glossario - Servizio di Hosting di Roma Tre

GLOSSARIO ELEMENTARE DI TERMINI ECONOMICI
A LIVELLO INTRODUTTIVO PER GLI STUDENTI DI
ECONOMIA APPLICATA ALL'INGEGNERIA
Parte 4 M - R
Parte 1
A-B
Parte 2
C
Parte 3
D -L
Parte 5
S -Z
Parte 6
Alcuni articoli del Codice civile
e cenni a principi contabili
….SUGGERIMENTI PER LA CONSULTAZIONE …..
….CORRELAZIONE TRA GLOSSARIO E PROGRAMMA DEL CORSO …..
….INDICE DEI NOMI …..
M
MACROECONOMIA
Ramo dell’economia che si occupa del comportamento di aggregati economici (un paese o
un’area geografica studiandone ad esempio il prodotto lordo o il livello di occupazione), mentre
la microeconomia si occupa del comportamento economico delle unità decisionali individuali.
Tra le grandezze caratteristiche di un sistema macroeconomico sono:
-
reddito: flusso di moneta ottenuto dal sistema economico entro un determinato periodo di
tempo;
-
produzione: valore della quantità di beni prodotta dal sistema economico entro un
determinato periodo di tempo (in un sistema chiuso il reddito uguaglia la produzione);
-
consumo: quota venduta dei beni di consumo prodotti;
-
risparmio: differenza fra reddito e consumo;
-
investimento: somma dei beni strumentali acquistati (in un sistema chiuso uguale a quella
dei beni prodotti);
-
scorte: quantità di un bene custodita allo scopo di poterla utilizzare quando necessario o
opportuno;
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-
moneta: bene di riferimento principale per gli scambi tra soggetti economici: può essere
convertito agevolmente in ciascuno degli altri beni presenti sul mercato
-
tasso d’interesse entità della remunerazione che chi usa capitali di terzi paga annualmente al
proprietario.
-
spesa totale: l’ammontare totale delle spese effettuate sia per consumi che per investimenti.
-
occupazione: numero di lavoratori occupati.
Un quadro sintesi delle quantità prodotte, scambiate e consumate è presentato in figura, dal
punto di vista della tipologia di azioni:
Impiego
delle risorse
Incontro sul mercato
Destinazione
delle risorse
Produzione
totale
Reddito
totale
Produzione
beni di
consumo
Vendite
Acquisto
beni di
consumo
Consumi
Scorte
Produzione
beni
strumentali
Vendite
Investimenti
Risparmio
Scorte
La figura seguente espone un quadro di sintesi degli scambi che avvengono fra i due tipi
principali di operatore economico (imprese e famiglie1 ) nell’ipotesi di un equilibrio generale del
sistema economico stesso.
Reddito
Servizi
Imprese
Famiglie
Prodotti
Pagamenti
Notare che i servizi comprendono sia il lavoro prestato che i prestiti effettuati dalle famiglie alle
imprese e quindi che il reddito delle famiglie deriva sia da retribuzione del lavoro sia
dall’interesse percepito sulle somme prestate). I pagamenti dalle famiglie alle imprese sono
esborso dal punto di vista delle famiglie e ricavo dal punto di vista delle imprese; ovviamente
dipendono dal regime dei prezzi.
MACROTREND
COMPLETARE
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Si sottolinea come in questo modello manchino tra gli operatori economici il
settore pubblico e l’estero
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MAGAZZINO
Dal punto di vista della ottimizzazione della produzione
Ottimizzazione della dimensione del lotto di riordino
Livello di riordino
Modalità di contabilizzazione dei materiali semilavorati vedi FIFO LIFO
Con riferimento ai processi produttivi, la modalità di produzione per magazzino ha notevoli
punti di differenza rispetto alla produzione per commessa.
La figura illustra la procedura di acquisizione di un ordine relativamente a un prodotto le cui
specifiche tecniche e di fabbricazione (disegni esecutivi, cicli di lavorazione, ecc.) sono già
definite (prodotti a catalogo).
Cliente
Ufficio tecnico
progettazione
Ufficio impianti
tempi e metodi
distinte e
disegni
cicli di
lavorazione
Ufficio vendite
e commerciale
dati di
vendita
Programmazione
ordini di acquisto
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ordini di
lavorazione
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Servizio
Servizio
Fabbricazione
Nel caso di produzione a magazzino, la programmazione operativa dovrà tener conto delle
eventuali fluttuazioni delle richieste (ad esempio per effetti stagionali) e definire un programma
delle quantità da produrre (lotti) che realizzi l’obiettivo di massima efficienza gestionale (costi,
impegni finanziari, puntualità di consegna, livelli di qualità, ecc.).
Nell’ambito della produzione a magazzino si possono avere, in linea di principio due situazioni:

produzione a flusso continuo (di grande serie) o di processo (es. industria chimica);

produzione intermittente (in piccole serie o a lotti intermittenti e/o ricorrenti).
La produzione a flusso continuo (tipica di settori quali l’industria chimica, l’industria cartaria, le
industrie petrolifere) viene realizzata per mezzo di impianti disposti sequenzialmente secondo le
fasi del processo produttivo (linee o catene di produzione, ciascuna delle quali è in genere
monoprodotto).Interposti fra le linee e/o i reparti di produzione, possono essere collocati
magazzini intermedi, che compensino gli inevitabili squilibri produttivi tra i vari reparti e/o tra le
varie catene di lavorazione e assicurino i rifornimenti (polmoni di scorta).
Nella produzione a flusso continuo le modalità di svolgimento delle attività (per quanto riguarda
la programmazione operativa) sono già “incorporate” rigidamente nelle scelte di progetto
adottate quando si è realizzata la linea.
Nella produzione intermittente su di una stessa linea, impianto o omicida si producono
alternativamente più prodotti o componenti in modo discontinuo (lotti diversi, in inglese
“batch”); è questo il caso di molte imprese manifatturiere. Ciò richiede tempi di disattrezzaggio e
riattrezzaggio delle macchine ad ogni cambiamento. Ne discende la necessità di determinare il
quantitativo più conveniente (lotto ottimale di produzione o lotto economico di produzione)
bilanciando due effetti:

costi di avviamento (o set-up) dipendenti dal numero dei lotti, in quanto sostenuti in misura
costante, ogni volta che si cambia lotto;

costo di immagazzinamento (o di mantenimento) per gli oneri derivanti dall’impiego
finanziario per la merce immobilizzata e<dai costi di magazzino (spazi e attrezzature,
personale di magazzino ecc.).
Dal punto di vista dei documenti di bilancio
Vedi GIACENZE
MAGGIORANZA
3.1
Con riferimento alle azioni di una società, si definisce:
- pacchetto di maggioranza relativa una quota di azioni detenute da un singolo che sia
maggiore di tutti gli altri pacchetti detenuti da singoli altri soci; un pacchetto di maggioranza
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-
relativa può divenire pacchetto di controllo nel senso che di fatto influenza una serie di
decisioni, più per debolezza relativa di tutte le altre presenze che per la forza della propria
consistenza;
pacchetto di maggioranza semplice quello che corrisponde alla metà pi una delle azioni
aventi diritto al voto;
pacchetto di maggioranza qualificata una quota di azioni di consistenza tale da poter
assumere decisioni di particolare rilievo (per esempio la fusione della società o
l’acquisizione di un’altra società).
Quanto sopra detto con riferimento a un singolo può applicarsi anche ad un gruppo di soci che
stipuli un accordo (patto di sindacato); va tenuto presente che la legge pone qualche limite a tale
tipo di accordi.
MAKE OR BUY
Scelta tra realizzare in azienda o acquistare fuori. Frequente è anche un terzo meccanismo (make
together) cioè sviluppare insieme a un altro operatore, compartecipando ai costi e ai potenziali
ricavi.
Si applica sia nella organizzazione della produzione ai semilavorati da incorporare nel prodotto
finito sia più in generale ai servizi necessari per il funzionamento dell’azienda.
Si usa il termine integrazione quando si affronta la strada del make:
- si parla di integrazione verticale quando si decide di produrre qualcosa che è a monte o
valle del nostro prodotto in termini di analisi settoriale: per esempio dal chip per
telecomunicazioni al telefonino è integrazione verticale a valle, mentre estendersi dal
telefonino anche al chip che c’è dentro è integrazione a monte;
- è integrazione orizzontale quando di decide di allargare ad oggetti connessi per esempio dal
personal computer alle stampanti.
Si definisce outsourcing la soluzione buy cioè la scelta di commissionare servizi all’esterno
dell’azienda. Questo può riguardare sia la produzione, per esempio l’acquisto di semilavorati sia
servizi, a cominciare dai più semplici (come per esempio paghe e contributi, che potrebbero
essere volendo approntati anche all’interno), fino ai complessi servizi finanziari che solo un
agende azienda può pensare di organizzarsi da sola.
La scelta tra make, buy or make together si pone anche per l’innovazione nell’impresa,
soprattutto per l’innovazione tecnologica, nel senso che l’impegno per realizzare in casa il
prodotto innovativo (make) può, almeno in parte, essere sostituito con l’acquisizione dall’esterno
dei risultati necessari attraverso opportuni rapporti commerciali (buy) quali le licenze.
MANAGEMENT
Gestione dell’impresa Decisione e operatività in un’impresa
Livelli di responsabilità Arco temporale di riferimento decentramento Span of control
MANAGER OPERATIVO
TOP MANAGER
CEO
COMPLETARE
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MANUTENZIONE
Attività svolta per assicurare il funzionamento in buone condizioni di un bene mobile o
immobile (tipico esempi gli edifici, i macchinari, le automobili). La manutenzione ha carattere
preventivo e si distingue in questo dalla riparazione che serve, invece, a correggere un guasto o
un malfunzionamento quando questo si è verificato. La miglioria è una terza fattispecie che si
verifica quando si interviene su di un impianto, non per prevenire, né per riparare, ma per
migliorare le sue prestazioni.
Si usa classificare le spese di manutenzione tra i costi variabili (per esempio la manutenzione
delle auto è legata non tanto al trascorrere del tempo quanto ai chilometri viaggiati che sono il
livello di produzione dell’impianto automobile); in realtà una parte dei costi di manutenzione
sono da considerare fissi per quella parte di manutenzione che va comunque assicurata anche se
l’impianto resta fermo)2;
Dal punto di vista bilancistico manutenzione e riparazioni sono spese correnti, mentre le
migliorie sono spese in conto capitale e come tali debbono essere ammortizzate.
Si distingue la manutenzione ordinaria (in genere di piccola entità a carattere ripetitivo con breve
periodo) dalla manutenzione straordinaria (in genere di grande entità e non ripetitiva). Con il
termine manutenzione programmata si fa riferimento piuttosto all’opportunità di prevedere in
anticipo la sequenza degli interventi di manutenzione, sia ordinaria, sia straordinaria.
Modalità per valutare convenienza incremento spese manutenzione nei progetti d’investimento.
MARGINALE
Aggettivo che, aggiunto al termine indicativo di una grandezza economica ne specifica la
variazione relativa all’ultima unità in questione.
Risulta evidente che per specificare pienamente il significato del termine marginale riferito ad
una funzione occorre indicare qual è la variabile indipendente 3 rispetto alla quale si esegue la
derivazione della funzione stessa.
Ad esempio, dato un legame tra il costo di produzione C e la quantità prodotta q legame espresso
dalla funzione C = C (q), per costo marginale Cm s’intende l’incremento di costo C dovuto
all’ultima unità prodotta, rapportato all’aumento (che per definizione è unitario) della variabile
indipendente q. Analiticamente : Cm = C / q ovvero Cm = dC / dq (quando si possa parlare
di incremento infinitesimo).
Analogamente per utilità marginale di un bene s’intende l’incremento di utilità dovuto all’ultima
unità di quel bene, acquisita. Analiticamente, dato un legame tra l’utilità U e la quantità acquisita
q - legame espresso dalla funzione U = U (q) - risulta per l’utilità marginale Um :
Um = dU / dq
2
3
In questo caso si può parlare di attività di conservazione in efficienza.
In economia tipicamente la variabile indipendente è la quantità.
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MARGINE DI CONTRIBUZIONE
Il margine di contribuzione si calcola sottraendo ai ricavi4 i costi variabili. Rappresenta pertanto
la quota di costi fissi coperta dai ricavi. In formula: MdC = prezzo effettivo  CV .
In condizioni normali i ricavi debbono coprire integralmente anche i costi fissi. Il concetto di
margine di contribuzione è di particolare interesse nella gestione di una commessa: si può anche
accettare in condizioni particolari una commessa in perdita, cioè un ordinativo che abbia ricavi
prezzo
offerto
prezzo
effettivo
Pp
Peff
CF
CF
CV
MdC
CV
prezzo
offerto
perdita
Pp
CF
CV
MdC
prezzo
effettivo
CV
inferiori ai costi totali, purché i ricavi superino almeno i costi variabili, in altre parole purché sia
coperta almeno una quota dei costi fissi.
Il profitto progettato è indicato con P p mentre il profitto effettivo è indicato con P eff
Nel secondo caso illustrato in figura l’imprenditore lavora in perdita, ma comunque il margine di
contribuzione rimane positivo. Solo se l’imprenditore ha ragionevole aspettativa di ricevere
commesse più remunerative incompatibili con quella in discussione gli conviene rifiutare una
commessa con margine di contribuzione positivo.
Il termine mark up MU corrisponde alla differenza fra prezzo progettato e costo medio variabile:
MU = Prezzo offerto  CV = Pp + CF .
MARGINE OPERATIVO LORDO MOL
E’ sinonimo di REDDITO OPERATIVO
(cfr. SCHEMA DI CONTO ECONOMICO)
MARKETING
Azioni condotte da un’impresa per comprendere le logiche del consumatore allo scopo di
favorire la penetrazione sul mercato dei suoi prodotti. Se oltre allo studio si agisce per
modificare l’attitudine al consumo si parla più propriamente di azione pubblicitaria, ma
l’abitudine più recente è quella di usare il termine marketing a comprendere le due fasi di studio
e di azione.
Nel caso di vendita di un solo esemplare il ricavo e il prezzo coincidono. E’ questo in
particolare il caso di una logica di produzione per commesse.
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MARK UP (RICARICO)
Differenza fra prezzo progettato (o richiesto o, se vogliamo, desiderato) e costi variabili (per
l’esattezza costo medio variabile CV.). Evidentemente, il mark up MU è superiore al profitto
progettato Pp perché il mark up comprende anche la previsione di copertura dei costi fissi C F. In
formule : MU = Prezzo offerto  CV = Pp + CF .
Il prezzo effettivamente praticato sarà quello compatibile con l’equilibrio domanda offerta e darà
luogo a un profitto effettivo Peff: se il prezzo effettivo è superiore al prezzo progettato si
prezzo
effettivo
prezzo
offerto
MU
Peff
Pp
prezzo
offerto
MU
CF
CF
CV
Pp
Peff
CF
CF
CV
CV
prezzo
effettivo
CV
determina un extraprofitto, cioè utili al di sopra del “normale” (se un profitto normale era stato
considerato in sede di definizione del mark up); se invece il prezzo effettivamente praticato è
inferiore al prezzo progettato siamo in presenza di un utile inferiore al “normale” o addirittura a
una perdita.
La figura precedente mostra sia un caso di profitto superiore al progettato, sia un caso di profitto
inferiore al progettato, ma pur sempre un profitto.
Nel caso estremo della perdita, come nella figura successiva,
prezzo
offerto
MU
perdita
Pp
CF
CV
MdC
prezzo
effettivo
CV
è utile introdurre, quando il ricavo è superiore ai costi variabili, il concetto di margine di
contribuzione definito dalla: MdC = prezzo effettivo  CV .
Nel determinare il mark-up il produttore deve tener conto di:
- costi fissi che sostiene
- profitto che si ripropone, anche con riferimento alle barriere all’entrata che caratterizzano il
mercato nel quale opera.
V. DETERMINAZIONE OFFERTA DA STRUTTURA COSTI
MATEMATICA FINANZIARIA
La Matematica Finanziaria si occupa di “operazioni finanziarie”, ossia di contratti che
riguardano lo scambio di somme di denaro o di capitali disponibili in epoche diverse.
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Le operazioni fondamentali della matematica finanziaria sono le operazioni di prestito e le
operazioni di sconto.
Regime finanziario dell’interesse semplice
1. Interesse semplice e montante
Nelle operazioni di prestito una persona, detta Creditore, dà in uso per un prefissato periodo di
tempo (durata del prestito) un capitale ad un’altra persona, detta Debitore.
Il debitore si impegna a restituire all’epoca stabilita un altro capitale, che è la somma del capitale
avuto in prestito e di un compenso, detto Interesse.
La somma del capitale e dell’interesse è detta Montante, rappresenta il valore del capitale dopo il
tempo di impiego.
La caratteristica del regime finanziario dell’interesse semplice è che l'interesse è proporzionale al
capitale C impiegato e alla durata t dell’impiego.
I = C·i·t con i = tasso, t = tempo
Il montante è dato da:
M = C + I = C + Cit = C(1+it)
si ha quindi la legge della capitalizzazione ad interesse semplice.
Assegnato un capitale C impiegato ad un tasso i, l’interesse I ed il montante M sono funzioni del
tempo t di impiego, precisamente sono funzioni lineari di t. La rappresentazione grafica delle due
leggi: I = Cit e M = C(1+it) in un sistema di assi cartesiani ortogonali è costituita da due rette
parallele.
2. Sconto semplice o razionale
Ad ogni legge di capitalizzazione è associata una legge di sconto. Se è noto il montante M, che
rappresenta il valore del capitale C dopo il tempo t, dalla legge M = C(1+it) si ricava:
C = M / (1+it)
Il calcolo di C interessa chi paga un debito, o chi riscuote un credito, prima della scadenza. Il
capitale M è detto valore nominale del credito, o del debito, esigibile al tempo t, il capitale C è
detto valore attuale o somma scontata.
La differenza fra M e C dà lo sconto semplice o razionale:
Sr = M - C
Il valore attuale di un capitale per un tasso fissato è funzione decrescente rispetto al tempo.
Regime finanziario dello sconto commerciale
3. Sconto commerciale
Sia M il valore nominale del credito, o del debito, disponibile dopo un tempo t, sia d il tasso di
sconto, lo sconto commerciale è proporzionale al valore nominale M e al tempo di anticipo t.
Sc=M·d·t
Si ricava quindi la somma scontata o valore attuale nel regime dello sconto commerciale.
C=M - Sc= M - Mdt = M (1 - dt)
Come nel regime finanziario dell’interesse semplice anche nel regime dello sconto commerciale
la somma scontata decresce al crescere di t.
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4. Capitalizzazione commerciale
Dalla formula del valore attuale C di un capitale M nello sconto commerciale C=M(1-dt) si
ricava immediatamente la legge di capitalizzazione commerciale. Precisamente:
M = C / 1-dt
con M il montante del capitale C impiegato per un tempo t ad un tasso di sconto d (detto tasso di
interesse anticipato).
Regime finanziario dell’interesse composto
5. Montante nella capitalizzazione composta
Nel regime finanziario dell’interesse semplice l’interesse è disponibile solo alla fine del tempo di
impiego del capitale.
Nella pratica commerciale se la durata dell’impiego è superiore al periodo relativo al tasso, non
si applica la capitalizzazione ad interesse semplice.
La proprietà caratteristica del regime dell’interesse composto è che gli interessi maturati alla fine
di ogni periodo si aggiungono al capitale e diventano fruttiferi per i periodi successivi.
Vogliamo determinare la legge della capitalizzazione ad interesse composto per il capitale C
impiegato per n anni, al tasso annuo i (in generale per n periodi con il tasso relativo al periodo di
capitalizzazione).
Il montante alla fine del primo anno è dato da:
M1= C(1 + i)
Questo montante diventa il capitale su cui calcolare gli interessi per l’anno successivo e così di
seguito. Si ha allora:
M2= M1+M1i = M1(1 + i) = C(1 + i)2
M3= M2+M2i = M2(1 + i) = C(1 + i)3
Procedendo in modo analogo fino all’n-esimo anno si ricava la legge del montante ad interesse
composto:
M = C(1 + i)n
6. Valore attuale, sconto composto
Dalla legge M = C(1 + i)n della capitalizzazione ad interesse composto si ricava il valore attuale
C ad un tasso i di un capitale M disponibile dopo n periodi:
C = M(1 + i)-n
QUADRO RIASSUNTIVO
Regime di interesse semplice
Interesse
I = Cit
Montante(legge dell’interesse semplice)
M = C(1+it)
Sconto semplice o razionale
C = M / (1+it)
Regime dello sconto commerciale
Sconto Commerciale
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Sc= Mdt
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Valore Attuale
C = M (1 - dt)
Montante (legge di cap. commerciale)
M = C / 1-dt
Regime della capitalizzazione composta
Montante (legge di cap. composta)
M = C(1 + i)n
Valore Attuale
C = M(1 + i)-n
MATERIE PRIME
Le materie prime sono un fattore produttivo di primario rilievo soprattutto per le imprese di
trasformazione: in prima approssimazione si può considerare siano semplicemente acquisibili
facendo ricorso al capitale, ma non sempre sono disponibili senza vincoli (si pensi alla
disponibilità di petrolio in situazioni di cartello) e spesso occorrono particolari accortezze per
accedere alle materie prime a condizioni accettabili per l‘impresa.
Generalizzando il concetto di materia prima si può comprendere l’interpretazione dell’ambiente
come risorsa preziosa e non rinnovabile. In una visione tradizionale, ma assolutamente riduttiva,
risorse come l’acqua erano ritenute gratuite e in determinate località disponibili in quantità
infinita: sappiamo bene che non è così.
Dal punto di vista del bilancio le materie prime rientrano tra le componenti della voce giacenze,
vale a dire del magazzino..
Un tempo si affermava che la disponibilità di materie prime caratterizzava la ricchezza o almeno
la potenzialità di ricchezza di un paese. Oggi è più evidente che la ricchezza di un paese nasce
prevalentemente dalla disponibilità di tecnologia e capacità imprenditoriale e si fa riferimento al
termine risorsa inteso come accoppiata tra materia prima e tecnologia: ad esempio l’uranio è una
risorsa energetica solo se accoppiata alla tecnologia della fissione nucleare per utilizzarlo; la
sabbia del mare, dalla quale si può ricavare il silicio per applicazioni fotovoltaiche, è risorsa solo
se si dispone della tecnologia necessaria delle celle fotovoltaiche, per utilizzarla allo scopo.
Questa circostanza è stata una caratteristica permanente della storia della civiltà: il carbone è
diventato veramente una risorsa solo con lo sviluppo della siderurgia e soprattutto della
macchina a vapore; considerazioni analoghe valgono per la diffusione dell’impiego del petrolio e
dei suoi derivati.
Anche l’analisi della ricchezza dei paesi porta a conclusioni analoghe: il Giappone, una delle
maggiori potenze economiche mondiali, non è certo privilegiato dal punto di vista della
disponibilità di materie prime sul proprio territorio; al contrario l’Argentina, che dispone di
notevoli risorse, è un paese in crisi economica ricorrente, il che dimostra che le materie prime
non giocano un ruolo esclusivo, ma nemmeno caratteristico nello sviluppo di un sistema
economico nell'attuale stadio della civiltà.
MBE MANAGEMENT BY EMERGENCIES
Nell’organizzazione aziendale MBE è uno stile di direzione, ossia una modalità di gestione di
un’azienda che pone la priorità sull’identificazione e sul superamento delle condizioni di
emergenza mano a mano che si presentano. In questo senso è evidente la connessione con
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l’adhocrazia, espressione che sta ad indicare però non solo uno stile di direzione, ma addirittura
una formula organizzativa.
Una sfumatura è legata al senso che si dà al termine emergenza: quello che si presenta o quello
che è straordinario e richiede risposte straordinarie?
MBO MANAGEMENT BY OBJECTIVES
Nell’organizzazione aziendale MBO è uno stile di direzione, ossia una modalità di conduzione di
un’azienda che pone la priorità sull’identificazione e sul raggiungimento degli obbiettivi. Al
raggiungimento degli obiettivi è correlata anche la retribuzione dei manager per cui l’espressione
MBO viene anche ad assumere una forma di compenso che premia l’avvenuto raggiungimento
degli obiettivi.
MERCATO
Il mercato è la sede nella quale si svolge l’attività economica di scambio di beni e servizi e
quindi l’interazione tra produttore e consumatore (ovvero imprese e consumatori). Tale scambio
è denominato anche incontro di domanda e offerta 5 e si usano al riguardo le espressioni “lato
offerta” e “lato domanda” del mercato.
Il termine mercato è a volte usato come sinonimo di economia di mercato che è una forma di
sistema economico oggi largamente prevalente. Questo aspetto è trattato alla voce
CAPITALISMO.
Il mercato è soggetto a regole, in assenza delle quali il mercato sarebbe una giungla di pura
conflittualità. Nessuno contesta la necessità di una regolamentazione del mercato (è una delle
funzioni dello Stato in economia): la contesa si esercita sulla natura, sull’estensione e
sull’incisività delle regole.
E’ necessario esaminare come si comporta6 il sistema integrato imprese consumatori in relazione
a diverse possibili ipotesi di sua composizione, sia dal punto di vista del prodotto, sia dal punto
di vista delle aziende.
Una sintesi delle situazioni possibili è esposta in tabella:
Omogenei
Prodotti
Differenziati
Numero imprese
Molte
Poche
concorrenza perfetta
oligopolio
omogeneo
concorrenza
oligopolio
monopolista
differenziato
Una
monopolio puro
monopolio
differenziato
CONCORRENZA PERFETTA O LIBERA CONCORRENZA
E’ definito dalle seguenti condizioni:
per il sistema dei produttori:
 ogni azienda produce beni omogenei e quindi i consumatori scelgono solo in base al prezzo;
5
Trattasi di domanda e offerta collettive e non individuali.
6
In particolare è necessario capire se il mercato può raggiungere uno stato di equilibrio e se,
variando le condizioni, tale equilibrio sia stabile o meno.
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




