La disciplina della copia privata

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Giurisprudenza
Corso di Laurea magistrale in Giurisprudenza
LA DISCIPLINA DELLA COPIA PRIVATA:
SPUNTI PER UNA RIFLESSIONE
COMPARATA EU/USA
Relatore: Chiar.mo Prof. Gustavo GHIDINI
Correlatore: Dott.ssa Francesca D'AGOSTINO
Tesi di Laurea di:
Francesco BANTERLE
Matr. n. 738131
Anno Accademico 2008/2009
La Disciplina della Copia Privata: Spunti per una
Riflessione Comparata EU/USA
INDICE
Introduzione.............................................................................................................4
Capitolo I .................................................................................................................9
La Copia Privata.......................................................................................................9
1.1 Fattispecie generale: l'eccezione di copia privata..........................................9
1.1.2 Assenza di scopi commerciali ed uso personale..................................25
1.1.3 Copia privata: un'eccezione o un diritto?.............................................29
1.2 Copia privata come riproduzione non intermediata: rifiuto di
un'associazione con un concetto di pirateria “domestica”.................................39
1.3 Raffronto tra tipologie di copia...................................................................41
1.3.2 Copia analogica e digitale....................................................................42
1.3.2 ...copia su memoria fissa, temporanea o cache...................................43
1.4 Libertà e limiti della copia privata in ambiente analogico..........................46
CAPITOLO II........................................................................................................51
LEVIES & DRM ...................................................................................................51
2.1 Sistemi a confronto: USA/EU.....................................................................51
2.1.2 Il Fair Use............................................................................................56
2.1.3 Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of America - Il caso
Betamax: il Fair Use e la riproduzione ad uso personale.............................65
2.1.4 Fair Use, Free Use, Fared Use.............................................................69
2.1.5 L'Audio Home Recording Act.............................................................76
2.1.6 L'evoluzione della fair use doctrine all'interno delle corti statunitensi:
alcuni spunti per una verifica della sua reale flessibilità..............................86
2.1.6.2 Primo fattore: scopo e carattere dell'uso...........................................94
2.1.6.3 Secondo fattore: Natura dell'opera....................................................98
2.1.6.4 Terzo fattore: quantità e sostanzialità dell'utilizzo..........................101
2.1.6.5 Quarto fattore: l'effetto sul mercato e sul valore dell'opera............103
2.1.6.6 Cenni comparatistici di raffronto al sistema di eccezioni europeo con
particolare riferimento al recepimento ed all'applicazione del three-step test.
....................................................................................................................107
2.2 I sistemi basati su “Levies” ed equo compenso.........................................116
2.3 Il rapporto tra Levy e DRM.......................................................................131
2.3.2 Brevi accenni sull'economia dei DRM systems.................................135
2
2.3.3 Nascita delle misure anti-aggiramento..............................................138
2.3.4 Il Digital Millennium Copyright Act.................................................140
2.3.5 European Copyright Directive...........................................................148
2.3.6 Cenni comparativi tra DMCA – EUCD.............................................152
CAPITOLO III.....................................................................................................159
Peer to Peer - File Sharing...................................................................................159
3.1 Definizione e struttura del sistema: lo scambio tra “pari”.........................159
3.2 Diffusione e modelli di P2p - file sharing systems: la prima generazione di
software P2p, e il caso Napster........................................................................162
3.2.2 La Seconda Generazione di software P2p, e il caso Grokster...........172
3.2.3. La Terza Generazione di Software P2p, i BitTorrents .....................179
3.3 Volumi del sistema di Peer to Peer ed impatto economico-sociale...........183
3.3.2 Trasformazione del consumatore, rivoluzione della fruizione
dell'informazione e decostruzione dei media tradizionali..........................189
CAPITOLO IV.....................................................................................................193
Copia Privata & Copyright - profili giuridici......................................................193
4.1 Libertà e limiti di scambio della copia privata..........................................193
4.1.2 Possibilità di giustificare la condivisione e lo scambio di copie private
sotto la fair use doctrine..............................................................................196
4.1.3 Le diverse posizioni di uploader e downloader all'interno dei sistemi
peer to peer..................................................................................................204
4.2 Comparazione delle normative dei paesi common law e civil law: Stati
Uniti, Regno Unito, Canada............................................................................210
4.3.2 Europa continentale...........................................................................213
4.4 Conseguenze penali...................................................................................216
4.5 Il difficile equilibrio tra sanzioni e tutela della privacy.............................219
Conclusioni..........................................................................................................224
BIBLIOGRAFIA..................................................................................................237
3
Introduzione
Nel 1709, in Inghilterra, lo Statuto della Regina Anna sancì per la prima volta il
diritto esclusivo degli autori sulle loro opere, segnando un netto cambiamento di
prospettiva nella concezione del diritto d'autore.
Anche se tale riforma gettò le basi per il nuovo copyright nei paesi di common
law, imprimendo un indirizzo diverso rispetto alla concezione del droit d'auteur
dei paesi dell'Europa continentale, entrambi gli orientamenti intesero disciplinare
la proprietà intellettuale, garantendo al titolare dei diritti d'autore un esclusivo
diritto alla copia dell'opera protetta. La mancanza di concorrenza nella
riproduzione di tale bene, permette infatti una maggiore remunerazione al titolare
di quanto altrimenti avverrebbe, e quindi stimola la creazione di opere e la
diffusione della cultura.1
Il diritto di esclusiva così garantito dal diritto d'autore è molto potente, e rischia
talvolta di essere foriero di abusi, finendo per frustrare l'interesse pubblico alla
diffusione delle informazioni e delle opere creative, identificata questa come la
funzione socio-culturale del diritto d'autore stesso.2
Per poter bilanciare gli interessi contrastanti, tutti i sistemi di diritto d'autore,
accanto alle norme che tutelano l'autore, si sono equipaggiati di strumenti che
limitano tale esclusiva, o meglio che al suo interno individuano delle aree di
libertà d'uso.3 Tali limitazioni ed eccezioni, dette anche libere utilizzazioni,
funzionano come un meccanismo d'accesso, soprattutto quando l'informazione
non è distribuita in modo efficiente; se correttamente strutturate, pur senza
nuocere in maniera rilevante agli interessi dell'autore, le stesse possono soddisfare
il bisogno del pubblico tramite l'accesso a libri o ad altro materiale educativo, ed
inoltre possono permettere lo sviluppo dell'informazione e delle tecnologie di
1 S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based
Television Broadcasts”, University of Texas at Dallas, 1985, 3
2 G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law And The End-User”, Springler, 2008
3 H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection
in the Context of the Global Digital Divide”, IIC Vol. 36, 2005, 204
4
comunicazione che stanno trasformando l'attuale procedimento di produzione,
disseminazione e raccolta dell'informazione4.
All'interno di queste eccezioni, a seconda degli interessi sottesi, si può compiere
una distinzione, anche se in seguito ai cambiamenti tecnologici tale differenza va
assottigliandosi, tra utilizzazioni libere per “pubblico interesse”, come le eccezioni
a scopo di critica o insegnamento, oppure per “uso privato”, cioè limitate all'utilità
del singolo, nella sua dimensione domestica o privata.
In quest'ultima dimensione si colloca l'eccezione di copia privata.
Nata in Germania verso gli anni '50, in risposta ai primi cambiamenti tecnologici
che cominciavano a modificare il mondo dell'entertaiment, e regolata nella
normativa autoriale tedesca, pochi anni dopo, l'eccezione di riproduzione ad uso
privato delle opere audiovisive, dietro pagamento di un equo compenso, fu
introdotta progressivamente e codificata nella maggior parte dei sistemi normativi
europei, che tradizionalmente adottano un sistema di eccezioni al diritto d'autore
chiuso, tramite un 'elencazione degli usi tollerati.
Negli Stati Uniti nel frattempo, si assisteva al tentativo di espandere la portata del
fair use, la più importante delle eccezioni al copyright statunitense, che consiste in
un principio, di stampo giurisprudenziale, che permette di limitare l'esclusiva
dell'autore accordando all'utente alcuni utilizzi non autorizzati, secondo una
generale “rule of reason”, senza comportare una necessità di compensazione,
applicandolo alle nuove tecnologie che permettevano agli utenti la riproduzione
domestica di materiale protetto. Nel celebre caso Betamax, nella metà degli anni
ottanta, venne ritenuto fair use la riproduzione domestica di programmi televisivi
allo scopo di postergarne la visione, il cd time shifting. Una decina di anni dopo,
sotto la pressione delle lobbies discografiche, veniva emanato il controverso
Audio Home Recording Act5, che introduceva un'eccezione legale per la
registrazione privata di opere audio, dietro il riconoscimento di un compenso.
L'avvento del digitale e della rete telematica ha messo tuttavia in
4 B. Hugenholtz – R. L. Okediji, “Conceiving an International Instrument on Limitations and
Exceptions to Copyright”, Study for the Open Society Institute, 2008
5 Audio Home Recording Act, 1992- 17 U.S.C. §§ 1001–10
5
discussione tutta la struttura giuridica tradizionale delle libere utilizzazioni, con un
impatto immenso sulle modalità di produzione, modificazione, disseminazione e
consumo delle opere creative digitali.6,
Grazie ad Internet tutti i limiti tecnologici che affliggevano la produzione
dell'informazione possono dirsi superati: la digitalizzazione dei contenuti ha in
effetti permesso di effettuare copie identiche all'originale, e la rete web, la cd
superstrada dell'informazione, permette una vera e propria disseminazione delle
opere.7 In questo nuovo contesto, gli utenti di Internet, attraverso i dispositivi
digitali sono in grado di giocare il ruolo di creatori, ri-creatori e distributori di
particolari tipi di informazioni.8
Se prima infatti la libertà di utilizzo privato riguardava la realizzazione di copie
analogiche, di qualità inferiore all'originale e spesso costose, che rappresentavano
uno dei limiti della pericolosità della copia privata e della sua scarsa possibilità di
danneggiare il mercato dell'opera originale, oggi le nuove tecnologie permettono
la realizzazione di copie perfette, senza particolari investimenti, rendendo inoltre
disponibili strumenti e dispositivi per la ri-elaborazione dei contenuti. In questo
modo la digitalizzazione ha cambiato l'economia della creatività.9
Il nuovo cyberspace ha portato quindi alla messa in discussione delle
libere utilizzazioni, e della copia privata in particolare, mettendone in dubbio la
loro stessa opportunità. Si è diffusa infatti la protesta dei titolari dei diritti d'autore
dal momento che la nuova capacità delle copie digitali di sostituire l'acquisto
dell'originale, renderebbe insostenibile il mantenimento della corrispondente
libertà, così peraltro minando il monopolio sull'opera accordato all'autore.
Non c'è dubbio quindi che le nuove tecnologie dell'informazione abbiano
6 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: la copia privata”., AIDA, 2002, 150
7 P. Marzano, “Sistemi anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Diritto
d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, IDA, 2/1998, 149
8 G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law and the End User”, Springer, 2008
9 Shapiro – Varian, “Information Rules, A Strategic Guide to the Network Economy”, Harvard
Buisiness School Press, Boston, 1999, 85; Lessig, “Free culture - How Big Media Uses
Technology and the Law to Lock Down Culture and Control Creativity”, The Pinguin Press,
2004.
6
sconvolto il sistema di protezione del copyright10.
La risposta dei legislatori americano ed europeo al problema venne data
con il Digital Millennium Copyright Act del 1998 11 e la Direttiva 2001/29/CE, del
22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei
diritti connessi nella società dell'informazione, che rinforzarono le prerogative dei
titolari dei diritti. I due testi normativi, allo scopo di reprimere i fenomeni di
pirateria e di utilizzo illecito delle opere, hanno fornito una nuova ampia tutela
legale al Digital Right Management, ed alle relative misure tecniche di protezione,
riconoscendo un'ampia protezione alla difesa privata dei titolari dei diritti, al
punto che alcuni autori hanno provocatoriamente sostenuto che la protezione del
copyright potrebbe venire sostituita da tali misure di protezione.12
Il problema riguarda sopratutto la conciliazione tra libere utilizzazioni e misure
tecniche di protezione, quando quest'ultime precludano l'accesso, o comunque il
particolare uso tollerato, e la Direttiva europea, in particolare, non sembra aver
raggiunto una soddisfacente soluzione .
L'avvento delle tecnologie di peer to peer (p2p) - file sharing in seguito, ha
permesso una nuova condivisone senza precedenti delle copie digitali private tra
gli utenti di tutto il mondo, in maniera rapida e senza costi. Lo sviluppo di queste
reti per la condivisione di materiale ha suscitato l'entusiasmo di molti, che hanno
visto in tale sistema un 'enorme possibilità per la diffusione della cultura.
L'industria discografica all'opposto ha accusato tale sistema di essere responsabile
del declino del mercato dei CD musicali, e pertanto ha intrapreso una ferrea lotta
all'illegalità dei download di opere musicali, prima contro i fornitori dei servizi
p2p, come nel celebre caso Napster, quindi contro i singoli utenti.
10 C. Geiger, “The Private Copy Exception, An Area of Freedom (Temporarily) Preserved in the
Digital Enviroinment”, IIC Vol.37, 1/2006, 74
11 DMCA, 17 U.S.C. §§ 512, 1201–1205, 1301–1332;
12 B. Hugenholtz – N. Helberger, “NO PLACE LIKE HOME FOR MAKING A COPY - Private
copying in European copyright law and consumer law”, Berkeley Technology Law Journal,
2007, 1061-1098
7
Resta da chiedersi quale sia l'effettivo spazio di libertà della copia privata nel
nuovo ambiente digitale, la qual cosa lascia aperta una serie di quesiti. Se da un
lato le misure tecniche di protezione ne possono impedire la realizzazione,
dall'altro lato i titolari dei diritti d'autore sulle opere chiedono un'espansione delle
tipologie di dispositivi soggetti ad equo compenso, date la nascita e la diffusione
di sempre più mezzi capaci di riprodurre i contenuti protetti; ne è testimone il
continuo sviluppo delle capacità dei cellulari. Il paradosso sta nel dover pagare tali
levies sui dispositivi di riproduzione, quando poi la copia, per la quale si è pagato,
sarà impedita dalle misure tecniche.
In una prospettiva completamente diversa, è stata invece da molti sostenuta
l'ipotesi di inserire un sistema di compensazione in modo da estendere la
disciplina della copia privata anche ai sistemi di file sharing, in palese protesta
contro il rigore normativo, e la ritenuta spinta lobbistica delle case discografiche e
cinematografiche, che vorrebbero impedire lo sfruttamento di nuovi importanti
mezzi per la diffusione della cultura e delle informazioni.
8
Capitolo I
La Copia Privata
1.1 Fattispecie generale: l'eccezione di copia privata
“Some things remain free for the taking within a free culture, and that freedom is
good.” (L. Lessig)
Eccezioni e limitazioni, che compongono la materia delle forse più felicemente
dette “libere utilizzazioni”, sono chiamate a consentire utilizzazioni delle opere
creative altrimenti vietate dal severo regime di esclusive del diritto d'autore,
affievolendolo o in altri casi limitandolo.
Esse individuano diritti concorrenti aventi carattere eccezionale, o straordinario, 13
nel nome di interessi costituzionalmente garantiti come quello all'informazione,
alla libera discussione, alla ricerca ed all'accesso alla cultura. La funzione della
tutela accordata dal diritto d'autore, cioè garantire una remunerazione che allo
stesso tempo sia premio ed incentivo per l'artista, non è necessariamente
assicurata dalla protezione monopolistica accordata, ma anche da condizioni di
accesso e riutilizzazione delle opere protette da parte degli utenti.
Il diritto d'autore, del resto, ha sempre conosciuto limiti nella sua dimensione
temporale ma anche nella portata del proprio oggetto, andando a garantire a certe
categorie di utilizzazioni di opere, ritenute particolarmente utili, il “crisma” della
libertà14.
13 Luciano Daffarra, “Le libere utilizzazioni e le utilizzazioni illecite”, 2003, disponibile su:
http://www.dirittodautore.it/page.asp?mode=Articoli&IDQ=30
14 G. Mazziotti, “Contenuti digitali e leggi analogiche”, intervento su Corriere.it, 2008,
9
Queste libere utilizzazioni segnano così i confini naturali del diritto d'autore 15, ne
determinano l'esaurimento, e definiscono la libertà altrui di accedere liberamente
alle opere d'ingegno16.
Rivestono così un’importante funzione di “valvola di sfogo” del sistema del diritto
d'autore, assolutamente necessaria nell'ottica della realizzazione di un mercato
equilibrato e simmetrico, nonché in funzione di un bilanciamento tra l'interesse
dei titolari dei diritti d'autore e l'interesse di accesso alla cultura degli individui.
Il diritto all'informazione e alla cultura prende forma nella legge soprattutto con il
diritto di copia per uso personale17, che è libero ma a determinate condizioni.
L'esclusiva autoriale trova la propria funzione nel permettere che lo sfruttamento
dell'opera sia oggetto di scambi contrattati, e nel rendere possibile un sistema di
scambi negoziati avente ad oggetto l'idea materialmente intesa o il bene che la
incorpora18. Tuttavia questa funzione viene meno nel rapportarsi con gli atti
personali, che non è possibile mantenere sotto controllo, non possono essere
negoziati e non si prestano ad una valutazione di produttività imprenditoriale19.
In tempi di “digitalizzazione” delle opere, occorre sempre considerare che il
fondamento razionale delle libere utilizzazioni deve poggiare saldamente sulla
funzione economica che è insita nel diritto d'autore, dal momento che le libere
disponibile su: http://vitadigitale.corriere.it/2008/05/contenuti_digitali_e_leggi_ana.html
15 Tozzi, atti convegno “Scenari e prospettive del diritto d'autore”, Roma, 27 maggio 2008, 182,
disponibile su: http://www.librari.beniculturali.it/upload/documenti/DirittoAutoreOKpw.pdf?
l=it
16 V.M. De Sanctis, atti del convegno: “Scenari e prospettive del diritto d'autore”, Roma, 27
maggio 2008, 84
17 V.M. De Sanctis, atti del convegno, op. cit, 84
18 La prima configurazione del copyright rifletteva un'idea di bargaining tra autori e pubblico,
ove quest'ultimo, rinunciando ad una serie limitata di utilizzazioni libere delle opere,
permetteva agli autori una remunerazione sufficiente ad incentivarne l'attività creativa,
mediante il riconoscimento del monopolio temporaneo sulle utilizzazioni. Come frutto della
contrattazione, il pubblico si vedeva riconosciuti usi come la fruizione privata, la critica, il
commento e la riutilizzazione delle informazioni contenute nell'opera.
Negli ultimi trent'anni si è passati invece ad un concetto di copyright come sistema di
incentivi, per cui qualsiasi incremento della protezione comporterebbe un aumento
direttamente proporzionale della creatività e viceversa (G. Mazziotti, “Il diritto d'autore
comunitario nel nuovo ambiente digitale”, Cyberspazio e Diritto 7.1, 2006, 55-115 , nota 4).
19 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, AIDA, 1992, 38
10
utilizzazioni potrebbero sottrarre una occasione di vendita al titolare.
In assenza di una regolamentazione che incentivi la creazione di opere protette
attraverso la remunerazione, gli autori sarebbero vittime del free riding, non
potrebbero cioè appropriarsi in modo esclusivo dei vantaggi dello sfruttamento
economico dell'opera ed il risultato sarebbe un disincentivo alla creazione 20, con
conseguenti contraccolpi allo sviluppo della cultura.
Nell'analizzare il rapporto tra libertà e privative nel diritto d'autore, Sarti 21
nota come il meccanismo dello ius excludendi, accordato ai titolari delle opere, si
esplica su due fronti. La tutela più forte è data dall'estensione dell'esclusione alle
utilizzazioni di secondo grado: l'art. 19 della Legge 633 del 1941 (in seguito Lda)
in Italia, riconosce il principio di indipendenza dell'esercizio dei diritti di
esclusiva, permettendo al titolare del diritto d'autore di negoziare separatamente le
diverse ed ulteriori modalità di sfruttamento dell'opera, e di percepire una
remunerazione a fronte di ogni forma di utilizzo della creazione, per tutte le
utilizzazioni di tipo imprenditoriale.
Una seconda forma di tutela, che interessa la riproduzione privata, considera tutte
quelle fattispecie in cui l'utilizzazione di secondo grado fuoriesce dalla portata
dello ius excludendi, andando tuttavia a determinare un diritto al compenso22.
Con l'avvento delle tecnologie digitali e telematiche e, in particolare, come si
vedrà più avanti, con il fenomeno del cd file sharing, che permettono in larga
scala lo scambio di materiale, anche protetto, si è presentato il rischio di mettere
gravemente a repentaglio “il diritto di monopolio più elementare da sempre
20 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, Aida, 2002, 151-155. L'Autore continua
specificando le diverse funzioni del diritto d'autore nel fissare le condizioni di mercato del
bene, la quantità di prodotti da immettere, le varie questioni accessorie come il migliore
sfruttamento e la diffusione delle opere, sottrarre l'autore dall'influenza del potere pubblico e
dal mecenatismo.
21 P. Sarti,“Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 47-49
22 Questa ipotesi, continua Sarti, riguarda varie fattispecie tra le quali la radiodiffusione di opere
rappresentate in luogo pubblico (art. 52 ss Lda), l'esecuzione in pubblici esercizi con mezzi
meccanici di opere di radiodiffusione (art. 58 Lda), e il caso di utilizzazione pubblica del
supporto sonoro (art. 73 Lda).
11
concesso agli autori, cioè il diritto di riproduzione in copia delle opere protette”23,
In questo senso si nota come nell'ultimo cinquantennio il copyright abbia
progressivamente “cambiato pelle”, adeguandosi alle nuove prospettive introdotte
dalle evoluzioni della tecnologia24.
Risulta evidente peraltro la contrapposizione dei sistemi anglosassoni rispetto
a quelli europei: la fisiologia del copyright, impostata sulla protezione prettamente
economica dell'opera creativa, ha faticato molto per riconoscere al consumatore la
facoltà di effettuare copie anche solo domestiche25; l'impostazione europea del
droit d'autor, incentrata sulla tutela morale ed economica dell'autore 26, concede
invece una certa importanza all'interesse del consumatore e ne crea un'apposita
disciplina con l'obbiettivo di contemperare gli interessi in gioco, ammettendo la
facoltà di copia entro certi limiti, e concedendo un equo compenso agli autori.
La ratio dell'eccezione di copia privata sembrerebbe quindi risiedere
nell'impossibilità materiale di un controllo penetrante sulle riproduzioni
domestiche, per i costi da sostenere nella ricerca dei responsabili, e anche in
considerazione del rispetto dovuto al diritto della privacy27.
23 G. Mazziotti, "Monopoli elettronici e utilizzazioni libere nel diritto d'autore comunitario", Il
Diritto di Autore 75, 2004, 153
24 Ibid, 152
25 Come si vedrà, la dottrina del “fair use” e “del “fair dealig” aveva riconosciuto solamente il cd
time shifting concedendo all'utente un'operazione di “home taping” relativa a trasmissioni
televisive.
26 G. Mazziotti, Monopoli elettronici e utilizzazioni libere nel diritto d'autore comunitario",
op.cit, 153
27 D. De Angelis,“La tutela giudica delle opere musicali digitali”, Giuffrè, Milano, 2005, 148.
D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 155, sottolinea come tuttavia
questa visione non sia pienamente condivisibile, dovendo invece l'ordinamento lasciare libero
il titolare di decidere, attraverso una valutazione benefici-costi se intraprendere l'azione o
meno; si rischierebbe altrimenti di sostituire il giudizio astratto del legislatore a quello
economico e concreto dell'operatore. L'inefficienza della repressione non sarebbe poi
dimostrata dal momento che si potrebbero verificare ipotesi di riunione dei titolari in strutture
atte al perseguimento dei responsabili delle condotte illecite.
Così anche P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 38, sostiene che
l'ordinamento non vuole riconoscere al creatore una remunerazione qualsiasi, ma proprio il
compenso che il titolare ritiene più conveniente in seguito alla negoziazione dell'opera sul
mercato, valorizzando così i meccanismi della vera contrattazione nell'attività di diffusione
delle creazioni intellettuali.
12
Tuttavia, occorre sottolineare come la natura del compenso non sia “risarcitoria”
per un mancato guadagno dell'autore, ma sia invece una pretesa autonoma che
andrebbe a tutelare l'interesse a percepire una remunerazione per ogni nuova
modalità di sfruttamento dell'opera28, così aumentando la tutela dell'autore da un
lato, e considerando il diritto di accesso dell'informazione del consumatore-utente
dall'altro.
****
Si ripercorrono di seguito, in breve, le tappe che hanno portato alla disciplina
vigente in Europa, con particolare attenzione al nostro sistema, e quindi alla
qualificazione dell'istituto della copia privata.
La disciplina relativa alle riproduzioni per uso personale in Italia è oggi prevista in
due articoli della Lda: l'art. 68 sulla riproduzione privata e sulla fotocopia di libri,
e l'art 71 sexies per quanto riguarda la copia privata di fonogrammi e
videogrammi.
L'eccezione di copia privata in ambito audiovisivo è stata introdotta in Italia per la
prima volta con la legge 5 febbraio 1992 n 9329, sulla scorta della legislazione
internazionale e delle normative presenti da tempo in altri paesi europei.
In base a queste normative, il titolare dei diritti d'autore e/o connessi (d'ora in poi
“i diritti d'autore”, tralasciando in questa sede le differenze tra le due categorie),
come già detto, detiene il diritto esclusivo di sfruttare economicamente l'opera, in
ogni forma e modo.
Il sistema di protezione accordato dal diritto d'autore si basa tradizionalmente sul
28 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit.., 51
29 Il principio di libera utilizzazione privata delle opere creative non era stato storicamente
sostenuto con vigore nel nostro paese. Innanzitutto perchè non era espressamente previsto da
alcuna norma. Infatti la Lda prevedeva fra le utilizzazioni libere (art. 65 ss Lda ) soltanto
particolari ipotesi di atti personali, e bisognava postulare a contrario l'esistenza di una regola
generale per cui l'utilizzazione privata rientrasse nel diritto d'autore, che si basava sopratutto
sul disposto dell'art. 68 Lda. Quest'ultimo però prevedeva riproduzioni ad uso personale dei
lettori con mezzi non idonei allo spaccio e diffusione dell'opera, lasciando intendere vietati tipi
di riproduzioni private tramite mezzi meccanici. P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”,
op. cit., 34, nota 5
13
controllo degli esemplari materiali delle opere di ingegno: il titolare ha il diritto
di vietare la riproduzione della sua opera, o di consentirla solo dietro pagamento
di un compenso30.
L'avvento delle nuove tecnologie di riproduzione, a partire dagli anni '60, ha
incrinato il sistema mettendo il privato nella possibilità di effettuare copie sempre
più fedeli all'originale in ambito domestico, così ponendo la complessa questione
al centro del dibattito dottrinale.
L'opinione prevalente aveva quasi sempre sostenuto che la copia privata rientrasse
nell'ambito del diritto d'autore. La Convenzione di Roma31, la CUB32, la
Convenzione Universale sui diritti d'autore33, la Convenzione sui Fonogrammi34 e
la Convenzione europea sulla protezione delle trasmissioni televisive35 seguivano
di fatto tale orientamento. L'introduzione della prima disciplina per la copia
privata opera
in Germania nel 1965, a seguito di due decisioni della Corte
Federale Suprema, il BGH, rispettivamente del 1955 e del 1964.
Con la sentenza del 18 maggio 1955, il BGH per la prima volta prese posizione in
una controversia, che si sarebbe protratta per tutto il decennio, tra la collecting
society GEMA36 contro la Grundig37.
La Corte stabilì che nell'ipotesi di conflitto fra utilizzatore dell'opera e titolare del
30 Ubertazzi - Marchetti,“Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”,
Cedam, IV edizione, 2007, Padova, 1698
31 Convenzione internazionale relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei
produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione, firmata a Roma il 26 ottobre
1961.
32 Convenzione d'unione di Berna per la protezione delle opere artistiche e letterarie, del 9
settembre 1886, completata a Parigi il 4 maggio 1896, riveduta a Berlino il 13 novembre 1908,
completata a Berna il 20 marzo 1914 e riveduta a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles il 26
giugno 1948, a Stoccolma il 14 luglio 1967 e a Parigi il 24 luglio 1971.
33 La Convenzione universale sul diritto d'autore venne firmata a Ginevra il 6 settembre 1952.
34 Convenzione per la protezione dei produttori di fonogrammi contro la riproduzione non
autorizzata dei loro fonogrammi, firmata a Ginevra il 29 ottobre 1971
35 Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989.
36 Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte (Società
per i diritti di riproduzione meccanica e l'esibizione musicale) è un'organizzazione dei diritti di
esibizione tedesca. È un membro di BIEM e CISAC.
37 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 41. La GEMA lamentava la condotta della
Grundig che pubblicizzava la capacità dei propri prodotti di effettuare registrazioni di opere
fonografiche, senza avvertire i consumatori dell'esistenza del divieto di riproduzione di opere
protette.
14
diritto d'autore, la prevalenza dovesse essere accordata all'interesse di
quest'ultimo, con il riconoscimento a suo favore di una remunerazione per ogni
utilizzo, anche se non fosse direttamente individuabile una perdita di profitto.
Con la seconda decisione, la Corte individuò, da un lato, il vantaggio diretto che i
produttori di apparecchi idonei alla registrazione ottenevano dalla copia privata;
dall'altro lato, ritenne che la collecting society tedesca, la GEMA, non aveva
diritto ad obbligare i produttori a rilevare i dati personali dei propri acquirenti,
ravvisando un diritto alla privacy da difendere.
Su queste basi, con la Legge del 1965, il legislatore tedesco introdusse l'eccezione
di copia privata, istituendo una società per la raccolta e distribuzione dei compensi
da essa derivanti38.
Nel 1985, a seguito dell'avvento di nuove tecnologie, e del netto superamento di
quelle di registrazione ormai obsolete ed in declino prese in considerazione dalla
legge del 1965, veniva riformata la disciplina della copia privata in modo tale da
assoggettare al compenso anche i supporti vergini. Nel 2005, una ulteriore
modifica ha aggiornato la disciplina con la considerazione del nuovo ventaglio di
problematiche che andava imponendosi, per la diffusione in larga scala dei
personal computer e la digitalizzazione dei contenuti.
Sulla scorta dell'esempio tedesco, anche la Francia, nel 1985, ha adottato una
disciplina per la copia privata introducendo lo schema del diritto al compenso,
seguita poi, negli anni a venire, dagli altri principali paesi europei.39
Lo sviluppo di queste nuove potenzialità di sfruttamento delle opere e la
conseguente trasmissione di materiale protetto, ha messo in crisi il sistema di
privative d'autore ed ha reso necessario determinare se l'esclusiva, e quindi
38 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1700
39 Dopo Germania e Francia hanno adottato una disciplina per la copia privata: Austria (1980),
Ungheria (1982), Finlandia (1984), Islanda (1984), Olanda (1990), Spagna (1992), Svizzera
(1993), Italia (1993), Grecia (1993), Belgio (1994), Polonia (1996), Portogallo (1998), Svezia
(1999). Come si dirà più avanti, solo Gran Bretagna e Irlanda (e Lussemburgo) non hanno
adottato questo sistema e hanno previsto invece un sistema di “fair dealing”.
Cfr: Ubertazzi - Marchetti, “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”,op. cit., 1699.
15
l'estensione del diritto d'autore, possa arrivare a coprire anche l'ambito
domestico40.
Come già sottolineato41, in Italia l'opinione di gran lunga prevalente era
contraria al principio di libera utilizzazione privata42.
La soluzione sembrava essere introdotta dalla Legge 93/1992 che se, da una parte,
ispirandosi al sistema tedesco, riconosceva ai titolari dei relativi diritti d'autore e/o
connessi il diritto all'equo compenso, dall'altra parte sembrava proprio affermare
indirettamente il diritto del consumatore alla copia per fini privati43.
La Legge 5 febbraio 1992 n. 93 che, non novellando la Lda, aveva autonomia
normativa, ha previsto, all'art. 3, a favore di autori e produttori, diritti per le
registrazioni prive di scopo di lucro. Le condizioni di liceità per consentire tali
registrazioni erano le seguenti: i) l'ambito privato della riproduzione e per il solo
uso della persona che la realizza; ii) la mancanza di scopo di lucro (il quale
avrebbe potuto consistere in un beneficio economico diretto o indiretto).
Ulteriore elemento necessario era costituito, logicamente, dalla corresponsione del
compenso previsto, pari ad una quota del prezzo di vendita, al rivenditore di nastri
o supporti analoghi di registrazione, audio e video, e di apparecchi di registrazione
audio stessi (ad esclusione dei soli videoregistratori).
Questa normativa, che ha avuto una lunga fase di gestazione, è stata dettata
nell'interesse primario dei creatori delle opere di ingegno, e non è stato
dimenticato, ma addirittura considerato dal punto di vista economico paritario,
l'interesse degli industriali (produttori fonografici) e degli artisti interpreti.
Il
compenso trovava ragione nel fatto che, in queste forme di duplicazione
40 La Corte Suprema Federale Tedesca nel 1964 riteneva impossibile sopprimere la copia privata,
che pur violava il copyright, proprio perchè si sarebbe violato il diritto all'inviolabilità del
domicilio. K.J. Koelman, “The levitation of Copyright: An economic View of Digital Home
Copying, Levies and DRM”, Enterteiment Law Review, 4/2005, 75
41 Vedi nota 17
42 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit.,1699
43 In questo senso G. Sena, sottolineando come l'eccezione di copia privata si ricavi, in via
interpretativa, per effetto della previsione del diritto al compenso dei titolari dei diritti d'autore
e connessi di opere audiovisive, per le registrazioni private ad uso personale senza scopo di
lucro di tali opere:“Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione”, op. cit.,
58
16
privata, il diritto d'autore subisce comunque una compressione che rende quindi
essenziale il diritto di remunerazione, come forma di tutela44.
Tali norme andavano quindi a rafforzare la difesa dell'autore introducendo lo
schema del compenso per le utilizzazioni non controllabili, senza che queste
tuttavia venissero considerate lecite.45
In effetti il problema della copia privata era già nato nell'ambito della
reprografia privata, poiché il progresso tecnologico aveva prodotto una
significativa concorrenza delle fotocopie rispetto all'editoria commerciale.
Ma se in un primo periodo, fotocopiatrici e registratori permettevano riproduzioni
analogiche che si avvicinavano all'originale, senza tuttavia essere mai perfette,
oggi con l'avvento della cd. era digitale la tecnologia ha portato alla possibilità di
ottenere facilmente una copia identica all'originale, con mezzi accessibili alla
maggioranza degli utenti.
In questo nuovo contesto, quindi, si è acceso un rovente dibattito sulla possibilità
di ritenere lecita anche la copia privata digitale, e su come conciliarla con il
(perdurante) diritto esclusivo a favore dei titolari dei diritti.
Il problema viene quindi affrontato a livello comunitario, con una prima
presa di posizione sul tema, tramite il Libro Verde “sui diritti d'autore ed i diritti
connessi nella società dell'informazione” del 1995. Già nella sua redazione viene
messa in luce l'importanza degli strumenti tecnologici di protezione, e viene
quindi sostenuta l'opportunità di incentivare l'adozione di sistemi standard per
l'identificazione dell'opera, nonchè per la gestione automatica dei corrispettivi per
44 L. Chimenti, “Lineamenti del nuovo diritto d'autore”, 2000, Giuffrè, 212-14
45 V.M. De Sanctis,“La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, IDA, 2004, n. 2,
121. L'autore nel sostenere l'erroneità del concetto di “degradazione” del diritto d'autore in
diritto al compenso, sottolinea come nell'introdurre lo schema del compenso per le utilizzazioni
non controllabili, la legge 93/1992 non andava a considerarle lecite per il solo fatto che
all'autore fosse riconosciuta comunque una remunerazione.
Tale questione era stata affrontata anche dalla giurisprudenza che tuttavia, stante
“l'assoluta impotenza dell'ordinamento (e degli aventi diritto) alla repressione dei
comportamenti in questione”, aveva declassato la questione della liceità come del tutto
accademica ( Trib. Milano 19 giugno 1995, Thomson Consumer Electronics Marketing Italia
s.p.a. - contro SIAE, in AIDA, 1995, . 695)
17
l'utilizzazione economica delle opere in rete46.
Il sistema del compenso veniva considerato dalla Commissione Europea
strumento di tutela sufficiente nei casi in cui le misure tecniche di protezione non
consentissero di impedire la copia privata digitale. Diverso, secondo la
Commissione, doveva essere il trattamento quando le tecnologie potessero
proteggere in via assoluta l'originale dell'opera dalla copia digitale. In questo
caso, allorchè comunque poteva ritenersi esaurientemente tutelato il diritto
all'accesso all'informazione del consumatore da una copia analogica, di qualità
inferiore e non identica all'originale, quindi non considerabile pienamente
competitiva con essa, non doveva essere previsto alcun compenso.
In tale caso, il riconoscimento dello ius excludendi a favore degli autori, rimaneva
la soluzione più efficace47.
Il legislatore comunitario proseguì quindi con l'emanazione della Direttiva
CE 01/29 del 22 maggio 2001, relativa all'armonizzazione di taluni aspetti del
diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione.
La Direttiva è frutto di duri scontri fra varie lobbies che, per interessi contrastanti,
hanno rallentato il lungo iter della normativa (oltre quattro anni), al punto che
ancora nel gennaio 2001 si presentavano emendamenti sopratutto in ordine alle
cd. eccezioni e limitazioni48.
La Direttiva doveva rispondere alla necessità che le eccezioni venissero
uniformemente trattate e definite, in modo tale da garantire il corretto
funzionamento del mercato interno dell'Unione Europea 49 (in questo senso i
Considerando n. 7 e n. 32).
La soluzione più semplice consisteva nell'avvio di un processo di unificazione
delle legislazioni nazionali, in modo tale da generare diritti di privativa autoriale,
46 G. Cassano, “Diritto dell'internet e delle nuove tecnologie telematiche”,– I.P. Cimino,
CEDAM, 2009, 333-335
47 Ubertazzi-Marchetti,“Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”,
op. cit., 1700
48 G. Sena,“Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione”, op. cit., 10
49 L. Daffarra ,“Le libere utilizzazioni e le utilizzazioni illecite”, op. cit.
18
uniformi e riconosciuti in tutto il territorio comunitario50.
Numerose sono state quindi le critiche per il mancato raggiungimento
dell'auspicata armonizzazione. In particolare si è ritenuto che la Direttiva finisca
con il legittimare monopoli elettronici, che relegano in una posizione di incertezza
le libere utilizzazioni ed il pubblico dominio delle opere 51. In essa in effetti si
prevede un sistema facoltativo di eccezioni e limitazioni, il quale rischierebbe
proprio di impedire l'armonizzazione del mercato comunitario, poiché non
garantisce che la medesima eccezione venga applicata in tutta l'Unione, né che
venga riconosciuta con la stessa intensità, generando così quello che è stato
ritenuto un sistema a “macchia di leopardo”52. Si è sostenuto inoltre che il
legislatore comunitario
sembri aver
perso un'occasione per aggiornare le
eccezioni rispetto alle originalità del nuovo panorama digitale, ai nuovi modelli di
distribuzione delle opere, come
i Creative commons53, in relazione ai quali,
nonostante la gratuità dell'opera, il consumatore si vede onerato dal pagamento del
compenso54.
La Direttiva quindi esprimerebbe una scelta diversa rispetto all'approccio
legislativo seguito a livello internazionale, ove i vari trattati 55 si sono diretti verso
l'abbandono di un sistema elencativo di eccezioni e limitazioni, approssimandosi
50 G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op.cit, 10
51 Ibid, 7
52 P. Marzano, “Sistemi anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Diritto
d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op.cit, 290, a cui si aggiunga il ritardo di alcuni paesi
nel recepimento della Direttiva.
Nello stesso senso la Commissione Europea nel documento sulla copia privata dell'aprile
2008: “The result is that different levies apply in relation to the same products across Europe”
(Backgorund document: “fair compensation for acts of private copying”,.3
http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/background_en.pdf
53 Licenze Creative Commons è la denominazione di alcune licenze di diritto d'autore redatte e
messe a disposizione del pubblico a partire dal 16 dicembre 2002 dalla Creative Commons, un
ente non-profit statunitense fondato nel 2001.
Queste licenze, che si ispirano al modello copyleft, in sostanza, rappresentano una via di
mezzo tra sistemi "full-copyright" e sistemi"no-copyright": da una parte la protezione totale
operata dal concetto di "All Rights Reserved" e dall'altra, una libertà senza obblighi che
comporta anche dei rischi, quali ad esempio lo sfruttamento. (Disponibile su:
http://it.wikipedia.org/wiki/Licenza_Creative_Commons)
54 § 4 Backgorund document: “fair compensation for acts of private copying
55 Ci si riferisce ai Trips ed ai due Trattati OMPI del 1996
19
invece ai sistemi di common low56. Evidentemente, nel perseguire l'obbiettivo di
armonizzazione dei diritti, il legislatore ha preferito evitare un sistema elastico.
