlaug N. (2003): Relazione al Congresso: In the walche of the double helix: from the green to the gene revolution, Università di Bologna.
7
Agricoltura biologica: un gioco di ruoli
R
ecentemente, ho avuto modo di compiere un viaggio in uno dei Paesi che entreranno prossimamente nell’Unione Europea. La mia trasferta faceva parte di un programma Fahre
per la diffusione e l’ordinamento dell’agricoltura biologica in quel Paese. Durante il volo di
rientro in Italia, ripensando all’esperienza avuta, spiccava tra i ricordi la diffidenza verso
questo metodo, espressami da alcuni professori conosciuti nei miei giorni di permanenza. I loro
dubbi, sinceri e sicuramente esenti da malafede, erano dettati da una profonda serietà professionale e, probabilmente, da anni spesi nella ricerca e nella sperimentazione in agricoltura
convenzionale.
Come si potevano spiegare le apparenti contraddizioni insite nei fondamenti dell’agricoltura
biologica? Alla base di questa c’è la tutela e lo sfruttamento corretto della biodiversità, eppure alcune strategie per il controllo delle piante infestanti prevedono anche tecniche distruttive
come il pirodiserbo e quindi l’impoverimento dell’agroecosistema.
È meglio “sopportare” gli afidi all’interno di un meleto o tentare di distruggere le piante ospiti secondarie riducendo in tal modo la diversificazione ambientale?
Credo che alla base di queste domande e di questi dubbi legittimi, vi fosse in realtà una inconsapevole strutturazione mentale, allenata per anni nel settore dell’agricoltura convenzionale.
Noi tutti, ricercatori, tecnici, agricoltori e consumatori, siamo stati per troppo tempo abituati ad una classificazione delle colture e delle tecniche necessarie per la loro buona riuscita,
schematica e molto riduttiva. Gli insetti si suddividevano tra utili, dannosi ed indifferenti,
quasi a voler rappresentare per questi ultimi, un’apparente neutralità nella guerra dell’uomo
agricoltore verso i nemici delle sue colture. Le essenze vegetali, invece, erano considerate “specie d’interesse agrario”, specie spontanee o erbe infestanti.
La chimica, oltre ad impoverire gli ambienti naturali, ha impigrito il nostro desiderio di
conoscenza della natura e sclerotizzato la nostra duttilità mentale.
L’agricoltura biologica presuppone invece una notevole elasticità del pensiero di chi opera per
essa ed il considerare l’agroecosistema come un grande gioco di ruolo; in questo role game,
accanto agli organismi sicuramente minacciosi per le specie buone, esistono una serie di ruoli
intermedi che vengono giocati di volta in volta da soggetti diversi o addirittura dai medesimi soggetti che, a seconda della situazione, assumono vesti diverse; in relazione all’epoca ed
al contesto, una specie erbacea può giocare il suo ruolo come infestante o come area di rifugio
per insetti utili; altri organismi possono risultare indifferenti ma anche concorrenziali verso
ospiti indesiderati per l’occupazione dello spazio o per la disponibilità di sostanze nutritive.
Il compito di ricercatori, tecnici ed agricoltori che operano in agricoltura biologica è quindi proprio quello di individuare e sfruttare i diversi ruoli rivestiti dai protagonisti di questo gioco,
con intuizione, elasticità mentale e soprattutto capacità di… mettersi in gioco a loro volta.
Massimo Pinna
8
Monitoraggio dei meleti del Canavese
colpiti da fitoplasmi agenti causali di AP
(Apple Proliferation) (1)
Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo, Patrizia Zaccara(*) – Rosemarie Tedeschi(**) – Sergio Gallo(***)
Introduzione
Cenni Storici
Gli scopazzi del melo (apple proliferation) sono considerati tra le più gravi
malattie di questa pomacea; sono causati
da un fitoplasma (AP) in stretta relazione
filogenetica con gli agenti dei giallumi
delle drupacee, della moria del pero e
della leptonecrosi del susino.
La malattia è stata descritta per la prima
volta in Italia nel 1950, in Veneto e in
Trentino. In Piemonte, l’Alto Canavese
rappresenta il focolaio storico della
malattia. Negli ultimi cinque anni,
numerose segnalazioni di tecnici ed agricoltori hanno tuttavia evidenziato l’estensione della fitopatia al di fuori degli areali di origine ed anche in provincia di
Cuneo.
Fig.1 - Emissione incontrollata di germogli
Secondo molti ricercatori è da escludere la
trasmissione della malattia tramite ferite
o tagli di potatura.
C. costalis e C. melanoneura sono state ritrovate sulle seguenti piante ospiti: Taxus baccata, Crataegus oxyacantha, C. monogyna,
Pyrus communis, Malus domestica (Culatti).
In Piemonte sono frequenti i reperimenti
di C. melanoneura mentre non è ancora
stata accertata la presenza di C. costalis
(Alma, 2000).
Modalità di trasmissione dell’AP
Il fitoplasma può essere trasmesso attraverso materiale di propagazione infetto
(innesto), anastomosi radicale e tramite
punture di suzione di insetti vettori
appartenenti all’ordine dei Rincoti. I vettori dell’AP accertati in Italia sono le
psille Cacopsylla costalis (Flor) e Cacopsylla
melanoneura (Förster).
(1)
Lavoro eseguito con il contributo della Regione Piemonte e della Provincia di Torino.
(*)
(**)
(***)
CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica-Provincia di Torino – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO)
Di.Va.P.R.A. Settore Entomologia e Zoologia applicata all’Ambiente “Carlo Vidano” Facoltà di Agraria
Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO)
Settore Fitosanitario Regione Piemonte – Via Livorno, 60 – 10147 Torino
9
Biologia di C. melanoneura
Tecniche di contenimento
C. melanoneura compie una generazione
all’anno con svernamento allo stadio di
adulto. A fine gennaio gli adulti svernanti iniziano a colonizzare il melo raggiungendo un picco intorno alla metà di
marzo. In aprile compaiono i giovani, i
primi adulti sfarfallano verso la fine del
mese. Essi tendono ad abbandonare rapidamente i meli per spostarsi su ospiti
diversi per l’estivazione e lo svernamento
(Tedeschi et al., 2002).
Non esistono mezzi di lotta diretti per il
controllo di malattie causate da fitoplasmi, quando queste si manifestino in colture già in atto; per questa ragione sono
fondamentali interventi preventivi:
• evitare i rinnovi parziali dei meleti
onde scongiurare la contemporanea presenza di piante sane e infette, ma procedere, in previsione del rinnovo del
meleto, ad una sostituzione totale e
contemporanea;
• utilizzare esclusivamente materiale di
propagazione certificato;
Sintomatologia
• contenere le popolazioni dei vettori,
I sintomi su melo, descritti sino ad ora,
tramite interventi insetticidi, almeno
imputabili alla presenza del fitoplasma
nei primi anni;
agente causale di AP possono essere rias• eliminare i meleti incolti limitrofi, possunti come segue:
sibili focolai di infezione.
1 emissione incontrollata di germogli
laterali sui rami dell’anno (scopazzi)
Ripercussioni sulle produzioni
(Fig.1 e 4)
2 ripresa vegetativa anticipata
L’AP causa una diminuzione della pezza3 formazione di rosette di foglie all’api- tura dei frutti e quindi un loro deprezzace dei germogli (Fig.5)
mento, inoltre orienta la pianta a spende4 fioriture fuori stagione (Fig.6)
re un maggior quantitativo di risorse a
5 foglie piccole, allungate e con margini favore della fase vegetativa e a discapito
seghettati
di quella riproduttiva. Nonostante questo
6 stipole di dimensioni superiori alla è stato osservato che piante sintomatiche
norma (Fig.7)
possono nel tempo non manifestare più i
7 arrossamenti degli apici vegetativi
sintomi e quindi sopportare una produ8 frutti di dimensioni inferiori alla zione accettabile pur restando positive
norma, con picciolo allungato e colo- alle analisi. La possibilità di procedere
razione che permane verde (Fig.8)
all’espianto di un meleto in piena produ9 affastellamento vegetativo dell’intera zione in presenza della malattia è quindi
pianta (Fig.9).
da valutare attentamente.
10
Il monitoraggio in Provincia di Torino
Nella primavera del 2002 è stata avviata
un’indagine per conoscere la diffusione
della malattia sul territorio regionale,
approfondire le conoscenze sulle modalità
di trasmissione del fitoplasma e sulla biologia dei suoi vettori; l’indagine è realizzata da un gruppo di lavoro coordinato
dal Settore Fitosanitario della Regione
Piemonte al quale partecipano il
Di.Va.P.R.A. Settore Entomologia e
Zoologia applicata all’Ambiente “Carlo
Vidano” e il CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica della
Provincia di Torino ed il CreSO.
Mappatura dei Comuni
In questo primo anno di attività il monitoraggio ha riguardato i comuni inseriti
nella Comunità Montana Alto Canavese
(riconosciuti come focolaio storico della
malattia) e quelli in cui è stata data
segnalazione della presenza di sintomi
sospetti: Maglione, Borgomasino, Moncrivello, Borgo d’Ale, Alice Castello, Villareggia, Mazzè e Caluso (Figg.2-3).
Su indicazione di tecnici ed agricoltori
sono stati individuati 40 appezzamenti,
tra frutteti ed incolti, in ognuno dei quali
è stato effettuato un sopralluogo, a partire dal mese di giugno. L’obiettivo era
Obiettivi
quello di rilevare la presenza della malatCon l’intenzione di prevenire un’ulteriore tia, la gravità con cui si manifesta e la sindiffusione della malattia sono state avvia- tomatologia in relazione a: fase fenologite le seguenti indagini preliminari:
ca, cultivar ed età della pianta. Per questi
• mappatura dei Comuni e dei frutteti in rilievi era stata redatta apposita scheda.
cui sono presenti sintomi di AP;
• determinazione dell’entità dei focolai Rilievi sintomatologici
presenti in meleti abbandonati e in altri
Allo scopo di studiare l’evoluzione sintoincolti;
• riconoscimento dei sintomi nelle diver- matologica di AP nel corso della stagione, è stato individuato un frutteto “camse fasi fenologiche della pianta;
• organizzazione di momenti informativi pione”, in cui effettuare dei rilievi perioper agricoltori e tecnici con l’intento di dici, nell’azienda Berta Paolo di Prasensibilizzare sull’entità del problema, scorsano-TO. L’appezzamento considerasulle possibilità di riconoscimento in to contava 167 piante dell’età di 7 anni,
campo della malattia e sulle profilassi appartenenti a quattro cultivar differenti
(Golden Delicious, Renetta del Canada,
da adottare;
• monitoraggio e studio dei possibili Royal Gala e Ozark Gold), innestate su
insetti vettori, del loro ciclo e della loro portinnesto M7, con forma di allevamento a “doppio Y”.
diffusione sul territorio;
• individuazione di altre specie vegetali In questo frutteto si sono succeduti una
serie di sopralluoghi per valutare se e come
ospiti di C. melanoneura;
• analisi di laboratorio per l’identificazio- il quadro sintomatologico, a carico di ogni
ne del fitoplasma agente della malattia, singola pianta, evolvesse nel corso della
sia all’interno dei vettori, sia nelle pian- stagione. A tal fine ogni pianta osservata è
stata numerata. I rilievi sono coincisi con
te riconosciute come infette.
le date del 26/06/02, del 13/09/02 e il
11
prelevate dai rami venivano avvolte in
pellicola trasparente, numerate, perché la
loro posizione fosse nota, e conservate in
frigorifero fino alla consegna, realizzata in
giornata, ai laboratori del Di.Va.Pra. dove
venivano valutate le specie di insetti catturati ed in particolare il numero di psille
appartenti alla specie C. melanoneura.
03/03/03, corrispondenti alle fasi fenologiche di frutto noce, pre-raccolta e riposo
vegetativo. Un quarto rilievo è stato eseguito alla ripresa vegetativa. Anche per il
frutteto campione è stata compilata una
scheda sintetica e conoscitiva dell’azienda.
Rilievi sulla presenza stagionale
degli insetti vettori
Campionamento mediante
scuotimento meccanico
Uno degli obiettivi della sperimentazione
era quello di ampliare le conoscenze relative gli insetti vettori di AP, in particolare evidenziare quali specie siano presenti
in Piemonte e come si svolga il loro ciclo
biologico in questo ambiente. Durante il
monitoraggio, si è posta particolare attenzione anche alla vegetazione spontanea,
presente ai margini degli appezzamenti
coltivati, nel tentativo di chiarire una
questione ancora incerta, ossia su quali
specie vegetali gli adulti svernanti trovino
rifugio durante l’inverno, data la loro
accertata assenza sulla coltura del melo.
A questo scopo, parallelamente al lavoro
di monitoraggio, esteso ad un ampio territorio, è stata scelta l’azienda Fenoglio
Pietro e Marco nel comune di Prascorsano, perché chiaramente sintomatica, entro cui effettuare tutte le osservazioni relative agli insetti vettori.
A partire dal 2 maggio, campionamenti
mediante scuotimento meccanico dei
rami sono stati eseguiti ogni 10 giorni,
fino al 12 giugno. Dieci piante sono state
scelte a caso e per ogni pianta venivano
dati dieci colpi con un bastone, tenendo
sotto i rami un vassoio di plastica bianco
dove cadevano le psille. Questa tecnica di
campionamento rappresenta un utile supporto alle trappole cromotropiche,
soprattutto nei periodi in cui è più ridotta l’attività di volo degli insetti. Inoltre
tale tecnica permette di raccogliere insetti vivi da destinare a successive prove di
laboratorio, quali per esempio le indagini
diagnostiche. Gli insetti sono quindi stati
raccolti mediante aspiratore entomologico e portati in laboratorio per essere sottoposti a diagnosi molecolare.
Campionamento mediante
trappole cromotropiche gialle
Raccolta di campioni di foglie
da piante di melo sintomatiche
A cominciare dal 2 maggio 2002, nell’azienda Fenoglio, si è proceduto al posizionamento di 10 trappole cromotropiche
collanti gialle, sostituite ogni 10 giorni
fino al 5 luglio, sulla base di uno schema
di distribuzione prefissato. L’altezza dal
suolo delle trappole era di circa 1.6-1.8
metri. Ad ogni sostituzione le trappole
Per accertare l’effettiva presenza del fitoplasma agente dell’Apple Proliferation nel
meleto considerato, campioni di foglie
sono stati prelevati da 10 piante mostranti sintomi di AP, a fine estate, quando
maggiore è la concentrazione dei fitoplasmi nei meli, e portati al Di.Va.P.R.A. per
essere sottoposti alle indagini molecolari.
12
Osservazioni di laboratorio
Estrazione di DNA da vegetale
Il materiale consegnato in laboratorio è
stato prima sottoposto ad un’osservazione
mirante a stabile il numero, l’età ed il
sesso degli individui catturati di C. melanoneura (unico vettore rintracciato), e successivamente alle indagini molecolari
necessarie per evidenziare la positività dei
vettori al fitoplasma agente causale di AP.
Le indagini di laboratorio hanno previsto
l’estrazione del DNA totale sia dagli
insetti sia dai campioni di foglie di melo,
seguendo un protocollo precedentemente
descritto da Marzachì et al. (1998) per
quanto riguarda gli insetti e da Ahrens,
Seemüller (1992) per quanto riguarda le
piante (Marzachì et al, 1998; Ahrens,
Seemüller, 1992). Successivamente il
DNA del fitoplasma è stato amplificato
mediante PCR (reazione di amplificazione genica a catena).
Per quanto riguarda l’estrazione del
DNA da vegetale, per ciascun campione,
1 g di nervature di foglie di melo, allo
scopo di concentrare il tessuto vascolare e
di conseguenza anche il floema che ospita
i fitoplasmi, è stato prelevato, pestato in
mortaio con azoto liquido e addizionato
con un primo tampone di estrazione
(Grinding Buffer). Dopo filtrazione della
sospensione, essa è stata trasferita in provette da 13,5 ml e centrifugata per 30
min a 4°C. La fase liquida è stata eliminata e al pellet rimasto è stato addizionato un secondo tampone di estrazione
(CTAB) preriscaldato a 60°C. Dopo
un’incubazione di 30 min a 60°C, alla
sospensione è stato aggiunto un volume
di cloroformio-isoamilalcool. Dopo un’agitazione di 20 min successiva centrifugazione a temperatura ambiente, la fase
acquosa è stata prelevata e trasferita in
una nuova provetta dove il DNA è stato
fatto precipitare con 0,7 volumi di isopropanolo a -20°C per 30 min. In seguito a centrifugazione per 30 min a 4°C, il
surnatante è stato scartato e il pellet di
DNA è stato lavato con etanolo, trasferito in una provetta da 1,5 µl ed asciugato
in vacuo. Infine il DNA è stato risospeso
in 100 ml di acqua sterile e posto in congelatore a -20°C per la sua conservazione.
Estrazione di DNA da insetti
Gli insetti sono stati pestati in gruppi da
5 individui ciascuno, quando possibile, in
provette da 1,5 ml per mezzo di micropestelli in presenza di un tampone di estrazione (CTAB) preriscaldato a 60°C. La
sospensione è stata incubata a 60°C per
30 min, quindi centrifugata al fine di eliminare il residuo solido. Il surnatante è
stato trasferito in nuove provette e addizionato con un volume di cloroformio
isoamilalcol. Dopo un’agitazione di 20
min successiva centrifugazione a temperatura ambiente per 5 min, la fase acquosa è stata trasferita in nuove provette e il
DNA è stato precipitato con 1 volume di
isopropanolo freddo in centrifuga refrigerata, lavato con etanolo 70% ed asciugato
in vacuo. Infine il DNA è stato risospeso
in 20 µl di acqua deionizzata sterile e
posto in congelatore a -20°C per la sua
conservazione.
Amplificazione del DNA (PCR)
La tecnica della PCR prevede l’utilizzo di
primer la cui funzione è di ibridarsi a un
tratto specifico del DNA (appartenente al
fitoplasma) con sequenza complementare,
creando un tratto di DNA a doppia elica
che sarà riconosciuto come substrato della
successiva reazione di polimerizzazione.
Per la ricerca del fitoplasma agente dell’apple proliferation, sono stati utilizzati
13
come templati nell’amplificazione indiretta con fO1/rO1. Per visualizzare i
frammenti di DNA ottenuti con la PCR,
gli amplificati sono stati sottoposti ad
elettroforesi in gel di agarosio all’1%,
seguita da colorazione con bromuro di
etidio. Il gel è stato quindi osservato e
fotografato grazie ad un transilluminatore con lampada ad UV.
prima dei primer generici per i fitoplasmi
(P1/P7) (Schneider et al., 1995) in PCR
diretta e successivamente dei primer specifici per il gruppo AP (fO1/rO1) (Lorenz
et al., 1995) in PCR indiretta. I prodotti
di amplificazione ottenuti con la PCR
diretta sono stati diluiti alla concentrazione finale di 1:40 con acqua deionizzata sterile in modo da essere impiegati
Fig.2 - Focolai originari (in rosso) e di estensione (in blu) di AP nel Canavese
Fig.3 - Comuni monitorati nel corso del 2002
14
Risultati
Nel 75% dei frutteti censiti è stato rilevato un accrescimento delle stipole superiore alla norma. Gli altri sintomi sono
comparsi con minore incidenza (Tab.2).
È stato osservato che la manifestazione
dei sintomi diventava più evidente con
l’avanzamento della stagione, in particolare in prossimità della raccolta, e che esiste una diversa risposta alla malattia nelle
differenti cultivar (ad esempio le cv
Golden delicious e Renetta del Canada
hanno manifestato sintomi più evidenti).
Monitoraggio
L’emissione incontrollata di germogli
laterali sui rami dell’anno è il sintomo
rilevato con maggior frequenza, in particolare sulle branche più interne della
vegetazione o, a livello del colletto, a carico dei polloni.
Sintomi di AP sono stati trovati in tutti i
frutteti censiti, l’incidenza della malattia,
comunque, è risultata grave in soli tre
meleti localizzati nei comuni di
Prascorsano e Valperga. Nella maggior
parte dei casi la malattia si è manifestata
in forma lieve o media (Tab.1).