ogni azienda può accedere alle stesse risorse e utilizzare le stesse tecnologie, quindi tutte le
aziende possono produrre a costi simili;
tutte le aziende del sistema tendono a massimizzare il proprio profitto di breve e di lungo
termine;
il numero di aziende è elevato e quindi la quantità prodotta dalle singole aziende non è
determinante
non esistono accordi che vincolino il comportamento di un’azienda a quello delle altre
vi è libertà di entrata7 e uscita dal mercato per ogni singola azienda
per il sistema dei consumatori:
 il mercato è omogeneo per cui le aziende non hanno motivi di preferenza tra consumatori
diversi se non per il prezzo;
 tutti i consumatori tendono a massimizzare la propria utilità di breve termine;
 il numero dei consumatori è elevato per cui le quantità domandate dai singoli consumatori
non sono determinanti
 non esistono accordi che vincolino il comportamento di un consumatore a quello di altri
 vi è libertà di entrata e uscita per i singoli consumatori.
In condizioni di libera concorrenza occorre distinguere tra breve periodo e lungo periodo. Nel
breve periodo valgono per il punto di equilibrio e per il profitto massimo i ragionamenti già
esposti in linea generale. Nel lungo periodo si deve considerare la possibilità di ingresso di
nuove imprese e di uscita delle imprese meno inefficienti. Il punto di equilibrio è caratterizzato
dalla circostanza che il prezzo tende al costo medio di lungo periodo. Se infatti il prezzo di
mercato si stabilisse in un punto superiore 8 ci sarebbe margine per l’ingresso di un’impresa che
si accontenti di un profitto minore; questo ragionamento può proseguire fino a che non si azzeri
il profitto vale a dire quando il prezzo di vendita coincide con il costo minimo di lungo periodo.
Quindi il profitto di lungo periodo in un sistema di concorrenza perfetta è zero.
A queste considerazioni teoriche vanno aggiunte alcune riflessioni: perché un’impresa si
inserisca a sfidare il privilegio di chi è già sul mercato occorre tempo, risorse (finanziarie,
tecnologiche) capacità organizzative ed operative. Allora l’inizio della concorrenza non è
immediato e l’impresa leader di mercato può adottare le opportune contromisure per evitare di
essere scalzata dal mercato: la risposta canonica è innovare i processi di produzione e innovare il
prodotto; altre risposte possono essere più di marketing.
CONCORRENZA MONOPOLISTICA
In presenza di molte imprese con prodotti differenziati l’impresa ha, entro certi limiti, la
possibilità di fissare il prezzo. In effetti quando il mercato è fortemente segmentato, all’interno
del proprio segmento l’impresa si comporta come un monopolista e quindi il massimo profitto si
ha quando il ricavo marginale Rm uguaglia il costo marginale Cm. L’impresa fisserà una
quantità Q per cui questa condizione sia soddisfatta; fissata Q risulterà individuato il prezzo P in
base alla curva di domanda.
prezzo
P
Cm
Q
domanda
Rm
7
quantità
Libertà di entrata sul mercato è sinonimo di libertà di accesso al mercato per il produttore.
8
Non ha senso esaminare il caso di un prezzo inferiore al costo minimo di lungo periodo, perché,
in questo caso, il profitto sarebbe negativo e l’impresa sarebbe scomparsa.
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E’ una forma di mercato molto diffusa per effetto del desiderio di distinguersi perseguito da un
numero crescente di consumatori a seguito di miglioramento del reddito e a modifiche dello stile
di vita e delle modalità di consumo.
L’elemento che differenzia il monopolista puro dall’operatore in concorrenza monopolistica è la
durata dell’esclusiva: il secondo deve continuamente adoperarsi, agendo sul prodotto, per
mantenerla, mentre il primo ne gode sistematicamente.
OLIGOPOLIO OMOGENEO E OLIGOPOLIO DIFFERENZIATO
Operano poche aziende, ognuna delle quali, potendo conoscere il comportamento delle altre e
potendo ipotizzare le relative conseguenze, si comporta “di conserva”: esiste una forte
interdipendenza tra imprese, spesso con un leader che guida i comportamenti. Esempi sono i
prodotti chimici primari per l’oligopolio omogeneo, mentre l’auto e i frigoriferi sono esempi di
mercati oligopolistici differenziati.
I prezzi tendono a rimanere stabili perché nessuno a interesse a innescare la guerra dei prezzi al
ribasso. Si definisce cartello (in inglese trust), l’accordo esplicito o implicito tra produttori
monopolistici per definire i prezzi9. Lo Stato tende ad intervenire fissando regole e al limite
intervenendo direttamente sul mercato per evitare la formazione di cartelli.
Nell’oligopolio la curva di domanda vista dalla singola azienda ha un caratteristico andamento a
prezzo
D1
D3
D0
D2
quantità
gomito che spiega la stabilità dei prezzi.
Supponiamo che la curva di domanda sia quella indicata dai punti D 1 , D0 e D2 e che si operi
inizialmente nel punto (D0, P0):


se l’azienda in esame per aumentare la propria quota di mercato decidesse di diminuire il
prezzo (muoversi verso D2) tutte le imprese la seguirebbero e quindi la domanda si
sposterebbe lungo il tratto D0 D2 e le quote rimarrebbero costanti. L’unico risultato sarebbe
un danno per tutti i produttori;
se invece l’azienda volesse aumentare il suo prezzo per aumentare il profitto la altre
potrebbero aumentare le loro quote non seguendola; la prima azienda incontrerebbe
domanda elastica (tratto D0 D3 e non il tratto D0 D1); al limite, per l’oligopolio puro il
tratto D0 D3 potrebbe essere pressoché orizzontale (elasticità infinita).
MONOPOLIO PERFETTO
E’ definito dalle seguenti condizioni:
per il sistema della produzione:
 esiste una sola azienda che controlla l’intera produzione del bene e non esistono imprese che
producono beni sostitutivi;
Tipico esempio l’OPEC. (Oil Producing and Exporting Countries): i paesi produttori,
concordando il totale della produzione (e soprattutto la ripartizione in quote fra i paesi aderenti)
riescono a determinare sul mercato situazioni di scarsità del petrolio che fanno lievitare i prezzi.
9
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14