Infatti la Direttiva, all'art. 5, prevede una sola eccezione obbligatoria al diritto
d'autore57 ed una serie (19) di eccezioni facoltative, tra le quali l'eccezione di
copia privata, per contro effettuando un'estensione della portata del concetto di
riproduzione58.
E' stata quindi realizzata un'armonizzazione “relativa”59: da un lato infatti vengono
armonizzate le differenti normative sul diritto di riproduzione, precludendo
qualsiasi eccezione, almeno in ambito digitale, oltre a quelle espressamente
previste come concedibili.
Tuttavia, salvo quella contemplata al comma 1, circa le riproduzioni temporanee,
transitorie ed accessorie, le altre eccezioni sono tutte facoltative, rimettendo la
scelta al legislatore nazionale.
Ogni stato membro è libero quindi di operare in modo differente, introducendo o
no, la disciplina. Per questo, come già sottolineato, sembra destare viva
preoccupazione il risultato possibile della disciplina: “perpetuare se non
aggravare i preesistenti ostacoli alla liberazione della circolazione delle merci e
della prestazione di servizi in ambito europeo”60.
Evidenza di quanto sopra esposto è rinvenibile nella situazione di Inghilterra ed
56 P. Marzano, “Diritto d'autore e digital technologies”, Giuffrè, 2005, 285
57 Si tratta dell'eccezione per la riproduzione temporanea, priva di rilievo economico proprio
perchè accessoria e necessaria nel processo di trasmissione in rete tra terzi ,con l'intervento di
un intermediario o un utilizzo legittimo di un 'opera.
58 “Tradizionalmente il concetto di riproduzione era limitato alla realizzazione di copie
permanenti e fissate su un supporto materiale che rende percepibile l'opera, e mai applicato alla
comunicazione dell'opera mediante esecuzione, rappresentazione e recitazione o diffusione a
distanza”(Sena, “Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione”, op. cit.
13). La dematerializzazione dei supporti causata dal digitale, la perdita di fissità dell'opera, ha
portato ad una rivisitazione del concetto di riproduzione, che oggi ha per oggetto “la
moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte
dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia,
l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di
riproduzione.” Art. 13 Lda.
59 L. Chiementi, “La nuova proprietà intellettuale nella società dell'informazione”, Giuffrè,
2005, 50
60 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1699
20
Irlanda, che ben si sono guardate dall'inserire l'eccezione di copia privata. In
ossequio ad una tradizione di common low, viene fatta applicazione di un principio
diverso, il cd “fair dealing”61.
In Italia, l'art 71 sexies Lda, introdotto dal d. lgs. 68 del 2003, ha eliminato ogni
dubbio circa la liceità della copia privata per il legittimo possessore di un'opera di
ingegno62.
Il Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68 sull'attuazione della direttiva
2001/29/CE, ha infatti traslato il contenuto degli art. 2 e 3 della L. 93/1992 negli
articoli 71 sexies, septies e octies della Lda, con l'introduzione di una nuova
sezione II del capo V contenente le disposizioni sulle utilizzazioni libere,
dichiarando la liceità della riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi63.
L'importanza di questa modifica risulta ancor più rilevante poiché ad alimentare i
dubbi era intervenuta la legge cd. Antipirateria, del 18 agosto 2000 n. 248, che
aveva reso perseguibili, con sanzioni di carattere amministrativo, gli utenti che
effettuavano copie di opere legittimamente acquistate anche per uso personale64.
La novità della normativa sta inoltre nell'aver ampliato la sfera di applicazione
ai produttori di apparecchi di registrazione video, e di sistemi informatici idonei
alla registrazione dei videogrammi.
La previsione dell'art. 71 sexies, subordina la facoltà di effettuare la copia ad una
serie di condizioni che tendono a giustificare l'eccezione alla privativa autoriale:
61 Le cd eccezioni di “fair dealing”, prevedono tre importanti limitazioni ai diritti d'autore: a
scopo di ricerca o studio privato; a scopo di critica o revisione; a scopo di cronaca. La legge
inglese prevede inoltre un'eccezione cd di time shifting che consente di effettuare una copia ad
uso domestico di una trasmissione televisiva. Per nessuna di queste attività si prevede un
compenso. (Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1699)
Per un'analisi più approfondita del sistema di common law e del sistema del cd fair use, si
rimanda al secondo capitolo.
62 E. O. Policella, “Il diritto alla copia privata e l'equo compenso nel nuovo diritto d'autore”,
2003, disponibile su:www.diritto.it
G. Sena sottolinea efficacemente come la grande novità della disciplina stia nell'espresso
riconoscimento della liceità della copia privata di fonogrami e videogrammi alle condizioni
contenute nell'art. 71 sexies. In “Diritto d'autore e diritti connessi nella società
dell'informazione”, 2003, IPSOA, Milano, 59.
63 V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 123
64 O. E. Policella, “Il diritto alla copia privata e l'equo compenso nel nuovo diritto d'autore”, op.
cit.
21
•
che la riproduzione sia effettuata privatamente;
•
relativamente ai solo fonogrammi e videogrammi;
•
da una persona fisica;
•
per uso esclusivamente personale;
•
senza scopo di lucro, e senza fini direttamente o indirettamente
commerciali;
•
nel
rispetto
delle
misure
tecnologiche
di
protezione
dell'opera
eventualmente apposte dal titolare dei diritti;
La qualificazione di “privata” pare condurre all'esclusione dell'applicabilità
dell'eccezione quando vengano adoperati strumenti messi a disposizione da parte
di terzi, sopratutto da parte di chi svolga attività commerciale, cioè prestando
servizi di riproduzione65.
La lettera della noma annovera, tra i materiali assoggettati all'eccezione, i soli
fonogrammi ed audiogrammi, cioè le opere audiovisive, con l'esclusione quindi
di ogni altra opera protetta, salvo quanto previsto all'art. 68 Lda per le opere a
stampa. In particolare occorrerà escludere il software66, del quale si può effettuare
solo una copia cd di backup, o copia di riserva, ex art. 64 ter Lda.
La riproduzione poi può essere effettuata solo da una persona fisica, cioè da colui
che ne usufruirà per l'uso privato, come previsto all'art. 5.2 let b) della Direttiva
2001/29/CE.
Va notato che la copia privata può essere effettuata su qualsiasi supporto, e ciò
rileva nella misura in cui si risolve la controversia, precedente alla riforma, sulla
applicabilità o meno del compenso sui supporti digitali.
65 D. De Angelis,“La tutela giudica delle opere musicali digitali”, op. cit., 151
66 Ha comportato più problemi invece l'inquadramento di opere multimediali e videogiochi che,
se assimilate a software, sarebbero escluse dall'eccezione, mentre se qualificate come
videogrammi ne beneficerebbero.
Pone ancora più problemi il trattamento delle banche dati, sopratutto se contengono
fonogrammi e videogrammi, i quali beneficerebbero dell'eccezione di copia privata; tuttavia, se
la loro fruibilità dipendesse unicamente dalla contemporanea effettuazione di una copia della
banca dati, si creerebbe un conflitto, laddove si concludesse per l'esclusione dell'eccezione ex
art 64 sexies per le banche dati. (Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su
proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1704)
22
Uno dei problemi di maggior rilievo posto dalla Direttiva 2009/29/CE, e dalla sua
attuazione, riguarda la conciliazione tra misure tecnologiche di protezione e le
utilizzazioni private
Il Digital Right Managment (d'ora in avanti DRM) system e le relative misure
tecniche di protezione, cercano di ottenere un rafforzamento a livello pratico delle
difese giuridiche del diritto d'autore e dei diritti connessi che a loro volta le
proteggono, rendendo la loro alterazione o la loro elusione un illecito civile e
penale.
La disciplina dovrebbe effettuare una valutazione su due livelli. E' evidente da un
lato che un'applicazione delle misure, al di là dei limiti giuridici, sarebbe
pericolosa per la diffusione delle informazioni e della cultura, trasformando il
diritto d'autore in un diritto all'accesso, così tutelando più l'investimento di chi ha
realizzato il sito internet che la creatività degli autori67.
D'altro lato, tuttavia, la rimozione di dette misure lascerebbe priva di una tutela
efficace il diritto alla protezione delle opere.
Qualsiasi altro provvedimento idoneo, che non sia la rimozione, comporta il
raggiungimento di un accordo delle parti interessate che la legislazione può
favorire ma che non riesce a preordinare, per mancanza di una possibile soluzione
generale.68
Il nuovo art. 71 sexies Lda cerca di dare la soluzione a questo conflitto nel quadro
della copia privata; infatti al 1°comma sembra consentire la riproduzione ad uso
personale e senza scopo di lucro, purchè essa avvenga nel rispetto delle misure
tecnologiche di cui all'art. 102 quater Lda.
Si potrebbe quindi giungere alla conclusione che, in caso di apposizione di
misure, l'utente non possa realizzare la copia nemmeno per uso privato.
É evidente quindi la formale contraddizione interna all'art. 71 sexies Lda: dopo
che nel I comma impone ai beneficiari dell'eccezione il rispetto delle misure
tecnologiche di protezione apposte, nel IV comma concede agli stessi il diritto di
67 V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”,op. cit., 127
68 Ibid 127
23
obbligare i titolari dei diritti a consentire la copia privata per uso personale
nonostante l'esistenza delle misure tecnologiche.
Ulteriore limite all'eccezione di copia privata è disposto al III comma del 71
sexies, quando il titolare dei diritti metta a disposizione in rete l'opera “on
demand69”, e quando l'accesso sia consentito nell'ambito di accordi contrattuali
che limitino il numero di copie riproducibili.
L'art. 71 septies Lda disciplina invece il diritto all'equo compenso degli autori.
Mentre nella legge 93/1992 veniva fissato in una quota del prezzo di vendita, ora
il compenso viene stabilito ogni tre anni, con decreto del ministero dei Beni e
delle Attività Culturali, sentito il Comitato Consultivo Permanente per il diritto
d'Autore e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative dei
produttori degli apparecchi e dei supporti (peraltro il D.lgs. 68 /2003, all'art. 39 ne
stabilisce già la misura fino al 31 dicembre 2005; questa determinazione, per le
supposte pressioni delle lobby dei produttori, ha subito modificazioni – al ribasso
– rispetto ai primi testi del decreto).
Si è già osservato come il compenso non influisca sulla liceità o meno della copia.
A questo proposito, enfatizzando la funzione economica del diritto d'autore,
Galletti70 nota come la copia privata sia in sostanza un problema di insufficiente
distribuzione e trovi la propria legittimazione al verificarsi di un “market failure”,
cioè quando la struttura del mercato è fallace: all'utente non è consentito
contrattare con l'autore per ottenere una copia lecita; l'autore non offre condizioni
economiche che si concilino con la valutazione dell'utente; l'inefficiente offerta di
opere protette nel mercato produce esternalità negative che si riverberano anche
sui terzi e rischiano di non incentivare sufficientemente nuove creazioni,
arrivando a tradire lo spirito del diritto d'autore.
69 Ossia, letteralmente “in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento
scelti individualmente” ; v. 3 co. art 71 sexies Lda. De Sanctis ravvisa in questa previsione la
volontà del legislatore nel preferire la messa a disposizione “on demand”, in modo da limitare
il più possibile la copia privata alla luce delle diffuse vicende di pirateria organizzata. V.M. De
Sanctis “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit, 129
70 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 156-159
24
In questo senso si inserisce l'equo compenso, cioè un meccanismo per cui
l'ordinamento consente l'utilizzazione privata a condizione che venga versata una
remunerazione equa, ossia sufficiente a compensare l'autore. Così è il sistema a
fare il mercato.
Effetto indiretto di questo sistema è lo stimolo alla predisposizione di quelle
condizioni che assicurino un efficiente mercato: le utilizzazioni libere, concesse a
quella domanda di fruizione che non può essere soddisfatta dalla struttura di
distribuzione del titolare, sottraggono al medesimo possibilità di guadagno
potenziali.
Proprio in quest'ottica, il sistema a compenso non degraderebbe lo ius excludendi,
ma anzi segnerebbe una nuova tappa nel rafforzamento della tutela dell'autore71.
1.1.2 Assenza di scopi commerciali ed uso personale
Nel sancire la libertà della copia privata, il vecchio art. 68 Lda, al III comma, già
enunciava un divieto che rappresenta anche la chiave di lettura dell'intera
disposizione normativa in questione72: “è vietato lo spaccio di dette copie nel
pubblico ed in genere in ogni utilizzazione in concorrenza con i diritti di
utilizzazione economica spettanti all'autore”.
Il disposto della norma assoggetta la libertà di copia all'uso personale da intendere
come quell'uso che non interferisce, quantomeno in termini di concorrenza, con i
diritti esclusivi di utilizzazione economica spettanti agli autori. Il passaggio da un
ambito privato a pubblico determina infatti l'illiceità della copia.
Nel settore del diritto d'autore, il sistema si dimostra preoccupato del fatto che
l'opera, una volta divulgata, abbia una certa diffusione, sempre nel limite in cui
non vada ad arrecare un danno economico significativo al titolare, e proprio per
questo la copia privata ha uno spazio applicativo incentrato sul rilievo “personale”
71 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 56; così anche V. M. De Sanctis, “La
copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 121
72 B.M. Gutierrez, “La tutela del diritto d'autore”,,Giuffrè, 2000, Milano, 143
25
dell'accesso73.
Una nozione rigida di “uso personale” andrebbe quindi a definire quelle
utilizzazioni fatte dalla singola persona per usi suoi propri, precludendo l'attività
di copia finalizzata allo scambio, anche in una stretta cerchia di amici, senza
scopo di lucro.
Secondo la dottrina unanime tuttavia il termine “personale” non deve essere
interpretato come sinonimo di individuale, ma come l'uso in ambito privato, come
la cerchia familiare.74
In effetti la dottrina risulta molto divisa sulla questione, e se una parte attribuisce
una certa elasticità alla definizione di uso “personale” in riferimento al caso
concreto, affermando la qualità personale dell'uso laddove la personalità del
soggetto rimanga in primo piano 75, un'altra parte ritiene che il termine “personale”
debba interpretarsi più restrittivamente, e non possa coincidere con il concetto di
privato76.
Sulla differenza tra privato e personale anche in ambito comunitario la soluzione
è ambigua; comunque l'art. 5.2 lett b) della Direttiva CE 2001/29/CE utilizza il
termine “uso privato”.
Con l'introduzione dell'art. 71 sexies Lda, tuttavia, si deve ritenere che non sia più
possibile effettuare una ricostruzione unitaria del concetto di uso personale.
Infatti, mentre l'art. 68 Lda abbraccia un concetto più duttile, purchè al di fuori di
un ambito di utilizzazione economica, l'art. 71 sexies co.1 Lda, che riflette una
seria preoccupazione per il rischio della diffusione delle copie digitali, fa
riferimento all'uso esclusivamente personale della persona fisica-utente,
73 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 154
74 Così Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1686; M. Bertani, “Diritto d'autore ed uso personale 'non
sanzionabile'”, AIDA, 2000, 358. M. Fabiani, “La nozione di uso personale nel diritto d'autore
nei confronti delle possibilità offerte dalla tecnica moderna all'utilizzazione delle opere
d'ingegno”, IDA, 1955, 162-189, definisce l'uso privato, più felicemente detto in privato, come
l'uso nell'ambito della propria abitazione, da distinguere nettamente dall'uso personale, cioè
l'uso che procura un godimento alla sola persona dell'utilizzatore. Spesso tuttavia
nell’adoperarli, i due termini coincidono, nella misura in cui l'uso personale dell'opera avviene
in ambito privato.
75 V. Mangini, “Riproduzioni fotomeccaniche e loro uso personale”, Riv. dir. civ., 1961, I, 390
76 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 148
26
beneficiario dell'eccezione77.
La scelta per un significato restrittivo risulterebbe ancor più evidente dalla lettura
dell'art. 71-septies che recita testualmente: “Gli autori ed i produttori di
fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive e i produttori di
videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la
riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi di cui all'art. 71 sexies». Il
dettato denuncia la totale corrispondenza tra uso privato ed uso esclusivamente
personale78.
La copia privata non può poi avere scopo di lucro, né fini commerciali, diretti
o indiretti.
Secondo il dato letterale, la norma sembra significare che la copia privata non
possa essere utilizzata od utilizzabile per trarne un guadagno diretto o indiretto.
Così anche dall'analisi della normativa sovranazionale, emerge la presenza di un
principio prettamente economico del danno operato al titolare del diritto di
riproduzione, un danno di rilevanza apprezzabile. Tale danno si può individuare
in particolare nell'illecita concorrenza a livello commerciale.
La Convenzione di Berna, all'art. 9, e la Direttiva 2001/01/CE, all'art. 5,
richiamano appunto il concetto di concorrenza (o meglio, di “contrasto”) mediante
il normale sfruttamento economico dell'opera da parte dell'autore79.
Il fine di lucro80 evoca scenari di tipo commerciale e porta a rimarcare che la
finalità in parola, rispetto a quella in termini di “profitto”, segnala una prospettiva
di stampo economico, di arricchimento patrimoniale, con esclusione di
soddisfazioni di altra natura, ed è quindi chiaramente riconoscibile solo laddove
77 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1686
78 P. Di Fabio,“La nuova normativa sul diritto d'autore e la riproduzione per uso personale
dell'opera dell'ingegno”, Giust. Civ., 2003, 10
79 Ibid, 17
80 La Cassazione nella sentenza n. 149 del novembre 2006 definisce lo scopo di lucro in
riferimento alla riproduzione di opere protette come “un fine di guadagno economicamente
apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto, che non può
identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere; né l'incremento patrimoniale può
identificarsi col mero risparmio di spesa derivante dall'uso di copie non autorizzate di
programmi o altre opere di ingegno, al di fuori dello svolgimento di un'attività economica da
parte dell'autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l'abuso”.
27
sia dato riscontrare un'attività di tipo imprenditoriale.
Il cd Decreto Urbani del 200481, con l'intento di sanzionare maggiormente i
comportamenti illeciti, si era proposto di sostituire il riferimento ad un concetto di
lucro per introdurre invece quello di profitto82.
Si era quindi discusso sull'opportunità della scelta legislativa, poiché la finalità
lucrativa, che è un sottoinsieme del concetto di profitto 83, avrebbe portato a
considerare illecite una quantità di situazioni minori, e sarebbe stata meno lesiva
soprattutto in ambiti domestici.
In effetti il riferimento al concetto di profitto potrebbe comprendere quelle istanze
che fanno riferimento alla copia per una finalità di risparmio di spesa.
Il termine lucro sarebbe sinonimo di incremento patrimoniale positivo, di
guadagno economicamente apprezzabile, mentre il termine profitto, in quanto
nozione di portata più ampia, comprende anche la diminuzione patrimoniale,
evitata mediante l'operazione di duplicazione84.
Per quanto riguarda gli scopi commerciali, la soluzione corretta non sembra quindi
da individuarsi nel concetto di impresa commerciale di cui all'art 2195 c.c., bensì
nel concetto di attività di scambio, vale a dire di messa in circolazione, di spaccio,
di esemplari illeciti o, più esattamente, di preordinazione a tale attività di
scambio85.
Il legislatore comunitario, nel regolare la copia privata, con un atteggiamento più
morbido, fa riferimento alle sole finalità commerciali , quindi economicamente
significative, dandone una definizione ambigua, pur senza richiamare il concetto
di lucro, al considerando n. 42 della Direttiva 2001/29/CE86. Sembra oltretutto
81 Decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72
82 D. Minotti, “Legge Urbani, la situazione”, 2004, disponibile su:
http://punto-informatico.it/573732/PI/Commenti/legge-urbani-situazione.aspx
83 P. Sorbello, , “Diritto d'autore – Download di file musicali”, Rivista di diritto industriale, 2008,
parte II, 19. “La nozione di profitto può non avere carattere economico, potendo consistere nel
soddisfacimento di qualsiasi interesse, anche solo morale”
84 D. Coliva,“Tutela del software e liceità penale della copia interna”, 1997, disponibile su:
http://www.interlex.it/inforum/conv97/coliva3.htm#8
85 P. Di Fabio, “La nuova normativa sul diritto d'autore e la riproduzione per uso personale
dell'opera dell'ingegno”, op. cit., p18
86 “...la natura non commerciale dell'attività in questione dovrebbe essere determinata
dall'attività in quanto tale. La struttura organizzativa e i mezzi di finanziamento
28
che si vada riducendo la distanza tra i due termini 87, anche per l'indistinto modo di
loro utilizzazione all'interno di varie parti della direttiva.
Il sistema consente in conclusione tutte quelle forme di riproduzione che, per la
loro natura e per il fine del copista, non apportano alcun danno patrimoniale al
titolare dei diritti sull'opera. Quando la struttura del mercato non consente
all'utente di soddisfare la propria esigenza, a causa del prezzo troppo elevato, la
riproduzione non può dirsi concorrenziale, non arreca alcun pregiudizio, perchè
l'esemplare non sarebbe acquistato comunque. Concorrenza da intendersi nel
senso di alternativa, per il soddisfacimento, alla struttura distributiva dell'autore88.
In questo spirito infatti erano nate le utilizzazioni libere, nel bilanciamento tra
interessi del pubblico e del titolare che rispondeva ad una regola basilare:
l'estensione dello ius excludendi a tutte le utilizzazioni che si ponessero in
concorrenza con la struttura dell'autore89. La libertà dell'utilizzazione è
direttamente proporzionale all'assenza di una situazione di concorrenza.
1.1.3 Copia privata: un'eccezione o un diritto?
Resta comunque da risolvere la questione circa la portata del diritto di copia
privata, sopratutto nel suo delicato rapporto di convivenza con il sistema di DRM:
il diritto ad effettuare la propria copia cede il passo al diritto dell'autore di
proteggere la propria opera?
Occorre capire cioè, nel relazionarsi di questi due diritti, quale vada a tracciare il
limite dell'altro, e quindi se la copia privata sia in grado di rappresentare un
effettivo limite all'uso del DRM.
Innanzitutto va sottolineato che le eccezioni al diritto patrimoniale degli autori, il
quale si fonda su basi costituzionalmente molto salde, sono legittime solamente
dell'organismo di cui trattasi non costituiscono i fattori decisivi a tal fine”. (Considerando n.
42)
87 P. Di Fabio, “La nuova normativa sul diritto d'autore e la riproduzione per uso personale
dell'opera dell'ingegno”, op. cit., 19
88 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 172-173
89 P. Frassi, “Riflessioni sul diritto d'autore. Problemi e prospettive nel mondo digitale”, Riv. Dir.
Ind, 2002, I, 387
29
quando si fondino su interessi costituzionalmente garantiti e di rango pari o
prevalente rispetto a quelli degli autori; siano strumentali alla loro protezione,
rispettino il principio di proporzionalità e dunque non introducano ai diritti
patrimoniali degli autori limitazioni sovrabbondanti, in rapporto alla necessità di
tutela degli altri interessi costituzionali di volta in volta in gioco. Questa
prospettiva era già presente nell'art 9 del testo adottato a Stoccolma 1967 della
Convenzione di Berna che consente la riproduzione libera solo a determinate
condizioni90
Essendo stato introdotto un concetto di copia privata all'interno del sistema di
eccezioni all'esclusiva autoriale, è necessario di conseguenza soppesare la portata
del termine “eccezione”. Occorre cioè soffermarsi sul contenuto dell'art 71 sexies,
co. 4 Lda, ove si prescrive ai titolari dei diritti che, nonostante abbiano applicato
le misure tecnologiche di protezione di cui all'art. 102 quater Lda, sono tenuti a
consentire all'utente venuto in legittimo possesso dell'opera di effettuarne la copia
privata. È in altre parole necessario determinare se l'eccezione in questione
identifichi in capo al singolo utente un vero diritto assoluto oppure una semplice
posizione giuridica di rilievo, attivabile giudizialmente in caso di illegittimo
rifiuto da parte del titolare del diritto alla rimozione delle misure di protezione
anticopia.
Nel febbraio 2006, con la sentenza n. 546/06 91, la Corte Suprema francese si era
90 Si riporta qui di seguito il testo dell'art. 9, alinea 2, della convenzione di Berna: «Est réservée
aux législations des pays de l'Union la faculté de permettre la reproduction desdites oeuvres
dans certains cas spéciaux, pourvu qu'une telle reproduction ne porte pas atteinte à
l'exploitation normale de l'oeuvre ni ne cause un préjudice injustifié aux intérêts légitimes de
l'auteur».
91 Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione Francese ribaltava una sentenza della Corte di
Appello di Parigi che, nell'ambito di una decisione piuttosto contraddittoria, aveva affermato
da un lato che gli utenti non beneficerebbero di un “diritto” alla copia privata trattandosi di una
mera eccezione legale ai diritti d'autore, dall'altro lato aveva negato che i produttori avessero il
diritto di adoperare misure tecniche di protezione che impedissero la copia privata, così
implicitamente riconoscendo la valenza del diritto alla copia, sebbene esplicitamente negato.
(Diritto dell'internet,2007, commento di Giovanni Maria Riccio 239)
La vicenda riguardava l'acquisto di una copia del DVD “Mulholland Drive” prodotto da
Films Alain Sarde, editato dalla Società Studio Canal e distribuito da Universal pictures Vidèo
France. L'acquirente, sig. Stephane X, provava quindi a duplicare il DVD riversandone il
contenuto su di un nastro per videoregistratore ai fini di effettuare una proiezione domestica.
L'azione gli veniva tuttavia impedita a causa delle misure anticopia installate sul prodotto.
30
espressa al riguardo, andando nella sua analisi a saggiare il diritto di copia privata
e la sua applicazione in rapporto al diritto di protezione dell'opera dei titolari.
La Corte, da una parte, aveva così ammesso la legittimità della richiesta propria
dei consumatori di poter copiare dei contenuti legittimamente acquisiti, ma
dall'altra parte aveva stabilito nettamente che questa operazione non poteva
avvenire quando ne fosse conseguita una mancata possibilità di protezione da
parte dei titolari.
Secondo i giudici francesi quindi, in base alle legislazioni vigenti 92, la copia
privata non può costituire ostacolo all'inserimento nei supporti, sui quali è
riprodotta un'opera protetta, di misure tecniche di protezione destinate a impedire
la copia nel caso in cui, la copia stessa, possa arrecare un pericolo all’utilizzo
normale dell’opera.
Dalle statuizioni della Corte francese, è possibile evincere un diritto alla copia
privata che cede il passo, in caso di contrasto, al diritto di protezione dei detentori
dei diritti sull'opera stessa, nonchè un concetto di “eccezione” come di “non
Ritenendo le misure in contrasto con gli artt. 122 co. 5 e 211 co. 3 del codice della
proprietà intellettuale, tramite un'associazione dei consumatori, il sig. Stephane X adiva il
Tribunale di Parigi citando le anzidette società per ottenere il risarcimento dei danni.
In primo grado la domanda veniva rigettata in base ad una valutazione di preminenza del
diritto delle società a proteggere le loro opere sul diritto all'utente di copia privata.
Come già detto, la Corte d'Appello parigina ribaltava la decisione di primo grado, senza
tuttavia riconoscere apertamente un diritto assoluto di copia privata in capo all'utente., ma
accordando natura imperativa all'eccezione di copia privata.
Per un approfondimento sulla sentenza della Corte d'Appello vedi: Geiger, “The Private
Copying Exception, an Area of Freedom (Temporarily) Preserved in the Digital Enviroinment”,
op. cit., 74
92 La disciplina della copia privata in Francia è stata introdotta con la citata legge del 3 luglio
1985, che modificava la normativa sul diritto d'autore del 1957. Tuttavia a differenza dell'Italia,
la cui originaria normativa sulla copia privata, introdotta dalla citata legge n. 93 del 1992, è
stata radicalmente modificata, con il recepimento della direttiva 2001/29/CE, il legislatore
francese non aveva ancora trasposto il testo comunitario.
La disciplina applicabile dai giudici francesi risiede nell'art. 122 co. 5 del codice della
proprietà intellettuale, in virtù del quale l'autore non può impedire (i) les représentations
privées et gratuites effectuées exclusivement dans un cercle de famille e (ii) les copies ou
reproductions strictement réservées à l'usage privé du copiste et non destinées à une utilisation
collective.
Tra l'altro, l'interpretazione dell'“usage privè” accolta in Francia comprende anche il
cerchio familiare. Vedi la Decisione della Corte d'Appello di Parigi del 4 aprile 2007, IIC,
3/2008, 360; G. M. Ricco “Privati della copia privata? A proposito di una recente sentenza
della Cassazione francese”, Il diritto dell’internet, 2006., 240
31
diritto”: la copia privata quindi non sarebbe un diritto assoluto ma piuttosto una
sorta di concessione data dagli autori93.
In Italia invece, la maggiore dottrina si schiera a favore di una lettura della
disciplina della Lda che permetta di riconoscere in capo all'utente legittimo un
vero e proprio diritto soggettivo assoluto.
Non dovrebbe dubitarsi infatti della natura imperativa delle norme sulle
utilizzazioni libere e sopratutto sulla copia privata, proprio per il loro scopo di
correggere situazioni di market failure, sostenendo un modello di circolazione che
altrimenti sarebbe compromesso94.
All’interno di questa prospettiva di riconoscimento di un diritto soggettivo alla
copia privata, sembra anche inserirsi la costruzione stessa della normativa: da un
lato l'utente viene onerato dal pagamento del compenso, dall'altro lato, come già
osservato, il titolare è tenuto a consentire all'utente di effettuare la copia,
nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'art. 102 quater
Lda95.
Lo stesso tenore letterale dell'art. 71 sexies Lda, dove dispone che “i titolari dei
diritti sono tenuti a consentire” che l'utente, il quale abbia il possesso legittimo
del prodotto, realizzi “una copia privata ad uso personale”, sembrerebbe proprio
riconoscere un diritto dell'utilizzatore, l'esercizio del quale può tradursi in una
pretesa alla rimozione del dispositivo anticopia da fare valere in sede giudiziaria
(anche in considerazione dell'art. 171 ter lett. f bis) Lda), anche in via cautelare96.
La Lda inoltre, sembrerebbe sancire un “diritto” alla copia quando si prevede
all'art. 64 ter che “non può essere impedito per contratto, a chi ha il diritto di
usare una copia del programma per elaboratore, di effettuare una copia di
riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria per l'uso”. Dunque
93 A. Monti,“DRM: in Italia la copia privata è un diritto”, disponibile su: www.interlex.it, 2006
94 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 181. L'autore continua ravvisando
se mai un certa flessibilità per quelle norme che assistono la contrattazione sul mercato; le
norme correttive del mercato invece, che sono poste per fini di interesse pubblico e instaurano
regimi di circolazione che prescindono dal mercato stesso, devono senz'altro riconoscersi come
imperative.
95 D. De Angelis,“La tutela giudica delle opere musicali digitali”, op. cit., 150.
96 P. Spada, “Copia privata ed opere sotto chiave”, Rivista di Diritto Industriale, 2002 n.6, 598
32
questo divieto identifica una posizione giuridica soggettiva tutelabile in caso di
violazione dello stesso: un diritto alla copia.
Questa previsione era specifica per i software, in riferimento alla così detta copia
di “backup”, ma è stata ritenuta applicabile, analogicamente 97, alle opere
audiovisive, rendendo quasi possibile un' “osmosi”98 delle norme nell'ottica di una
miglior tutela del consumatore.
Contro una concezione di diritto soggettivo in favore della copia privata, alcuni
autori ritengono che la liceità della copia privata sia la conseguenza della
incapacità di prevenire il fenomeno che si trasforma in una forma di tolleranza del
legislatore. Dimostrerebbe l'assunto, in effetti, la previsione che considera attività
di riproduzione, soggetta ai normali diritti d'autore, la prestazione di servizi da
parte di imprese con scopo di lucro, per fini direttamente o indirettamente
commerciali, a favore di persone fisiche per un uso personale. Scopo della norma
è evitare la nascita di organizzazioni alternative e concorrenziali rispetto a quelle
che effettuano la distribuzione autorizzata dell'opera, proprio come avvenuto in
ambito reprografico. Fenomeno questo che si vuole prevenire sopratutto
nell'ambiente digitale, impedendo la formazione di siti web che permettano il
download di opere protette con licenza di scaricamento e riproduzione.99
Se quindi si poteva pensare che le recenti modificazioni della Lda avessero inteso
accordare una vera qualifica di diritto soggettivo assoluto alla copia privata, una
recente pronuncia del Tribunale di Milano è andata in direzione opposta e, in linea
col precedente francese, ha inteso riaffermare la prevalenza del diritto alla
protezione dei detentori del diritto d'autore e/o connessi, sul diritto del singolo alla
copia.
Infatti nella sentenza n. 8787, depositata in data 01 luglio 2009, il tribunale
97 In questi senso anche Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà
intellettuale e concorrenza”, op. cit. 1533, secondo il quale i principi dell'art 64 ter hanno
portata generale, e sono pertanto estendibili anche alle altre opere di ingegno.
98 A. Monti,,“DRM: in Italia la copia privata è un diritto”, op. cit..
99 V.M. De Sanctis, “La copia privata nel d.lgs 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 122
33
milanese si è espresso sulla portata del diritto in esame, affermando l'indubbia
natura di diritto della possibilità dell'utente di effettuare una copia dell'opera
legittimamente acquistata. Secondo la Corte tuttavia, tale diritto non sarebbe
esercitabile in ogni occasione: “l'esercizio del diritto di copia privata, anche solo
per uso personale, è subordinato alla condizione che tale possibilità non sia in
contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali, e non
arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti”100.
Nel caso in questione la domanda dell'attore, il Sig. Andrea Giacomel, si fondava
sul disposto dell'art. 71 sexies Lda che , come già detto, consente la copia privata,
reso inapplicabile in ragione dell'apposizione, da parte di Universal Pictures, sul
supporto acquistato da Giacomel, di misure tecnologiche di protezione, atte ad
impedire l'esecuzione della copia privata.
Il tribunale milanese imposta la sua analisi ripercorrendo l'iter formativo dell'art
71 sexies Lda, la cui introduzione è conseguente alla scelta del legislatore
nazionale di avvalersi della facoltà, ad esso attribuita dall'art 5, comma 2, lett b)
della Direttiva 2001/29/CE, di disporre di “eccezioni o limitazioni” al diritto di
riproduzione dei titolari dei diritti (in questo caso) sulle opere cinematografiche.
Il tribunale arriva così a statuire che si tratti di un diritto, comunque avente in via
generale carattere di esclusività, quale specifico aspetto del più ampio diritto di
sfruttamento economico dell'opera, in ogni forma e modalità (art. 2. Dir
2001/29/CE).
Il riferimento alla normativa comunitaria svolgerebbe, secondo la Corte, un ruolo
essenziale per interpretare la disposizione interna, e quindi per identificare il
diritto alla copia privata, così introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento,
quale eccezione o limitazione al diritto esclusivo di riproduzione che costituisce
uno dei profili più significativi ed economicamente rilevanti dei diritti di
utilizzazione economica delle opere protette.
In questa prospettiva, argomenta il tribunale milanese, “non sembra possa
ritenersi che tra il diritto di riproduzione ed il diritto alla copia privata sussista
100Tribunale di Milano, sentenza n. 8787, 2009, 10.
34
una parità di condizione in base alla quale procedere, in caso di conflitto, ad
individuare in quali casi e circostanze l'uno debba prevalere sull'altro, ma
piuttosto una situazione per cui l'assolutezza del diritto del titolare dei diritti di
utilizzazione economica sull'opera può ritenersi limitata da quello del legittimo
possessore dell'esemplare dell'opera, a condizione che sussistano i presupposti
specificamente indicati dal comma 4 dell'art. 71 sexies 101”; in altre parole trattasi
dell'applicazione del c.d. “three step test102”, destinato a verificare l'ammissibilità
101Ovvero che la copia privata “non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o
degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti”.
102Il “three step test” è un meccanismo introdotto dalla Convenzione di Berna all'art 9.2 che,
richiamando i principi comuni e fondanti le diverse eccezioni previste dalla stessa
Convenzione, doveva svolgere il ruolo di principio guida per il vaglio di legittimità. Oggi
introdotto anche nel TRIPs Agreement, nel WIPO Copyright Treaty, nell'EU Copyright
Directive e nel WIPO Performances and Phonograms Treaty, il test si fonda su di un
meccanismo, caro ai sistemi di common law, che va a regolare il sistema di eccezioni e
limitazioni del diritto d'autore, non tramite elencazioni di fattispecie esimenti, ma mediante
l'individuazione di criteri generali applicabili.
Il sistema dell'articolo 9, detto appunto “three-step-test”, prevede come condizione di
legittimità, il soddisfacimento di tre requisiti:
•
le eccezioni siano introdotte solo in casi speciali;
•
nei limiti in cui la riproduzione non autorizzata non confligga con il normale
sfruttamento dell'opera;
•
non venga irragionevolmente pregiudicato il legittimo interesse dell'autore.
Il risultato è un meccanismo che opera attraverso la continua interazione delle tre
condizioni in modo da individuare i casi eccezionali in cui il diritto patrimoniale del titolare
può essere ritenuto inopponibile nei confronti dell'utente legittimo.
Se da un lato risulta una delle soluzioni normative più felici della Convenzione di Berna,
resta un sistema di difficile interpretazione, sia perchè appare “vago” nel tenore letterale e dai
contenuti assai elastici, sia perchè l'introduzione del meccanismo non è stata accompagnata da
una documentazione ufficiale che faccia luce sulla sua applicazione.
Una chiarificazione dei contenuti dei precetti del “three step test” è stata raggiunta in
seguito ad una recente decisione resa da un collegio arbitrale istituito presso l'OMC, all'interno
di una controversia tra Unione Europea e Stati Uniti.
Il primo criterio secondo la dottrina tradizionale richiede che la fattispecie che legittimi
l'eccezione sia (i) chiaramente identificabile nei suoi elementi e (ii) supportata da un interesse
socialmente rilevante (punto su cui il WTO Panel ha rifiutato di prevedere come criterio di
applicazione l'esistenza di una public policy). Inoltre il riferimento alle circostanze speciali
deve essere applicato in combinato con il secondo criterio, nel senso che esse non devono
interferire con il normale sfruttamento.
Sul secondo criterio, il normale sfruttamento dell'opera, il WTO Panel diede una chiave di
interpretazione duplice: una lettura empirica, l'ordinaria forma di sfruttamento dell'opera, che
consideri il mercato in ogni suo singolo settore, in modo da evitare giustificazione all'eccezione
specifica fondate su compensazioni remunerative in altre forme di sfruttamento dell'opera; una
lettura prospettica, che porti a considerare scenari di mercato ove ragionevolmente verrebbe ad
essere commercializzata l'opera.
Per quanto riguarda il terzo criterio, l'ingiustificato pregiudizio per i legittimi interessi del
titolare del diritto, il WTO Panel porta l'attenzione sul termine “legittimo”: da intendere non in
35
di una eccezione al diritto d'autore.
Il problema affrontato dalla corte milanese riguarda il netto trade off tra
l'esclusione totale di ogni possibilità di esecuzione di copia dell'opera, e la non
applicazione di alcuna misura di protezione (che comporterebbe la possibilità di
riprodurre da un solo esemplare un numero tendenzialmente infinito di copie
identiche all'originale).
Estendendo la portata del IV comma dell'art. 71 sexies, interpretandolo secondo
la ratio della disciplina comunitaria ed il problematico contesto in cui si inserisce
la vicenda, i giudici stabiliscono che, permettere nel caso esaminato la copia
privata, creerebbe un grave pregiudizio al titolare dei diritti.
L'effettiva dimensione del pregiudizio non sarebbe tuttavia valutabile e, secondo il
tribunale, andrebbe ricercata nel “contesto in cui si inseriscono le aspettative dei
titolari dei diritti di utilizzazione economica delle opere in questione”, realtà,
continua, caratterizzata dall'utilizzazione prevalente e diffusa della tecnica
digitale, capace di creare copie identiche all'originale unita ad un obbiettivo
fenomeno di pirateria diffusa.
La concessione del diritto alla copia privata frustrerebbe i fini della normativa
comunitaria, ossia il contrasto alla pirateria (in riferimento al 15° considerando
della Direttiva 2001/29/CE103) e l'assicurazione di un elevato livello di protezione
un senso esclusivamente di interesse economico, ma nel senso di riconosciuto dalla legge, nel
rispetto degli obbiettivi che sottostanno alla protezione dei diritti esclusivi; cioè quando non
soffochi altri interessi in gioco presi in considerazione dalla legge.
Per concludere, la ratio sottesa alla norma ricerca un bilanciamento tra interessi degli
autori e dei privati , riconoscendo una serie di eccezioni equilibratrici, ammettendo usi che
difficilmente potrebbero incidere significativamente sul mercato complessivo dell'opera.
In Italia, il legislatore non ha seguito il principio comunitario, che richiedeva
l'applicazione del test a tutte le eccezioni, richiamandolo invece solo negli articoli 71sexies e
nonies e, parzialmente, nell'art. 68 comma 6, vieppiù in una versione ridotta, cioè eliminando
il riferimento al primo requisito (casi determinati dalla legge).