Tab.1- Incidenza della malattia nei frutteti censiti
Comune
n° Frutteti
Borgo d’Ale
2
Candia
2
Canischio
1
Castellamonte
3
1
Chiesa Nuova
1
Cossano
1
Cuorgnè
1
1
Maglione
4
1
Mazzè
2
Pertusio
3
Prascorsano
2
1
2
Pratiglione
3
S. Colombano
1
Valperga
3
2
1
Vische
1
Totale Frutteti
39
15
Classe di danno
lieve
lieve
media
lieve
media
lieve
media
lieve
media
lieve
media
lieve
lieve
lieve
media
grave
media
media
lieve
media
grave
lieve
Tab.2- Incidenza dei sintomi osservati
Sintomo
Emissione incontrollata di germogli laterali sui rami
dell’anno (scopazzi)
Ripresa vegetativa anticipata
Formazione di rosette di foglie all’apice dei germogli
Fioriture fuori stagione
Foglie piccole, allungate e con i margini seghettati
Stipole di dimensioni superiori alla norma
Arrossamenti degli apici vegetativi
Frutti di dimensioni inferiori alla norma con
picciolo allungato e colorazione che permane verde
Affastellamento vegetativo dell’intera pianta
% Riscontrata sul totale dei frutteti
90%
n.r.
25%
15%
20%
75%
15%
12.5%
25%
Il secondo rilievo del 13 settembre, in fase
ormai di pre-raccolta, ha evidenziato un
quadro sintomatologico più vario: gli
apici vegetativi degli scopazzi, presenti su
un numero maggiore di piante, mostravano arrossamenti e foglie di piccole dimensioni con margine seghettato. Di seguito
si fornisce un quadro dei sintomi riscontrati nel corso dei due rilievi (Tab.3).
Rilievi sintomatologici
nel frutteto campione
Nel corso del primo rilievo, effettuato il
26 giugno allo stadio fenologico di frutto
noce, le piante infette sono state rilevate
grazie alla presenza diffusa di stipole di
dimensioni superiori rispetto alla norma
e, secondariamente, per la presenza di
scopazzi.
Tab.3- Numero di piante risultate sintomatiche, nelle due diverse fasi fenologiche,
nel frutteto campione
Sintomi
Emissione incontrollata di germogli
laterali sui rami dell’anno (scopazzi)
Ripresa vegetativa anticipata
Formazione di rosette di foglie all’apice
dei germogli
Fioriture fuori stagione
Foglie piccole, allungate e con i margini
seghettati
Stipole di dimensioni superiori alla norma
Arrossamenti degli apici vegetativi
Frutti di dimensioni inferiori alla norma
con picciolo allungato e colorazione che
permane verde
Affastellamento vegetativo dell’intera pianta
Frutto Noce (26/6)
Preraccolta (13/9)
18
33
–
–
0
0
0
0
1
32
38
0
34
18
0
0
5
0
16
generazione e sono sempre stati presenti
in numero limitato, probabilmente perché a maggio gran parte della popolazione
neosfarfallata era già migrata su ospiti
alternativi al melo per l’estivazione e il
successivo svernamento su altre piante
ancora sconosciute (Tab.4 e Tab.5).
Rilievi sugli insetti vettori
Dall’osservazione degli insetti catturati
attraverso le trappole cromotropiche gialle e lo scuotimento meccanico dei rami è
risultato che gli adulti di C.melanoneura
campionati appartenevano tutti alla nuova
Tab.4- Catture di Cacopsylla melanoneura mediante trappole cromotropiche gialle
(legenda: m-maschio; f-femmina; n-ninfa)
DATA
13 maggio
24 maggio
3 giugno
12 giugno
24 giugno
1
2
1f+1m
0
0
2f+1m
0
0
1m
1f
0
0
3
0
0
0
0
1f
TRAPPOLA
4
5
6
0
0
1f
1f
0 1f+1m
2f+1m 0
1m
1f+5m 0
2m
0
0
0
7
0
0
1m
2f+13m
0
8
0
0
0
2m
0
9
0
1m
1f
6m
0
10
0
2m
0
1f+1m
0
Tab.5- Catture di Cacopsylla melanoneura mediante scuotimento meccanico
dei rami di melo (legenda: m-maschio; f-femmina; n-ninfa)
DATA
13 maggio
23 maggio
03 giugno
13 giugno
PIANTA
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
1m
1m
1n
0
0 3m+4n 1f+2m+3n 3f+1m 1f+1m 2f+1m
0 1m+1n 1m 1m+1n 0
0
0
0
1n
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Degli otto campioni di psille, raccolti
mediante la tecnica dello scuotimento
meccanico dei rami e sottoposti ad analisi molecolare mediante PCR con primer
specifici per i fitoplasmi del gruppo AP,
solamente uno, formato da cinque adulti
neosfarfallati, è risultato positivo.
Analisi sui campioni vegetali
Tutti i dieci campioni di vegetale raccolti sono risultati positivi ad AP in seguito
a PCR con primer specifici per i fitoplasmi del gruppo AP.
17
Sintomatologia osservata
Fig.4 - Emissione incontrollata di germogli laterali
sui rami dell’anno (scopazzi)
Fig.5 - Formazione di rosette di foglie
all’apice dei germogli
Fig.6 - Fioriture fuori stagione
Fig.7 - Stipole di dimensioni superiori alla norma
18
Fig.8 - Frutti di dimensioni inferiori
con picciolo allungato
Fig.9 - Affastellamento vegetativo
dell’intera pianta
19
BIBLIOGRAFIA
AHRENS U., SEEMÜLLER E., 1992. Detection of DNA of plant pathogenic
mycoplasmalike organisms by a polymerase chain reaction that amplifies a sequence
of the 16S rRNA gene. Phytopathology 82: 828-832.
ALMA A., NAVONE P.,VISENTIN C., ARZONE A., BOSCO D., 2000.
Rilevamento di fitoplasmi di “Apple proliferation” in Cacopsylla melanoneura (Förster)
(Homoptera Psyllidae). Petria 10: 141-142.
CULATTI P. Scopazzi del melo. Schede Fitosanitarie Regione Lombardia.
http://www.agricoltura.regione.lombardia.it/admin/rla_Documenti/1-259/scopazzi.pdf
LORENZ K.H., SCHNEIDER B., AHRENS U., SEEMÜLLER E., 1995. Detection of the
Apple Proliferation and Pear Decline Phytoplasmas by PCR amplification of
ribosomal and non ribosomal DNA. Phytopathology 85: 771-776.
MARZACHÌ C., VERATTI F., BOSCO D., 1998. Direct PCR detection of phytoplasmas
in experimentally infected insects. Annals of Applied Biology 133: 45-54.
SCHNEIDER E., SEEMÜLLER E., SMART C.D., KIRKPATRICK B.C., 1995.
Phylogenetic classification of plant pathogenic mycoplasma-like organism or
phytoplasmas. In Razin S., J.G. Tully (eds.). Molecular and Diagnostic Procedures in
Mycoplasmology, Vol I, pp. 369-380. Academic Press, San Diego.
TEDESCHI R., BOSCO D., ALMA A., 2002. Population dynamics of Cacopsylla
melanoneura (Homoptera: Psyllidae), a vector of Apple Proliferation in northwestern
Italy. Journal of Economic Entomology 95 (3): 544-551.
20
Strategie di difesa dalle principali
avversità fungine del melo.
Valutazione dell’efficacia di prodotti rameici e polisolfuro di calcio
su “Pink Lady”, cv di recente introduzione (2)
Giulio Re, Dario Possetto(*), Alba Cotroneo(**)
Introduzione
anni. Le diverse descrizioni della stampa
specializzata attribuiscono a “Pink
Lady” una elevata sensibilità alla ticchiolatura. In seguito a queste considerazioni e all’assenza di sperimentazioni
sulla coltivazione con il metodo dell’agricoltura biologica è stata avviata l’attività di sperimentazione. È stata considerata anche l’evoluzione dell’oidio
(Podosphaera leucotricha) vista la localizzazione della prova in una zona collinare
favorevole allo sviluppo del patogeno.
La prova è finalizzata alla valutazione dell’efficacia di diverse strategie di difesa
dalla ticchiolatura del melo (Venturia
inaequalis) con i prodotti ammessi dal
Reg. CE 2092/91, sulla varietà Pink
Lady.
Alcune prerogative quali la tardiva
epoca di maturazione, l’aspetto particolarmente attraente (sovraccolore rosato
su colore di fondo verde), l’ottimo sapore fanno di questa cv una delle novità
varietali più interessanti degli ultimi
Materiali e metodi
L’appezzamento è in conversione all’agricoltura biologica dal 2001.
All’interno del frutteto sono stati destinati quattro filari alla sperimentazione,
situati in posizione centrale rispetto
all’appezzamento.
Le tesi confrontate erano le seguenti:
• polisolfuro di calcio (2 kg/hl nelle prime
fasi, 1,5 kg/hl dalla fioritura in poi)
• rame (ossicloruro per il primo intervento, idrossido per i successivi a dosaggi
di 45-60 gr/hl di rame metallo) + zolfo
per il contenimento dell’oidio.
Localizzazione e
caratterizzazione del sito
Il meleto in cui è stata condotta la prova
è situato nell’areale frutticolo del
Pinerolese, sulla prima fascia collinare del
comune di Bibiana (TO), a circa 420 m
s.l.m.. Le principali caratteristiche dell’impianto sono le seguenti:
cv Pink Lady
Portainnesto: M9 –Pajam 2
Età: IV anno
Sesti d’impianto: m 4 x 1,5
Forma di allevamento: Fusetto
Superficie totale: 0,5 ha
(2)
Lavoro eseguito con finanziamento della Regione Piemonte.
(*)
(**)
Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO)
Settore Fitosanitario Regione Piemonte – Via Livorno, 60 – 10147 Torino
21
• polisolfuro di calcio e rame (aggiunta di
zolfo) alternando l’impiego dei due
principi attivi in relazione alle condizioni ambientali. In linea generale è
stato utilizzato il rame fino alla fase di
prefioritura e successivamente il polisolfuro, con un unico trattamento estivo con prodotti rameici.
Andamento climatico,
determinazione delle infezioni
e trattamenti
I dati meteorologici sono stati rilevati da
una capannina di tipo meccanico situata a
circa 400 m a valle del meleto, seguita
dai tecnici C.A.T.A.C. locali. In particolare venivano rilevati:
• temperature
(alle ore 8.00, 14.00 e 19.00)
• umidità relativa
• quantità di pioggia
• durata della bagnatura fogliare.
Per ognuna delle tesi indicate sono state
individuate 4 parcelle (di 14 piante ciascuna), localizzate all’interno di altrettanti blocchi. Le piante testimone sono state
individuate nei due interpali di testata,
suddivise quindi in due ripetizioni.
Rispetto all’andamento climatico medio
dell’ultimo decennio, il 2002 è stato
caratterizzato da una elevata frequenza di
precipitazioni durante tutto il periodo
primaverile estivo (Fig.1). Inoltre vengono rilevati due eventi grandinigeni nei
mesi di giugno ed agosto, rispettivamente di forte e media intensità che hanno
danneggiato l’80% della produzione.
mm di pioggia
70
40
pioggia mm
t° Media
35
60
30
50
25
40
20
30
15
20
10
10
5
0
0
T° Medie giornaliere
80
17-set
07-set
28-ago
18-ago
08-ago
29-lug
19-lug
09-lug
29-giu
19-giu
09-giu
30-mag
20-mag
10-mag
30-apr
20-apr
10-apr
31-mar
21-mar
11-mar
01-mar
Data
Fig.1 - Andamento di temperatura media e piovosità nel periodo marzo- settembre 2002
22
e piogge frequenti, si sono verificate condizioni predisponenti alle infezioni primarie
per ben 8 volte. In Tab.1 vengono riportati
i periodi di Mills-Laplant e l’esecuzione dei
trattamenti. Nel periodo aprile-maggio
sono stati effettuati 10 interventi.
Verificata la limitata presenza di macchie
dovute ad eventuali infezioni primarie,
nei mesi estivi sono stati effettuati trattamenti cautelativi ogni 15-20 gg, in relazione alle frequenti bagnature fogliari. A
fine di settembre è stato effettuato il trattamento di chiusura.
Per il contenimento dell’oidio, nella tesi
“rame” è stato utilizzato zolfo bagnabile
alla dose di 200 g/hl con un intervallo di
circa 15 gg.
Attraverso la valutazione della temperatura
e della durata della bagnatura fogliare è
stato individuato il potenziale inizio delle
infezioni primarie e secondarie, considerando il diagramma di Mills-Laplant. Per la
determinazione dei momenti di intervento
sono stati seguiti criteri preventivi, intervenendo il giorno precedente al previsto inizio
delle precipitazioni, facendo riferimento
alle indicazioni del servizio agrometeorologico della Regione Piemonte. Nel caso di
piogge prolungate venivano effettuati
anche trattamenti tempestivi su vegetazione bagnata. Particolarmente problematica
in tal senso la situazione del mese di maggio in cui, a seguito di temperature elevate
Tab.1 - Decorso delle infezioni primarie e trattamenti effettuati nel periodo marzo-giugno 2002
Mese di MARZO
Infezione
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
I
I
Temperatura
media (°C)
10
11
Bagnatura (h)
22h
13h
Trattamenti
P
Mese di APRILE
1
2
3
4
5
6
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
III
III
I
6,6°
8°
11
48
72
13h
P
C
P
C
P
Mese di MAGGIO
1
2 3
III
4
I
5
6
7
8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
III
II
I
II
III
III
11
10°
13°
11°
17°
16.2°
14,2°
17°
36h
11h
36h
20h
12h
13h
20h
27h
C
C
P
P
P
P
Mese di GIUGNO
1
2
3
I
4
5
6 7
III
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30
II
18.8°
15°
14°
10h
30h
18h
P
Infezione: – debole I – media II – forte III
Trattamenti: – preventivo P – curativo C
23
Sintomatologia di ticchiolatura
e oidio su foglie e frutti
A partire da fine aprile, calcolando il
periodo di incubazione, sono state effettuate osservazioni periodiche sul testimone per individuare la comparsa delle macchie di ticchiolatura (Fig.2).
Il 30 giugno è stato effettuato il rilievo
dei sintomi sulle foglie e sui frutti, in
tutte le parcelle, per la determinazione
delle infezioni primarie. Sono state monitorate 300 foglie e 200 frutti per ogni parcella. Per la valutazione delle infezioni
sulle foglie è stato utilizzato lo schema che
prevedeva la suddivisione in sette classi in
relazione alla estensione delle macchie
(secondo Theon, Stout, modificata da
Govi, 1955). Per la valutazione del livello
di infezione sui frutti è stata rilevato il
numero di quelli attaccati.
Alla raccolta è stato ripetuto il controllo
dei frutti colpiti, distinguendoli in relazione all’estensione della macchia (maggiore o minore di 1 cm2).
Per quanto riguarda l’oidio sono stati
controllati 100 germogli per parcella,
determinando la percentuale di quelli
attaccati il 25 di agosto.
Fig.2 - Forte infezione primaria sul testimone
(foto luglio 2002)
Entità delle popolazioni di
acari fitoseidi
Alla fine di luglio è stato effettuato il
monitoraggio delle popolazioni di
ragnetto rosso (Panonychus ulmi) e di acari
fitoseidi per evidenziare eventuali effetti
tossici dei principi attivi impiegati sui
predatori. Sono state esaminate 25 foglie
per parcella con l’ausilio di lente contafili 12X.
Residui dei p.a. presenti nei frutti
alla raccolta
Valutazione di eventuali effetti
dei prodotti impiegati su allegagione
e rugginosità dei frutti
Al fine di valutare la quantità di residui
eventualmente presenti sui frutti alla raccolta è stato prelevato un campione di 40
frutti (10 mele per ogni ripetizione) per
ogni tesi trattata. Le analisi dei residui
sono state effettuate dal laboratorio
Chemical Control di Cuneo, che ha determinato i quantitativi di zolfo (per il polisolfuro) e di rame presenti sui frutti ed ha
provveduto ad inviare il relativo rapporto.
Per la valutazione dell’eventuale effetto
diradante del polisolfuro è stato effettuato il conteggio dei frutti allegati ad inizio
giugno, su 5 piante per ognuna delle parcelle in prova. Alla raccolta sono stati
effettuati rilievi sulla rugginosità sull’epicarpo, suddividendo il campione di 50
frutti per parcella in 8 classi in relazione
alla percentuale dell’area interessata dall’alterazione rispetto alla superficie totale
del frutto.
24
Risultati
Va sicuramente sottolineata l’efficacia dei
numerosi trattamenti tempestivi sulla
vegetazione bagnata effettuati nei mesi di
aprile e maggio che hanno permesso di
evitare l’avvio di infezioni gravi, evidenziando anche una retroattività dei prodotti impiegati. Nelle parcelle trattate ripetutamente con prodotti rameici, analogamente al primo anno di prova, sono state
osservate macchie circoscritte, più o
meno estese sulle foglie, probabilmente
dovute a fitotossicità da accumulo di
rame in trattamenti successivi. Particolarmente colpite le foglie nella parte
medio bassa della chioma (Fig.3).
Monitoraggio delle macchie
di ticchiolatura su foglie e frutti
I risultati dei rilievi effettuati su foglie e
frutti alla fine delle infezioni primarie
sono riportati nelle Tabb. 2 e 3. Le prime
sporadiche macchie sul testimone, riconducibili alla infezione del 19 marzo, sono
comparse intorno al 20 di aprile. La
prima infezione grave avviata nella prima
settimana di maggio ha dato luogo alle
relative macchie verso la metà del mese.
In generale è stata rilevata una scarsa
incidenza della malattia nelle parcelle
trattate (percentuale di frutti attaccati
inferiore al 3%). Attacchi decisamente
più consistenti sono stati rilevati sul
testimone a confermare la sensibilità
della cv a Venturia inaequalis e le condizioni ambientali predisponenti alle infezioni.
Tutte le tesi trattate si sono differenziate
in modo statisticamente significativo, per
tutti i parametri considerati, rispetto al
testimone.
L’elaborazione statistica ha inoltre evidenziato, per la superficie fogliare infetta, una maggiore efficacia per la strategia di difesa che prevedeva l’uso del solo
rame rispetto al polisolfuro e alla tesi
“mista”. Rispetto al 2001 sono stati
riscontrati comunque attacchi lievemente più consistenti.
Fig.3 - Alterazioni sulle foglie frequentemente
rilevate nelle parcelle della tesi “rame”
25
Tab.2 - Sintomatologia sulle foglie al termine delle infezioni primarie (30 giugno)
Tesi
rame
polisolfuro
polis.+rame
testimone
0
297
274
259
224
n° foglie colpite /classe *
1
2
3
4
5
6
3
0
0
0
0
0
21
3
2
0
0
0
31
5
3
1
0
0
51 11
7
7
0
0
7
0
0
0
0
% foglie
colpite
% sup.
fogliare infetta
1a
9b
14 b
25 c
0,03 a
0,34 a
0,57 a
1,28 b
* media dei valori rilevati nelle tre ripetizioni
(Test di Duncan, differenze significative per valori di q > 3,0 e valori di p < 0,05)
Tab.3 - Frutti colpiti da ticchiolatura al 30 giugno (media delle tre ripetizioni)
tesi
N° di frutti attaccati
% sul totale
3,7
1,0
2,0
22,0
1,8 a
0,5 a
1,0 a
11,0 b
polisolfuro
rame
polisolfuro+rame
testimone
(Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05)
furo per i diversi livelli di infezione. Le
percentuali di frutti attaccati sono state
decisamente superiori al 2001, in particolare nelle parcelle trattate con polisolfuro
e con entrambi i principi attivi.
I risultati dei rilievi sui frutti alla raccolta
sono riportati nella Tab.4. Anche in questo caso si conferma una maggiore efficacia per il rame rispetto alle altre tesi con
differenze significative rispetto al polisol-
Tab.4 - Percentuale di frutti colpiti alla raccolta, distinti per estensione
delle macchie presenti (<o> di 1 cmq). Sono stati controllati 100 frutti/parcella
tesi
rame
polisolfuro+rame
polisolfuro
testimone
% di frutti attaccati
> 1 cm2
< 1 cm2
4,7 a
9,5 b
13,0 b
13,3 b
0,8 a
3,3 ab
6,8 b
33,0 c
(Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05)
26
Totale
5,5 a
12,8 ab
19,8 b
46,3 c
Tab.5 - Entità degli attacchi di oidio
(% di cacciate colpite al 25 luglio)
Oidio
Non sono emerse differenze significative
rispetto alla percentuale di cacciate colpite dal mal bianco (Tab.5) tra le diverse
tesi. L’elevata frequenza delle precipitazioni estive ha probabilmente contribuito
a ridurre in generale le infestazioni del
patogeno.
% di germogli
colpiti
Tesi
polisolfuro
rame (+ zolfo bagnabile)
polis.+rame
testimone
0,5 a
0,2 a
0,6 a
1,0 a
(Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05)
Tab.6 - Numero medio di frutti
allegati/pianta ad inizio giugno
Valutazione di allegagione
e rugginosità
Il conteggio dei frutticini allegati ad inizio giugno, al fine di evidenziare l’eventuale effetto diradante del polisolfuro,
non ha evidenziato differenze significative, denotando inoltre una elevata eterogeneità tra le diverse piante considerate
(Tab.6).