l’azienda può accedere liberamente alle risorse e alle tecnologie;
ne deriva che la singola azienda opera sull’intera domanda aggregata;
per il sistema dei consumatori (valgono le stesse condizioni del mercato di concorrenza perfetta):
 il mercato è omogeneo per cui le aziende non hanno motivi di preferenza tra consumatori
diversi se non per il prezzo;
 tutti i consumatori tendono a massimizzare la propria utilità di breve termine;
 il numero dei consumatori è elevato per cui le quantità domandate dai singoli consumatori
non sono determinanti
 non esistono accordi che vincolino il comportamento di un consumatore a quello di altri
 vi è libertà di entrata e uscita per i singoli consumatori.
Il punto di equilibrio e il profitto massimo sono determinati con la stessa procedura e gli stessi
risultati già esposti.
MONOPOLIO DIFFERENZIATO
Si ha monopolio differenziato quando una singola impresa offre sostanzialmente lo stesso
prodotto, differenziandolo per alcuni aspetti (involucro immagine, funzioni secondarie ..) In tal
caso l’impresa ha la possibilità di utilizzare la tecnica dei prezzi multipli, di vendere cioè lo
stesso prodotto a prezzi diversi.
In casi di monopolio puro l’impresa può solo definire il prezzo; conseguentemente i consumatori
definiscono la quantità e quindi l’esborso. Nel caso di monopolio differenziato l’impresa può
aumentare tramite i prezzi multipli l’esborso totale dei consumatori.
p1
p2
p3
q1
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q2
q3
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E’ evidente che in assenza dell’accorgimento dei prezzi multipli il produttore incasserebbe in
totale p3 .q3 . Con questo accorgimento incassa invece p1 .q1 + p2 . (q2 – q1) + p3 . (q3  q2 )
che è maggiore di p . q .
3
3
Esempi di applicazione di questa tecnica sono lo stesso libro offerto in diverse edizioni, le classi
differenziate nei trasporti aerei o ferroviari, i diversi marchi dell’elettronica dei consumi o degli
elettrodomestici10 .
Si potrebbe sostenere che con la tecnica di prezzi multipli il venditore tende ad appropriarsi di
qualcosa di simile al surplus del consumatore (in questo caso il consumatore collettivamente
inteso):l’analogia analitica è evidente.
MONOPSONIO
Situazione particolare del mercato nella quale c’è un solo acquirente che ha di conseguenza
notevole potere contrattuale. La situazione è tipica per servizi esclusivi, quali, prima della
liberalizzazione, il mercato dell’energia elettrica che vedeva l’ENEL di fatto come l’unico
acquirente o l’acquirente di gran lunga prevalente.
Dal mercato alla rete
Il concetto di mercato viene ad essere sostituto dal (o meglio, superato nel) concetto di rete nel
senso che i ruoli degli operatori economici sono meno netti di quelli tradizionali riconducibili al
dualismo schematico produttore venditore: oggi sono tutti simultaneamente venditori e
produttori ma soprattutto tutti sono, più o meno, direttamente cointeressati ad operare nella rete.
La scomparsa dei monopoli naturali
In molti casi un’innovazione tecnologica fa cadere la giustificazione, vera o presunta che sia, dei
cosiddetti monopoli naturali cioè di quelle situazioni che “necessariamente” impongono, per
effetto di fattori di scala favorevoli particolarmente elevati, la presenza sul mercato di un solo
operatore.
Il controllo per evitare che si determinino meccanismi distorsivi della concorrenza è affidato ad
apposite autorità, in Italia la cosiddetta Antitrust (Autorità garante della concorrenza e del
mercato……). Analoga funzione su scala dell’Unione Europea è svolta da un’apposta Direzione
Generale della Commissione Europea.
MERCATO BORSISTICO
Mercati regolamentati
Mercati di strumenti finanziari, organizzati e gestiti da apposite società di gestione (V.),
autorizzati dalla Consob in presenza di altri requisiti. Sono iscritti in un elenco tenuto dalla
Consob (art. 63, Tuf).
Mercato dei covered warrants - Mcw
Il comparto della borsa in cui si negoziano i covered warrants.
E’ il caso di marchi diversi posseduti dalla stessa impresa dei quali uno accreditato di fascia
alta e l’altro accreditato di fascia bassa anche se sostanzialmente equivalenti; è diverso dal caso
(citato a proposito dell’oligopolio) di due prodotti sostanzialmente equivalenti messi sul mercato
da due aziende totalmente distinte.
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Mercato dei premi - Mpr
Il comparto della borsa in cui si negoziano i contratti a premio relativi ad azioni.
Mercato ristretto
Mercato regolamentato in cui si negoziano contratti di compravendita relativi ad azioni,
obbligazioni, warrants e diritti di opzione, non ammessi alla quotazione ufficiale di borsa.
Mercato telematico azionario - Mta
Il comparto della Borsa in cui si negoziano contratti di compravendita relativi ad azioni,
obbligazioni convertibili, warrants, diritti di opzione e quote di fondi mobiliari e immobiliari
chiusi quotati in borsa. Gli altri due comparti della Borsa sono il Mercato telematico delle
obbligazioni e dei titoli di Stato (V.) e il Mercato dei premi (V.).
Mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato – Mot
Il comparto della borsa in cui si negoziano obbligazioni diverse da quelle convertibili e titoli di
Stato.
Mercato telematico delle opzioni - Mto
Mercato gestito dalla Mif spa sul quale sono negoziate opzioni su future e titoli di Stato.
Nuovo Mercato
Mercato destinato alla negoziazione di azioni ordinarie di emittenti nazionali ed esteri ad alto
potenziale di sviluppo gestito dalla Borsa Italiana spa.
V. BORSA
COMPLETARE
MERCATO (Economia di)
v. CAPITALISMO
MERCATO INTERNO
Il mercato allo studio nel quale avvengono le transazioni è definito come mercato interno. La
definizione è ovviamente relativa: per l’Italia i riferimenti per definire l’interno (e
conseguentemente l’esterno) sono due: da una parte, ovviamente, il nostro territorio, ma anche,
data l’unicità della moneta e tanti altri legami giuridici ed economici, l’Unione Europea. Non a
caso l’Unione Europea chiama mercato interno quello corrispondente ai 15 paesi dell’Unione.
MERCE
Bene economico destinato allo scambio. Il termine merce impropriamente indica anche i beni
consumati direttamente dal produttore.
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MEZZI DI TERZI
I mezzi di terzi, componente essenziale delle risorse (passività) di cui dispone l’azienda, sono
definiti in contrapposizione al capitale proprio.
MIB 30
Indice rappresentativo dei corsi dei 30 titoli azionari trattati sul Mta che presentano più elevati
valori dell'indicatore Ilc (V.). La composizione dell'indice viene rivista almeno semestralmente.
MIB O30
Contratto di opzione sull'indice Mib30.
MICROECONOMIA
Ramo dell’economia che si occupa del comportamento economico delle unità decisionali
individuali. Si potrebbe in termini semplificati far riferimento alle convenienze relative del
comprare e del vendere dei singoli soggetti economici (consumatori e produttori).
V. anche MACROECONOMIA
MIDEX
Indice rappresentativo dei corsi dei 30 titoli azionari di media capitalizzazione e liquidità trattati sul Mta
(ossia i secondi trenta titoli in base all'Ilc). La composizione dell'indice viene rivista almeno
semestralmente.
MIGLIORIA
Attività svolta quando si interviene su di un bene mobile o immobile (tipico esempi gli edifici, i
macchinari, le automobili) non per prevenire, né per riparare, ma per migliorare le sue
prestazioni. La manutenzione invece ha carattere preventivo per assicurare che il bene continui a
funzionare in buone condizioni. La riparazione ,infine, è una terza fattispecie che si riferisce a
interventi mirati a correggere un guasto o un malfunzionamento quando questo si è verificato.
Dal punto di vista bilancistico manutenzione e riparazioni sono spese correnti, mentre le
migliorie sono spese in conto capitale e come tali debbono essere ammortizzate.
MINUSVALENZA
La minusvalenza si determina in occasione della vendita, sostituzione, eliminazione (per
cancellazione, write-off, che può essere totale o praziale) dei beni strumentali, e corrisponde alla
variazione economica negativa del reddito rappresentata dal minore valore realizzato rispetto ai
loro valori contabili (o valori di libro). Fa parte della gestione extracaratteristica e va iscritta a
bilancio nel conto economico tra gli oneri straordinari.
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Si considerano minusvalenze anche le diminuzioni di valore apportate a titoli o ad altri elementi
patrimoniali, in sede di valutazione del capitale a fine esercizio, rispetto ai valori attribuiti in
precedenza.
v. PLUSVALENZA AMMORTAMENTO
MODELLO DI UN SISTEMA
Obiettivo della costruzione di un modello è descrivere in modo efficace un insieme di fenomeni
relativi al mondo fisico o a quello economico o biologico, o sociale. Si usa far riferimento a
modelli fisici, modelli analogici e modelli matematici.
Un modello fisico (in inglese mock-up) è una riproduzione in scala dell’oggetto che dà luogo ai
fenomeni da studiare. Occorre porre attenzione al concetto di scala: le grandezze fisiche da
scalare dipendono dal fenomeno da studiare, per esempio per certi tipi di problemi di
fluidodinamica va mantenuto (pur cambiando le dimensioni del modello rispetto all’oggetto reale
da simulare) un particolare parametro che è il numero di Reynolds.
Un modello analogico è la realizzazione appunto di un’analogia tra due fenomeni fisici che anno
un qualche legame nelle leggi che li regolano: Per esempio una clessidra è un modello del tempo
che scorre, come lo è un orologio meccanico; spesso un circuito elettrico (o elettronico può
essere usato come modello di un fenomeno fisico (ad esempio un circuito composto da un
alimentatore e una resistenza è modello di qualunque fenomeno lineare attraverso il ricorso alla
legge di Ohm V = R. I , essendo R la resistenza elettricaV la differenza di potenziale ai capi
della resistenza, I la corrente che in essa scorre. Fenomeni dinamici retti da un’equazione
differenziale lineare del primo ordine del tipo dq / dt = - q /  (che quindi ha per
–t/
soluzione q (t) = q0 e
) possono essere modellati dalla scarica in un condensatore con
–t/
capacità C e resistenza R, tali che R C =  ; in effetti q (t) = q (0) q0 e
è l’equazione
della scarica essendo q la carica del condensatore. Più in generale si può far riferimento ai
calcolatori analogici …..
Un modello matematico di un sistema consiste in una o più equazioni che legano fra loro le
variabili descrittive del sistema costruito e impiegato come descritto nel seguito
Acquisita attraverso il modello la capacità di descrizione del fenomeno in esame, ci si ripropone
altresì di utilizzare il modello per fare previsioni sull’evoluzione del fenomeno stesso. Un
modello si differenzia da una teoria in quanto non si basa solo sulle conoscenze organiche
relative al comportamento dei diversi componenti del sistema, ma anche su descrizioni di tipo
empirico fenomenologico; descrizioni che condizionano e in parte costituiscono la sostanza
stessa della rappresentazione del sistema da simulare. Inoltre spesso il modello si riferisce a un
campo di applicazione più circoscritto di quello che si vuole affrontare con la teoria. Per esempio
una teoria economica ha ampiezza maggior di un singolo modello econometrico (vedi
ECONOMETRIA)
La descrizione inizierà con la raccolta delle informazioni (e delle idee) che si riferiscono al
fenomeno in esame e con il tentativo di collegarle tra loro in un complesso organizzato, nel quale
sia riconoscibile una certa logica. Già nella prima fase risulta necessario individuare l’ambito nel
quale il fenomeno ha luogo o, meglio il contesto nel quale interessa descriverlo. Una
metodologia che si è rivelata efficace per costruire tale struttura è quell’insieme di procedure
indicato come analisi dei sistemi (o ingegneria dei sistemi); nata nell’ambito delle discipline
scientifiche si è diffusa con ottimi risultati anche per applicazioni economiche e sociali.
Costruzione di modelli
Articolazione in sottofasi della costruzione di un modello:
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19
a.
b.
c.
d.
e.
analisi preliminare del sistema da analizzare e formulazione dettagliata del tema, cioè
definizione di quale tipo di risposte si debbano conseguire mediante il modello e con quale
livello di approssimazione (per esempio nell’ingegneria un modello per definire le
sistemazioni impiantistiche di un impianto complesso, ha poco a che vedere con un modello
per il calcolo delle sue prestazioni) 11 ;
identificazione di eventuali sotto insiemi – il cui comportamento è presumibilmente più
facile da descrivere – e organizzazione delle relazioni tra sottosistemi
individuazione delle variabili rappresentative del sistema, sia le variabili indipendenti (i dati
di ingresso al modello) sia le variabili dipendenti (i risultati in uscita dal modello); questi
tanto nell’interno dei singoli sottosistemi, quanto per le iterazioni tra di essi;
formulazione delle relazioni tra variabili come equazioni matematiche, definizione delle
relative tecniche di soluzione
valutazione delle prestazioni del modello e in particolare del suo campo di validità.
Non si può ignorare che qualsiasi rappresentazione adottata per un certo sistema è
necessariamente limitata ad alcuni aspetti: debbono essere analizzati e scelti caso per caso il
grado di rappresentatività e il livello di descrizione (punto a.) un relazione alla qualità delle
informazioni disponibili e agli obiettivi da conseguire (punto c.).definita tale scelta il modello
diventa uno strumento di comunicazione non ambiguo avente un valore intrinseco,
indipendentemente dalle previsioni che il suo uso consentirà di formulare.
La complessità del sistema in esame è spesso tale da suggerire di non trattarlo come un tutto
unico: ne consegue l’importanza di scegliere nell’analisi del sistema una strutturazione
gerarchica in sottoinsiemi basata sulla loro rilevanza agli effetti del funzionamento globale
(punto b.); tali sottoinsiemi non devono necessariamente coincidere con entità fisicamente
distinte, ma saranno scelti in modo da semplificare al massimo la descrizione del sistema, anche
in vista delle possibilità di utilizzare modelli parziali già disponibili.
Nelle relazioni tra variabili confluiscono le conoscenze preesistenti sul comportamento dei
singoli componenti del sistema (punto d.), cioè le leggi che li regolano.
Gli strumenti disponibili per la risoluzione delle equazioni matematiche (punto d.) condizionano
direttamente la formulazione del modello e possono divenire i fattori limitanti: Ne consegue
l’interesse preminente attualmente assunto dalla maggior convenienza di elaborare grandezze
rappresentate in successione discreta e non continua.
Il modello delinea relazioni tra le variabili rappresentative dei fenomeni possibili nel sistema allo
scopo di prevedere come le varie grandezze coinvolte intervengono nello svolgimento dei
fenomeni di interesse. All'atto dell’impiego del modello si per ottenere una tale previsione, si
adotterà quell’insieme ordinato di operazioni note (detto procedura) definito durante la
costruzione del modello (fase c. e fase d.).
Un modello risulterà tanto più soddisfacente quanto più saranno plausibili, (cioè in accordo con
quanto già noto) e generali, (cioè valide anche in casi diversi da quello in esame) le proprietà
attribuite alle grandezze che intervengono nel modello. La dimostrazione della validità del
modello consiste nella verifica sperimentale degli eventi che il modello stesso consente di
prevedere (punto e.).
Verifica e impiego dei modelli
Nelle applicazioni tecnico-scientifiche che si presentano formulate in un linguaggio quasi
direttamente matematico, il ruolo dei modelli risulta così facile da individuare e soprattutto, così
sottinteso, che si usa indicare tali applicazioni con il nome sintetico di calcolo, passando sotto
silenzio le fasi che precedono le soluzioni matematiche delle equazioni rappresentative della
formulazione del modello. Al contrario, nelle applicazioni di tipo decisionale la disponibilità di
un modello colpisce a tal punto la fantasia dei non addetti ai lavori che non a tutti risulta evidente
il fatto indiscutibile che i modelli matematici sono solo strumenti utili per valutare le
Va ricordata l’esigenza di conciliare il miglioramento delle prestazioni del
modello, e in particolare del livello di descrizione, con la limitazione della
gestibilità del modello stesso, per esempio il tempo di calcolo necessario per
risolvere le equazioni che lo compongono: è meglio un rapido modello semiteorico o addirittura empirico, che un modello teoricamente più soddisfacente,
ma meno agevole.
11
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conseguenze di possibili diverse decisioni e che la scelta fra le varie possibilità non può che
conseguire dai criteri prefissati da parte di chi ha costruito il modello stesso
Le sottofasi in cui si articola l’impiego dei modelli sono:
a. controllo della capacità del modello di rappresentare il sistema reale confrontando i risultati
forniti dal modello con storie vere (test);
b. eventuale modifica del modello (o più semplicemente dei valori dei parametri che in esso
figurano)
c. progettazione e messa a punto di un piano di prova e di sperimentazione, con l’indicazione
degli obiettivi prefissati
d. effettuazione delle prove e raccolta dei risultati.
L’impiego parametrico di un modello per dedurre dal suo comportamento alcune informazioni
sul comportamento del sistema modellato è detto simulazione. Si usa parlare di esperimenti
numerici per descrivere l’operazione di raccolta dei risultati dell’impiego dei modelli.
Analisi dei risultati ottenuti per ricavare informazioni sul sistema in esame
Le sottofasi da svolgere per valutare il comportamento del sistema in relazione a possibili
differenti decisioni sono:
a. analisi dei risultati in relazione agli obiettivi
b. eventuale ripetizione o modifica del piano di sperimentazione
c. presentazione dei risultati
d. definizione delle raccomandazioni per la progettazione e gestione del sistema reale
Vantaggi nell’uso dei modelli
In sintesi si può dire che l’uso di modelli matematici dà luogo ai seguenti vantaggi:
Non ambiguità
Oggettività
Ripetibilità
Verificabilità
Le considerazioni che precedono si applicano specificamente a modelli di tipo deterministico,
nel senso che sono legati a legami deterministici (corrispondenza biunivoca espressa da un
legame analitico) tra le variabili che nel modello figurano. Ma esistono anche altri modelli quali
quelli stocastici, aleatori, adattivi che non sono qui trattati.
MONETA
DEFINIZIONE DI MONETA
Bene di riferimento principale per gli scambi tra soggetti economici, sia come mezzo di
pagamento, sia come unità di misura del valore. Come tale, può essere convertito agevolmente e
senza perdite in ciascuno degli altri beni presenti sul mercato: da questo punto di vista carattere
distintivo della moneta è la liquidità.
Ha una funzione liberatoria dei debiti (deve cioè essere accettata come pagamento) che se
imposta dalla legge definisce la moneta legale, se deriva dall’uso definisce la moneta
consuetudinaria o fiduciaria.
La moneta rappresenta un potere d’acquisto immediatamente spendibile e variabile inversamente
al prezzo dei beni12.
E’ facile comprenderlo facendo riferimento al concetto di esborso: essendo l’esborso dato dal
prodotto p . q dove p è il prezzo e q è la quantità acquistata è evidente che a parità di esborso in
moneta la quantità scende in ragione inversa se il prezzo sale.
12
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La moneta non cambia valore quando cambia il tasso d’interesse, mentre cambia valore quando
cambia il livello generale dei prezzi.
E’ evidente la distinzione tra moneta (che è uno stock detenuto) e reddito che è un flusso
ricevuto in un certo periodo di tempo.
Una delle cause di aumento dei prezzi, e conseguentemente della perdita del potere di acquisto
della moneta, è l’inflazione.
La moneta è sotto la responsabilità del Banca Centrale che in un equilibrio di poteri con il
governo realizza la politica monetaria secondo parametri quali:
- la domanda di moneta
- la velocità di circolazione della moneta;
- l’offerta complessiva di moneta;
- la base monetaria.
Sul mercato di determina una condizione di equilibrio tra domanda ed offerta di moneta.
MONETA LEGALE
Denominazione che si applica rigorosamente qualora una norma di legge imponga la funzione
liberatoria dei debiti propria della moneta (la moneta deve essere accettata come mezzo di
pagamento)
MONETA FIDUCIARIA O CONSUETUDINARIA O PRIVATA
Denominazione che si applica qualora non è una norma di legge ma solo l’uso a determinare la
funzione liberatoria dei debiti propria della moneta (la moneta è accettata come mezzo di
pagamento perché così fanno tutti). Per esempio nella maggior parte dei paesi invia di sviluppo,
soprattutto quelli aperti al flusso turistico, il dollaro è moneta fiduciaria accettata da tutti anche
più volentieri rispetto alla moneta locale.
Sono moneta fiduciaria gli assegni i “traveller cheques” e le carte di credito.
MONETA CONVERTIBILE
Moneta per la quale è possibile per il detentore scambiarla legalmente con altra moneta o con
oro. Normalmente le monete dei paesi industrialmente avanzate sono convertibili l‘una con
l’altra. Per lungo tempo non erano convertibili le monete dei Paesi dell’Est Europa; per i turisti
era legittimo detenerne solo quantità derivanti da cambi effettuati ufficialmente all’ingresso del
Paese ed era fatto obbligo all’uscita dal Paese di riconvertire nella valuta originaria eventuali
rimanenze. Di fatto questo implicava che la moneta non convertibile valeva meno di quanto
dichiarato dal paese emettitore; conseguentemente proliferava un mercato nero locale di
trafficanti disposti a cedere valuta locale non convertibile in cambio di moneta convertibile
(tipicamente dollari) a tassi di cambio ben più favorevoli al dollaro di quelli ufficiali.
Con riferimento agli scambi internazionali si usa il termine valuta come sinonimo di moneta.
MONOPOLIO
Situazione particolare del mercato che per il sistema della produzione vede una sola azienda in
grado di controllare l’intera produzione del bene mentre non esistono imprese che producono
beni sostitutivi; nel contempo detta azienda può accedere liberamente alle risorse e alle
tecnologie.
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Il suo opposto è in un certo senso il monopsonio.
MONOPSONIO
Situazione particolare del mercato nella quale c’è un solo acquirente che ha di conseguenza
notevole potere contrattuale. Se gli acquirenti sono pochi si parla di oligopsonio.
Il suo opposto è in un certo senso il monopolio.
MUTUO
Particolare debito, in genere a medio lungo termine, che prevede la restituzione dell’importo
originario più l’interesse; questi avviene attraverso rate periodiche composte di una quota
capitale e di una quota interessi. Il mutuo è spesso assistito da una garanzia immobiliare in forma
ipotecaria; la presenza dell’ipoteca consente un ridimensionamento dell’ammontare del tasso di
interesse perché si riduce fortemente il rischio.
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N
NASDAQ
La sigla deriva da National Association of Securities Delaers con l’aggiunta del termine
Quotations, indica cioè le quotazioni fornite da un’associazione di agenti di borsa USA, operante
a New York, che tratta titoli tecnologici non quotati nella tradizionale Borsa di New York, la
NYSE. IL NASDAQ che è di gran lunga la più importante fra le borse dei titoli tecnologici è la
sede delle contrattazioni che alimentano la new economy e più specificamente la net economy.
NET ECONOMY
V. RETE
NEW ECONOMY
Termine generico indicante l’attuale fase dell’economia caratterizzata dall’immateriale e
dall’annullamento delle distanze attraverso il miracolo delle telecomunicazioni e dell’informatica
(la cosiddetta ICT) in contrapposizione con “old economy” che indica l’economia tradizionale,
basata invece su materie prime (derrate alimentari incluse), semilavorati, prodotti materiali,
infrastrutture “pesanti” (quali energia e trasporti), servizi tradizionali. Questi settori sarebbero
secondo alcune scuole di pensiero inarrestabilmente in declino rispetto alle prospettive aperte
dalla new economy. In realtà i dati più recenti vanno nella direzione di contenere queste
semplicistiche previsioni.
NO GLOBAL
Movimento di contrasto alla globalizzazione o al meno alla globalizzazione così come si viene
configurando. Sono presenti anime diversificate all’interno del movimento che ha carattere
internazionale e vede una prevalenza di giovani.
NOLEGGIO
v. AFFITTO
NOTA INTEGRATIVA
3.3
Documento costituente il bilancio, insieme con le due tabelle conto economico e stato
patrimoniale.
L’obiettivo di questo documento è fornire una serie di informazioni utili a comprendere e
motivare le scelte adottate nella redazione del bilancio. I suoi contenuti sono definiti dall’art
2427 del codice Civile.
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NUMTEL
Nuovo Mercato Telematico
NYSE New York Security Exchange
La tradizionale Borsa di New York con sede a Wall Street, strada che ha assunto il valore di sede
simbolica della finanza mondiale; di gran lunga la più importante borsa al mondo: IL suo
andamento è espresso dall’indice Dow Jones.
La connotazione “tradizionale” sta ad indicare la distinzione rispetto alla borsa dei titoli
tecnologici NASDAQ.
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O
OBBLIGAZIONE
3.1
Titolo di credito relativo a prestiti che un esterno concede ad un’impresa. La somma prestata sarà
restituita alla fine del periodo incrementata degli interessi convenuti. A differenza di quanto
avviene per le azioni, le sorti dell’azienda (profitti o perdite) non si riflettono direttamente
sull’obbligazione, almeno che non si arrivi al caso estremo del fallimento dell’impresa.
Va tenuto presente che come tutti gli altri beni l’obbligazione si può comprare e vendere sul
mercato; il suo valore dipenderà da come la remunerazione assicurata da questo titolo di credito
(cioè l’interesse corrisposto) si confronta con le remunerazioni di altre operazioni di prestito
praticabili. Anche in questo caso l’attenzione verrà posta sull’aspettativa che il mercato possa o
meno offrire, a breve, beni equivalenti (nel nostro caso altri titoli di credito) più convenienti 13. La
borsa è la sede delle contrattazioni (e quindi delle quotazioni) dei titoli obbligazionari.
Sono per moti versi simili alle obbligazioni i titoli di debito emessi dal Tesoro.
OBBLIGAZIONE CONVERTIBILE
3.1
L’impresa riconosce al titolare dell’obbligazione la possibilità di esercitare alla scadenza (o
comunque entro un termine prefissato) l’opzione di trasformare l’obbligazione in azione. In
questo senso l’obbligazione convertibile è associata a un warrant.
OBSOLESCENZA
Invecchiamento economico contrapposto al deterioramento fisico subito dal capitale fisso,
prevalentemente come conseguenza del progresso tecnico vale a dire dell’innovazione
tecnologica. Si tratta della perdita di valore di un’attrezzatura perché è disponibile sul mercato
una più moderna più efficace o più efficiente. Se il progresso tecnico è veloce l’obsolescenza
tecnica arriva prima del deterioramento fisico.
V. VITA TECNICA
OCCUPAZIONE
Quantità di lavoratori occupati: teoricamente uguale all’offerta di lavoro meno il numero dei
disoccupati. In realtà è difficile misurare questa grandezza in un paese che ha distinti mercati del
lavoro, differenti per qualificazione dei lavoratori, durata del rapporto di lavoro, condizioni
negoziali, ecc. E’ una delle variabili della macroeconomia.
La curva di Philips mostra che il ritmo di crescita dei salari è alto se l’occupazione è elevata.
OFFERTA
13
In questo senso è evidente che la contrattazione di obbligazioni ha sempre meno senso quanto
più si avvicina la scadenza perché a quel punto è certo il valore reale del bene in questione.
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Disponibilità a vendere una certa quantità ad un certo prezzo: il produttore pone sul mercato
(offre) i beni prodotti e cerca un accordo con l’acquirente o (consumatore) che esprime una
domanda (disponibilità ad acquistare una certa quantità ad un certo prezzo).
Si definisce offerta collettiva la somma delle offerte individuali.
La curva dell’offerta stabilisce un legame tra quantità offerta e prezzo richiesto dal produttore
V. LEGGE DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA
OFFERTA COMPLESSIVA DI MONETA
L’offerta complessiva di moneta è la quantità di moneta esistente in un dato periodo ed è
governata dalle banche centrali direttamente attraverso l’emissione (o il ritiro) di base monetaria
e indirettamente attraverso le misure che influiscono sul processo di moltiplicazione da parte
degli operatori tra le quali:
-
la variazione del tasso ufficiale di sconto cioè il tasso di sconto applicato dalla banca
centrale alle singole banche che ad essa si rivolgono per operazioni di rifinanziamento,
tipicamente anticipazioni e sconto cambiali;
-
la variazione dei coefficienti di riserva obbligatoria, cioè l’entità dell’obbligo a carico degli
istituti di credito di tenere capitali in opportuna forma per far fronte alle esigenze previste ed
impreviste derivanti dalla loro funzione;
-
i vincoli diretti sul credito.
L’offerta complessiva di moneta è una delle determinanti della circolazione monetaria
Sul mercato di determina una condizione di equilibrio tra domanda ed offerta di moneta.
OFFERTA PUBBLICA DI ACQUISTO
Opa incrementale
Offerta pubblica di acquisto obbligatoria promossa, ai sensi dell'art. 10, comma 8, della legge
149/1992, da chi, detenendo una quota dei diritti di voto di una società quotata in borsa o
ammessa alle negoziazioni nel mercato ristretto pari alla metà della partecipazione di controllo o
di maggioranza relativa, abbia aumentato tale quota di un quinto, ovvero in misura superiore al 2
per cento del capitale sociale, in un arco di 12 mesi. La legge 149/1992 è stata abrogata dal Tuf
(art. 214, comma 1, lett. e)).
Opa preventiva
Offerta pubblica di acquisto avente ad oggetto almeno il 60 per cento delle azioni ordinarie di
una società italiana quotata in un mercato regolamentato italiano, promossa ai sensi dell'art. 107
del Tuf. Nel periodo di vigenza della legge 149/1992, per Opa preventiva si intendeva un'offerta
pubblica promossa al fine di acquisire, direttamente o indirettamente, il controllo di una società
quotata
in
borsa
o
ammessa
alle
negoziazioni
nel
mercato
ristretto.
Opa residuale
Offerta pubblica di acquisto promossa da chiunque venga a detenere una partecipazione
superiore al 90 per cento delle azioni con diritto di voto di una società italiana quotata in un
mercato regolamentato italiano, ai sensi dell'art. 108 del Tuf. Nel periodo di vigenza della legge
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149/1992, per Opa residuale si intendeva l'offerta promossa da chi, direttamente o
indirettamente, avesse acquisito il controllo di una società quotata in borsa o ammessa alle
negoziazioni nel mercato ristretto, nel caso in cui il flottante della società divenisse inferiore al
10 per cento o al minor limite stabilito dalla Consob.
Opa successiva
Offerta pubblica obbligatoria totalitaria promossa ai sensi dell'art. 106 del Tuf da chiunque, a
seguito di acquisti a titolo oneroso, venga a detenere una quota dei diritti di voto di una società
italiana quotata in un mercato regolamentato italiano superiore al 30 per cento. Nel periodo di
vigenza della legge 149/1992, per Opa successiva si intendeva l'offerta obbligatoria promossa da
chiunque avesse acquisito il controllo o la maggioranza relativa dei diritti di voto di una società
quotata
in
borsa
o
ammessa
alle
negoziazioni
nel
mercato
ristretto.
Opa volontaria
Offerta pubblica di acquisto non obbligatoria e non volta all'acquisizione del controllo della
società quotata emittente i titoli oggetto dell'offerta.
COMPLETARE
OFFERTA PUBBLICA DI SCAMBIO – OPS
Offerta pubblica di acquisto avente come corrispettivo strumenti finanziari.
OFFERTA DI SOTTOSCRIZIONE
Offerta di vendita relativa ad azioni di nuova emissione
OFFERTA PUBBLICA DI VENDITA OPV
Offerta di vendita relativa ad azioni già esistenti.
COMPLETARE
OIL SHOCK
Crisi del mercato petrolifero e conseguentemente delle economie utilizzatrici di petrolio a
seguito del subitaneo e forte aumento dei prezzi del greggio; un primo episodio si è avuto nrl
1973-74 (quadruplicazione dei prezzi del greggio nel giro di pochi mesi) una seconda nel 197980.
Le conseguenze di una tale crisi per i paesi consumatori di petrolio di importazione sono nel
breve periodo un contenimento di emergenza nei consumi sia delle famiglie (austerità) sia delle
imprese (riduzione della produzione) realizzato anche attraverso il razionamento. Nel lungo
periodo si riducono i rischi di crisi petrolifera mediante la diversificazione delle fonti
energetiche, riducendo la dipendenza petrolifera e la diversificazione delle aree geografiche e
quindi dei mercati geopolitici di provenienza.
In occasione di tali crisi è particolarmente incisivo il ruolo di un’organizzazione quale l’OPEC.
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OLD ECONOMY
Termine generico che indica l’economia tradizionale. in contrapposizione con “new economy”
riferito invece all’attuale fase dell’economia.
Materie prime (derrate alimentari incluse), semilavorati, prodotti materiali, infrastrutture
“pesanti” (quali energia e trasporti), servizi tradizionali sarebbero secondo alcune scuole di
pensiero elementi caratterizzanti la vecchia economia e inarrestabilmente in declino rispetto alle
prospettive aperte dalla new economy caratterizzata dall’immateriale e dall’annullamento delle
distanze attraverso il miracolo delle telecomunicazioni e dell’informatica (la cosiddetta ITC). In
realtà i dati più recenti vanno nella direzione di contenere queste semplicistiche previsioni.
OLIGOPOLIO
Configurazione del mercato nella quale operano poche aziende, ognuna delle quali, potendo
conoscere il comportamento delle altre e potendo ipotizzare le relative conseguenze, si comporta
“di conserva”: esiste una forte interdipendenza tra imprese, spesso con un leader che guida i
comportamenti. I prezzi tendono a rimanere stabili perché nessuno a interesse a innescare la
guerra dei prezzi al ribasso. Si definisce cartello (in inglese trust), l’accordo esplicito o implicito
tra produttori monopolistici per definire i prezzi. Lo Stato tende ad intervenire fissando regole e
al limite intervenendo direttamente sul mercato per evitare la formazione di cartelli.
OLIGOPSONIO
Situazione di mercato in cui una merce è acquistata da un numero limato di acquirenti, ciascuno
dei quali decide sulla base delle presunte reazioni degli altri, a meno che non ci siano accordi
collusivi tra acquirenti analoghi a quelli tipici dell’oligopolio collusivo. Se l’acquirente è unico si
parla di monopsonio .
OMEOSTASI
(Vedi CONTROLLO DI UN SISTEMA)
ONERI CONTRIBUTIVI (PREVIDENZIALI E ASSICURATIVI)
Importi dovuti a soggetti pubblici (per esempio I.N.P.S.) (o che svolgono funzioni pubbliche) a
fronte di prestazioni che il lavoratore riceve (per esempio assistenza sanitaria), o riceverà in
seguito (per esempio pensione). Tali somme sono a carico del datore di lavoro e, in misura
minore del lavoratore. Il costo del lavoro è dato dalla somma della retribuzione percepita dal
lavoratore (al lordo degli oneri fiscali) più gli oneri contributivi.
ONERI DI SISTEMA
Componente della struttura dei costi della produzione di servizi pubblici, in particolare
dell’energia elettrica, da prendere in esame in sede di determinazione della relativa tariffa.. I
cosiddetti oneri generali di sistema hanno sul costo medio del chilowattora un’incidenza
complessiva che ha raggiunto l'8 per cento. Tra gli oneri di sistema emerge come particolarmente
oneroso il sostegno alle fonti rinnovabili e agli impianti cosiddetti assimilati, basato su norme
introdotte nel 1991 e 1992. A partire dal gennaio dell'anno in corso un decreto ministeriale ha
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posto sul mercato, con procedure di asta, una quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili e
assimilate pari a oltre un decimo dell'intera produzione nazionale. Questa produzione è
remunerata all'origine con un prezzo di acquisto definito da provvedimenti di legge emanati tra il
1991 e il 1995. Le aste, in parte riservate a clienti disposti ad accettare clausole di
interrompibilità, hanno fatto emergere prezzi largamente inferiori a quelli corrisposti ai
generatori. La differenza concorre ad alimentare gli oneri di sistema gravanti sulla generalità dei
consumatori di energia elettrica.
Figurano anche tra gli oneri di sistema i costi per la transizione dal monopolio alla concorrenza;
essi comprendono i rimborsi per gli investimenti operati e gli impegni assunti dall'impresa già
monopolista e delle altre imprese produttrici-distributrici, e che il mercato concorrenziale può
non consentire di ammortizzare o onorare: si tratta dei "costi non recuperabili" o "costi
incagliati" (stranded costs nell'esperienza delle liberalizzazioni americane).
ONERI FINANZIARI
Importi dovuti dall’azienda a chi presta ad essa danaro a titolo di remunerazione del servizio
ricevuto (in altre parole si può parlare dell’esborso sostenuto per disporre del bene denaro, come
se fosse l’equivalente di un canone di affitto per disporre di un bene strumentale). Il prezzo da
pagare è definito dal tasso di interesse convenuto come remunerazione. L’entità degli oneri
finanziari (il cui sinonimo è quota interessi) è legata al tasso di interesse e alla dimensione
dell’esposizione debitoria.
L’azienda che ha ricevuto il prestito deve versare periodicamente, sia la quota capitale (per
restituire la somma ricevuta, quindi una quota dovuta anche se non ci fossero interessi) sia la
quota interessi che corrisponde appunto agli oneri finanziari. Naturalmente si tratta di interessi
passivi.
Il concetto simmetrico è quello di proventi finanziari che corrispondono a interessi attivi per
l’azienda derivanti da somme proprie prestate ad altri soggetti economici.
ONERI FISCALI
3.3
Denominazione, nel contesto del bilancio, degli importi dovuti a vario titolo al fisco (imposte, e
tasse) in ciascun esercizio. Si calcolano applicando un’aliquota all’imponibile. (saldo tra ricavi e
costi, cui si sottraggono alcuni costi convenzionali denominati detrazioni).
ONERI PLURIENNALI
Gli oneri pluriennali corrispondono a spese sostenute (o, meglio, alla valorizzazione, in tutto o in
parte, di spese sostenute) per brevetti e know-how, pubblicità, ricerca e simili, purché tali da
avere effetto atteso che si dispiega su più esercizi e come tali suscettibili di essere registrate
patrimonialmente in bilancio come immobilizzazioni immateriali14 e quindi di essere
ammortizzate su più esercizi (donde il nome).
ONERI STAORDINARI
3.3
Perdite sostenute dall’impresa in conseguenza di operazioni di natura straordinaria; tipico il caso
delle minusvalenze. La situazione opposta (profitti ottenuti dall’impresa) dà luogo a proventi
straordinari.
14
Tale voce appare nel bilancio nella colonna attività (o impieghi) dello stato patrimoniale..
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OPA
v. OFFERTA PUBBLICA DI ACQUISTO
OPEC
L’OPEC (Oil Producing and Exporting Countries) è un’organizzazione dei paesi produttori di
petrolio che, concordando il totale della produzione (e soprattutto la ripartizione in quote fra i
paesi aderenti), riescono a determinare sul mercato situazioni di scarsità del petrolio che fanno
lievitare i prezzi. E’ un tipico esempio di cartello in un mercato oligopolistico.
L’OAPEC è un sottoinsieme dell’OPEC composto dai Paesi Arabi.
L’efficacia dell’azione dell’OPEC deriva da vari fattori, tra i quali: il peso della produzione dei
paesi OPEC rispetto alla produzione mondiale; il grado di effettiva coesione dei paesi aderenti 15;
la capacità di tenuta di accordi restrittivi confrontata con la durata delle scorte presenti nei paesi
consumatori.
Il ruolo di quest’organizzazione è particolarmente incisivo in caso di crisi del mercato petrolifero
(v. OIL SHOCK)
OPERATORE ECONOMICO
L’operatore economico (o soggetto economico) è qualunque attore che agisce sul mercato: una
prima distinzione è fra consumatori di beni e produttori di beni che si scambiano sul mercato.
Distinzione piuttosto legata alla funzione svolta sul mercato che cambia di volta in volta a
seconda della transazione in esame. Più legata alla natura del soggetto è la distinzione fra
famiglie, imprese, pubblica amministrazione e soggetti esteri.
OPV
v. OFFERTA PUBBLICA DI VENDITA
OPZIONE
Diritto, ottenuto attraverso contratto, di acquistare (CALL) o di vendere (PUT) un’attività
finanziaria (tipicamente un pacchetto di azioni) entro16 una certa data ad un prezzo definito. E’
un vantaggio per chi lo detiene perché è un diritto e non un obbligo e pertanto tale diritto va in
qualche modo pagato. Evidentemente l’esistenza del diritto di una parte comporta un obbligo per
la sua controparte. Clausola frequente nei contratti di collaborazione o più comunemente di
scambio di partecipazioni incrociato. Nel gioco di borsa la logica di acquisire una “option”
corrisponde alla scommessa che entro la data di scadenza il pacchetto in questione vari il proprio
valore. Chi compra una “call option” scommette sull’aumento di valore; chi compra una “put
option” scommette sulla riduzione di valore.
E’ evidente che se qualche paese aderente vende sottobanco quantità superiori alle quote
assegnate l’accordo salta.
15
16
Per la precisione, nel put americano il diritto può essere esercitato in qualunque momento
entro la data prefissata, mentre nel put europeo l’opzione può essere esercitata solo alla data
prefissata.
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Il warrant è un caso particolare di opzione che si riferisce a titoli azionari.
ORDINI INEVASI
L’arretrato degli ordini non soddisfatti (inevasi) con riferimento alla organizzazione della
produzione misura la congruenza della capacità produttiva effettiva con i termini di successo o
insuccesso (crescita della domanda, quota di mercato).
v. ROTAZIONE DEGLI ORDINI
ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI
OGM
Globalizzazione
COMPLETARE
ORGANIZZAZIONE OPERATIVA DELL’IMPRESA
Tra i ruoli base dell’imprenditore è centrale quello di organizzare l’impiego dei fattori produttivi
per conseguire gli obiettivi dell’impresa.
La numerosità e la natura degli addetti, la numerosità e la natura dei prodotti; la dislocazione
territoriale, le logiche di interazione con il mercato sono tra i fattori che condizionano le scelte
organizzative.
Tra gli elementi caratterizzanti un’organizzazione ricordiamo: l’elenco delle funzioni da
svolgere; la logica di loro attribuzione; lo stile di direzione.
Con il termine struttura si indica il risultato delle scelte organizzative, inteso come elenco di
unità organizzative e descrizione delle funzioni affidate a ciascuna di esse.
Riprendiamo in esame la figura seguente introdotta con riferimento all’impresa come sistema:
Fattori
Mercato di
acquisto
dei fattori
Prodotti
Azienda
Costi
(denari
pagati)
Ricavi
(denari
incassati)
Mercato di
vendita dei
prodotti
Possiamo agevolmente identificare le funzioni base, che sono l’approvvigionamento dei fattori,
la produzione e la distribuzione dei prodotti sul mercato (o se vogliamo, in termini più generali,
la distribuzione e il marketing).
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Organizzazione per fasi (o per funzioni)
Un assetto organizzativo elementare può essere quello che fa perno sulle funzioni base di cui
sopra:
Direzione
dell’impresa
Approvvigionamento
Produzione
Distribuzione e
marketing
Si tratta di un insieme di tre unità operative articolate per fasi di attività (o come si usa dire per
tipo di funzioni) a ciascuna delle quali sono assegnate, come avviene per tutte le unità
organizzative, da una parte risorse e dall’altra obiettivi da conseguire.
Per completare l’elenco delle azioni da svolgere occorre identificare oltre alle tre unità operative
già indicate (che sono direttamente legate alla realizzazione e alla vendita del prodotto) altre
attività di supporto quali l’amministrazione (per esempio i contratti, la contabilità, la finanza), la
gestione del personale (paghe e contributi, assicurativi e previdenziali, controllo presenze, ferie
ecc.); tali funzioni sono dette di supporto e si usa rappresentarle a fianco della casella che indica
la direzione. Sono chiamate funzioni di staff in contrapposizione con le altre unità che sono
denominate di linea (in inglese “line”).
Direzione
dell’impresa
Amministrazione
Personale
Approvvigionamento
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Produzione
Distribuzione e
marketing
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Organizzazione per prodotti
In un'impresa che realizzi più di un prodotto (o meglio più linee di prodotto fra loro differenziate
in misura consistente) può adottare un’altra organizzazione base, alternativa alla precedente, che
vede le diverse unità articolate per tipo di prodotto.
Direzione
dell’impresa
Amministrazione
Personale
Automobili
Approvvig.
Produzione
Treni
Veicoli industriali
Distribuzione e
marketing
Approvvig.
Produzione
Distribuzione e
marketing
Ciascuna 17 delle tre unità sopra rappresentate dovrà dotarsi al proprio interno di tutte e sole le
risorse necessarie per conseguire gli obiettivi affidati e in particolare dovrà istituire sub unità che
assolvano le diverse funzioni già individuate: la differenza è che queste sono ora specializzate
per ciascuna classe di prodotto.
Proviamo ad individuare vantaggi e svantaggi delle due soluzioni base
Tipo di
organizzazione
Caratteristiche
Livello di
responsabilizzazione
Volume complessivo
delle
risorse necessarie
per fasi
per prodotti
confuso
puntuale
limitato
potenzialmente
più elevato
Non deve essere sopravvalutato l’argomento della saturazione (cioè dell’utilizzo ottimale delle
risorse).Mentre è evidente che una piccola impresa multi prodotto non si potrebbe permettere di
duplicare le risorse (per esempio dei macchinari per le lavorazioni meccaniche in modo che
ciascuna tipologia di prodotto abbia risorse dedicate in via esclusiva e permanente,
simmetricamente è altrettanto vero che una grande azienda operante in stabilimenti collocati in
diversi siti produttivi non ha significativi vantaggi ad unificare la produzione per fasi (per
esempio a mettere in un’unica unità la direzione di tutti gli stabilimenti di produzione).
La divisionalizzazione
La linea di tendenza attuale è quella di privilegiare la chiarezza delle responsabilità e quindi di
adottare strutture articolate per prodotti, denominate anche divisione per prodotto, in una logica
17
Per comodità grafica in figura sono rappresentate le strutture interne solo di due divisioni su tre.
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chiamata appunto divisionalizzazione che sta ad indicare anche un elevato grado di autonomia
attribuito a ciascuna unità operativa che ha propri obiettivi, propri budget propria organizzazione
interna, pur nel rispetto delle regole generali della “casa” cui ciascuna divisone riporta.
Se il grado di autonomia assegnato alle divisioni è elevato si parla di stile di direzione che
favorisce il decentramento, in caso contrario si parla di stile di direzione accentratore.
Un’indicazione di massima per distinguere i due casi può essere la seguente: un responsabile che
favorisce il decentramento dà ai propri collaboratori delle istruzioni nel senso di precisare cosa si
aspetta da loro (l’obiettivo); un responsabile accentratore prescrive ai propri collaboratori cosa
essi debbono fare (il come). Analogamente, si parla di stile di direzione partecipativo se i livelli
sottoposti sono coinvolti nell'assunzione delle decisioni che li riguardano, di stile di direzione
verticistico se il coinvolgimento è insufficiente.
Organizzazione a matrice
Direzione
dell’impresa
Amministrazione
Personale
Approvvigionamento
Produzione
Distribuzione e
marketing
Auto
Veicoli
industriali
Treni
Le strutture rappresentate orizzontalmente sulla sinistra sono strutture di coordinamento, dotate
di poco personale e praticamente prive di risorse strumentali che hanno la responsabilità di
garantire che sia realizzata e commercializzata una data linea di prodotto, ma senza avere la
guida diretta delle risorse necessarie allo scopo. Esercitano un dialogo e una contrattazione tra
loro e con i capi delle unità funzionali per concordare l’assegnazione delle risorse ai vari
obiettivi (cioè alle varie linee di prodotto).
La struttura organizzativa a matrice si ripromette di conseguire entrambi i vantaggi
(responsabilizzazione nel perseguimento degli obiettivi e saturazione delle risorse),
rispettivamente caratteristici delle due strutture base. In realtà il sistema di interrelazioni che si
viene a gestire è piuttosto complesso e crea qualche difficoltà. Casi di successo si sono avuti
soprattutto quando l’azienda lavora a commessa e quindi si crea una struttura di coordinamento
per la durata della commessa stessa (in questo caso l’unità di coordinamento è chiamata unità di
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progetto e il suo responsabile project manager). Tipico campo di applicazione delle strutture a
matrice è quello dell’ingegneria (per esempio la progettazione di impianti industriali complessi);
altro campo di applicazione è la ricerca scientifica e tecnologica in particolare con riferimento
alla realizzazione di impianti sperimentali complessi (E’ immediato notare che sono tutti casi
riconducibili alla metodica di produzione a commessa).
Il rapporto che si instaura tra le unità di progetto e le risorse collocate all’interno delle unità che
organizzano le risorse si chiama collegamento funzionale: un tipo di dipendenza più lasco e,
soprattutto, non esclusivo a differenza di quello (che si chiama dipendenza gerarchica)
all’interno di una singola unità di tipo tradizionale.
Organizzazione a matrice per la realizzazione di diverse commesse nel caso di una società di
impiantistica
Direzione della società
di impiantistica
Amministrazione
Personale
Processi chimici
Strumentazione
Componentistica
meccanica
Commessa 1
Commessa 2
Commessa 3
Organizzazione a task-force
Sempre nel caso di produzione a commessa un’altra organizzazione possibile è la task-force che
è riconducibile a quella delle divisioni di prodotto, ma con il vincolo di una durata limitata alla
realizzazione della commessa. Come per le divisioni di prodotto, anche l’unità task-force ha alle
proprie dipendenze tutte e sole le risorse necessarie per conseguire gli obiettivi: si tratta dunque
di unità autosufficienti (come dice il nome, un’unità per un obiettivo), in genere di piccole
dimensioni.Questo implica che alcune competenze normalmente collocate all’interno di un’unità
tradizionale sono temporaneamente trasferite da questa verso un’unità task-force per rendere
possibile lo svolgimento delle attività affidate alla task-force 18.
18
Il nome viene appunto dal mondo militare e fa riferimento ad un gruppo eventualmente
interforze estratto dai normali reggimenti o dalle normali compagnie per assolvere una missione
speciale (il termine task significa appunto compito, missione) a termine.
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Un caso estremo di organizzazione a task-force generalizzata è l’adhocrazia che si basa sulla
scelta generalizzata di utilizzare strutture create caso per caso (ad hoc) secondo le esigenze.
Considerazioni generali
E’ difficile dare una ricetta di valenza generale su quale sia “la migliore organizzazione
possibile”: nondimeno è utile osservare che un cambiamento periodico di struttura è un
comportamento manageriale certamente positivo per togliere vecchie incrostazioni e
deterioramenti nel funzionamento delle strutture che si accumulano nel tempo come le scorie di
un organismo o odi un processo produttivo.
E’ ancor più importante sottolineare che non conta solo l’organizzazione intesa come
articolazione in caselle; contano soprattutto le regole sull’interazione tra le diverse caselle, lo
stile di direzione (cui si è già fatto cenno), il tipo di programmazione di controllo adottato e tanti
altri aspetti legati ai processi, non ultimo dei quali la formazione dei dipendenti e soprattutto la
loro motivazione. Va curato infine l’equilibrio complessivo delle funzioni e delle persone che le
svolgono; si usa indicare questo insieme con l’espressione costellazione di ruoli (nel linguaggio
comune mutuato dallo sport si parla di squadra e in inglese di team) proprio per sottolineare la
necessità di coerenza e di correlazione: si deve giudicare una persona non di per sé, ma per il
ruolo che svolge nel contesto del gruppo ove è inserita.
In generale va perseguita la linea di ridurre la burocratizzazione della struttura vale a dire ridurre
i comportamenti a seguito dei quali la burocrazia, cioè l’insieme delle funzioni assegnate, delle
regole e dell’assetto di potere conseguente, è perseguita dagli addetti come un valore in sé e non
come un strumento per un’efficace operatività dell’insieme.
v. GESTIONE DELL’IMPRESA
STRUTTURA FUNZIONI DELL’IMPRESA MBO MBE
ORGANIZZAZIONE DI VERTICE DELL’IMPRESA
Assemblea dei Soci
Presidente
Consiglio di
Amministrazione
Collegio
Sindacale
Direttore Generale
L’Assemblea dei soci, che tiene tipicamente due tre sedute all’anno - delle quali la più
importante (e indispensabile) è quella dedicata all’approvazione del Bilancio, su proposta del
Consiglio di Amministrazione; l’assemblea nomina il Consiglio di Amministrazione e il
presidente per un triennio.
Il Consiglio di Amministrazione, che si riunisce tipicamente una volta al mese, dà le indicazioni
generali sugli obiettivi ed approva le decisioni più importanti che il Direttore Generale sottopone
al Consiglio stesso.
Il Direttore Generale, nominato dal Consiglio di Amministrazione con una posizione “full-time",
assume le decisioni a carattere esecutivo necessarie al funzionamento dell’impresa. In alcune
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imprese invece del Direttore Generale è nominato un Amministrato Delegato che è un membro
del Consiglio di Amministrazione cui vengono assegnati i poteri tipici del Direttore Generale più
alcuni dei poteri tipici del Consiglio di Amministrazione. Nella terminologia inglese la figura di
vertice dell’azienda viene denominata CEO (Chief Executive Officer).
Il Collegio Sindacale, nominato dall’Assemblea ha funzioni di garanzia degli azionisti in genere
e in particolare di quelli di minoranza (che possono essere esclusi dalla presenza in consiglio di
Amministrazione) e anche di garanzia del bene pubblico in genere e in particolare dei soggetti
economici che interagiscono con la Società.
Di grande rilievo per il funzionamento della Società è l’attribuzione dei poteri, cioè dei compiti
affidati a ciascuno: l’attribuzione dei poteri è fissata dallo Statuto della Società entro vincoli
definiti dal Codice Civile. Inoltre alcune funzioni possono essere delegate da chi le detiene e
favore di un organo sottoposto: per esempio il Presidente può delegare alcune funzioni al
Direttore Generale; oppure un organo collegiale può delegare alcune funzioni ad un suo
componente (tipico il caso del Consiglio di Amministrazione che delega il presidente o
l’Amministratore delegato).
Caratteristiche dei diversi livelli di pianificazione.
Obiettivi
Orizzonte
temporale
Livello
management
Ambito
gestionale
Fonti di
informazione
Tipo di
informazioni
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Pianificazione
strategica
Pianificazione
tattica
Pianificazione
operativa
Lungo
Medio
Breve
Alto
Medio
Basso
Ampio
Medio
Ristretto
Esterne e
interne
Globali
Esterne e
interne
Aggregate
Interne
Dettagliate
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ORGANIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE
Considerazioni generali
E’ una componente specifica dell’organizzazione aziendale relativa al sottosistema produzione.
Definito l’obiettivo dell’impresa in termini di tipo, qualità e quantità della produzione, occorre
assicurare un’adeguata capacità produttiva. A questo scopo è necessario adottare una serie di
scelte in ambito aziendale. Si definisce organizzazione della produzione sia l’insieme degli
strumenti metodologici e delle tecniche per l’adozione di tali scelte, sia i conseguenti assetti
strutturali e logistici realizzati in azienda.
Sono perfettamente applicabili a questo specifico sottosistema le considerazioni generali esposte
alla voce DECISIONE E OPERATIVITA’ IN UN IMPRESA sull’articolazione in componente
decisionale e componente operativa del sistema di gestione di un’impresa.
SOTTOSISTEMA PRODUZIONE DELL’AZIENDA
OBIETTIVI
CANALE
INFORMATIVO
Effettori
SUBSISTEMA
DECISIONALE
SUBSISTEMA
OPERATIVO
CANALE
INFORMATIVO
Sensori
Sensori
Controllabili
INPUT
OUTPUT
Non controllabili
Non controllabili
Sia il sistema decisionale che quello operativo interagiscono con l’ambiente (attraverso i
rispettivi canali di input e output). Trattandosi di un sottosistema l’ambiente di interazione sarà
sia il resto dell’azienda, sia l’ambiente esterno all’azienda 19 .
Anche in questo caso il subsistema decisionale comprende metodi e tecniche di
 previsione;
 programmazione;
 controllo.
Il subsistema operativo è quello più propriamente specifico del sottosistema in esame, nel nostro
caso la produzione, e riguarda:
 tecnologie;
 processo (scelta e dimensionamento);
 spazi (scelta e dimensionamento);
 disposizione degli impianti negli spazi.
A seconda dello stile di direzione dell’azienda il responsabile della produzione sarà più o
meno “filtrato” dal responsabile generale nei rapporti con l’ambiente esterno.
19
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Per ciascun sottosistema di evidenziano attività relative sia alla fase di programmazione sia alla
fase di attuazione descritti in dettaglio alla voce GESTIONE DI UN’IMPRESA che possono
essere così riassunti:
 la definizione degli obiettivi;
 la definizione dei piani realizzativi;
 la guida e il coordinamento dell’impiego delle risorse;
 il controllo dei risultati;
 l’attuazione degli interventi correttivi.
Si ricordi che nell’ambito dei processi produttivi si suole distinguere la produzione a magazzino
dalla produzione a commessa e che un qualunque processo produttivo può essere schematizzato
secondo un diagramma di flusso (o schema di procedimento) che interconnette un insieme di
magazzini per il tramite di operatori di trasformazione.
Definizione degli obiettivi specifici e definizione dei piani realizzativi
Quanto alla definizione degli obiettivi e alla definizione dei piani realizzativi il manager della
produzione deve tenere presente l’obiettivo/vincolo principale dato dall’accoppiata composta da
risposta adeguata alle esigenze del mercato (qualità termini di consegna, prezzi) e da
realizzazione dell’equilibrio economico-finanziario dell’intero processo. A tale scopo il
responsabile della produzione 20 si occupa:
1.
a livello strategico, di:
 definizione dei prodotti;
 tipo ampiezza e localizzazione dei processi;
 tecnologie da migliorare e nuove tecnologie da acquisire e rendere operative;
 sviluppo di nuove capacità produttive;
2.
a livello tattico, di:
 scelta dei modi di produzione
 realizzazione dei processi
 acquisizione delle risorse e loro efficiente utilizzo;
3.
a livello operativo di breve termine, di:
 mezzi necessari alle reali esigenze per l’immediato futuro (spostamenti di manodopera,
riduzioni dell’orario di lavoro, ferie anticipate, ricorsi a straordinario e a lavorazioni
esterne non programmate anticipazione o posticipazione di lavorazioni, decisioni di
ritardi di consegne o annullamento di ordini);
 produzioni da svolgere e loro tempificazione
 livelli delle scorte e termini di consegna
Guida e coordinamento dell’impiego delle risorse
Per sua natura l’attività di guida e coordinamento delle risorse ha risvolti a carattere quasi
esclusivamente operativo di breve termine e su questi concentreremo l’attenzione:
a livello tattico e operativo l’attività consiste nell’assegnazione e distribuzione del lavoro ai
reparti, agli impianti e alle macchine o centri di lavorazione e nella predisposizione degli
ordini di acquisto e lavorazione.
Nell’ordine di lavorazione sono indicate:
20
Sono descritte nel seguito un complesso di funzioni che nelle aziende medio-grandi sono
svolte da più individui: infatti sono separate le responsabilità strategiche da quelle operative. Le
funzioni tipiche del manager operativo di un’impresa non comprendono la fissazione degli
obiettivi strategici dell’impresa che compete invece al livello di responsabilità superiore.
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40