Da: P. Marzano,“Diritto d'autore e Digital Technologies”,op. cit. 255-264;
http://en.wikipedia.org/wiki/Berne_three-step_test
103Si riporta il testo del 15° considerando della Direttiva:
“La conferenza diplomatica tenutasi sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale della
proprietà intellettuale (WIPO) ha portato nel dicembre del 1996 all'adozione di due nuovi
trattati, il "Trattato della WIPO sul diritto d'autore" e il "Trattato della WIPO sulle
interpretazioni, le esecuzioni e i fonogrammi", relativi rispettivamente alla protezione degli
autori e alla protezione degli interpreti o esecutori e dei produttori di riproduzioni
fonografiche. Detti trattati aggiornano notevolmente la protezione internazionale del diritto
36
della proprietà intellettuale.
Nel caso esaminato, secondo il tribunale, l'apposizione di misure di protezione,
che impediscono in assoluto la copia privata, non costituisce violazione dell'art.
71 sexies Lda.
In effetti una delle maggiori critiche alla Lda riguarda il mancato coordinamento
tra l'art. 102 quater e l'art. 71 sexies Lda.
Come infatti abbiamo già osservato, l'art.71 sexies Lda riconosce, a determinate
condizioni, la legittimità per il singolo ad effettuare la copia privata, nel rispetto
delle misure tecnologiche di protezione.
Una doverosa interpretazione del combinato disposto tra l'art.102 quater e l'art. 71
sexies Lda suggerisce di ritenere che, il rispetto delle misure tecnologiche, sia
limitato dal diritto di effettuare una copia ad uso personale.
Il problema sta nel fatto che l'art.71 sexies Lda permetterebbe di eludere le misure
tecnologiche di protezione ove queste impediscano la copia, quantomeno,
analogica. Non vale lo stesso principio tuttavia quando si voglia realizzare una
copia digitale dell'opera, protetta dalle misure tecnologiche. Il fatto è che questo
avviene nonostante il pagamento dell'equo compenso sul supporto digitale 104, con
il riconoscimento contestuale, quindi, ai titolari dell'opera, dello ius excludendi e
di un diritto al compenso, privo di causa.
Questa contraddizione sembra così esprimere un difetto genetico della disciplina
sbilanciata a favore dei titolari dei diritti, non avendo il legislatore nazionale
tenuto conto del principio di proporzionalità tra misure tecnologiche di protezione
e diritti protetti, principio che era stato invece fatto proprio dalla Direttiva
2001/29/CE105.
Prendendo atto di tale contraddittorietà formale, occorrerebbe interpretare l'art. 71
d'autore e dei diritti connessi anche per quanto riguarda il piano d'azione nel settore del
digitale (la cosiddetta "digital agenda") e perfezionano i mezzi per combattere la pirateria a
livello mondiale. La Comunità e la maggior parte degli Stati membri hanno già firmato i
trattati e sono già in corso le procedure per la loro ratifica. La presente direttiva serve anche
ad attuare una serie di questi nuovi obblighi internazionali”
104D. De Angelis,“La tutela giuridica delle opere musicali digitali”, op. cit., 160-162
105D. Minotti, “L'attuazione va oltre le indicazioni comunitarie”, 2003, disponibile su:
http://www.interlex.it/copyright/minotti9.htm
37
sexies Lda alla luce della normativa comunitaria106, dovendo quindi sottolineare
come le misure tecnologiche, che il 1° comma impone di rispettare, siano quelle
che i titolari dei diritti abbiano strutturato in modo da consentire “la riproduzione
per uso privato nella misura necessaria per beneficiare dell'eccezione”, mentre le
misure tecnologiche di cui al IV comma sono quelle che non consentono di
beneficiare dell'eccezione e che devono essere ridotte nella misura necessaria a
fruire della stessa, sempre rispettando il cd. Three step test107.
Degna di nota è la circostanza che la Direttiva 2001/29/CE abbia istituito
un'interdipendenza tra equo compenso e applicazione delle misure tecnologiche,
nella previsione che l'ammontare del compenso sia calcolato in considerazione
della presenza di dispositivi anticopia. Sembra, così, che il legislatore comunitario
intenda dichiarare che nessun compenso sia dovuto nell'ipotesi in cui una misura
tecnologica controlli efficacemente il tipo di riproduzione permessa dall'eccezione
di copia privata108.
106V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 129,
osserva che la Direttiva 2001/29/Ce non sia caduta in questa contraddizione, come si evince
nell'art 6 par 4 comma 2:
“4. In deroga alla tutela giuridica di cui al paragrafo 1, in mancanza di misure volontarie prese
dai titolari, compresi accordi fra titolari e altre parti interessate, gli Stati membri prendono
provvedimenti adeguati affinché i titolari mettano a disposizione del beneficiario di un'eccezione o
limitazione, prevista dalla normativa nazionale in conformità dell'articolo 5, paragrafo 2, lettere a), c),
d), e), o dell'articolo 5, paragrafo 3, lettere a), b) o e), i mezzi per fruire della stessa, nella misura
necessaria per poter fruire di tale eccezione o limitazione e purché il beneficiario abbia accesso legale
all'opera
o
al
materiale
protetto
in
questione.
Uno Stato membro può inoltre adottare siffatte misure nei confronti del beneficiario di un'eccezione di
una limitazione prevista in conformità dell'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), a meno che i titolari non
abbiano già consentito la riproduzione per uso privato nella misura necessaria per poter beneficiare
dell'eccezione o limitazione in questione e in conformità delle disposizioni dell'articolo 5, paragrafo 2,
lettera b), e paragrafo 5, senza impedire ai titolari di adottare misure adeguate relativamente al numero
di
riproduzioni
conformemente
alle
presenti
disposizioni.
Le misure tecnologiche applicate volontariamente dai titolari, anche in attuazione di accordi volontari e
le misure tecnologiche attuate in applicazione dei provvedimenti adottati dagli Stati membri, godono
della
protezione
giuridica
di
cui
al
paragrafo
1.”
Le disposizioni di cui al primo e secondo comma del presente paragrafo non si applicano a opere o altri
materiali a disposizione del pubblico sulla base di clausole contrattuali conformemente alle quali i
componenti del pubblico possono accedere a dette opere e materiali dal luogo e nel momento scelti
individualmente.
Quando il presente articolo si applica nel contesto delle direttive 92/100/CEE e 96/9/CE, il presente
paragrafo si applica mutatis mutandis. “
107V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 129
108G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op. cit., 40. L'Autore sottolinea il
rischio di come i legislatori nazionali possano continuare ad imporre il compenso, anche dopo
aver introdotto divieti di aggiramento delle misure anticopia: si arriverebbe ad assoggettare
all'equo compenso anche la copia privata digitale in concreto irrealizzabile!!
38
In conclusione si può sostenere che spesso non vengano sufficientemente
considerati quegli effetti positivi derivanti dalle libertà di utilizzazione nel nuovo
mondo digitale, che si presentano come nuove modalità di diffusione della cultura,
strumentali al progresso collettivo, non tanto nell'ottica dell'entertaiment quanto
sopratutto nella prospettiva della elaborazione di nuove creazioni.
Occorrerebbe avvalorare quell'interesse generale alla diffusione dell'opera fra il
pubblico, dal momento che tale diffusione può creare le condizioni per una futura
“implementazione creativa”109. Proprio in considerazione di questo vantaggio per
la collettività, si dovrebbero evitare la compressione e la limitazione della portata
del diritto alla copia privata considerando tale diritto come “una libertà a
pagamento”110.
Si impone oggi dunque una sua migliore valorizzazione, elevando questo indubbio
spazio di libera fruizione a dignità di “principio”, e non confinarlo nell’ambito
della semplice “eccezione”111.
1.2 Copia privata come riproduzione non intermediata: rifiuto di
un'associazione con un concetto di pirateria “domestica”
Si può muovere una critica alla sentenza della Cassazione francese, come del resto
a quella del Tribunale di Milano, laddove non venga affrontato il profilo della
prova della effettiva lesione che deriverebbe ai titolari delle opere, quando non
venissero inserite le misure anticopia.
Il problema è considerare ex ante pericolosa l'immissione sul mercato di prodotti
Su questo punto P. Spada, “Copia privata ed opere sotto chiave”, op. cit., 599, osserva
come si possa essere indulgenti sulla “modalità un po' rozza” con cui l'equo compenso
assoggetta indifferentemente al pagamento di una levy sia riproduzioni private di materiali
protetti che non, non essendo invece ignorabile l'ostacolo che a questo tipo di riproduzioni
possano frapporre i dispositivi anticopia. Considerare l'ostacolo comporterebbe la soppressione
del prelievo, ossia dimensionare il prelievo alla minore diffusione della pratica che l'espandersi
dei dispositivi anticopia comporterebbe.
109D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 158-162
110G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op. cit., 36
111 G. Ghidini, “Evoluzione del diritto d'autore e promozione di informazione e cultura. Nuove
luci e nuove ombre” , da atti del convegno, op. cit., 125.
39
riproducibili, riconoscendo una facoltà del tutto discrezionale di inserire tali
dispositivi anticopia nel prodotto, così rischiando di soffocare e sopprimere alcune
libertà individuali112
In quest'ottica, il richiamo al fenomeno della “pirateria” non sembra costituire
sufficiente giustificazione, potendo comportare “la privazione per il consumatore,
acquirente legittimo del bene, di una facoltà a causa del comportamento altrui,
vanificando l'intero impianto normativo e negando la copia privata in virtù di
valutazioni aprioristiche e non riferibili al singolo acquirente”113 .
Occorrerebbe assolutamente fare chiarezza sulla confusione creatasi, a seguito
dell'esplosione del fenomeno del file sharing, sul rapporto tra copia privata e
pirateria, spesso accomunate114 dagli alti rappresentanti delle industrie musicali e
cinematografiche, e non solo.
Se è vero che la copia privata influisce negativamente sui proventi dei titolari dei
diritti d'autore, poiché va a soddisfare una domanda sui contenuti protetti
mediante un canale alternativo, quello privato, comportando quindi una rinuncia
all'intermediazione imprenditoriale autorizzata dai titolari dei diritti d'autore, il
suo così risultante carattere di “riproduzione non intermediata” (fatta da sé) porta
ad una doverosa precisazione.
La pirateria va intesa come quel fenomeno illecito che corrisponde all'impresa di
riproduzione e distribuzione di esemplari di opere protette, senza il consenso dei
titolari dei diritti d'autore. Si caratterizza quindi come impresa illecita che si fonda
112 A.M. Riccio, “Privati della copia privata?”, op. cit, 243; l'Autore sostiene la necessità di
prevedere un onere della prova in capo ai titolari dei diritti d'autore nel dimostrare che “la
copia privata del singolo consumatore” determini un pregiudizio ingiustificato agli interessi
degli aventi diritto.
113A.M. Riccio,“Privati della copia privata?”op. cit, 243
114Basti vedere il significato del termine pirateria che, nelle sue accezioni ormai più diffuse,
abbraccia semplicemente “the unauthorized use of a copyrighted recording, television
program, etc.”; disponibile su: http://dictionary.reference.com/browse/piracy.
L'uso del termine in questa accezione sembra ormai entrato nel linguaggio comune, non senza
destare malumori largamente diffusi sopratutto sulla rete e nelle varie community:"Publishers
often refer to copying they don't approve of as “piracy.” In this way, they imply that it is
ethically equivalent to attacking ships on the high seas, kidnapping and murdering the people
on them. Based on such propaganda, they have procured laws in most of the world to forbid
copying in most (or sometimes all) circumstances." Cfr: "Some Confusing or Loaded Words
and Phrases that are Worth Avoiding," Free Software Foundation
40
sulla trasgressione dei diritti esclusivi degli autori, e si avvicina più al grande
fenomeno macroeconomico della contraffazione organizzata che a quello della
piccola impresa illecita115.
Con questa definizione del fenomeno della pirateria, sarà facile notare coma la
copia privata, in via del tutto opposta, non presenta le caratteristiche della pirateria
in quanto non ha nulla dell'intermediazione imprenditoriale nella riproduzione e
nella distribuzione, ma è connaturata all'autoconsumo. Ancora di più, in
quest'ottica, rileva il requisito richiesto dall'art. 71 sexies, della mancanza dello
scopo di lucro nonché di fini direttamente o indirettamente commerciali.
“Sicchè non merita né è conoscitivamente utile che la si associ alla pirateria
neppure se il sostantivo fosse accompagnato da un rasserenante aggettivo come:
domestica”116.
1.3 Raffronto tra tipologie di copia
L'avvento della comunicazione digitale, e di internet , ha rivoluzionato il sistema
della copia introducendo nuove possibilità, supporti e apparati di registrazione,
nonché inimmaginabili possibilità di trasmissione delle copie ottenute.
Se la copia analogica pone meno problemi, attesa la sua incapacità a sostituire
l'originale e la oramai superata tecnologia, la copia digitale porta a dover valutare
una serie di problematiche conseguenti alla sua facilità di utilizzo, ai perfetti
risultati e alle molteplici forme di produzione e trasmissione attraverso il World
Wide Web, continuamente innovato dall'evolvere tecnologico.
Occorrerà considerare, quindi, le possibilità che la tecnologia digitale offre anche
per il supporto su cui la copia viene effettuata, poiché vengono ad essere
modificate le caratteristiche della fruizione, e quindi la valutazione ad essa
riservata dalla normativa, segnatamente sotto il profilo del limite temporale.
115“ P. Spada, “Copia privata e opere sotto chiave”, op. cit.,, 594.
116Ibid 595
41
1.3.2 Copia analogica e digitale...
Il sistema del digitale si contrappone totalmente rispetto al sistema dell'analogico:
“Un determinato insieme di informazioni viene rappresentato in forma digitale
come sequenza di numeri presi da un insieme di valori discreti, ovvero
appartenenti a uno stesso insieme ben definito e circoscritto... "digitale" può
essere considerato come sinonimo di "numerico", e si contrappone invece alla
forma di rappresentazione dell'informazione detta analogica, che non è
analizzabile entro un insieme finito di elementi.117”
Distinguere i due sistemi è importante perchè vengono trattati in modo differente
dalla legge. Inoltre i due sistemi pongono problematiche dalla portata assai
diversa.
La tecnologia analogica è quella che permette una riproduzione fisica analoga
all'originale, verosimile ma mai identica per qualità, e con costi più o meno
elevati. Riguarda tutte quelle operazioni di duplicazione, ancora oggi in uso, che
prevedono almeno una fase in cui il flusso di informazioni viene convertito in un
segnale non digitale.
Come si è già osservato, a partire dagli anni '60, la tecnologia analogica è al
centro di numerose innovazioni che portano ad una enorme diffusione di
apparecchi
di
riproduzione,
come
i
videoregistratori,
innescando
le
preoccupazione dei titolari di opere audiovisive.
Se, come analizzato nei citati casi tedeschi, con la nascita della questione della
copia privata, che rappresentava la forma di copia per eccellenza, e del suo
utilizzo, scaturivano delicate problematiche da affrontare, con la rivoluzione del
digitale, la posizione della copia privata tradizionale, quantomeno nel mondo
audiovisivo, perde di peso fino a venire pressochè sostituita nel mercato dalla
nuova tipologia di copia digitale.
Il suo declino è inversamente proporzionale alla diffusione della tecnologia
digitale. Proprio per questo, all'interno delle ultime normative, la copia analogica
117Disponibile su: http://it.wikipedia.org/wiki/Digitale
42
viene accolta con maggior favore dai titolari dei diritti d'autore in conseguenza
della sua minore capacità sostitutiva dell'originale, e quindi preferibilmente
concedibile come oggetto minimo da accordare al diritto di copia privata
dell'utente. Ma su questo punto si tornerà più avanti.
La tecnologia digitale invece si basa su di una tecnica “numerale” che permette
una infinita duplicazione in copia di un'opera, a costi quasi nulli, grazie a supporti
diffusi tra i consumatori.
Tuttavia la vera rivoluzione del concetto di copia dell'opera originale si afferma
in termini di qualità, con la possibilità di ottenere una riproduzione veramente
perfetta, con una minima spesa, in termini di tempo e di capitale.
A ben vedere, proprio per questo motivo, sono state operate critiche alla disciplina
della copia privata in ambito digitale, mettendone in discussione l'utilità
ed
opportunità: “l'affermazione per cui l'evoluzione della tecnologia digitale, con
l'abbattimento drastico dei costi necessari per fabbricare copie “private” dotate
di elevata sostituibilità all'originale, avrebbero reso insostenibile per i titolari dei
diritti d'autore il mantenimento della relativa libertà”118.
1.3.2 ...copia su memoria fissa, temporanea o cache
Un aspetto importante da analizzare, cercando di definire i vari aspetti della copia
digitale, discende dalle differenti caratteristiche del supporto su cui vengono
fissate le informazioni, che ne debbono diversificare quindi la regolamentazione
dal punto di vista giuridico.
L'elemento centrale è individuabile nella definitività o meno della copia.
E' naturale che le copie temporanee siano viste con più favore dai legislatori e dai
titolari dei diritti, rispetto alle riproduzioni permanenti, poiché meno pericolose.
Tuttavia occorre riflettere seriamente sul significato di “riproduzione” 119, per
118D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit.,.147
119Ricordando come la Direttiva 2001/29/CE all'art. 2 adotti un significato del termine
“riproduzione” molto esteso, che prende in considerazione ogni atto di riproduzione, diretto o
indiretto, temporaneo o permanente, effettuato in qualsiasi forma.
43
sottolineare come in realtà, all'interno della rete, in ambito digitale, ogni forma di
comunicazione al pubblico e di distribuzione, passi sempre ed inevitabilmente
attraverso un processo di riproduzione dell'opera trasmessa.
Questo aspetto è importante perchè valorizza ancora di più il diritto di esclusiva
autoriale nel regolare accesso e fruizione alle opere. 120 Secondo la cd Ram copy
docrtine infatti, il mero caricamento della versione digitale nella memoria
RAM121, ossia temporanea, di un computer, concreterebbe un atto di riproduzione,
e quindi necessiterebbe dell'autorizzazione dell'autore122. Il che sarebbe
problematico sopratutto perchè la creazione di una copia RAM è un processo
automatico che avviene necessariamente nell'utilizzazione di ogni programma.
In quest'ottica, l'art. 5.1 della Direttiva 2001/29/CE introduce l'unica eccezione
obbligatoria per gli stati membri, sulla riproduzione temporanea, automatica e
necessaria al procedimento tecnologico eseguito all'unico scopo di consentire la
trasmissione in rete tra terzi. Così la disposizione esenta questi atti di riproduzione
temporanea dall'ampio diritto di riproduzione dell'art. 2 della Direttiva stessa, alla
condizione che risultino privi di rilievo economico.
Il legislatore italiano non ha inserito all'interno della sezione II del Capo V del
titolo I della Lda, la norma che legittima la riproduzione temporanea, che riguarda
“procedimenti tecnologici eseguiti all'unico scopo di consentire la trasmissione in
rete tra terzi con l'intervento di un intermediario” o quegli altri procedimenti di
riproduzione nella memoria RAM dei computer, che sono in gran parte dedicati
alla riproduzione – transitoria e priva di rilievo economico – di immagini e spesso
di videogrammi.
La norma è stata inserita nella sezione I come art. 68 bis della legge speciale, e
quindi come accessoria alla normativa di cui all'art. 68, madre di tutte le eccezioni
al diritto di riproduzione dell'autore123.
120G. Mazziotti,“Il diritto d'autore comunitario nel nuovo ambiente digitale”, 2004, disponibile
su: http://works.bepress.com/mazziotti/2/
121Acronimo di Random Acces Memory, la memoria volatile di ogni elaboratore, che allo
spegnimento del computer perde la memorizzazione dei dati.
122C. D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 192
123V. M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 124
44
In base a queste differenti modalità di fruizione possiamo distinguere tra
downloading, o memorizzazione permanente della copia, ed una serie di
riproduzioni temporanee. All'interno di queste, quindi, occorrerà distinguere tra
atti destinati al godimento personale dell'opera, e atti finalizzati alla circolazione
dell'opera, facenti parte di un procedimento tecnico124.
Il cd browsing è il processo di visualizzazione di una pagina Web, sul proprio
schermo, che comporta una copia delle stessa sulla RAM del computer in uso. La
caratteristica principale di questo processo è di comportare la nascita di numerose
copie. Il browsing comporta comunque una riproduzione sulla memoria del
hardware che dovrebbe avere usufruibilità temporanea. L'effetto dell'operazione
quindi è la riproduzione in più copie, le cd copie cache.
Queste copie cache prodotte dal browsing sono conseguenza del bisogno
dell'utente di poter usufruire dei contenuti anche in modalità off-line, non nascono
per un'esigenza richiesta per il funzionamento tecnico dell'attività di browsing in
senso stretto. Si tratta a ben vedere di una riproduzione definitiva e, anche dopo lo
spegnimento del hardware, i contenuti sono usufruibili125.
Il cd proxy caching, o memorizzazione effimera, è un'attività esplicitamente
permessa al considerando 33 della Direttiva 2001/29/CE e rientra tra gli atti che
facilitano la navigazione in rete . Questo tipo di copia cache, che non mira ad atti
di sfruttamento on-line e off-line dei contenuti, si riferisce alla prassi di alcuni
server di mantenere nella loro memoria pagine web consultate, così da facilitarne
il caricamento, non dovendo ogni volta ricercare tali pagine nei server di
124G.Dimita,
“Il
diritto
di
riproduzione”,
2003,
disponibile
su:
http://www.dirittodautore.it/page.asp?mode=Articoli&IDQ=51#20
125A. Tatafiore, “La riproduzione temporanea in internet di opere protette”, in IDA, 2008, 443457. L’autore sottolinea come in realtà tutte queste memorizzazioni su RAM non siano
veramente temporanee, dato che esistono tecniche (di dubbia legittimità) per il recupero dei
dati anche una volta spento l’hardware. Tale possibilità permette di considerare la temporaneità
come legata di fatto alla normale fruizione materiale e non alla sua riproduzione. Di
conseguenza quando ci si parla di memorizzazione volatile si deve fare riferimento ad una
riproduzione la cui temporaneità è riferita esclusivamente alla semplice fruizione del contenuto
e non all'attività di riproduzione dei dati.
Quanto detto porta a concludere che la memorizzazione nella RAM sia stabile, permettendo
il recupero dei dati, ed esporrebbe gli stessi ad un reimpiego non autorizzato.
45
origine126.
Si tratta di un processo che mira all'ottimizzazione della circolazione dei contenuti
nelle reti tramite un sistema di memorizzazione e riproduzione. Anche in questo
caso quindi, grazie alla fissazione completa dei contenuti avvengono una serie di
riproduzioni sia su un server che sul hardware dell'utente
Il termine routing descrive invece una modalità di trasmissione mediante la quale
ogni oggetto viene frammentato in “pacchetti”, in modo tale da inviarli al
destinatario per la via più breve. Lungo il percorso vengono realizzate copia dei
dati trasmessi.
La preferenza a diffusioni di contenuti on demand sulla rete, tramite
memorizzazioni temporanee delle opere, che si contrappongono al downloading,
viene destinata per la sua fruizione alle ormai diffusissime piattaforme di cd
streaming, oggi predisposte dalla maggioranza degli emittenti televisivi per
riproporre i propri contenuti sulla rete. In questo modo si consente all’utente una
fruizione dei contenuti senza che sia permessa la riproduzione (e condivisione)
definitiva degli stessi.
1.4 Libertà e limiti della copia privata in ambiente analogico
Il considerando 38 della direttiva 2001/29/CE avverte sull'opportunità di
distinguere debitamente la copia privata digitale da quella analogica. Sottolinea,
infatti, come la copia digitale, e la sua prevedibile maggior diffusione, avrà una
incidenza economica nettamente superiore all'interno della cd “Società
dell'informazione”.
Già nel Libro Verde del 1995, la Commissione guardava alla copia analogica
come compromesso tra lo ius excludendi del titolare dei diritti d'autore e
l'interesse alla copia privata dell'utente. Osservava infatti che, nei casi in cui le
misure tecnologiche non permettevano di impedire la copia privata digitale, allora
il sistema della remunerazione risultava efficace; tuttavia dove la tecnologia
126G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op. cit., 14
46
consentiva di proteggere l'esemplare dell'opera dalla copia digitale, il
riconoscimento dello ius excludendi a favore degli autori, rimaneva la soluzione
migliore, quando comunque il diritto all'accesso all'informazione del consumatore
poteva ritenersi adeguatamente soddisfatto da una copia analogica127.
Il differente trattamento riservato alla copia analogica risulta evidente
considerando i rischi a cui la copia digitale e la circolazione telematica espongono
il sistema del diritto d'autore.
Anche per le riproduzioni tradizionali o analogiche tuttavia, le notevoli
innovazioni tecnologiche hanno portato a dover ridefinire spazi e limiti delle copie
ad uso personale.
Analizzando l'art. 68 Lda, che per primo si poneva il problema di introdurre
un'eccezione per uso personale all'esclusiva autoriale, si può affermare che il
divieto di un'utilizzazione concorrenziale e quindi la natura necessariamente
personale della riproduzione in esame derivava innanzitutto da un fattore tecnico:
una rinuncia del potere di controllo del titolare su attività quantitativamente
limitate o di scarsissimo impatto concorrenziale a causa della diversità delle copie
rispetto all'originale. Alla base delle riproduzioni libere per uso personale sta
l'irrilevanza del pregiudizio economico arrecato all'opera. Il limite viene superato
nel momento in cui il pregiudizio economico comincia ad essere di un certa
importanza128.
Con il cambiamento tecnologico e l'avvento di tecniche meccaniche di
riproduzione standardizzata, ci si è accorti di come la destinazione ad uso
personale non fosse più in grado di contenere in sé ed evitare il rischio di
un'utilizzazione concorrenziale con il diritto di sfruttamento economico
dell'autore. Mentre i risultati dell'attività di duplicazione si avvicinavano
progressivamente alla qualità dell'esemplare originale, il sistema mostrava segni
127Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1700
128Fabiani, “La nozione di uso personale nel diritto d'autore nei confronti delle possibilità offerte
dalla tecnica moderna all'utilizzazione delle opere d'ingegno”,op. cit., 188
47
di cedimento129.
Così il legislatore con la Legge n. 248 del 2000 rispondeva al mutato contesto
tecnologico modificando l'art. 68 Lda ed inserendo come condizione alla
riproduzione personale un limite quantitativo, il 15% dell'opera, al materiale
riproducibile, riducendo così la possibilità che le riproduzioni ad uso personale si
ponessero in concorrenza con i diritti di sfruttamento economico degli autori.
Le stesse conclusioni si possono trarre per la copia privata di audiovisivi dell'art
71 sexies Lda. Quando la diffusione di tecniche di duplicazione ha fatto venire
meno lo schermo rappresentato dall'uso personale, il legislatore, nell'impossibilità
di esercitare un controllo penetrante ed efficace, si è visto costretto ad inserire lo
schema del diritto a compenso.
Nel mondo digitale, viene meno la necessaria condizione dell'assenza di
concorrenza; la dematerializzazione dell'opera comporta che l'utente si trovi in
una relazione “immediata”130 con l'opera. Ciò fa emergere un nuovo peso dell'uso
personale, che accresce la sua importanza rispetto alla concorrenza che può subire
il titolare da altre imprese concorrenti, e diviene quindi la principale fonte di
sottrazione del guadagno del titolare.
La perfetta fungibilità tra copia digitale ed originale contiene un tale potenziale
fattore concorrenziale insito in ogni attività di riproduzione (fino quasi a
comprendere anche le attività di comunicazione al pubblico di opere protette), da
mettere in pericolo la sopravvivenza dell'esistenza di un perimetro di libertà di
utilizzazione per l'utente.
Risulta chiaro quindi il diverso trattamento che la Commissione suggerisce di
utilizzare tra copia privata e copia analogica, e nello stesso la previsione del three
step test risulta importante sopratutto nell'ottica dello sviluppo dei contenuti
digitali131. Nell'era della cd società dell'informazione, la copia analogica non
129Frassi, “Riflessioni sul diritto d'autore. Problemi e prospettive nel mondo digitale”, op. cit.,
389
130Frassi, “Riflessioni sul diritto d'autore. Problemi e prospettive nel mondo digitale”, op. cit.,
391
131Il three step test ha un'applicazione di gran lunga più importante sui contenuti digitali e quindi
le opere on-line, perchè in queste tipologie appare sempre più difficile salvaguardare “lo
48
comporta importanti “sobstitution effects” perchè non è pienamente fungibile nei
confronti dell'esemplare originale132; è legata ancora alla “materialità” del
supporto, e questo comporta un rischio di diffusione assai più ridotto, denotando
una natura difficilmente concorrenziale all'interno del panorama tecnologico
attuale.
Per questo, nella determinazione del compenso occorre tenere conto della minore
incidenza della copia analogica rispetto a quella digitale; sembrerebbe infatti che
in vista della minore capacità di registrazione, il compenso gravi meno sui
supporti analogici133.
Per comprendere effettivamente quale sia lo spazio di libertà della copia analogica
si potrebbe fare un confronto con la previsione dell'art. 6 della Direttiva 96/9/CE
sulla tutela giuridica delle banche dati che, disciplinando le deroghe all'esclusiva
del titolare, introduceva all'art. 6.2 una eccezione relativa alla riproduzione per
fini privati dell'opera, circoscrivendola tuttavia alle sole banche dati in forma non
elettronica, separando il trattamento per le raccolte espresse in forme analogiche
rispetto a quelle digitali.
Il legislatore comunitario non ha voluto adottare lo stesso rigore nel disciplinare
l'equilibrio tra diritto d'autore e diritti degli utenti nel nuovo panorama digitale, e
ha preferito non dividere nettamente il trattamento riservato all'ambiente digitale
rispetto a quello analogico. Tuttavia possiamo rinvenire qualche elemento che ci
aiuti a distinguere le due dimensioni anche nel testo della Direttiva 2001/29/CE.
Infatti all'art. 5 co. 2, la lettera a) della Direttiva, con riguardo alle riproduzioni
mediante tecnica fotografica, ad una prima lettura, sembra proprio potersi
individuare uno spazio ove la riproduzione ad uso personale analogica è
completamente libera, a prescindere dal fine personale o meno della stessa. Inoltre
non viene apposto nemmeno un limite quantitativo, rendendo quindi l'opera
sfruttamento normale dell'opera. Cfr: ”, A.M. Mandillo, “Diritto d'autore e nuovi servizi al
pubblico”,
Digitali,
2005,
disponibile
su:
http://digitalia.sbn.it/upload/documenti/digitalia20050_MANDILLO.pdf
L'applicazione del test alle copie analogiche sembrerebbe quindi avere poca rilevanza.
132D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 160
133V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 128
49
pienamente riproducibile con la sola condizione della corresponsione dell'equo
compenso.
In particolare rileva l'eccezione cd antenato134 dell'art. 5 co. 3 let o) della Direttiva
2001/29/CE, ove si dispone che gli stati possano mantenere eccezioni che esulino
dal novero di quelle previste tassativamente dalla Direttiva, “purché esse
riguardino solo utilizzi analogici e non incidano sulla libera circolazione delle
merci e dei servizi all'interno della Comunità”.
Le riproduzione analogiche riassumono ormai le riproduzioni off-line che
rischiano di diventare le uniche pienamente lecite: ciò che è lecito off-line rischia
di essere pirateria on-line135.
Si può concludere quindi che, anche in seguito alle sentenze analizzate ed alla
luce del burrascoso rapporto tra diritto di copia e le misure tecnologiche di
protezione, non ci siano molti problemi nell'affermarlo, ed anzi rimane fermo 136, il
riconoscimento di un pieno diritto soggettivo alla copia privata, analogica, il cui
limite risiede nel possibile contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera e con
l'ingiustificato pregiudizio rispetto agli interessi legittimi del titolare dei diritti
d'autore.
134S. Vezzoso,“Consultazione di opere digitali: quadro comunitario ed esperienze nazionali”,
Università di Trento, 2008, disponibile su:
http://eprints.biblio.unitn.it/archive/00001360/01/Vezzoso_Consultazione_di_opere_digitali.pdf
135Tozzi, atti del convegno: “Scenari e prospettive del diritto d'autore”, Roma, 2008, 183
136Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit, 1704
50
CAPITOLO II
LEVIES & DRM
2.1 Sistemi a confronto: USA/EU.
L'analisi della disciplina della copia privata nel sistema europeo ed americano
rifletterà le differenze esistenti tra sistemi di commonl law e di civil law. Gli
apparati normativi di diritto d'autore dell'Europa continentale da un lato, e quello
inglese, dei paesi del Commonwealth e americano dall'altro, hanno storicamente
intrapreso strade e soluzioni diverse, creando una notevole distanza tra gli stessi.
La stessa distinzione terminologica tra copyright (lett. “diritto alla copia”) e droit
d'auteur, suggerisce la differenza tra un sistema, quello di civil law, più attento alla
problematica del creatore dell'opera e legato al suo diritto morale, ed il sistema di
common law più sensibile alle problematiche prettamente economiche. Tutto ciò
senza sottovalutare la differenza tra un sistema legislativo che si basa su norme
codificate, rispetto al sistema di common law che tradizionalmente si esprime con
norme derivanti dall'attività dei giudici137.
È tuttavia curioso notare come negli ultimi tempi questa distanza tenda a ridursi: il
commercio internazionale e lo scambio di prodotti protetti, la crescente rilevanza
economica delle attività tutelate dal diritto d'autore, e la presa di coscienza di una
sua vulnerabilità causata dall'avvento del digitale, hanno portato ad una
137J. C. Ginsburg, “Codice Del Copyright”, a cura di Gustavo Ghidini e Francesca Quattrone,
Giuffrè, Milano, 2004, prefazione.
51
contaminazione nonché ad un dialogo tra i diversi sistemi138.
Per quanto riguarda le eccezioni e le limitazioni al Copyright, esse sono
rinvenibili pressoché in tutte le legislazioni nazionali, anche se differiscono
largamente tra di loro139. I sistemi di common law hanno tradizionalmente
mantenuto un approccio differente da quello adottato dai paesi dell'Europa
continentale nel tracciare i principi che regolano tali eccezioni al diritto esclusivo
dell'autore.
A differenza dei criteri forniti dalla direttiva EUCD del 2001 e dalle singole
legislazioni nazionali di civil law, i sistemi normativi di common law non hanno
optato per un sistema di eccezioni e limitazioni legali tramite un'elencazione
esaustiva, scegliendo invece un approccio maggiormente “elastico” che, accanto
ad una serie di eccezioni legali, fa riferimento anche ad un insieme di principi
equitativi, richiamati altresì nella convenzione di Berna sotto il nome di fair
practice140.
In sostanza, mentre nei sistemi dell'Europa continentale la legge prevede una lista
di circostanze ove l'autore non è autorizzato a far valere i propri diritti di
esclusiva, nei paesi anglosassoni, e negli USA sopratutto, si prevede un sistema
generale e flessibile di difesa alle infrazioni del copyright, che verrà garantito in
sede giudiziale dai giudici, valutando a seconda delle circostanze del caso
concreto141.
In Inghilterra e in molti degli altri paesi del Commonwealth (vedi Canada,
Australia e Nuova Zelanda), il sistema delle eccezioni alla privativa autoriale
viene regolato dal concetto del cd fair dealing che, in considerazione della finalità
di talune utilizzazioni, quali lo scopo di studio e di ricerca, di critica e di cronaca,
138U. Loewenheim,“Copyright in Civil Law an Common Law Countries: A Narrowing Gap”,
AIDA, 1994, 161 ss.
139H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection
in the Context of the Global Digital Divide”, IIC Vol. 36, 2005, 204
140Art 10 (1)(2) della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche.
141S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of
2001 – An Empty Promise”, 34 IIC, 2003, 64
52
va a segnare e qualificare le limitazioni al copyright, peraltro già definite
esattamente dalla normativa nazionale142.
Negli USA invece si originò la cd fair use doctrine, oggi richiamata dall'art. 107
del Copyright Act, la quale cercò allo stesso modo di individuare utilizzazioni non
soggette alla privativa autoriale. Si delineò così un sistema di eccezioni “aperto”,
o “misto”143: da un lato vediamo infatti una serie di eccezioni specifiche, pur in
assenza una elencazione tassativa di restrizioni, contenute nelle Sezioni 108-122
del Copyright Act, assieme a quelle più recenti introdotte dal Digital Millennium
Copyright Act (DMCA) del 28 ottobre 1998; dall'altro lato invece, la presenza del
principio del fair use, che grazie ai criteri che sono stati sviluppati al suo interno, è
in grado di includere nuove forme di utilizzazione (consentendo, come si vedrà,
una costante evoluzione delle eccezioni al diritto di esclusiva autoriale144).
Questi criteri tendono ad un bilanciamento tra interesse pubblico e diritti esclusivi,
poggiando sul fatto che la finalità del copyright americano, come espressa dalla
Costituzione145, è il progresso della scienza e della cultura, la circolazione delle
idee e delle opere, nonché l'incoraggiamento ai lavori dell'intelletto. In
quest'ottica, l'interesse alla remunerazione degli autori, riveste un carattere per
alcuni “secondario”, ed i diritti di esclusiva sono messi in relazione al pubblico
beneficio derivante dalla diffusione della cultura. Questo schema di copyright
stimola l'autore a promuovere il progresso della scienza, concedendogli di
controllare il costo e l'accesso alla propria opera.146
****
142S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, Giappichelli, Torino, 2004, 241-243
143P. Marzano, “Diritto d'Autore e Digital Technologies”, op. cit., 312 ss
144Ibid, 313
145US Constitution - Amendment I - Freedom of Religion, Press, Expression. Ratified 2/15/1791.
“Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free
exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people
peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances”
146L. Shuster, “HOME USE OF VIDEOTAPE RECORDERS (VTRs): INFRINGEMENT OR FAIR
USE?”, 59 Chi.-Kent L. Rev. 209, 1982 3. Per un'analisi dei fondamenti costituzionali nel
rapporto tra fair use e copyright vedi anche: N. Snow, “Fair Use, Summary Judgment, and the
Constitution”, University of Arkansas, 2009, non ancora pubblicato.
53
Per quanto riguarda il problema della copia privata tuttavia, i paesi anglosassoni
hanno adottato scelte normative completamente diverse tra di loro, facendo alcuni
rientrare e altri meno, la riproduzione ad uso personale all'interno del fair
dealing/fair use, nonchè introducendo successivamente eccezioni legali all'interno
della normativa del copyright.
In Canada infatti, oltre alla presenza del fair dealing, è stato adottato il sistema a
compenso, o levy system simile a quello europeo147.
Negli Stati Uniti, invece, dopo il tentativo di codificazione del fair use nel
Copyright Act del 1976, attraverso l'inserimento del “four-factor test” all'interno
della sezione 107148, quando comunque nessun indizio pareva includere la copia
privata tra le eccezioni “statutarie” contenute nella normativa149, il problema della
riproduzione ad uso personale venne affrontato dalla Giurisprudenza sopratutto
nel celebre caso “Betamax”150, ove la registrazione domestica fu fatta rientrare
all'interno del principio generale del fair use espandendone la portata. Alcuni anni
dopo, il Congresso giunse quindi all'emanazione, per certi versi controversa, del
“Audio Home Recording Act” (in seguito AHRC) nel 1992, che legittimò la
147Per una comparazione tra i sistemi di common law vedi: G. D'agostino, “Healing Fair Dealing,
Dealing? A Comparative Copyright Analysis of Canadian Fair Dealing to UK Fair Dealing
and US Fair Use”, CLPE RESEARCH PAPER 28/2007, VOL. 3.
148Si riporta la sezione 107 del US Copyright Act:
“Notwithstanding the provisions of sections 106 and 106A, the fair use of a copyrighted work,
including such use by reproduction in copies or phonorecords or by any other means specified
by that section, for purposes such as criticism, comment, news reporting, teaching (including
multiple copies for classroom use), scholarship, or research, is not an infringement of
copyright. In determining whether the use made of a work in any particular case is a fair use
the factors to be considered shall include—
(1) the purpose and character of the use, including whether such use is of a
commercial nature or is for nonprofit educational purposes;
(2) the nature of the copyrighted work;
(3) the amount and substantiality of the portion used in relation to the copyrighted
work as a whole; and
(4) the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted
work.
The fact that a work is unpublished shall not itself bar a finding of fair use if such finding is
made upon consideration of all the above factors.”
17 U.S.C. § 107
149Pascuzzi, “Videoregistrazione e “Cpyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza
via?”, Foro.it, IV, 1984 31
150Sony Corp. of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417,1984.
54
registrazione digitale di audiogrammi su taluni supporti, dietro pagamento di un
compenso.
Nel Regno Unito, la situazione è ulteriormente diversa. Il concetto inglese di fair
dealing si basa su previsioni legislative che conferiscono, come già sottolineato,
certi diritti di utilizzazione a gruppi di utenti per intenti di ricerca o di studio
privato, per finalità di cronaca e critica. Questo concetto non ha portata generale
come per il fair use statunitense, ma è limitato alle uniche forme di diritto che
esso espressamente concede.