N° frutti
allegati/pianta
Tesi
testimone
polisolfuro
polis.+rame
rame (+ zolfo bagnabile)
96 a
90 a
88 a
78 a
(Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05)
ginosità diffusa. Pur essendo nettamente
individuabile si rileva comunque un
danno estetico inferiore rispetto a manifestazioni analoghe su Golden Delicious,
decisamente più evidenti.
Il rilevamento della rugginosità dei frutti alla raccolta (Tab.7 e Fig.4) ha evidenziato un’incidenza decisamente superiore
nelle parcelle trattate con idrossido di
rame, con oltre il 60% dei frutti con rugTab.7 - Rugginosità dei frutti alla raccolta
N° frutti per classe di estensione della rugginosità
Tesi
0%
Rugginosità % frutti rugginosità
diffusa (>20%)
media
1-10% 11-20% 21-30% 31-40% 41-50% 51-60% 61-70%
polisolfuro 50,3 9,7 0,0 0,0
polis.+rame 48,7 10,0 1,0 0,0
testimone
56,0 4,0 0,0 0,0
rame
3,0 6,7 13,0 18,7
0,0
0,0
0,0
6,7
0,0
0,0
0,0
6,0
0,0
0,0
0,0
3,3
0,0
0,0
0,0
2,3
(Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05)
27
0,5 a
0,7 a
0,2 a
15,3 b
0,0 a
0,0 a
0,0 a
61,7 b
Fig.4 - Frutti prelevati nelle parcelle trattate con polisolfuro (sx) e rame (dx):
evidente la rugginosità indotta dal rame
Non viene invece rilevata alcuna differenza significativa nel numero di individui
Il controllo effettuato a fine luglio ha evi- rilevati tra le diverse parcelle trattate
denziato popolazioni di acari fitoseidi (Tab.8).
decisamente più consistenti nelle parcelle
testimone.
Monitoraggio acari fitoseidi
Tab.8 - Entità media delle popolazioni di acari fitoseidi
rilevati su 25 foglie per parcella (numero di individui)
tesi
polisolfuro
rame (+ zolfo bagnabile)
polisolfuro+rame
testimone
Ragnetto rosso
Acari fitoseidi
1,0 a
0,7 a
1,0 a
1,0 a
5,0 a
6,6 a
7,6 a
16,0 b
(Test di Duncan, differenze significative per valori di p < 0,05)
28
livello di residui decisamente inferiore ai
limiti di legge per quanto riguarda il
rame, mentre per lo zolfo i quantitativi
I referti analitici del laboratorio Chemical erano inferiori alla soglia rilevabile
Control di Cuneo hanno evidenziato un (Tab.9).
Analisi delle quantità di
residui chimici presenti
Tab.9 - Residui rilevati sui frutti alla raccolta e R.M.A. per i principi attivi indagati
Campione
Tesi
P.a. indagato
1
2
Polisolfuro
Rame
3
Polis. + rame
Zolfo
Rame
Zolfo
Rame
Concentrazione Residuo massimo
rilevata (ppm) ammesso (ppm)
n.r.
1,2
n.r.
0,53
50
20
50
20
Conclusioni
Nel 2002, l’andamento climatico primaverile particolarmente favorevole alle
infezioni primarie ed il protrarsi delle
precipitazioni nel periodo estivo con la
vegetazione continuamente esposta alle
infezioni secondarie hanno determinato
attacchi più consistenti rispetto al 2001
in tutte le parcelle in prova. Tuttavia,
anche a fronte della dichiarata sensibilità
della cv alla ticchiolatura, viene confermata una buona efficacia delle strategie
di difesa impiegate. In particolare viene
confermata una maggiore efficacia del
rame rispetto al polisolfuro, soprattutto
in relazione ai rilevamenti effettuati alla
raccolta.
Nonostante i ripetuti interventi in prossimità della fioritura con il polisolfuro
non è stata rilevata una riduzione dei
frutti allegati imputabile all’effetto diradante del principio attivo in oggetto.
Da sottolineare invece l’effetto fitotossico
del rame sui frutti, con rugginosità diffusa su oltre il 60% dei frutti nelle parcelle
trattate esclusivamente con questo fungicida. Numerosi interventi nelle fasi di fioritura-allegagione hanno contribuito ad
aumentare l’entità del fenomeno rispetto
all’anno precedente. Anche se nella melicoltura biologica non sempre la rugginosità determina un significativo deprezzamento dei frutti (viene spesso associata
alla salubrità del prodotto), occorre sicuramente limitare l’impiego del rame nelle
fasi di maggior sensibilità (fioritura-allegagione) per ridurre l’incidenza delle alterazioni sulle mele alla raccolta.
Alla luce dei due anni di prova si ritengono comunque applicabili le strategie di
difesa previste dai disciplinari dell’agricoltura biologica sulla cv Pink Lady con
buon successo.
29
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
GOVI G., (1955) - Risultati di prove di lotta contro la ticchiolatura del melo.
Frutticoltura 6, pp15.
MANTINGER H., STAINER R., (1997) – Pink Lady: è nata una nuova stella da coltivare?
TESTONI A., LOVATI F., NUZZI M., PELLEGRINO S. (2002) – Prime valutazioni su
epoca di raccolta e tecniche di conservazione di mele Pink Lady® Cripps Pink
prodotte in ambiente pedemontano.
KELDERER M., LARDSCHNEIDER E., CASERA C. (2001) – Manuale di Frutticoltura e
Viticoltura Biologica.
30
Gestione del terreno in frutteti
a produzione biologica
(3)
Giulio Re, Dario Possetto(*) – Paolo Balsari(**) – Aldo Ferrero, Francesco Vidotto(***)
Introduzione
Nella realtà agricola piemontese le strategie di gestione del suolo in frutticoltura
si sono ormai da tempo orientate verso l’inerbimento spontaneo dell’interfila e il
diserbo chimico sulla fila. La recente diffusione delle produzioni biologiche ha
però determinato l’insorgere di nuove
problematiche nella gestione della flora
infestante che può divenire, senza il ricorso al mezzo chimico, problematica e dispendiosa.
In altri paesi europei, quali Austria,
Francia e Germania, nei frutteti a conduzione biologica si è assistito ad una rapida diffusione dell’inerbimento artificiale,
tecnica questa che è stata solo marginalmente studiata nelle condizioni ambientali della frutticoltura piemontese.
I vantaggi dell’inerbimento artificiale
rispetto a quello spontaneo consistono
prevalentemente nella possibilità di utilizzare specie in grado di contrastare lo
sviluppo della flora spontanea più dannosa e al tempo stesso di esercitare una
ridotta competizione nei confronti delle
piante arboree. Queste specie devono
essere caratterizzate da rapido insediamento ed elevata longevità, per competere efficacemente con le infestanti, e
dovranno essere scelte di volta in volta in
(3)
base alle condizioni pedoclimatiche dell’ambiente in cui si opera.
L’inerbimento artificiale del frutteto,
oltre a costituire una pratica ecocompatibile per il contenimento delle malerbe, è
da più parti indicato come un valido
metodo preventivo contro l’erosione e un
efficace strumento per il mantenimento
del suolo in buone condizioni chimicofisiche e strutturali. I vantaggi dell’inerbimento sono tra l’altro considerati in
alcune misure di Agenda 2000 che prevedono compensi per l’adozione di tale pratica.
Al fine di verificare la applicabilità della
tecnica dell’inerbimento artificiale in
frutteti a conduzione biologica, nell’anno
2001 ha avuto inizio una attività sperimentale finanziata dalla Regione
Piemonte, condotta dall’Università degli
Studi di Torino (Dipartimento di
Agronomia, Selvicoltura e Gestione del
Territorio; Dipartimento di Economia e
Ingegneria Agraria, Forestale e
Ambientale), presso la Scuola TeoricoPratica Malva-Arnaldi, sita nel comune
di Bibiana (TO). La prova aveva una
durata prevista di 3 anni e durante il
2002 è stata svolta l’attività relativa al
secondo anno.
Lavoro eseguito con finanziamento della Regione Piemonte.
(*)
(**)
(***)
Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO)
Dipartimento di Economia ed Ingegneria Agraria, Forestale ed Ambientale - Facoltà di Agraria, Via L. da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO)
Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio - Facoltà di Agraria, Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO)
31
Materiali e metodi
Le tesi messe a confronto sono state le
seguenti:
A: lavorazione sulla fila;
B: pirodiserbo;
C: inerbimento spontaneo;
D: inerbimento con Lolium perenne (40%)
+ Festuca rubra (60%);
E: inerbimento con Lolium perenne (25%)
+ Festuca rubra (35%) + Trifolium
repens (40%);
F: inerbimento con Festuca arundinacea;
G: inerbimento con Festuca rubra (40%) +
Trifolium repens (60%).
La ricerca si è svolta in un meleto di quattro anni (cv. Pink Lady innestata su
Pajam 2) con sesto d’impianto 1.5 m x
3.8 m presso la Scuola teorico pratica
Malva-Arnaldi di Bibiana (TO).
Durante il 2001 è stato realizzato l’inerbimento artificiale nel sottofila.
Nell’interfila è stato mantenuto l’inerbimento spontaneo, che ha garantito un
buon livello di copertura. Poiché l’azienda in cui si è svolta la prova era in regime
di coltivazione biologica, non è stato possibile, rispetto al progetto iniziale, introdurre una o più tesi di controllo chimico
delle infestanti presenti nel sottofila.
Nelle tesi C, D, E, F e G lo sviluppo degli
inerbimenti è stato regolato mediante
sfalci successivi.
Il disegno sperimentale adottato è stato lo
schema a blocchi randomizzati con 3
ripetizioni, in cui ogni blocco è rappresentato da un tratto di fila di 105 m di
lunghezza e 1 m di larghezza. Ogni parcella elementare aveva una lunghezza di
15 m (Fig.1).
Fig.1 – Schema parcellare della sperimentazione
32
50 kg/ha per le graminaceae e 7 kg/ha per
le leguminose e attribuendo in via precauzionale ad ogni parcella una superficie
maggiorata a 22,5 m2. Durante il 2002 i
diversi inerbimenti realizzati nel 2001
sono stati gestiti senza effettuare ulteriori semine.
In particolare, nelle tesi che prevedevano
lo sfalcio (C, D, E, F, G) o la lavorazione
meccanica del sottochioma (A) sono stati
effettuati 4 interventi. Nella tesi A (pirodiserbo) è stato necessario effettuare 5
interventi. Il calendario degli interventi è
riportato in Tab.1.
Gli inerbimenti artificiali sono stati realizzati nel primo anno di prova, effettuando la semina delle specie previste il
10/05/01.
La semina è stata preceduta da due passaggi con una fresatrice interceppo e
seguita da una rullatura per garantire il
contatto dei semi al terreno. Anche le tesi
che non prevedevano inerbimenti artificiali sono state lavorate con la stessa
attrezzatura per consentire un confronto
più oggettivo tra le varie situazioni.
I quantitativi di semina sono stati calcolati considerando come dose piena
Tab.1 – Calendario degli interventi di gestine della vegetazione nel sottofila
DATA
30 aprile
29 maggio
2 luglio
6 agosto
9 settembre
tesi A
lavoraz.
lavoraz.
lavoraz.
lavoraz.
tesi B
piro.
piro.
piro.
piro.
piro.
tesi C
sfalcio
sfalcio
sfalcio
sfalcio
tesi D
sfalcio
sfalcio
sfalcio
sfalcio
tesi E
sfalcio
sfalcio
sfalcio
sfalcio
tesi F
sfalcio
sfalcio
sfalcio
sfalcio
tesi G
sfalcio
sfalcio
sfalcio
sfalcio
4 rilievi di sviluppo degli inerbimenti.
Nelle varie parcelle è stata determinata la
densità o la copertura delle varie specie
presenti.
Per valutare l’incidenza delle diverse tecniche adottate sul comportamento vegeto-produttivo del meleto sono stati considerati i seguenti parametri quantitativi e
qualitativi:
parametri quantitativi:
• vigoria: rilevamento della lunghezza
dei germogli, effettuata misurando 15
succhioni formatisi sul primo palco di
branche su tre piante rappresentative
della parcella;
• produzione media/pianta;
• numero di frutti/pianta;
• peso medio dei frutti;
Per lo sfalcio è stata utilizzata una falciatrice rotativa montata lateralmente al
trattore e dotata di tastatore, al fine di
evitare il danneggiamento del fusto delle
piante. Per la lavorazione dell’interfila è
stata utilizzata una macchina dotata di
zappette rotanti attorno ad un asse verticale e in grado di operare, ad una profondità di 6 cm, con una velocità di avanzamento di 1,2 km/h. Per il pirodiserbo è
stata utilizzata una attrezzatura manuale
dotata di un riduttore di pressione, un
regolatore di flusso e un bruciatore.
Nell’ambito della valutazione economica,
sono stati calcolati, per ogni singola operazione, i costi di esercizio delle singole
macchine.
Nel corso del 2002 sono stati effettuati
33
La pesatura dei frutti e la determinazione degli zuccheri sono state effettuate
presso il laboratorio della Scuola MalvaArnaldi.
parametri qualitativi:
• sovracolore;
• durezza;
• lugol;
• tenore in zuccheri;
• acidità.
Risultati
per il rifornimento della macchina, mentre la zappatura è fortemente penalizzata
dalla ridotta velocità di avanzamento
(Fig.2).
La macchina falciatrice ha raggiunto la
più elevata capacità di lavoro (prossima a
0,34 ha/h), rispetto ad essa il pirodiserbo
risulta essere gravato dai tempi necessari
Zappatura
Sfalcio
Pirodiserbo
0
0.1
0.2
0.3
Capacità di lavoro operativa (ha/h)
Fig.2 – Capacità di lavoro delle macchine utilizzate
Il pirodiserbo è caratterizzato da un costo
macchina di poco superiore allo sfalcio
(76,75 €/ha contro 72,10 €/ha).
Tuttavia se a tale importo si aggiunge
quello per l’acquisto del GPL (circa 20
€/ha) si ottiene un costo complessivo dell’intervento di pirodiserbo superiore a 96
€/ha. Si tratta comunque di un valore
inferiore a quello della zappatura (oltre
124 €/ha) (Fig.3).
L’elevata capacità di lavoro della pirodiserbatrice ha permesso di ridurre sensibilmente il tempo di utenza per unità di
superficie di questa macchina, che è risultato di poco inferiore a 60 min/ha contro i
137,2 e 258,74 min/ha relativi rispettivamente alla falciatrice e all’erpice rotante,
nonostante l’impiego dell’attrezzatura
comporti anche un tempo accessorio
necessario per la sostituzione delle bombole (rifornimenti e scarichi).
34
Zappatura
Costo Macchina
Sfalcio
Costo GPL
Pirodiserbo
0
20
40
60
80
100 120 140
Costo del trattamento (euro/ha)
Fig.3 – Costo dei trattamenti
un costo prossimo a 288 €/ha.anno, mentre il pirodiserbo e la zappatura sono
risultate essere caratterizzate da un costo
rispettivamente pari a 452,75 €/ha.anno
(+57%) e a 496,06 €/ha.anno (+72%)
(Fig.4).
Nel corso della sperimentazione, al fine
di garantire un buon controllo delle infestanti, sono stati eseguiti 5 interventi di
pirodiserbo, 4 di sfalcio e 4 di zappatura.
In tali condizioni operative, i costi più
contenuti per il controllo delle infestanti
sono stati quelli relativi allo sfalcio, con
Zappatura
Costo Macchina
Sfalcio
Costo GPL
Pirodiserbo
0
100
200
300
400
500
Costo del controllo malerbe (euro/ha anno)
Fig.4 – Costo annuale del controllo delle infestanti
necessità di eseguire, indipendentemente
dalle modalità di controllo delle infestanti, un elevato numero di interventi, ha
determinato un netto vantaggio economico a favore dello sfalcio.
Il costo del controllo delle malerbe risente in larga misura dell’aggressività delle
infestanti e dell’effetto su di esse delle
macchine impiegate. Nel corso di questo
secondo anno di sperimentazione, la
35
Rilievi sugli inerbimenti
modo proporzionale rispetto alla dose iniziale di semina. I valori più elevati di
copertura per questa specie (46%) sono
infatti stati rilevati nelle tesi D, dove era
stata impiegata la miscela con la dose più
alta. Minore variabilità è stata osservata
per F. rubra, con valori di copertura nettamente inferiori.
Primo rilievo
Copertura (%)
Nel primo rilievo (effettuato il 22 aprile),
nelle tesi in cui sono stati realizzati inerbimenti con specie seminate, è stato
osservato un livello di copertura di
F. rubra e F. arundinacea compreso fra 9%
e 46%. In particolare, la copertura di
F. arundinacea è risultata variabile in
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
F. rubra
F. arundinacea
D
E
F
G
F
G
Densità (piante/mq)
Tesi
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
T. repens
L. perenne
D
E
Tesi
Fig.5 – Copertura e densità delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al primo rilievo
36
A causa dello stadio di sviluppo, per
L. perenne e T. repens, in questo rilievo sono
stati considerati i valori di densità. La
presenza di L. perenne è risultata proporzionale alla dose di semina e compresa fra
28 piante/m2 (tesi E) e 41 piante/m2 (tesi
D). Nel caso di T. repens sono stati rilevati valori di densità significativamente più
elevati. Per questa specie, tuttavia, i valori registrati non sono apparentemente
proporzionali alla dose di semina.
Nelle tesi D, E, F e G, le infestanti maggiormente rappresentate (Fig.6) sono
state Stellaria media (STEME) e
Taraxacum officinale (TAROF).
Particolarmente abbondante è risultata la
presenza di Convolvulus arvensis (CONAR)
nella tesi F, soprattutto a causa di una
forte infestazione in una delle ripetizioni.
90
Densità (piante/mq)
80
70
60
STEME
VERPE
TAROF
CERAR
POAsp
CONAR
50
40
30
20
10
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.6 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al primo rilievo
L. perenne, in particolare nella tesi B
(Fig.7). Fra le altre specie presenti, la più
abbondante è risultata STEME, con circa
150 piante/m2 nella tesi C.
Nelle tesi in cui veniva effettuata la
gestione dell’inerbimento spontaneo (tesi
A, B e C), la graminacea maggiormente
rappresentata in questo rilievo era
160
Densità (piante/mq)
140
T. repens
F. arundinacea
CERAR
POAsp
CONAR
L. perenne
STEME
VERPE
TAROF
120
100
80
60
40
20
0
A
B
C
Tesi
Fig.7 – Densità delle specie più imporanti rilevate nelle tesi A, B e C
37
La biomassa del totale delle piante presenti al momento del primo rilievo,
espressa in termini di peso fresco, è risultata compresa fra 520 g/m2 (tesi F) e 890
g/m2 (tesi C) in Fig.8.
Nelle parcelle seminate, la tesi D si è
distinta per la ridottissima biomassa
complessiva delle specie diverse da quelle
seminate. Nelle altre tesi, la biomassa
delle infestanti è risultata compresa fra il
11% e il 17% della biomassa totale
(Fig.9).
1000
800
600
400
200
0
B
A
C
E
D
F
Tesi
Fig.8 – Biomassa totale (specie seminate + infestanti)
nelle diverse tesi (peso fresco medio) al primo rilievo
900
Infestanti
Seminate
800
Biomassa (g peso fresco/mq)
Biomassa (g peso fresco/mq)
1200
700
600
500
400
300
200
100
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.9 – Ripartizione della biomassa totale
tra specie seminate e specie infestanti al primo rilievo
38
G
L’elevato grado di ricoprimento dato da
questa specie ha verosimilmente determinato lo sviluppo relativamente scarso di
L. perenne, per il quale è stato registrato un
valore di copertura massimo del 12% (tesi
D). La copertura di T. repens (tesi E e G) è
risultata compresa fra il 32% e il 47%.
Fra le tesi seminate, la più elevata presenza di infestanti è stata osservata nella tesi
F (Fig.11), dove la specie più abbondante
è risultata Digitaria sanguinalis (DIGSA),
con circa 60 piante/m2.
Secondo rilievo
Al momento del secondo rilievo (13 giugno), effettuato dopo due interventi di
gestione degli inerbimenti (lavorazione,
sfalcio o pirodiserbo), nelle tesi seminate
la copertura data da F. rubra è risultata
prossima al 100% nelle tesi in cui era
stata seminata (tesi D, E, G) (Fig.10).
F. rubra
L. perenne
120
F. arundinacea
T. repens
Copertura (%)
100
80
60
40
20
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.10 – Copertura delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al secondo rilievo
Densità (piante/mq)
70
60
50
DIGSA
TAROF
STEME
POAsp
CONAR
CERAR
40
30
20
10
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.11 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al secondo rilievo
39
I valori più bassi sono stati registrati nelle
tesi D ed F.