le quantità da fabbricare;
il ciclo di lavorazione;
le attrezzature e i tempi previsti per le lavorazioni;
le date di consegna.
Oltre agli ordini di lavorazione, il servizio programmazione distribuisce ai capi reparto una
documentazione (in particolare per le lavorazioni a commessa) costituita da:
 disegni ed eventuali istruzioni di montaggio, collaudo ecc. ; buoni di prelievo del
materiale dal magazzino;
 bolle di lavorazione (da distribuire tramite i capi reparto, ai singoli operai) contenenti la
descrizione delle operazioni da eseguire e i relativi tempi di lavorazione (su di esse
dovranno poi essere registrati a consuntivo i tempi effettivamente impiegati nelle
lavorazioni);
 i buoni di accompagnamento dei pezzi in lavorazione;
 i buoni di versamento o restituzione al magazzino.
Tale documentazione è funzionale anche per e attività di controllo descritte più avanti.
Nel seguito sono indicati alcuni termini d’uso frequente nei testi anglosassoni dedicati alle
fasi della produzione:
 scheduling
 routing
 sequencing
 dispatching.
In un’azienda che produce per il magazzino la produzione viene realizzata partendo dal
piano di breve annuale su base previsionale. In un’azienda che lavora per commessa la
produzione viene effettuata sulla base degli ordinativi ricevuti dai clienti che sono
raggruppati in lotti di lavorazione (o commesse di lavorazione, che è un concetto diverso da
quello delle commesse di fornitura). Per ogni commessa sono riportati i seguenti dati
essenziali:
 dati identificativi degli ordini (dei clienti o del servizio di produzione);
 caratteristiche dei prodotti da fabbricare (corredate eventualmente da disegni);
 quantità da produrre e data di consegna.
Nella maggior parte dei casi il prodotto finito è costituito dall’assemblaggio di iun insieme
di componenti. Tali componenti possono essere 21:
 fabbricati all’interno dello stabilimento;
 acquistati a catalogo da fornitori generici (se si tratta di componenti standard detti
anche commodity) o da subfornitori specifici se trattasi di componenti o lavorazioni
speciali).
Per ottenere la realizzazione del prodotto finito nei tempi pianificati occorre perciò
programmare l’acquisto o la produzione interna dei componenti in modo che siano
disponibili tempestivamente.
Dalla compilazione del programma operativo di produzione (sia l’assemblaggio che la
quota di produzione di componenti che si è deciso di realizzare direttamente) e dal
confronto fra i carichi di lavoro da esso indotti e le capacità disponibili può eventualmente
emergere la necessità di:
 ricorrere a lavorazioni esterne;
 ricorrere a ore straordinarie di lavorazione;
 migliorare la produttività di alcune macchine o reparti;
 preavvisare i clienti rispetto a tempi di consegna realistici.
21
E’ la famosa scelta “make or buy” ed eventualmente di outsourcing
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41
In ogni caso, qualunque sia la tipologia produttiva e la dimensione dell’impresa, la
programmazione operativa della produzione deve predisporre le azioni necessarie alla migliore
utilizzazione delle risorse con l’obiettivo di far corrispondere le capacità produttive dell’azienda
con il raggiungimento degli obiettivi prefissarti e in particolare:

garantire l’evasione degli ordini (lavorazione su commessa) o il rifornimento del magazzino
(produzione a magazzino) nei tempi stabiliti: ridurre le scorte dei materiali ai livelli minimi
compatibili con lo svolgimento delle lavorazioni (scorte di materie prime, semilavorati e
prodotti finiti);

stabilire i lotti economici di produzione e i lotti economici di acquisto;