Il fair dealing funge piuttosto da criterio per graduare le eccezioni in rapporto alle
singole fattispecie, sulla base del quale l'interpretazione e l'applicazione delle
stesse acquistano una certa flessibilità. Ciò rileva sopratutto nel caso di nuove
utilizzazioni, nel momento in cui possano essere escluse o meno dall'ambito di
applicazione delle eccezioni.151
Si può comunque notare, come il concetto britannico di fair dealing si avvicini a
quello del fair use americano, nel momento in cui permette ai giudici una
valutazione ex-post di legittimità di tutte quelle caratteristiche che determinano
un certo uso, in modo tale che il giudizio sia rimesso al libero apprezzamento del
giudice152.
In Irlanda ed in Inghilterra tuttavia, nonostante il fair dealing quindi riconosca una
serie di eccezioni alla privativa autoriale, la copia privata (fuori dal caso del time
shifting) è ritenuta illegittima153.
151S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, op. cit., 241-243
152G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, Springer, 2008, 184
153Così come confermato anche dal “UK Intellectual Property Office”. E' tuttavia in atto una
consultazione per aggiornare la normativa copyright inglese ed armonizzarla a livello europeo,
introducendo nuove eccezioni al diritto d'autore, ed in particolare l'introduzione di un'eccezione
di copia privata per il cd format shifting (la copia di contenuti da un formato ad un altro, es.
mp3) senza l'applicazione di compensi.
Il documento della consultazione è reperibile all'indirizzo: http://www.ipo.gov.uk/consultcopyrightexceptions.pdf, (per l'eccezione di copia privata, vedi p. 19 del documento).
55
2.1.2 Il Fair Use
La dottrina del fair use statunitense aveva individuato una serie di utilizzazioni
che, in quanto “fair”, non necessitavano dell'autorizzazione dell'autore, e d'altro
lato, non potevano essere ritenute illegittime.
Il cd fair use cercava in effetti di riconciliare il bisogno degli autori di
remunerazione e controllo sull'opera, mentre riconosceva che, in certi specifici
casi, il diritto dell'autore dovesse cedere il passo ad un bisogno pubblico
all'accesso e all'uso delle opere creative. Permetteva agli individui di fare uso di
almeno una parte dell'opera senza il consenso od una ricompensa all'autore.
Risulta essenziale il ruolo che questo principio incarna anche alla luce degli altri
limiti che il copyright conosce, quali la distinzione idea-espressione 154, la cd first
sale doctrine155, ed il termine temporale del copyright. Queste limitazioni infatti,
sono state tanto attaccate da perdere di peso ed efficacia concreta 156, sopratutto per
il continuo adattamento del copyright agli sviluppi dell'accesso alla tecnologia
154La dicotomia idea/espressione fa si che la protezione del copyright si estenda solo
all'espressione dell'idea e non all'idea in sé, garantendo uno spazio alla liberà di immaginazione
del pubblico. Cfr: H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of
Copyright Protection in the Context of the Global Digital Divide”, op. cit., 202
155La “first sale doctrine”, o “exhaustion doctrine” implica che il diritto di controllo del titolare
del copyright sulla vendita di una copia dell'opera si esaurisce dopo il primo trasferimento della
stessa. Pertanto garantisce la diffusione dell'accesso a la disponibilità dell'opera al pubblico.
R. A. Reese, “The First Sale Doctrine in the Era of Digital Networks”, 44 B.C. L. Rew 57,
2003, 585
156Micheal J. Madison, “ Rewriting Fair Use and the Future of Copyright Reform”, Cardozo Arts
& Entertaiment Law Journal, 2005, volume 23, n. 2, 392 - (“The idea-expression distinction is
almost impossible elusive; licensing of digital content presses the first sale doctrine nearly to
the braking point; and in Eldred v. Ashcroft (2003) the Supreme Court determined that
Congress has nearly unlimited discretion in setting Copyright's duration. Fair use appears to be
the battleground state of copyright politics.”)
56
digitale157, indebolendo le dinamiche del pubblico dominio 158; senza la flessibilità
del fair use, il sistema del copyright rischierebbe di diventare eccessivamente
oppressivo159.
Nel lungo percorso che diede vita al fair use, la cui formazione è stata di matrice
prettamente giurisprudenziale, risultò tuttavia difficile, e quantomai incerta, la
formulazione esatta di un principio, che solo recentemente si è cercato di
codificare160.
Per quanto riguarda la collocazione della riproduzione personale all'interno di
questa area di tutela, essa è stata negli ultimi decenni ostacolata dalle azioni legali
delle lobbies discografiche che, spinte da pretese di remunerazione impedite dal
fair use, in accordo con i produttori di supporti idonei alla registrazione, hanno
delineato la struttura compromissoria del Audio Home Recording Act, come si
vedrà in seguito, rendendo ancora più incerto l'ambito, e le modalità, di
applicazione del fair use.
Non a caso ci si è riferiti al fair use come “one of the most troublesome [doctrine]
in the whole law of copyright”161, ed una delle più gravi difficoltà nella sua
elaborazione è stata l'indeterminatezza dei suoi elementi statutari.
****
La nascita del fair use negli Stati Uniti è riferibile ad un periodo di cambiamento
157H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection
in the Context of the Global Digital Divide2, op. cit. 203, nota come il rafforzamento della
tutela del copyright nell'ambiente digitale stia portando alla morte della dicotomia
idea/espressione, anche perchè le MTP permettono ai titolari del copyright di bloccare
legalmente le opere e le idee che scorrono libere nel pubblico dominio. La stessa conclusione è
da trarsi per la first sale doctrine, che permetteva la circolazione delle opere acquistate, ora che
la protezione delle misure che controllano l'accesso permette al titolare del copyright di inserire
sistemi di criptaggio sulle opere, imponendo un pagamento agli utenti per ottenere la chiave
per i “digital locks” più e più volte.
158L. Lessig, “The architecture of Innovation”, 51 Duke Law Journal, 2001, 1789
159M. Sug, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, 11
Mich. Telecomm. Tech. L. Rev. 1, 2005, 444
160Una delle migliori definizioni del concetto di fair use è quella del II Circuito in Rosemont
Enterpises Inc. v. Random House Inc., 366 F 2d 303/306, 1966, dove venne detto che il fair use
è “un privilegio per una persona diversa dal titolare del diritto d'autore di utilizzare un'opera
protetta senza il consenso del titolare e nonostante il monopolio garantito al titolare dal diritto
d'autore.”
161Dellar v Samuel Goldwin, Inc., 104 F.2d 661 (2nd Cir. 1939).
57
del concetto di copyright162, rilevabile nel mondo anglosassone verso la fine del
XIX secolo, quando venne considerato come elemento preminente del diritto
dell'autore il valore di mercato dell'opera, così superando la precedente visione
che riduceva la portata del diritto alla protezione delle riproduzioni letterali o
evasive163, la cd fair abdridgement doctrine.
Questa corrente dottrinale di origine inglese, riconosceva una protezione all'autore
solo riguardo la stampa e la vendita dell'opera intera, anche in conseguenza del
fatto che, le corti consideravano la traduzione e le edizioni ridotte come opere
nuove, derivate, e di conseguenza meritevoli di una propria tutela. Proprio per
questo motivo non si richiedeva il consenso dell'autore dell'opera originale164.
Dallo statuto della Regina Anna del 1710, che aveva spostato il cuore della tutela
del copyright dal monopolio degli editori, al diritto degli artisti, il copyright
anglosassone rimase radicato nelle pratiche e nelle tecniche di riproduzione
letterale, oppure in repliche prive di sostanziali cambiamenti al solo scopo di
evadere il diritto dell'autore.
La Giurisprudenza statunitense, con i casi Gray v. Russel165 e Folsom v. March166,
prese però una nuova coscienza del significato del copyright, e cercò pertanto di
162L'antecedente storico del Copyright americano è lo Statuto della Regina Anna, emanato in
Inghilterra nel 1710, cui spesso ci si riferisce come primo Copyright Act, che pose le basi per la
disciplina autoriale di common law. Fu il culmine di duecento anni di regolamentazione del
commercio editoriale successiva all'introduzione della stampa, e riconobbe in capo agli autori il
controllo sulla pubblicazione delle proprie opere, pur tuttavia in un'ottica di sviluppo della
cultura. Se da un lato lo statuto riconosceva il monopolio degli editori sulla stampa dei libri,
introduceva una limitazione temporale del copyright (quattordici anni rinnovabili in uguale
misura) e creava il concetto di pubblico dominio, riconoscendo il libero utilizzo dell'opera allo
spirare di tale termine. Venne così incorporato nella nella legislazione del copyright una finalità
pubblica, la Costituzione stabilì che il monopolio concesso agli autori fosse un mezzo allo
scopo di promuovere il progresso della scienza e delle arti utili, ai fini dell'incoraggiamento
alla conoscenza. L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of
copyright permission system”, Journal of Intellectual Property Law, Volume 5, Fall 1997, No.
1, 3
163M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op.
cit., 407
164La riutilizzazione di parti di opere altrui impiegate nell'utilizzazione di una nuova creazione,
non veniva ritenuta illegittima in quanto rispondente ad un beneficio pubblico nell'ottica di
promozione della scienza. Cfr: L. P. Loren,“Redefining the market failure approach to fair use
in an era of copyright permission system”, op. Cit. , 1
165Gray v. Russell, 10 F.Cas. 1035 (C.C.D. Mass. 1839)
166Folsom v. Marsh, 9 F. Cas. 342 (C.C.D. Mass. 1841)
58
espandere la tutela del diritto dell'autore, in modo tale da proteggere l'essenza
dell'opera e la sua valenza economica, andando a qualificare alcune condotte di
riproduzione come non illegittime.
Nel secondo dei due casi inoltre, venne maggiormente approfondita la sostanza di
queste qualificazioni, stabilendo che la Corte, per valutare se l'estrapolazione da
un'opera protetta sia illegittima, deve valutare (i) la natura e (ii) l'oggetto di tale
selezione, (iii) la quantità e il valore del materiale utilizzato, (iv) il grado in cui
l'uso possa arrecare pregiudizio alla vendita o diminuirne il profitto, o sostituirne
l'oggetto. Si diede così origine a quella che sarà in seguito conosciuta come fair
use doctrine.
L'introduzione del fair use non fu, quindi, solo coincidente all'espansione del
diritto accordato agli autori, ma fu uno strumento fondamentale alla base di questa
espansione: provocò infatti una estensione del diritto dei titolari, proprio
stabilendo un principio limite che subordinava l'interesse pubblico all'uso
dell'opera, all'interesse economico dell'autore. Il fair use, che è spesso visto solo
come limitazione al diritto esclusivo autoriale, in realtà comportava una regola
espansiva, strutturata in relazione ai due interessi in gioco167.
Da un punto di vista pratico, il fair use porta vantaggi al pubblico limitando i
diritti di privativa autoriale; da un punto di vista strutturale invece, tutela i titolari
delle opere protette come una classe, permettendo ai propri diritti di essere
espansivamente determinati a priori168.
Questa tensione tra aspetti pratici e strutturali è continuata fino ai nostri giorni.
Il ruolo strutturale del fair use è stato visto, infatti, in prospettiva della regolazione
dell'utilizzo di opere protette nella sfera privata, ed in tale ottica ne è stata fatta
applicazione dai giudici, riuscendo a sviluppare la disciplina del copyright in
modo molto più specifico e sottile, rispetto ai risultati che avrebbe potuto ottenere
il
Congresso
intervenendo
astrattamente
ex-ante,
o
successivamente
all'accadimento dei fatti.
167M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine””, op.
cit., 408
168Ibid, 407-409
59
In tale modo, sono state delineate due importanti caratteristiche del fair use: in
primo luogo, la sua funzione di contrappeso che permette diritti d'autore più
flessibili. In secondo luogo, questa flessibilità è stata raggiunta tramite una delega
del Congresso di funzioni di policy-making ai giudici. Questi due aspetti portano
ad un sistema di esclusive elastiche che permette ai giudici di adattare il copyright
ai cambiamenti di circostanze, senza dover aspettare interventi legislativi
potenzialmente sempre in ritardo169.
Con il Copyright Act del 1976 il Congresso tentò di codificare il principio del fair
use, ma, nel farlo, evitò tuttavia di tracciare un test per determinare quando un
uso fosse fair, mentre scelse di stabilire 4 fattori esemplificativi, di origine
giurisprudenziale, non definitivi né determinativi170. Non era chiaro il peso di
ognuno di questi fattori, né se fossero condizioni necessarie per individuare il fair
use171.
Per valutare e comprendere la struttura del fair use, e la portata di questi quattro
fattori, occorre tenere conto degli aspetti evolutivi della disciplina del copyright
americano. In quest'ottica, il Copyright Act del 1976, può essere visto come il
culmine di una trasformazione della disciplina autoriale americana, durata quasi
settant'anni, che dalla regolazione della riproduzione letterale è arrivata ad un
sistema di diritti generali, allo scopo di proteggere la più astratta nozione del
valore creativo, ed intellettuale, dell'opera172.
Con il Copyright Act del 1976, il Congresso aveva mirato ad un'espansione del
numero delle opere da proteggere, nonché all'estensione del significato economico
169M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op.
cit., 408
170La House of Report del 1976, illustra così le ragioni di tale codificazione: “The statement of
the fair use doctrine in section 107 offers some guidance to users in determining when the
principles of the doctrine apply. However, the endless variety of situations and combinations of
circumstances that can rise in particular cases precludes the formulation of exact rules in the
statute. The bill endorses the purpose and general scope of the judicial doctrine of fair use, but
there is no disposition to freeze the doctrine in the statute, especially during a period of rapid
technological change.”
171W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1604
172M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op.
cit., 494
60
e politico del diritto di copyright, ed in particolare cercava di alterare la struttura
del copyright, in modo tale da renderla più elastica ed idonea a rispondere ai
cambiamenti tecnologici.
In effetti, questa riforma avvenne dopo un lungo periodo, contando che il
precedente Copyright Act risaliva al 1909, ed apportò una serie di novità
sostanziali, allo scopo di aumentare il numero di opere soggette al copyright e la
durata della protezione173.
La modifica più rilevante fu senz'altro l'estensione del diritto di privativa dei
titolari delle opere.
La Corte d'Appello nel caso Betamax, spiegò come in questo modo l'approccio del
Congresso, era nell'ottica di introdurre un diritto di esclusiva in larghi termini
nella sezione 106, e quindi, di prevedere alcune limitazioni ed eccezioni nelle
seguenti 12 sezioni; “così tutto quanto sancito nella Sezione 106, è soggetto solo
alle Sezioni 107 e 108, e deve essere letto in connessione con quelle previsioni”.
In questo modo, la concessione dei diritti di esclusiva era limitata solamente dalle
eccezioni espressamente previste dalla legge, vincolando la discrezione dei
giudici174 e riducendo così l'applicazione della dottrina del fair use per quelle
utilizzazioni non previste dalle sezioni 107 e 108175.
Molte teorie hanno giustificato il fair use come soluzione a fallimenti del
mercato176: di fronte a situazioni di fallimento quali gli alti costi di transazione per
173Tra le varie novità apportate, il Copyright Act del 1996 cambiò la regola di base per
l'applicazione del copyright, passando da un opt-in ad un opt-out. In secondo luogo aumentò
durata della protezione, da 56 anni (28anni rinnovabili per altri 28 anni) dalla data di
pubblicazione alla vita intera dell'autore più 50 anni e 75 anni dalla prima pubblicazione per le
opere anonime ( la durata è stata poi aumentata dal Sonny Bono Copyright Term Extension Act
del 1998 fino a 70 anni dalla morte dell'autore).
Il terzo principale cambiamento fu l'eliminazione del requisito del rinnovo del copyright
per quella larga parte di titolari che non aveva effettuato il rinnovo dei 28 anni.
L'effetto cumulativo di queste tre estensioni aumentò notevolmente il numero di opere
protette e la durata della tutela.
174Così Pascuzzi, Videoregistrazione e “Cpyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza
via?, op. cit., 29, e M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair
use doctrine”, op. cit.,395
175Code Cong. & Admin, House Report at 1976 U.S.News at 5692.
176W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit.; L. P. Loren”,Redefining the market failure
61
il raggiungimento delle negoziazioni nel mercato, ampie esternalità che non
possono essere internalizzate all'interno di uno scambio che ci si aspettava, o
l'esistenza di interessi non monetizzabili che non sono inseriti all'interno della
negoziazione tra le parti, il fair use rileva proprio perchè permette usi non
autorizzati di opere protette da copyright, che altrimenti sarebbero illegittimi177.
Occorre tenere in mente che la tutela del copyright si realizza garantendo il
monopolio sullo sfruttamento dell'opera all'autore, ed in questo modo produce
un'artificiale scarsità di copie dell'opera, al fine di garantire agli autori la
possibilità di ottenere guadagni superiori al costo marginale che essi affrontano
nei meccanismi di produzione178. Il fair use agisce, in questi casi, acconsentendo
una crescita di consumo che superi il danno derivante dalla riduzione della
produzione, cioè che in sostanza non comporti gravi perdite alla produzione delle
opere protette179. Permette inoltre agli autori di costruire sulle opere dei propri
predecessori180, promuove i valori sociali di un sistema democratico 181 ed evita la
nascita di possibili dubbi costituzionali sulla struttura della normativa autoriale182.
Tuttavia, tutte queste difese al principio del fair use, si basano spesso sui
più “nobili” effetti che questo produce, con riguardo, da un lato, alle opere
derivate, come la parodia, dall'altro a quegli usi non trasformativi ma che
riguardano le opere scientifiche, ed educative (scopi di ricerca, studi scolastici,
insegnamento, etc..), ai quali generalmente si ricollega un valore molto più alto
rispetto a quello prodotto dagli usi privati delle opere dell'entertaiment183, cui ci si
approach to fair use in an era of copyright permission systems op. cit.
177W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1627-1630
178N.W. Netanel, “Copyright and a Democratic Civil Society”, 106 Yale Law Journal 283, 1996,
293
179S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based
Television Broadcasts”op. cit., 5
180P. N. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, 103 HARV. L. REV.,1105, 1109-10 (1990). Lessig,
“Free Culture”, Apogeo, 2004, cap I.
181N. W. Netanel, “Copyright and a Democratic Civil Society”, op. cit., 363
182L. Ray Patterson & S.W. Lindberg, “The Nature of Copyright: A Law of Users' Rights”,
University of Georgia Press, 1991, 109 ss
183S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based
Television Broadcasts”op. cit., 4. W. Gordon, “Fair Use as a Marlet Failure”, op. cit., sostiene
infatti che gli usi “scientifici” producano esternalità positive; tuttavia il valore posto nell'uso di
un opera dal fruitore che la copia è minore del valore sociale di quell'uso. Il fair use interviene
62
è sempre riferiti come esempio, per declassare la meritevolezza di tutela delle
utilizzazioni non trasformative.
Le corti, infatti, hanno spesso distinto tra usi produttivi, trasformativi, ed usi non
trasformativi, trovando molto più semplice giustificare eccezioni al copyright per i
primi che non per i secondi184.
Nel noto caso Campbell v Acuff-Rose Music, Inc.185, la Corte portò alla base del
proprio ragionamento la distinzione tra usi non trasformativi e trasformativi 186,
notando infatti la minore capacità dei primi, per esempio nel caso di fotocopie o
riproduzioni tramite videoregistratore, ad aggiungere qualcosa al “bagaglio
culturale” da offrire alla società187.
Così infatti nel caso Betamax, nelle accuse mosse contro il cd home videotaping,
ossia la copia personale non autorizzata mediante videoregistratore di trasmissioni
televisive, le argomentazioni che miravano a qualificare tali utilizzazioni come
unfair, poggiavano sulla contrarietà ai quattro fattori statutari del Copyright Act,
ed in particolare: le trasmissioni venivano copiate per intero, lo scopo della
registrazione non era assolutamente produttivo, e ad ultimo che tale copia causava
danni economici ai titolari dei diritti d'autore188.
Dalla parte opposta, chi si schierava a favore del home videotaping, dovette
quindi internalizzando tale esternalità positiva.
184M. Senftleben, “Copyright, Limitations and the Three-Step Test. An Analysis of the Three-Step
Test in International and Ec Copyright Law”, Kluwer Law International, The Hague, 2004, 34
ss; l'autore, in difesa di tali usi non trasformativi, sottolinea che la creazione di nuove opere
creative non sarebbe possibile senza la possibilità di di usufruire di quegli usi non
trasformativi, ma semplicemente “riproduttivi”, delle opere creative, che servendo come
indispensabile fonte di ispirazione e informazione per gli autori e gli utenti che desiderino
diventare nuovi creatori, vanno condivisi.
185Campbell, v. Acuff-Rose Music, Inc., 114 U.S. 1164 (1994)
186Campbell, v. Acuff-Rose Music, Inc., 114 U.S. 1164 (1994). La Corte stabilì che un uso è
trasformativo “where it alters the original with new expression, meaning, or message.” Su
questa conclusione il giudice Leval argomentò e stabilì che: “Transformative uses may include
criticizing the quoted work, exposing the character of the original author, proving a fact, or
summarizing an idea argued in the original in order to defend or rebut it. They also may
include parody, symbolism, aesthetic declarations, and innumerable other uses.”
Vedi anche P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, 103 Harvard Law Review 1105,
1990,1111 .
187P. Marzano, “Diritto d'Autore e Digital Technologies”, op. cit., 315
188S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based
Television Broadcasts”, op. cit., 5-6
63
spostare il ragionamento su di un altro elemento, impregnato nella natura non
commerciale di tali utilizzazioni, accompagnato dalla trascurabilità delle
conseguenze economiche negative.
La Corte, nel giudizio di primo grado, confermava, infatti, come i fatti nel caso
Betamax fossero nettamente differenti rispetto a quelli analizzati negli altri casi di
fair use, che quindi non avevano un rilevante valore autoritativo di precedente. Di
conseguenza, dovette intraprendere una nuova analisi del fair use in applicazione
dei quattro fattori indicati dal Copyright Act189.
Dei quattro fattori, due si basano su problemi di ordine monetario, il primo, “il
fine ed il carattere dell'uso”, ed il quarto “l'effetto dell'uso sul mercato potenziale
dell'opera protetta o sul suo valore” .
Sotto il primo fattore, la Corte Suprema andò, in seguito, ad individuare una
presunzione: se un uso è commerciale, sarà presumibilmente “unfair190”.
Ma in sostanza, l'elemento che rilevò per giustificare il fair use, risiedeva nel
quarto fattore statutario, il più importante di tutti, e cioè l'impatto economico
negativo della copia sugli interessi del titolare del copyright.
Ora, l'utilizzo privato, non commerciale, riguarda la sfera personale dell'individuo,
e non provocherà danni economici al titolare, fintanto che non diminuirà la
possibilità per questi di richiedere un compenso (o negare l'accesso) a quei gruppi
che altrimenti sarebbero disposti a pagare per usufruire dell'opera191.
189C. H. R. “Fair use looks different on videotape”, Virginia Law Review, Vol. 66, No. 5 (Jun.,
1980), 1005-1027. La corte notava inoltre come il Copyright Act non aveva inteso fornire
protezione ai titolari delle opere contro il cd home-recording, probabilmente a causa dei
fastidiosi problemi di privacy ed enforcement che avrebbe incontrato. La corte quindi,
basandosi sul fatto che il Copyright Act del 1976, non includesse nell'esclusiva autoriale la
riproduzione di registrazioni sonore per uso casalingo (home-use sound-recording, vedi §107
U.S.C.), estese la ratio di tale previsione al home videorecording e così trovò un'eccezione
implicita per tale uso non commerciale domestico.
190Sony Corp. Of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417, 448, 1984
191S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based
Television Broadcasts”, op. cit. 7. L'autore esemplifica la distinzione tra usi commerciali e
non, quando un utente che registri una trasmissione decida o meno di mostrarla ai vicini dietro
pagamento. Se i costi di transazione, necessari nella raccolta dell'autore di pagamenti dai
singoli utenti sono maggiori dei potenziali ricavi, e i costi di raccolta dagli utenti
“commerciali” sono minori dei potenziali ricavi, allora questa distinzione è giustificata ed
efficace. Infatti, l'uso non commerciale, permesso dal fair use, aumenterà i consumi senza
diminuire la produzione di opere creative, mentre nel secondo caso permettere il fair use
64
2.1.3 Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of America - Il
caso Betamax: il Fair Use e la riproduzione ad uso personale
In effetti il celebre caso Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of America
(Betamax)192, rappresenta uno dei passi più importanti (anche in ragione della
novità dei fatti che lo caratterizzava) nell'applicazione del principio giudiziale del
fair use e, in particolare, acquista rilievo nella duplice prospettiva della
riproduzione ad uso personale come fair use e della cd indirect laiability (ossia la
responsabilità concorrente di chi fornisce agli utenti i dispositivi con cui compiere
la violazione), ribadendo come l'applicazione di questo principio sia equitativa, e
cambi a seconda delle differenti rilevanze di mercato su cui il ragionamento dei
giudici si fondi193.
In primo luogo la Corte Suprema, dopo un lungo e difficile processo, stabilì che la
riproduzione domestica di opere teletrasmesse tramite videoregistratore (cd time
diminuirebbe la produzione di tali opere.
192Il caso in questione riguardava la Sony, produttrice della tecnologia Betamax, che permetteva
la registrazione su supporti materiali di programmi televisivi, tra i quali anche film proiettati al
cinema e trasmessi in seguito dalle emittenti televisive. Le parti attrici, Universal studios e
Walt Disney Production, sostenevano che la pratica del cd home taping fosse in violazione del
diritto d'autore; non potendo perseguire direttamente ogni utente possessore del
videoregistratore Betamax, agirono contro Sony in quanto produttrice della tecnologia che
permetteva tale condotta, in modo tale da farla ritenere responsabile delle violazioni e affinchè
le venisse inibita la produzione e commercializzazione del Betamax.
Le parti attrici affermavano inoltre che Sony aveva agito in violazione della normativa di
diritto d'autore, registrando parti di programmi per dimostrare il funzionamento del Betamax a
potenziali acquirenti.
La Corte d'Appello, dopo una causa durata tre anni, aveva emesso una sentenza in favore di
Sony sostenendo che: (i) i titolari dei diritti d'autore sui materiali audiovisivi, non avevano un
potere monopolistico sulla registrazione degli stessi da parte dei proprietari dei
videoregistratori nelle loro case per uso personale e non commerciale; (ii) Sony non
commetteva infrazioni dal momento che non agiva con scopo di concorrenza ma con il solo di
dimostrare il funzionamento del videoregistratore; (iii) anche se la registrazione domestica
comporta una violazione, Sony non poteva ritenersi responsabile alla luce delle teorie della
violazione diretta o concorrente o della responsabilità sostitutiva; (iv) Sony non concorreva
slealmente con i titolari dei materiali protetti né interferiva con le loro vantaggiose relazioni
d'affari.
(Universal City Studios, Inc. v Sony Corporation of America, 480 F. Supp. 429; cfr: “Pascuzzi,
“Videoregistrazione e “Copyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza via?”, op.
cit., 27-28)
193M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op.
cit., 391 ss
65
shifting) inquadrasse una condotta fair: dal momento che il danno economico ai
titolari dei diritti sulle opere derivanti dal home taping era minimo, ed avrebbe
risposto ad un interesse meramente speculativo, la fattispecie rientrava nell'ambito
di applicazione del fair use194.
La sentenza andava peraltro ribaltando la decisione della Corte di Appello del IX
Circuito, che aveva invece ritenuto illegittima, e non rientrante nell'ambito di
protezione del fair use, la condotta di una persona che registri programmi
televisivi protetti, nell'ambito privato della propria abitazione.195
In secondo luogo, la sentenza Betamax ha continuato ad essere di basilare
importanza, in quanto stabilì un principio generale (cd standard Sony-Betamax),
che verrà spesso ripreso e/o disatteso dalle corti nei vari casi di peer-to-peer, a
riguardo della cd indirect liability. La Corte Suprema affermava infatti la
neutralità della tecnologia in rapporto agli usi che della stessa possono essere fatti,
e più in particolare che, se di tale tecnologia possono essere fatti usi leciti, gli
eventuali usi illeciti non determinano la responsabilità del produttore né
l'esclusione dal mercato del relativo prodotto196.
Diverse argomentazioni sono state poste a sostegno della decisione della Corte
Suprema.
Innanzitutto si è rilevato come, in effetti, il danno economico causato dal video194S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based
Television Broadcasts”, op. cit., 1
195W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1600 ss. L'autrice sottolinea come in
questa decisione la Corte d'Appello del Nono Circolo abbia frainteso il contenuto della fair
use docrtine, partendo dal presupposto che il fair use possa tutelare solo utenti che utilizzino
l'opera in modo “produttivo”, mentre restano fuori dall'ambito di protezione utenti che facciano
un utilizzo “ordinario” o “intrinseco” dell'opera, come nel caso della registrazione domestica.
Con questo orientamento, la Corte d'Appello andava così contro l'approccio al fair use
precedentemente adottato dalla Court of Claims nel caso Williams & Wilkins, ove aveva
ricercato una base per il fair use di stampo economico (cd market approach), arrivando a
stabilire che una fotocopiatura di massa a certe condizioni poteva costituire fair use. Infatti la
Corte, nella sua analisi, sostenne che la dottrina del fair use aveva alla base tre problemi: (i)
che l'utente non fosse riuscito ad ottenere il prodotto attraverso la struttura del mercato; (ii) che
la cessione del controllo sull'utilizzazione al fruitore avrebbe risposto ad un interesse pubblico;
(iii) che l'opzione nel senso del fair use non avrebbe sostanzialmente danneggiato gli interessi
dei titolari.
196M. L. Montagnani, “Dal peer to peer ai sistemi di Digital Right Managment: primi appunti sul
melting pot della distribuzione online”, IDA, 2007, 2 ss.
66
taping fosse minimo, nonostante una particolare caratterizzazione economica di
tali prodotti televisivi: le trasmissioni esaminate contenevano annunci pubblicitari
sui quali si fondavano i loro stessi proventi; potendo gli utenti facilmente saltare
tali annunci durante le fasi di registrazione, e fruizione, grazie alla tecnologia del
Betamax, si temeva una diminuzione dei ricavi derivanti dagli stessi 197.
La Professoressa Gordon, nell'analizzare il caso Betamax, spiegò come, in
presenza di un mercato non funzionalmente efficiente in relazione ad un dato
utilizzo di alcune opere protette, il perseguimento dell'interesse pubblico, che è il
principale oggetto del copyright, sotto la clausola della proprietà intellettuale della
costituzione americana, è perseguito al meglio risparmiando l'utente dal ricercare
permessi irraggiungibili. Si tratta infatti di garantire dall'esterno un rimedio a
quelle cause che impedirebbero la formazione del mercato, avendo creando delle
imperfezioni tali da non poter essere sopportate, a causa del loro particolare
impatto negativo sulla diffusione della cultura e sugli obbiettivi ultimi del
copyright198. Così, in questo caso, l'applicazione del fair use ha permesso un
utilizzo dell'opera protetta per cui il titolare non avrebbe concesso
l'autorizzazione. 199
Nel caso specifico, si verificherebbe il fallimento del mercato quando i costi di
transazione200 sono talmente alti da impedire che un trasferimento consensuale
197S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based
Television Broadcasts”, op. cit., 11-17. Universal, parte attrice, sosteneva che tutti i possibili
usi del Betamax sarebbero risultati dannosi nel lungo termine: (i) registrazioni di materiali tolti
dalla programmazione destinate a non essere più viste dagli utenti; (ii) registrazioni di
programmi non visti in diretta di cui usufruire in un secondo momento (time shifting); (iii)
registrazioni di un programma destinato ad essere visto numerose volte (librarying); (iv)
elusione delle pubblicità durante la registrazione o durante la fruizione.
In realtà, un analisi economica del mercato televisivo dimostra come l'impatto negativo
della cancellazione delle pubblicità sia minimo come del resto si dimostra essere l'impatto
positivo dei videoregistratori sui contatti pubblicitari.
198W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1657
199R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, 12 Berkeley Tech. L.J. 115 (1997) 149
200Per un approfondimento sui costi di transazione vedi anche Markovitz, “The Causes and
Policy Significance of Pareto Resource Misallocation: A Checklist for Micro-Economic Policy
Analysis”, 28 Stanford Law Review 1 (1976).; C. J.Dahlman, "The Problem of Externality".
Journal of Law and Economics 21, 1979 141–162. "These, then, represent the first
approximation to a workable concept of transaction costs: search and information costs,
bargaining and decision costs, policing and enforcement costs."
67
possa avvenire spontaneamente201.
Partendo dal presupposto che l'utente estragga un certo valore da ogni utilizzo
dell'informazione protetta, il produttore dell'informazione, in ragione del diritto di
proprietà che gli viene riconosciuto dalla normativa del copyright, dovrebbe
essere nella posizione di poter richiedere un pagamento per qualsiasi utilizzo. Di
conseguenza ogni utilizzo dovrebbe essere escludibile202. Tuttavia, in presenza di
alti costi di transazione, che in concreto vengono sopportati dall'utente finale, se
questi costi risultano maggiori del prezzo il potenziale acquirente sarebbe disposto
a pagare, il prezzo che si formerà sul mercato sarà troppo alto e il bene non verrà
acquistato203.
Così nel caso Betamax, la registrazione domestica è stata ritenuta fair, proprio per
le ragioni economiche e strutturali che sottendono il fallimento del mercato: (i)
l'utente non era riuscito ad ottenere il prodotto attraverso la struttura del mercato;
(ii) la cessione del controllo sull'utilizzazione al fruitore avrebbe risposto ad un
interesse pubblico; (iii) l'opzione nel senso del fair use non avrebbe
sostanzialmente danneggiato gli interessi dei titolari204.
Nel caso Betamax era così emersa la questione se fosse individuabile un principio
a sé stante, di autonomia del consumatore, che potesse essere oggetto dell'analisi
del fair use, considerando che l'interesse di uno o più titolari dei diritti d'autore
sembrava fosse stato violato. La Corte Suprema fece luce su questo punto e
affermò che, sebbene il consumatore nell'atto del time shifting andasse a copiare
l'intero programma (un fattore che generalmente pesa fortemente contro il fair
use), il risultato di tali riproduzioni non avrebbe il suo ordinario effetto, poiché “il
time shifting semplicemente permette ad un utente di vedere un programma a cui
egli stesso era stato invitato ad assistere nella sua interezza senza dover pagare
201R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 130
202K. J. Koelman, “Copyright Law & Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit
d'Auteur Passè?”, IIC, No. 6/2004, 611
203Ibid
204W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1601-1657
68
alcun compenso”205. Sembrava dunque emergere questo principio di autonomia
del consumatore, per cui, una volta che un'opera protetta pervenga legalmente
nelle mani del consumatore, questi è libero di usufruire del prodotto, per quanto il
titolare dei diritti avrebbe preferito che venisse utilizzato con altre modalità.206
2.1.4 Fair Use, Free Use, Fared Use
Due pronunce della Corte d'Appello americana, negli anni '90, hanno rigirato la
teoria del market failure, respingendo la difesa del fair use, dopo aver riscontrato
l'assenza di qualsivoglia fallimento del mercato. In realtà è stato sottolineato come
queste sentenze non avessero pienamente valutato la tipologia di fallimento del
mercato che è maggiormente centrale nel copyright e nella dottrina del fair use
oggi207.
In Princeton University Press v. Michigan Document Services, Inc.208 e American
Geophysical Union v. Texaco, Inc.209, le corti negarono la sussistenza del fair use
205Sony Corp. of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417, 449–450 (1984).
206M. Sag, “God in the Machine: a New Structural Analysis of Copyright's Fair Use Doctrine”op.
cit., 430
207L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright
permission systems”, op. cit., 1
208Princeton Univ. Press v. Michigan Document Servs., Inc., 99 F.3d 1381, 1387 n.4 (6th Cir.
1996) (en banc) (quoting American Geophysical, 60 F.3d at 931), cert. denied, 117 S. Ct. 1336
(1997).
209In Princeton University Press v. Michigan Document Services, Inc., il problema riguardava la
riproduzione in copie di estratti di opere protette per usi all'interno delle classi. Gli attori,
editori e titolari dei diritti d'autore, scelsero strategicamente di citare in giudizio solo la
copisteria commerciale che aveva effettuato le fotocopie richieste dai professori. L'accusa non
fece mai i nomi dei professori e degli studenti destinatari di tali fotocopie, insinuando così la
natura dell'uso commerciale, e riuscendo così a far ritenere violato il primo fattore statutario.
Per soddisfare i requisiti del quarto fattore, gli editori si riferirono solamente al danno
derivante dalla perdita dei ricavi derivanti dal permission system da loro impostato.
La Corte del XI Circuito stabilì non solo che tale danno giocasse contro il fair use, ma
anche che il potenziale effetto distruttivo che la condotta in questione poteva avere sul mercato
impostato dagli editori tramite il sistema di licenze, era un elemento sufficiente per negare il
fair use.
In American Geophysical Union v. Texaco, Inc., 60 F.3d 913, 931 (2d Cir. 1994), cert.
dismissed, 116 S. Ct. 592 (1995), un gruppo di editori di giornali scientifici promosse una class
action contro Texaco, alle cui dipendenze lavorava un gruppo di 500 ricercatori, accusandoli di
violazione del copyright in seguito alla riproduzione di numerose fotocopie di articoli delle
proprie riviste.
La Corte del II Circuito stabilì che, per determinare se tale pratica costituisse fair use,
69
per il fatto che il titolare del copyright aveva predisposto un “permission system”,
concedendo in licenza determinate utilizzazioni. I giudici ritennero infatti che
essendo possibile una modalità di pagamento per un certo utilizzo, e non avendo
l'utente pagato la licenza, il titolare aveva sofferto un danno di mercato, che
secondo il quarto fattore dell'art. 107 del Copyright Act, è nella maggior parte dei
casi un elemento determinante per la concessione del fair use210.
Le critiche a queste sentenze muovono dal fatto che entrambe le corti
interpretarono in maniera restrittiva la teoria del market failure, considerando solo
un tipo di fallimento, quello determinato dagli alti costi di transazione, risolvibile
attraverso il sistema delle licenze. Applicando poi la teoria del market failure al
contrario, le corti determinarono che, non essendo riscontrabile alcun fallimento
del mercato, non sussistevano i presupposti del fair use 211.
Le corti infatti posero alla base della loro analisi solo il fallimento del mercato
determinato dai costi di transazione, senza considerare l'importanza di altre
tipologie di market failure che questo sistema di licenze non potrebbe risolvere. Si
tratterebbe di una diversa tipologia di market failure, ben più determinante
all'interno degli scopi del fair use e della Costituzione americana stessa: il
fallimento che si realizza quando si è in presenza di significativi benefici esterni
associati ad un determinato uso che non possono essere internalizzati in nessun
negozio (si pensi agli utilizzi a scopo di ricerca, critica, insegnamento, etc..). 212 Il
cuore del fair use starebbe proprio nel permettere questi usi che producono
occorresse verificare se questa sistematica pratica di copiatura aumentasse il numero di copie
presenti sul mercato, senza pagare le licenze per le sottoscrizioni aggiuntive a tali riviste. La
Corte considerava non solo il danno al mercato degli editori, in riferimento all'unica modalità
di accesso al pubblico di tali articoli scientifici che era la sottoscrizione di un abbonamento, ma
anche il danno alla remunerazione derivante dall'autorizzazione agli utenti a fotocopiare parte
della rivista dietro un compenso. E l'indagine della Corte si soffermò sopratutto sull'analisi di
tale remunerazione. Concluse infatti che, poichè esisteva un mercato per le fotocopie
autorizzate tramite licenze, era giusto considerare la rendita potenziale derivante da tali licenze
per valutare la legittimità dell'uso in questione.
210L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright
permission systems”, op. cit., 1
211Ibid, 7
212D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit.,
14-15
70
benefici esterni, che sono poi distribuiti all'interno della società come gruppo 213.
Si ritornerebbe in sostanza al concetto originale di fair use, incentrato
sull'importanza della disseminazione culturale, che era stato oscurato dalla
brillante riformulazione della professoressa Gordon legata ai costi di
transazione214.
Nell'analizzare la teoria del market failure occorre partire dal presupposto che
all'interno di questo mercato, un soggetto detenga un diritto, e che tale diritto
possa essere venduto. Nel rapporto tra copyright e fair use, la teoria del market
failure prende quindi vita dal fatto che il titolare del copyright detiene un diritto
di controllare un particolare uso che, di conseguenza, costituisce l'oggetto e forma
tale mercato che è fallito215.