Nelle tesi in cui era previsto l’inerbimento spontaneo, le specie più abbondanti
sono risultate L. perenne e D. sanguinalis.
(Fig.12). Complessivamente, la più elevata densità di piante è stata rilevata nella
tesi B.
Nelle tesi D, E, F, G e H, il maggior contributo alla biomassa totale era dato dalle
specie seminate (Fig.14), mentre le infestanti rappresentavano, in tutti i casi, non
La biomassa totale al secondo rilievo era più del 10%.
compresa fra 1300 e 2600 g/m2 (Fig.13).
Densità (piante/mq)
160
140
T. repens
STEME
POAsp
L. perenne
CONAR
CERAR
DIGSA
TAROF
120
100
80
60
40
20
0
A
B
C
Tesi
Fig.12 – Densità delle specie infestanti nelle tesi A, B e C al secondo rilievo
Biomassa (g peso fresco/mq)
3500
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
B
A
C
D
E
F
G
Tesi
Fig.13 – Biomassa totale (specie seminate + infestanti)
nelle diverse tesi (peso fresco medio) al secondo rilievo
Biomassa
(g peso fresco/mq)
3500
Infestanti
Seminate
3000
2500
2000
1500
1000
500
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.14 – Ripartizione della biomassa totale tra specie seminate e specie infestanti al secondo rilievo
40
Nella stessa tesi, tuttavia, è stata osservata la maggior presenza di infestanti, con
Nel terzo rilievo (6 agosto) i più elevati una densità complessiva di circa 19 pianvalori di copertura nelle parcelle semina- te/m2 (Fig.16).
te sono stati osservati ancora per F. rubra
(Fig.15). Nelle tesi D, E e G le altre spe- Nelle tesi in cui era previsto l’inerbimencie seminate presentavano valori di coper- to spontaneo, il rilievo è stato eseguito
tura quasi sempre inferiori al 10%. Nella solo nelle tesi A e C, dove è stata osservatesi F è stato rilevato un buon equilibrio ta una elevata presenza di D. sanguinalis e,
fra le due specie di Festuca presenti, con nella sola tesi A, di S. media (Fig.17).
una copertura totale prossima al 90%.
Copertura (%)
Terzo rilievo
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
F. rubra
L. perenne
F. arundinacea
T. repens
D
E
F
G
Tesi
Fig.15 – Copertura delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al terzo rilievo
Densità (piante/mq)
14
DIGSA
GASCI
POROL
12
10
TAROF
STEME
CONAR
8
6
4
2
0
D
F
E
G
Tesi
Densità (piante/mq)
Fig.16 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al terzo rilievo
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
T. repens
STEME
L. perenne
GASCI
DIGSA
ECHCG
A
C
Tesi
Fig.17 – Densità delle specie infestanti nelle tesi A e C al terzo rilievo
41
Nelle stesse tesi seminate, l’elevata copertura data dalle due specie di Festuca ha
determinato un ridotto sviluppo di infestanti. Tra queste, solo Taraxacum officinale (TAROF) era presente con densità
superiori a 10 piante/m2 (Tesi E, Fig.19).
Quarto rilievo
Analogamente ai rilievi precedenti, anche
nell’ultimo rilievo F. rubra ha determinato il più elevato livello di copertura nelle
tesi seminate. Con l’eccezione di F. arundinacea nella tesi F, tutte le altre specie
seminate presentavano livelli di copertura spesso non rilevabili e comunque al di
sotto del 10% (Fig.18).
120
F. rubra
L. perenne
Copertura (%)
100
F. arundinacea
T. repens
80
60
40
20
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.18 – Copertura delle specie seminate nelle tesi D, E, F e G al quarto rilievo
12
DIGSA
TAROF
STEME
Densità (piante/mq)
10
SETVI
ECHCG
PLALA
8
6
4
2
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.19 – Densità delle specie infestanti nelle tesi D, E, F e G al quarto rilievo
42
Nelle tesi in cui era previsto l’inerbimento spontaneo le graminacee maggiormente rappresentate erano L. perenne e D. sanguinalis (Fig.20). Tra le altre specie presenti, elevati valori di densità sono stati
rilevati per Veronica persica e S. media nella
tesi A (rispettivamente 166 e 103 piante/m2).
180
T. repens
STEME
ECHCG
Densità (piante/mq)
160
140
La biomassa totale al quarto rilievo era
compresa fra 850 e 1900 g/m2 di sostanza fresca (Fig.21). Nelle tesi A e B i valori osservati sono risultati significativamente inferiori rispetto a quelli rilevati
nelle altre tesi.
Nelle tesi D, E, F, G e H, le specie seminate formavano sempre oltre il 90% della
biomassa totale (Fig.22).
L. perenne
POAsp
TAROF
DIGSA
CONAR
POROL
PLAMA
VERPE
120
100
80
60
40
20
0
A
B
C
Tesi
Fig.20 – Densità delle specie presenti nelle tesi A e C al quarto rilievo
Biomassa (g peso fresco/mq)
2500
2000
1500
1000
500
0
A
B
D
C
E
G
F
Tesi
Fig.21 – Biomassa totale (specie seminate + infestanti)
nelle diverse tesi (peso fresco medio) al quarto rilievo
Biomassa
(g peso fresco/mq)
2500
Infestanti
Seminate
2000
1500
1000
500
0
D
E
F
G
Tesi
Fig.22 – Ripartizione della biomassa totale tra specie seminate e specie infestanti al quarto rilievo
43
I valori più elevati di questo parametro
sono stati osservati nella tesi A, mentre i
L’osservazione sulle caratteristiche vege- più bassi nella tesi D.
to-produttive del melo non ha fornito, al
momento, risultati di chiara interpreta- Per quanto riguarda i parametri qualitazione, a causa del relativamente breve tivi dei frutti, differenze significative tra
periodo di tempo intercorso nella prova. le varie tesi sono state osservate solo nella
Per quanto riguarda i parametri quantita- risposta alla reazione di Lugol, con valori
tivi (Fig.23), differenze significative tra significativamente inferiori nella tesi G
le tesi sono state osservate solo per quan- (Fig.24).
to riguarda il peso medio dei frutti.
80.0
70.0
60.0
50.0
40.0
30.0
20.0
10.0
0.0
120
Numero frutti/pianta
Lunghezza germogli (cm)
Rilievi sulla coltura
100
80
60
40
20
0
B
A
C
E
D
F
G
A
B
C
185.0
180.0
175.0
170.0
165.0
160.0
155.0
150.0
145.0
140.0
b
ab
ab
ab
ab
ab
a
A
B
C
D
D
E
F
G
E
F
G
Tesi
Peso medio pianta (kg)
Peso medio frutti (g)
Tesi
E
F
20.0
18.0
16.0
14.0
12.0
10.0
8.0
6.0
4.0
2.0
0.0
A
G
B
C
D
Tesi
Tesi
Fig.23 – Principali parametri quantitativi.
A lettere uguali corrispondono differenze non significative secondo REGWF test (P=0.05)
44
b
b
b
b
b
b
9
Sovracolore
Punteggio Lugol
10
a
8
7
0
A
B
C
E
D
F
96
94
92
90
88
86
84
82
80
78
G
A
B
C
Tesi
Tenore in zuccheri (°brix)
9.5
9.0
B
C
D
E
F
G
E
F
G
14.6
14.4
14.2
14.0
13.8
13.6
13.4
13.2
13.0
12.8
A
B
Tesi
C
D
E
F
Tesi
200.0
Acidità (meq/l)
Durezza
10.0
A
D
Tesi
160.0
120.0
80.0
40.0
0.0
A
B
C
D
E
F
G
Tesi
Fig.24 – Principali parametri qualitativi.
A lettere uguali corrispondono differenze non significative secondo REGWF test (P=0.05)
45
G
Conclusioni
I risultati ottenuti nella prova condotta
presso la scuola teorico-pratica MalvaArnaldi hanno fornito utili indicazioni
sulla dinamica di sviluppo di diverse
tipologie di inerbimenti controllati. In
questo secondo anno di prova, Festuca
rubra è stata la specie in grado di determinare le coperture generalmente maggiori, sostituendo in parte il ruolo rivestito dal Lolium perenne nel precedente anno.
Tra le altre specie seminate, buoni livelli
di copertura sono stati ottenuti durante
tutta la stagione con F. arundinacea, mentre la presenza di Trifolium repens si è
ridotta verso gli ultimi rilievi.
Con l’eccezione del peso medio dei frutti,
la gestione degli inerbimenti lungo la fila
non ha influenzato i principali parametri
quantitativi e qualitativi della produzione. Analogamente, dopo due anni di sperimentazione non sono evidenti effetti sul
contenuto in azoto totale del terreno.
La prova a carattere dimostrativo condotta presso Castellar ha confermato la buona
capacità di copertura di F. rubra ed ha
posto in evidenza l’importanza di una
corretta esecuzione degli sfalci e, in particolare, della regolazione dell’altezza di
taglio nel mantenimento della copertura
per tutta la stagione.
Le prove svolte in questo secondo anno di
sperimentazione hanno inoltre permesso
di meglio valutare i costi di alcune tecniche di controllo delle infestanti basate su
metodi fisici e meccanici. In particolare,
la necessità di eseguire un numero di
interventi relativamente elevato ha determinato costi complessivi annui molto
simili tra sfalcio e pirodiserbo e decisamente più bassi rispetto a quelli della
lavorazione superficiale del terreno.
46
Verifica di diverse strategie
di fertirrigazione biologica sulla cultivar
Pink Lady
(4)
Ursula Gamba, Massimo Pinna, Sandra Spagnolo(*) – Dario Possetto(**) – Giancarlo Bourlot(***)
Introduzione
sperimentazione avviata nell’anno 2002,
su impianto di melo cv Pink Lady.
Nel panorama varietale della melicoltura
italiana, la cultivar Pink Lady rappresenta
un’importante novità che riscuote l’interesse degli operatori commerciali e dei consumatori grazie alle sue caratteristiche estetiche ed organolettiche del tutto originali.
La Scuola Malva Arnaldi da alcuni anni
sperimenta la messa a punto di tecniche
di coltivazione biologica di questa cultivar; l’individuazione delle idonee strategie di fertirrigazione impiegabili può
rappresentare quindi un passo importante per la gestione biologica della mela
Pink Lady.
La messa a punto delle tecniche di fertilizzazione rappresenta uno degli aspetti
fondamentali per la corretta gestione
delle colture biologiche. Il rapido diffondersi dell’agricoltura biologica ha portato
in questi anni le industrie produttrici di
fertilizzanti ad immettere sul mercato un
considerevole numero di prodotti di origine naturale idonei a tale scopo ma che
spesso, per un loro corretto utilizzo,
necessitano di verifiche di campo e della
messa a punto delle idonee strategie di
distribuzione. Nel settore viticolo ed in
quello orticolo esistono ormai numerose
esperienze, mentre nel campo della frutticoltura biologica sono necessari ulteriori
approfondimenti. Questo lo scopo della
Materiali e metodi
I tre filari a disposizione sono stati suddivisi in quattro parcelloni, corrispondenti
ad altrettante tesi (Tab.1), ripartiti come
da Fig.1.
Nel 2002 il campo sperimentale è stato
allestito su un impianto di melo cv Pink
Lady, dell’età di quattro anni, presso la
Scuola Malva Arnaldi di Bibiana.
(4)
Lavoro eseguito con contributo di Regione Piemonte e Provincia di Torino.
(*)
(**)
(***)
CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica-Provincia di Torino – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO)
Scuola Malva Arnaldi – Via S.Vincenzo 48 – 10060 Bibiana (TO)
Laboratorio Agrochimico - Regione Piemonte – Via Livorno, 60 - 10147 Torino
47
Tesi 1
Tesi 2
Tesi 3
Tesi 4
Fig.1 – Disegno sperimentale
Tab.1 – Tesi a confronto
Tesi
Fertirrigazione
Dose
(kg/Ha)
Concimazione fogliare
Dose
(kg/Ha)
1
2
3
4
Ilsadrip
Lysodin Alga-Fert
Nutrigreen AD
Testimone non trattato
60
50
45
–
Etix mgb
Lisodin multimix
Oligogreen
Testimone non trattato
2
2
3
–
I due interventi fogliari sono stati effettuati allo stadio di frutto noce (30 maggio) e ad inizio ingrossamento frutto (21
luglio); le fertirrigazioni, a cominciare
dall’ 8 maggio, sono state ripetute ogni
dieci giorni.
I concimi fogliari impiegati sono composti da diverse miscele di microelementi.
I concimi organici sono costituiti da composti aminoacidici, in diversa proporzione
nei differenti formulati, ottenuti attraverso processi di idrolisi enzimatica. Si differenzia Lysodin Alga-Fert la cui formulazione comprende alghe brune (Ascophyllum
nodosum) del Nord Atlantico.
Tutti i prodotti sono stati distribuiti
rispettando le dosi consigliate dalle ditte
produttrici.
La distribuzione dei concimi fogliari è
stata effettuata con l’ausilio di un atomizzatore, mentre per le fertirrigazioni è stato
utilizzato l’impianto d’irrigazione a goccia presente in azienda. La parcella testimone, individuata nella porzione terminale dei filari, è stata isolata dalla fertirrigazione chiudendo le manichette di distribuzione all’altezza del terzultimo palo.
All’interno di ogni parcella sono state
individuate dieci piante su cui effettuare
periodicamente i seguenti rilievi:
• sulla fase fenologica: misurazione
della lunghezza di cinque germogli apicali per pianta, ogni dieci giorni per sei
volte, a cominciare dalla ripresa vegetativa;
• sulla produzione: conteggio dei frutti
e peso complessivo della produzione per
pianta, analisi del contenuto zuccherino
mediante l’impiego di un rifrattometro.
I dati ottenuti sono stati sottoposti ad elaborazione statistica mediante analisi della
varianza.
48
Risultati
Questi dati hanno comunque un valore
qualitativo in quanto le piante interessate
dalla prova erano al primo anno di produzione; inoltre gli effetti delle fertirrigazioni
e delle pratiche fertilizzanti in generale possono evidenziarsi soltanto dopo alcuni anni.
La sperimentazione dovrà quindi proseguire nei prossimi anni per evidenziare gli
eventuali effetti dei prodotti saggiati nel
lungo periodo.
I risultati conseguiti in questo primo
anno di prova evidenziano una attività di
due dei prodotti saggiati sulla fase produttiva della pianta e non sulla fase vegetativa. In particolare le parcelle trattate
con Ilsadrip + Etix MGB e con
Nutrigreen AD + Oligogreen hanno prodotto frutti con peso specifico superiore
rispetto a quello delle parcelle testimone
(Tab.2).
Tab.2 – Differenze di efficacia dei prodotti saggiati nei confronti del testimone
Tesi
Ilsadrip + Etix MGB
Lysodin Alga-Fert +
Lisodin multimix
Nutrigreen AD +
Oligogreen
Lunghezza germogli
Peso medio frutti
per pianta
Produzione totale
per pianta
n.s.
(*) P< 0,05
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
n.s.
(*) P< 0,05
(*) P< 0,05
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
BARTOLINI R., 2003. Un attivatore per concimi fogliari. Terra e vita. Edagricole, 2: 52-54.
BARTOLINI R., 2003. Fertirrigazione e meccanismi fisiologici. Terra e vita. Edagricole, 2: 61-65.
49
50
La coltivazione della patata
nelle aree montane:
verifica dell’applicabilità delle tecniche di produzione biologiche e
individuazione delle migliori varietà con particolare riferimento ai
parametri qualitativi (5)
Giulio Re, Dario Possetto(*) – Silvana Nicola, Jeanet Hoeberechts, Emanuela Fontana, Daniela Saglietti, Giuseppe Piovano(**)
Giuseppe Zeppa, Luca Rolle(***)
Introduzione
Il progressivo abbandono delle coltivazioni negli areali montani costituisce una
importante problematica per le numerose
ripercussioni sull’assetto idrogeologico e
sul paesaggio, in quanto si determina la
rottura di importanti sinergie tra agricoltura, turismo e tutela ambientale, fondamentali per lo sviluppo globale di questi
territori marginali. Una coltura importante per l’adattabilità a queste situazioni
è da sempre la patata, per la quale sarebbe opportuno individuare le cultivar più
idonee soprattutto in relazione ai parametri organolettici ed all’adattabilità al
metodo dell’agricoltura biologica in
montagna: infatti, l’interesse crescente
dei consumatori per le produzioni biologiche e per i cosiddetti “prodotti tipici”
caratterizzati da una forte tradizionalità
sul territorio offrono sicuramente una
valida possibilità di rilancio. Diviene
quindi necessario ricostruire opportunità
agricole nelle vallate alpine a ridosso delle
tradizioni gastronomiche e vocazionalità,
ottenendo produzioni dotate di numerosi
“plus” qualitativi (caratteristiche organolettiche di pregio, patate “biologiche”), e
verificando nel contempo le potenzialità
dell’orticoltura biologica nelle vallate. La
presenza di alcuni ecotipi locali (in primis la “Piatlina”) costituisce sicuramente
un importante elemento di tipicizzazione
di queste produzioni, ma occorre approfondire le conoscenze in merito al comportamento agronomico e alle prestazioni
produttive.
Il presente progetto si propone quindi di
indagare tutti gli aspetti citati, coinvolgendo direttamente le aziende in loco,
mediante la realizzazione di campi sperimentali dislocati nei territori marginali;
la valutazione del comportamento agronomico e produttivo, della adattabilità
alla coltivazione biologica e la definizione
del profilo sensoriale per le varietà in
prova.
Si riportano i risultati ottenuti nel corso
del secondo anno di attività sperimentale
(2002) relativi a produzioni ottenute ed
analisi biometriche.
(5) Lavoro eseguito con finanziamento di Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comunità Montane: Val Chisone e Val Germanasca, Valle Pellice,
Alta Valle Susa e Pinerolese Pedemontana.
(*)
(**)
(***)
Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO)
Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio, Settore Orticoltura e Colture Officinali - Facoltà di Agraria
Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO)
Dipartimento di Valorizzazione e Gestione delle Risorse Agroforestali, Settore Industrie Agrarie - Facoltà di Agraria
Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO)
51
Materiali e metodi
Per i due siti di coltivazione inseriti in
prova solo dal 2002 sono state effettuate
le analisi del terreno presso i laboratori
del Servizio Fitosanitario Regionale al
fine di determinarne i principali parametri chimico-fisici. Gli esiti analitici hanno
evidenziato in entrambi i siti suoli franco-sabbiosi con buona dotazione di
sostanza organica e valori di pH prossimi
alla neutralità.
Aziende e siti di coltivazione
Alla luce delle prove condotte nel 2001,
delle problematiche emerse in alcuni siti
e considerato l’interesse manifestato da
altre Comunità Montane e la connotazione divulgativa del progetto, sono state
apportate alcune variazioni rispetto al
primo anno. Nel dettaglio sono stati
esclusi i campi di Usseaux e Salza ed inserite le località di Ostana (C.M Valle Po,
Bronda e Infernotto) e Cesana, loc. S.
Sicario (C.M. Alta Valle Susa). Sono stati
invece ripetute le prove di coltivazione
nei rimanenti 4 siti dislocati nelle Valli
Chisone e Germanasca (Fig.1).
Fig.1 – Localizzazione dei siti interessati
dalla prova nelle valli Chisone e Germanasca ed in Alta Valle Susa
52
Varietà e protocollo di coltivazione
Le varietà considerate sono state Agria,
Desirèe, Bintje, Liseta, già in prova nel
2001 e Finka, varietà di recente costituzione inserita in prova in sostituzione di
Spunta, in seguito alle richieste di alcuni
produttori di sperimentare nuove cv con
elevati standard organolettici ed epoca di
maturazione anticipata. Particolarmente
importante diviene quest’ultimo aspetto
per la valorizzazione del prodotto in loco,
dove diventa estremamente preziosa la
disponibilità del prodotto nel mese di
agosto, in corrispondenza del consistente
flusso turistico che caratterizza queste
vallate. Considerando quindi il carattere
divulgativo del progetto e visto l’interesse suscitato nel primo anno sono state
accolte le proposte dei produttori inse- Fig.2 – Preparazione del terreno per il trapianto a
Pragelato, loc. Gran Puy a 1800 m s.l.m.
rendo la cv Finka. La superficie interessa2
ta dalla prova era pari a circa 200 m per
ogni sito. Ogni cv è stata ripetuta in tre
blocchi randomizzati; le singole parcelle L’epoca del trapianto non è stata la medeoccupavano una superficie di 10 m2.
sima in tutti i siti, per ovvie ragioni legate alle diverse condizioni pedoclimatiche:
Sono state inoltre recuperate due tipoloPomaretto
18 aprile
gie della cv Piatlina (antica varietà autocOstana
30 aprile
tona), la prima dal cuneese (Entraque) e la
Fenestrelle
20 maggio
seconda in Val Chisone (Pragelato).