conseguire una buona ripartizione dei carichi di lavoro degli impianti, delle macchine e della
manodopera per ottenere il loro massimo grado di saturazione e quindi di rendimento.
Controllo dei risultati e attuazione degli interventi correttivi
Le attività di controllo dei risultati e di attuazione degli interventi correttivi sostanziano la
regolazione del sistema. Si individuano diversi parametri di controllo:
1.
per la gestione di lungo periodo:
 indici di rotazione degli ordini;
 arretrato ordini inevasi;
 indice di rotazione delle scorte;
 indici di produttività;
 indice di redditività;
2.3 a livello di medio breve termine:
 situazione ordini e centri di lavoro;
 rilevazione costi
 rilevazione scarti.
All’interno delle attività di controllo riveste particolare importanza il controllo dell’avanzamento
della produzione, indispensabile in particolare per informare tempestivamente il servizio
commerciale ai fini del rapporto con il cliente e per tenere conto nella revisione dei piani di ciò
che è stato effettivamente realizzato. Tra le modalità di controllo dell’avanzamento della
produzione ricordiamo:
 nel caso di lavorazioni a ciclo continuo, il controllo giornaliero dell’ultima fase o ance delle
principali fasi intermedie del ciclo;
 le bolle di lavorazione di ciascun centro di lavorazione (o fase di lavorazione) compilate a
consuntivo.
Sistemi e tecniche di controllo della produzione
Il JIT
V. SOSTITUZIONE IMPIANTI TECNOLOGIA
INNOVAZIONE TECNOLOGICA
OTTIMO PER IL CONSUMATORE
V. PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE
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42
OTTIMO DELLA PRODUZIONE
Esaminando nel piano x, y gli isoquanti di produzione e la retta di isocosto si possono
individuare una molteplicità di punti di intersezione che identificano le diverse combinazioni di
fattori produttivi x e y compatibili con la disponibilità complessiva del produttore.
Determinazione del punto di ottimo della produzione
quantità del fattore y
120
100
80
L =L1
60
L = L2
40
L = L3
20
L =L4
retta
isocosto
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del fattore x
I punti al di sopra della retta di isocosto non sono accessibili al produttore. Il livello massimo di
utilità accessibile al consumatore è quello indicato dall’isoquanto tangente alla retta di isocosto.
Le coordinate x e y del punto di tangenza rappresentano il mix di fattori ottimale per il
produttore, cioè la combinazione di fattori produttivi che massimizza la produzione da parte del
produttore compatibilmente con le sue risorse R .
Analiticamente:
Nel piano x, y
Gli isoquanti di produzione rappresentano le sezioni della superficie della funzione di
produzione con un piano L = k (parallelo al piano x, y) al variare del valore della costante k; nel
piano x, y sono descritti, al variare del livello di produzione L, dalla famiglia di curve
y = yL (x)
(1)
La retta di isocosto è rappresentata nel piano x, y dalla retta: y = R / py - px / py . x (2)
dove R rappresenta il livello di spesa che il produttore intende destinare alla propria produzione.
la condizione di tangenza fa sì che il punto di ottimo sia caratterizzato dall’eguaglianza tra la
pendenza della retta di isoscosto (– px / py ) e la tangente all’isoquanto; vale a dire
– px / py = d yL / d x
(3)
ne risulta un sistema di tre equazioni nelle tre incognite x, y, L.
L’equazione (3) può interpretarsi nel senso che il tasso marginale di sostituzione tecnica (cioè
dyL / dx) in quanto rappresenta il rapporto tra variazioni infinitesime delle quantità dei due
fattori calcolato lungo l’isoquanto e, pertanto, con effetto nullo sul livello di produzione per cui
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43
si può parlare di sostituzione) è uguale, in condizioni di ottimo, al rapporto tra i prezzi dei
fattori (a parte il segno).
In altre parole, la condizione di ottimo è pertanto, in base alla (3) quella per cui il tasso
marginale di trasformazione dei fattori è uguale al tasso marginale di sostituzione tecnica.
Nello spazio tridimensionale x, y, L:
la determinazione del punto di ottimo è la soluzione del problema del massimo della funzione di
produzione L = L (x, y) con il vincolo dell’equazione che esprime la retta di isocosto;
utilizzando i moltiplicatori di Lagrange si può passare al problema di massimo senza vincoli
della funzione G(x, y) = L (x, y) +  ( px x + py . y – R ) (abbiamo sommato alla funzione
da massimizzare la forma implicita dell’equazione del vincolo moltiplicata per un fattore
incognito ); ne segue:
 G /  x =  L /  x –  . px
 G /  y =  L /  y –  . py
 G /  = x . px + y . py - R
ovvero:
x . px + y . py - R = 0
 L /  x : px = L /  y : py
E’ immediato notare che le derivate sopra riportate rappresentano il prodotto marginale rispetto
all’impiego di ciascuno dei fattori. In questo linguaggio la condizione di ottimo si può esprimere
dicendo che corrisponde a una situazione nella quale il rapporto tra i prodotti marginali è uguale
al rapporto tra i prezzi dei fattori, cioè in cui l’effetto risultante dalla variazione unitaria di un
fattore rapportato all’effetto di una variazione unitaria dell’altro fattore è uguale al rapporto tra i
prezzi dei fattori stessi. Ne deriva che essendo entrambi uguali al rapporto dei prezzi dei fattori,
sono tra loro uguali il tasso marginale di sostituzione tecnica e il rapporto tra i prodotti
marginali:
d yL / d x
=  L /  x : L /  y
Ripetendo la determinazione del punto di ottimo al variare del livello di spesa R (cioè al variare
della retta di isocosto, ferma rimanendo la sua pendenza) è possibile, ottenere dagli isoquanti di
produzione un legame tra livello di spesa e livello di produzione.
Il legame è espresso dai punti di tangenza in tal modo ottenuti, come mostrato in figura. La
curva descritta nel piano x , y al variare del livello di spesa R è denominata sentiero di
espansione, o eutopica , e rappresenta per ciascun livello di spesa R, la migliore combinazione
dei fattori possibile (il punto sul piano x, y ) e il corrispondente livello massimo di produzione
possibile L (il valore che si legge sulle linee di livello, cioè sugli isoquanti).
Dal punto di vista analitico, se nel sistema di tre equazioni, si considera come incognita anche R
(quindi una quarta incognita rispetto a x, y ed L, allora la soluzione sarà espressa da una
funzione del tipo L = L ( R ) . In altri termini si tratta di risovere l’equazione
 L /  x : px = L /  y : py
Vedi anche COBB DOUGLAS (funzione di)
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Isoquanti di produzione
quantità del bene y
120
L= L1
L = L2
L = L3
L = L4
R = R1
R = R2
R = R3
R = R4
100
80
60
curva spesa produzione
40
20
*
*
*
*
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
Vedi anche: ISOQUANTI DI PRODUZIONE RETTA DI ISOCOSTO EUTOPICA
RENDIMENTO DI SCALA
OUTSOURCING
Scelta di far svolgere certe attività necessarie all’azienda, non da dipendenti dell’azienda stessa,
ma da una ditta esterna; spesso la ditta esterna è il risultato di un’azione di scorporo. Si applica
tipicamente all’organizzazione della produzione e rientra nell’alternativa generale make or buy.
Tipico esempio può essere una lavorazione specialistica: la rettifica dei pistoni presso un’officina
di autoriparazioni non particolarmente attrezzata può essere utilmente commissionata all’esterno.
Tra i parametri di valutazione dell’opportunità dell’outsourcing possiamo ricordare, oltre
ovviamente ai prezzi unitari da sostenere per il servizio esterno:
- la frequenza di quel tipo di prestazione;
- i costi di investimento da sostenere per acquisire l’apparecchiatura necessaria;
- la criticità della lavorazione in discussione rispetto ai prodotti caratterizzanti la nostra
azienda.
Tra i vantaggi del trasferimento della lavorazione all’esterno va considerato quello dell’eventuale
trasformazione di costi fissi in costi variabili ( che è un benefico se non si ha certezza di attività o
comunque volumi incerti) e in generale una prevedibile maggiore efficienza connessa con la
specializzazione produttiva (l’impresa committente non si disperde troppo, l’impresa che riceve
la commessa può specializzarsi nelle lavorazioni che le vengono commissionate)
Effetto sul bilancio. dell’eventuale trasformazione di costi fissi in costi variabili
L’opportunità che un’impresa mantenga il controllo delle proprie “core enabling technologies”.
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45
P
PAGAMENTO
Trasferimento di danaro come elemento di una transazione economica. Tipico il caso di un
acquisto caratterizzato dal trasferimento di un bene e dal trasferimento di una somma che è
l’esborso dell’acquirente e il ricavo del venditore
PAGHERO’
Promessa di pagamento incondizionata assunto dal sottoscrittore di pagare una certa somma, a
una data scadenza in un dato luogo, a un dato soggetto beneficiario 22.
v. CAMBIALE
PANIERE DI BENI
Quando sul mercato sono presenti due o più beni si chiama paniere il mix (quantità del primo e
quantità del secondo bene) scelto da un consumatore come quello che (in conseguenza delle sue
preferenze) massimizza la sua utilità (problema del paniere ottimale del consumatore).
Con lo stesso termine paniere si indica il mix di beni usato come indicatore convenzionale della
dinamica dei prezzi (per il calcolo dell’inflazione);. E’ delicata la scelta del paniere ai fini della
sua effettiva rappresentatività; in alcune situazioni le autorità sono orientate a scegliere un
paniere di beni che mostri una contenuta dinamica dei prezzi, anche a costo di perdere in
rappresentatività. Si parlava un tempo di “ciriolina e sigarette alfa” per indicare due beni,
entrambi di bassa qualità e di basso livello di consumo. I cui prezzi venivano tenuti
artificialmente bassi e soprattutto stabili (tanto nessuno li comprava) in modo che inserendoli nel
paniere convenzionale per il calcolo dell’inflazione questa risultava contenuta.
Vedi INDICI DEL COSTO DELLA VITA.
PANIERE DI OTTIMO DEL CONSUMATORE
Il paniere ottimo di mercato (quello che rende massima l’utilità del consumatore rispettando i
vincoli) o paniere ottimale del consumatore è quello per cui il reddito del consumatore è allocato
per i vari beni in modo che per ogni bene acquistato l’utilità marginale UM del bene stesso è
proporzionale al suo prezzo P:
UM1 / P1 = UM2 / P2 = UMn / Pn ; tenendo conto del significato del prezzo, risulta
equivalente l’affermazione che il consumatore sceglierà un paniere tale che l’utilità marginale
dell’ultima unità monetaria spesa per l’acquisto di ciascun bene sia la stessa al variare del bene.
La dimostrazione di questa affermazione è agevole se si riflette sulle conseguenze di scelte
diverse: supponiamo di avere due soli beni, cibo e medicinali e che l’unità monetaria sia il
dollaro; il consumatore non massimizza la propria utilità se l’utilità marginale dell’ultimo dollaro
speso per l’acquisto di cibo è superiore a quella dell’ultimo dollaro speso per l’acquisto di
22
Il titolo è trasferibile quindi il beneficiario può indicare un altro beneficiario in sua vece.
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46
medicinali: in questo caso è meglio continui a trasferire risorse a favore del cibo. Il ragionamento
può essere ripetuto scambiando fra loro i due beni.
Vedi anche paniere ottimale dalle curve di indifferenza
PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE DALLE CURVE DI INDIFFERENZA
Esaminando nel piano x, y (le quantità dei due beni) le curve di indifferenza e la retta di bilancio
se si adottano una serie di opportune ipotesi:
- il reddito viene ripartito dal consumatore tra i due soli beni e tutto il reddito del consumatore
viene speso per i due beni (non si ha credito23 da parte del produttore né risparmio)
- le quantità dei due beni sono divisibili in unità infinitamente piccole
- il livello di reddito del consumatore non influisce sui suoi gusti
si possono individuare una molteplicità di punti di intersezione che identificano le diverse
Determinazione del paniere del consumatore
quantità del bene y
120
100
80
u = u1
u = u2
u = u3
u =u4
retta bil
60
40
20
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
combinazioni di beni x e y compatibili con la disponibilità complessiva del consumatore.
I punti al di sopra della retta di bilancio non sono accessibili al consumatore. Il livello massimo
di utilità accessibile al consumatore è quello indicato dalla curva di indifferenza tangente alla
retta di bilancio. Le coordinate x e y del punto di tangenza rappresentano il paniere ottimale del
consumatore, cioè la combinazione di beni che massimizza l’utilità del consumatore
compatibilmente con le sue disponibilità I.
Analiticamente:
Nel piano x, y
Importante la precisazione “da parte del produttore” perché la retta di spesa è
tracciata con riferimento al reddito complessivo disponibile (o reddito monetario)
del consumatore che comprende tutte le sue disponibilità, derivanti sia dal reddito
in senso stretto, sia dall’eventuale credito procuratosi per conto proprio.
23
03/06/2017
47
le curve di indifferenza rappresentano le sezioni della superficie dell’utilità con un piano u = k
(parallelo al piano x, y) al variare del valore della costante k; nel piano x, y sono descritte, al
variare del livello di utilità u, dalla famiglia di curve
y = yu (x)
(1)
la retta di bilancio è rappresentata nel piano x, y dalla retta: y = I / py - px / py . y
(2)
la condizione di tangenza fa sì che il punto di ottimo sia caratterizzato dall’eguaglianza tra la
pendenza della retta di bilancio (– px / py ) e la tangente alla curva di indifferenza; vale a dire
– px / py = dyu / dx
(3)
ne risulta un sistema di tre equazioni nelle tre incognite x, y, u.
La condizione di ottimo è pertanto, in base alla (3) quella per cui il tasso marginale di
trasformazione dei beni è uguale al tasso marginale di sostituzione.
Se salgono i prezzi di entrambi i beni, a parità di reddito del consumatore la retta di bilancio
trasla parallela a sè stessa24 sul piano delle curve di indifferenza e quindi il risultato è
esattamente lo stesso di una corrispondente diminuzione di reddito.
Nello spazio tridimensionale x, y, u:
la determinazione del punto di ottimo è la soluzione del problema del massimo della funzione
utilità u = u (x, y) con il vincolo dell’equazione che esprime la retta di bilancio;
utilizzando i moltiplicatori di Lagrange si può passare al problema di massimo senza vincoli
della funzione G (x, y) = u (x, y) +  ( px x + py . y – I ) (abbiamo sommato alla funzione
da massimizzare la forma implicita dell’equazione del vincolo moltiplicata per un fattore
incognito ); ne segue:
 G /  x =  u /  x –  . px
 G /  y =  u /  y –  . py
 G /  = x . px + y . py - I
ovvero:
x . px + y . py - I = 0
 u /  x : px =  u /  y : py
E’ immediato notare che le derivate sopra riportate rappresentano l’utilità marginale rispetto alla
disponibilità di ciascuno dei beni. In questo linguaggio la condizione di ottimo si può esprimere
dicendo che corrisponde a una situazione nella quale il rapporto tra le utilità marginali è uguale
al rapporto tra i prezzi, cioè in cui il rapporto tra l’effetto risultante dalla variazione unitaria della
disponibilità di un bene e l’effetto di una variazione unitaria della disponibilità dell’altro bene è
uguale al rapporto tra i prezzi dei beni stessi:
 u /  x :  u /  y = px : py
Alla stessa conclusione si era arrivati con il ragionamento esposto alla voce PANIERE DI
OTTIMO DEL CONSUMATORE
E’ possibile dimostrare l’equivalenza delle equazioni qui ricavate con quelle ottenute a partire
dalle curve di indifferenza. Infatti:
Basta ricordare che l’intercetta sull’asse delle x e sull’asse delle y sono
rispettivamente I / px e I / py dove I è il livello di reddito del consumatore e p x ,
py sono i prezzi dei due beni.
24
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x . px + y . py - I = 0 non è altro che l’equazione della retta di bilancio;
dalla  u /  x :  u /  y = px : py si ricava dy / dx = - px / py semplicemente osservando
che essendo y = y(x) l’equazione della curva di indifferenza sarà, per definizione, du = 0 lungo
la curva di indifferenza se indichiamo con du il differenziale totale della funzione di utilità;
allora:
du =  u /  x . dx +  u /  y . dy = 0 quindi  u /  x :  u /  y =  dy / dx.
In definitiva, poiché  u /  x :  u /  y = px : py risulterà dy / dx =  px / py formula già
ricavata con l’approccio delle curve di indifferenza.
E’ immediato immaginare come formulare il problema duale nel senso che la determinazione del
punto di ottimo è la soluzione del problema del minimo della funzione che espime la retta di
bilancio con il vincolo della funzione che esprime l’utilità u = u (x, y) .
Anche in questo caso, utilizzando i moltiplicatori di Lagrange si può passare al problema di
minimo senza vincoli della funzione M (x, y) = I (x, y) +  h (x, y, u ) ottenuta sommando
alla funzione da minimizzare I (x, y) la forma implicita dell’equazione del vincolo moltiplicata
per un fattore incognito ); si osservi che h (x, y, u ) = 0 è l’equazione implicita equivalente a
u = u (x, y).
Il procedimento è del tutto equivalente a quello già visto e porta a:
 u /  x :  u /  y = px : py
h (x, y, u ) = 0
Le considerazioni esposte in questa voce vanno anche sotto il nome di “determinazione
dell’equilibrio del consumatore”.
Vedi anche:
CURVE DI INDIFFERENZA RETTA DI BILANCIO PANIERE OTTIMALE DEL
CONSUMATORE
PANIERE CURVA DELLA DOMANDA CURVA REDDITO CONSUMO
CURVA DI ENGEL
PARTECIPAZIONE
Presenza nella proprietà di una società attraverso la detenzione di una quota del capitale sociale.
Se trattasi di società per azioni la presenza si realizza attraverso il possesso di azioni.
PASSIVITA’
Le passività25 sono una componente essenziale dello Stato Patrimoniale di un’azienda che
descrive la provenienza delle risorse di cui questa dispone per destinarle agli impieghi, cioè alle
sue attività.
Le passività sono descritte in un’apposita colonna dello Stato Patrimoniale e comprendono le
passività fisse (o permanenti) e le passività correnti (o a breve), le cui ulteriori suddivisioni sono
esposte alla voce Stato patrimoniale sintetico.
25
In inglese liability.
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49
PASSIVITA’ A BREVE
Sinonimo di debito a breve termine quale risulta tra le passività correnti dello Stato patrimoniale
riclassificato.
PASSIVITA’ FISSE
Sono definite dalla somma del capitale proprio e del passivo consolidato in contrapposizione con
le passività correnti (passività a breve).
PASSIVO CONSOLIDATO
Sinonimo di debito a medio lungo termine quale risulta tra le passività fisse delloStato
patrimoniale riclassificato.
PATRIMONIO
Dal punto di vista giuridico si definisce patrimonio l’insieme dei rapporti giuridici attivi e passivi
relativi a un soggetto economico (i beni che possiede, i crediti che vanta, i debiti che gli altri
vantano nei suoi confronti ecc.). In questo caso insieme è inteso sostanzialmente come somma
algebrica e quindi il risultato che si ottiene è il saldo (o valore netto).
Dal punto di vista economico si definisce patrimonio l’entità dei beni economici di cui l’impresa
dispone, sostanzialmente quindi l’entità dell’attivo dello stato patrimoniale. Va però tenuto
presente che l’impresa ha anche dei vincoli per esempio i debiti ai quali deve far fronte con il
proprio patrimonio.
Enunciate queste definizioni di carattere generale, va però tenuto presente che in contabilità si
usano termini tecnici dal significato ben preciso: uno di questi è patrimonio netto.
PATRIMONIO NETTO
Si definisce in contabilità patrimonio netto le somme, messe a disposizione da parte dei soci
sotto varia forma, che sostanziano l’impresa e ne seguono i destini. Queste risorse sono
denominate capitale proprio in contrapposizione con il capitale di debito costituto dalle risorse
provenienti da prestiti ricevuti da terzi. Sono anche denominate capitale di rischio perché, se
l’impresa perde, il capitale di rischio viene corrispondentemente a ridursi per compensare le
perdite. Se il capitale di rischio scende al disotto di un certo livello l’impresa deve chiudere le
sue attività (liquidazione o fallimento).
Il patrimonio netto è una voce ufficiale dello Stato patrimoniale nel bilancio riclassificato;
rappresenta il valore dei mezzi propri a disposizione dell’impresa ed è composto come segue:
A) Patrimonio netto:
I - Capitale.
II - Riserva da sopraprezzo delle azioni.
III - Riserve di rivalutazione.
IV - Riserva legale.
V - Riserva per azioni proprie in portafoglio.
VI - Riserve statutarie.
VII - Altre riserve, distintamente indicate.
VIII - Utili (perdite) portati a nuovo.
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IX - Utile (perdita) dell' esercizio.
Totale.
L’ordine riflette il livello di disponibilità partendo dalla componente più vincolata che è il
capitale sociale.
Il capitale sociale è il capitale sottoscritto dai soci o dal singolo imprenditore in sede di
costituzione dell’impresa o di aumento di capitale.
Le riserve sono risorse destinate a fronteggiare eventi imprevisti lasciando un margine di scelta
sulla loro destinazione finale.
Gli utili (perdite) portati a nuovo sono quelli relativi agli esercizi precedenti.
L’utile (perdita) dell' esercizio appena concluso, quale risulta dal conto economico.
Va sottolineato che le società di capitale rispondono agli obblighi sociali solo attraverso il
proprio patrimonio, senza che i creditori posano rifarsi sul patrimonio personale dei soci.
PATTO DI SINDACATO
Accordo tra soci nella gestione della società. Vedi MAGGIORANZA
PAY-OUT
Termine del gergo economico internazionale sinonimo di dividendo.
Si usa introdurre un indice, denominato pay-out ratio e definito come il rapporto tra l’entità dei
dividendi distribuiti e il valore degli utili netti d’esercizio.
PERDITA
Risultato negativo della gestione aziendale dato dalla differenza fra ricavi e costi quando lei costi
siano maggiori dei ricavi (cioè quando non c’è profitto, anzi al contrario).
PERIODO (o TERMINE)
Arco temprale considerato nell’analisi dei parametri più significativi di un’impresa.
Con riferimento alla tecnologia:
 breve periodo è l’arco temporale durante il quale alcuni fattori produttivi debbono essere
considerati fissi (per esempio non è possibile cambiare uno stabilimento in un mese);
 medio lungo periodo è l’arco temporale lungo il quale tutti i fattori produttivi possono essere
sensibilmente modificati.
Analoga definizione si adotta con riferimento ai costi:
 sono costi fissi quelli che non possono essere variati nel breve periodo;
 sono costi variabili quelli che possono essere variati durante il breve periodo.
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PLUSVALENZA
In occasione della vendita sostituzione o eliminazione dei beni strumentali, variazione
economica positiva del reddito rappresentata dal maggior valore realizzato rispetto ai loro valori
contabili (o valori di libro). La plusvalenza fa parte della gestione extracaratteristica e va iscritta
a bilancio nel conto economico tra i proventi straordinari.
Si considerano plusvalenze anche gli aumenti di valore registrati per titoli od altri elementi
patrimoniali, in sede di valutazione del capitale a fine esercizio, rispetto ai valori attribuiti in
precedenza.
v. MINUSVALENZA AMMORTAMENTO
POLITICA ECONOMICA
La politica economica rappresenta l’aspetto applicativo dell’economia politica e dell’economia
in genere e si occupa della scelta degli strumenti appropriati per il raggiungimento di dati
obiettivi. Tipico livello di decisione e realizzazione della politica economica è quello degli Stati
o della concertazione fra più Stati. Per esempio il vertice dei Paesi industrializzati (G7 o G8).
L’Italia appartenendo all’Unione Europea vede collocate al livello dell’Unione molte importanti
decisioni di politica economica.
La definizione degli obiettivi (crescita del reddito e dell’occupazione; equilibrio nella bilancia
dei pagamenti; stabilità monetaria) è in genere ampiamente condivisa . Si pone la questione della
loro compatibilità e della scelta degli strumenti da utilizzare per perseguirli.
Gli aspetti tradizionalmente più significativi di politica economica sono:
- la politica monetaria;
- la politica fiscale;
- la politica industriale;
- la politica dei redditi.
Più recentemente hanno assunto rilievo temi di natura sociale quali la politica sanitaria, della
scuola, dell’ambiente, della ricerca. Analogamente hanno assunto evidenza all’interno della
politica industriale le politiche di settore (energia, trasporti, telecomunicazioni, agricoltura ecc.)
e le politiche per fattori di sostegno generico ai diversi settori (il credito, i servizi reali alle
imprese, ecc.).
Quanto agli strumenti per realizzare una politica economica si veda alla voce intervento pubblico
in economia.
PREFERENZE DEL CONSUMATORE
Per costruire una teoria del comportamento razionale del consumatore sono necessarie alcune
ipotesi:
1.
il consumatore posto di fronte a combinazioni alternative di beni (panieri) può decidere
quale paniere preferisce;
2.
le preferenze del consumatore godono della proprietà transitiva; se il bene A è preferito al
bene B e il bene B è preferito al bene C, allora il bene A è preferito al bene C;
3.
se un consumatore deve scegliere fra due quantità dello stesso bene, a parità delle altre
condizioni, sceglie la quantità maggiore.
4.
Vedi anche utilità e reddito monetario
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52
PRELIEVO FISCALE
(Vedi ONERI FISCALI)
Azione dello Stato (nelle sue diverse articolazioni) che chiede ai cittadini di versare somme
(opportunamente definite) per poter svolgere le proprie funzioni. L’espressione prelievo fiscale
ha come riferimento il fisco che riceve mentre l’espressione onere fiscale ha come riferimento il
contribuente che versa.
PRESTITO
Transazione economica in base alla quale un soggetto rende temporaneamente disponibile a terzi
un bene di sua proprietà, a fronte di un corrispettivo da convenire. L’esistenza di un prestito
comporta l’insorgere di un credito di colui che presta e di un debito di colui che riceve.
Tipico è il caso del prestito di una somma in denaro a fronte di una remunerazione convenuta
denominata interesse.
PRESTITO PER LE FAMIGLIE
Il concetto di prestito si applica in particolare alle famiglie per le somme che ricevono in
disponibilità temporanea da altri soggetti economici; a fronte dell’uso temporaneo delle somme
ricevute in prestito le famiglie corrispondono l’interesse convenuto.
PRESTITO PER LE IMPRESE
Reperimento di risorse da utilizzare nell’azienda attraverso la cessione temporanea di una somma
da parte di un terzo; trascorso il periodo concordato, il terzo riceverà indietro la somma e
l’interesse convenuto.
L’interesse va a remunerare la messa a disposizione delle risorse e non va confuso con
l’eventuale ristoro della svalutazione (compensazione dell’inflazione): infatti anche in assenza di
inflazione e quindi anche se la moneta mantiene il proprio valore, colui che presta il denaro
avrebbe potuto impiegarlo in modo alternativo traendone un utile: questo mancato utile è
compensato dall’interesse percepito. Lo stesso concetto si applica nella definizione del tasso di
attualizzazione.
Chi presta il denaro non diventa in alcun modo partecipe dei destini dell’azienda (un prestito non
è capitale di rischio) e comunque vada l’azienda stessa riceve alla scadenza quanto convenuto.
Per completezza va citato il caso limite di un’azienda che vada talmente male da fallire: in questo
caso il creditore rischia di non riavere il proprio denaro indietro o di averne solo una parte; ma
questo è lo stesso destino che in caso di fallimento hanno tutti i creditori (fornitori non pagati,
dipendenti non integralmente remunerati ecc.)
PRESTITO DEL SOCIO
L’impresa che abbia bisogno di prestiti anziché rivolgersi a terzi può chiedere ai soci di mettere a
disposizione le necessarie risorse finanziarie, fermo restando che trattasi di prestito e non di
capitale di rischio.
Vedi OBBLIGAZIONE
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53
PREZZO
Dal punto di vista del consumatore il prezzo di un bene è la quantità di moneta che questi deve
pagare per acquistarne una quantità unitaria (per pezzo, per unità di peso, per unità di volume e
simili)26.
Dal punto di vista del produttore il prezzo di un bene è la quantità di moneta che si aspetta di
ricevere (in questo senso si parla di prezzo progettato o prezzo auspicato dal produttore) per
cedere una quantità unitaria del bene stesso.
Si usa dire che il prezzo è il costo unitario; l’espressione è inesatta perché il termine costo si
riferisce più propriamente al soggetto produttore (e alla fase di produzione). Il produttore metterà
il bene sul mercato a un prezzo da lui deciso che dipenderà dal costo unitario di produzione, ma
auspicabilmente per lui, sarà in condizioni normali superiore e comunque concettualmente
distinto.
La dizione più corretta potrebbe essere: dal punto di vista del consumatore esborso unitario; dal
punto di vista del produttore ricavo unitario.
Il prezzo che un consumatore è disponibile a pagare dipende non solo dall’unità di misura della
quantità venduta27, ma anche dalla quantità totale acquistata. E’ esperienza comune che chi
compra “all’ingrosso” spende meno di chi compra al minuto e più in generale che chi compra
grosse quantità riceve uno sconto (cioè una riduzione di prezzo). Questo fenomeno è descritto
dalla curva della domanda.
Analogamente il produttore è disponibile a mettere sul mercato un bene a prezzi diversi a
seconda della quantità richiestagli. Questo fenomeno è descritto dalla curva dell'offerta.
V. anche TARIFFA
PREZZO DI EQUILIBRIO DOMANDA OFFERTA
Rappresentando nello stesso piano q, p la curva della domanda di un bene e la curva dell’offerta
dello stesso bene, il punto di intersezione tra le due curve rappresenta il valore del prezzo per il
quale la quantità domandata e la quantità offerta coincidono, determinando quindi un equilibrio
Equilibrio domanda offerta
prezzo
14
12
Offerta
Penuria
10
Eccedenza
8
6
4
2
Domanda
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
quantità offerta o domandata
26
In casi particolari il prezzo può apparire indipendente dalla quantità acquistata, per esempio nel caso
dei ristoranti dove si può ordinare tutto quello che si riesce a mangiare. In realtà anche in questo caso il
prezzo è riferito alla quantità che una persona riesce a mangiare in un solo pasto.
E’ evidente che il prezzo al quintale è espresso da un numero diverso da quello che esprime il prezzo al
chilogrammo.
27
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54
del mercato (non c’è né eccedenza né penuria di quel bene).
Si ha invece eccedenza (eccesso di offerta) nella regione del piano al di sopra del punto di
equilibrio e penuria (eccesso di domanda) nella regione al di sotto.
S può descrivere schematicamente come si raggiunge il prezzo di equilibrio:
-
in situazione di eccesso di offerta i produttori si fanno concorrenza e spingono i prezzi verso
il basso, fino a raggiungere l’equilibrio;
in condizione di eccesso di domanda i consumatori entrano in competizione e spingono il
prezzo verso l’alto fino a raggiungere l’equilibrio .
L’equilibrio è denominato di breve periodo se si danno per fisse sia la curva della domanda sia la
curva dell’offerta. Nell’ipotesi che la curva di domanda sia più velocemente mutevole di quella
dell’offerta, si usa, con una certa approssimazione, dire che l’equilibrio di breve periodo dipende
solo dalla domanda.
Se si sposta la curva della domanda (per esempio perché cambiano i gusti del consumatore) si
sposta di conseguenza il punto di equilibrio
1.2.7. a
Effetto sul prezzo, dello spostamento della curva di
domanda
14
12
Offerta
prezzo
10
8
PM
6
Domanda modificata
PO
4
2
Domanda originaria
0
1
3
5
7
9
11
13
15
17
quantità offerta o domandata
Essendo aumentata la domanda, il livello di prezzo originario P O dà luogo a una penuria di
prodotto che innesca la tendenza ad un aumento del prezzo da parte dei produttori fino a che si
raggiunge il nuovo prezzo di equilibrio indicato dal punto P M.
Analogamente, se si sposta la curva dell’offerta si sposta anche il punto di equilibrio. 1.2.7. b
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55
prezzo
Effetto sul prezzo dello spostamento della curva di offerta
16
14
12
10
8
6
4
2
0
Offerta modificata
Offerta originaria
PM
PO
Domanda
1
3
5
7
9
11
13
15
17
quantità offerta o domandata
Essendo aumentata l’offerta, il livello di prezzo originario P O dà luogo a un’eccedenza di
prodotto che innesca la tendenza ad una diminuzione del prezzo da parte dei produttori fino a che
si raggiunge il nuovo prezzo di equilibrio indicato dal punto PM .
Nell’ipotesi che nel lungo periodo si possa modificare l’offerta, si usa dire che l’equilibrio di
lungo periodo dipende dall’offerta.
S distinguono tre tipi di equilibrio
-
equilibrio asintoticamente stabile
equilibrio neutralmente stabile
equilibrio instabile
Assumiamo che sia la quantità domandata sia la quantità offerta dipendano linearmente dal
prezzo.
Y = quantità offerta = O (P)
Px : prezzo al quale corrisponde l’offerta Y
Py : prezzo al quale viene domandata la quantità Y
Py
Y
Px
O
D
Y = Oo + A . Px
Py = Pyo  B. Y
03/06/2017
56
Noto Px (il prezzo al quale corrisponde l’offerta Y) si può determinare la quantità offerta Y
dalla quale a sua volta si determina il prezzo Py al quale viene domandata detta quantità Y
d Y = A . d Px
d P y =  B . d Y = - A . B . d Px
|A.B| < 1 la perturbazione iniziale tende ad essere annullata: il sistema è stabile
|A.B| = 1 il sistema oscilla intorno al prezzo di equilibrio
|A.B| > 1 il sistema tende ad allontanarsi dalla posizione di equilibrio
La condizione può essere espressa attraverso le elasticità o e d dell’offerta e della domanda
rispettivamente:
o = d Y / d P x . P x / Y = A . P x / Y
d =  d Y / d P y . P y / Y
poiché all’equilibrio Px = Py
03/06/2017
= 1 / B . Py / Y
ne segue
A.B = o / d
57
Analoghe considerazioni possono essere svolte per via grafica
quantità
1
D
O
prezzo
Quando le due curve formano angoli uguali con la parallela all’asse x l’equilibrio è neutralmente
stabile.
O
quantità
2
1
D
prezzo
Quando la curva della domanda forma con la parallela all’asse delle x un angolo maggiore di
quello formato dalla curva dell’offerta l’equilibrio è asintoticamente stabile. Ciò significa che
una data variazione di prezzo modifica più sensibilmente la domanda che l’offerta: c’è una scarsa
affezione all’acquisto e il sistema converge.
O
quantità
2
1
D
prezzo
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Quando la curva della domanda forma con la parallela all’asse delle x un angolo minore di
quello formato dalla curva dell’offerta l’equilibrio è instabile. Ciò significa che una data
variazione di prezzo modifica meno sensibilmente la domanda che l’offerta: c’è una notevole
affezione all’acquisto e il sistema diverge.
Le considerazioni sopra esposte per un singolo consumatore e un singolo produttore sono
facilmente generalizzabili al caso di una molteplicità di consumatori e una molteplicità di
produttori. Si usa il termine domanda aggregata e produzione aggregata. Anche in questo caso
1 è quella in cui tutta la quantità prodotta è anche
l’unica condizione di equilibrio possibile
consumata. Se la produzione fosse eccedentaria le aziende accumulerebbero scorte e non
massimizzerebbero il profitto.
Il punto di equilibrio è individuato dall’intersezione fra le curve della domanda e quella
dell’offerta Se il prezzo fosse superiore a quello dell’intersezione le aziende tenderebbero altresì
a praticare un prezzo più basso pur di vendere tutta la produzione. Se il prezzo fosse inferiore, la
quantità offerta sarebbe inferiore a quella domandata ed entrerebbe in funzione il processo di
competizione tra consumatori che per massimizzare la propria utilità tenderebbero ad acquistare
a prezzi più alti spingendo il prezzo verso il valore dell’intersezione.
PREZZO DI MERCATO
1.2.6
Quanto i compratori sono disposti a pagare in un determinato momento e quindi quanto i
venditori accettano di ricevere, se la vendita ha effettivamente luogo (in altre parole è il prezzo
delle transazioni che avvengono sul libero mercato). In condizioni normali (cioè a parte i
transitori) il prezzo di mercato coincide con il prezzo effettivo.
PREZZO EFFETTIVO
1.2.6
Il prezzo effettivo è il prezzo al quale una transazione è effettivamente compiuta. Il prezzo
effettivo tende a quello di equilibrio. Infatti, se il prezzo fosse artificialmente tenuto tropo alto,
l’eccesso di offerta determinerebbe tendenze al ribasso del prezzo; al contrario, se il prezzo fosse
artificialmente tenuto basso, l’eccesso di offerta determinerebbe tendenze al rialzo del prezzo.
L’aggiustamento del prezzo effettivo a quello d’equilibrio non è istantaneo, in quanto dipende
dalla dinamica del mercato (in particolare dal volume degli scambi). A volte il prezzo effettivo
non riesce ad eguagliare quello di equilibrio perché quest’ultimo cambia durante
l’aggiustamento.
Particolare è l’uso del termine prezzo effettivo nel mercato borsistico: è il prezzo a cui
effettivamente avviene la transazione, distinguendo rispetto al prezzo richiesto (o offerto).
PREZZO MASSIMO IMPOSTO
1.2.8. b
In condizioni particolari l’autorità politica può intervenire a fissare un prezzo massimo per
difendere esigenze del consumatore; è questo il caso del cosiddetto equo canone imposto sul
mercato degli affitti.
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Prezzo massimo imposto
14
12
10
prezzo
Offerta
8
6
4
prezzo massimo
2
quantità
offerta
0
1
Domand
a
quantità
domandata
3
5
7
9
11
13
15
17
quantità offerta o domandata
Perché sia efficace il prezzo massimo deve ovviamente essere inferiore al prezzo di equilibrio.
La fissazione di un prezzo massimo determina una scarsità di offerta sul mercato (la quantità
offerta è inferiore alla quantità domandata); nell’esempio, si ha una penuria di alloggi disponibili
per l’affitto.
L’autorità politica può correggere lo squilibrio facilitando la disponibilità di alloggi o attraverso
l’agevolazione alla costruzione di nuove abitazioni (per esempio costruendo nuovi edifici con
fondi pubblici, o abbattendo l’IVA sulle costruzioni, o mettendo a disposizione mutui agevolati
per chi voglia costruire nuove case), o attraverso agevolazioni che favoriscano la disponibilità
per l’affitto di alloggi esistenti (per esempio aumentando le imposte a chi abbia una casa sfitta, o
riducendo l’imposta sul reddito derivante dall’affitto).
PREZZO MINIMO IMPOSTO
1.2.8. a
In condizioni particolari l’autorità politica può intervenire a fissare un prezzo minimo per
difendere esigenze del produttore delle quali il mercato non terrebbe conto automaticamente; è
questo il caso dei prezzi agricoli.
Prezzo minimo imposto
14
12
10
prezzo
Offerta
8
prezzo minimo
6
4
2
0
Domanda
quantità
offerta
1
quantità
domandata
3
5
7
9
11
13
15
17
quantità offerta o domandata
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60
Perché sia efficace, il prezzo minimo deve ovviamente essere superiore al prezzo di equilibrio.
La fissazione di un prezzo minimo determina un’eccedenza di offerta sul mercato (la quantità
offerta è superiore alla quantità domandata); nell’esempio, si hanno derrate alimentari che il
mercato non ritira.
L’autorità politica può correggere lo squilibrio ritirando i prodotti in eccedenza, per esempio per
farne oggetto di dono (eventualmente previa trasformazione) a paesi che soffrono di carenze
alimentari. Debbono comunque essere quelli pubblici interventi che ritirano il bene dal mercato,
altrimenti il prezzo crolla di nuovo. Altro meccanismo per contenere le eccedenze, sempre nel
caso di prezzi minimi imposti, è quello di fissare quote massime di produzione per ciascun
produttore (come nel caso delle quote latte). E’ evidente che tutti questi meccanismi possono dar
luogo ad abusi: la terapia vera è remunerare i produttori, in questo caso i contadini, sulla base di
una valorizzazione dell’apporto economico e/o sociale da essi dato (per esempio la difesa del
territorio, l’agriturismo, la protezione dell’ambiente) attraverso forme simili alla
internalizzazione delle diseconomie esterne (v. ESTERNALITA’)
PRICE CAP
Metodo di determinazione dei prezzi (o più precisamente delle tariffe) che ha l’obiettivo di
mettere un “cappello” (cioè un limite) sulla testa dei prezzi. Non sarebbe necessario un
meccanismo di questo tipo se fosse operante un mercato di vera libera concorrenza
(liberalizzazione completata). Il meccanismo consente alle public utility , cioè all’esercente un
servizio pubblico di aumentare le tariffe in correlazione con l’inflazione sui beni di consumo, ma
dedotta una quota di aumento minimo della produttività fissata dall’autorità pubblica
competente.
Dall’adozione del meccanismo del price cap ci si attendono due benefici: aumento delle tariffe
meno dell’inflazione e quindi rallentamento della stessa; stimolo alle imprese perché aumentino
la produttività più del minimo richiesto. Perché il metodo sia efficace occorrono alcune
condizioni: vanno imposti e controllati standard minimi garantiti di qualità del servizio prestato
altrimenti i prezzi sono frenati, ma a scapito della qualità; vanno posti limiti alla situazione di
bilancio altrimenti, specie se siamo di fronte ad operatori pubblici, le inefficienze sono coperte
dall’erogazione di risorse da parte dell’azionista pubblico.
PRINCIPI CONTABILI
v. CONTABILITA’
PRIVATIZZAZIONE
Cessione a privati di quote azionarie (totali o parziali, di maggioranza o meno) di società
possedute da soggetti pubblici in particolare quelle operanti nel settore dei servizi pubblici. Da
non confondere con liberalizzazione che è invece l’apertura dei mercati, in particolare nei servizi
pubblici per consentire la libera concorrenza.
La privatizzazione si pone in linea di principio tre classi di obiettivi:
 fare cassa per il bilancio dello Stato tipicamente allo scopo di ridurre il debito pubblico;
in Italia una legge vincola a tale obiettivo i proventi delle privatizzazioni;
 aumentare l’efficienza nella convinzione che l’operatore privato in quanto determinato a
fare profitto organizzi i fattori della produzione in modo più efficace e con minori
vincoli (normative sugli approvvigionamenti, rapporti sindacali);
 dinamicizzare ed espandere il mercato attraverso la presenza di più operatori che lo
promuovono.
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61
Sul piano più strettamente politico le privatizzazioni si pongono inoltre l’obiettivo di sottrarre
segmenti di potere alla sfera di decisione di soggetti più o meno istituzionali e più o meno di
natura partitica.
Sarebbe errata una privatizzazione “in blocco” non preceduta da liberalizzazione che si
risolvesse in una trasformazione di un preesistente monopolio pubblico in un monopolio privato.
L’ingresso dei privati nelle aziende operanti nei servizi pubblici da privatizzare ouò avvenire in
particolare in due modi: la cessione ai privati di una parte del pacchetto azionario
Nell’attuale fase di privatizzazione, lo Stato all’atto della vendita ai privati può decidere di
riservarsi la golden share, cioè particolari poteri assegnati alle azioni che restano di proprietà
dello Stato.
Attualità
Alla data del 30 maggio 2002 le più importanti residue presenze dello Stato sono:
Comparto produttivo
Energia
ENEL
ENI
Gestore Rete di Trasmissione Nazionale
Società Gestione Impianti Nucleari
Trasporti
Alitalia
Ferrovie dello Stato
ENAV
Industria e servizi
Finmeccanica
Poste
Ente Tabacchi Italiani
Telecom
Presenza (%)
67,25
30,33
100
100
53,01
100
100
32,4
100
3,24
PROCEDURE CONTABILI
v. CONTABILITA’
PROCESSI E FLUSSI PRODUTTIVI
Produzione a commessa e produzione e magazzino
Nell’ambito dell’organizzazione della produzione si distinguono due principali categorie di
processi produttivi: produzione su commessa e produzione a magazzino (a flusso continuo e a
lotti ricorrenti).
Un’azienda produce a magazzino quando fabbrica prodotti a catalogo che vengono
immagazzinati prima della vendita. Si tratta quindi di produzioni di serie, per le quali le
specifiche dei prodotti sono predefinite e ben note; in questo tipo di produzioni il magazzino ha
funzioni di polmone (in inglese “buffer”) intermedio tra le quantità di prodotto che escono dalla
fabbrica e il mercato.
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Un’azienda produce su commessa quando le specifiche dei prodotti sono conosciute solo al
momento dell’ordine e, quindi si mette in fabbricazione il prodotto solo su specifica richiesta del
cliente.
Sono frequenti situazioni intermedie come la produzione di componenti standard per magazzini
intermedi accoppiata con il montaggio del prodotti finito i n base agli ordini dei clienti: uno
stesso stabilimento può lavorare simultaneamente a magazzino e a commessa per qualche cliente
particolare. La dimensione dell’impresa non è determinante nell’orientare la produzione verso
una delle due modalità.
Un caso limite teorico è quello di un catalogo con un numero infinito di modelli: è evidente che
in quest’ipotesi limite la produzione a magazzino e la produzione su commessa sono
indistinguibili perché qualsiasi cliente troverebbe il prodotto corrispondente alle proprie
aspettative. La produzione di massa tende per alcuni versi a questo caso limite nel senso che la
flessibilizzazione della produzione e il numero delle opzioni previste rende possibile mettere a
disposizione “quasi esattamente” il prodotto specifico desiderato dal cliente (per alcuni versi
l’automobile28 e l’abbigliamento si avvicinano a questa condizione).
Schemi di flussi produttivi
Un qualunque processo produttivo può essere schematizzato secondo un diagramma di flusso (o
schema del procedimenti di fabbricazione) che interconnette un insieme di magazzini per il
tramite di operazioni di trasformazione.
Le più significative caratteristiche delle diverse tipologie produttive sono:

grado di specializzazione delle risorse e dei prodotti (dalle altissime specializzazioni nelle
grandi serie per linee monoprodotto, alla polivalenza per la produzione su commessa);

volumi produttivi e ritmi 29 produttivi:
 alti volumi e alti ritmi: per produzione di serie (o di massa);
 alti-medi volumi e bassi ritmi: per serie (o a lotti);
 bassi volumi e bassi ritmi: per piccole serie e/o su commessa;

coerenza e sincronismo produttivo (coerenza quantitativa e temporale fra le varie fasi di
trasformazione: quantità per lotti fra loro congruenti, uguale frequenza e fasatura temporale,
cioè processi bilanciati).
Possono distinguersi tre tipi di strutture di processi produttivi cui conseguono modalità di
organizzazione e dislocazione (disposizione planimetrica, in inglese “lay-out”) degli impianti e
delle macchine:
a.
Produzione per linea
più stazioni di lavoro in serie con ritmi simili e con scorte interoperazionali molto basse; in
genere si tratta di linee monoprodotto, con stazioni di lavoro specializzare e dedicate, per lo
svolgimento di pochissime operazioni 30;
Nel caso dell’auto l’approccio con il cliente si basa sulla numerosità dei
modelli e sulla varietà degli “optional” offerti; ma la soluzione tecnica base è
quella di avere dei componenti standard predisposti dei quali per il singolo
cliente si personalizzata si realizza solo l’assemblaggio. Se si considera che la
produzione di ogni esemplare è avviata solo dopo l’ordine da parte del futuro
cliente si può affermare che la produzione dell’automobile è ora per commessa.
28
29
I ritmi produttivi sono detti anche cadenze produttive.
30
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63
1
2
b.
Produzione funzionale
diversi reparti di lavorazione
c.
Produzione per gruppi di tecnologia
organizzazione di tipo funzionale, ma con
3
La tabella seguente ricapitola le caratteristiche delle diverse soluzioni fin qui descritte:
Tipo
Caratteristiche
Prodotto
Frequenza
Sistema a linea
Sistema funzionale
Monoprodotto
Elevata
Multiprodotto
Bassa
Famiglie
Media
Coerenza
(quantità /tempi)
Monofase
bilanciata
Plurifase
sbilanciata
Saturazione
Elevata
Buona
Tendenzialmente
monofase e
bilanciata
Media
Livello scorte
Sistema di
movimentazione
Sistemi di
programmazione e
controllo
Bassissimo
Elevato
Medio
Semplice
Complesso
Semplice
Semplice ma rigido Complesso
Gruppi
Prestazioni
Maggiore / minore
flessibilità
Redditività
investimenti
e costi
Facilità lay-out
Maggiore/minore
Semplice ma rigido complessità
MAGAZZINO
PRODOTTO
Il risultato dell’attività dell’impresa; può essere un bene o un servizio ed è ottenuto
trasformando, attraverso opportuni processi produttivi, le risorse impiegate (fattori produttivi). Si
dice livello di produzione la quantità di prodotto generato in una data unità di tempo.
PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL) PRODOTTO LORDO
Concetto base è quello di risultato dell’attività economica di un Paese: indica il valore
dell’insieme di beni e servizi prodotti sul territorio nazionale in un determinato periodo di tempo.
Per evitare di contare più volte il valore dello stesso bene lungo la catena di produzione si deve
far riferimento al concetto di valore aggiunto, cioè alla ricchezza creata durante ciascuna fase.
Ciò premesso consideriamo:
Processo produttivo
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Magazzino interoperazionale
con giacenza minima
64
PRODOTTO LORDO o VALORE AGGIUNTO: è, in un dato periodo, la differenza fra il valore
della produzione di beni e servizi conseguita dalle singole branche produttive e il valore dei beni
e servizi intermedi consumati dalle stesse branche nel periodo considerato. Può essere calcolato
al costo dei fattori produttivi o ai prezzi di mercato. Nel caso sia calcolato al costo dei fattori
corrisponde alla somma delle retribuzioni dei fattori produttivi e degli ammortamenti.
PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL): fa riferimento alla ricchezza prodotta sul territorio
nazionale a prescindere dalla nazionalità dei produttori. Si ottiene sommando al prodotto lordo
calcolato ai prezzi di mercato il valore delle imposte indirette sulle importazioni.
Come tutte le grandezze economiche misurate in termini monetari, anche il PRODOTTO
LORDO e il PRODOTTO INTERNO LORDO sono soggetti all'effetto dell’inflazione che ne
gonfia il valore come risultato della perdita di valore della moneta: per un confronto più
realistico tra valori dl PIL di due anni diversi si debbono rappresentare i valori rapportati ai
prezzi di un anno di riferimento comune.
PRODOTTO MARGINALE DEI FATTORI
Il prodotto marginale di un fattore indica la variazione del livello di produzione derivante da una
variazione unitaria della quantità di fattore impiegato. Tale grandezza è una delle modalità di
rappresentazione del livello tecnologico di un sistema economico.
Nel caso dell’impiego di un solo fattore, indicando con L il livello di produzione e con x la
quantità di fattore impiegato, il prodotto marginale è dato dalla derivata dL/dx. Nel caso
dell’impiego di due fattori, indicando con y la quantità del secondo fattore impiegato, i prodotti
marginali dei fattori sono dati dalle derivate parziali  L /  x e L /  y. Si ricorda che la
condizione  L /  x : px = L /  y : py indica il punto di impiego ottimale dei fattori.
Due altre grandezze sono legate al prodotto marginale:
- il coefficiente tecnico di produzione che ne rappresenta sostanzialmente31 l’inverso ( nel
caso di un solo fattore uLx = dx /dL);
- il fattore di scala che esprime una sorta di prodotto marginale in termini percentuali.
Il termine produttività è una generalizzazione del concetto di prodotto marginale dei fattori.
PRODUTTIVITA’
La produttività o efficienza produttiva è una misura del rendimento nell’attività di produzione
quindi quantità (o valore) del prodotto per unità di risorse impiegate; ad esempio produttività del
capitale impiegato in un’azienda o produttività della mano d’opera. E’ evidente che per abbattere
i costi si cerca di massimizzare la produttività. Da non confondere la produttività con il volume
di produzione (o livello di produzione) cioè la con quantità di prodotto realizzato (è una quantità
assoluta e non relativa e non tiene conto dell’entità delle risorse necessarie per ottenerla).
Una delle leggi base dell’economia è la legge della produttività marginale decrescente in base
alla quale il prodotto che si ricava da una data combinazione produttiva, quando si aumenta oltre
un certo limite l’impiego di un fattore, tenendo costanti le quantità degli altri fattori, è meno che
proporzionale all’aumentare del fattore variabile.
Per la precisione, si parla di produttività media (o semplicemente di produttività) quando si fa
riferimento al rapporto L/x e di prodotto marginale quando si fa riferimento alla derivata dL/dx.
31
Non è esattamente l’inverso in quanto fa riferimento ai valori medi e non ai valori marginali
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65
Il concetto di produttività è una generalizzazione del concetto analitico di prodotto marginale dei
fattori.
PRODUTTORE
Operatore economico (persona o impresa) che assicura la produzione di beni da collocare sul
mercato del quale rappresenta il lato offerta. I beni possono essere sia beni finali destinati al
consumo sia beni intermedi destinati ad un’altra produzione.
Obiettivo del produttore è massimizzare il proprio profitto
PRODUZIONE
Attività economica mirata alla realizzazione finalizzata al consumo proprio - e/o alla vendita - di
beni finali destinati al consumo o beni intermedi destinati ad un’altra produzione. L’entità della
produzione determina l’entità dell’offerta disponibile.
L’obiettivo di produrre una certa quantità di prodotto finito da collocare sul mercato è
condizionato da vincoli quali i fattori della produzione e i loro prezzi e in particolare la
tecnologia (cioè l’efficienza e l’efficacia delle attrezzature e delle conoscenze disponibili per
l’attività produttiva). Tali vincoli si riflettono sulla fattibilità e sui costi e quindi sull’efficacia e
sull’efficienza della produzione.
Non dimentichiamo comunque che obiettivo del produttore è quello di massimizzare il proprio
profitto.
L’impresa è la struttura attraverso la quale il produttore realizza la propria attività. Come tutte le
funzioni svolte dall’impresa, anche la produzione richiede un’adeguata organizzazione per essere
svolta in maniera efficiente.
Si distingue tra la produzione di un singolo produttore e la produzione di un sistema economico
che è la somma delle produzioni realizzate dai singoli soggetti che compongono il sistema
economico.
V. FUNZIONE DI PRODUZIONE ISOQUANTI DI PRODUZIONE
VOLUME DI PRODUZIONE PRODUTTIVITA’ CAPACITA’ PRODUTTIVA
PROFITTO
Risultato economico di un’attività imprenditoriale dato dalla differenza fra i ricavi e i costi.. Solo
se i ricavi sono maggiori dei costi il profitto è positivo, altrimenti siamo in presenza di una
perdita. Con riferimento all’impresa profitto è sinonimo di utile.
Massimizzare il proprio profitto è l’obiettivo del produttore e, più in generale, dell’impresa.
Si usa sottolineare due caratteristiche del profitto:
-
è residuale cioè consiste in quanto resta dai ricavi dopo aver fatto fronte ai costi;
-
è non negoziabile, cioè non si può predeterminare a priori in quanto dipende dall’andamento
dell’impresa.
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66
PROFITTO MASSIMO
Nel confronto tra costi e ricavi al variare del volume di produzione (q : quantità di beni prodotti),
si ha il profitto massimo quando è massima la differenza (auspicata positiva) tra ricavi totali
R (q) e costi totali C (q) ; la corrispondente quantità prodotta è chiamata volume ottimale di
produzione. Per definizione, in corrispondenza del punto P M l’utile è massimo.
Dall’esempio in figura, PM è il punto (compreso tra i due punti di pareggio PB e PL) dove è
massima la distanza fra le due curve.
Analiticamente, massimo profitto implica d (R – C) / d q = 0 ovvero
d R/ d q = d C / d q
(1)
conseguentemente la condizione di massimo profitto si può enunciare Rm = Cm dove Rm è il
ricavo marginale mentre Cm è il costo marginale e rappresenta la pendenza della tangente in P M
alla curva dei costi.
Introducendo il prezzo di vendita p si ha R = p q e l’equazione (1) diventa
Rm = d (p q) / d q = Cm