Tradizionalmente, il concetto del market failure si basa sull'assunto che un
mercato libero porti alla massimizzazione dei benefici quando gli attori coinvolti
agiscano tenendo conto esclusivamente del proprio benessere. I costi o i benefici
delle loro azioni nei confronti di altri soggetti sono tuttavia ignorati. Questi effetti
sul benessere altrui, che non sono presi in considerazione e quindi non incidono
sulla formazione del prezzo di mercato, sono chiamati “effetti esterni” o
“esternalità”. Nel momento in cui tali esternalità non vengano “internalizzate”, il
prezzo del mercato non potrà riflettere il vero valore sociale del bene e quindi il
meccanismo del mercato non potrà addivenire ad un risultato ottimale216.
Di conseguenza, in presenza di esternalità positive, il prezzo sarà troppo basso e
pertanto, la quantità del prodotto realizzata risulterà più scarsa. Così, la presenza
di esternalità costituirà un market failure e richiederà un intervento esterno217.
Considerando la natura speciale dei prodotti di informazione protetti dal
213L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright
permission systems”, op. cit., 1
214R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 10
215L. J. Raskind, “A Functional Interpretation of Fair Use”, Journal of the Copyright Society of
the USA, 601,1984, 602-603
216K. J. Koelman, “Copyright Law & Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit
d'Auteur Passè?”, op. cit., 4
217Ibid
71
copyright, detti anche “beni pubblici”218, il produttore di tali informazioni non
riuscirà a raccogliere il pieno valore sociale del prodotto che ha sviluppato.
Pertanto, l'attività di produzione di tali beni produce sempre esternalità positive219.
Ora, come spiegato nel teorema di Coase220, si ritiene che queste esternalità
positive vadano internalizzate attraverso un sistema di sovvenzioni governative221.
Se le esternalità positive derivanti dalla produzione delle opere creative verranno
compensate, i produttori di questi beni considereranno il pieno valore sociale ed
aumenteranno la produzione222.
218G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 15-17
Vedi anche David Linsley, “The law and economics of copyright, contract and mass market
licences”, Centre for Copyright Studies Ltd, 2002, 27: “A public good is characterised by nonexcludability, meaning that it is difficult to exclude others from the resource, and by nonrivalry in consumption, meaning that use of the resource does not deplete the amount of the
resource available for others. Information exhibits features of a public good because once
information is made public it is difficult to prevent others from copying the information, and
because the use of information by one person does not result in less of the information for
others”.
219K. J. Koelman, “Copyright Law & Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit
d'Auteur Passè?”, op. cit., 5
220Ronald H Coase, “The Problem of Social Cost”, 3 Journal of Law and Economics 1 (1960).
L'enunciato di Coase afferma che all'interno di un mercato, ove i costi di transazione si
presentano nulli, la contrattazione tra gli agenti possa portare a soluzioni efficienti da un punto
di vista sociale, anche in presenza di esternalità, ed a prescindere dall'assegnazione iniziale dei
diritti di proprietà (privata). La contrattazione tra i privati, ossia tra chi trae beneficio dalle
esternalità, e chi ne viene invece danneggiato, farà sì che la migliore allocazione delle risorse
sarà determinata dalla parte che riterrà maggiore il valore delle stesse; pertanto verranno
corrette le esternalità che si verificheranno in seguito all'allocazione iniziale della proprietà da
parte del Governo.
Pertanto se le condizioni stringenti poste da Coase verranno soddisfatte, l'iniziale
assegnamento del diritto di proprietà sarà irrilevante.
Tuttavia, in presenza di costi di transazione, se questi saranno superiori ai benefici della
contrattazione, non avverrà nessun negozio, e l'iniziale allocazione del diritto di proprietà
assumerà rilievo. Le conseguenti inefficienze possono essere minimizzate da parte del governo
allocando inizialmente le proprietà alla parte a cui assegna maggiore utilità.
In conclusione, il diritto di proprietà diventa importante in presenza di costi di transazione.
221D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit.,
14-15
222Lemely, “Property, Intellectual Property, and Free Riding”, Texas Law Review, Vol. 83, 2005,
1031. L'autore sottolinea che, se la disciplina del copyright dovesse compensare tutte le
esternalità positive, le conseguenze sarebbero assolutamente negative.
Coase ad ogni modo sottolinea che, se ai produttori di esternalità positive sarà concesso il
diritto di escludere gli altri soggetti dal beneficiare delle medesime, le parti dovranno negoziare
per ottenere questi effetti positivi. In questo modo il valore di tali effetti sarà espresso nel
prezzo, e il mercato raggiungerà i livelli ottimali. In quest'ottica, pertanto, il copyright, inteso
come diritto di proprietà, obbligherà le parti a negoziare per ottenere un determinato utilizzo e
in tale modo ad internalizzare gli effetti esterni.
72
L'analisi effettuata dalla professoressa Gordon, affermava che il riconoscimento
del fair use ha senso quando non esista un mercato funzionante per l'opera
protetta223. Non veniva tuttavia considerato un corollario, che riguarda la
probabilità di sviluppo del mercato. Ci si riferisce cioè alla valutazione delle
possibilità di permanenza del market failure, nel senso che la fair use doctrine
troverà spazio solo dove un mercato non sembra potersi sviluppare. Tuttavia,
laddove un mercato potrà svilupparsi tramite un enforcement del copyright,
l'assenza di un mercato iniziale non comporterà automaticamente un
rafforzamento della difesa del fair use224.
Adottando questa visione del fair use, le corti giunsero a considerare un
“permission system” come sufficiente a garantire un bilanciamento di interessi.
Per i difensori della fair use doctrine, questa visione sarebbe troppo riduttiva, e
finirebbe per permettere ai titolari del copyright di controllare ogni tipologia di
utilizzo delle opere. L'enfasi concernente gli aspetti prettamente monetari, e il
sistema di permessi, finisce infatti per non considerare affatto i benefici esterni
che derivano dalle utilizzazioni, con particolare rilevanza sopratutto per gli usi
non-trasformativi225.
Nel caso Texaco, la corte stabilì che "a particular unauthorized use should be
considered 'more fair' when there is no ready market or means to pay for the use,
while such an unauthorized use should be considered 'less fair' when there is a
ready market or means to pay for the use."226 In altre parole, lo scopo difensivo
del fair use dovrebbe nascere, e finire, con la presenza di alti costi di transazione
nell'acquisto dell'accesso ad un'opera protetta227. Se si ritiene effettiva la
dipendenza del fair use da tale market failure, la sopravvivenza di questo
223Così W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit.
224R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 8
225L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright
permission systems”, op. cit., 9
226American Geophysical Union v. Texaco, Inc., 60 F.3d 913, 931 (2d Cir. 1994), cert. dismissed,
116 S. Ct. 592 (1995)
227T. W. Bell, “Fair Use Vs. Fared Use: The Impact of Automated Rights Management on
Copyright's Fair Use Doctrine”, 76 N. Carolina L. Rev. 557 (1998), 583
73
principio nel futuro sarà assai limitata. Come nei casi citati, qualora il titolare dei
diritti sull'opera porrà una modalità di pagamento semplificata per un determinato
utilizzo, tale richiesta di pagamento sarà legittima e tutelata dal quarto fattore228.
Occorrere invece osservare che il secondo tipo di market failure cui si è
accennato, riguarda quegli utilizzi non permessi dai quali tuttavia può risultare un
beneficio sociale, delle esternalità positive, che non possono essere inserite in una
negoziazione tra titolare del copyright ed utente229.
Si consideri ad esempio una recensione negativa di un'opera, ove il critico intenda
riportare degli estratti dell'originale. Il titolare del copyright sull'originale potrebbe
essere disposto a concedere in licenza l'uso della propria opera, ma a prezzi
spropositati rispetto ai danni che subirebbe dalla critica negativa. In questo modo
si rischia di non poter arrivare ad un accordo, e così di privare il pubblico del
beneficio che riceverebbe dalla pubblicazione della recensione, consistente nella
possibilità di valutare il prodotto e, se del caso, di orientare la propria scelta verso
un altro prodotto. Nel momento in cui l'autore della recensione non riesca a
realizzare il pieno beneficio sociale del proprio elaborato, il risultato complessivo
è lontano dall'essere ottimale230.
Questo fallimento del mercato comporta, per la società, la perdita di un'opera
socialmente utile, che richiedeva l'integrazione di diritti di proprietà tra di loro
indipendenti. Pertanto, occorre sottolineare che un mercato ben funzionante debba
servire importanti obbiettivi sociali. Tutti i soggetti beneficiano degli scambi
privati all'interno del mercato dei prodotti della proprietà intellettuale, e tale
pubblico beneficio assume una rilevanza importante. Infatti, quando un mercato
fallisce, non per ragioni collegate all'imposizione legittima di un prezzo da parte
del titolare dei diritti, la legge impone coercitivamente il trasferimento. Lo
scambio volontario bilaterale è importante, ma lo è ancor di più lo scambio in sè
228R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 9
229L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright
permission systems”, op. cit., 7
230D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit.,
36-37
74
stesso231.
Seguendo la linea delle corti, per negare il fair use ad un soggetto, basterà
dimostrare che l'uso in questione diverrà diffuso, in danno di un mercato
potenziale dell'opera protetta. In tale modo, viene considerato il pregiudizio che si
verificherà per ogni mercato individuabile derivante dai potenziali usi dell'opera, e
l'analisi non si focalizzerà più sul solo danno verificatosi al mercato primario
dell'opera protetta. Pertanto, se la questione riguarda anche soltanto una singola
copia e il titolare dei diritti abbia instaurato un sistema di licenze, la corte sarà
portata a considerarla come presupposto del danno ad un potenziale mercato, e
andrà per questo a negare il fair use232.
Si è sottolineato, all'opposto, che un sistema di licenze sembrerebbe assicurare gli
incentivi del sistema del copyright, senza impedire particolari categorie di
utilizzazioni233, e sopratutto che fair use non significhi free use: il privilegio per
gli utenti contenuto nella sezione 107 del Copyright Act, che sembrava impedire
l'imposizione di licenze per quegli usi considerati fair, sembra ormai indebolirsi
dopo che le corti hanno ritenuto che l'avvento di nuovi, e poco costosi mezzi di
pagamento, giustifichi la richiesta di piccoli importi per concedere tali
utilizzazioni. Gli utenti devono cioè pagare qualcosa234.
Il fair use verrà concesso solo per quei mercati di nicchia, verso i quali il titolare
dei diritti non ha mostrato interesse. Del resto, la volontà di stabilire un sistema di
licenze sembra dimostrare l'interesse del titolare del copyright nell'occupare quel
mercato di nicchia, per un determinato utilizzo. Pertanto sono sorte numerose
preoccupazioni sul fatto che sia oramai il titolare del copyright a decidere quando
231R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 10
232L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright
permission systems”, op. cit., 11
233D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit.,
37-38
234T. W. Bell, “Fair use vs fared use”, op. cit.,. L'autore sostiene tra l'altro che in certi casi, grazie
alla digitalizzazione dei permission systems, l'utilizzo non autorizzato possa arrivare ad essere
meno conveniente. Si pensi all'incertezza derivante dalle regole del fair use e del copyright, per
quanto riguarda le minacce legali e le probabilità di vittoria all'interno dei processi.
75
un uso sarà fair, sostituendo il fair use con un fared use.235
Seguendo tali orientamenti si arriverebbe quindi a relegare l'ambito di
applicazione del fair use ai soli casi in cui il titolare del copyright rifiuti di
concedere una licenza236, e cioè quando non è in pericolo il fallimento del
mercato, ma la sua esistenza stessa.
2.1.5 L'Audio Home Recording Act
La Corte d'Appello, nel caso Betamax, aveva suggerito alcune soluzioni per
dirimere il contrasto tra interessi dei titolari del copyright, produttori di dispositivi
elettronici (qui videocassette e videoregistratori), ed utenti.
La proposta più diffusa era quella di introdurre un sistema di licenze legali,
considerata, si noti, quando non era ancora trascorso molto tempo dalla
emanazione della legge austriaca del 2 luglio 1980 n. 321, al cui interno si era
affinato l'approccio tedesco espresso con la legge del diritto d'autore del 1965 che
introduceva la copia privata e con essa il passaggio da diritto esclusivo dell'autore
a diritto alla remunerazione237.
La normativa austriaca infatti, a differenza di quella tedesca che imponeva il
pagamento del compenso solamente al produttore degli apparecchi idonei alla
registrazione, aveva imposto l'equo compenso anche sui supporti materiali quali le
videocassette.
Già si è detto come poi la Corte Suprema risolse la questione stabilendo che il cd
home time-shifting costituisse fair use, così inquadrando una condotta non
soggetta all'esclusiva dell'autore.
L'iter logico seguito dalla Corte Suprema, in effetti, non sembrava porre problemi
di applicazione anche nei confronti della registrazione domestica di programmi
235L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright
permission systems”, op. cit., 11
236Questa conclusione è descritta in termini positivi da Tom Bell, “Fair Use vs Fared Use”, op.
cit., 558-618
237Pascuzzi, V”ideoregistrazione e “Cpyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza
via?”, op. cit., 28
76
radio238 nonché al trasferimento di brani musicali da un dispositivo ad un altro
(format-shifting)239.
Con l'avvento del digitale la situazione cambiò, e fu fornita ai titolari del
copyright la possibilità di offrire una tesi diversa rispetto al caso Betamax: la
capacità di riprodurre infinite copie con qualità identica all'originale, originò la
prospettiva di un danno economico molto più esteso rispetto a quello associato
alla tecnologia analogica del Betamax, andando così a ledere le basi per il
riconoscimento del fair use.240
Nel 1986 veniva infatti rilasciato il primo digital audio tape (DAT), una nuova
tecnologia che permetteva agli utenti di effettuare copie digitali tramite
registrazione da CD, turbando nuovamente i delicati equilibri del copyright241.
Le reazioni dei titolari dei copyrights furono immediate; dopo una prima fase di
scontro, cominciarono tuttavia a crearsi le condizioni che avrebbero condotto in
seguito ad una compromissoria intesa tra industria musicale ed industria
elettronica.
Nel 1989 la “International Recording Industry” e la “Consumer Electronics
Industry”, dopo essersi incontrate in Grecia, stipularono il cd “Athens
Agreement”242, in forza del quale i produttori di dispositivi DAT si sarebbero
impegnati ad incorporare un sistema di controllo anti-copia, il Serial Copy
Management System (SCMS), all'interno dei registratori DAT243.
L'Athens Agreement non riuscì tuttavia a soddisfare pienamente gli interessi dei
titolari del copyright, sopratutto per la mancata previsione di royalties a loro
238Carlisle, “The Audio Home Recording Act of 1992”, 1 Journal of Intellectual Property Law,
1994, 335-345
239J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 159
240S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, 2004, UNSW Law Journal, 125
241N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”,
B.C. INTELL. PROP.& Tech. Forum, 983, 2007, 14 ss
242House Report , N. 102-873(I), al 9-10 (1992), ristampato in 1992 U.S.C.C.A.N. 3578, 357980; Viene qui illustrata la intera serie di negoziazioni che avvenne tra molte industrie
interessate a creare una normativa più concreta sulla protezione del copyright, data la
debolezza del Copyright Act del 1976 e la decisione del caso Betamax.
243McKuin, “Home Audio Taping of Copyrighted Wprks and the Audio home Recording Act of
1992: A Critical Analisys”, Hastiings Commercial Entertaiment Law Journal, 2004, 311
77
favore. Così a partire dal 1990, l'industria musicale cercò di bloccare ugualmente
la distribuzione della tecnologia DAT, e, temendo un effetto consequenziale sulla
vendita di CD, cominciò a minacciare numerose azioni legali244.
Venne così avviata una class-action da parte di alcuni autori contro Sony
Corporation, ed altre case di produzione, allo scopo di ottenere un'ingiunzione che
inibisse la distribuzione dei dispositivi DAT all'interno degli Stati Uniti, i cd Cahn
Proceedings. Fu così che, in cambio di un impegno da parte di Sony, ed altri
produttori, a supportare una legge che promuovesse l'imposizione di royalties su
dispositivi di registrazione digitali, Sony medesima e la National Music Publisher
Association, arrivarono ad una conciliazione in data 11 luglio 1991 245(cd Cahn
Agreement).
Si preferì dunque la certezza di una negoziazione privata ad una soluzione
giudiziaria che avrebbe potuto avere due esiti opposti, dipendenti dalla
qualificazione dell'audio digital audio home recording come fair use: in caso
negativo sarebbero state imposte royalties o comunque alti risarcimenti di danni, e
la distribuzione dei registratori DAT sarebbe stata suscettibile di riduzione; in caso
positivo, oltre a nessuna riduzione di produzione, l'audio home recording non
sarebbe stato soggetto a nessun compenso, poiché avrebbe inquadrato una
condotta fair246.
La situazione normativa quindi non forniva, in quel momento, risposte adeguate e
certe agli opposti interessi che si erano scontrati, rispetto ai quali il Copyright Act
non era in grado di sviluppare una integrazione reciproca. Più nello specifico, il
quadro era il seguente: l'interesse dei titolari dei copyright alla remunerazione, per
244House Report 102-873 AUDIO HOME RECORDING ACT. Mentre i primi dispositivi DAT
furono rilasciati nel 1986, solo quattro anni dopo l'introduzione sul mercato del compact disc,
la minaccia di azioni legali impedì l'uscita di tali prodotti sul mercato per circa sette anni. Il
risultato fu che al momento dell'uscita sul mercato, il CD era il format ormai più diffuso e il
DAT riuscì a diffondersi solo sui mercati di produzione professionale, ove per altro le
disposizioni dell'AHRA non avevano effetto.
245Gary S. Lutzker, “THAT'S ALL FOLKS: CAHN V. SONY AND THE AUDIO HOME
RECORDING ACT OF 1991 - MERRIE MELODIES OR LOONEY TUNES? “, 11 Cardozo
Arts & Ent LJ 145, 1992, 164ss
246S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 129
78
compensare le perdite dovute all'audio home recording, non veniva soddisfatto
mediante la previsione di royalties; non era possibile individuare con certezza un
vero e proprio diritto alla registrazione domestica per gli utenti; rimaneva
nell'incertezza pure la legittimità della distribuzione per i produttori dei dispositivi
di registrazione DAT247, che erano riluttanti all'idea di intraprendere lunghi
processi per verificare se la protezione della Betamax docrine fosse ancora in
grado di garantirli, senza sottovalutare l'ineludibile necessità che la stessa
industria discografica supportasse tale nuova tecnologia, decidendo di distribuire
la loro musica in tale formato248.
In risposta a questa situazione, il Congresso emanò l'Audio Home Recording Act
(AHRA) nel 1992, cercando di raggiungere un risultato che integrasse questi tre
interessi, tentando di eliminare quei fattori che ne avrebbero impedito il
compromesso: da un lato, la pretesa dei consumatori, verso il riconoscimento di
un diritto assoluto alla copia privata in base al fair use (non soggetto quindi a
compenso), e dall'altro la pretesa dei titolari del copyright, che mirava al totale
controllo sulla registrazione domestica e ad un ordine di inibizione sulla
distribuzione di apparecchi che facilitassero tale pratica249.
Dalla seguente analisi emergerà come la struttura dell'AHRA rifletta pienamente
la sua natura compromissoria, derivante dagli accordi intercorsi tra industria
musicale ed elettronica, in particolare su tre livelli.
Innanzitutto l'AHRA sembrerebbe riconoscere un “diritto” alla registrazione
domestica, che in realtà si sostanzia in una “immunità” per i singoli utenti,
prodotta dal fatto che nella Sezione 1008 della normativa, viene precluso l'avvio
di azioni legali contro violazioni del copyright basate sull'uso non commerciale di
dispositivi di registrazione da parte degli utenti allo scopo di effettuare copie
247Ibid, 130
248J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 160
249Un risultato simile sarebbe stato possibile anche in sede giudiziale. Vedi infatti il caso Napster
(A&M Record Inc. v. Napster Inc. 2001), ove uno dei rimedi giudiziali proposti, in
considerazione dell'interesse pubblico diffuso, fu proprio l'imposizione di un sistema di
royalties al posto dell'istanza restrittiva che avrebbe comportato la cessazione dell'attività per il
famoso p2p network.
79
analogiche o digitali250.
La stessa Sezione 1008 preclude azioni legali, in violazione del copyright fondate
sulla produzione, importazione e distribuzione di dispositivi di registrazione audio
digitali o analogici, così eliminando a monte il rischio per i produttori elettronici,
di essere ritenuti responsabili per aver concorso alla violazione da parte degli
utenti della normativa del copyright.
In questo modo, comunque, veniva assicurato agli utenti il legittimo accesso ed
utilizzo dei dispositivi di registrazione251.
In secondo luogo, l'AHRA introduce un rafforzamento della protezione degli
interessi dei titolari del copyright, tramite il primo sistema di controllo elettronico
sulle copie, il cd SCMS. Tale sistema permette l'esecuzione di una copia digitale
dell'opera (la cd copia di prima generazione), ed interviene quindi impedendo
all'utente di effettuare ulteriori copie da questa prima (e quindi ultima)
generazione di copie digitali concesse252.
Obbligando ad inserire su ogni dispositivo di registrazione digitale, venduto negli
USA il nuovo SCMS, l'AHRA va a proibire l'importazione, produzione e
distribuzione di tutti i dispositivi non conformi al SCMS o a sistemi
funzionalmente equivalenti253.
Pertanto, sembrava risolto il problema della copiatura seriale non autorizzata delle
opere254, la cd exponential generational piracy255.
Permettendo così al titolare del copyright di controllare le copie future dell'opera,
subordinando la possibilità di effettuare copie di seconda e terza generazione alla
250S. W. Webb, “RIAA v Diamond Multimedia Systems: The Recording Industry Attempts to Slow
the MP3 Revolution - Taking Aim at the Jogger Friendly Diamond Rio”, The Richmond
Journal of Law & Technology, Fall 2000, 5
251S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 130
252E. Tomlinson & T. Nielander, “Red Apples and Green Persimmons: A Comparative Analysis of
Audio Home-Recording Royalty Laws in the United States and Abroad”, 20 Miss. C. L. Rev. 5,
Fall, 1999, 11 ss
253McKuin, op. cit.,325
254S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 132
255E. Tomlinson & T. Nielander, “Red Apples and Green Persimmons: A Comparative Analysis of
Audio Home-Recording Royalty Laws in the United States and Abroad”, op. cit., 12
80
propria autorizzazione, il SCMS può essere considerato il primo sistema di Digital
Rights Management usato dall'industria musicale256.
La terza importante novità dell'AHRA riguarda l'introduzione di un
meccanismo di compensazione in favore dei titolari del copyright. Le Sezioni
1003 e 1004 dell'Act impongono un'obbligazione in capo a produttori, importatori
e distributori di dispositivi, e di supporti di registrazione digitale audio, di pagare
una royalty pari al 2% e 3% del prezzo rispettivamente di ogni apparecchio e
supporto di registrazione257.
In questo modo si attribuiva un equo compenso in ragione delle perdite dovute
all'audio home recording, secondo uno schema non molto diverso da quello
previsto dalle private copying levies europee258.
Risulta tuttavia evidente, dopo una prima valutazione, come l'ambito di
applicazione dell'AHRA sia limitato. Tale limitazione deriva dall'adozione di una
definizione tecnica dei dispositivi che l'AHRA ha ad oggetto, di efficacia limitata
nel lungo termine.
Si tratta, a dire il vero, di una conseguenza non derivante da una infelice
formulazione troppo poco astratta, ma da una scelta che invece riflette l'elemento
centrale della valutazione del Congresso, il consenso259.
Sembra quindi che l'ambito dell'AHRA sia il prodotto della volontà del Congresso
di realizzare il compromesso raggiunto dalle parti interessate.
256N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”,
op. cit., 14. Prima del SCMS, come già notato, il controllo dei diritti veniva raggiunto grazie
alle ingenti spese di duplicazione, alla perdita di qualità (data dalle possibilità ridotte dei
registratori analogici), e attraverso la minacce legali.
257L'importo è dovuto solo una volta dal primo soggetto che produce, importa o distribuisce il
dispositivo o supporto. Le royalties sono soggette ad un importo massimo di 8$ per dispositivo
e 1$ per supporto. AHRA §1004 (a) (3).
258Le royalties raccolte in base alle disposizioni dell'AHRA vengono allocate in due fondi:
“Sound Recording Fund” e “Musical Works Fund”, rispettivamente nella misura di due terzi ed
un terzo. Le royalties vengono poi distribuite nel modo seguente: una quota pari al 25,59% del
totale è destinata ai “featured recording artists”[17 USC §1006 (b) (1)]; una quota pari al
38,4% ai titolari del copyright; a compositori ed editori è destinata una quota pari al 16,66%[17
USC §1006 (b) (2) (A)]; ai “non featured musicians”[17 USC §1001 (9)] and “non featured
vocalists”[17 USC §1001 (13)], una quota rispettivamente pari al 1,75% e 0,917%.
259S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 132 ss
81
Lo scopo era quello di includere una specifica tecnologia, andando ad escludere
deliberatamente tutte quelle altre tecnologie prodotte da terzi estranei a tale
compromesso. Il Congresso, tramite la definizione legale dei “digital musical
recording”, aveva così previsto una speciale eccezione dall'Act per le registrazioni
effettuate da computer, e in generale da tutti i connessi supporti di
memorizzazione, come gli hard disks .260
I dispositivi di registrazione audio digitale vengono infatti precisamente definiti
all'interno dell'AHRA, unitamente a ciò che si considera “oggetto materiale” di
tale registrazione261. A ciò si deve aggiunge l'introduzione del cd primary purpose
test, un criterio di valutazione della destinazione degli apparecchi digitali, secondo
il quale nella registrazione digitale audio, ad uso personale, deve risiedere lo
scopo principale di tale dispositivo262.
Così, come confermato nel caso Diamond263 dalla Corte d'Appello, i personal
computer non sono considerabili digital audio recording devices, e, pertanto, non
ricadono dall'ambito di applicazione dell'AHRA, proprio perchè falliscono tale
tes,t e sono peraltro esclusi dalla suddetta definizione di “material object”.264
Mediante tale meccanismo dunque, si voleva assicurare che l'AHRA disciplinasse
una categoria limitata di supporti diversi dai registratori DAT, quali i
masterizzatori di CD che operassero indipendentemente dal computer, e la
260Vedi T. J. Barthel, “CASE NOTES AND COMMENTS: RIAA V. DIAMOND MULTIMEDIA
SYSTEMS, INC.: THE SALE OF THE RIO PLAYER FORCES THE MUSIC INDUSTRY TO
DANCE TO A NEW BEAT”, 9 DePaul-LCA J. Art & Ent. L. 279, 1999, 279; S. Elkman – A.
Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home
Recording Act of 1992”, op. cit., 132, e S. Rep. No. 102-294 at 131-32 (1992).
261“any machine or device of a type commonly distribuited to individuals for use by individuals,
whether or not included with or as part of some other machine or device, the digital recording
function of which is designed or marketed for the primary prurpose of, and that is capable of,
making a digital audio copied recording for private use...”. Audio Home Recording Act, 17
USC § 1001 (3) (1992)..
I “digital audio recording devices” vengono quindi definiti come dispositivi che debbono
possedere la capacità di riprodurre una registrazione musicale digitale, da definire come
“oggetto materiale”, ove solo i suoni sono registrati, in modo tale da escludere altri “oggetti
materiali”, ove uno o più programmi da computer vengono registrati.
262“...must be designed for primary prurpose of [and that is capable of] making a digital audio
copied recording for private use...”Audio Home Recording Act, 17 USC § 1001 (3) (1992)
263Recording Industry Association of America v. Diamond Multimedia Sys, Inc., 180 F 3d 1072,
1081 (9th Circuit 1999)
264 J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 160
82
definizione di digital audio recording devices, “camuffata” da principio legale, è
chiaramente un previsione specifica intesa ad ottenere quella certezza che i
partecipanti ai Cahn Proceedings e il Congresso, richiedevano265.
In realtà, il sistema di royalties garantiva la distribuzione dei dispositivi di
registrazione, ma si fondava sul presupposto che la registrazione domestica non
fosse qualificabile come fair use. Di conseguenza, il Congresso, imponendo tale
rimedio, non aveva riconosciuto un diritto al home recording, palesando un
indirizzo contrario ad assicurare al pubblico l'autorizzazione a tale utilizzazione266.
La disposizione dell'AHRA, sotto altro verso, sta a significare che, per i supporti e
apparecchi audio analogici, e video, sia analogici che digitali, non vi è l'obbligo di
pagamento di alcun compenso; una riproduzione ad uso personale, tramite
dispositivi sprovvisti di SCMS non sarà inoltre tollerata, a meno che un giudice
non la classifichi come fair use.
Il “diritto” di riproduzione privata nell'AHRA sembra infatti una licenza legale più
che un generico diritto discendente dal fair use.267
Infatti, il diritto di un utente alla riproduzione privata, all'interno della fair use
doctrine, implica l'assenza di una responsabilità per violazione del copyright 268,
mentre l'AHRA obbliga l'utente al pagamento (rappresentato dal prezzo più alto
sul dispositivo o supporto di registrazione) per il diritto di riproduzione privata.269
Basandosi sulla analisi del fair use nel caso Betamax, la registrazione domestica
tramite DAT si sarebbe dovuta qualificare come fair use. Tale presupposto
265Così S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from
the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. Cit., 134; S. W. Webb, “RIAA v Diamond
Multimedia Systems: The Recording Industry Attempts to Slow the MP3 Revolution - Taking
Aim at the Jogger Friendly Diamond Rio”, op. Cit; J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. Cit.; N.
Aldrich,“An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”, op.
cit., E. Tomlinson & T. Nielander, “Red Apples and Green Persimmons: A Comparative
Analysis of Audio Home-Recording Royalty Laws in the United States and Abroad”, op. Cit..
266S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 128-131
267Ibid, 135
268Carlisle, “The Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 349
269S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 136
83
svuoterebbe di senso lo schema di royalties, imposto dall'AHRA, poiché
imporrebbe un pagamento agli utenti quando questi godrebbero invece di un
diritto di libero utilizzo.
Ne deriva che, il fondamento sui cui si basano le royalties, ossia la promessa che i
titolari dei diritti non promuoveranno azioni legali contro gli utenti, per aver
effettuato registrazioni domestiche con il DAT, è una promessa vuota270.
Va notato, invece, come l'AHRA sembra riconoscere un vero diritto alla
riproduzione domestica in ambito analogico, un vero riconoscimento del fair use,
poichè tale uso non viene subordinato ad alcun pagamento del compenso, per
quanto l'immunità da azioni legali venga comunque accordata.
Gli utenti sono quindi liberi di effettuare riproduzioni domestiche analogiche,
mentre dovranno pagare un compenso per quelle digitali. Tale distinzione non
sembra avere alla sua base una argomentazione razionale, ed è spesso stata
indicata come una decisione arbitraria frutto esclusivo delle negoziazioni271.
Una delle prime applicazioni importanti del principio Sony-Betamax si ebbe
nel 1999, nel caso Diamond272, che vedeva schierate da un lato le major
discografiche rappresentate dalla RIIA, e dall'altro lato la Diamond multimedia
System, rea di aver prodotto il Rio Player, uno dei primi lettori Mp3.
Il problema stava nel fatto che questo dispositivo permetteva l'ascolto, in qualsiasi
luogo e momento, dei file musicali su di esso trasferiti, dopo averli copiati da
computer273.
La RIAA sosteneva che il lettore Rio violasse l'AHRA, poiché non conforme ai
suoi requisiti previsti dal medesimo per i supporti digitali.
270C. Carlisle, “The Audio Home Recording Act of 1992”, 1 J. INTELL. PROP. L. 335, 1994, 350
271J. L. McKuin, “Home Audio Taping of Copyrighted Works and the Audio Home Recording Act
of 1992: A Critical Analysis”, 16 Hastings Comm. & Ent. L. J. 311, 1994, 341; sottolinea come
l'industria musicale fu costretta a cedere nella sua battaglia per la compensazione nella
registrazione analogica domestica, in cambio di un compromesso sulla compensazione digitale
e sul SCMS.
272Recording Industry Association of America v. Diamond Multimedia Sys, Inc., 180 F 3d 1072,
1081 (9th Circuit 1999)
273M. L. Montagnani, “Dal peer to peer ai DRM: primi appunti sul melting pot della
distribuzione online”, IDA, 2007, 5
84
Sfortunatamente per l'industria discografica, la corte d'Appello del IX Circuito
stabilì anzitutto che i computer, e gli hard drives, non rientrassero nel campo di
applicazione dell'AHRA.274 Questo poiché i computer non rientravano nella
definizione di “digital audio recording device” contenuta nell'AHRA275.
Infatti, il primary purpose test non veniva soddisfatto, non essendo
evidentemente la registrazione audio il primo scopo di tali apparecchi. Inoltre
anche il secondo requisito stabilito dall'AHRA, il cd “material object”, non poteva
essere applicato alla specie, poiché gli hard disks contengono programmi che non
sono connessi con alcuno dei files audio che possano essere memorizzati al loro
interno276.
La corte continuò stabilendo che, poichè il lettore Rio copiava i brani musicali
direttamente dall'hard drive di un personal computer, non poteva essere
considerato soggetto alle norme dell'AHRA.277
A supporto di questa conclusione, stava il fatto che il Congresso non aveva inteso
incorporare la tecnologia di protezione SCMS all'interno dei computers.
Così, statuendo che i computers non sono mai dispositivi di registrazione, la corte
rese tali dispositivi immuni all'AHRA e fornì agli utenti un mezzo accessibile con
cui effettuare copie digitali, aprendo la strada ad mp3 e a dispositivi simili (come i
cellulari più moderni, oggi diffusissimi)278.
Inoltre, questa decisione permise agli utenti di aggirare le protezioni del SCMS
attraverso i computers, dimostrando il limitato valore dell'AHRA e la sua
inapplicabilità all'ambiente moderno279. Infatti dal punto di vista del consumatore,
il diritto di effettuare registrazioni domestiche, come concesso dall'AHRA è privo
di valore, poiché oggi gli strumenti più utilizzati sono i computers e non i
274N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”op.
cit., 16.
275J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 159 ss
276Ibid
277Vedi E. R. Goose, “RIIA v Diamond Multimedia Systems, Inc.: the RIAA Could not stop the
Rio – Mp3 files and the Audio Home Recording Act”, 34 U.S.F. L. Rev, 575, 2000, 1-30
278J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 161
279N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”,
op. cit., 16.
85
dispositivi quali il DAT controllati dall'AHRA.
Da un punto di vista dell'industria discografica, il regime di royalties instaurato
dall'AHRA risulta del tutto inefficiente poiché non è in grado di imporre il
compenso proprio sugli ultimi moderni dispositivi di registrazione audio, ossia i
computers.280
2.1.6 L'evoluzione della fair use doctrine all'interno delle corti
statunitensi: alcuni spunti per una verifica della sua reale
flessibilità.
Il fair use, come si è detto, esula da qualsiasi possibilità di definizione teorica 281,
mentre all'atto pratico presuppone un insieme di criteri che dovrebbero rifarsi ad
un generale principio di equità e di bilanciamento degli interessi in contrasto,
tessendo una serie di limiti al copyright in ragione del suo stesso scopo: lo
sviluppo e la diffusione della cultura, così come stabilito dalla Costituzione
americana282. Il concetto di fair use infatti “permette alle corti di evitare la rigida
applicazione della normativa del copyright quando potrebbe frustrare la
creatività che tale legge è disegnata per sviluppare”283.
Con l'introduzione del cd four factor test, nella Sezione 107 del Copyright Act del
1976, si è tentato quindi di codificare a livello normativo la difesa del fair use
contro le violazioni del copyright, in quanto, tale difesa, rappresenta la più
importante limitazione agli straordinariamente estesi diritti garantiti ai titolari
delle opere dalla sezione 106 dell'Act. La maggior parte delle azioni poste in atto
dagli utenti, per i risvolti economici e di tipo comunicativo che le caratterizzano,
280S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US
Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 138
281Leval, “Toward a Fair Use Standard”, 103 Harward Law Review, 1990, 1107-1110
Il giudice Leval sottolineò in effetti come la protezione del fair use non sia un'antagonista
del concetto di monopolio del copyright, ma una parte necessaria di un disegno collettivo. Per
questo il fair use proteggerebbe solo quegli usi che incontrano due criteri: devono servire
l'obbiettivo del copyright di stimolare la produttività delle idee e la pubblica istruzione, senza
diminuire eccessivamente gli incentivi per la creatività.
282U.S. Const. art. I Sezione 8, cl. 8.
283Sony Computer Entertainment America v. Bleem, LLC 214 F.3d 1022 (9th Cir. 2000), citando
Campbell v Acuff-Rose Music Inc 510., 6 US 569, 577 (1994)
86
rischierebbero infatti di costituire una violazione di questi diritti senza la presenza
della difesa del fair use.
La Sezione 107 del Copyright Act, come è stata precedentemente analizzata,
fornisce quattro criteri per la determinazione del fair use, senza tuttavia ritenerli
esaustivi ne vincolanti, ma puramente esemplificativi. L'intento del Congresso era
probabilmente quello di fornire una chiarificazione sulla indefinitezza della
common law.284
Essendo stata la forza della fair use doctrine riconosciuta nella sua flessibilità,
grazie alla quale bilanciare gli interessi degli autori con quelli degli utenti (nonché
potenziali nuovi autori),285 resta tuttavia da chiedersi se, effettivamente,
l'introduzione del cd four factor test della Sezione 107 abbia in qualche modo
vincolato l'analisi delle corti, e se l'attuale configurazione del fair use, dipendendo
all'atto pratico da una valutazione dei giudici, garantisca realmente una elasticità
al sistema delle eccezioni al copyright americano.
In questa prospettiva, analizzando i casi giurisprudenziali, è emerso come i giudici
riconoscano chiaramente che il four factor test non debba essere applicato alla
lettera286, e come del resto, per via della sua interpretazione, il test dovrebbe
semplicemente fornire piccole linee guida per poter predire se un particolare
utilizzo sarà ritenuto fair.287 Pertanto, se da un lato si è notato positivamente come
l'atteggiamento cd non “rule-liking” adottato dal Congresso eviti problemi di
sovra/sotto inclusività normativa288, dall'altro lato è stata criticata da molti
284L. Weinreb, “Fair's Fair: A Comment on the Fair Use Doctrine”, 103 Harvard Law Review,
1990, 1137
285P. Samuelson, “Unbunding Fair Uses”,77 Fordham Law Review, 2009, 2537
286Sony Corp. of Am. v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417, 455 n.40 (1984) “i quattro
fattori [...] sono considerazioni di equità che le corti devono valutare e soppesare; non si
tratta di semplici barriere che l'utente accusato debba superare per escludere la propria
responsabilità. Piuttosto che una sequenza di quattro rigidi test, l'analisi del fair use consiste
in un sensibile bilanciamento di interessi”.
Ty, Inc. v. Publ’ns Int’l Ltd., 292 F.3d 512, 522 (7th Cir. 2002), “La questione importante è
semplicemente che, come la Corte Suprema ha chiarificato, i quattro fattori sono una cheklist
di elementi da verificare piuttosto che una formula decisionale; e allo stesso modo la lista
degli scopi della normativa”.
287M. W. Carrol, “Fixing Fair Use”, 85 N.C. L. Rev. 1087, 2007, 1106.
288Ibid 1092
87
l'incertezza concreta prodotta da questo sistema, il cui problema sembra destinato
ad aumentare progressivamente nel mondo digitale, data l'invocazione della difesa
del fair use in una molteplicità di nuove situazioni.289
Un recente studio empirico sull'applicazione giurisprudenziale della fair use
doctrine ha peraltro rilevato che, nei casi di violazione del copyright, il tasso
medio di vittoria della difesa del fair use sia piuttosto basso290. Va infatti
sottolineato come il numero di casi di fair use non sia particolarmente alto, a
dispetto dell'ampio numero di violazioni del copyright accertate. Ciò è dovuto in
gran parte al fatto che molte dispute sul fair use non raggiungono le corti, cioè
non prendono forma di azioni legali. La non prevedibilità dei risultati di tali azioni
289Vedi per esempio Authors Guild v. Google, Inc., No. 05-CV-8136 (S.D.N.Y. Sept. 20, 2005),
che testimonia come lo sviluppo del nuovo cyberspace abbia comportato la comparsa di nuovi
aspiranti fair users. Il caso di Google in particolare, sulla digitalizzazione di ampie collezioni
bibliotecarie, è stato uno dei segni che ha dimostrato come, nel contesto digitale, la questione
del fair use, e della sua incertezza, acquisti sempre un maggior grado di urgenza. Cfr: Jonathan
Band,
“The
Google
Print
Library
Project:
A
Copyright
Analysis”,
http://www.policybandwidth.com/doc/googleprint.pdf
290B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, University
of Pennsylvania Law Review, vol. 156 no. 3, 2008, 549 – 624
Va premesso come il basso numero di sentenze che hanno riconosciuto la sussistenza del
fair use sia dovuto anche a fattori “esterni”. Landes, “An Empirical Analysis of Intellectual
Propery Litigation: Some Preliminary Results”, Houston Law Review, 41, 2004, 772, indica
come fattore da considerare, il diverso peso degli interessi delle parti in gioco, per cui le parti
attrici, all'interno dei processi per la violazione dei diritti di proprietà intellettuale, saranno le
parti con interessi maggiori, dato che affrontano il rischio che una decisione a loro contraria
possa estinguere i loro diritti, e pertanto prima di promuovere un giudizio debbano soppesare le
probabilità di vittoria con i rischi derivanti dal rigetto dell'accusa. (“The intellectual property
cases that go to trial are likely to have higher win rates on average than all civil trials because
a higher threshold probability is required to offset the loss from an invalidity finding. In short,
the litigation model predicts […] a higher win rate for intellectual property trials and a lower
proportion of terminations by trial”.) Con questo si vuole sottolineare la tendenza delle parti
attrici, all'interno delle cause in materia di copyright, ad essere particolarmente aggressive.