Prali
24 maggio
Entrambi gli ecotipi sono stati coltivati
Pragelato
13 giugno
nel sito di Fenestrelle.
Cesana
13 giugno
Al fine di uniformare la tecnica colturale
e permettere una attendibile valutazione Sono stati rilevati gli appezzamenti e
delle interazioni tra i siti ed i parametri definiti gli schemi sperimentali più
osservati, è stato definito un protocollo opportuni che sono stati forniti alle
comune di coltivazione a cui le aziende aziende, coadiuvando gli agricoltori nelle
dovevano sottostare:
operazioni di trapianto.
• preparazione del letto di semina con Eventuali lavorazioni successive sono
aratura a 25-30 cm di profondità
state effettuate in relazione allo sviluppo
• letamazione (10 qli, pari a 500 qli/ha) più o meno elevato delle infestanti.
• fresatura o erpicatura superficiale
• semina (a file, con sesti di 70 cm x 25 cm)
• rincalzatura dei tuberi.
53
Avversità biotiche
Contemporaneamente all’esecuzione dei
rilievi dei diversi stadi fenologici, veniva
rilevata anche l’eventuale presenza di
avversità di natura biotica, in particolare
la peronospora (Phytphtora infestans) e la
dorifora (Leptinotarsa decemlineata), valutando la necessità di interventi di lotta.
Nella difesa dalle avversità le aziende
dovevano attenersi alle norme previste
dal Reg. CE 2092/91 sull’agricoltura biologica. Peraltro, tre delle aziende coinvolte, hanno effettivamente avviato la conversione all’agricoltura biologica nel
2001. Sono stati effettuati monitoraggi
per valutare la necessità di interventi di
lotta.
La raccolta è stata effettuata nelle seguenti date:
Pomaretto
13 agosto
Ostana
27 agosto
Fenestrelle
16 settembre
Prali
23 settembre
Cesana
30 settembre
Pragelato
3 ottobre
Parametri produttivi e merceologici
In tali occasioni si sono effettuati i rilievi
dei parametri produttivi, determinando:
in campo:
• peso della produzione commercializzabile (diametro trasversale >30 mm),
con conteggio del numero di tuberi
• peso della produzione di scarto (diametro trasversale <30 mm), con conteggio
del numero di tuberi
• livello di maturazione, dato dall’incidenza dei tuberi con evidente distacco
dell’epidermide allo sfregamento (a
valori bassi dell’indice corrispondono
tuberi con un basso grado di maturazione, la cui epidermide si sfoglia facilmente);
Rilievi e parametri osservati
Fenologia
Sono stati effettuati rilievi sull’evoluzione
delle principali fasi fenologiche e sulla
vigoria delle piante. Per la valutazione
dell’emergenza sono stati effettuati due
rilievi, rispettivamente dopo 2 settimane
e un mese dalla semina, rilevando il
numero di piante emerse e lo stadio di
sviluppo.
Sono state determinate le epoche di fioritura al fine di ottenere informazioni utili
sulla diversa precocità delle cv e formulare ragionevoli previsioni per le epoche di
raccolta.
Dopo la fase di fioritura è stata determinata la vigoria delle piante, attraverso la
misurazione dell’altezza di 20 fusti per
ogni parcella.
in laboratorio (su un campione rappresentativo di circa 10 kg di tuberi per parcella prelevato al momento della raccolta):
• pezzatura mediante suddivisione dei
tuberi in classi di diametro trasversale
(<40 mm; tra 40 e 60 mm; >60 mm)
• pesatura e conteggio dei tuberi per ogni
classe.
I dati sono stati sottoposti ad elaborazione statistica.
54
alcun elemento di variabilità quale può
essere l’olio di cottura nel caso delle patate fritte.
In relazione all’elevato numero di varietà
e di siti coinvolti non è possibile il loro
confronto mediante dei test discriminanti qualitativi e quindi agli assaggiatori è
stata chiesta una descrizione dei singoli
prodotti unita ad una valutazione delle
patate sia in termini assoluti sia tra le cultivar provenienti da ciascun sito.
A queste valutazioni è stata aggiunta la
classificazione secondo la European
Association for Potato Research (EAPR)
che prevede tre tipologie indicate come A
(polpa soda, grana molto fine, indicata
per insalata e forno), B (consistenza
media, grana fine, indicata per purea,
gnocchi e forno) e C (polpa molto tenera,
farinosa, grana grossa, indicata per patate
fritte e gnocchi). Non è stata effettuata
invece alcuna valutazione comparativa fra
i diversi siti.
Analisi sensoriale
Nell’annata 2002 la caratterizzazione
sensoriale della patata pinerolese è stata
effettuata su tutte le cultivar (Finka,
Agria, Liseta, Bintije, Desirée) ed i siti
(Pomaretto, Fenestrelle, Pragelato, Prali,
Cesana, Ostana) in studio.
Il campione utilizzato per l’assaggio è
stato ottenuto unendo per ciascun sito e
ciascuna varietà le patate delle tre parcelle di coltivazione.
Le patate sono state conservate in cella
frigo a circa 10 °C ed in assenza di luce
sino al momento dell’esame sensoriale
che si è svolto dopo circa quattro mesi
dalla raccolta.
L’esame sensoriale è stato effettuato esclusivamente sui prodotti cotti. Fra le numerose tecniche di cottura (al forno, a vapore, bollite, fritte ecc.) anche per l’anno
2002 è stata scelta quella a vapore (25
min) in quanto è riproducibile, di facile
esecuzione e soprattutto non inserisce
Risultati
valori più modesti (73% a Fenestrelle). La
cv Bintije, anche negli appezzamenti con
elevata percentuale di piante emerse, ha
evidenziato una notevole disformità
(emergenza scalare, ed accrescimenti irregolari). Lo sviluppo delle plantule nelle
prime fasi è apparso invece molto omogeneo per Agria e Desirèe.
L’andamento della fioritura ha evidenziato diversi livelli di precocità tra le cv
indagate. In generale Agria e Desirèe
hanno iniziato la fioritura con qualche
giorno di anticipo rispetto a Bintije. Per
la cv Liseta non sono stati osservati fiori
nel 2002 nei diversi siti.
Evoluzione degli stadi fenologici
e della vigoria
L’andamento delle fasi di emergenza e fioritura nei diversi siti viene schematizzato
nella Fig.3. Mediamente sono intercorsi
circa 20 gg dalla semina all’inizio della
emergenza; a Pomaretto i tempi sono
stati più lunghi in relazione alla semina
primaverile, e alle temperature relativamente basse del periodo. Confrontando i
dati relativi alle diverse cv nell’ambito
dei singoli siti viene rilevato, nella maggior parte delle situazioni, una buona
percentuale di emergenza per le varietà in
prova, ad eccezione di Liseta e Finka che
fanno rilevare in quasi tutte le località i
55
Pomaretto
Varietà
Maggio
Agria
90%
Bintje
Desirèe
95%
Finka
95%
87%
non fiorita
Giugno
Luglio
Agria
85%
Desirèe
91%
Finka
73%
Liseta
Piatlina Entr.
77%
Piatlina Prag.
Varietà
82%
Ostana
Prali
non fiorita
Maggio
Giugno
Luglio
89%
Bintje
99%
Desirèe
98%
Finka
79%
Liseta
Varietà
80%
non fiorita
Gugno
Agria
Luglio
Agosto
82%
Bintje
95%
Desirèe
89%
Finka
92%
Liseta
Varietà
92%
non fiorita
Gugno
Luglio
Agria
Cesana
Agosto
87%
Agria
Agosto
89%
Bintje
99%
Desirèe
98%
Finka
79%
Liseta
Varietà
80%
Gugno
non fiorita
Luglio
Agria
Pragelato
Luglio
92%
Liseta
Varietà
Fenestrelle
Giugno
Agosto
98%
Bintje
87%
Desirèe
93%
Finka
96%
Liseta
85%
non fiorita
Fig.3 – Periodi di emergenza e fioritura nei diversi siti per le varietà in prova
56
Piatlina, coltivati nel sito di Fenestrelle,
hanno fatto rilevare altezze modeste, con
valori medi di 42 cm per l’ecotipo “Val
Chisone” e 31 cm per l’ecotipo
“Entraque”. In relazione all’incidenza del
sito viene evidenziata una vigoria media
decisamente superiore a Pomaretto (dove
è stato rilevato il maggior sviluppo vegetativo per tutte le cv) e a Fenestrelle
rispetto agli appezzamenti situati a quote
più elevate.
Per la valutazione della vigoria, i risultati del rilevamento dell’altezza delle piante vengono rappresentati nel grafico sotto
riportato (Fig.4). In tutti i siti di coltivazione Agria e Desirèe hanno evidenziato
un maggiore sviluppo vegetativo con
un’altezza media compresa tra i 70 cm di
Fenestrelle e i 50 cm di Pragelato; Liseta
e Finka hanno invece manifestato una
vigoria decisamente contenuta (valori
compresi tra 50 e 35 cm). Le piante di
80
altezza media delle piante (cm)
70
60
50
finka
liseta
bintje
desirèe
agria
40
30
20
10
0
to
et
ar
P
om
Fe
lle
tre
s
ne
na
ta
Os
i
al
Pr
a
an
s
Ce
siti
to
la
e
ag
Pr
Fig.4 – Altezza media delle piante rilevata dopo la fioritura
57
Come risulta dalle tabelle appare evidente la elevata sensibilità della cv Bintje e
l’elevato livello di tolleranza di Agria e
Desirèe. Finka e Liseta presentano invece
una situazione intermedia.
Per la difesa dalla peronospora sono stati
effettuati tre trattamenti con prodotti
rameici (ossicloruro di rame) a Pomaretto
e due a Fenestrelle.
Per la dorifora, a Pomaretto, dove è stata
individuata precocemente la presenza,
sono stati effettuati due trattamenti con
insetticida a base di Bacillus thuringensis
(tenebrionis) con ottimi risultati.
Monitoraggio delle principali
avversità biotiche e strategie di difesa
I rilievi effettuati per individuare la presenza di Leptinotarsa decemlineata e di
Phytophtora infestans hanno evidenziato la
presenza significativa di queste avversità
solamente nei siti di Fenestrelle e
Pomaretto. L’andamento climatico particolarmente favorevole alla malattia ha
determinato lo sviluppo di gravi infestazioni diffuse, consentendo di individuare
il diverso livello di tolleranza/sensibilità
delle varietà in prova.
Tab.1 – Livello di sensibilità a Phytophtora infestans rilevato per le diverse cv
nei siti di Fenestrelle e Pomaretto
Pomaretto
Agria
Bintje
Desirèe
Finka
Liseta
Fenestrelle
++
++++
+
+++
+++
Agria
Bintje
Desirèe
Finka
Liseta
++
+++
+
++
++
considerati sono stati influenzati significativamente dall’interazione cv x sito
Dall’analisi statistica effettuata sui dati di (Tab.2).
campo è risultato che tutti i parametri
Parametri produttivi
Tab.2 – Analisi della varianza per il peso ed il numero di tuberi per pianta
(sul totale, sul commerciabile e sul non commerciabile) con valori di P
Fonte di variazione
Cultivar
Sito
Cultivar x Sito
Significatività di F – Peso dei tuberi per pianta
totale
commerciabile
0.005
<0.001
0.005
58
0.002
<0.001
0.012
Nei restanti siti le produzioni si pongono
tra ca 0.2 e 0.3 kg di tuberi per pianta,
con variazioni legate alla cv molto evidenti a Pomaretto e Fenestrelle, più attenuate ad Ostana e Prali (Fig.5). La cultivar che nel complesso dei siti ha prodotto
di meno è stata la ‘Bintje’, confermando i
risultati del primo anno di sperimentazione.
La produzione totale di tuberi per pianta
è stata maggiore a Cesana e Pragelato, i
siti posti a quota più elevata: le produzioni ottenute con ‘Agria’ e ‘Desiree’ si sono
poste intorno a 0.75 kg di tuberi per
pianta; buone prestazioni si sono ottenute anche con ‘Bintje’ e ‘Liseta’ a Cesana
(ca 0.6 kg per pianta) e ‘Finka’ e ‘Liseta’ a
Pragelato (ca 0.5 kg per pianta).
0.8
0.7
0.6
kg
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
Liseta
Finka
Desirée
Cesana
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Prali
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Ostana
Desirée
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Fenestrelle
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Pomaretto
Pragelato
Cultivar x Sito
Fig.5 – Produzione totale di tuberi per pianta nei siti e per le cv esaminate
kg
La produzione di tuberi commerciabili ha
lo stesso andamento di quello riscontrato
per la produzione complessiva di tuberi,
con valori di poco inferiori (Fig.6); ciò
indica che, per i fattori considerati, si è
ottenuto nel complesso un raccolto di
buona qualità. Si conferma il dato per cui
le cv ‘Agria’ e ‘Desiree’ a Cesana e
Pragelato hanno fornito le migliori performance.
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Cesana
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Prali
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Ostana
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Fenestrelle
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Pomaretto
Pragelato
Cultivar x Sito
Fig.6 – Produzione di tuberi commerciabili per pianta nei siti e per le cv esaminati
59
Il peso medio dei tuberi nel complesso
della produzione ottenuta raggiunge i
valori maggiori in corrispondenza dei siti
posti a quota più elevata, Cesana e
Pragelato, in cui tutte le cv, tranne
‘Bintje’, si attestano su valori variabili tra
81.2 e 100.4 g per tubero (Fig.7). Negli
stessi siti ‘Bintje’ ha prodotto in media
tuberi di 50.4 g; la stessa cv ha sempre
prodotto i tuberi di peso inferiore anche
nelle altre località, con un minimo di
27.8 g ad Ostana.
Lo scarto, dovuto alla presenza di tuberi di
diametro inferiore a 30 mm, in tutti i siti
e per tutte le cv è quasi sempre inferiore a
0.1 kg per pianta. Esso assume valori
superiori per le cv ‘Bintje’ e ‘Desiree’ ad
Ostana e ‘Bintje’ a Cesana, dove si ottiene
il valore massimo di 0.17 kg.
L’analisi della varianza ha messo in evidenza che il peso medio dei tuberi sia nel
complesso della raccolta sia nella categoria dei tuberi commerciabili è stato
influenzato significativamente dall’interazione cv x sito, mentre il peso medio
relativo alla categoria di tuberi non commerciabili è stato influenzato significativamente dai fattori principali (Tab.3).
Tab.3 – Analisi della varianza per il peso medio dei tuberi con valori di P
Fonte di variazione
totale
Cultivar
Sito
Cultivar x Sito
<0.001
<0.001
0.021
Peso medio dei tuberi
commerciabile non commerciabile
<0.001
<0.001
0.046
0.029
<0.001
0.159
175
150
125
g
100
75
50
25
0
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Cesana
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Prali
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Ostana
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Fenestrelle
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Pomaretto
Pragelato
Cultivar x Sito
Fig.7 – Peso medio dei tuberi sulla produzione totale nei siti e per le cv esaminate
60
re massimo con ‘Liseta’ (160.3 g per tubero), mentre per le altre cv nei due siti si
sono avuti valori decrescenti fino al minimo di 83.5 g con ‘Bintje’. Nelle altre aree
di coltivazione i valori variano tra 51.9 g
e 96.3 g; il valore minimo in ogni sito è
sempre relativo ai tuberi della cv ‘Bintje’.
Il peso medio dei tuberi calcolato sulla
sola produzione commerciabile aumenta
notevolmente, ma l’andamento rimane lo
stesso già evidenziato nel grafico precedente (Fig.8). I risultati migliori si sono
riscontrati sempre a Cesana e Pragelato; in
quest’ultima località si è ottenuto il valo-
175
150
125
g
100
75
50
25
0
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Cesana
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Prali
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Ostana
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Fenestrelle
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Liseta
Finka
Desirée
Bintje
Agria
Pomaretto
Pragelato
Cultivar x Sito
Fig.8 – Peso medio dei tuberi sulla produzione commerciabile nei siti e per le cv esaminate
L’analisi dei dati inerenti la ‘Piatlina’ ha
messo in evidenza le migliori prestazioni
dell’ecotipo ‘Pragelato’ rispetto all’ecotipo ‘Entracque’: la produzione del primo è
infatti maggiore di 16 volte rispetto a
quella del secondo, pur mantenendosi su
livelli molto bassi quali quelli raggiunti
da ‘Bintje’ nello stesso sito. La produzione commerciabile di tuberi di ‘Pragelato’
è quasi pari a quella di tuberi non commerciabili, mentre per ‘Entracque’ tutta
la produzione non è commerciabile.
Anche per il numero di tuberi prodotti
per pianta e per il loro peso medio la
miglior prestazione è sempre quella dell’ecotipo ‘Pragelato’ (Tab.4-5).
Fig.9 – Patata della cv ‘Piatlina’ ecotipo
‘Pragelato’ coltivata nel sito di Fenestrelle
61
Tab.4 – Numero di tuberi per pianta dei due ecotipi della cv ‘Piatlina’
Ecotipo
totale
Pragelato
Entracque
3.86
0.63
Numero di tuberi per pianta
commerciabile non commerciabile
1.16
0.08
2.70
0.54
Tab.5 – Peso medio dei tuberi dei due ecotipi della cv ‘Piatlina’
Ecotipo
totale
Pragelato
Entracque
40.97
20.00
Peso medi dei tuberi (g)
commerciabile non commerciabile
74.62
50.00
26.49
15.38
Per le altre cultivar non si evidenzia invece un comportamento univoco ed il gradimento risulta quindi maggiormente
influenzato dal sito.
È da evidenziare che a differenza dell’annata 2001 fra i prodotti 2002 non vi
siano patate ascrivibili alla categoria ‘C’
forse a causa del diverso andamento climatico.
Analisi sensoriale
Andando ad esaminare le valutazioni sensoriali appare evidente che, indipendentemente dal sito considerato, la Bintjie
risulta quasi sempre la più gradita
(Tab.6).
Al contrario la Agria risulta sempre la
meno gradita forse a causa dell’evidente
aroma vegetale che la caratterizza e della
struttura giudicata spesso troppo fine e
farinosa.
62
Tab.6 – Classificazione EAPR e valutazione sensoriale delle patate della sperimentazione
Ostana
Cesana
Prali
Pomaretto
Fenestrelle
Pragelato
Sito Cultivar EAPR
Agria
B
Bintjie
A/B
Desirée
B
Finka
A
Liseta
A
Agria
A
Bintjie
B
Desirée
A
Finka
A
Liseta
A/B
Agria
A
Bintjie
A/B
Desirée
A/b
Finka
A
Liseta
A
Agria
A
Bintjie
A/B
Note
Valutazione Rango
sensoriale
colore giallo dorato, struttura sabbiosa, farinosa, poco adesiva, aroma
particolare, sapore amarognolo
colore giallo paglierino, molto farinosa, grana finissima, aroma vegetale, adesiva
colore giallo paglierino, molto farinosa, poco compatta, grana molto
fine, aroma leggermente vegetale
colore giallo-verdognolo, struttura adesiva, compatta, molto vitrea,
aroma vegetale, sapore molto dolce
colore giallo paglierino, molto farinosa, poco compatta, adesiva,
aroma vegetale, sapore amarognolo
colore giallo paglierino, grana molto fine, poco compatta, leggermente adesiva, aroma vegetale, sapore dolce
colore giallo paglierino, struttura molto fine, poco compatta, molto
aromatica, leggermente vegetale
colore giallo paglierino scarico, poco compatta, grana molto fine,
aroma leggermente vegetale, vitrea
colore giallo dorato con aree verdognole, poco compatta, grana molto
fine, aroma vegetale, leggermente adesiva
colore giallo paglierino con piccole aree verdognole, molto farinosa,
aroma vegetale, poco adesiva, poco compatta, leggermente acida
colore giallo dorato intenso, odore vegetale, grana fine, compatta,
adesiva, retrogusto amarognolo
profumo non molto intenso, grana fine, molto pastosa, adesiva, compatta, leggermente acida
colore giallo pallido con sfumature grigiastre, odore non gradevole,
grana fine, compatta, adesiva, sensazione dolce,
profumo intenso, grana fine, pasta molto compatta, sapida, gradevole
69
5
77
2
79
1
75
3
73
4
66
5
76
1
73
2
70
3
68
4
63
5
78
2
70
4
80
1
colore giallo paglierino carico, deliquescente, grana fine, poco compatta, struttura vitrea
colore giallo dorato, aroma vegetale, grana fine, leggermente vitrea,
adesiva, sapore amarognolo
colore giallo paglierino, adesiva, grana fine
78
2
70
4
80
2
colore giallo paglierino, leggermente adesiva, grana fine
71
3
Desirée
A/B
Finka
A
colore giallo dorato, grana fine, adesiva, collosa, aroma erbaceo
81
1
Liseta
A
65
5
Agria
A/B
colore giallo paglierino, grana fine, aroma vegetale, vitrea, poco adesiva
pasta poco compatta, farinosa, asciutta, aroma vegetale, poco gradevole
68
3
Bintjie
A/B
molto farinosa, granulosa, sapore dolce, macchie chiare in superficie
84
1
Desirée
A/B
68
3
Finka
A
68
3
Liseta
A
molto farinosa, poco compatta, leggero sentore vegetale, sapore leggermente amaro
colore scuro con tonalità verdognole, odore vegetale, pasta compatta,
finissima, soda, aroma vegetale
poco compatta, vitrea
70
2
Agria
B
colore giallo paglierino, aroma vegetale, vitrea, adesiva, grana fine
68
5
Bintjie
B
80
1
Desirée
A
72
3
Finka
A
74
2
Liseta
A
colore giallo paglierino, grana fine, adesiva, leggermente vegetale,
poco compatta
colore giallo paglierino, struttura compatta, grana fine, leggermente
vitrea
colore giallo dorato pallido, aroma vegetale, grama fine, leggermente
adesiva, poco compatta, vitrea
colore giallo paglierino molto chiaro, aroma vegetale, grana fine,
poco adesiva
70
4
63
Conclusioni
L’analisi dei risultati ottenuti nel secondo
anno di attività sperimentale, svolta per
la determinazione delle cv di patata più
idonee alla coltivazione nelle aree montane secondo il metodo dell’agricoltura biologica, ha permesso di confermare solo
alcuni dei risultati ottenuti nel 2001: la
produzione è stata infatti fortemente
influenzata dalle pessime condizioni
meteorologiche verificatesi nel corso del
2002, caratterizzate da abbondanti e frequenti precipitazioni.