(2)
se p è costante rispetto a q, i ricavi sono espressi da una retta, d (p q) / d q = p e
l’equazione (2) diventa p = Cm ovvero la tangente alla curva dei costi nel punto di
massimo profitto risulta parallela alla retta dei ricavi e la sua pendenza è uguale al prezzo;
Costi o ricavi
Punto di massimo profitto
350
PL
300
Ricavi con prezzo costante
PM
250
200
PB
150
Costi
100
50
0
1
3
5
7
9
11
13
15
17
quantità prodotta
03/06/2017
67

se invece p non è costante rispetto a q allora d (p q) / d q = p + q . d p / d q e
l’equazione (2) diventa p + q . d p / d q = Cm ; in questo caso la tangente alla curva dei
costi nel punto di massimo profitto risulta parallela alla tangente alla curva dei ricavi.
Punto di massimo profitto
350
Costi o ricavi
Costi
300
250
200
PM
150
100
Ricavi con prezzo
variabile
50
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
quantità prodotta
Introducendo l’elasticità della domanda32 rispetto al prezzo (d) si ha
Cm = p (1  1 / d). Se dp /dq = 0 allora d =  quindi Cm = p .
Al di là del punto di massimo profitto il costo marginale è superiore al ricavo marginale; ogni
ulteriore unità di produzione prodotta dà pertanto un contributo negativo all’utile. Quando si
arriva al secondo punto di pareggio, l’utile generato dalla quantità q M è interamente azzerato
dalle perdite generate dalle unità successive prodotte.
Va sottolineato che quanto sopra vale se nell’intervallo di quantità preso in esame tutta la
produzione offerta è ritirata dal mercato. Altrimenti va esaminata la struttura del mercato.
PROGETTI DI INVESTIMENTO
V. VALUTAZIONE PROGETTI DI INVESTIMENTO
PROGRAMMAZIONE DELLE ATTIVITA’ DI UN’IMPRESA
Un programma è una sequenza definizione di obiettivi e assunzione di decisioni (in particolare
Obiettivi
Decisioni
Eventi
La spiegazione dettagliata del perché si debba far riferimento all’elasticità della curva di domanda e
non all’elasticità della curva di offerta è data alle voci ESBORSO DEL CONSUMATORE e
INCASSO DEL PRODUTTORE.
32
03/06/2017
68
decisione di allocazione di risorse) in un’articolazione temporale e gerarchica.
I programmi (o piani) vengono tradizionalmente detti:

a lungo termine (o strategici) se l’orizzonte temporale è compreso fra 5 e 10 anni: si
propongono di definire le linee di azione atte a sviluppare le risorse dell’impresa per
soddisfare le future necessità tenendo conto delle esigenze (vincoli/opportunità) che
scaturiscono dalla visione prospettica dell’ambiente esterno in orizzonti temporali lunghi;

a medio termine (o tattici) se l’orizzonte è compreso fra 2 e 4 anni,

a breve termine se l’orizzonte è entro l’anno solare;

programmi operativi per orizzonti temporali al di sotto dell’anno.
Più un programma si spinge in là nel tempo più sono incerte le previsioni del comportamento
dell’impresa e dell’ambiente esterno.
La necessità di un continuo riaggiustamento degli obiettivi di più lato livello in relazione al
grado di raggiungimento di quelli di livello più basso, fa sì che il modello di decisione / controllo
proprio di un’impresa preveda un meccanismo di retroazione (feed-back) in cui le informazioni
sul funzionamento ritornano indietro ai livelli direttivi diventando un elementi di partenza per il
successivo ciclo del processo interattivo - decisionale globalmente considerato.
PROJECT MANAGEMENT
Aaaa
V. ORGANIZZAZIONE IMPRESA
PROPENSIONE AL CONSUMO
Nota la curva che lega la quantità domandata di un bene x al livello di reddito I , la propensione
marginale al consumo è la derivata dx / dI.
Dalla stessa curva x = x(I) si ricava la propensione media al consumo definita semplicemente
come il rapporto x/I tra il valore del consumo e il valore del reddito.
Dalla I = S + C cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I , si
deduce che:
- la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è
uguale all’unità;
- la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al
consumo è uguale all’unità.
PROPENSIONE AL RISPARMIO
Nota la curva che lega il risparmio S al reddito I, si indica con propensione marginale al
risparmio la derivata del risparmio rispetto al reddito dS / dI
Dalla stessa curva S = S(I) si ricava la propensione media al risparmio definita semplicemente
come il rapporto S/I tra il valore del risparmio e il valore del reddito.
Dalla I = S + C cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I , si
deduce che:
03/06/2017
69
-
la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è
uguale all’unità;
la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al
consumo è uguale all’unità.
PROPRIETA’
Il nuovo ruolo della proprietà privata. Era sinonimo di capitalismo e di libertà: ora non più.
Alcune controversie superate: la proprietà è un furto; lo stesso termine proprietario. La “roba” di
Verga.
Nell’economia in rete tra produttori non si stipulano più solo semplici transazioni per il
trasferimento della proprietà, ma contratti per la prestazione di servizi e sempre più spesso
accordi strategici per mettere in comune risorse.
Negoziato l’accesso piuttosto che scambiata la proprietà.
Anche questa mutazione è conseguenza dell’elevata dinamica: il possesso è elemento
condizionante la flessibilità.
Prezzo d’acquisto diventa tariffa, abbonamento, tassa d’iscrizione. La domanda che resta?
Il famoso dilemma di Fromm e la sua versione attuale.
RETE
COMPLETARE
PROPRIETA’ INTELLETTUALE
Diritti di proprietà intellettuale
Intellectual Property Right
Brevetti
Si pone una controversa questione sulla possibilità di dichiarare proprietà intellettuale il
patrimonio genetico della Terra (e quindi di restringere l’accesso di terzi): a favore della
protezione milita l’utilità che soggetti privati investano per decodificare e interpretare il
patrimonio genetico di un vegetale o di un animale, sull’altro fonte militano considerazioni non
solo di equità, ma anche di fruibilità delle conoscenze acquisite in merito. La non brevettabilità
delle conoscenze sul patrimonio genetico è uno dei cavalli di battaglia degli avversari della
globalizzazione.
PROVENTI FINANZIARI
In presenza di un rapporto debito – credito, i proventi finanziari sono gli importi che l’azienda
riceve da chi detiene in prestito una somma di danaro di proprietà dell’azienda a titolo di
interesse (interesse attivo per l’azienda). Il provento finanziario costituisce la remunerazione del
servizio prestato (in altre parole si può parlare del ricavo derivante dall’aver messo a
03/06/2017
70
disposizione il bene denaro, come se fosse l’equivalente di un canone di affitto percepito per
aver messo a disposizione un bene strumentale).
Il concetto simmetrico è quello di onere finanziario, che corrisponde a interessi passivi per
l’azienda.
In considerazione del fatto che gli interessi creditori praticati da una banca all’azienda sono
inferiori33 agli interessi debitori (sempre praticati dalla banca all’azienda) conviene, soprattutto
in presenza di debiti, contenere per quanto possibile i crediti (a meno che non siano ben
remunerati) e utilizzare l’eventuale liquidità per estinguere i debiti.
In bilancio i proventi finanziari appaiono in apposita voce del conto economico.
PROVENTI STRAORDINARI
Profitti conseguiti dall’impresa in conseguenza di operazioni di natura straordinaria; tipico il
caso delle plusvalenze. La situazione opposta (perdite sostenute dall’impresa) dà luogo a oneri
straordinari.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
L’operatore Stato (nelle sue diverse articolazioni a seconda del decentramento) o (nel caso di un
paese appartenente all’Unione Europea) l’operatore Unione Europea, che interviene sul mercato
con un’azione diretta di acquisto e fornitura di beni e soprattutto di servizi, nonché con una
pluralità di altre funzioni pubbliche in economia.
PUBBLICITA’
Azione condotta da un’impresa per modificare l’attitudine al consumo del consumatore; il
termine marketing fa riferimento più propriamente alla fase di studio delle tendenze al consumo
del consumatore, ma l’abitudine più recente è quella di usare il termine marketing a comprendere
le due fasi di studio e di azione.
Come per i brevetti e il know-how, anche il valore della pubblicità nel bilancio è tipicamente (se
i suoi effetti si dispiegano su più esercizi) registrato all’interno dello stato patrimoniale tra le
immobilizzazioni tecniche immateriali che danno luogo sul conto economico a quote di
ammortamento.
V. ORGANIZZAZIONE IMPRESA
PUBLIC COMPANY
Trattasi di impresa, quotata in borsa, le cui azioni sono distribuite fra un largo numero di
investitori (cioè tra il pubblico inteso come l’insieme dei cittadini, non come autorità pubblica. In
Italia si usa indicare con il termine società pubblica (o impresa pubblica) una società posseduta
da un soggetto pubblico, per esempio lo Stato o il Comune che è fattispecie diversa e in un certo
senso opposta a quella della public company. Il processo di liberalizzazione tende a ridurre
progressivamente il numero delle società pubbliche, cioè la presenza diretta dello Stato
33
Questa differenza è nota come forbice degli interessi.
03/06/2017
71
nell’economia come esercente l’attività d’impresa. Se, messa l’impresa ex-pubblica sul mercato,
le sue azioni sono acquistate da tanti cittadini si forma una public company. Si pongono
questioni su chi eserciti, nella pratica, le funzioni dell’azionista di maggioranza (o di riferimento
in una società che abbia azionariato molto frammentato) e conseguentemente sul particolare
ruolo del management in società di questo tipo.
PUBLIC UTILITY
Soggetto esercente servizi pubblici; con questo termine non si fa riferimento alla natura della
proprietà, ma al tipo di attività svolta. La confusione può essere indotta dalla circostanza che
spesso, soprattutto in passato erano società di proprietà pubblica attive nella gestione di servizi
pubblici. Oggi si tende a privatizzare, cioè a cedere ai privati quote di società di proprietà
pubblica, operanti nei servizi pubblici attività che si tende a liberalizzare cioè a rendere terreno di
libera concorrenza fra più imprese. Si pone la questione sul controllo del livello di prestazione e
delle tariffe praticate da questi soggetti.
PUNTO DI COURNOT
Punto della curva di domanda in corrispondenza del quale l’elasticità è uguale a 1. In tale punto è
massimo l’esborso dei consumatori E = p . q(p). Infatti dE / dq = 0 implica p dq / dp + q
= 0 cioè q . (1  ) = 0 ovvero  = 1. In corrispondenza del punto di Cournot anche il
ricavo del venditore 34 è al suo massimo valore 35.
In generale il punto di Cournot non coincide con il punto di equilibrio, se non altro perché la sua
definizione dipende solo dalla curva della domanda e ignora l’andamento della curva
dell’offerta.
E’ agevole determinare analiticamente il punto di Cournot dall’espressione della curva di
domanda36.
domanda lineare
q = k - h p con k e h entrambi positivi
 =  dq / dp p / q = h p / q = h p ( k - h p ) = 1 / [ k / ( h p ) – 1 ]
ne deriva
 = 1 quando p = 1/2 k / h (punto di Cournot). In corrispondenza del punto di Cournot il
ricavo massimo dell’azienda
= 0,25 k2 / h.
R
= p q = ( k - h p ) p vale (k – 0,5 h k / h) 0,5 k / h =
domanda esponenziale e quindi elasticità proporzionale al prezzo
q = k e  p con  positivo
 =  dq / dp p / q =  p
si ha :
34
Notare che il massimo del ricavo non corrisponde al massimo del profitto che è la differenza
fra ricavi e costi.
In condizioni d’effettiva compravendita senza intermediari l’esborso del consumatore coincide
con l’incasso del produttore.
35
36
In questo paragrafo la curva di domanda è espressa, per comodità., nella forma q = q(p),
anziché nella più canonica forma p = p(q).
03/06/2017
72
 = 1 (punto di Cournot) quando p = 1 / 
domanda in forma di potenza e quindi elasticità costante
q = k p  con  positivo
 =  dq / dp p / q = 
si ha :
 = 1 (punto di Cournot) solo se (domanda di tipo iperbolico che dà luogo ad esborso
costante)
PUNTO DI PAREGGIO (BREAK-EVEN)
Nel confronto tra costi C (q) e ricavi R (q) al variare del volume di produzione (q: quantità di
Punto di pareggio
Costi o ricavi
350
300
PL
250
200
PB
Costi
150
100
Ricavi
50
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
quantità prodotta
beni prodotti), si ha il pareggio quando i costi totali e i ricavi totali coincidono; la corrispondente
quantità prodotta è chiamata volume di produzione di pareggio. Ovviamente in corrispondenza
del punto di pareggio l’utile è nullo, mentre si hanno perdite per valori inferiori della produzione
e utili per valori superiori.
Dall’esempio in figura si evidenzia:
- la componente di costi fissi (il valore del costo per quantità tendente a zero)
- un primo punto di pareggio PB
-
un secondo punto di pareggio PL
una regione compresa tra PB e PL dove si ha profitto;
Utilizzando la stessa figura si può individuare il punto di profitto massimo che sarà compreso tra
PB e PL.
PUT (OPZIONE DI VENDITA)
03/06/2017
73
Diritto di vendere un pacchetto di azioni entro37 una certa data ad un prezzo definito. E’ un
vantaggio per chi lo detiene perché è un diritto e non un obbligo e pertanto tale diritto va in
qualche modo pagato. Evidentemente l’esistenza del diritto di una parte comporta un obbligo per
la sua controparte. Clausola frequente nei contratti di collaborazione o più comunemente di
scambio di partecipazioni incrociato: obiettivo della clausola è spesso quello di consentire che
attraverso il diritto di vendere il proprio pacchetto di azioni di una società, l’attuale detentore
possa scegliere di “sganciarsi”.
E’ caso particolare del concetto di OPZIONE e concetto simmetrico a quello di CALL.
Nel gioco di borsa la logica di acquisire una “put option” corrisponde alla scommessa che entro
la data di scadenza il pacchetto in questione vedrà ridursi il suo valore al disotto del prezzo
convenuto
PVS
Rapporti PVS FMI. Terzo Mondo
CANCELLAZIONE DEL DEBITO GLOBALIZZAZIONE FAME NEL MONDO
COMPLETARE
37
Per la precisione, nel put americano il diritto può essere esercitato in qualunque momento
entro la data prefissata, mentre nel put europeo l’opzione può essere esercitata solo alla data
prefissata.
03/06/2017
74
Q
QUALITA’
Garanzia della qualità. Sistema qualità
Controllo di qualità
QUOTA
Importo periodicamente individuato per una scrittura contabile riferita in genere ad un certo
periodo temporale Spesso le quote sono introdotte in connessione con un fondo che corrisponde
all’accumulatore delle quote pregresse.
QUOTA DI AMMORTAMENTO
(Vedi AMMORTAMENTO)
QUOTA TFR
(Vedi TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO TFR)
QUOTA CAPITALE QUOTA INTERESSI
Espressione utilizzata con riferimento alle somme periodicamente versate da un’azienda, in
conseguenza di un prestito ricevuto, per:
- restituire il capitale (quota capitale) che quindi sarebbe dovuta anche se non ci fossero
interessi;
- versare gli interessi pattuiti (quota interessi) che corrisponde agli oneri finanziari.
Il versamento della quota capitale appare in bilancio attraverso la riduzione dell’entità del debito
nella colonna passività dello stato patrimoniale. Il versamento della quota interessi risulta dalla
scrittura di questa voce tra le perdite del conto economico. Entrambe le quote danno luogo,
quando si procede al versamento, a una corrispondente riduzione della liquidità nella colonna
attività dello stato patrimoniale.
QUOTAZIONE
COMPLETARE
UNDERPRICING
03/06/2017
75
R
RAGIONI DI SCAMBIO
RATEI
Voce del bilancio: appare nello stato patrimoniale sia nella colonna attività sia nella colonna
passività per tener conto del cosiddetto disallineamento cassa competenza, cioè del fatto che in
alcuni casi si ha una differenza di tempo tra completamento della prestazione (data di
competenza) ed effettuazione del pagamento (data di cassa). A questo scopo si introducono due
concetti: ratei (il fatto è avvenuto, ma il pagamento ancora no) e risconti (il pagamento è
avvenuto, ma il fatto ancora no); ciascuno di questi può essere attivo o passivo.
I ratei attivi sono valori di ricavo per prestazioni già effettuate, ma ancora da incassare (c’è una
connessione, ma non un’identità con il concetto di credito; la differenza è che nel caso del rateo
attivo ancora non è maturato il diritto giuridico a ricevere il pagamento). Tipico esempio di rateo
attivo è un canone d’affitto non ricevuto dall’impresa, (affitto attivo dal punto di vista
dell’impresa) per un’utilizzazione già avvenuta da parte dell’inquilino (versamento canone
posticipato).
I ratei passivi sono valori di costo per prestazioni già ricevute, ma ancora da pagare (c’è una
connessione, ma non un’identità con il concetto di debito; la differenza è che nel caso del rateo
passivo ancora non è maturato l’obbligo giuridico a effettuare il pagamento). Tipico esempio di
rateo passivo è un canone d’affitto non versato (affitto passivo dal punto di vista dell’impresa),
per un’utilizzazione già avvenuta da parte dell’impresa (versamento canone posticipato).
Il senso di queste scritture è di neutralizzare, agendo sul piano patrimoniale, gli effetti di
irrealistico incremento o decremento sull’utile d’esercizio derivante dal disallineamento
REDDITIVITA’
Quantità di reddito realizzata per un’unità di impiego di un fattore produttivo, per esempio
quantità di reddito realizzata per unità di fattore capitale impiegato o per unità di fattore lavoro
impiegato. Se si è in presenza di una funzione che lega la quantità di reddito alla quantità di un
fattore si può anche parlare di reddito marginale come sinonimo di redditività.
REDDITO
Il reddito è il flusso di moneta (o di beni nel caso di reddito in natura) ottenuto da un soggetto
economico entro un determinato periodo di tempo. Può trarre origine dalla vendita di servizi
produttivi (come le retribuzioni, l’interesse, i profitti) o può rappresentare semplicemente un
dono (come un lascito stabilito da un testamento) o può derivare dal rendimento di un fondo,
come per le pensioni.
All’interno del reddito derivante da servizi produttivi si può applicare la distinzione tradizionale
tra lavoratori (traggono il reddito dal loro lavoro) e capitalisti (traggono il reddito dal capitale)
E’ evidente la distinzione tra moneta (che è uno stock detenuto) e reddito che è un flusso
ricevuto in un certo periodo di tempo.
03/06/2017
76
REDDITO LORDO DELL’IMPRESA
Si ottiene dal reddito operativo sottraendo solo:
- il saldo della gestione finanziaria (oneri finanziari o proventi finanziari secondo il segno)
- il saldo della gestione extracaratteristica e straordinaria
Differisce quindi dal reddito netto perché non sono stati ancora sottratti gli oneri fiscali; il
reddito lordo è quindi al lordo delle imposte e delle tasse.
V. SCHEMA DI CONTO ECONOMICO
REDDITO MONETARIO DEL CONSUMATORE
Si definisce reddito monetario del consumatore la quantità di moneta che egli può spendere
nell’unità di tempo.
Se il consumatore ha la possibilità di accesso al credito si include l’entità del credito ricevuto
nella determinazione del suo reddito complessivo disponibile ai fini del consumo in quanto il
credito ricevuto determina un aumento della somma che il consumatore può spendere.
Vedi anche CONSUMATORE RAZIONALE FAMIGLIA
REDDITO OPERATIVO
Si ottiene sottraendo i costi totali dai ricavi totali.con riferimento esclusivo alla gestione
caratteristica.(escludendo anche la gestione finanziaria).
Il termine reddito operativo ha numerosi sinonimi:
- UTILE OPERATIVO
- MARGINE OPERATIVO LORDO (MOL)
- RISULTATO OPERATIVO
(cfr. SCHEMA DI CONTO ECONOMICO)
REDDITO NETTO
Si determina togliendo dal reddito operativo:
- il saldo della gestione finanziaria (oneri finanziari o proventi finanziari secondo il segno)
- il saldo della gestione extracaratteristica e straordinaria
- gli oneri fiscali (imposte e tasse)
Se positivo si chiama utile netto, altrimenti perdite. E’ detto anche Bottom Line per significare
non solo la collocazione nei prospetti, ma anche il fatto che esprime sinteticamente la
conclusione di risultati dell’impresa.
(cfr. SCHEMA SEMPLIFICATO DEI RICAVI DEI COSTI E DEGLI UTILI)
REGIONE ECONOMICA DI PRODUZIONE
03/06/2017
77
La porzione del piano x, y (essendo x e y le quantità impiegate dei due fattori produttivi) dove gli
Regione economica di produzione
120
quantità del bene y
100
80
L = L1
L = L2
L = L3
L = L4
60
40
20
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del bene x
isoquanti soddisfano il vincolo simultaneo di essere decrescenti e di avere concavità rivolta verso
l’alto: decrescenti perché in condizioni normali l’aumento della disponibilità di un fattore è
compensata da una diminuzione della quantità desiderata dell’altro fattore; con concavità verso
l’alto perché altrimenti si arriverebbe a situazioni di intercetta delle curve di indifferenza con uno
o entrambi gli assi, il che individuerebbe come accettabili anche punti in cui è zero la
disponibilità di uno dei due fattori.
A sinistra del primo segmento non è soddisfatto il vincolo derivata seconda positiva; a destra del
secondo segmento non né soddisfatto il vincolo derivata prima negativa.
REGIONE
Una delle articolazioni, insieme con l’Unione Europea, lo Stato e gli Enti Locali della pubblica
autorità.
v. INTERVENTO PUBBLICO IN ECONOMIA DECENTRAMENTO
REGOLATORE
In un quadro generale che vede per i servizi pubblici in fase di avanzata realizzazione la tendenza
a privatizzare, cioè a cedere ai privati quote di società di proprietà pubblica, operanti nei servizi
pubblici, e a liberalizzare detti servizi cioè a renderli terreno di libera concorrenza fra più
imprese, si pone la questione sul controllo del livello di prestazione e delle tariffe praticate da
questi soggetti: in molti paesi tra cui l’Italia, i pubblici poteri hanno affidato questa ed altre
funzioni ad organismi indipendenti denominati “regolatori di settore” o “organismi di
regolazione di settore”. Si possono citare come esempi l’autorità per l’energia elettrica e il gas o
l’autorità per le telecomunicazioni38,
L’autorità per le telecomunicazioni ha anche altre funzioni che attengono alla sfera dei diritti
dei cittadini non soltanto economici.
38
03/06/2017
78
Tra gli obiettivi dell’intervento del regolatore si possono ricordare: i livelli tariffari, l’equità
tariffaria, la parità di condizioni di accesso, la qualità dei servizi; ma anche obiettivi di carattere
generale quale la protezione dell’ambiente o la sicurezza degli approvvigionamenti.
REGOLAZIONE E CONTROLLO
Azioni svolte su di un sistema per assicurare determinate prestazioni.
V. CONTROLLO DI UN SISTEMA INGEGNERIA DEI SISTEMI
RENDIMENTO DI UNA MACCHINA TERMICA
Il rendimento di una macchina termica =
Lavoro utile / Calore impiegato
Il rendimento di una macchina termica è inevitabilmente < 1
RENDIMENTO DI UN’IMPRESA
L’impresa mira al profitto sul mercato attraverso il rendimento della sua attività che deve essere
maggiore dell’unità se l’impresa deve sopravvivere e generare ricchezza. Ricordando che
Profitti = Ricavi – Costi il rendimento dell’impresa è definito come  = Profitti / Costi. Il
rendimento è > 0 se l’impresa è in condizioni fisiologiche. Un’impresa che abbia
rendimento minore di 0 consuma risorse e non può sopravvivere se non sottraendo risorse a
qualcuno (tipicamente ai suoi proprietari) o, truffaldinamente, al sistema economico esterno.
Il rendimento di un’impresa come sopra definito può anche essere > 1.
RENDIMENTO DI UN INVESTIMENTO FINANZIARIO
Beneficio atteso al proprietario di un capitale come contropartita della messa a disposizione di un
altro soggetto economico.
Vedi INTERESSE ATTUALIZZAZIONE.
RENDIMENTO DI SCALA
Si può osservare che nel caso in figura gli isoquanti di produzione si addensano, nel senso che
Isoquanti di produzione nel caso di rendimenti crescenti
quantità del fattore y
120
100
L = 50
80
L = 100
60
L = 150
40
L = 200
20
linea rifer.
0
03/06/2017
0
2
4
6
8
quantità del fattore x
10
12
79
incrementi uguali del livello di produzione (nell’esempio passare da un isoquanto al successivo
significa aumentare sempre di 50 unità la produzione) richiedono aumenti meno che
proporzionali delle quantità di fattori produttivi necessari. La retta tracciata come riferimento
aiuta nella lettura degli aumenti necessari nelle quantità dei fattori. In questa situazione si dice
che il rendimento di scala è crescente, nel senso che conviene aumentare i volumi di produzione.
In altre situazioni produttive, invece, gli isoquanti si distanziano, nel senso che incrementi uguali
del livello di produzione richiedono aumenti più che proporzionali delle quantità di fattori
Isoquanti di produzione nel caso di rendimenti decrescenti
quantità del fattore y
120
100
L = 50
80
L = 100
60
L = 150
40
L = 200
20
linea rifer.
0
0
2
4
6
8
10
12
quantità del fattore x
produttivi necessari. In questo caso il rendimento di scala è decrescente.
Il rendimento di scala si può esprimere 39 attraverso varie grandezze:
-
il fattore di scala Fx legato all’uso di un fattore la cui quantità indichiamo con x è fornito
dalla derivata parziale rispetto a x del livello di produzione L, moltiplicata per il rapporto
x/L in modo da far riferimento alle rispettive variazioni percentuali: F x = ∂L / ∂x x/L;.il
fattore di scala si dice favorevole se Fx >1 (cioè se l’aumento di un punto percentuale della
quantità impiegata del fattore di produzione x dà luogo a un aumento superiore a 1<% della
quantità di prodotto), sfavorevole se Fx < 1;
l’effetto scala;
-
il prodotto marginale dei fattori
-
il coefficiente tecnico di produzione.
-
In base a considerazioni di carattere generale ci si aspetta che il rendimento di scala corrisponda
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
39
livello di produzione
prodotto marginale
quantità del fattore x
0
2
4
6
8
10 12 14 16 18 20 22 24
Ricordiamo che L = L(x,y) è la funzione di produzione, dalla quale si possono ricavare gli
isoquanti di produzione.
03/06/2017
80
all’andamento rappresentato in figura per il livello di produzione all’aumentare della quantità
utilizzata. In una prima fase la produzione aumenta velocemente con l’incremento della quantità
impiegata del fattore in esame; successivamente l’effetto dell’incremento dell’impiego di questo
fattore è sempre meno benefico fino a che diventa irrilevante.
RENDITA
Si definisce rendita di un fattore di produzione quella parte della sua remunerazione che eccede il
suo costo opportunità; in altre parole è la differenza tra il rendimento dello specifico
investimento e quello del miglior investimento alternativo possibile. La rendita è generata dalla
scarsità (temporanea o di lungo periodo) nell’offerta di quel fattore di produzione per cui se sale
il prezzo la domanda ne risente poco (domanda rigida o anelastica).
Impropriamente si chiama rendita finanziaria l’interesse percepito sui titoli a redito fisso, quali le
obbligazioni. (il nome deriva dalla vecchia concezione secondo la quale il reddito da capitale
sarebbe sempre indebito, un privilegio e in questo senso una rendita).
RENDITA CATASTALE
E' la rendita che il catasto dove ciascun immobile è registrato, attribuisce a un immobile (è la
valutazione, per esempio, che stabilisce quanto dobbiamo dare al fisco per il fatto di possedere
una certa casa). Per fare tale valutazione il catasto si basa sul valore e sulla redditività
dell'immobile, calcolati con criteri uniformi per tutto il territorio nazionale.
Dalla rendita catastale si calcola il valore catastale.
RESI
Tipico il caso di merce venduta che torna al venditore; situazione analoga a
quella di abbuoni e sconti. Nel conto economico i ricavi vanno registrati al netto
di abbuoni, resi e sconti.
RETE
Il concetto di rete, in diverse accezioni, assume nell’attuale fase di sviluppo economico un ruolo
centrale, che va aldilà dell’originario significato di sistemi tecnologici interconnessi, quali rete
elettrica, rete gas, rete telefonica, rete idrica, rete di trattamento rifiuti liquidi, che rientrano nelle
cosiddette utilities (servizi a rete).
Un primo significato metaforico, partendo da quello di rete di telecomunicazione, ne estende la
portata a comprendere la rete informatica e più in generale la rete di informazioni, la rete di
rapporti commerciali e di produzione, in una parola la rete di interdipendenza. Un secondo
significato metaforico è l’insieme degli scambi che sulla rete hanno luogo. Il concetto stesso di
rete riduce la rilevanza della distinzione tra centro e periferia.
Per estensione si arriva a definire rete il risultato del sistema di interconnessione, al punto che si
arriva a parlare di “net economy”, cioè di economia a rete, una rete che tende ad estendersi
progressivamente, in coerenza con il processo di globalizzazione.
Da questo punto di vista il concetto di mercato viene ad essere sostituto dal (o meglio, superato
nel) concetto di rete nel senso che i ruoli degli operatori economici sono meno netti di quelli
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tradizionali riconducibili al dualismo schematico produttore-venditore, consumatore-acquirente:
oggi sono tutti simultaneamente venditori e acquirenti ma soprattutto tutti sono, più o meno,
direttamente cointeressati ad operare nella rete.
Un’evoluzione parallela e interconnessa a quella dal mercato alla rete è l’evoluzione dalla
proprietà all’accesso. Uno slogan semplicistico, ma efficace può essere il nuovo mercato è la
rete, la nuova proprietà è l’accesso.
Non è più decisiva la valutazione del prezzo d’acquisto ma quella della tariffa, per il servizio
prestato; ma anche la tariffa a volte viene superata in una standardizzazione semplificazione che
è quella della cosiddetta tariffa piatta (flat), una sorta di abbonamento. Per sottolineare il legame
con il concetto di accesso si preferisce addirittura usare il termine tassa di iscrizione, come se si
fosse ammessi a un privilegio. Anzi i in molti casi il pagamento è indiretto attraverso
sponsorizzazioni, banner, richiami a servizi a valore aggiunto e quant’altro; al cliente si dà
l’illusione di ricevere qualcosa di gratuito, purché si iscriva, purché si procuri l’accesso.
Cos’è ora mercato? Chi fa le regole? Il nuovo ruolo delle istituzioni. L’esempio di NAPSTER
come un mercato non mercato con “regole” tutte sue.
Qual è allora la forza dominante: il capitale intellettuale (idee, concetti, immagini) non più cose.
Ecco perché abbiamo insistito nel definire risorse di tre tipi: finanziarie, reali, e immateriali
(conoscenze). Anche il capitale intellettuale (IPR) raramente viene scambiato, normalmente
viene dato in uso (licenze sui brevetti, cessione di know-how, accordi di continuous know-how).
Cambia significato la nozione di potere economico. Non sempre le istituzioni sono adeguate al
nuovo scenario.
Alcune lo sono da sempre: l’esempio scherzoso della Chiesa Cattolica come globalizzazioneinternalizzazione, fidelizzazione, quaternarizzazione, accesso, dematerializzazione.
Produzione industriale e produzione culturale: se si vuole legata al tempo libero, ma la stessa
definizione di tempo libero sta mutando profondamente.
Etica del lavoro etica del gioco, sì ma che gioco. Quanto è importante la produzione di beni e a
chi è demandata: nell’antichità agli schiavi e oggi alle macchine? Le macchine costruiranno le
macchine?
Energia e informazione.
Dematerializzazione dell’economia.
Mercificazione del lavoro e mercificazione della cultura. Le sceneggiate per i turisti.
Il singolo va verso l’economia dell’esperienza. Le imprese verso l’economia della conoscenza.
Dobbiamo rivalutare alcuni personaggi di Verdone?
Non solo dal prodotto al servizio, ma anche dal servizio all’esperienza.
Il neologismo wetware componente umana nei sistemi informativi).
In fondo la vecchia struttura capitalistica era meno mercificata: maggiore autonomia nella sfera
privata. Può vivere una cultura in queste condizioni ? Che vuol dire alternativo e chi ci vende
l’alternatività;.l’esempio delle grandi aziende culturali. Il caso italiano.
COMPLETARE
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quantiàdelbx
RETRIBUZIONE
024681
0
q
Somma che un lavoratore dipendente riceve per il proprio lavoro e quindi remunerazione del
fattore lavoro.
20
u
a
n
t
i
t
à
d
e
40
linearf.
60
Per le famiglie è una forma di reddito. Per il produttore è il costo per l’uso del fattore produttivo
lavoro.
l
b
e
n
80
e
y
10
120
L = 20
L=150
L = 10
Assume la denominazione di salario nel caso dei lavoratori a bassa qualificazione e di stipendio
nel caso di lavoratori ad elevata qualificazione..
L = 50
Isoquantidprzelcm
RETTA DI BILANCIO (o LINEA DI BILANCIO)
1.3.5
Equazione che indica la destinazione delle risorse disponibili al consumatore. In un mercato
caratterizzato da due beni aventi prezzo px e py rispettivamente, se il consumatore dispone di
un’entrata I (income) e la destina tutta esclusivamente all’acquisto di detti beni, varrà l’equazione
I = px . x + py . y, dove x e y sono le quantità dei due beni in questione, acquistate dal
consumatore. Nel piano x, y la retta di bilancio è rappresentata dalla retta di equazione:
y = I / p y - px / p y . x
Si usa denominare tasso (o saggio) di trasformazione40 il rapporto tra i pezzi che è la pendenza
della retta di bilancio.
La retta di bilancio rappresenta per il consumatore lo stesso vincolo che la retta di isocosto
rappresenta per il produttore.
Vedi anche CURVE DI INDIFFERENZA e PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE
RETTA DI ISOCOSTO (o LINEA DI SPESA)
Equazione che indica la destinazione delle risorse disponibili al produttore. In un mercato
caratterizzato da due fattori produttivi (utilizzati in quantità x e y rispettivamente) aventi prezzo
px e py rispettivamente, se il consumatore dispone di risorse finanziarie in quantità pari a R e
le destina tutte ed esclusivamente all’acquisto di detti fattori produttivi, varrà l’equazione R =
px . x + py . y, dove x e y sono le quantità dei due fattori produttivi in questione, utilizzati dal
consumatore. Nel piano x, y la retta di isocosto è rappresentata dall’equazione: y = R / py p / p . x che possiamo anche scrivere come: y = R / p
-  . x avendo indicato il
x
y
y
rapporto px / py (pendenza della retta) con  che assume il nome di tasso di trasformazione
(indica quanto bisogna spendere per passare da un’unità di fattore x a un’unità di fattore y).
La retta di isocosto rappresenta per il produttore lo stesso vincolo che la retta di bilancio
rappresenta per il consumatore.
Vedi anche: ISOQUANTI DI PRODUZIONE FUNZIONE DI PRODUZIONE
DETERMINAZIONE DEL PUNTO DI OTTIMO DELLA PRODUZIONE EUTOPICA
RICARICO (MARK UP)
40
Da non confondere con il saggio marginale di trasformazione del prodotto che è la derivata
della curva di trasformazione del prodotto.
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V. MARK UP
RICAVO
RICAVO
Il ricavo (detto a volte ricavo totale) è l’entrata percepita da un soggetto economico, per esempio
da un produttore che venda un proprio prodotto. In generale per un’azienda ricavo è sinonimo di
fatturato, cioè il totale lordo delle somme da questa incassate. I ricavi 41 sono determinanti ai fini
del calcolo del profitto che è il saldo tra ricavi e costi.
Nel caso di vendita di un prodotto a prezzo costante (non dipendente dalla quantità), il ricavo è
dato dal prodotto del prezzo praticato per la quantità venduta. Anche nel caso di prezzo variabile
p (q) il ricavo totale è dato da p(q) . q . E’ immediato riconoscere che p (q) è un modo di
rappresentare la curva di domanda.
Il ricavo reale è definito come la somma incassata dal produttore quindi quantità venduta per
prezzo effettivamente praticato. E’ evidente che in una transazione effettiva, e in particolare
all’equilibrio, il ricavo reale coincide con l’esborso42 del consumatore (a parte le tasse).
Il ricavo potenziale (ricavo atteso a priori dal produttore) può essere definito dal prodotto della
quantità offerta per il prezzo di offerta (e si ricava quindi dalla curva di offerta). E’ definito
potenziale perché in condizioni normali non si realizza. A sinistra del punto di equilibrio al
produttore che abbia già sostenuto i costi di produzione conviene incassare quanto il
consumatore è disposto a pagare per quella quantità, cioè l’esborso del consumatore. A destra del
punto di equilibrio, l’incasso potenziale non si realizza perché il consumatore non è disponibile a
salire così in alto quindi al produttore non resterà che la scelta fra continuare a seguire la curva di
esborso del consumatore oppure arrestare la vendita; in quest’ultimo caso potrà sia ridurre la
produzione per non eccedere quel valore, sia stoccarla per condizioni future migliori, sia
collocarla su mercati diversi.
In definitiva l’incasso del produttore può essere ricondotto all’esborso del consumatore, cioè alla
curva di domanda. Questo spiega perché nella determinazione del massimo profitto in condizioni
di prezzo variabile si fa riferimento alla curva di domanda e non alla curva dell’offerta.
RICAVO MARGINALE
Si definisce il ricavo marginale come l’incremento nel ricavo dovuto ad un incrementi unitario
nelle vendite. Ne consegue che in termini differenziali il ricavo marginale è dato da
Rm = d [q . p (q)] / d q
= p(q) + q . d p / d q
43
.
Pertanto, se p(q) è costante, Rm altro non è che il prezzo. Se il prezzo varia con la quantità risulta
Rm = p (q) . ( 1 – 1 / ) dove  è l’elasticità della domanda rispetto al prezzo (per l’esattezza è
l’elasticità della domanda quale è vista dall’impresa che non necessariamente corrisponde a
quella del mercato). Ricordiamo che prezzo costante al variare della quantità corrisponde a
elasticità infinita.
41
Il ricavo dell’azienda può essere denominato anche incasso del produttore.
42
Pertanto, in queste condizioni, il ricavo sarà massimo dove è massimo
l’esborso del consumatore (punto di Cournot) .
43
Se d p / d q è negativa (come è logico) il ricavo marginale è minore del prezzo
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Qualora i ricavi siano noti in forma tabellare o grafica in funzione della quantità, il ricavo
marginale si potrà calcolare vuoi numericamente per differenze finite, vuoi per derivazione
grafica.
Considerazioni analoghe a intervengono nella determinazione del massimo profitto.
RICLASSIFICAZIONE DEL BILANCIO
Operazione di modifica dei documenti del bilancio (stato patrimoniale e conto economico)
finalizzata a renderne il contenuto più facilmente comprensibile (per chiarezza e omogeneità) ai
fini sia interni sia esterni all’azienda.
L’operazione di riclassificazione consiste essenzialmente in due interventi:
 rettifica (vale a dire riportare saldi piuttosto che due addendi che si compensano
parzialmente per varie voci relative sia alle fonti, sia agli impieghi); questa operazione si
applica in particolare ai valori delle immobilizzazioni tecniche e alla consistenza del
magazzino
 distinzione per alcune voci di bilancio (debiti e crediti) fra componente a breve termine e
componente a lungo termine.
Per eseguire la riclassificazione occorrono alcune informazioni aggiuntive, quali:

per lo stato patrimoniale:
 utili di esercizio da ripartire tra i soci
 utili al fondo rinnovamento impianti
 rate mutui obbligazioni in scadenza
 rate banche finanziamenti in scadenza
 TFR da pagare a breve (per il personale che si presuppone lascerà l’azienda entro breve
termine)
 anticipi clienti da magazzino
 anticipi fornitori esercizio da magazzino
 debiti diversi con scadenza oltre 12 mesi
 crediti diversi con scadenza oltre 12 mesi
 costruzioni interne a patrimonio

per il conto economico:
 salari manodopera diretta
 quote TFR manodopera diretta
 quota variabile delle spese industriali diverse
 quota proventi finanziari correnti
RIGIDITA’
E’ l’inverso dell’elasticità:
= 1 /. Una domanda poco elastica è detta rigida o anelastica.
RIMANENZE
Rimanenze iniziali e rimanenze finali.sono illustrate alla voce giacenze.
Il codice civile fissa la composizione della voce rimanenze (deve intendersi rimanenze finali) tra
le attività dello stato patrimoniale dove sono parte del capitale circolante:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
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5) acconti.
RIPARAZIONE
Attività svolta per correggere un guasto o un malfunzionamento di un bene mobile o immobile
(tipico esempi gli edifici, i macchinari, le automobili), quando questo si è già verificato. La
manutenzione ha invece carattere preventivo e si distingue dalla riparazione in quanto serve ad
assicurare il permanere del funzionamento in buone condizioni. La miglioria è una terza
fattispecie che si verifica quando si interviene su di un impianto, non per prevenire, né per
riparare, ma per migliorare le sue prestazioni.
Dal punto di vista bilancistico manutenzione e riparazioni sono spese correnti, mentre le
migliorie sono spese in conto capitale e come tali debbono essere ammortizzate.
RISCONTI
Voce del bilancio: appare nello stato patrimoniale sia nella colonna attività sia nella colonna
passività per tener conto del cosiddetto disallineamento cassa competenza., cioè del fatto che in
alcuni casi si ha una differenza di tempo tra completamento della prestazione (data di
competenza) ed effettuazione del pagamento (data di cassa). A questo scopo si introducono due
concetti: ratei (il fatto è avvenuto,ma il pagamento ancora no) e risconti (il pagamento è
avvenuto, ma il fatto ancora no); ciascuno di questi può essere attivo o passivo.
I risconti attivi sono valori di costo già pagati per prestazioni ancora da ricevere (c’è una
connessione, ma non un’identità con il concetto di credito; la differenza è che nel caso del
risconto attivo ancora non è maturato il diritto giuridico a ricevere la prestazione). Tipico
esempio di risconto attivo è il premio della polizza di assicurazione già pagato per un periodo
aldilà dell’esercizio in esame.
I risconti passivi sono valori di ricavo già incassati per prestazioni ancora da prestare (c’è una
connessione, ma non un’identità con il concetto di debito; la differenza è che nel caso del
risconto passivo ancora non è maturato il dovere giuridico ad effettuare la prestazione). Tipico
esempio di risconto passivo è l’anticipo ricevuto dall’impresa per un immobile ancora da
costruire.
.
Il senso di queste scritture è di neutralizzare, agendo sul piano patrimoniale, gli effetti di
irrealistico incremento o decremento sull’utile d’esercizio derivante dal disallineamento.
All’interno della voce risconti che appare nel bilancio e con riferimento ai prestiti, vanno
registrati come aggi la maggiore somma incassata rispetto al valore mutuato da rimborsare alla
scadenza e come disaggi la minore somma incassata. Il primo valore è un minor onere
finanziario, il secondo un maggior onere finanziario.
RISERVA OBBLIGATORIA
Riserva obbligatoria è l’entità dell’obbligo a carico degli istituti di credito (banche) di tenere
capitali in opportuna forma per far fronte alle esigenze previste ed impreviste derivanti dalla loro
funzione.
RISERVE
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86
Nelle passività dello stato patrimoniale le riserve rappresentano una componente del patrimonio
netto. Si distinguono:
- Riserva da sopraprezzo delle azioni.
- Riserve di rivalutazione.
- Riserva legale.
- Riserva per azioni proprie in portafoglio.
- Riserve statutarie.
- Altre riserve, distintamente indicate.
La riserva da sovrapprezzo delle azioni è originata dall’emissione di nuove azioni a un prezzo
superiore al valore nominale.
Le riserve da rivalutazione iscritte quando una nuova legge consente di rivalutare i cespiti
dell’attivo per tenere conto dell’erosione di valore dovuta all’inflazione.
La riserva legale è un obbligo di legge (introdotto a titolo di prudenza) pari al 5 % degli utili
d’esercizio da accantonare ogni anno, fino a che non si raggiunge il 20 % del valore del capitale
sociale.
La riserva per azioni proprie in portafoglio fa riferimento alla possibilità di acquisto di azioni
proprie ed è iscritta per compensare l’uscita di capitale dovuta all’acquisto da parte ella società di
proprie azioni.
Le riserve statutarie.
Le altre riserve, distintamente indicate.
RISORSE
Vedi FATTORI PRODUTTIVI
Materiali (reali) e immateriali
Risorse finanziarie
Risorse umane
La vera disponibilità di risorse si ha quando sono simultaneamente accessibili materie prime e
tecnologia per il loro impiego: in questo senso si usa dire che la tecnologia trasforma le materie
prime in risorse.
Fra i tanti significati del termine capitale anche quello di sinonimo di risorse (capitale reale
capitale finanziario, - spesso capitale tout-court - capitale umano sono equivalenti
rispettivamente a risorse reali, risorse finanziarie, risorse umane.
RISORSE FINANZIARIE
A livello impresa la definizione tecnica di risorse finanziarie è il contenuto della colonna
passività dello stato patrimoniale, ovvero la totalità delle fonti disponibili all’impresa (capitale,
riserve, utili accantonati, prestiti bancari, obbligazioni, mutui e simili)
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A livello macroeconomico le risorse finanziarie sono le risorse accumulate in forma finanziaria
dagli operatori che presentano saldi finanziari positivi e che possono essere prestate agli
operatori in disavanzo per finanziarne la gestione corrente o gli investimenti.
RISORSE UMANE
Risorse umane è l’insieme delle capacità dei dipendenti di un’impresa di svolgere i compiti loro
affidati o altri compiti sia diversi sia più impegnativi (potenziale di crescita). E’ la versione
aggiornata della vecchia concezione che evidenziava il fattore produttivo lavoro in termini
indistinti come una commodity (cioè individui indistinguibili ai fini del lavoro purché
sufficientemente addestrati). In realtà per la produzione moderna contano molto la preparazione
e l’atteggiamento dei dipendenti che non possono essere più considerati come sostanzialmente
intercambiabili.
Una delle voci che compongono il valore delle risorse umane disponibili è il costo sostenuto per
la loro formazione. Sulle risorse umane si investe per migliorarne sia la preparazione (non solo
professionale specifica, ma anche generale), sia la capacità di collaborare e più in generare
comunicare con colleghi con clienti e fornitori, sia il rapporto con l’azienda, sia la proiezione
all’esterno dell’immagine dell’azienda.
E’ importante sottolineare gli effetti di collaborazione e sinergia che rendono un gruppo di
dipendenti “affiatati” una risorsa di valore superiore a quello della somma delle competenze dei
singoli componenti il gruppo.
Un termine sinonimo è capitale umano.
La conoscenza come risorsa determinante per il successo di un’impresa.
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RISPARMIO
Quota di reddito non destinata al consumo e quindi o semplicemente destinata ad utilizzi differiti
(risparmio non investito 44) o impiegata per investimenti sia propri sia di terzi cui si concede un
prestito ad un certo tasso d’interesse. Ricordiamo che vale la relazione:
I=S+C
(1)
cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I .
Le principali caratteristiche del risparmio sono:
-
il risparmio aumenta all’aumentare del reddito dS / dI > 0;
-
gli aumenti del risparmio sono minori dei corrispondenti aumenti del reddito dS / dI < 1
-
a successivi e uguali aumenti del reddito corrispondono aumenti del risparmio via via
crescenti d2S / dI2 > 0 .
Risparmio vs. reddito
400
risparmio
300
200
100
0
0
100
200
300
400
500
600
700
reddito
Si indica con propensione marginale al risparmio la derivata del risparmio rispetto al reddito
dS / dI mentre la propensione media al risparmio è semplicemente il rapporto S/I tra il valore del
risparmio e il valore del reddito.
Dalla (1) si deduce che:
- la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è
uguale all’unità;
- la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al
consumo è uguale all’unità.
I biglietti di banca custoditi dalla vecchietta sotto al mattone sono l’esempio dell’iconografia
classica per il risparmio non investito
44
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89
Possiamo anche rappresentare le tre grandezze reddito consumo e risparmio sullo stesso grafico:
800
700
600
500
risparmio
400
reddito
300
consumo
200
100
0
reddito
0
100
200
300
400
500
600
700
Come per il consumo, anche per il risparmio si avrà una dipendenza dal tasso di interesse: tanto
maggiore sarà il tasso d’interesse tanto maggiore sarà il risparmio 45.
Risparmio vs. reddito
500
risparmio
400
i = i1
300
i = i2
i = i3
200
100
0
0
100
200
300
400
500
600
700
reddito
Vale la condizione i1<i2<i3 .
RISULTATO OPERATIVO
Sinonimo di REDDITO OPERATIVO.
Ovviamente, essendo consumo e risparmio in competizione, per il consumo l’effetto è
contrario: minore è il tasso d’interesse maggiore è il consumo.
45
03/06/2017
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ROD (Return On Debt)
Ritorno sul debito. Questo indice pesa l’incidenza degli oneri finanziari (OF) sul capitale di terzi
(CT):
ROD = OF / CT
Si pone la questione di come trattare i debiti verso i fornitori: se li si include al denominatore
vanno stimati e incluso l’addendo corrispondente al numeratore, ovvero si escludono i rispettivi
contributi, sia al numeratore sia al denominatore, ma si perde un’informazione importante.
Il ROD fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di
redditività.
ROE (Return On Equity)
Ritorno sul capitale proprio (equity sta per azioni, ma, attenzione, si fa riferimento all’intero
capitale proprio non solo al capitale sociale). E’ un indice di redditività definito come il rapporto
tra reddito netto RN e capitale proprio 46 CP :
ROE = RN / CP
Esprime la capacità dell’azienda di far fruttare le risorse messe a disposizione dagli azionisti
(capitale sociale, riserve, utili non distribuiti). Fornisce quindi un’indicazione della convenienza
del rendimento dell’investimento dei soci nell’azienda in esame rispetto al rendimento di
investimenti in altre aziende o investimenti alternativi di altra natura.
Sono necessarie alcune accortezze nel calcolo del ROE:
-
il reddito netto va depurato dall’effetto di eventi straordinari quali plusvalenze o
minusvalenze o fluttuazioni occasionali di mercato;
-
il capitale proprio va calcolato come valor medio nell’esercizio; ricordiamo che il
patrimonio netto risultante dallo stato patrimoniale, come tutte le grandezze che figurano
nello stato patrimoniale, è un dato puntuale (si riferisce alla data alla quale è redatto lo stato
patrimoniale).
Il ROE fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di
redditività.
ROI (Return On Investment)
Ritorno sul capitale totale investito. E’ un indice di redditività definito come il rapporto tra
reddito operativo RO e capitale investito CI :
ROI = RO / CI
Sono necessarie alcune accortezze nel calcolo del ROI:
- trattandosi di reddito operativo sono esclusi i risultati della gestione extracaratteristica;
- trattandosi di capitale investito sono escluse le risorse destinate all’attività
extracaratteristica;
- si fa riferimento al valore medio nell’esercizio del capitale investito.
46
Ricordiamo che il capitale proprio coincide con il patrimonio netto.
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Il ROI fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di redditività.
ROS (Return On Sales)
Ritorno sui ricavi da vendite. E’ un indice di redditività definito come il rapporto tra reddito
operativo RO e ricavi netti da vendite VN :
ROS = RO / VN
Sono necessarie alcune accortezze nel calcolo del ROS:
- trattandosi di reddito operativo sono esclusi i risultati della gestione extracaratteristica;
- trattandosi di vendite nette si tiene conto di resi abbuoni e sconti eliminando componenti
fittizie di reddito.
E’ significativo soprattutto l’andamento nel tempo di questo indice per descrivere i processi in
corso: se il ROS cresce senza che siano stati variati i prezzi di vendita, significa che l’impresa è
riuscita a comprimere i costi di produzione e/o distribuzione; se disunisce in presenza di aumento
delle quantità vendute, significa che l’impresa ha adottato una politica di prezzi bassi ed elevati
volumi di vendita.
Il ROS fa parte degli indici descrittivi di un’azienda e più precisamente degli indici di redditività.
ROTAZIONE DEGLI ORDINI
Con riferimento alla organizzazione della produzione vengono introdotti gli indici di rotazione
degli ordini per la misura dell’efficienza del livello di servizio e per la sua comparazione con i
termini di successo o insuccesso (crescita della domanda, quota di mercato).
v. ORDINI INEVASI
ROUTING
Termine utilizzato in sede di organizzazione della produzione ad indicare la distribuzione sulle
risorse pianificate (dove si eseguono le lavorazioni), delle quantità di produzione previste dai
piani. Il termine scheduling si riferisce alle stessa fattispecie, ma con riferimento a quando si
svolgono le lavorazioni.
v. DISPATCHING
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