Più rilevante infatti risulta la tendenza delle parti attrici a costruirsi una reputazione per
essere litiganti aggressivi, in modo da beneficiare di un effetto intimidatorio che tale
reputazione può generare. Si prendano ad esempio le numerose lettere e notifiche intimidatorie,
cd “cease-and-desist”, inviate dai titolari dei diritti in caso di violazione del copyright agli
utenti di Internet. Si veda il Chilling Effects Clearinghouse (www.chillingeffects.org), un
gruppo di collaborazione tra Università americane, quali Harvard e Stanford, e la Elettronic
Froniter Foundation, per la protezione degli utenti della rete dalle minacce legali, che ha
peraltro creato un archivio delle lettere intimidatorie inviate dai titolari dei diritti d'autore agli
utenti di Internet. Nel 2002, dopo gli scontri contro la chiesa di Scientology, per la richiesta di
rimozione di materiale protetto posto a scopo di critica su un sito web da un gruppo di utenti,
anche il colosso Google si è unito al gruppo. Cfr: Gallagher, David F.,"New Economy; A
copyright dispute with the Church of Scientology is forcing Google to do some creative
linking". New York Times. 22 aprile 2002.
88
processuali, la gravità delle somme da pagare in caso di affidamento sbagliato sul
fair use e la mancanza di incentivi per difendere nuove interpretazioni del fair use,
portano infatti la maggioranza degli utenti ad accettare patteggiamenti a seguito
delle numerosissime minacce legali dei titolari del copyright.291
Osservando l'attività delle corti, è stato mostrato inoltre come in realtà il four
factor test, sia stato oggetto di applicazione sempre più meccanica.
I dati dimostrano infatti come, dopo un iniziale periodo di flessibilità, i giudici
optarono, verso la fine degli anni ottanta, per un formale e preciso utilizzo dei
quattro fattori statutari. La nascita di questa tendenza all'applicazione abituale del
four factor test coincise con una pronuncia della Corte Suprema del maggio 1985
nel caso Harper & Row, Inc, v. Nation Enterprises, con la quale la corte stabilì
che la pubblicazione da parte di The Nation di alcuni estratti dalla autobiografia
del Presidente Gerald Ford, ancora in fase di pubblicazione, non potesse
considerarsi fair use.
Alla base della decisione della corte stava l'analisi del valore di ogni fattore,
nonché del bilanciamento di tali risultanze. Questo caso portò le corti americane
verso un utilizzo sempre più meccanico delle indicazioni contenute nella Sezione
107.
Ulteriore prova dell'applicazione meccanica del four factor test, è il fatto che i
giudici raramente abbiano tenuto conto di fattori al di là di quelli contenuti nella
sezione e, con l'eccezione del secondo fattore, raramente non hanno considerato
tutti e quattro i fattori congiuntamente.292
Questa rigida e diffusa applicazione delle indicazioni contenute nella Sezione 107
ha generato numerosi lamenti e critiche in campo dottrinale, ove si è cercato di
291M. W. Carroll, "Fixing Fair Use", North Carolina Law Review 85, 2007, 1106
Un'analisi costi-benefici della difesa nei casi di fair use porterà spesso a preferire la via del
patteggiamento alla sopportazione dei rischi di una condanna, e del relativo risarcimento dei
danni. Si vedano in proposito i recenti casi del 2009, RIAA v. J. Tenenbaum (D. Mass.), e
Capital Records, Inc. v. Thomas-Rasset (D. Minn.), ove i convenuti, rifiutando di patteggiare a
condizioni minime, e cercando di dimostrare pubblicamente il loro dissenso alle pratiche
persecutorie delle collecting societies, sono stati condannati a risarcimenti di centinaia di
migliaia di dollari.
292B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 564
89
spronare le corti verso la considerazione di fattori ulteriori 293, come ad esempio il
più generale concetto di “fairness”294, onde evitare la proliferazione di una
tendenza al meccanicismo delle corti. Il giudice Leval notava infatti che i principi
della Sezione 107 non possono riflettere l'ampiezza dei problemi incorporati nella
fair use doctrine, nè sono in grado di aumentare la chiarezza e la prevedibilità dei
risultati nei casi concreti.295
Il numero di decisioni in materia di fair use pronunciate dalle corti di primo e
secondo grado crebbe sostanzialmente a cavallo tra gli anni '80 e '90. Tale
tendenza riflette peraltro la comparsa, nei casi giudiziari, di dispute connesse a
softwares per computers, il cui primo caso risale al 1988 296, e le tecnologie di
Internet, il cui primo caso risale al 1993297.
Si è quindi notato che gran parte di questi casi siano stati risolti con procedimenti
a cognizione sommaria, e tale tendenza si generò dopo il caso Campbell v. Acuff
Rose, del 1994, nonostante la Corte Suprema avesse dato chiare indicazioni in
senso contrario ad un'analisi sommaria, abrogando peraltro il presupposto Sony, in
base al quale il riconoscimento della commercialità dell'uso comporterebbe
293Come si è già detto, W. Gordon, “Fair Use as a Market Failure”, op. cit., 1614, riteneva che
le corti nella loro analisi dovessero verificare se (i) la presenza di un market failure (ii) se il
trasferimento dell'uso all'utente fosse socialmente desiderabile (iii) il riconoscimento del fair
use non dovesse causare un danno ingente agli incentivi del titolare del copyright.
J. E. Rothman, “The Questionable Use of Custom in Intellectual Property”, Virginia Law
Review, 2007, 1903. L'autrice ha sottolineato come, nell'analisi del fair use, debbano essere
considerati fattori diversi ed ulteriori, come le consuetudini commerciali ed industriali. Nel
caso Ringgold v. Black Entertainment Television, (126 F.3d 70 (2nd Cir. 1997)), per l'utilizzo
non autorizzato all'interno di un programma televisivo, anche se per un lasso di tempo di trenta
secondi ed in secondo piano, di un poster raffigurante un'opera d'arte, la corte rigetto
l'invocazione del fair use, poiché riconobbe in essere delle pratiche commerciali per l'utilizzo
tramite licenza di tali opere all'interno dei set televisivi o in circostanze simili.
Si prendano ad ulteriore esempio le Classrom Guidelines, sviluppatesi durante la stesura del
Copyright Act del 1976, su iniziativa di editori ed autori, che fissavano alcuni principi per
determinare quando un uso fosse “fair” o legittimo nel settore educativo. Nonostante queste
linee guida non ottennero mai valore legale, influenzarono fortemente le corti nell'analisi del
fair use.
294L. Weinreb, “Fair's Fair: A Comment on the Fair Use Doctrine”, op. cit., 1151. L'autore si
riferisce a considerazioni generali di fairness non direttamente collegate agli scopi della lettera
normativa.
295P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1111
296Telerate Sys v. Caro, 689 F. Supp. 228-31 (S.D.N.Y. 1988)
297Playboy Enters. v. Frena, 839 F. Supp. 1552, 1557-1559 (M.D. Fla 1993)
90
l'esclusione del fair use; presupposto molto utilizzato dalle corti nei giudizi
sommari 298.
Un ulteriore fattore empirico che sottolinea la incertezza e la difficoltà nel
dirimere le questioni di fair use, consiste nella regolarità con cui le corti,
nettamente spaccate al loro interno, rigettino con rinvio le decisioni dei loro
colleghi. Così in Sony, Harper & Row e Campbell, la Corte Suprema riformò la
decisione della corte di secondo grado, che aveva rigettato a sua volta la sentenza
della Corte Distrettuale. Considerando il fatto che la Corte Suprema fu divisa al
suo interno in ognuna di queste decisioni, mai pervenendo i suoi componenti ad
un indirizzo unanime, si può arrivare ad affermare che la giurisprudenza in
materia di fair use sia piuttosto instabile.299
In questo quadro piuttosto incerto, occorre analizzare le modalità con cui i giudici
utilizzano il four factor test nel valutare e concedere il fair use, e di conseguenza
osservare le dinamiche con cui i quattro fattori interagiscono tra di loro, e quale
tra essi influisca maggiormente sul risultato del test.
La maggiore dottrina è concorde nell'affermare che nella pratica sia il quarto
298Campbell v. Acuff-Rose Music (92-1292), 510 U.S. 569 (1994).
La Corte Distrettuale aveva assolto in base al fair use il gruppo musicale 2Live Crew,
accusato di aver utilizzato senza autorizzazione alcuni elementi del brano “Pretty Woman” di
Roy Orbison, compiendo una parodia della canzone. La Corte del VI Circuito successivamente,
criticando l'analisi della Corte Distrettuale, spiegò come la medesima avesse dato insufficiente
peso alle presunzioni stabilite dalla Corte Suprema in Sony per cui “ogni uso commerciale di
materiale protetto è presuntivamente “unfair”. In seguito tuttavia la Corte Suprema rifiutò la
presunzione di Sony e considerò la commercialità semplicemente come uno degli elementi che
i giudici devono considerare nell'analisi dello scopo e del carattere dell'uso. La corte rimandò
quindi ad ulteriori considerazioni la vicenda in base ai fattori III e IV. È strano come una
sentenza che non solo riformava con rinvio una decisione sommaria, ma abrogava una
presunzione che facilitava la decisione a livello sommario circa la difesa sul fair use, coincise
con un calo delle decisioni con regolari processi, e segnò un aumento delle decisioni sommarie.
Si osservò così che nonostante l'abrogazione della presunzione Sony, si andava imponendo
una chiara indisciplina delle corti di I grado nel continuare ad applicarla, e che l'autorità di
quanto affermato in Campbell era tutt'altro che assoluta. Era evidente inoltre che l'aumento dei
giudizi sommari rifletteva la crescita di influenza delle corti di II grado.
299B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
574
L'autore nota come vi sia invece una maggiore uniformità decisionale a livello delle Corti
Distrettuali, più inclini a seguire i precedenti emanati dalle Corti d'Appello, più indisciplinate
invece nell'attenersi ai principi affermati dalla Corte Suprema nei casi guida.
91
fattore, tendente a compiere l'analisi economica degli effetti dell'uso del
convenuto sul mercato del titolare dell'opera, ad influenzare maggiormente la
decisione sul fair use.300 Inoltre, come è stato sottolineato da molti autori, i
risultati dell'analisi dell'applicazione del primo fattore (il carattere e lo scopo
dell'uso) e del quarto, spesso coincidono: se la corte accerterà che l'uso esaminato
è “trasformativo” o “non commerciale” nell'ambito del primo fattore (in favore
quindi del convenuto), giungerà probabilmente alla conclusione che tale utilizzo
non danneggerà il mercato dell'opera protetta; in tale modo anche il quarto fattore
verrà interpretato in favore del convenuto301. Nella situazione opposta ci si troverà
dinanzi alla presunzione Sony, per cui, se una corte valuta un uso come
commerciale secondo il primo fattore, il medesimo verrà considerato
presumibilmente pericoloso per il mercato dell'opera secondo il quarto fattore 302.
Pertanto si è notato che, nel corso dei vari processi, siano il primo ed il quarto
fattore a guidare l'analisi del fair use, nonché ad avere la maggiore influenza sul
risultato complessivo del four factor test.303 In questa prospettiva, per il II e III
fattore (riguardanti la natura e la misura quantitativa e qualitativa con cui l'opera
viene estratta), si profila un'applicazione di rilevanza periferica.304
300Così come confermato dalla Corte Suprema in Harper & Row, 471 U.S., a 566
301NXIVM Corp. v. Ross. Inst., 364 F. 3d 471, 485 (2nd Cir. 2004).
La corte del II Circuito ritenne che il primo e il quarto fattore siano tra loro correlati:
“maggiore sarà lo scopo trasformativo dell'utilizzo secondario, in misura minore i potenziali
acquirenti percepiranno tale uso come un'alternativa all'acquisto dell'originale. Così, più
l'opera secondaria citi l'originale per comunicare un identico messaggio o scopo, più è
probabile che i potenziali acquirenti vedano l'opera secondaria come un mezzo alternativo
all'acquisto dell'originale - in tale caso, l'opera secondaria insidierà facilmente il mercato di
quella originale.”
302Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 451 (1984) (“se l'uso in
questione è effettuato a scopo commerciale, sarà presunta la probabilità di un significativo
danno al mercato”).
303B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
586-587
304Sul secondo fattore vedi Dow Jones & Co. v. Bd. Of Trade, 546 F. Supp. 113, 120 (S.D.N.Y.
1982) (“La natura dell'opera protetta sembra essere il meno importante e chiaro dei quattro
fattori enumerati nella Sezione 107”);M. Sag, “God in the Machine: a New Structural Analysis
of Copyright's Fair Use Doctrine”, op. cit., 390 (“La natura dell'opera protetta resta inutile
nello stabilire se un'attività sia protetta o meno dal fair use poiché travolta dagli altri fattori”).
Contra Cfr: Harper & Row, Publicshers, Inc. v. Nation Enterprises, 471 U.S. 539, 553
(riferendosi al II fattore come “altamente rilevante per stabilire quando un dato uso sia fair”).
Sul III fattore vedi Compaq Computer Corp. v. Procom Tech., Inc., 908 F. Supp. 1409,
92
Ciò nonostante, generalmente i giudici tendono alla verifica congiunta rispetto a
tutti i quattro fattori del test, senza privilegiare in modo significativo e
preponderante alcuni fattori rispetto ad altri. Per quanto riguarda la correlazione
stessa tra i fattori, sembra che questi vengano richiamati e soppesati senza un
criterio generale unico, ma a seconda del convincimento dei singoli giudici305: così
infatti in Sony, la Corte Distrettuale ritenne che tre fattori giocassero a favore del
fair use.306 La Corte del IX Circuito, all'opposto, rilevava che tutti e quattro i
fattori fossero contrari alle difese del convenuto 307. Infine all'interno della Corte
Suprema, i cinque giudici della maggioranza sostennero che tutti e quattro i fattori
favorissero il fair use308, contro il diverso avviso dei quattro giudici dissenzienti309.
Un'ultima osservazione generale porta quindi a considerare come un insieme di
sotto-fattori, contenuti nella Sezione 107, influenzi i risultati del four factor test,
ed infine come, nel contesto del fair use, gli eventi iniziali, ove le statuizioni della
Corte Suprema si imposero pesantemente, influenzarono in modo significativo
l'evoluzione della fair use doctrine. Si noti peraltro che quando la Suprema Corte
cercò in seguito di mutare alcuni suoi indirizzi in materia, perchè ritenuti non
1421 (S.D. Tex. 1995) (“Il terzo fattore […] è generalmente considerato il meno importante
dell'analisi del fair use.”) (citando Sony Corp. v. Universal City Studios, 464 U.S. 417, 449450 (1984) “[...] il fatto ce l'intera opera sia riprodotta, vedi Sezione107 (3), non ha il suo
ordinario effetto di giocare contro la prova del fair use”).
305B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,591
L'autore sottolinea come in generale le corti non rifuggano dall'applicazione di tutti e
quattro i fattori; e questo nonostante il fatto che, nella considerazione generale, le corti,
nell'accordare il fair use, basino la loro decisione sul riconoscimento di tre su quattro fattori a
favore del convenuto, così come i giudici che rigettino l'invocazione del fair use si basino
usualmente sul riconoscimento di tre fattori in senso contrario al convenuto.
L'autore porta ad esempio i casi in cui le corti di secondo grado hanno riformato le decisioni
delle corti distrettuali richiamando i fattori in modo completamente diverso dalle corti di primo
grado.
306Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of Am., 480 F. Supp. 429, 450-456 (C.D. Cal.
1979) (ritenendo che la registrazione domestica e il ri-ascolto dei programmi televisivi sono
non-commerciali, e non riducono il mercato del titolare dell'opera.).
307Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of Am., 659 F.2d 963, 972-74 (9th Cir. 1981) (“è
nostra convinzione che la fair use doctrine non autorizzi l'home-videorecording”.
308Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 454-55 (1984) (“quando i
fattori sono soppesati nel bilancio della “regola della ragionevole equità”, dobbiamo
concludere che questa risultanza supporti ampiamente le conclusioni della Corte Distrettuale
per cui il time-shifting sia fair use”.)
309Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 486 (1984) (Blackmun, J.,
dissenting) (“Il time shifting non può essere ritenuto fair use.”)
93
corretti, le corti minori continuarono a seguire i vecchi orientamenti,
segnatamente quando arrivavano a condividere le conclusioni alle quali altre corti
minori erano pervenute operando in modo analogo.310
2.1.6.2 Primo fattore: scopo e carattere dell'uso
Il primo fattore della Sezione 107 impone alle corti di considerare “lo scopo e il
carattere dell'uso, considerando anche se tale uso sia di natura commerciale o
per scopi educativi privi di profitto”.
Superando il tenore letterale della normativa, per comprendere appieno la vera
influenza di tale fattore, occorre considerare come i giudici ne abbiano
considerato e soppesato i vari sotto-fattori. Si tratta in pratica del carattere
commerciale o non commerciale dell'uso, il grado con cui tale utilizzo sia
trasformativo rispetto all'opera originale o altrimenti “produttivo” 311, la buona fede
del convenuto e se il suo scopo sia ricompreso tra quelli del preambolo della
Sezione 107.
Sebbene l'analisi sulla commercialità dell'uso risulti ancora molto diffusa tra le
corti nei casi di fair use, la Corte Suprema nel caso Campbell fu molto critica su
tale analisi, poiché riteneva che tutte le espressioni nella nostra cultura siano
prodotte per profitto, o comunque, sotto altri aspetti produttive di remunerazione.
La tendenza ad utilizzare il requisito della commercialità fu tuttavia il risultato di
alcune pronunce della Corte Suprema stessa. In Sony, la corte ritenne che l'utilizzo
del registratore Betamax per le attività di time-shifting fosse un fair use; venne
così formulata la cd “Sony presumption” sulla commercialità dell'uso nell'analisi
del primo e del quarto fattore della Sezione107, che causerà parecchi problemi
310B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
596
311Il termine “trasformativo” fu introdotto dal giudice P. Leval, in “Toward a Fair Use Standard”,
op. cit., 1111. Lo definì come un uso produttivo del materiale per un scopo differente.
94
nella sua applicazione giurisprudenziale. Il primo fattore si riferisce infatti alla
natura commerciale dell'uso solo come ad una tra le considerazioni da effettuare,
ed il quarto fattore non ne fa proprio alcun richiamo. Tuttavia, per il suo tenore
letterale, la Corte Suprema nel caso Sony intese la proposizione alla luce del
primo fattore, in modo tale da ritenere che lo scopo commerciale sia
presuntivamente unfair e dannoso rispetto al mercato dell'opera del titolare.
L'anno successivo, in Harper & Row, la Corte Suprema tentò di modificare quanto
aveva affermato in Sony, sottolineando come “il fatto che una pubblicazione sia
commerciale [...] è un fattore separato che tende a pesare contro la concessione
del fair use”312; tuttavia alla fine riportò nella sentenza proprio il principio che
cercava di sovrascrivere “ogni utilizzo commerciale di materiale protetto è
presuntivamente uno sfruttamento ingiusto del privilegio di monopolio”313, come
se una tendenza a sfavorire il fair use e una presunzione contro il fair use fossero
la stessa cosa.314 In seguito, nel 1990, nel caso Stewart 315, la corte citò nuovamente
il principio affermato in Sony.
316
Solo nel 1994, in Campbell, la Corte Suprema
esplicò come la presunzione Sony non fosse più valida. Nel farlo peraltro,
richiamò quanto affermato in Harper & Low, ossia che la commercialità è
solamente un fattore separato, che tende a pesare contro il fair use317.
Si può notare come questi precedenti sembrino aver mantenuto, all'interno
dell'analisi del fair use, il problema della commercialità solo sul piano del primo
fattore, diversamente quindi rispetto alle originarie intenzioni dei redattori della
Sezione 107, che inserirono l'elemento della natura commerciale solo all'ultima
ora, per rispondere alle preoccupazioni dei soggetti impegnati in scopi educativi
non profit.318
312Harper & Row, Publisher, Inc. v. Nation Enters., 471 U.S. 539, 562 (1985)
313Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 451 (1984)
314B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
598
315Stewart v. Abend, 495 U.S. 207 (1990)
316Né in Stewart ne in Harper & Row tuttavia la Corte Suprema analizzò il problema della
commercialità sotto il quarto fattore, e in tutti e due i casi valutò gli effetti negativi dell'uso sul
mercato dell'opera originale senza alcuna discussione sulla commercialità.
317Campbell v. Acuff Rose Music, Inc., 510 U.S. 569, 585 (1994)
318B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
95
Per quanto riguarda gli effetti della pronuncia della Corte Suprema in Campbell,
la tendenza delle corti minori, dopo una lieve flessione nel primo periodo, mostrò
una continua attenzione al carattere della commercialità dell'uso; ciò si è detto
essere una conseguenza del continuo tentativo della Corte Suprema di mantenere
un'apparenza, ricostruendo quello che avrebbe dovuto semplicemente eliminare e
sostituire. In particolare ci si riferisce alla tendenza delle corti minori a ritenere
non tanto che il riconoscimento della natura commerciale dell'uso influenzi
significativamente il four factor test, quanto piuttosto che la prova della natura
non commerciale dell'uso influenzi il risultato del test in favore del
riconoscimento del fair use. Così se il fatto che l'uso avvenga a scopo
commerciale non gioca un ruolo particolarmente rilevante nella determinazione
del fair use, il fatto che l'uso stesso sia a scopo non commerciale dovrebbe essere
inteso fortemente in favore della determinazione del fair use.
La Corte Suprema in Campbell concentrò invece la sua analisi in modo particolare
sulla “trasformatività” dell'uso, che riteneva “il cuore della questione del fair
use”319. In effetti era già stata chiaramente sottolineata l'importanza di questo
elemento, quando il giudice Leval nel 1990 incitava i giudici a verificare se l'uso
secondario aggiungesse qualcosa all'opera originale, utilizzasse il materiale
protetto in una maniera differente, dandogli nuovo valore e una rinnovata
dimensione, “poichè questa è la vera attività che la fair use doctrine intende
proteggere per l'arricchimento della società”.320
Tuttavia è apparso che tutta questa enfasi sulla trasformatività sia stata esagerata
600; W. F. Patry, “The Fair Use Privilege in Copyright Law”, Bna Books, 2nd edition, 1995,
319Campbell, 510 U.S. 579.
320P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1111
“I believe the answer to the question of justification turns primarily on whether, and to what
extent, the challenged use is transformative. The use must be productive and must employ the
quoted matter in a different manner or for a different purpose from the original. A quotation of
copyrighted material that merely repackages or republishes the original is unlikely to pass the
test; in Justice Story's words, it would merely "supersede the objects" of the original. If, on the
other hand, the secondary use adds value to the original--if the quoted matter is used as raw
material, transformed in the creation of new information, new aesthetics, new insights and
understandings-- this is the very type of activity that the fair use doctrine intends to protect for
the enrichment of society.”
96
rispetto alla effettiva influenza di questo elemento nei casi pratici di fair use,
poiché spesso le corti minori non hanno fatto riferimento a tali usi trasformativi. 321
È pacifico tuttavia come il riconoscimento della trasformatività dell'uso detenga
un notevole peso in favore del fair use, superando anche l'elemento della
commercialità nel determinare quando il primo fattore favorisca il fair use.322
La Corte Suprema in Campbell stabilì infatti che creare qualcosa di nuovo non era
un requisito, ma tale trasformazione perseguiva l'obbiettivo del Copyright Act.323
Ci si è chiesti se la buona fede del convenuto possa essere necessaria, o comunque
possa giocare un ruolo rilevante, per il riconoscimento del fair use. Si è già detto
come alcuni autori abbiano cercato di stimolare le corti al riconoscimento di un
generale elemento di “fairness” come fattore ulteriore324.
Tuttavia tale richiamo non è mai stato ascoltato dalle corti, nella cui analisi
difficilmente la buona fede, o una intrinseca correttezza dell'uso, hanno giocato un
ruolo importante nei casi di fair use, per quanto frequentemente le corti medesime
considerassero il fair use come una dottrina equitativa. All'opposto, che la
malafede del convenuto influenzi negativamente l'indagine del fair use sembra
convinzione diffusa, che tuttavia non può fornire un coefficiente statistico preciso,
poiché come per le rare decisioni che considerarono la “fairness” dell'uso del
convenuto, queste analisi avvengono su un grado di fatti altamente specifici,
cosicché non possano venire fatte vere generalizzazioni di un principio.325
321B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
605
322Vedi Am. Geophysical Union v. Texaco Inc., 802 F. Supp. 1, 12-13 (S.D.N.Y. 1992) (“Thus
courts have repeatdly found in favor of transformative secondary uses on the first factor,
nowithstanding the presence of profit motivation.”)
323M. W. Carroll, "Fixing Fair Use", North Carolina Law Review 85, 2007, 1094
324L. Weinreb, “Fair's Fair: A Comment on the Fair Use Doctrine”, op. cit., 1138 (Il Fair use è
stato storicamente e deve restare ciò che il suo nome suggerisce: un eccezione alla violazione
del copyright per quegli usi che sono fair. […] ha avuto sin dall'inizio il 'gusto' di una dottrina
equitativa, che importa, come indica il nome, considerazioni di 'fairness' non direttamente
collegate agli scopi della normativa.”).
Contra vedi:
325Vedi Rogers v. Koons, 960 F.2d 301, 309 (2d Cir. 1992) (considerando la condotta di mala fede
del convenuto in relazione allo scopo e al carattere dell-uso); New Line Cinema Corp. v.
Bertlesman Music Group, Inc., 693 F. Supp. 1517, 1530 (S.D.N.Y. 1988) (“La conclusione
97
Pertanto, la tendenza delle corti porta a concludere che considerazioni di
“fairness” possano esplicare effetti solamente come considerazioni aggiuntive in
supporto di un risultato, la cui determinazione si basa tuttavia su diversi elementi.
La Sezione 107 suggerisce nel suo preambolo esempi di scopi “fair”. In
particolare indica che l'utilizzo da parte del convenuto di un'espressione artistica
protetta possa essere ritenuto fair use se fatto per scopi di critica, commento, news
reporting, insegnamento o ricerca. Mentre il convenuto generalmente gode di un
alta probabilità di vittoria in questi casi, lo stesso non si può dire per l'utente la cui
attività avviene per scopi educativi.326 Tuttavia come notato per la mala fede, non
si deve concludere che se l'uso rientra nelle categorie elencate nel preambolo della
Sezione 107 il risultato del four factor test verrà condizionato con certezza,
mentre appare più opportuno parlare di un influenza in aggiunta agli altri fattori.
2.1.6.3 Secondo fattore: Natura dell'opera
Il secondo fattore porta le corti a considerare “la natura dell'opera protetta”.327
L'applicazione di tale principio da parte delle corti è risultata piuttosto ambigua ed
aperta a varie interpretazioni, come del resto lascia intendere il tenore letterale
della norma. È risultata diffusa tra le corti la tendenza a non considerare o
comunque a ritenere irrilevante l'influenza di tale fattore all'interno dell'analisi del
fair use.
Tuttavia, ad un'analisi più approfondita, risulta come il valore del secondo fattore
nella determinazione del fair use test, si sia manifestato in modo differente da
quanto previsto dalla dottrina, emergendo in particolare in due sotto-fattori: se la
della Corte è anche supportata dall'esame della correttezza della condotta di Zomba
all'interno di questo caso.”); Original Appalachian Artworks, Inc. v. Topps Chew-ing Gum,
Inc., 642 F. Supp. 1031, 1036 (N.D. Ga. 1986) (trovando che l'intenzione del convenuto di
approfittarsi dei beni dell'attore era un elemento di malafede che pesò contro la determinazione
del fair use)
326B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
609
327§107 U.S.C.
98
natura dell'opera protetta sia creativa o meno, e se l'opera fosse pubblicata o
inedita al momento del particolare utilizzo.
L'idea di base è che la disseminazione delle informazioni porti beneficio al
pubblico, e che pertanto, ci sarà maggiore libertà di copia da opere non creative,
come ad esempio una biografia, rispetto ad opere con maggiore coefficiente
artistico come un romanzo.328
Come sottolineato dalla Corte Suprema in Campbell, il secondo fattore “stimola i
giudici ad analizzare se alcune opere siano maggiormente vicine rispetto ad altre
a ciò che rappresenta il cuore della protezione del copyright, con la conseguenza
che in questi casi sarebbe più difficile riconoscere il fair use in caso di copia di
queste ultime”.329 Secondo tale orientamento al centro della tutela del copyright
starebbero le opere creative, così rendendo più difficile in questi casi il
riconoscimento del fair use, mentre al contrario la natura non creativa delle opere
influenzerebbe in modo positivo il four factor test. Anche se non si è potuto
genericamente riconoscere un nesso di causalità tra la natura creativa dell'opera ed
il rigetto del fair use, la natura creativa o meno dell'opera ha giocato un forte ruolo
nella determinazione dei giudici sul fair use.
Alla sua origine, i quattro fattori cercavano di bilanciare il bisogno di fornire agli
individui incentivi sufficienti per creare opere pubbliche, con il pubblico interesse
alla disseminazione delle informazioni e della cultura. In tale prospettiva, la
Sezione 107 dovrebbe fare di più che semplicemente valutare nell'ambito del
quarto fattore la misura con cui l'uso di un utente incida sul potenziale mercato o
valore dell'opera. Tale analisi risponde solamente ad un aspetto di tale
bilanciamento. Il primo ed il secondo fattore della Sezione 107 sono nati per
ricordare alle corti di considerare l'altro lato del bilanciamento, che guarda al
328Vedi Monster Communications, Inc. v. Turner Broad. Sys., Inc., 935 F. Supp. 490, 495
(S.D.N.Y. 1996); Robinson v. Random House, 877 F.Supp. 830, 841 (S.D.N.Y. 1995) (fritenendo
che il secondo fattore favorisca la violazione, dato che l'opera storica conteneva elementi di
creatività; Nihon Keizai Shimbun, Inc. v. Comline Bus. Data, Inc., 166 F.3d 65, 72-73 (2d Cir
1999) (rilevando che il secondo fattore sia neutrale poiché l'opera era una espressione creativa di
articoli di giornale non creativi).
329Campbell v. Acuff Rose Music, Inc., 510 U.S. 569, 586 (1994)
99
pubblico interesse nella disseminazione dell'informazione, e sembra che le corti
spesso seguano tale orientamento.330
Il Secondo sotto-fattore chiamato in gioco richiede di verificare se l'opera sia stata
pubblicata o sia ancora in fase di pubblicazione. In Harper & Row, il giudice
O'Connor aveva stabilito che il “fatto che un'opera sia inedita è un elemento
critico della sua 'natura' […] e la portata del far use è minore rispetto alle opere
non pubblicate”, perchè “il diritto dell'autore a controllare la prima pubblica
comunicazione dell'opera inedita supera l'invocazione del fair use.”331. In seguito
il giudice Brennan, scrivendo in senso contrario, avvertì come tali argomentazioni
introducevano nell'analisi del caso una categorica presunzione contro il fair use in
fase di pre-publicazione.332
Tre anni dopo in Salnger v. Random House, la Corte del Secondo Circuito adottò
l'interpretazione emersa in Harper & Row, statuendo che il tenore dell'intera
discussione della Corte Suprema, circa la non pubblicazione delle opere,
trasmette l'idea che tali opere inedite normalmente godano di completa protezione
contro la copia di qualsiasi espressione protetta. 333 Un vasto numero di decisioni
seguirono questo orientamento334, così che nel 1991, nel caso Wright v. Warner
Books, Inc., la corte del Secondo Circuito dichiarò che “le opere non pubblicate
sono le figlie preferite del secondo fattore” e che “i nostri precedenti, lasciano
piccole porte per discutere su questo fattore, una volta che è stato determinato
che l'opera protetta non sia pubblicata”.335 In questo modo sembrava configurarsi
una presunzione simile a quella di Sony, questa volta contro gli usi delle opere
inedite. Così nel 1992 dovette intervenire il Congresso, inserendo all'interno della
Sezione107 la conclusione che “il fatto che un'opera non sia pubblicata non
330B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
331Harper & Row, Publishers, Inc. v. Nation Enters., 471 U.S. 539, 564 (1985)
332Ibid 555
333Salinger v. Random House 811 F.2d 90, 97 (2nd Cir. 1987)
334Vedi alcuni casi quali New Era Publ'ns Int'l v. Henry Holt & Co., Inc, 873 F.2d 576, (2 nd Cir
1989); Ass'n of Am. Med. Colls. v. Carey, 728 F. Supp. 873, (N.D.N.Y. 1990), Love v Kwitny,
706 F.Supp 1123, (S.D.N.Y. 1989), ove le corti affermarono nettamente che lo stato di non
pubblicazione dell'opera influisca pesantemente contro la determinazione del fair use.
335Wright v. Warner Books, Inc. 811 F.2d 90, 97 (2nd Cir 1987)
100
dovrebbe di per sé ostacolare il riconoscimento del fair use se tale
riconoscimento avvenga nella considerazione di tutti i fattori”336.
Il risultato di questi eventi fu piuttosto strano, nel senso che tra i vari casi
esaminati dalle corti, anche se non è possibile generalizzare una tendenza, il fatto
che l'opera protetta non fosse ancora pubblicata non ebbe particolare significato
sul risultato del fair use test, mentre il fatto che fosse già stata pubblicata sembrò
esercitare un forte effetto sul risultato del test in favore del riconoscimento del
fair use337. In ogni caso, appare evidente che, per la Corte Suprema, come già
rilevato, il fatto che l'opera non fosse ancora pubblicata, sfavorisse il fair use. Le
corti minori non sembrarono però aver operato in tale direzione, se non invertendo
tale assunto in modo da concludere in senso contrario, e cioè che l'opera
pubblicata, favorisse il fair use.338
In conclusione, nel rapporto tra i due sottofattori, creativita/non creatività e
pubblicazione/non pubblicazione dell'opera, ci si potrebbe chiedere quale dei due
prevalga. Osservando le opinioni delle corti, emerge come all'interno del four
factor test risulti molto più rilevante che l'opera sia creativa rispetto al suo status
di pubblicazione, mentre il fatto che l'opera non sia creativa non prevale
necessariamente sul fatto che non sia stata pubblicata.339
2.1.6.4 Terzo fattore: quantità e sostanzialità dell'utilizzo
Il terzo fattore porta l'analisi delle corti a considerare “la quantità e la qualità della
33617 U.S.C. §107
337Le corti sottolinearono come il fatto che l'opera fosse già pubblicata favoriva il riconoscimento
del fair use, perchè l'espressione dell'artista non era altrimenti reperibile al pubblico. MaxtoneGraham v. Butvhaell, 631 F. Supp. 1432, 1437 (S.D.N.Y:1986) (Il progresso delle scienze
sociali e il pubblico dibattito su un argomento importante è possibile permettendo l'uso libero,
ma fair, di tale materiale); Penelope Brown, 792 F. Supp. 132, 138 (D. Mass.1992) (“Sebbene
'Teaching About Doublespeak' sia ancora in stampa e venduto nelle librerie dei college, non si
può dire che sia ampiamente reperibile al pubblico. Questo difetto di reperibilità lascia [..] la
piàùgrande giustificazione per essere riprodotto”.)
338B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
615
339Ibid
101
porzione utilizzata in relazione all' opera protetta” 340. La massima “maggiore è il
volume [...] di quanto si è preso, più grande sarà l'affronto all'interesse del
titolare del copyright”341 sta al centro di tale fattore. Come è stato riconosciuto
dalla maggioranza delle corti, tale fattore richiede di valutare quantitativamente
quale proporzione dell'opera protetta sia stata usata dal convenuto. La vera
rilevanza di tale fattore è da considerare tuttavia in correlazione al complessivo
risultato del test, ed in particolare nel caso in cui il risultato del terzo fattore
favorisca il fair use. Ciò si spiega per il fatto che l'utilizzo di una parte minima
dell'opera di un autore non avrà un effetto apprezzabile sul mercato o sul valore
dell'opera stessa, mentre porterà a riconoscere il fair use.342
Pertanto il terzo fattore pone meno problematiche ed una dottrine più semplice da
comprendere e meno contrastata rispetto agli altri fattori. Perchè è pacifico che ad
una maggiore parte dell'opera protetta cui attinga il convenuto, corrisponderà una
minore probabilità che tale utilizzo sarà riconosciuto fair.
Al caso in cui l'opera venga presa nella sua interezza, le corti hanno generalmente
correlato un impedimento al riconoscimento del fair use343, e per tanto ci
potrebbero essere solo situazioni limite dove la riproduzione dell'opera intera per
un diverso scopo possa essere ritenuta fair use. Tuttavia l'analisi delle decisioni
delle corti, porta a raggiungere una conclusione diversa, per cui queste situazioni
non sarebbero così ridotte. L'interpretazione dei giudici infatti, ha fornito una
34017 U.S.C. §107
341P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1122
342B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op cit.,
615
L'autore sottolinea come tra le 79 opinioni delle corti da lui analizzate, che riscontrarono che il
terzo fattore favorisse il fair use, 73 poi riconobbero in conseguenza il fair use, e 72 di queste
riconobbero che il quarto fattore favorisse questo risultato.
343Infinity Broad Corp. v. Kirkwood, 150 F.3d 104, 109 (2nd Cir. 1998) (“ The third factor, amount
and substantiality of the portion used, recognizes that the more of a copyrighted work that is
taken, the less likely the use is to be fair, and that even a less substantial taking may be unfair
if it captures the essence of the copyrighted work.”) Harper & Row, 471 U.S. at 564-65, 105
S.Ct. 2218 (although "words actually quoted were an insubstantial portion" of copyrighted
book, they were "essentially the heart of the book"). Pertanto non si ha una regola assoluta:
"generally, it may not constitute a fair use if the entire work is reproduced ." Nimmer on
Copyright, § 13.05[A] at 13-178 (1997). Vedi anche Weissmann v. Freeman, 868 F.2d 1313,
1325 (2d Cir.1989).
102
certa elasticità a questo fattore, adottando come criterio di prelievo dell'opera, non
tanto un sistema quantitativo344, quanto invece qualitativo: le corti hanno
riconosciuto il fair use nelle situazioni in cui il convenuto non aveva preso
“l'essenza”, o il “cuore”, dell'opera protetta.
Data l'apparente dominanza del primo e del quarto fattore, è facile sottostimare
l'importanza dell'analisi del terzo sul risultato complessivo del fair use test.
Tuttavia l'importanza del suo impatto è da apprezzare in rapporto al quarto fattore,
ove le considerazioni che vanno verso la appropriazione dell'interezza dell'opera,
ed in particolare dell'essenza dell'opera, esercitano una significativa influenza sul
risultato del test.
2.1.6.5 Quarto fattore: l'effetto sul mercato e sul valore dell'opera.
Il quarto fattore, che porta ad analizzare “l'effetto dell'uso sul potenziale mercato o
sul valore dell'opera protetta”345, è stato giudicato il più importante dei quattro
fattori,346 come sostenuto da Haper & Row in avanti.347
Circa dieci anni più tardi la Corte Suprema in Campbell cercò di limitare tale
orientamento, sottolineando che, nel determinare il fair use tutti i fattori devono
essere analizzati e soppesati alla luce degli scopi del copyright.348
L'influenza di tale pronuncia fu tuttavia piuttosto modesta, e le opinioni delle corti
minori che seguirono, continuarono ad enfatizzare il quarto fattore come il più
importante. Non era chiaro l'intento della Corte Suprema nella sua pronuncia.
344 Sony, 464 U.S., at 449 -450 (reproduction of entire work "does not have its ordinary effect of
militating against a finding of fair use"); A&M RECORDS, Inc. v. NAPSTER, INC., 239 F.3d
1004 (9th Cir. 2001) (...that Napster users engage in “wholesale copying” of copyrighted work
because file transfer necessarily “involves copying the entirety of the copyrighted work.”
[...]We agree. We note, however, that under certain circumstances, a court will conclude that a
use is fair even when the protected work is copied in its entirety.)
34517 U.S.C. § 107
346Twin Peaks Prods, Inc. v. Publ’ns Int’l, Ltd., 996 F.2d 1366, 1377 (2d Cir. 1993).