I siti in cui si sono rilevate le produzioni
migliori, in termini sia di peso sia di
numero di tuberi, sono stati quelli posti a
quota più elevata di Cesana e Pragelato, a
differenza del 2001 in cui era stato
Pomaretto, il sito a più bassa quota, a fornire i risultati migliori. Sicuramente le
forti infestazioni di peronospora rilevate
nei siti a quota minore hanno determinato questa inversione di tendenza. Nel
complesso i valori di entrambi i parametri
sono diminuiti rispetto l’anno precedente,
passando per la categoria commerciabile
da 0.43 kg/pianta a 0.31 kg/pianta e da 4
a 3 tuberi per pianta (valori medi).
La categoria che più ha caratterizzato i
tuberi è stata quella di diametro medio di
40-60 mm soprattutto nei due siti più
produttivi. La distribuzione nelle diverse
categorie di diametro è migliorata soltanto a livello di Pragelato, dove il numero
di tuberi con diametro <40 mm è quasi
nullo rispetto al 2001, in cui tutte le cv si
attestavano intorno al 15%, con Bintje al
45%; inoltre, il numero di tuberi con diametro >60 mm è quasi raddoppiato (40%
ca). Nei siti di Pomaretto, Fenestrelle e
Prali il numero di tuberi di diametro <40
mm è aumentato (raddoppiato a Fenestrelle), mentre il numero di tuberi di
diametro >60 mm è rispettivamente
diminuito, rimasto invariato ed aumentato nei tre siti.
Tra le cultivar esaminate la ‘Bintje’ ha
fornito nuovamente i risultati peggiori
per quasi tutti i parametri rilevati;
soprattutto per ciò che concerne la produzione, essa si è attestata sui livelli minori
tra tutti quelli registrati ed è stata caratterizzata da un’elevata percentuale di
tuberi di scarto e di piccole dimensioni.
L’analisi sensoriale ha invece evidenziato
l’elevato livello di gradimento delle cv
Bintje e le buone performances di Finka.
La cv maggiormente penalizzata dalla
caratterizzazione sensoriale è stata invece
Agria. Occorre quindi proseguire la sperimentazione per ottenere conferme dei
risultati ad oggi ottenuti e fornire indicazioni ai produttori in relazione alle cv
da privilegiare nelle diverse località,
individuando un razionale compromesso
tra potenzialità produttive e pregi organolettici.
BIBLIOGRAFIA
AA.VV. 1997. Risultati varietali sulla patata. L’Inf. Agrario 49: 45-53.
BAZZOCCHI C., TELLARINI S. 2001. Biologico, come si fa. Terra e Vita 28: 36-37.
BIADENE G. 1984. Patata prodotto agroalimentare. Terra e Vita 43: 41-44.
64
Verifica della tecnica dell’undersowing
per il contenimento delle infestazioni
di origine animale su colture di cavolo
(6)
Massimo Pinna, Ursula Gamba, Sandra Spagnolo(*) – Giuseppe Nervo(**)
Introduzione
Le tecniche intercropping e undersowing si • Interferenza fisica, quando la coltura
rifanno alla vecchia pratica della consoè undersown (coltivata sotto) e perciò
ciazione, che prevede la contemporanea
viene nascosta da piante più grandi o
coltivazione di due specie sullo stesso teralte, tali da interferire con gli spostareno. In vari casi è stato infatti osservato
menti dell’insetto all’interno del campo
che la presenza nell’appezzamento di due
coltivato. Altieri, Doll (1978) utilizzaspecie, una ospite e una indifferente,
rono piante di mais per proteggere una
riduce sensibilmente le infestazioni di
coltivazione di fagiolo. Analoghi espealcuni insetti fitofagi.
rimenti hanno evidenziato come il triLa distinzione principale fra le due tecnifoglio debba essere alto e circondare la
che è da ricercare nel differente meccanipianta per “trattenere” il fitofago, quinsmo d’interferenza con l’insetto fitofago e,
di può fornire poca protezione se il traconseguentemente, nella diversa distribupianto della coltura principale viene
zione della specie secondaria nel campo.
effettuato prima che questo sia suffiNell’undersowing la specie seminata nell’incientemente sviluppato o già senescenterfila deve ricoprire interamente il terreno
te, oppure se lo sviluppo della coltura
e circondare completamente la coltura,
supera quella del trifoglio.
perché l’interferenza con il fitofago è di • Camuffamento visivo. Uno dei mectipo fisico o visivo; tale uniformità di discanismi che regolano l’atterraggio degli
tribuzione non è necessaria nell’intercropinsetti sulle piante non è altro che la
ping, dove l’interferenza è legata alla proreazione diretta al colore della pianta,
duzione di sostanze mascheranti l’odore
perciò ricoprendo la superficie del terredella pianta piuttosto che deterrenti.
no con una specie di analogo colore si
I meccanismi che regolano l’interferenza
ottiene il disorientamento dell’insetto
nella normale evoluzione delle popolazioche, a seguito di una serie di atterraggi
ni fitofaghe nelle coltivazioni undersowing
falliti, abbandona la coltura.
e intercropping sono ancora oggetto di
Smith (1976) dimostrò che in un
dibattito, in molti casi si tratta soltanto
campo di cavolini di Bruxelles la colodi ipotesi, mentre pochi sono attualmennizzazione da parte degli afidi aumentate i risultati accertati in indagini speriva su terreno sarchiato.
mentali.
• Mascheramento dell’odore della pianI diversi tipi di interferenza ipotizzati
ta ospite attraverso l’emissione da parte
(Finch, 1996) sono i seguenti:
del non-ospite di sostanze chimiche
(6)
Lavoro eseguito con finanziamento della Provinicia di Torino.
(*)
(**)
CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica - Provincia di Torino – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO)
Istituto Sperimentale per l’Orticoltura – Via Paullese, 28 – 26836 Montanaso Lombardo
65
• l’inerbimento dell’interfila riduce gli
effetti negativi sulla struttura del terreno dovuti all’azione battente della pioggia ed anche l’eventuale ruscellamento
che produrrebbe erosione e scalzo delle
giovani piantine;
• lo sviluppo radicale a diversa profondità e il tipo differente di apparato radicale delle colture consociate possono,
insieme, rimuovere e areare il terreno
molto più efficacemente;
• la successiva decomposizione delle
piante lascia il terreno più arricchito di
sostanza organica che non se fosse stato
mantenuto libero da copertura vegetale,
tanto più nel caso di una leguminosa,
quale il trifoglio, per la sua proprietà di
fissare l’azoto atmosferico aumentando
così la frazione organica di questo elemento nel suolo;
• il contenimento della flora spontanea,
per competizione trofica, luminosa e
idrica, particolarmente utile dove si
assiste ad una specializzazione e ad un
rapido sviluppo della stessa. In riferimento a questo punto è stata rilevata
l’importanza dell’anticipo di semina del
trifoglio. La specie si sviluppa bene a
temperature primaverili; quando queste
si alzano sopra i 20°C non è più competitiva nei confronti di alcune infestanti
che prendono quindi il sopravvento soffocandola (es. Portulaca sp.);
• l’interferenza con la diffusione di insetti fitofagi. Su cavolo in particolare è
stata osservata una collaterale riduzione
delle erosioni procurate da Altica sp.
nelle parcelle inerbite, dovuta probabilmente alla difficoltà dell’insetto a risalire, a causa dell’intrico di fusticini e
foglie, sulla coltura dal terreno in cui
cerca riparo durante la notte;
• interrompendo la continuità della
monocoltura si riduce infine la possibilità, anche per patogeni fungini, di
intercettare un ospite recettivo.
volatili. A sostegno di questa ipotesi non
sono stati sinora raccolti dati sufficienti.
• Alterazione di tipo fisiologico, tale
da rendere meno attrattiva la pianta
ospite, dovuta all’assorbimento di essudati radicali emessi dalla specie coltivata nell’interfila (Theunissen, 1994). È
in fase di studio in quale modo Tagetes
spp., seminato fra le file di alcune colture, intervenga nella riduzione del
numero di insetti colonizzatori.
• Deterrenza chimica diretta, legata a
percezione tattile piuttosto che a stimoli volatili, osservata nel caso di coltivazione nell’interfila (intercropping) di
piante fortemente aromatiche. Solanum
lycopersicum L. e Ambrosia artemisifolia L.
indurrebbero una riduzione di infestazione di Plutella xylostella L. su cavolo
(Tahvanainen & Root, 1972); Tagetes
patula L. diminuirebbe l’incidenza della
mosca della carota Psila rosae Fabricius
(Uvah &Coaker, 1982); Thymus vulgaris
L. e Salvia officinalis L. influirebbero
sulle deposizioni di P. xylostella su cavolini di Bruxelles (Dover, 1985).
La tesi che per ora riscuote maggior consenso sembra essere quella che prende in
considerazione la necessità per alcuni
insetti di eseguire una serie di atterraggi
di prova sulla coltura prima di colonizzare una pianta. Mediante il mascheramento visivo dell’ospite, realizzato con la contemporanea coltivazione di una specie di
analogo colore, contigua, ma indifferente,
aumenterebbe la probabilità per il fitofago di fallire il bersaglio e ciò lo indurrebbe ad abbandonare il campo.
L’undersowing, studiato in questa sede soltanto per la sua proprietà di interferire
con lo sviluppo di alcune popolazioni
fitofaghe, si inserisce bene nel contesto di
una gestione integrale dell’agro-ecosistema, per una pluralità di ragioni:
66
Obiettivi
Gli obiettivi della sperimentazione sono: • accertare se, all’interno della tesi under• verificare l’applicabilità della tecnica
sowing, si manifesta una diversa distridell’undersowing (inerbimento) in coltubuzione degli insetti, per esempio se
ra di cavolo nelle condizioni climatiche
esiste una maggiore probabilità di trodei nostri ambienti e valutare la riduvarne ai bordi della parcella, piuttosto
zione del livello di infestazione di alcuche nel centro, oppure se è indifferente;
ni fitofagi, tra cui i lepidotteri • controllare che applicando questa tecniMamestra brassicae L., Pieris rapae L. e gli
ca non si verifichino fenomeni di comafidi Brevicoryne brassicae L. e Aphis
petizione con la specie principale tale
gossypii Glov. entro limiti accettabili o,
da determinare un calo produttivo;
quanto meno, più facilmente controlla- • rilevare il comportamento di eventuali
bili mediante interventi diretti, a quealtre specie che, durante le prove,
sto punto solo più di soccorso, a base di
dovessero incontrarsi (altiche, neurotteBacillus thuringiensis sulle larve dei defori, coccinellidi).
gliatori;
Materiali e metodi
Un mese dopo la semina del trifoglio è
stato effettuato il trapianto delle piantine
di cavolo, realizzato in due tempi: 5
luglio per le parcelle 1, 4 e 11 luglio per
le altre.
Durante la sperimentazione sono stati
eseguiti i seguenti interventi agronomici:
• a metà luglio sfalcio del trifoglio, che
sottraeva luce e rischiava di soffocare le
giovani piantine di cavolo, per consentire a queste ultime un iniziale sviluppo in assenza di competizione;
• nello stesso periodo, nelle tesi 2 e 4 sarchiatura meccanica dell’interfila e
manuale sulla fila;
• nel corso della coltivazione sono stati
eseguiti solo due interventi irrigui per
l’andamento stagionale caratterizzato
da continui rovesci.
In ogni parcella sono stati individuati
nove siti di osservazione: uno in posizione
centrale (punto A) e gli altri disposti concentricamente attorno ad esso su due anel-
La prova è stata avviata nel 2002 in un’azienda biologica ad indirizzo orticolo sita
a Nichelino, su coltura in pieno campo di
cavolo, varietà Kilosa (Fig.7).
Due sono state le tesi a confronto:
• terreno undersowing (inerbito)
• terreno lavorato
Il campo sperimentale, ricavato su una
superficie di circa 2400 mq, è stato suddiviso in quattro parcelle, disposte a scacchiera. Di queste, due sono state seminate con trifoglio (Trifolium repens L. varietà
Nanissima) il 10 giugno, un mese prima
del trapianto della coltura principale, in
modo da ottenere una buona copertura di
tutta la superficie; le altre due sono state
lavorate per mantenere l’interfila pulita
dalle infestanti. Il seme è stato distribuito a spaglio a causa delle dimensioni troppo ridotte per le seminatrici in dotazione
dell’azienda. All’emergenza il trifoglio si
mostrava sufficientemente uniforme e
ben distribuito.
67
li (B intermedio, C esterno), allo scopo di
ricavare informazioni anche su un’eventuale diversa incidenza delle infestazioni
in funzione della distanza dal confine
(Fig.1). Ognuno dei nove siti di osservazione era costituito da tre piante vicine, le
cui foglie venivano controllate, tutte ad
ogni rilievo, per conteggiare le ovideposizioni di M. brassicae e P. rapae, oltre che le
colonie degli afidi individuati.
I controlli, eseguiti con cadenza settimanale, sono stati avviati a partire dal trapianto e proseguiti fino alla raccolta.
L’annotazione dei dati è stata effettuata
con il primo volo di P. rapae (cominciato
il 16 luglio), più tardi il volo di M. brassicae (8 agosto). Non sono state osservate
invece, nel corso dell’anno, infestazioni di
afidi.
Parallelamente, durante i sopralluoghi, è
stata osservata ed annotata la presenza di
limitatori naturali generici quali predatori crisopidi e coccinellidi (uova e larve);
inoltre, a scopo conoscitivo, sono state
contate le ovature parassitizzate da
Trichogramma sp.
C4
C3
B4
B3
A
B1
C1
B2
C2
Fig.1 - Distribuzione in ciascuna parcella
dei siti di rilevamento
Al termine delle prove dieci cavoli per
parcella sono stati raccolti e successivamente pesati per valutare eventuali interferenze produttive del trifoglio con la coltura.
I dati ottenuti nel corso della sperimentazione, prima di essere sottoposti ad analisi della varianza, sono stati diversamente
raggruppati e interpretati in funzione
dell’obiettivo da perseguire.
68
Risultati
Scopo principale della prova era verificare
se fosse diversa l’incidenza delle infestazioni dei due lepidotteri nelle tesi undersowing (inerbito) e “lavorato”. Per questo
obiettivo la suddivisione dei dati in aree
concentriche era superflua, perciò è stato
sufficiente confrontare le somme dei rilievi effettuati in ciascuna parcella, per ogni
data. L’andamento delle ovideposizioni di
M. brassicae è riportato in Fig.2.
È evidente una maggior infestazione di
M. brassicae nella tesi “terreno lavorato”. I
dati, sottoposti ad analisi della varianza,
hanno manifestato elevata significatività
1200
1000
n° uova
800
(test di Tukey-Kramer; p‹0,0001). È
risultata significatività statistica per le
parcelle 1 e 3 della tesi undersowing nei
confronti di entrambe le ripetizioni (parcelle 2 e 4) della tesi “terreno lavorato”,
mentre non è apparsa nessuna differenza
significativa fra le ripetizioni entro ciascuna tesi.
I dati delle ovideposizioni di P.rapae non
sono risultati statisticamente significativi
nelle tesi a confronto, questo a causa dei
valori troppo bassi di ovideposizione.
Anche dal grafico di Fig.3 non è possibile rilevare differenze apprezzabili.
particella 1 - under.
particella 2 - lavorato
particella 3 - under.
particella 4 - lavorato
600
400
200
0
31-lug-02
7-ago-02
14-ago-02
21-ago-02
date rilievi
Fig.2 – Andamento delle ovideposizioni di M. brassicae L. nelle quattro parcelle
12
particella 1 - under.
10
particella 2 - lavorato
particella 3 - under.
n° uova
8
particella 4 - lavorato
6
4
2
0
16/07
23/07
30/07
6/08
13/08
20/08
27/08
date rilievi
Fig.3 – Andamento delle ovideposizioni di P. rapae L. nelle quattro parcelle
69
Terzo scopo era accertare se ci fossero
competizioni fra la coltura principale ed
il trifoglio in termini di produzione, perciò alla raccolta sono stati pesati dieci
cavoli per parcella. Nella Fig.5 è riportato il peso medio delle piante per parcella,
le cui proporzioni non cambiano nemmeno eliminando dal calcolo delle medie i
valori più alto e più basso. Il confronto
evidenzia una leggera riduzione di peso
Le ovideposizioni di M. brassicae sono nelle parcelle 1 e 4.
risultate significativamente inferiori nella
tesi A rispetto alla tesi C. Questo dimo- Durante la sperimentazione è stato anche
stra, come riscontrabile nella Fig.4, che rilevato il comportamento di altri insetti
c’è differenza nell’entità delle deposizioni all’interno delle due tesi. In particolare
fra l’area centrale e l’area esterna nelle Chrysoperla sp. non è apparsa influenzata
nell’attività di ovideposizione dalla preparcelle gestite con undersowing.
Al contrario i valori di ovideposizione di senza o meno della consociazione, mentre
P. rapae non manifestano differenze signi- gli afidi, per quanto contenuti in entramficative in nessuno dei confronti possibili be le tesi dall’andamento climatico sfavofra le tre tesi, evidentemente perché le revole, hanno mostrato un’interessante
uova sono deposte in maniera puramente riduzione nella tesi undersowing (Fig.6).
casuale all’interno delle parcelle con terreno lavorato.
n° uova
Secondo scopo della sperimentazione era
rilevare se, all’interno della tesi undersowing, l’infestazione dei lepidotteri fosse
distribuita diversamente procedendo dal
bordo verso il centro della parcella; perciò
i dati sono stati mantenuti divisi per aree
concentriche (denominazione area centrale “A”; area intermedia “B”; area esterna
“C”) e riportati nella Fig.4.
area C - esterna
210
180
150
120
90
60
30
0
area B - intermedia
area A - centrale
13/07/2000
20/08/2000
27/08/2000
08/09/2000
date rilievi
Fig.4 – Distribuzione dell’ovideposizione di M. brassicae
per aree concentriche nella tesi undersowing
70
800
760
grammi
720
680
640
600
0.0
particella 1
particella 2
particella 3
particella 4
Fig.5 – Peso medio dei cavoli per ciascuna parcella
(1 e 3 undersowing; 2 e 4 terreno lavorato)
10
n° afidi
8
6
particella 1 - under.
particella 2 - lavorato
particella 3 - under.
particella 4 - lavorato
4
2
0
18/07/02
28/07/02
30/07/02
08/08/02
18/08/02
20/08/02 27/08/02 08/09/02
date rilievi
Fig.6 – Popolazioni afidiche rilevate nelle parcelle durante i sopralluoghi
71
Conclusioni
tuare un’analisi statistica. Ugualmente
gli afidi quest’anno non sono riusciti ad
insediarsi sulla coltura in atto nella zona.