347Harper & Row, Pubblischers, Inc.v. Nation Enters, 471 U.S. 539, 566 (1985) (il quarto fattore è
“ senza dubbio l'elemento singolo più importante del fair use”)
348Campbell v Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569, 578 (1994)
103
Tuttavia si è notato come in realtà il quarto fattore non sia stato apprezzato nel
vero ruolo che gioca all'interno delle decisioni. Questo fattore avrebbe in realtà la
funzione di “meta-fattore”, grazie al quale le corti possono integrare la loro analisi
dei primi tre fattori, ed in questo modo arrivare non semplicemente al risultato
prodotto dal quarto fattore, ma al risultato del test complessivo. 349
Ciò infatti spiegherebbe il motivo per cui i giudici non abbiano mai sviluppato dei
sotto-fattori all'interno del quarto fattore, a differenza che per gli altri tre che lo
precedono, e come mai le corti raramente effettuino dei rilevamenti specifici sotto
questo fattore. Invece, la maggioranza delle opinioni semplicemente si limitò a
rilevare i risultati mediante un'analisi equitativa ed intuitiva condotta tramite una
rule-of-reason,350 sulla base di elementi normativi relativamente deboli, come nel
caso della presunzione Sony, la quale stabiliva che se l'uso in questione era
commerciale, la probabilità di un danno di mercato sotto il quarto fattore era da
presumersi.351 Come già detto, la Corte Suprema tentò di correggere questa
impostazione riformulando la presunzione nel caso Campbell.352
La Corte Suprema in quell'occasione aggiunse tuttavia un ulteriore elemento di
sviluppo al quarto fattore, richiedendo alle corti di considerare “non solo la
dimensione del danno di mercato causato dalla particolare azione del convenuto,
349B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
618
350B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,
618; P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1107
351Sony Corp. Of Am. v. Universal Studios, Inc., 464 U.S. 417, 451 (1984)
352Campbell v Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569, 591 (1994)
(No "presumption" or inference of market harm that might find support in Sony is
applicable to a case involving something beyond mere duplication for commercial purposes.
Sony's discussion of a presumption contrasts a context of verbatim copying of the original in
its entirety for commercial purposes, with the noncommercial context of Sony itself (home
copying of television programming). In the former circumstances, what Sony said simply
makes common sense: when a commercial use amounts to mere duplication of the entirety of
an original, it clearly "supersede[s] the objects," Folsom v. Marsh, 9 F.Cas., at 348, of the
original and serves as a market replacement for it, making it likely that cognizable market
harm to the original will occur. Sony, 464 U.S., at 451 . But when, on the contrary, the second
use is transformative, market substitution is at least less certain, and market harm may not be
so readily inferred. Indeed, as to parody pure and simple, it is more likely that the new work
will not affect the market for the original in a way cognizable under this factor, that is, by
acting as a substitute for it.)
104
ma anche se una diffusa ed ampia condotta intrapresa dal convenuto...possa
avere effetti negativi sul potenziale mercato dell'opera originale”353.
Così, si è notato come sussista un paradosso nell'ambito del quarto fattore, vale a
dire che rappresenti tutto, ma allo stesso tempo niente, all'interno del fair use
test354. Affermare che, come spesso le corti hanno fatto, questo sia il fattore più
importante non avrebbe significato, perchè non incarnando una variabile
indipendente, il fattore del mercato resta un elemento importante ma non
sufficiente a giustificare l'uso secondario.355 Se in teoria la Sezione 107 indica alle
corti di condurre un test bilanciato tra le quattro dimensioni dei suoi fattori, alla
luce dello scopo del copyright, come ribadito in Campbell, nella pratica, sembra
che la maggioranza delle corti minori applichi le previsioni della Sezione 107 in
un test bi-dimensionato, ove il valore della difesa del convenuto e del suo
particolare uso rispetto ai primi tre fattori, va soppesato con l'impatto di tale uso
sugli incentivi dell'attore. Il quarto fattore fornisce quindi uno spazio per questo
bilanciamento.356
In conclusione, è sembrato che nei casi in cui le corti minori non abbiano seguito
gli orientamenti della Corte Suprema, come espressi nei casi guida, fosse evidente
la preoccupazione di espandere lo scopo della fair use doctrine. La tendenza
dimostrata è verso un'applicazione meccanica dei quattro fattori, e talvolta anche
attraverso un uso opportunistico dei precedenti in conflitto, a loro disponibili.
Questa casistica nel tempo ha tuttavia portato ad una maggiore certezza ex ante,
facendo emergere delle regole di fair use, e sottolineando allo stesso tempo la
353Campbell v Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569, 590 (1994) (The fourth fair use factor is
"the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted work." § 107(4).
It requires courts to consider not only the extent of market harm caused by the particular
actions of the alleged infringer, but also "whether unrestricted and widespread conduct of the
sort engaged in by the defendant . . . would result in a substantially adverse impact on the
potential market") Così anche Harper & Row, 471 U.S., at 569.)
354B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit, 618
355P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1124
356B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit, 620
105
flessibilità del fair use nei confronti di nuove tipologie di usi.357
Tra i particolari utilizzi che vennero permessi grazie al fair use, ne è un esempio
il cd “reverse engineering” dei software, tramite la decompilazione o il
disassemblaggio dei codici, ai fini di sviluppare prodotti di intrattenimento o
piattaforme concorrenti o complementari. Le corti ritennero così che effettuare
una copia del software di un rivale, per ottenere l'accesso ad elementi non
proteggibili, sia un uso fair sino a che il prodotto finale non sia sostanzialmente
simile a quello del concorrente358.
Un secondo esempio di uso permesso dal fair use è il time shifting di cui si è già
detto analizzando il caso Betamax, nel quale si impose la concezione del giudice
Stevens circa il monopolio assicurato dal copyright come limitato, e destinato a
servire l'interesse pubblico per la diffusione dell'accesso alla conoscenza. 359 Così
seguirono molti altri casi in cui la fair use doctrine si adattò alle nuove circostanze
e permise utilizzazioni quali la parodia360, la citazione di un'opera per
l'elaborazione di una nuova opera avente lo stesso soggetto 361, la pubblicazione di
fotografie all'interno di nuove opere362, la fotocopia di un documento per iscriverla
a prova all'interno di un processo363, fino ai più recenti casi riguardanti i motori di
ricerca di Internet, le cui attività di copia di pagine web, cd. caching, ai fini di
indicizzarle, rendendo più semplice la ricerca364, o le attività dirette a fornire agli
utenti i link alle immagini reperibili sulla rete365, furono ritenute utilizzazioni fair.
357Carrol, “Fixing Fair Use”, op cit., 1106
358Sony Computer Entm', Inc. v Connetix Corp., 2003 F 3d 596, 599 (9 th Cir. 2000). La Corte del
IX circuito ritenne infatti che la copia ai fini di reverse engineering sulla piattaforma
Playstation fosse un uso fair. La pronuncia originale che tendeva a fissare una regola per il fair
use era Sega Enters. Ltd. v. Accolade, Inc., 977 F.2d 1510, 1511 (9th Cir. 1992)
359P. Samuelson, “The Generativity of Sony v. Universal: The Intellectual Property Legacy of
Justice Stevens”, 74 Fordham L. Rev., 102, 2006, 112
360Campbell v. Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569 (1994)
361New Era Pubs., Int'l v. Varol Pub. Group, 904 F.2d 152 (2d Cir. 1990)
362Nunez v. Caribbean Int'l News Corp., 235 F.3d 18 (1st Cir. 2000)
363Sturgis v. Hurst, 86 U.S.P.Q. 2D 1444 (E.D. Mich. 2007)
364Kelly v. Arriba Soft. Corp., 336 F.3d 811 (9th Cir. 2003). (Nello specifico la corte sostenne che
l'attività del motore di ricerca, mostrando i risultati come figure dette “thumbnail”, fosse fair
use); Field v. Google, Inc., 412 F. Supp. 2D 1106 (d. Nev. 2006)
365Perfect10 v. Amazon, Inc., 487 F. 3d 701 (9th Cir. 2007)
106
2.1.6.6 Cenni comparatistici di raffronto al sistema di eccezioni
europeo con particolare riferimento al recepimento ed
all'applicazione del three-step test.
Può essere utile fare alcuni cenni al sistema di eccezioni al copyright europeo
onde verificare se, come a detta di molti, risulti nella pratica un sistema più rigido
del fair use e vincolato alla specificità normativa che lo determina.
Secondo la classica dottrina europea, le eccezioni al copyright debbono essere
interpretate restrittivamente, e la creazione di qualsiasi ulteriore eccezione, in
assenza di apposita previsione legislativa, cioè esclusivamente da parte dei
giudici, risulta impossibile366.
366Con una sentenza del marzo 2005, la Corte Suprema Francese sembrava contraddire tale
impostazione, nella decisione del caso “Buren”. In tale decisione, la corte impose infatti una
limitazione al copyright che, in assenza di specifica previsione legislativa, era stata ammessa
talvolta dalla prassi giudiziaria, e che permetteva la riproduzione o la rappresentazione di
un'opera grafica, o di una scultura ,a condizione che non costituisse il soggetto principale della
riproduzione.
La Corte Suprema sembrava quindi permettere una creazione libera, allineandosi ad un
precedente filone giurisprudenziale, che autorizzava la riproduzione di un'opera protetta
qualora fosse semplicemente accessoria al soggetto principale. Si trattava di una eccezione nata
inizialmente come forma di tolleranza in favore dei fotografi, secondo un'accezione peraltro
molto restrittiva, e gradualmente estesasi sino ad inquadrare una vera e propria eccezione, che
alla base si riferiva alla libera riproduzione dei paesaggi (Decisione della Corte d'Appello di
Parigi, 14 settembre 1999). La ratio di tale eccezione starebbe pertanto nella difficoltà o
impossibilità di richiedere l'autorizzazione alla riproduzione agli autori le cui opere sono
incluse in via accessoria in una fotografia di uno spazio pubblico. La preoccupazione che il
proliferare delle autorizzazioni potesse frustrare la creatività e la diffusione delle informazioni
era emerso anche in una decisione precedente della Corte Suprema, del 7 maggio 2004,
laddove aveva stabilito che il proprietario di un oggetto non detiene i diritti esclusivi
sull'immagine dello stesso, e non può inibire l'utilizzo dell'immagine ai terzi a meno che ne
subisca un pregiudizio abnorme.
Nel caso in specie, alcuni produttori di cartoline avevano riprodotto la Place des Terraux di
Lione, la piazza che era stata oggetto di re-design da parte di due famosi designers, Daniel
Buren e Christian Drevet. Questi ultimi esperirono un'azione legale contro gli editori,
lamentando il fatto che non fosse stata chiesta alcuna autorizzazione per le riproduzioni della
piazza, la cui riprogettazione rappresentava un'opera protetta dal diritto d'autore.
La Corte Suprema stabilì quindi che, siccome l'opera emerge in un insieme architettonico
della Place de Terreaux, del quale è solo un elemento, e che tale rappresentazione dell'opera in
questione era accessoria alla materia principale, cioè la rappresentazione della piazza nel suo
complesso, non costituiva violazione del diritto di comunicazione dell'opera al pubblico, e
pertanto la riproduzione era legittima. In tale modo i giudici imponevano una limitazione al
diritto d'autore non prevista da alcuna norma specifica.
Inoltre la Corte Suprema non fece riferimento allo spazio nel quale la opera era sita,
potendo così considerare l'introduzione di una eccezione generale che permette lo sfruttamento
in via accessoria di un'opera.
107
L'articolo 5.5 della Direttiva EUCD del 2001, stabilisce quindi che l'utilizzo delle
eccezioni e limitazioni al copyright debba essere conforme alle obbligazioni in
vigore a livello internazionale, e che tali limitazioni ed eccezioni siano applicabili
(i) solo in certi casi, (ii) senza essere in conflitto con il normale sfruttamento
dell'opera, e (iii) senza causare un irragionevole pregiudizio ai legittimi interessi
del titolare dei diritti, pertanto sembrando così confermare la natura restrittiva
delle eccezione. Non è chiaro se questo three step test sia rivolto solo ai legislatori
nazionali o invece anche ai giudici367, per i quali, nel caso, dovrebbe fungere da
principio guida per l'applicazione della legge, allo stesso tempo rappresentando
tuttavia un rischio, poiché le eccezioni del copyright possono venire messe in
discussione dai giudici stessi.368
Ci si è chiesti quindi se le tre condizioni dovessero essere applicate singolarmente
oppure congiuntamente, così generando diversi timori sull'eccessiva rigidità che
ne deriverebbe. Nel caso Google Inc. v. Copiepresse, si sostenne che, analizzando
l'eccezione a scopo di citazione e critica, le suddette condizioni debbano essere
applicate cumulativamente, sottolineando come i presupposti di validità di tale
eccezione debbano essere interpretati restrittivamente.369
Geiger, “Creating Copyright Limitation Without Legal Basis: The “Buren” Decision, a
Liberation?”, IIC, vol. 36, 7/2005, 842 ss
367Se l'art. 9.2 della Convenzione di Berna che contiene il three step test era rivolto con certezza
ai vari legislatori degli Stati Membri, nonostante alcune esitazioni riscontrate in dottrina,
sembra che la Direttiva EUCD si rivolga anche ai giudici. H. Cohen Jehoram, “Restrictions on
copyright and their Abuse”, 2005 EIPR 364
368Christophe Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, IIC, vol
37, 6/2006, 683
369Decision of the Brussels Court of First Instance (Tribunal de première instance), 12 febbraio
2007, Google Inc, v. Copiepresse, Sofam, S.A.J., S.C.A.M., Assucopie and Pressbanking; IIC
vol 38, 7-2007, 849
In particolare, Google salvava le opere protette da copyright all'interno della propria
memoria cache, e permetteva agli utenti di Internet di accedere ad esse all'interno di tale
memoria, senza essere ricondotti al sito originale. La homepage del sito “Google.News”
conteneva solo le prime righe di tali articoli ed un breve riassunto. La corte stabilì che la
pratica di salvataggio e concessione di accesso agli utenti delle notizie costituisse un atto di
riproduzione e comunicazione pubblica; inoltre ritenne che anche se venivano citate solo le
prime righe degli articoli, ciò non doveva portare a concludere che queste non fossero protette
dal copyright. Infine, il riassunto degli articoli non poteva qualificarsi come “press review” dal
momento che Google News non analizzava, comparava o recensiva tali articoli, che non erano
commentati in alcun modo. Pertanto Google non poteva invocare l'eccezione di citazione.
Inoltre, Google non poteva rifarsi all'eccezione per citazione di notizie, come prevista
108
Con la citata sentenza della Corte Suprema Francese del 28 febbraio 2006, nel
caso Mullholland Drive, per la prima volta in Europa venne resa una decisione sul
rapporto tra copia privata e misure tecniche di protezione, in particolare grazie ad
una criticata applicazione del three-step test. Durante il giudizio di primo grado, la
Corte di Parigi decise contro un utente che invocava il proprio diritto di copia
privata di un DVD legittimamente acquistato e protetto da misure anti-copia,
ritenendo che il legislatore non avesse accordato un diritto alla copia privata a
chiunque, e su ogni opera, e che “la copia di un'opera cinematografica pubblicata
su un dispositivo digitale non può evitare un conflitto con il normale sfruttamento
dell'opera”.370 Tuttavia nel corso dell'appello, la Corte d'Appello di Parigi stupì
tutti emettendo una sentenza in favore dell'utente, con una decisione fondata su
un'audace e innovativa motivazione. Confermando come l'utente non avesse un
diritto alla copia privata, stabilì tuttavia che “un'eccezione stabilita dalla legge
può essere limitata solo alle condizioni previste dalla legge”.371 In tale modo la
Corte d'Apello ammetteva
la natura imperativa dell'eccezione al diritto
d'autore372, e per quanto riguarda la violazione del three step test, tenne una
posizione opposta a quella del tribunale di primo grado, stabilendo che “non c'è
alcuna spiegazione di come l'esistenza di una copia privata, che per una
questione di principio e in assenza di un inganno non impedisce il normale
sfruttamento commerciale dell'opera originale, possa costituire una violazione
illegittima”.
Si noti così come il three-step test porti, in due decisioni sulla stessa fattispecie, a
risultati completamente diversi, indicando l'enorme incertezza che ancora
circonda l'uso di questo strumento legale di recente acquisizione da parte delle
dall'art. 22.2 della legge Belga del 30 giugno 1994; non c'era infatti alcun commento sulla
notizia, il che comportava la riproduzione degli estratti da articoli, organizzati tra di loro a
seconda degli argomenti. In più, come nel caso delle citazioni, sembrava che le opere protette
dovessero solo essere utilizzate in via accessoria all'opera, e non costituire il loro principale
oggetto.
370Corte di Primo grado di Parigi, 39 Aprile 2004, 36 IIC 148 (2005)
371Corte d'Appello di Parigi, 22 Aprile 2005, 37 IIC 112 (2206)
372Come confermato nella sentenza del Tribunale di Parigi, 10 gennaio 2006
109
corti.373
La Corte Suprema quindi risolse il caso molto velocemente, proprio in un periodo
in cui il Parlamento Francese discuteva una riforma della legge in materia,
pronunciandosi in senso contrario alla Corte d'Appello, e stabilendo, molto
astrattamente ed in via generale, che la copia privata di un DVD sarebbe in
conflitto con il normale sfruttamento dell'opera. Tale applicazione del three-step
test da parte della corte non passò quindi priva di critiche, e rende perfettamente
l'idea del rischio che questo strumento legale rappresenta se applicato
impropriamente. In particolare sembra preoccupante la vaghezza con cui ci si
riferisce all'idea di “normale sfruttamento”.374
La corte ha determinato tale
concetto “alla luce del rischio inerente al nuovo contesto digitale, con rispetto
alla protezione del copyright e alla luce dell'importanza economica che lo
sfruttamento di un'opera come un DVD rappresenta per la copertura dei costi di
produzione cinematografici”. In questo modo si è sottolineato come la corte abbia
screditato un'eccezione al diritto d'autore comunque contenuta nel Code de la
Prorpietè Intellectuelle,
modificando
quindi l'equilibrio individuato dalla
legge.375 L'unica previsione, che a questo punto giustificherebbe la decisione della
Corte Suprema, è l'art. 5.5. della Direttiva EUCD, che contiene appunto il threestep test.376
373C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 686
374Da quanto affermato dalla Corte Suprema, che non si è pronunciata esplicitamente sulla natura
delle eccezioni al diritto d'autore, per quanto riguarda il caso della copia privata, è emerso che
non potrebbe “impedire l'inserzione sul dispositivo sul quale l'opera protetta è riprodotta di
misure tecniche di protezione, intese a prevenire la copia nel caso in cui quest'ultima abbia
l'effetto di confliggere con il normale sfruttamento dell'opera”. Non avendo definito il concetto
di “normale sfruttamento”, l'eccezione in questione sembrerebbe altamente minacciata da tale
impostazione.
375C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 688
L'autore sottolinea infatti come la Corte Suprema decise la questione in base alla normativa
francese (artt. L. 122-5 e L.211-3 Code de la Proprietè Intellectuelle), alla luce della Direttiva
EUCD 2001 e dell'art. 9.2 della Convenzione di Berna. Le conseguenze che la corte derivò
dall'applicazione della Direttiva lasciano però spazio ad alcuni dubbi. La Direttiva offre
chiaramente agli Stati Membri la possibilità di preservare l'eccezione di copia privata in
ambiente digitale dato che l'art. 5.2 si riferisce a “qualsiasi supporto”. In più l'art. 6.2 prevede
che gli Stati Membri possono stabilire dei mezzi legali che assicurino il godimento di tale
eccezione nel caso siano sviluppate misure tecniche di protezione.
376Peraltro la corte non si riferì espressamente all'art. 5.5 della Direttiva, ma preferì richiamare
l'art. 9.2 della Convenzione di Berna, che come detto, si riferisce senza dubbio ai legislatori e
110
Ciò che preoccupa infatti non è il ricorso al three-step test, ma il modo in cui è
stato utilizzato. L'astratto riferimento al concetto di “sfruttamento dell'opera”
porta ad intravedere dei rischi di arbitrarietà, poiché se da un lato è ovvio che il
nuovo ambiente digitale comporta dei rischi per i titolari delle opere, ciò non
dovrebbe permette la neutralizzazione di un limite imposto dalla legge, e per di
più senza una motivazione ben argomentata. Il fatto che lo sfruttamento dell'opera
su DVD sia importante per coprire i costi di produzione è evidente, e in nessun
modo spiega come una copia ad uso privato possa scontrarsi con lo sfruttamento
del DVD, a meno che non si concluda che ogni tipo di uso impedisca la copertura
dei costi di produzione.377
Sul concetto di “normale sfruttamento” si dovrebbe invece confrontare la
definizione del Copyright panel del WTO, interpretandola, come aveva fatto il
Patent panel, in modo che per “sfruttamento” vada intesa “l'attività per la quale i
titolari del copyright esercitino il diritto esclusivo conferitogli per estrarre il
valore economico dai loro diritti sulle opere”378. Sotto la connotazione empirica
del concetto di “normale sfruttamento” occorreva esaminare quindi “se ci fossero
aree del mercato in cui il titolare dei diritti potesse ordinariamente aspettarsi di
non alle corti.
L'art. 5.5, anziché indirizzarsi agli Stati Membri, si riferisce all'applicazione delle eccezioni,
e come il Recitando 44 della Direttiva, stabilisce che “tali eccezioni e limitazioni possono non
essere 'applicate' in modo da pregiudicare il legittimo interesse del titolare dei diritti o che
confliggano con il normale sfruttamento dell'opera”. Inoltre il Legislatore Europeo avrebbe
già applicato il three-step test nel predisporre la esaustiva lista di eccezioni e limitazioni
dell'art. 5. Ci si è chiesti quindi perchè inserire il testo in un paragrafo a parte se tutti i limiti
contenuti nell'art. 5 siano già di per sé compatibili con il test. La soluzione è ancora più dubbia
a livello nazionale, dove alcuni legislatori hanno deciso di non attuare il three-step test nelle
normative nazionali, che significherebbe che vedono il legislatore come unico destinatario del
test; così è accaduto in Belgio. Dall'altra parte i casi di Italia, Grecia e Francia, che hanno
integrato il test nelle recenti riforme normative, dimostrerebbe come questo sarebbe invece
rivolto ai giudici. Cfr: C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright
Law?”, op. cit., 690
377C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 691
378Vedi WTO Panel – Copyright, WTO Document WT/DS160/R, para. 6.165; Cfr: WTO Panel –
Patents, WTO Document WT/DS174/R, para. 7.53
Inoltre si è distinto tra il significato “empirico” e “normativo” del termine “normale”. Il
Copyright panel sosteneva che la prima connotazione del termine “normale” sembrava essere
di “natura empirica”, i.e. “ciò che è regolare, ordinario, tipico o usuale”, mentre la seconda
connotazione riflette invece “un approccio più normativo, se non dinamico, in conformità ad
un tipo di regola normativa”. - WTO Panel – Copyright, para 6.166
111
sfruttare l'opera, ma che non sono disponibili allo sfruttamento per via
dell'eccezione di cui si parla”.379
In quest'ottica, gli usi dai quali il titolare non si aspetterebbe normalmente di
ricevere una compensazione non sarebbero considerati come parte del normale
sfruttamento.380
Così mentre la connotazione normativa di “normale sfruttamento” serviva come
un veicolo di larga prospettiva381, il Copyright panel non ritenne di considerare il
normale sfruttamento come corrispondente al pieno utilizzo di tutti i diritti
esclusivi del titolare. In questa elastica prospettiva una limitazione sarebbe in
conflitto con il normale sfruttamento se tale uso entrasse in concorrenza
economica con le modalità con cui il titolare normalmente sfrutta il valore
economico dell'opera, e pertanto “priva tale uso di valore o significato economico
tangibile”382. Si dovrebbe quindi presumere che le limitazioni non confliggono
con il normale sfruttamento dell'opera, se restano confinate “ad uno scopo o
livello che non entra in competizione economica con gli usi sottoposti ad
esclusiva”.383
Detto ciò, anche applicando un approccio economico non è certo che l'uso in
questione non passi il secondo step. Il titolare infatti non “sfrutta” la copia privata
del DVD come tale, e nel caso in questione, non offriva nemmeno la possibilità di
379Ibid, paras 6.77 – 6.178
380M. Sentfleben, “Towards a Horizontal Standard for Limiting Intellectual Property Rights?
WTO Panel Report Shed Light on the Three-Step Test in Copyright Law and Related Tests in
Patent and Trademark Law”, 37 IIC, 2006, 407
WTO Panel – Copyright, apra 6.179. Il gruppo di studio era composta da rappresentanti del
governo Svedese e del United International Bureaux for the Protection of Intellectual Peroperty
(BIRPI).
Cercando invece di dare un significato alla connotazione normativa del termine “normale”,
il panel si rifece ai lavori di studio del gruppo che aveva preparato nel 1967 la Conferenza di
Stoccolma per la revisione della Convenzione di Berna. In particolare venne data importanza
alla conclusione che “tutte le forme di sfruttamento dell'opera, che hanno, o possono
verosimilmente acquisire, un'importanza economica o pratica considerevole, devono essere
riservate all'autore”.
381Il significato normativo di “normale sfruttamento” permetteva infatti al panel di considerare sia
i mercati esistenti che quelli potenziali futuri nel determinare il conflitto con “il normale
sfruttamento dell'opera”,
382WTO Panel – Copyright, para 6.180
383Ibid, para 6.181
112
effettuare una copia a pagamento. Non è nemmeno scontato che la copia avrebbe
causato una perdita di profitto, dal momento che non era certo che in assenza della
possibilità di effettuare la copia l'utente avrebbe acquistato un ulteriore DVD.384
Una semplice presunzione di danno economico non avrebbe dovuto permettere
una modificazione in via generale dell'equilibrio fornito dalla legge. Infatti la
Corte d'Appello sottolineò che non era stato dimostrato, nel caso in questione,
come l'esistenza della copia privata potesse provocare un conflitto con il normale
sfruttamento.385
Dovendo ritenere il three-step test uno strumento legale per aiutare i giudici
nell'analisi delle eccezioni al copyright, in una valutazione da compiersi
esclusivamente caso per caso, si è criticata la Corte Suprema per aver deciso della
validità della copia privata in generale, dando prova della pericolosità di una certa
applicazione del three-step test.
In conclusione, dovrebbe invece affermarsi come il three-step test, se concepito
correttamente, potrebbe invece assicurare una certa flessibilità alla previsioni
normative in tema di
limiti del diritto d'autore, e pertanto costituire un
interessante strumento per garantire l'equilibrio del copyright. 386 In particolare,
notando come la regolamentazione del copyright, per quanto riguarda i diritti, è
stata oggetto di numerosi interventi di aggiornamento alle modificate esigenze
della società dell'informazione, che porta ad una costante estensione degli stessi
384C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 693. in
particolare l'autore nota come l'utente intendeva effettuare una copia da DVD a VHS, quindi
analogica; ciò rende certo il fatto che non avrebbe acquistato un ulteriore DVD.
385In linea con tale orientamento vi è una ulteriore decisione del Tribunale di Parigi, del 10
gennaio 2006, che sottolineò che “nessuno studio economico che mostri gli effetti che
l'effettuazione di copie private ha sul mercato dei dischi è stato allegato alla discussione dalla
società convenuta”.
386“Munich Declaration on a Balanced Interpretation of the ‘Three-Step Test’ in Copyright
Law”, MPI for Intellectual Property,2008. (“International economic regulation allows for a
balance of economic and social interests. International intellectual property law also stresses
the need for balance. In the field of copyright law, this Declaration proposes an appropriately
balanced interpretation of the Three-Step Test under which existing exceptions and limitations
within domestic law are not unduly restricted and the introduction of appropriately balanced
exceptions and limitations is not precluded.”)
113
diritti, il campo delle eccezioni è rimasto confinato ad un concetto ristretto. Se si è
spesso sottolineato come il copyright stia andando verso una crisi di legittimità,
risulta di grande importanza garantire che il sistema tenga conto di un certo
numero di valori fondamentali, e pertanto è necessario che i giudici siano in grado
di disporre di una serie di strumenti per aggiustare lo scopo e ristabilire il giusto
equilibrio degli interessi coinvolti.387
Le corti quindi dovrebbero assicurare un'applicazione bilanciata dei limiti del
copyright, ed il three-step test potrebbe divenire tale strumento di flessibilità. La
Corte Suprema ha portato all'esasperazione tale test nel momento in cui lo ha
utilizzato in modo tale da permettere che la giustificazione, sottesa alle eccezioni,
fosse esaminata e messa in discussione. Infatti, secondo il terzo step, l'autore non
dovrebbe subire un ingiustificato pregiudizio, ma non per questo deve avere il
potere di controllare tutti gli usi dell'opera, lasciando che certi pregiudizi siano
giustificati dalla considerazione di valori che si ritiene abbiano la precedenza sugli
interessi del titolare. Questo approccio permetterebbe al giudice di applicare una
sorta di controllo di proporzionalità tra i diritti sottesi; tenendo conto delle
giustificazioni che sostengono eccezioni in questione, raggiungerebbe un'analisi
differenziata alla luce dei vari interessi.
La visione restrittiva della Corte Suprema si è posta per altro in contrasto con
diverse pronunce di alcune corti europee che hanno adottato un approccio molto
più flessibile. In particolare due esempi di questo diverso approccio sono forniti
dalla decisione della Corte Suprema Tedesca in Re the Supply of Photocopies of
Newspaper Articles by a Public Library388, e dalla decisione della Corte Svizzera
in ProLitteris v Aargauer Zeitung AG389. In entrambi i casi le corti estesero la
387C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 695
388(Case I ZR 118/96) [2000] ECC 237 (BGH, German Federal Supreme Court). In questo caso la
Corte Suprema applicò il three-step test in modo da bilanciare gli interessi di autori ed utenti.
Con un atteggiamento molto più flessibile, permise la copia senza compensazione ad una
libreria pubblica che stava costituendo una biblioteca scientifica, e che tramite un catalogo
elettronico forniva copia di articoli di periodici scientifici agli utenti, per uso personale.
J. Griffiths, “The Three-Step Test in European Copyright Law – Problems and Solutions”,
Queen Mary University of London, Legal Studies Research Paper no. 31/2009, 8
389(2008) 39 IIC 990. Per una discussione del caso vedi anche C. Geiger, “Rethinking Copyright
Limitations in the Information Society – The Swiss Supreme Court Leads the Way ”, IIC 943,
114
validità delle eccezioni per uso personale all'ambiente digitale, ritenendo
soddisfatti i requisiti del three-step test, in particolare l'irragionevole pregiudizio
agli interessi dell'autore, fino a quando si paghi un equo compenso.390
In questa prospettiva nel caso Google – Caching391, la Corte d'Appello di
Barcellona spiegò come il three-step test non debba funzionare solo per regolare
lo scopo delle eccezioni esistenti, ma anche per modificare ed imporre limiti al
diritto di esclusiva dell'autore.392
Ciò permetterebbe la combinazione della sicurezza di un sistema chiuso di
eccezioni con la flessibilità del sistema del fair use, rendendo possibile che
l'applicazione dei limiti venga temperata non solo in relazione all'interesse
economico del titolare dei diritti, ma anche tenendo conto dei diversi interessi
degli utenti.
Si è così prospettata la soluzione di leggere il test come se individuasse una serie
di fattori che il giudice debba tenere in considerazione seguendo il modello della
fair use doctrine. Infatti il secondo step richiama fortemente il quarto fattore della
Sezione 107 del U.S Copyright Act. Come già sottolineato per il fair use, il
secondo step dovrebbe essere solo uno tra gli altri fattori da tenere in
considerazione. Tra i parametri da tenere in considerazione nell'analisi
dell'applicazione delle eccezioni quindi, l'impatto sul normale uso dell'opera deve
essere solo uno dei criteri da applicare, non l'unico, come sembra invece sia
accaduto nel caso in questione393.
2008. Il caso coinvolgeva una questione sullo scopo appropriato dell'eccezione per uso privato
nell'ambiente digitale, e la corte svizzera sostenne che l'eccezione per uso privato era
abbastanza larga da comprendere, in ambiente digitale, l'eccezione di copia a scopo di
recensione da parte di un giornale, dato che, essendo gli autori garantiti da una compensazione,
non vedrebbero i loro interessi irragionevolmente pregiudicati.
390J. Griffiths, “The Three-Step Test in European Copyright Law – Problems and Solutions”, op.
cit., 10. In entrambi i casi le corti stabilirono inoltre che le potenziali perdite del mercato non
dovessero automaticamente precludere l'applicazione dell'eccezione.
391Audiencia Provincial de Barcelona, Sezione 15, 17 settembre 2008. Vedi Annette Kur, “Of
Oceans, Islands and Inland Water – How Much Room for Exceptions and Limitations under
the Three-Step Test?”, Max Plank Institute for Intellectual Property, Competition & Tax Law
Research Paper Series No 2008-04, 43. La corte giustificò le attività di chaching di contenuti
da parte di Google, ritenendole usus inoqui, e per questo limite naturale al diritto d'autore.
392Ibid
393K. J. Koelman, “Fixing the Three-Step Test”, E.I.P.R. 2006/8, 410
115
Come notato per il fair use, tale impostazione porterà ad una significativa
incertezza normativa, e ad una difficoltà di previsione dei risultati di un'azione
legale, sottoponendo gli utenti, interessati ad un certo utilizzo, ai cd “chilling
effects”, ma sarebbe il prezzo da pagare per una maggiore elasticità del sistema.
Non si vuole arrivare a sostituire la lista di eccezioni con un criterio generale,
poiché nella maggioranza dei casi l'uso in questione cadrà nell'ambito di
applicazione dei limiti legali, tuttavia in certe ipotesi sarebbe desiderabile un
criterio di maggior apertura, che porti il sistema a divenire più elastico, sopratutto
adeguandosi alle nuove circostanze.
2.2 I sistemi basati su “Levies” ed equo compenso.
Molti paesi europei, come analizzato nel primo capitolo, introdussero un sistema
di levies per compensare i titolari dei diritti d'autore per le perdite subite a causa
della copia privata, dal momento che questa non poteva essere controllata394.
La EUCD del 2001 sembra tuttavia favorevole all'abolizione di tali schemi di
levies, dal momento che la copia privata può essere controllata attraverso i DRM
systems.395 Nel nuovo ambiente digitale, infatti, DRM e MTP permettono il
controllo individuale sull'utilizzo dell'opera, l'identificazione dei contenuti,
nonché la formazione del prezzo a seconda della valutazione del mercato di una
394Ubertazzi - Marchetti, “Commentario breve alle leggi su Proprietà Intellettuale e
Concorrenza”, op. cit., 1703-1705
La causa del compenso andrebbe rinvenuta nel sacrificio dell'esclusività del diritto di
riproduzione dell'opera protetta. Collovà (“Prime Note sull'art.3 della L. 5 Febbraio 1992 n.93
in Materia di Diritti Per Le Registrazioni Senza Scopo di Lucro”,IDA 1992, 455 ss), sottolinea
come la natura del compenso per copia privata sia quella di licenza legale obbligatoria per
utilizzazioni di secondo grado dell'opera. P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit.
51, sottolinea come il compenso corrisponda ad una pretesa per l'ampliamento delle modalità
di fruizione, quindi la remunerazione è la compensazione per il valore che si riflette nell'uso
dell'opera. Così anche Silke von Lewinski, “Stakeholder cnsultation on copyright levies in a
Converging World – Response of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich ”,
IIC, 2007/1, 66. l'autore sottolinea infatti che il “danno economico” non sarebbe in nessun
modo una condizione per il riconoscimento del diritto dell'autore.
395K. J. Koelman, “TheLevitation of Copyright: AN Economic View of Digital Home Copying,
Levies and DRM”, Entertaiment Law Review 4/2005, 75-81
116
determinata opera, e da ultimo garantiscono sistemi di licenze attivabili con
modalità dirette ed automatiche. Pertanto, a differenza delle levies, i DRM
systems permettono di compensare l'autore direttamente per il particolare uso che
viene fatto dell'opera. Ove quindi tale individual right management è possibile,
sembra non vi sia più spazio per un sistema di levies obbligatorio396.
La direttiva EUCD sostiene del resto che la copia privata digitale avrà un
impatto economico maggiore rispetto alla copia analogica397.
In quest'ottica, il legislatore Europeo permette agli Stati Membri di introdurre
l'eccezione di copia privata, richiedendo tuttavia che il titolare dei diritti riceva
una “fair compensation”398. Si tratta di un nuovo concetto differente dalla nozione
di “equitable remuneration” (che era precedentemente utilizzata per esprimere la
garanzia di un diritto alla remunerazione del titolare dei diritti d'autore)399,
introdotto per ridurre le distanze tra gli Stati Membri dell'Europa Continentale,
che hanno tradizionalmente adottato un sistema di levies, ed i paesi di common
law,
Irlanda
ed
Inghilterra,
che
hanno
tenacemente
resistito
insieme
all'introduzione di detti schemi.400
Questo nuovo criterio parte dal fatto che, nel calcolare l'ammontare del compenso,
occorre tenere in considerazione l'applicazione o meno dei DRM systems. Ciò
sembra implicare che, nel caso in cui i titolari dei diritti controllino la copia
396B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, Istitution for Information
Law, Amsterdam, 2003
397Direttiva 2001/29/CE Considerando 38: “...La realizzazione privata di copie digitali potrà
diventare una pratica più diffusa con conseguente maggiore incidenza economica.
Occorrerebbe pertanto tenere debitamente conto delle differenze tra copia privata digitale e
copia privata analogica. È quindi opportuno, sotto certi aspetti, operare una distinzione tra
loro.”
398Art 5.2 (b)della Direttiva 2001/29/CE. Il considerando 35 della Direttiva peraltro stabilisce che
i certi casi può ritenersi “fair” non compensare il titolare, per cui in determinate circostanze i
paesi sono liberi di non introdurre lo schema di levies. Vedi infatti Irlanda ed Inghilterra.
399Il termine “equitable remuneration” è usato dall'art. 4.4 e 8.2 della Direttiva 2006/115/CE
concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore
in materia di proprietà intellettuale. Mentre tale nozione è basata sull'assunto che gli autori
abbiano diritto ad una remunerazione per ogni atto di utilizzo della loro opera protetta, il
concetto di “fair compensation” è collegato al possibile danno che deriva dall'atto di copia
privata. Vedi il considerando 35 della dierttiva 2001/29/CE.
400B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 44
117
privata tecnologicamente, non potrà venir applicato nessun compenso attraverso
lo schema di levies, o comunque che l'entità del compenso diminuisca con
l'intensificarsi del controllo sulla copia. Il criterio di fair compensation infatti
proporziona direttamente il compenso alla entità del danno subito dall'autore,
derivante dagli atti di riproduzione privata, e ne richiede la corresponsione se, e
solo e se, tale danno sussista (quantomeno in termini potenziali).
Il Considerando 35 della Direttiva, ad esempio, stabilisce in quest'ottica che atti
come il cd time shifting non arrechino che un danno minimo al titolare dei diritti
d'autore, e quindi non debbano essere soggetti a compenso. Così tramite
l'inserimento dei DRM nelle opere, si presuppone che il danno venga eliminato o
quantomeno limitato, e nessun compenso dovrebbe spettare all'autore401.
La Direttiva infine obbliga gli Stati Membri a proteggere i DRM systems, e le loro
tecnologie di protezione402; in tal modo se il titolare dei diritti ostacola la copia
privata attraverso le misure tecnologiche, in effetti egli ha il diritto di proibire tale
attività. A questo punto servirà una licenza, e non si applicherà più il diritto di
remunerazione403.
Inoltre va precisato che il compenso riguarda solo gli atti di riproduzione legittimi,
401Art 5.2 (b)della Direttiva 2001/29/CE. Considerando 35: “....Nel valutare tali peculiarità, un
valido criterio sarebbe quello dell'eventuale pregiudizio subito dai titolari dei diritti e
derivante dall'atto in questione....Il livello dell'equo compenso deve tener pienamente conto
della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla
presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe
minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento.”
402Art 6 della Direttiva
403Il Considerando 35 della Direttiva 2001/29/CE, stabilisce infatti il divieto a ricevere un
“doppio” pagamento, nel senso che non si applicherà il compenso nel caso in cui il titolare dei
diritti riceva già una remunerazione: “In taluni casi di eccezioni o limitazioni, i titolari di diritti
dovrebbero ricevere un equo compenso affinché siano adeguatamente indennizzati per l'uso
delle loro opere o dei materiali protetti. Nel determinare la forma, le modalità e l'eventuale
entità di detto equo compenso, si dovrebbe tener conto delle peculiarità di ciascun caso. Nel
valutare tali peculiarità, un valido criterio sarebbe quello dell'eventuale pregiudizio subito dai
titolari dei diritti e derivante dall'atto in questione. Se i titolari dei diritti hanno già ricevuto
un pagamento in altra forma, per esempio nell'ambito di un diritto di licenza, ciò non può
comportare un pagamento specifico o a parte. Il livello dell'equo compenso deve tener
pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione
contemplate dalla presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei
diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento.”
118
ai sensi delle normative nazionali, mentre non è assolutamente da intendere come
indennizzo per le perdite derivanti da atti di pirateria mediante copia illegale.