Infine il confronto fra i pesi medi dei
cavoli delle due tesi alla raccolta ha dimostrato che la consociazione con il trifoglio
non determina l’insorgenza di una competizione con la coltura in atto. Anche se
i valori in due parcelle (1 e 4) sono stati
vistosamente più bassi, appartenendo a
tesi diverse, non è stato possibile collegare la riduzione di peso alla differente
gestione del suolo. Resta da verificare
questo risultato in annate più asciutte in
cui non è detto si ottengano le stesse produzioni: quest’anno infatti era esclusa la
possibilità di una competizione di tipo
idrico tra le piante, vista l’abbondanza di
precipitazioni. Per quanto riguarda la
competizione luminosa abbiamo già precisato come, al trapianto, sia previsto uno
sfalcio del trifoglio proprio per agevolare
la coltura principale. Per quanto concerne
la competizione trofica, ricordiamo che il
trifoglio è miglioratore della fertilità e
che per questo non dovrebbe costituire un
limite allo sviluppo della coltura.
L’analisi statistica dei dati ha dimostrato
che l’undersowing, realizzato mediante semina di trifoglio e applicato a coltura di cavolo verza, interferisce con la colonizzazione
delle piante da parte di M. brassicae e che la
difficoltà per l’insetto di individuare l’ospite cresce procedendo dal perimetro esterno
verso il centro della parcella. Questo è stato
accertato confrontando i risultati dell’analisi della varianza relativa alla distribuzione
delle ovideposizioni per aree concentriche:
c’è differenza nel numero di uova deposte
per pianta nella zona A (centrale) rispetto la
zona C (esterna) nella tesi undersowing,
mentre non ci sono differenze nella tesi
“terreno lavorato”, dove l’ovideposizione è
apparsa puramente casuale.
Non sono stati ugualmente incoraggianti
i risultati ottenuti per P. rapae: non sono
risultate differenze nelle deposizioni di
uova fra le due tesi, né tanto meno nella
distribuzione entro la tesi undersowing, ma
è vero anche che quest’anno le deposizioni di questo lepidottero, ben più sensibile del nottuide alle piogge, sono state
contenute dall’andamento climatico
avverso entro valori troppo bassi per effet-
Fig.7 – Campo sperimentale gestito secondo la tecnica dell’undersowing
nell’azienda Bosco di Nichelino (TO)
72
BIBLIOGRAFIA
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undersowing with clover affects host-plant selection by pest insects of brassica crops.
Bulletin OILB SROP 19 (XI), 102-105
POLLINI A., 1998. Manuale di entomologia applicata. Edagricole. Bologna, 1-1462
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(volume III, numero 12). Università di Wisconsin-Madison.
http://www.entomology.wisc.edu/mbcn/p-pupar.html_3K
SMITH, J.G., 1976. Influence of crop background on aphids and other phytophagous
insects on Brussels sprouts. Annals of Applied Biology 83: 1- 13.
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on the population ecology of a specialized herbivore, Phyllotreta crucifera
(Coleoptera: Chrysomelidae). Oecologia 10: 321-346.
UVAH, I.I.I. & COAKER, T.H., 1984. Effect of mixed cropping on some insect pests of
carrots and onions. Entomologia Experimentalis Applicata 36: 159-167.
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Liguori edizioni. Napoli, 1-517
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guide to natural enemies in North America. Università di Cornell.
http://www.nysae.cornell.edu/ent/biocontrol/parasitoids/cotesia.html_7K
73
74
Valutazione di tecniche
per la produzione biologica del riso
(7)
Aldo Ferrero, Francesco Vidotto(*) – Giulio Re(**)
Introduzione
lità di coltivare il riso rispettando seriamente le procedure imposte dai disciplinari di agricoltura biologica, occorre
avviare delle sperimentazioni mirate ad
individuare e mettere a punto pratiche
agronomiche in grado di consentire la
gestione del riso in conduzione biologica
mantenendo elevati gli standard produttivi e qualitativi. Il lavoro è stato effettuato sia nel tradizionale areale risicolo
vercellese, in due aziende, di cui una convenzionale, orientata alla conversione alla
produzione biologica e una già a conduzione biologica, sia nell’ambiente torinese, in una azienda senza esperienze di coltivazione del riso. Il Centro di
Riferimento per l’Agricoltura Biologica
ha seguito in particolare quest’ultimo
sito, per verificare la possibilità di estendere la coltivazione di questo cereale a un
nuovo ambiente consentendo all’azienda
biologica di allargare il panorama colturale utilizzabile, con innegabili benefici
di carattere agronomico ed economico.
La coltura del riso assume un peculiare
interesse nell’agricoltura italiana, in particolare di quella dell’Italia nord-occidentale dove essa ha avuto, da secoli, una
consistente diffusione. La superficie a riso
del nostro Paese, pari a 220.000 ha, su un
totale di circa 400.000, è la più importante in ambito europeo.
Attualmente si segnalano già aziende che
hanno convertito o stanno convertendo i
loro terreni alla produzione biologica
attirate soprattutto dalle migliori quotazioni della produzione biologica e dai
premi percepiti per tale modalità di coltivazione; ma nonostante ciò la produzione di riso biologico stenta a decollare. Le
cause sono molteplici, ma sicuramente
sono riconducibili, da un lato, alla particolare intensificazione agronomica raggiunta da questa coltura e, dall’altro, alle
numerose problematiche agronomiche
derivanti dai vincoli produttivi imposti
dai disciplinari di produzione biologica.
A fronte dell’opinione diffusa presso
molti operatori circa la pratica impossibi-
(7)
Lavoro eseguito con il contributo di Regione Piemonte e Provincia di Torino.
(*)
(**)
Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio - Facoltà di Agraria – Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO)
Scuola Teorico Pratica Malva-Arnaldi – Via San Vincenzo, 48 – Bibiana (TO)
75
Materiali e metodi
Sono state messe a confronto due diverse
tecniche di coltivazione (sommersione ed
irrigazione turnata) su tre varietà coltivate in parcelloni da 950 m2 ed è stata realizzata una prova parcellare per verificare
l’adattabilità alla coltivazione senza sommersione di 9 varietà.
B - Coltivazione con irrigazione turnata
La sperimentazione è stata realizzata con
le stesse modalità e tecniche seguite nella
coltivazione con terreno sommerso.
Anche in questa prova si sono registrati
problemi nelle emergenze a causa dello
sfavorevole andamento climatico. Il controllo delle malerbe è stato realizzato
ricorrendo a interventi di strigliatura utilizzando l’attrezzatura impiegata nella
prova con sommersione.
In questo caso si è proceduto ad interventi irrigui per scorrimento, apportando
volumi di circa 1000 m3 ha-1 ad intervalli compresi tra 4 e 8 giorni, a seconda
dell’andamento climatico e tali da mantenere il terreno costantemente umido.
A - Coltivazione con sommersione
La coltivazione con sommersione è stata
realizzata predisponendo 3 camere contigue di 950 m2. L’appezzamento di terreno destinato alla prova, di tipo franco
limoso, è apparso caratterizzato da un sufficiente grado di livellamento. Prima
della semina si è proceduto agli interventi di aratura e di erpicatura ordinariamente eseguiti in risicoltura per la preparazione del letto di semina. La semina è
stata effettuata il 21.05.2002 su terreno
asciutto utilizzando una seminatrice da
frumento disponibile in azienda sistemando i distributori del seme in modo da
avere file distanti 20 cm. L’emergenza
della coltura è stata compromessa dalla
crostosità del terreno determinata dalle
intense precipitazioni verificatesi alcuni
giorni dopo la semina. Prima della sommersione, realizzata col riso allo stadio di
3-4 foglie, si è proceduto a due operazioni di strigliatura effettuata a pieno campo
per cercare di eliminare la vegetazione
infestante presente.
La sommersione è stata mantenuta fino al
momento della raccolta ed è stata realizzata con la presenza di uno strato di acqua
risultato compreso tra 3 e 12 cm. L’acqua
è stata derivata da un pozzo posizionato a
circa 100 metri dalle camere della risaia.
C - Valutazione della adattabilità
alla coltivazione senza sommersione
di diverse varietà di riso (prova varietale)
Questo studio ha avuto la finalità di valutare il comportamento nella crescita di
alcune varietà di riso, che sulla base dei
dati bibliografici risultano più adattabili
alle condizioni di coltivazione senza sommersione e sono meno sensibili alle avversità biotiche.
Sono state prese in esame le seguenti
varietà:
Andolla
Cigalon
Cripto
Gladio
Karnak
Loto
Nembo
S.Andrea
Stresa
Lo studio è stato eseguito adottando un
disegno sperimentale a blocchi randomizzati, con 3 ripetizioni e parcelle elementari di 5 m2. Ogni varietà è stata seminata il 21.05.2002, su terreno asciutto, a
file, con interfila di 25 cm, in modo da
favorire la lotta alle malerbe mediante
interventi di zappatura.
76
La prova è stata interrotta allo stadio di
pre-accestimento del riso, a causa dell’irregolare sviluppo della coltura e dell’insufficiente controllo delle malerbe, dovuto allo sfavorevole andamento climatico
che ha impedito l’esecuzione tempestiva
degli interventi di zappatura.
Rilievi
Nel corso della prova sono stati effettuati
3 rilievi malerbologici, conteggiando le
specie infestanti presenti su 10 aree di
dimensioni (25x25) cm. Sulla prova
varietale è stato effettuato un rilievo morfometrico (altezza pianta, numero culmi,
stadio di sviluppo secondo scala BBCH)
alla fine di ottobre.
Fig.1 – Appezzamento in prova al momento della prima sommersione
77
Risultati
La prova è stata caratterizzata da uno sviluppo notevole delle malerbe (Fig.2).
Numerosi fattori hanno infatti favorito
l’emergenza e lo sviluppo delle infestanti
e delle graminacee in particolare. Tra le
specie più rappresentate, nelle fasi inizia-
li della sperimentazione si è assistito ad
uno sviluppo considerevole di ECHCG e
di PANDI (Panicum dichotomiflorum).
Tardivamente sono inoltre state registrate
numerose emergenze di SETVI (Setaria
viridis).
Densità (piante/mq)
2500
Sommersione
2000
Lavorato
Test
1500
1000
500
0
GASCI
1600
DIGSA
ECHCG
PANDI
CHEPO
SETVI
POROL AMARE
CHEAL
POLPE
Irrigazione turnata
Densità (piante/mq)
1400
1200
Lavorato
Test
1000
800
600
400
200
0
GASCI
DIGSA
ECHCG
PANDI
CHEPO
SETVI
POROL AMARE
CHEAL
POLPE
CHEPO
SETVI
POROL AMARE
CHEAL
POLPE
1400
Prova varietale
Densità (piante/mq)
1200
1000
800
600
400
200
0
GASCI
DIGSA
ECHCG
PANDI
Fig.2 – Densità delle infestanti al terzo rilievo
78
per pianta è risultato variabile fra 1.3 e
2.3. Lo stadio di sviluppo medio secondo
scala BBCH era compreso fra 47 e 53,
corrispondente agli stadi di inizio apertura della guaina della foglia bandiera e
30% di emissione della pannocchia.
Gli interventi di lotta hanno sortito un
effetto limitato solo su alcune specie e
nelle fasi iniziali. Per quanto attiene alla
prova parcellare, a fine ottobre, le varietà
poste a confronto (seconda semina) presentavano una altezza compresa fra 44 e
60 cm (Fig.3). Il numero di culmi medio
numero culmi
stadio BBCH
70
2.5
60
2
40
1.5
30
1
20
0.5
10
0
0
Andolla Cigalon Cripto
Gladio Karnak
Loto
Nembo S.Andrea Stresa
Fig.3 – Altezza pianta, numero culmi e stadio di sviluppo BBCH
delle varietà a confronto a fine ottobre
79
n° culmi
altezza (cm)
stadio (BBCH)
50
Conclusioni
I risultati ottenuti nel primo anno di sperimentazione hanno posto in chiara evidenza la forte influenza dell’andamento
climatico sulla coltivazione biologica del
riso. La necessità del ricorso a mezzi meccanici e fisici di controllo diretto delle
malerbe si è inevitabilmente scontrata
con le forti limitazioni climatiche,
soprattutto rappresentate dalle frequenti
precipitazioni, che hanno caratterizzato
in modo particolare la stagione colturale
2002. L’abbondanza di pioggia ha doppiamente favorito lo sviluppo degli inerbimenti, limitando le possibilità di interventi meccanici diretti e garantendo un
buon approvvigionamento idrico alle
malerbe.
In modo più o meno marcato, tutti i siti in
cui si è svolta la sperimentazione hanno
risentito di questa sfavorevole congiuntura,
la quale ha peraltro inciso negativamente
su una buona parte delle aziende cerealicole in regime di coltivazione biologica.
La sperimentazione condotta ha tuttavia
fornito utili indicazioni per la definizione
di strategie di gestione delle malerbe.
I risultati suggeriscono inoltre che per la
gestione non chimica delle infestanti nel
riso, oltre all’applicazione preventiva
della falsa semina, si debba puntare alla
definizione di una corretta e diversa
gestione dell’acqua (es. sommersione
dopo l’emergenza) e alla ricerca di modalità di semina che consentano di realizzare trattamenti meccanici energici in postemergenza.
Al fine di cercare di far fronte a tali vincoli è necessario poter disporre di una
notevole flessibilità di azione per adeguare le tecniche di lotta e la pianificazione
di ogni singolo intervento alla situazione
contingente che si deve affrontare nell’immediato, in uno scenario di continua
e imprevedibile evoluzione. Tale condizione comporta inevitabilmente una
maggiore complessità del parco macchine
e costi più elevati, in quanto il ricorso ad
aziende agromeccaniche specializzate
risulta di difficile attuazione a causa dei
brevissimi periodi utili disponibili per
l’intervento di controllo delle infestanti.
La prova proseguirà nel 2003.
80
Valutazione di ecotipi piemontesi di
mais da polenta in coltivazione biologica
(8)
Sandra Spagnolo, Massimo Pinna, Ursula Gamba, Patrizia Zaccara(*) – Dario Possetto(**) – Paolo Valoti(***)
Introduzione
fonte di reddito alternativa per alcune
zone agricole svantaggiate.
Il mais da polenta ha rappresentato una
risorsa importante nell’alimentazione
delle popolazioni locali, ma, con l’avvento degli ibridi, molte varietà sono state
confinate ad aree marginali e corrono il
rischio di scomparire.
Numerose associazioni sono già nate in questi anni con lo scopo di tutelare le produzioni tipiche del territorio. Lo stesso intento, ma limitatamente alla coltura del mais,
è all’origine delle attività di recupero e valorizzazione del patrimonio degli ecotipi di
mais ad uso alimentare avviate nel 2002.
Punto fondamentale delle produzioni
biologiche è rappresentato dalla tutela
delle biodiversità e dal recupero di specie
ed ecotipi caratteristici del territorio;
questi spesso risultano i meglio adattati
alle condizioni ambientali del luogo e di
conseguenza i più tolleranti nei confronti
di avversità e stress di origine abiotica. Le
caratteristiche di rusticità sono indispensabili per la coltivazione in biologico.
Bisogna altresì considerare come l’abbinamento della tipicità e dei metodi di
produzione biologica consenta di ottenere prodotti con un elevato valore aggiunto che possono perciò rappresentare una
Finalità ed obiettivi
• verifica dei livelli produttivi per ciascun ecotipo;
• definizione delle tecniche ottimali di
produzione biologica;
• individuazione degli ecotipi più interessanti quali alternative in aree agricole marginali;
• valutazione qualitativa delle produzioni
ottenute.
Gli obiettivi principali della sperimentazione sono:
• tutela e valorizzazione di ecotipi di Zea
mays tradizionali del Piemonte;
• loro caratterizzazione morfologica e
agronomica;
• determinazione dell’attitudine alla trasformazione per uso alimentare;
(8)
Lavoro eseguito con contributo della Regione Piemonte e della Provincia di Torino.
(*)
(**)
(***)
CRAB Centro di Riferimento per l’Agricoltura Biologica - Provincia di Torino – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO)
Scuola Malva Arnaldi – Via S.Vincenzo, 48 – 10060 Bibiana (TO)
Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura sez. di Bergamo – Via Stezzano, 24 – 24126 Bergamo
81
Materiali e metodi
Nella prima fase del programma, si è
ricercato, sul territorio regionale, del
materiale di partenza riconducibile ad
ecotipi considerati come tradizionali
nella coltura maidicola in Piemonte.
Presso alcuni agricoltori che continuavano a destinare una piccola superficie di
terreno alla coltivazione delle vecchie
varietà di mais locale per uso famigliare,
sono state ritrovate le sementi riconducibili ai seguenti ecotipi: Pignoletto giallo
(Alpignano), Pignoletto rosso (Valperga)
e Ottofile (Alba).
L’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Bergamo ha ulteriormente fornito il seme relativo a Nostrano dell’Isola,
coltivato tradizionalmente nella zona di
Saluzzo, ed un ibrido di riferimento
necessario per i confronti di campo, siglato FM 802.
La semina dei cinque ecotipi, presso il
Centro, è stata eseguita il 14 maggio.
Ogni appezzamento, corrispondente ad
una diversa varietà, è stato suddiviso in
modo da ottenere quattro ripetizioni
entro cui eseguire i rilievi.
In seguito a notevoli danni sulle plantule,
causate dalla presenza di corvi, si è deciso
di abbandonare le osservazioni sull’appezzamento destinato all’Ottofile, limitando
quindi l’attività ai restanti quattro ecotipi.
I terreni destinati alla coltura dei quattro
ecotipi presentavano le seguenti caratteristiche:
• terreni franchi a reazione acida (pH
compreso fra 5,1 e 6,2);
• dotazione di sostanza organica;
• capacità di scambio media;
• ricca disponibilità di fosforo;
• disponibilità di potassio variabile.
In base alle analisi pedologiche ottenute è
stata programmata una concimazione
sulla fila a base di concime granulare registrato in agricoltura biologica, ed una
fogliare allo stadio di quarta-quinta
foglia. A fine giugno è stata effettuata una
lavorazione meccanica nell’interfila per il
contenimento delle specie infestanti.
Allestimento dei campi
La sperimentazione è stata svolta su cinque appezzamenti situati presso il Centro
di Riferimento per l’Agricoltura
Biologica di Bibiana. I campi sono stati
dislocati ad una distanza minima di 300
metri uno dall’altro e da altre colture di
mais per evitare inquinamenti derivanti
da impollinazioni incrociate ed assicurarsi materiale riproduttivo utilizzabile
anche nell’anno seguente.
Parallelamente sono stati allestiti presso
l’Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura di Bergamo analoghi campi per la
coltivazione degli stessi ecotipi allo scopo
di produrre semente in purezza, procedendo all’isolamento delle infiorescenze
prima della fioritura, e per l’individuazione delle caratteristiche varietali.
Le schede per i rilievi sono state concordate con l’ Istituto Sperimentale per la
Cerealicoltura di Bergamo. A fine stagione i dati raccolti sui campi allestiti presso il Centro sono stati confrontati e integrati con quelli rilevati presso l’Istituto
per la Cerealicoltura di Bergamo.
Questo ha permesso di effettuare una
prima analisi delle caratteristiche fenotipiche e agronomiche degli ecotipi di
mais.
82
In ognuno degli appezzamenti sono stati
eseguiti i rilievi periodici sottoindicati.
Nel corso della stagione vegetativa sono
stati eseguiti rilievi floristici sulle specie
infestanti per determinarle, stabilirne la
percentuale di copertura sul suolo e valutare la capacità di affermazione della coltura sulle medesime. Sono stati effettuati
sei rilievi in data: 7/6, 14/6, 17/6, 3/7,
25/7, 28/8.
Il metodo utilizzato è quello dell’individuazione delle specie e relativo conteggio
su un’area minima campione di 1 m2. I
valori di abbondanza/dominanza (+, 1, 2,
3) rilevati sono riportati successivamente
(Tab.4). Tali valori esprimono la copertura di ogni specie infestante rapportata alla
copertura totale di infestanti sulla porzione di terreno esaminata.
Caratterizzazione fenotipica della fase vegetativa:
• percentuale di emergenza mediante conteggio delle piantine nate su un metro
lineare;
• giorni necessari per il completamento della fase del primo stadio di sviluppo
(stadio da 1 a 6 foglie);
• giorni necessari per il completamento della fase di sviluppo vegetativo
(12° foglia);
• giorni trascorsi tra l’emergenza e l’emissione dell’infiorescenza maschile;
• giorni trascorsi tra l’emergenza e la formazione delle spighe;
• proterandria;
• dimensione del pennacchio;
• inserzione della spiga;
• vigoria, robustezza stocco, tenuta radici, taglia, canopy, coltivabilità.
Osservazioni sul periodo di accumulo e alla raccolta:
• numero dei giorni necessari al completamento delle fasi R1 (emissione delle
sete e fecondazione del fiore), R2 (differenziazione dei tessuti della cariosside),
R3 (maturazione lattea), R4 (maturazione pastosa), R5 (maturazione cerosa),
R6 (maturazione fisiologica e comparsa dello strato nero);
• valutazione della sensibilità ad Ostrinia nubilalis mediante osservazioni sulle
foglie e determinazione percentuale delle spighe colpite;
• sanità delle foglie;
• valutazioni sulla spiga: forma della spiga (conica, cilindro-conica e cilindrica),
n° di ranghi, tipo (vitreo corneo e dentato) e colorazione (bianco, giallo, arancio e rosso) del seme, colorazione del tutolo (bianco, rosso o vinato);
• determinazione dell’umidità alla raccolta;
• determinazione della produzione conseguita per parcella;
• valutazione del peso di 1000 cariossidi, del peso ettolitrico e del peso della granella sul totale della spiga.
83
è stato costituito un panel di assaggio: una
decina di persone, nel corso di due incontri, ha assaggiato e descritto i sei campioni di polenta preparati cuocendo per
un’ora 1 kg di farina per litro di acqua
non salata e presentati in maniera anonima. Le indicazioni fornite da tutti sono
state utilizzate per caratterizzare i diversi
prodotti.
Per la determinazione delle specie è stato
utilizzato “Flora d’Italia” (Pignatti, 1992).
L’ultima fase del programma di valorizzazione ha previsto la realizzazione di un’analisi sensoriale di raffronto fra le farine
da polenta ottenute ed un prodotto standard per evidenziare le possibili differenze organolettiche esistenti e caratterizzare
i singoli prodotti ottenuti. A questo fine,
Risultati
competitiva dei diversi ecotipi nei confronti delle infestanti sono riassunti in
Tab.4. Dall’esame della tabella si osserva
la presenza dominante di due specie:
Echinochloa crus-galli (L.) Beauv., presente
in tutte le parcelle esaminate con elevata
frequenza, soprattutto se a substrato poco
drenante (m1a, m2) e Digitaria sanguinalis L. (Scop.) rinvenuta principalmente
nelle parcelle ben drenate.
A queste due specie dominanti ne seguono altre quali Panicum dichotomiflorum
Michx, Setaria glauca (L.) Beauv.,
Galinsoga ciliata (Rafin.) Blake, maggiormente presenti su substrato umido.
Come prevedibile sono ben rappresentate
le Chenopodiaceae (Chenopodium album L.,
Chenopodium polyspermum L.) e Poligonaceae
(Polygonum persicaria L., Polygonum aviculare L., Polygonum lapathifolium gr.) che si
avvantaggiano, così come Amaranthus
lividus L., di suoli ben concimati.
Sono presenti inoltre specie alloctone, frequenti infestanti dei coltivi, quali Bidens
frondosa e Oxalis fontana, originarie del Nord
America, Galinsoga ciliata del Sud America,
o accidentali in questi contesti, come la nord
americana Robinia pseudoacacia L.
Dalle osservazioni fatte durante il ciclo
vegetativo, è stata evidenziata una più
rapida emergenza e una maggiore capacità germinativa di Ibrido FM 802 e
Pignoletto giallo. Successivamente, però,
i Pignoletti hanno dimostrato una maggior rapidità di sviluppo. Per il
Pignoletto rosso gli indici di vigoria,
dimensione dello stocco e taglia hanno
superato quelli degli altri ecotipi. Il
Pignoletto giallo è stato caratterizzato da
elevato intervallo di tempo intercorso tra
fioritura degli organi femminili e quella
degli organi maschili (basso grado di proterandria). Indicazioni più dettagliate
sono riportate in Tab.1. Il Pignoletto è
anche l’ecotipo che ha completato la
maturazione in un numero inferiore di
giorni (Tab.2).
Le caratteristiche della spiga negli ecotipi
oggetto di indagine possono essere considerate abbastanza omogenee tra loro (fa
eccezione il Pignoletto rosso). La forma
dominante è quella cilindro-conica, le
differenze di dimensione e peso sono da
collegare a cause ambientali, quindi non
facilmente confrontabili (Tab.3).
I dati raccolti relativamente alla capacità
84
Tab.1 – Caratterizzazione fenotipica della fase vegetativa
RILIEVI
N° piante / 10 m
Data emergenza
Terza foglia*
Sesta foglia*
Dodicesima foglia*
Emissione pennacchio*
Emissione spiga*
Vigoria (1)
Proterandria (2)
Dimensione pennacchio (3)
Inserzione spiga (4)
Robustezza stocco (5)
Tenuta radici (6)
Taglia (7)
Canopy (8)
Coltivabilità (9)
Pignoletto
giallo
34
27/05
4
11
59
59
67
6
3
7
5
3
8
7
3
6
Pignoletto
rosso
25,5
7/06
3
7
48
56
56
9
7
4
8
6
7
9
3
8
Nostrano
dell’Isola
20,5
7/06
26
43
/
56
56
3
7
5
4
3
7
3
2
4
(*) i dati relativi a questi rilievi sono espressi in n° di giorni trascorsi dall’emergenza.
Legenda:
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
(7)
(8)
(9)
1 = tardivo; 9 = precoce
1 = già secco; 9 = 50% spighe
1 = pesante; 9 = leggero
1 = bassa; 9 = alta
85
1 = esile; 9 = robusto
1 = alletta; 9 = stabile
1 = bassa; 9 = alta
1 = chiusa; 9 = aperta
1 = scarsa; 9 = ottima
Ibrido
FM 802
36,25
28/05
36
53
/
66
66
4
8
8
3
3
7
4
7
7
Tab.2 – Osservazioni sul periodo di accumulo
RILIEVI
Emissione sete - R1*
Differenziazione cariossidi - R2*
Maturazione lattea - R3*
Maturazione pastosa - R4*
Maturazione cerosa - R5*
Maturazione fisiologica - R6*
% di foglie colpite da O.nubilalis
Sanità foglie**
Pignoletto
giallo
74
77
85
102
116
133
3,6
5
Pignoletto
rosso
63
63
74
91
105
117
6,6
8
Nostrano
dell’Isola
66
70
81
95
105
122
1,2
3
Ibrido
FM 802
73
73
91
105
115
127
1,1
7
(*) i dati relativi a questi rilievi sono stati espressi in n° di giorni trascorsi dall’emergenza
(**) 1 = chiaro 9 = scuro
Tab.3 – Rilievi alla raccolta
RILIEVI
Forma spiga
N° ranghi
Tipo di granella
Colorazione seme
Colorazione tutolo
Umidità alla raccolta
Produzione per parcella
% spighe colpite da O.nubilalis
Peso 1000 cariossidi (g)
Peso ettolitrico (kg/Hl)
Peso % granella su tot. spiga
Pignoletto Pignoletto Nostrano
Ibrido
giallo
rosso
dell’Isola
FM 802
cilindro-con. cilindro-con. cilindro-con. cilindrica
variabile
variabile
variabile
variabile
vitrea
vitrea
vitrea
vitrea
giallo-arancio
rosso
giallo
giallo
bianco
rosso
bianco
bianco
13,5 %
14 %
13 %
12,9 %
11,4 q/ha
23 q/ha
2,6 q/ha
13,80 q/ha
43
39
22
37
194
247,4
169,5
194,4
82,8
79,5
73,9
80,1
77,8 kg
76,2 kg
62,2 kg
78,7 kg
86
Tab.4 – Rilievi sulle erbe infestanti: percentuale di infestazione e determinazione specifica
M 1a
M 1b
M2
M3
M4
pH
Data semina mais
note
Copertura infestanti % al 7/6
Copertura infestanti % al 14/6
Copertura infestanti % al 29/8
6.2
14/05
umido
4
4
40
6.2
14/05
drenato-secco
2
10
40
5.1
14/05
umido
2
6
70
5.1
14/05
secco
6
15
30
5.1
14/05
20
11
50
Classificazione infestanti individuate il 14/6
Polygonum sp.
Portulaca oleracea L.
Rumex obtusifolius L.
Matricaria sp.
Echinochloa crus-galli (L.) Beauv.
Galinsoga ciliata (Rafin.) Blake
Chenopodium sp.
Setaria glauca (L.) Beauv.
Stellaria media (L.) Vill
Convolvulus arvensis L.
Lolium multiflorum Lam.
Poa trivialis L.
n. 12 specie
+
+
+
+
1
+
+
+
+
1
1
2
1
1
1
1
1
1
2
1
1
1
+
1
2
+
+
+
Classificazione infestanti individuate il 29/8
Echinochloa crus-galli (L.) Beauv.
Panicum dichotomiflorum Michx
Setaria glauca (L.) Beauv.
Poa trivialis L.
Digitaria sanguinalis L. (Scop.)
Lolium multiflorum Lam.
Galinsoga ciliata (Rafin.) Blake
Polygonum persicaria L.
Polygonum aviculare L.
Polygonum lapathifolium gr.
Stellaria media (L.) Vill.
Portulaca oleracea L.
Trifolium repens L.
Ranunculus acris L.
Rumex obtusifolius L.
Taraxacum officinale s.l.
Chenopodium album L.
Chenopodium polyspermum L.
Amaranthus lividus L.
Matricaria camomilla L.
Matricaria inodora L.
Convolvulus arvensis L.
Solanum nigrum L.
Plantago major L.
Oxalis fontana Bunge
Bidens frondosa L.
Robinia pseudoacacia L.
n. 27 specie
3
1
1
+
+
3
1
2
2
2
2
1
1
2
2
2
+
1
1
1
+
2
1
+
1
+
+
+
1
1
1
1
1
1
1
+
+
+
+
+
1
+
1
1
+
+
+
+
1
+
1
1
2
2
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Legenda: M1a M1b Pignoletto giallo; M2 Pignoletto rosso; M3 Nostrano dell’Isola; M4 ibrido.
87
Conclusioni
I quattro ecotipi sono stati seminati su
appezzamenti isolati per la necessità di
riprodurli in purezza e avviare una selezione della semente sulla base delle caratteristiche morfologiche conosciute tramite indagine bibliografica.
L’esigenza di mantenere gli ecotipi isolati
è stata la causa principale delle differenze
registrate nei risultati produttivi delle
tesi, che risultano pertanto non confrontabili.
Il Pignoletto rosso ha dimostrato una
buona capacità competitiva nei confronti
delle infestanti, uniformità di sviluppo,
maggiore taglia, elevata proterandria,
buona coltivabilità, la più alta produzione (23 q/ha).
Il Pignoletto giallo, poco uniforme
nello sviluppo per problemi agronomici, ha dimostrato capacità competitiva
media, scarsa proterandria, scarsa vigoria, coltivabilità media, scarsa produzione (12 q/ha).
Il Nostrano dell’Isola e l’ibrido di riferimento, FM 802, non hanno fornito dati
utilizzabili in un confronto.
Di questo primo anno di sperimentazione, è necessario tener conto delle seguenti condizioni in cui si è operato:
• la zona scelta non prettamente cerealicola;
• le condizioni meteorologiche dell’annata favorevoli allo sviluppo delle infestanti,
• la difficoltà nella realizzazione degli
interventi meccanici di contenimento
della flora infestante.
Infine è importante ricordare che, date le
differenti destinazioni d’uso, non sarebbe
corretto confrontare i livelli produttivi di
antichi ecotipi di mais in coltivazioni
biologiche con produzioni di mais ibridi
in sistemi colturali tradizionali. Nel
primo caso, infatti, le valutazioni economiche riguardano l’aspetto qualitativo
del prodotto ottenuto e non quantitativo
come nel caso di coltivazioni intensive.
88
Ecotipi recuperati sul territorio regionale nel 2002
Pignoletto giallo della Val di Susa
Pignoletto rosso del Canavese
Nostrano dell’Isola
Ibrido FM 802
89
Ostenga
Ottofile bianco dell’Albese
Ottofile rosso dell’Albese
Ottofile giallo di La Morra
90
Pignoletto rosso dell’Albese
Granella degli ecotipi utilizzati nella sperimentazione del 2002
Pignoletto giallo
Pignoletto rosso
Nostrano dell’Isola
Ibrido FM 802
91
Ottofile
BIBLIOGRAFIA
LUCCHIN M., FORTIN M.E., PARRINI P., 1998. Caratterizzazione agronomica e
genetica di una vecchia popolazione locale di mais da polenta. Atti del IV convegno
nazionale su Biodiversità Germoplasma locale e sulla valorizzazione. Carlo Delfino
Editore, 855-858
BERTOLINI M., BRANDOLINI A., CASTIGLIONI P., VERDERIO A., MOTTO M.,
1998. Valutazione e caratterizzazione del germoplasma italiano di mais. Atti del IV
convegno nazionale su Biodiversità Germoplasma locale e sulla valorizzazione. Carlo
Delfino Editore, 859-861.
PIGNATTI S., 1992. Flora d’Italia. Edagricole Bologna.
92
Studio per la caratterizzazione
sensoriale del mais autoctono piemontese
(9)
Giuseppe Zeppa, Luca Rolle(*)
Metodologia
per punteggio (Fig.1). Ad ogni assaggiatore è stato quindi chiesto di descrivere con
parole proprie i prodotti in esame utilizzando il maggior numero possibile di termini e fornendo, ove necessario, un giudizio personale su ciascuno dei parametri
considerati. Al termine di questa fase l’assaggiatore doveva sintetizzare il suo giudizio sul campione esaminato mediante un
punteggio compreso fra 0 e 100.
Le descrizioni fornite dagli assaggiatori
sono state raccolte e sintetizzate raggruppando le sinonimie, mentre le valutazioni
edonistiche sono state normalizzate per
ciascun assaggiatore e quindi elaborate
con il test non parametrico di KruskalWallis.
L’esame sensoriale si è svolto presso la sala
di analisi sensoriale del Di. Va. P. R. A. con
l’ausilio di una quindicina di assaggiatori
aventi una sufficiente conoscenza dell’analisi sensoriale e tutti consumatori abituali
di polenta. La polenta è stata preparata
unendo 300 g di farina ad 1 litro di acqua
naturale minerale e cuocendo per 60 minuti. Non è stato aggiunto sale in fase di cottura. Ad ogni assaggiatore sono state fornite alcune cucchiaiate di prodotto utilizzando quale contenitore un bicchiere in metacrilato (Fig.3). Non esistendo indicazioni
bibliografiche sui descrittori sensoriali
della polenta, è stato eseguito in questa
fase preliminare un esame descrittivo semplice unito ad un esame di classificazione
Risultati e discussione
Dolce al sapore con un retrogusto legDalle descrizioni fornite dagli assaggiatogermente amarognolo. Sapido. Rustico.
ri mediante un lavoro di interpretazione e
di sintesi si possono ottenere i seguenti
• PIGNOLETTO ROSSO - Colore gialprofili sensoriali:
lo scuro, cupo (senape), con presenza di
particelle rossastre. Profumo intenso
• PIGNOLETTO GIALLO - Colore
con note evidenti di “castagne bollite” e
giallo intenso, dorato. Profumo delicato
crusca. Struttura poco compatta, crein cui si percepiscono note vegetali
mosa. Evidente la presenza di particelle
(erba, fieno e legumi). Struttura comfibrose, aroma con sentore di mandorle.
patta con granuli fini e presenza di parPoco dolce al sapore.
ticelle di consistenza vitrea. Collosa.
(9)
Lavoro eseguito con finanziamento della Provincia di Torino.
(*)
Dipartimento di Valorizzazione e Gestione delle Risorse Agroforestali, Settore Industrie Agrarie – Facoltà di Agraria
Via Leonardo da Vinci, 44 – 10095 Grugliasco (TO)
93
• IBRIDO F.M. 802 - Colore giallo • OTTOFILE - Colore giallo scuro, senape. Profumo poco caratterizzato con
scuro. Profumo intenso ma poco caratsentori di “mais cotto”. Granulosità
terizzato (leggermente vegetale, patata
evidente, grossolana. Struttura molto
lessa). Granulosità fine. Struttura piutcompatta, adesiva al palato, quasi friatosto compatta, non collosa. Poco dolce
bile. Sensazioni di tannicità. Poco dolce
al sapore, equilibrato, quasi neutro.
al sapore.
Ricorda la polenta prodotta con i mais
‘del supermercato’.
• OSTENGA - Colore avorio con particelle di colori diversi (rosso-marrone).
• NOSTRANO DELL’ISOLA - Colore
Profumo poco intenso con leggeri sengiallo intenso, dorato in cui si distintori di castagne bollite. Struttura
guono particelle diversamente colorate.
mediamente compatta, farinosa.
Profumo abbastanza intenso con sentoGranulosità poco presente. Piuttosto
ri di affumicato e di erbaceo. Aroma
dolce al sapore.
con evidenti note vegetali. Granulosità
evidente, vitrea. Buona compattezza.
Retrogusto leggermente amarognolo.
Percepibile l’astringenza.
Mais piemontese
Scheda descrittiva - valutativa libera
Degustatore : __________________________
Data : 19.11.2002
Codice campione
Descrizione - Valutazione
Fig.1 – Scheda descrittiva utilizzata per l’esame dei mais da polenta
94
Sulla base di queste descrizioni libere è
possibile estrarre dei descrittori sensoriali
e definire una prima scheda per l’analisi
sensoriale del mais da polenta da utilizzarsi in futuro per l’esame descrittivoquantitativo (Fig.2).
entrambe le fasi dell’assaggio come
segnalato dagli stessi assaggiatori.
Infine è stato inserito anche il descrittore
‘Salato’ in quanto, benchè le polente non
siano state salate, è stato più volte segnalato il descrittore ‘Sapido’ ed è stata indicata una differente sapidità nei prodotti
esaminati.
La scala utilizzata è di tipo lineare non
strutturato e questo consente la successiva elaborazione dei risultati ottenibili con
tecniche parametriche sia uni- che multivariate.
Si tratta ovviamente di una prima bozza
della scheda e quindi suscettibile di integrazioni e sostituzioni in relazione ai problemi che dovessero sorgere durante l’addestramento degli assaggiatori e/o durante l’esame dei prodotti.
Come si può notare in questa scheda
mancano le valutazioni del colore fornite
peraltro da tutti gli assaggiatori, ma che
possono essere vantaggiosamente sostituite da misurazioni colorimetriche in
laboratorio.
Per quanto concerne i descrittori dell’odore e dell’aroma questi sono stati ripetuti in quanto si possono percepire in
I punteggi di gradimento, standardizzati
per ciascun assaggiatore in una scala da 0
a 1, sono stati elaborati mediante il test
non parametrico di Kruskal-Wallis. In
tabella 1 sono riportati i valori della
somma dei ranghi raggiunta da ciascun
prodotto ed i risultati del successivo test
di comparazione a coppie.
Scheda per l’analisi sensoriale del mais da polenta
Degustatore: ________________ Data: _______________
Campione: __________
Intensità odore
Erbaceo
Castagna bollita
Patata bollita
Mais cotto
Dolce
Salato
Amaro
Intensità aroma
Erbaceo
Castagna bollita
Patata bollita
Mais cotto
Compattezza
Granulosità
Fig.2 – Proposta di scheda descrittiva quantitativa lineare per l’analisi sensoriale del mais da polenta
95
sapore amaro, è stato il meno gradito.
Situazione intermedia invece per gli altri
mais a confronto benchè l’Ibrido FM 802
sia tendenzialmente meno gradito ed il
Nostrano dell’Isola e l’Ottofile più graditi.
Ottima posizione quindi per il
Pignoletto rosso e l’Ostenga che sono
risultati i più graditi dagli assaggiatori,
mentre il Pignoletto giallo, forse a causa
della sua struttura disomogenea e del
Tab.1 – Valori della somma dei ranghi calcolata per ogni cultivar a confronto
e risultati del test di Kruskal-Wallis.
Pignoletto
giallo
457.5 a
Ibrido
FM 802
622.5 ab
Nostrano
dell’Isola
774 bc
Ottofile
Ostenga
803.5 bc
913.5 c
Pignoletto
rosso
1085 d
Valori con lettere diverse sono statisticamente differenti per p<0.05.
Fig.3 – Campioni utilizzati per l’analisi sensoriale
Conclusioni
standardizzate e quindi definire una graduatoria di gradimento. Si tratta ovviamente di indicazioni preliminari che
andranno confermate da ulteriori ricerche
ed approfondimenti al fine di verificare se
oltre all’effetto della cultivar esiste anche
un effetto ‘annata’ ed un effetto ‘sito’ di
coltivazione.
Anche nel caso del mais da polenta l’analisi sensoriale si è dimostrata un efficace
strumento per la caratterizzazione e discriminazione dei prodotti alimentari ed
ha consentito di fornire il profilo percepibile di tutti i campioni esaminati.
È stato possibile inoltre confrontare i
diversi mais da polenta in condizioni
96