Pertanto la diffusione di atti di riproduzione illegale non potrà mai andare ad
influire sulla determinazione del compenso.404
Risulta evidente come il danno in capo al titolare dei diritti si verifichi nel
momento
in
cui
la
copia
personale
domestica
sostituisca
l'acquisto
dell'originale405. Le perdite effettive quindi devono essere calcolate valutando il
numero di persone che, in principio, avrebbero pagato il prezzo imposto dal
titolare dei diritti, ma che poi hanno deciso di effettuare una propria copia poiché
meno dispendiosa. Il risultato non va quindi moltiplicato per l'intero prezzo di
vendita, ma solo per il profitto in ragione di ogni unità venduta; non occorrerebbe
adottare una definizione ampia di danno che comprenderebbe anche i profitti
mancati, derivanti dal mercato delle copie non autorizzato dall'autore406.
La questione del rapporto tra danno subito dal titolare e copia privata infine, è da
analizzarsi alla luce del three step test richiamato dall'art. 5.5 della Direttiva407.
Tale test, nel tracciare i criteri che legittimano la possibilità di effettuare copie
private, fa riferimento al concetto del “normale sfruttamento dell'opera”, che
tutelerebbe l'autore nel caso in cui venga privato di un attuale o potenziale
mercato per l'opera di consistente valore economico, ed al concetto di
“ingiustificato pregiudizio”. Se di per sé la copia privata non dovrebbe confliggere
con il normale sfruttamento commerciale dell'opera protetta, comunque, l'equo
compenso gioca un ruolo importante nell'evitare un ingiustificato pregiudizio in
capo al titolare dei diritti408.
404B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 44
405Del resto alcuni utenti effettuano delle riproduzioni private poiché non ritengono il prodotto
meritevole di acquisto al prezzo determinato dal titolare di diritti d'autore.
406S.M.Besen - S.N. Kirby, “Private Copying, Appropriability, and optimal Copying Royalties'”,
Journal of Law and Economics, 1989,
407Direttiva 2001/29/CE art 5.5: “Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono
applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo
sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio
agli interessi legittimi del titolare”.
408C. Geiger, “The Private Copy Exception, an Area of Freedom (Temporarily) Preserved in the
Digital Enviroinment”, IIC, Vol. 37, 1/2006, 80-81
119
Occorre ora notare come il rapporto tra copia privata e prezzo del prodotto
mantenga una certa rilevanza. Se, in generale, si può affermare che, maggiore è il
prezzo del prodotto, minore sarà la disponibilità all'acquisto del consumatore, nel
momento in cui i costi della copia privata scenderanno, aumenterà di conseguenza
il numero di copie che verranno prodotte. Se, infatti, si considera che, oltre a
diminuire i costi, la copia digitale mantiene la stessa qualità dell'originale, è facile
che la perfezione della copia domestica abbia un impatto negativo sulle vendite409.
Sul fatto che la disciplina della copia privata fosse stata introdotta inizialmente in
Germania, proprio perchè sembrava impossibile vietarla, per le motivazioni già
illustrate nel precedente capitolo, e di come invece con i DRM oggi la situazione
sia cambiata, è utile richiamare il ragionamento che sta alla base della teoria della
“property rule”410. Il diritto di proprietà infatti è stato ritenuto tutelabile in due
forme, attraverso la cd property rule e la cd liability rule411.
Con la property rule il titolare del diritto è in grado di prevenire tutti i
comportamenti non negoziati che mirino all'acquisto del bene. Con la liability
rule invece, il titolare non può prevenire transazioni non volute, ma viene ritenuto
titolare di un diritto alla compensazione per la perdita del bene. Nel primo caso il
prezzo viene determinato dalla negoziazione tra le parti412, mentre nel secondo
caso, è un soggetto pubblico a determinare il valore del bene e della sua perdita.
409K. J. Koelman, “TheLevitation of Copyright: AN Economic View of Digital Home Copying,
Levies and DRM”, op. cit., 4. Per questo la Direttiva teme che la copia privata digitale avrà un
impatto economico molto più grande di quella analogica.L'autore sottolinea comunque che la
maggior parte delle copie attualmente vengono riprodotte in un qualità più bassa, tramite
formati compressi, come nel caso degli mp3.
410M. I. Krauss “Property Rules vs. Liability Rules”, George Mason University School of Law,
Encyclopedia of Law and Economics, B. Bouckaert and G. De Geest (eds.), Cheltenham,
Edward Elgar, 1999
La teoria cd property rule assume che le leggi del diritto privato possano essere viste come
regole della proprietà, e dello scambio (voluto o obbligato), di diritti.
411R. P. Merges, “Contracting into Liability Rules: Intellectual Property Rights and Collective
Rights Organizations”, California Law Review, 1996, 1302
412G. Calabresi - A.D. Melamed, “Property Rules, Liability Rules, and Inalienability: One View
of the Cathedral”, Harvard Law Review, April 1972, 1089-1128 (when the state protects an
entitlement with a property rule, “someone who wishes to remove the entitlement from its
holder must buy it from him in a voluntary transaction in which the value of the entitlement is
agreed upon by the seller”)
120
Gli economisti ritengono che la property rule sia in generale preferibile.413 Si
ritiene infatti che il maggiore beneficio sociale sia l'obbiettivo che il legislatore
debba perseguire, ottenibile attraverso le regole dettate da un mercato libero.414
Tuttavia, in presenza di alti costi di transazione, ossia di tutti quei costi implicati
nella conclusione e nell'attuazione del contratto, che si presentano molto alti in
questo settore, tali da minacciare la formazione di un mercato, la liability rule
rimane l'opzione migliore415.
Il diritto di remunerazione, introdotto dalle normative di diritto d'autore, tramite
gli schemi di levies, può essere così considerato come un diritto all'interno della
liability rule, che viene considerato quando i costi di transazione sono presenti nel
mercato, come quello dei beni della proprietà intellettuale, al posto del diritto di
proibire determinati utilizzi416.
*****
Con il temine “levy” (che nel linguaggio Inglese significa “tassa”), si deve
intendere una tariffa imposta sulla produzione ed importazione di dispositivi di
riproduzione (come videoregistratori e lettori Mp3), o su supporti vergini di
registrazione (come CD e DVD), come conseguenza del diritto di remunerazione
riconosciuto al titolare del copyright417. I produttori debbono pagare tale somma
413R. P. Merges, “Contracting into Liability Rules: Intellectual Property Rights and Collective
Rights Organizations”, op. cit., 1391 ss
Il prezzo stabilito dalla negoziazione è considerato migliore perché si parte dal presupposto
che il soggetto pubblico non possa mai stabilire il prezzo con la stessa efficienza dei
meccanismi propri del mercato.
414K. J. Koelman, “Copyright Law &Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit
d'Auteur Passè?”, IIC, no. 6/2004, 603-638
415Linsday, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. Cit.,
35-36; K. J. Koelman, “TheLevitation of Copyright: AN Economic View of Digital Home
Copying, Levies and DRM”, op. cit., 5
Se questi costi infatti, che si riversano sugli utenti, eccedono il prezzo voluto dall'acquirente,
non si avrà mai la transazione, e di conseguenza la scelta della property rule, non sarebbe
auspicabile. A queste condizioni sembra quindi preferibile la scelta della liability rule,
nonostante il prezzo che si formerà non rifletterà il vero valore, ossia il valore di mercato, del
bene.
Di conseguenza se i costi di transazioni venissero ridotti, col tempo, dai nuovi mezzi
tecnologici, per esempio, sarebbe più efficiente sostituire la liability rule con la property rule.
416K. J. Koelman, “Copyright Law and Economics in the EU Copiright Directive”, op. cit., 611
417S. Von Lewinski, “Stakeholder consultation on copyright levies in a Converging World –
121
alle collecting societies che, a loro volta, distribuiranno il ricavato agli autori.
Generalmente il fondamento legale delle levies è contenuto nelle singole
normative nazionali di diritto d'autore, che prevedono il giusto compenso per
copia privata in favore dei titolari dei diritti. I sistemi di levies sono presenti nella
maggior parte degli stati dell'Unione Europea, ma variano in maniera rilevante tra
di loro per quanto riguarda applicazione ed entità del compenso418.
Dei 27 Stati Membri dell'Unione Europea, 22 hanno introdotto ad oggi dei sistemi
di levies, imponendoli sulla produzione, importazione e distribuzione di
dispositivi analogici e digitali, nonché sui supporti utili alla riproduzione. Alcuni
Stati Membri hanno anche imposto tali levies sui consumatori finali.
Cinque sono gli Stati Membri che non hanno adottato detti schemi: Irlanda,
Inghilterra, Malta, Cipro e Lussemburgo.
Con riferimento alla Irlanda e alla Inghilterra, già si è detto come l'eccezione di
copia privata non venga consentita, se non nel caso del time shifting. I restanti
Stati Membri, Malta, Cipro e Lussemburgo, hanno introdotto l'eccezione di copia
privata all'interno delle loro normative di diritto d'autore, senza tuttavia
predisporre alcuno schema di levies.419
Le principali differenze tra gli schemi di levies adottati dagli Stati Membri,
riguardano la tipologia di dispositivo, o di supporto vergine, sul quale la levy
viene applicata, nonché l'entità dell'importo applicato.
Molte leggi nazionali sono formulate in termini tecnologicamente neutrali, onde
poter regolare principi applicabili a situazioni tra loro simili, in eguale modo.
Così la remunerazione viene riconosciuta per varie tipologie di dispositivi e
supporti420. Altri Legislatori hanno invece preferito una formulazione specifica,
Response of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich”, op. cit., 65
418N.Helberger - B. Hugenholtz, “NO PLACE LIKE HOME FOR MAKING A COPY: PRIVATE
COPYING IN EUROPEAN COPYRIGHT LAW AND CONSUMER LAW”, op. cit.
419Commissione Europea, documento sulla copia privata, Backgorund document: “fair
compensation for acts of private copying”, aprile 2008, 3
420Von Lewinski, Stakeholder cnsultation on copyright levies in a Converging World – Response
of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich”, op. cit., 66
122
circoscrivendo l'applicazione del compenso a determinati prodotti.
In alcuni Stati Membri, invece, le levies sono imposte su supporti di registrazione
digitale e analogica, e non sugli apparecchi. In Belgio il compenso è applicato
solo sugli apparecchi. In Germania, fino al 1985, si assisteva al contrario, veniva
cioè imposto il compenso solo sui supporti (audiocassette e videocassette), con
esenzione per gli apparecchi.
Il problema della applicazione e ripartizione del compenso è rilevante nell'epoca
digitale, nella quale è diventata evidente la carenza di conoscenze economiche alla
base delle attività indicate. Del resto ci si è dovuti confrontare con la realtà
digitale, ove esistono apparecchi e supporti che non sono prevalentemente ed
esclusivamente utilizzati per attività di registrazione421.
Nella maggior parte degli Stati Membri, non vengono imposte levies sui telefoni
cellulari, quando incorporino lettori Mp3 o schede di memoria, mentre in alcuni di
essi, tra cui Francia, Repubblica Ceca, Austria e Polonia, ne è stata prevista
l'applicazione, anche sulle schede di memoria rimovibili. 422 In Italia invece, il d.
lgs. 68/2003 ha stabilito che il compenso si applichi sugli apparecchi e sui
supporti esclusivamente destinati alla registrazione analogica e digitale, mentre i
supporti con destinazione mista subiranno l'applicazione del compenso in via
ridotta.
Per quanto riguarda invece il calcolo del compenso, gli schemi di levies non
potranno mai precisamente calcolare il danno effettivo attribuibile alla copia
privata. Non si può sapere esattamente quanto venga copiato, né che cosa venga
copiato. Così le modalità di calcolo del compenso adottate nei vari Stati, si sono
basate su di una varietà di criteri che è difficile giustificare423. Desta
421Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1705
422T. Dreier, “Study of Legislation on Private Copying, existing legislative solutions and
proposals for future development”, ALAI Study Days, September 2003, 5
423“Stakeholders Consultation on copyright Levies”, EU Directorate General for the Internal
Market and Services, giugno 2006. § 5
http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/stakeholder_consultation_en.pdf
123
preoccupazione il fatto che, considerando l'entità del compenso, in rapporto al
costo del prodotto cui il compenso è applicato, ove talvolta il secondo è maggiore
del primo, non si riducano significativamente i margini di concorrenza fra i
produttori aventi prezzi di vendita particolarmente bassi, come per i supporti
vergini.424
Alcuni Stati Membri hanno adottato un'unica tariffa per i particolari dispositivi,
indipendentemente dalla capacità di memorizzazione, quando, invece, molti Stati
proporzionano il compenso a seconda della dimensione della memoria, espressa in
unità fisiche (Megabyte/Gigabyte) o in unità temporali (minuti/ore) 425; altri Stati
Membri hanno impostato invece la tariffa, su una percentuale del prezzo di
vendita426. Infine va notato come nella determinazione delle tariffe, la prassi
negoziale, ad integrazione del disposto legislativo, è ampiamente diffusa in vari
paesi europei come Italia, Francia e Germania.427
Per apprezzare le diversità esistenti tra i diversi sistemi, è opportuno analizzare i
sistemi di alcuni Stati Membri, con mercati omogenei e di simili dimensioni.
La Germania, il paese che per primo aveva introdotto lo schema del diritto a
compenso, detiene il regime di levies più elaborato dell'Europa continentale. La
prima disposizione risale al 1965, con vari aggiornamenti e modifiche tra il 1985 e
il 1998, e da ultimo nel 2003428. Le levies vengono imposte dal German Copyright
424Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1705
425Von Lewinski, Stakeholder cnsultation on copyright levies in a Converging World – Response
of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich”, op. cit., 66, sottolinea che
l'ammontare della remunerazione dovrebbe riflettere la frequenza dell'uso, e dovrebbe pertanto
essere correlato al valore del bene immateriale che viene riprodotto. In nessun caso,
l'ammontare della remunerazione dovrebbe essere collegato a fattori secondari come il prezzo
di vendita del supporto.
426Commissione Europea, documento sulla copia privata, Backgorund document: “fair
compensation for acts of private copying”, aprile 2008, .7
427Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1705
428G. Spindler - M. Leinstner, “Secondary Copyright Infringement – New Perspctive in Germany
and Europe”, IIC, 2006, 810
In particolare, nel 1985 la levy sugli apparecchi venne estesa anche ai supporti di
registrazione audio, che prima ne andavano esenti, e venne aggiornato il sistema dei rimborsi.
Il sistema dei rimborsi è ancora in fase di discussione sopratutto per quanto riguarda PC e
124
Act, sia sui dispositivi che sui supporti di registrazione audio e video, digitali e
analogici, che sono a tale scopo prodotti, come scanner, videoregistratori, CD e
minidisc.
Il problema dell'espansione delle levies su altre tipologie di dispositivi, come i
personal computer (oggi pari a 12 €, per decisione risalente al 2005 429), o le
componenti individuali dei dispositivi funzionali alla riproduzione privata, fu una
questione difficile da affrontare in Germania, e la riforma del copyright del 2003
non diede risposte soddisfacenti al riguardo 430; a colmare queste lacune, furono
alcune decisioni dei giudici tedeschi, che svilupparono delle soluzioni ai problemi
di applicazione delle levies 431.
L'ammontare del compenso per i supporti audio e video, è commisurato alla
durata ed al prezzo di vendita degli apparecchi. La corresponsione delle levies
viene imposta a carico di fabbricanti o importatori432.
La riscossione del compenso è affidata ad un'organizzazione apposita di cui sono
membri le società di gestione collettiva dei diritti tedeschi del settore musicale,
letterario e cinematografico. I beneficiari del compenso sono rappresentati dalle
rispettive società di gestione, secondo quote negoziate433.
In Francia, l'introduzione dello schema del compenso per copia privata,
risale al 1987. Lo schema di levies ha ad oggetto solo i supporti vergini, in
funzione della durata, ed è differenziato a seconda che si tratti di supporti
analogici o digitali. Nel 2002 infatti, la Commissione Bruin-Busson si pronunziò
per
l'estensione del regime di levies ai supporti di registrazione digitale.
Contestualmente il Parlamento modificò l'art. 311.1 del Code de la Proprietè
supporti di dati.
429 Decisione della Corte del Distretto di Monaco del 15 Dicembre 2005
430P. B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 25.27
431G. Spindler - M. Leinster, “Secondary copyright infringement”, op. cit., 811
432T. Dreier, “Study of Legislation on Private Copying, existing legislative solutions and
proposals for future development”, ALAI Study Days, September 2003, 13
433S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, op. cit., 313
Le quote negoziate sono attualmente le seguenti: 42% GEMA (opere musicali), 32% GVL
(interpreti ed esecutori), 16% WORT (autori letterari e giornalisti) per l'audio; 21% GEMA,
21% Gvl, 85WORT, 50% Bildkunst (autori cinematografici) per il video.
125
Intellectuelle, disponendo che la remunerazione non debba essere destinata
esclusivamente alle copie di materiale audiovisivo, ma vada estesa a qualsiasi
opera che venga registrata sui supporti digitali434.
La definizione di “supporti vergini” risulta tuttavia molto ampia, al punto che vi
rientrano gli hard disk ,inseriti all'interno dei dispositivi di registrazione come gli
Mp3435. I compensi sono stabiliti da una commissiona composta da rappresentanti
dei titolari dei copyright, dell'industria elettronica e dei consumatori. Il pagamento
è corrisposto da importatori, produttori e primi acquirenti intra-comunitari dei
supporti di registrazione.436
La raccolta dei compensi viene effettuata da due distinte organizzazioni, Copie
France per i compensi video, e SORECOP per gli audio. Una quota pari al 25%
dei ricavati è destinata a scopi culturali e professionali; per il settore audio, il 50%
dei ricavati è destinato agli autori, ed il restante 50% ad interpreti, esecutori e
produttori fonografici. Per il settore video, invece, artisti, autori e produttori
ricevono quote uguali.437
In Italia, il d lgs. n. 68 del 2003, ha modificato la regolamentazione del compenso
degli aventi diritto, cercando di rispettare le condizioni poste dalla direttiva del
2001 quanto all'equità del compenso, e allineandosi ai parametri di
commisurazione praticati negli altri paesi che conoscono schemi di levies. 438
Per gli apparecchi di riproduzione, l'art. 71 LDA, individua la base del calcolo del
compenso in termini percentuali rispetto al prezzo di vendita, pagato
dall'acquirente al rivenditore finale.
L'art. 39 del d. lgs 68/2003, salvo che per gli apparecchi, ha stabilito invece un
compenso in cifra fissa, che verrà poi sostituito con un ammontare determinato dal
434P. B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 25.27
435Commissione Europea, documento sulla copia privata, Backgorund document: “fair
compensation for acts of private copying”, aprile 2008, .9
436Ibid.
437S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, op. cit., 313
438Ibid
126
Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Il compenso è dovuto dai produttori ed importatori di apparecchi e supporti di
registrazione di materiali audiovisivi, mentre non grava sugli intermediari
rivenditori439. Le tariffe vengono raccolte dalla SIAE, che ridistribuisce poi
l'ammontare del compenso di apparecchi, e supporti audio, agli autori e aventi
causa per il 50%, e ai produttori di fonogrammi per l'altro 50%. I produttori poi
sono obbligati a corrispondere il 50% del compenso ad artisti, interpreti ed
esecutori. Per il settore video la SIAE provvede alla ripartizione dei compensi per
il 30% agli autori, e per il 70%, dividendo in parti uguali, tra produttori, artisti ed
interpreti. 440
Le seguenti tabelle renderanno evidenti, a livello internazionale, le differenze
esistenti tra i diversi stati che hanno optato per l'imposizione di schemi di levies.
439Vedi App. Milano 29-12-1998, 632
440Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e
concorrenza”, op. cit., 1705
127
Tariffe sui supporti vergini441.
Tutti i dati sono espressi in Euro (€).
Stato
Data cd-r
DVD-
DVD+
Austria
0,34 (per 80 minuti/700 MB)
0,54 (per 120 min/4,7 GB)
0,54 (per 120 min/4,7 GB)
Belgio
0,12 (per unità)
0,59 (per unità)
0,59 (per unità)
Canada
0,18 (per 100 MB)
-
-
Croazia
0,01 (<1GB)
0,01 (per unità/<10 GB)
0,01 (per unità/<10 GB)
Repubblica Ceca (OSA)442
0,008 (per unità)
0,021 (per unità)
0,021 (per unità)
Repubblica Ceca
(Intergram)443
0,02 (per unità)
0,04 (per unità)
0,04 (per unità)
Danimarca
0,28 (per unità)
0,44 (per unità)
0,44 (per unità)
Estonia
8% del prezzo di importazione
8% del prezzo di importazione
8% del prezzo di importazione
Finlandia
0,20 (< 1 GB)
0,60 (per 4,7 GB)
0,60 (per 4,7 GB)
Francia
0,35 (per 700 MB)
1,00 (per 4,7 GB)
1,00 (per 4,7 GB)
Germania
0,0288 (Per 80 minuti/700 MB)
0,174 (Per 240 minuti/4,7 GB)
0,174 (Per 240 minuti/4,7 GB)
Grecia
6% del valore
6% del valore
6% del valore
Ungheria
0,15 (<700 MB) – 0,21 (>700 MB)
0,05 (<4,7 GB) – 0,37 (4,7 GB)
0,05 (<4,7 GB) – 0,37 (4,7 GB)
Italia
0,25 (per 700 MB)
0,58 (per 4.7 GB)
0,58 (per 4.7 GB)
Giappone
-
1% del prezzo base
1% del prezzo base
Lettonia
0,14 (per unità)
0,28 (per unità)
0,28 (per unità)
Lituania
6% del prezzo di importazione
6% del prezzo di importazione
6% del prezzo di importazione
Olanda
0,14 (per unità)
0,60 (per 4.7 GB)
0,40 (per 4.7 GB)
Norvegia
Compensazione annuale a carico del Governo (no levies)
Polonia
1,72% del prezzo di vendita
2,53% del prezzo di vendita
2,53% del prezzo di vendita
Portogallo
0,05 (per unità)
0,14 (per unità)
0,14 (per unità)
Slovacchia
6% del prezzo di vendita o del prezzo di
importazione
6% del prezzo di vendita o del
prezzo di importazione
6% del prezzo di vendita o del prezzo
di importazione
Slovenia
0,03 (per GB / max € 16,69)
0,03 (per GB / max € 16,69)
0,03 (per GB / max € 16,69)
Spagna
0,17 (per unità)
0,44 (per unità)
0,44 (per unità)
Svezia
0,06 (900 MB)
0,25 (4,7 GB)
0,25 (4,7 GB)
Svizzera
0,03 (525 MB)
0,23 (4,7 GB)
0,23 (4,7 GB)
Turchia
Ammontare della compensazione stabilito dal Governo (<3% del prezzo di importazione/produzione)
441Fonte: “‘International Survey on Private Copying Law & Practice”, Thuiskopie (Dutch Private
Copying Society), 20th revision, 2009. Tutti i dati sono forniti dalle collecting societies
nazionali.
442“OSA”: Society for the Protection of the Rights of Music Authors and Publishers
443“INTERGRAM”: Association of Producers and Performers
128
Tariffe sui dispositivi.444
Stato
Lettori Mp3
Hard disk DVD-recorder
Memory card
Austria
3,00 (<256 MB) – 9,00 (30 GB)
9,00 (<80 GB) – 22,50 (400 GB)
In combination with Mp3
Belgio
-
3% del prezzo di acquisto (x 1,2) o 3% del prezzo di vendita
Canada
-
-
-
Croazia
1,92 (per unità)
4,12 (per unità)
0,55 (<16 GB) – 1,10 (>16 GB)
Repubblica Ceca (OSA)
1,5% del prezzo di importazione o del prezzo di
vendita
1,8% del prezzo di importazione o del
prezzo di vendita
0,113 (per 512 MB)
Repubblica Ceca (Intergram)
3% del prezzo di vendita
3% del prezzo di vendita
0,24 (per 512 MB)
Danimarca
-
-
0,62 (per unità)
Estonia
-
3% del prezzo di vendita
-
Finlandia
4,00 (<512 MB) – 21,00 (>250 GB)
4,00 (<512 MB) – 21,00 (>250 GB)
-
Francia
1,00 (<128 MB) – 20,00 (40 GB)
5,00 (<1 GB) – 50,00 (560 GB)
0,072 (<512 MB) – 0,944 (16 GB)
Germania
2,56 (per unità)
9,21 (per unità)
Negoziazione
Grecia
6% del valore
6% del valore
6% del valore
Ungheria
0,33 (<32 MB) – 26,64 (80GB)
10,66 (<80 GB) – 24,00 (>250 GB)
0,13 (<65 MB) – 10,65 (32 GB)
Italia
3% del prezzo di rivendita
3% del prezzo di rivendita
-
Giappone
-
1% del prezzo base
-
Lettonia
1,42 (per unità)
1,42 (per unità)
-
Lituania
-
-
-
Olanda
-
-
-
Norvegia
Compensazione annuale a carico del Governo (no levies)
Polonia
3% del prezzo di vendita
1,46% del prezzo di vendita
0,47% del prezzo di vendita
Portogallo
-
-
-
Slovacchia
3% del totale del ricavo della vendita
3% del totale del ricavo della vendita
3% del totale del ricavo della vendita
Slovenia
4,17 (<2 GB) – 8,35 (>2 GB)
6,26 (per unità)
0,03 (per GB / max € 16,69)
Spagna
3,15 (per unità)
3,40 (per unità)
0,30 (per unità)
Svezia
0,08 (256 MB) – 27,90 (>250 GB)
13,00 (40 GB) – 27, 90 (>250 GB)
-
Svizzera
9,66 (1 GB) – 27,20 (32 GB)
0,22 (per GB)
-
Turchia
Ammontare della compensazione stabilito dal Governo (<3% del prezzo di importazione/produzione)
Le copyright levies, che erano state concepite come limitate nello scopo, e
applicabili solamente a dispositivi dedicati come CD e videocassette, sono ora
molto diffuse tra gli strumenti digitali, anche per quanto riguarda i supporti
multifunzionali, quali PC , hard disk e stampanti445.
Le evidenti distanze tra gli schemi di levies adottati nei singoli Stati Membri, con
riferimento all'applicazione ed al calcolo delle tariffe, portano ad una ampia
differenziazione nel mercato interno. Le differenze riscontrabili nelle tariffe
applicate nella gestione di tali schemi, impongono un onere logistico ed
444Fonte: “‘International Survey on Private Copying Law & Practice”, Thuiskopie, 20 th revision,
2009.
445P.B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 25.27
129
amministrativo a carico di chi subisce il pagamento dei compensi, compreso il
consumatore. Le conseguenze più pesanti, pertanto, si riversano sui rivenditori che
vogliano esportare i prodotti, e che dovranno affrontare diverse richieste di levies,
come accade tra Germania ed Austria446.
Queste levies inoltre possono divenire ostacolo alla libera circolazione dei beni,
quando dispositivi e supporti, che subiscono tali tariffe, non possono più circolare
tra gli Stati Membri, anche se non sono stati utilizzati come mezzi per produrre
copie. Le levies sono infatti richieste quando il dispositivo, o supporto, venga
importato da uno Stato Membro, privo di un sistema di levies; oppure quando
venga importato da uno Stato Membro ove l'ammontare delle tariffe è differente, e
lo stato importatore imponga tariffe più alte.
In un recente caso, in Francia, nel tentativo di proteggere il mercato nazionale da
rivenditori online, un distributore locale esperì un'azione contro un rivenditore
tedesco ed uno inglese, che fornivano prodotti ordinati online, da consegnare ad
utenti in Francia, citandoli in giudizio per concorrenza sleale.447
Il Tribunal de Commerce de Bobigny stabilì che, nella specie, i principi del libero
movimento delle merci non fossero violati, e che i rivenditori online svolgevano
un'attività legittima, non essendo né importatori, né produttori, secondo la
definizione legislativa448. Tuttavia i rivenditori online di Germania e Regno Unito,
furono ritenuti colpevoli per aver infranto la normativa francese sulla concorrenza
sleale, in quanto non informavano i consumatori che i loro prezzi erano inferiori
rispetto a quelli dei concorrenti francesi, in ragione della mancata applicazione
della compensazione per copia privata. Fu pertanto loro imposto di cessare ogni
attività promozionale diretta ai consumatori francesi, a meno che venisse
446“Stakeholders Consultation on copyright Levies”, EU Directorate General for the Internal
Market and Services, giugno 2006. § 5
http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/stakeholder_consultation_en.pdf
447Bobigny District Court for commerce Matters, 15 September 2005, SA Rue du commerce.
Vedi anche il simile caso olandese: Court of Justice in The Hague (July 12, 2007) & Court
of First Instance of The Hague (Sept 16, 2005), ove la collecting society nazionale, Thuiskopie,
citava in giudizio un rivenditore online tedesco per il pagamento di levies.
448Art. 311-4 del Code de la Propriété Intellectuelle
130
menzionata la “tassa SACEM” sul proprio sito web, accompagnata dalla tariffa e
dal relativo prodotto.449.
Risultano evidenti gli elementi di incertezza di questo sistema. Infatti i rivenditori
online che vogliano esportare delle merci, si trovano nella incapacità di prevedere
se dovranno sopportare il pagamento di levies, e in che misura. Questa incertezza
comporta costi di compliance per le imprese esportatrici, necessari per
comprendere quali siano le varie pratiche nazionali in tema di levies, e se vi siano
barriere nel commercio transnazionale per beni soggetti a tali tariffe.450
2.3 Il rapporto tra Levy e DRM
Il problema delle libere utilizzazioni nel nuovo contesto digitale, e della copia
privata in particolare, concerne la salvaguardia della loro effettività all'interno del
difficile rapporto con la protezione accordata dalle recenti normative
internazionali al Digital Rights Managment system, ed alle relative misure
tecniche di protezione, con l'obbligo per gli stati di recepire regole che puniscano
la manomissione di tale architettura, volta ad assicurare il controllo tecnologico
sulle opere protette.
Il DRM ha infatti introdotto una nuova modalità di auto-tutela privata da parte dei
titolari del copyright, i quali hanno richiesto l'introduzione di modelli che
fornissero
una struttura legale di rafforzo451. Questa richiesta riguarda in
particolare un sistema sanzionatorio per gli atti di aggiramento di tali misure
tecnologiche, che evidentemente non si sono dimostrate nella pratica così efficaci
449“Stakeholders Consultation on copyright Levies”, EU Directorate General for the Internal
Market and Services, giugno 2006. § 8
http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/stakeholder_consultation_en.pdf
450“Impact of Copyright Levies on Cross Border E-Commerce - Comments on DG Competition
Issue paper: “Opportunities in Online Goods and Services””, Hewlett-Packard 2008
451S. Dussolier, “Technology as an imperative for Regulating Copyright: From the Public
Exploitation to the Private Use of the Work”, E.I.P.R, 2005, 202
131
come i titolari dei diritti d'autore speravano452.
Le lamentele degli autori si collegavano al fatto che, come già ricordato, fare
copie perfette è diventato più semplice, e la condivisione sulla rete ha condotto a
fenomeni di violazione di massa453. Con tali argomenti sono state stimolate
iniziative legislative che hanno portato a qualificare i suddetti aggiramenti come
atti illegali o criminali, al di là del fatto che si concludano con violazioni del
diritto d'autore454.
Questa nuova legislazione anti-aggiramento è quindi servita a rafforzare la tutela
del diritto di esclusiva tradizionalmente garantito dal diritto d'autore, tanto che si è
ipotizzato un nuovo diritto di esclusiva per i titolari del copyright455.
Si fa riferimento in pratica alla creazione di un diritto d'accesso che sembra
disturbare il bilanciamento tra gli interessi dei titolari delle opere, e quelli del
pubblico, in particolare avendo come effetto la frustrazione dell'area di utilizzo
libero456; si teme infatti l'indiscriminato uso dei sistemi anti-accesso, sì da rendere
impossibile, o ingiustificatamente complicato, l'impiego delle opere in tal modo
protette, proprio per quelle attività legittimate dai principi del fair use457.
L'alternativa che si prospetta è un “pay-per-view copyright world”, ove l'eccessivo
utilizzo di “digital locks”, permesso dalla legge, superabile solo dietro pagamento
e con l'autorizzazione del titolare, oltre a diminuire l'area del pubblico dominio,
452T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, op. cit., 526
453K. J. Koelman, “The protection of technological measures vs. the copyright limitations”, in
ADJUNCTS AND ALTERNATIVES TO COPYRIGHT: PROCEEDINGS OF THE ALAI
CONGRESS JUNE 13-17, 2001, at 448 (J. C. Ginsburg - June M. Besek eds., 2002)
454T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, E.I.P.R., 2002, 525ss
455Così N. Lucchi, “The Supremacy of Techno-Governance: Privatization of Digital Content and
Consumer Protection in the Globalized Information Society”, International Journal of Law and
Information Technology, Vol. 15 No. 2, 2006; J. Ginsburg, “From Having Copies to
Experiencing Works: the Development of an Access Right in U.S. Copyright Law”, Journal of
the Copyright Society of the USA, Vol. 50, 2003, 113
456G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e utilizzazioni libere nel diritto d'autore comunitario”,
IDA, 2004, 151
457Questa preoccupazione era evidente all'interno del US White Paper per lo studio delle
modifiche allo US. Copyright Act predisposto dal Working Group on Intellectual Property
Rights, 1995.
132
finisca per inibire le libertà di utilizzo dell'utente e la circolazione delle opere458.
A ciò si accompagna un ulteriore rafforzamento della posizione dei titolari delle
opere, a livello contrattuale, nelle nuove modalità di distribuzione online459,
mediante l'utilizzo di clausole negoziali, come spesso avviene per i software
commerciali, con cui si impongono restrizioni sull'uso e sulla possibilità di
copia460. Queste misure contrattuali hanno un approccio identico a quello delle
MTP laddove non permettono variazioni in termini di accesso ed utilizzo,
imponendo clausole che obbligano l'utente ad astenersi dall'utilizzo del proprio
fair use come condizione per poter usufruire dell'opera 461. Questo copyright
management system permette un regime di controllo privato nel quale i contratti
rischiano di sostituire il copyright, come mezzo di intermediazione all'utilizzo e
458H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection
in the Context of the Global Digital Divide”, op. cit., 204
459M. J. Meurer, “Price Discrimination, Personal Use and Piracy: Copyright Protection of
Digital Works”, 45 Buffalo L. Rev. 845, Fall, 1997, 890-896
460Le restrizioni contrattuali tendono ad imporre all'utente la rinuncia a talune facoltà appartenenti
agli usi legittimi. Il classico esempio è quelle delle click-wrap licenses, cioè di contratti
contenenti clausole limitative di usi potenzialmente a disposizione dell'utente, e allo stesso
tempo base giuridica per l'apposizione di codici antiaccesso o anticopia. Cfr: G. Mazziotti, “Il
diritto d'autore comunitario nel nuovo ambiente digitale”, op. cit., 5
In quest'ottica è significativo il caso Pro CD v Zeidenberg (VII Circuito, 1996), nel quale la
parte attrice produceva e distribuiva un cofanetto di 4 CDRoms contenenti elenchi telefonici di
quasi tutti gli Stati della Confederazione Americana. Veniva quindi imposta un “shrinkwrap”
license al consumatore, e venivano così estesi i diritti d'autore del produttore in misura assai
maggiore rispetto a quelli previsti in via legale. Si giunse infatti ad imporre un vero e proprio
monopolio sulle parti non tutelabili degli elenchi telefonici, ed il prodotto commercializzato
finiva per essere un vero e proprio diritto di proprietà, limitando ogni possibilità di uso
legittimo riconosciuta al acquirente.
La corte decise in favore dell'attrice, stabilendo che il convenuto, acquistando i CDRoms
aveva aderito alle clausole contrattuali disposte dalla ProCD, ed acconsentito in questo modo
alla riduzione dei propri diritti.
La corte sembra quindi non tenere conto del fatto che nella commercializzazione di questi
prodotti di largo consumo non avviene una contrattazione delle clausole negoziali tra le parti,
ed ai consumatori non resta che scegliere tra adesione a clausole unilateralmente inserite nel
contratto, o di non acquistare il prodotto.
All'interno dei nuovi sistemi di distribuzione sulla rete, il problema si pone per le cd “Click
On licenses”ove se si confermasse tale orientamento giurisprudenziale si rischierebbe davvero
di limitare il campo delle libere utilizzazioni.
Cfr: Paolo Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online:
Il Dititto d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, IDA, 1998, 148-180
461T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”op. cit, 525
133
accesso pubblico alle opere creative462.
Pertanto, per access right si intende il diritto di controllare il modo con cui
l'utente percepisca l'opera. Si tratta di un concetto diverso dalla “riproduzione” o
“comunicazione al pubblico dell'opera”, nel senso che riguarda la ”apertura”
dell'opera, che sia una canzone o un film, al fine di ascoltarla o guardarla,
subordinandola all'acquisto di una “chiave” o codice d'accesso. In questo modo a
seconda del prezzo pagato, può essere limitata la durata dell'accesso, il numero di
riproduzioni, o la quantità di dispositivi su cui riprodurre l'opera463.
Del resto, nell'ambiente digitale questo meccanismo di controllo sembra essere
l'unico modo efficace per garantire il diritto di esclusiva, nonché la remunerazione
degli autori, oggetto di tutela del copyright. Con gli attuali modelli di
distribuzione sarebbe quindi illusorio prescindere da un access right, anche perchè
tali sistemi garantiscono una diversificazione dell'offerta dei prodotti, con una
varietà di opzioni di prezzo, a seconda del livello di utilizzo.464
Le maggiori preoccupazioni nascono dal timore che una sovraprotezione
accordata a questo acces right stimoli condotte, da parte dei titolari del copyright,
che producano un “lock up” digitale, mirante a restringere e vincolare l'accesso
alle proprie condizioni, spesso eccessive465.
Le misure tecnologiche di protezione (MTP) sono sistemi informatici che
consentono di amministrare lo sfruttamento delle opere di ingegno.
La dottrina è solita distinguere questi sistemi entro due principali gruppi, un primo
volto a regolare l'accesso dell'opera (come chiavi o password), ed un secondo
462J.Cohen, “Some Reflections on Copyright Management Systems and Laws Designed to Protect
Them”, 12 Berkeley Tech. L. J. 161,1997, 180
Vedi anche: Al. Palmieri - R. Pardolesi, “Gli Access Contracts: Una Nuova Categoria per il
Diritto dell’Età Digitale”, 7(2) RIV. DIR. PRIV., 2002, 265; Thomas Heide, “Copyright in the
EU and U.S.: What ‘Access-Right’”, 48 J. COPYRIGHT SOC’Y U.S.A., 2001, 363
463J. Ginsburg, op. cit., 8-10
464J. Ginsburg, op. cit., 11-13
465J. Cohen, “A Right to Read Anonymously: A Closer Look at Copyright Management in
Cyberspace”, 28 CONN. L. REV. 981,1996; L. Lessig, “The Law of the Horse: What Cyberlaw
Might Teach”, 113 HARV. L. REV. 501, 1999, 519.
134
volto a regolarne il successivo utilizzo, come i sistemi anticopia (vedi il cd
SCMS).
Le MTP possono consistere in software, o in combinazioni di hardware e software
(come i decoder). Esistono poi altri sistemi, impercettibili all'occhio dell'utente,
come il sistema CSS adoperato per proteggere le opere incorporate in DVD
tramite meccanismi di criptaggio e chiavi di accesso.
Un diverso gruppo di MTP viene inoltre identificato con l'espressione di “tatuaggi
elettronici”, per descrivere sistemi che non impediscono il godimento ma
forniscono dati relativi ai diritti patrimoniali dell'autore sull'opera acquistata
dall'utente, consentendo pertanto di individuare ogni informazione utile per gestire
lo sfruttamento dell'opera, ed il monitoraggio della circolazione sul mercato e del
consumo, a livello internazionale, tramite canali informatici466.
2.3.2 Brevi accenni sull'economia dei DRM systems
La capacità del DRM di fornire al titolare dei diritti un nuovo controllo sull'opera,
ha comportato una serie di conseguenze sul piano economico.
Si è già detto di come il sistema del diritto d'autore debba affrontare il problema
dei costi di transazione, che si pone quando questi eccedano il valore della
negoziazione o, in altri termini, quando siano superiori ai benefici del contratto
che autorizza l'uso dell'opera protetta. Questi costi, all'interno del mercato, anche
di quello online, si presentano molto alti, poiché i potenziali venditori ed
acquirenti vanno identificati, il contratto di licenza richiede tempo ed esperti, il
valore economico dell'utilizzo è difficile da valutare, etc.. 467
466Marzano op. cit., 182 ss. Uno dei tipi più comuni di questi tatuaggi elettronici è il cd
watermarking che consiste nell'inserimento di dati all'interno della versione digitale dell'opera.
Questi sistemi, che sono ancora in fase sperimentale, dovrebbero permettere in un futuro
non molto lontano un aumento dei vantaggi economici derivanti dallo sfruttamento dell'opera
creativa, e da qui l'importanza della tutela giuridica.
467R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 116 L'autore analizza le varie tipologie di costi di transazione,
sottolineando che, all'interno della distribuzione online, i costi di transazione non sono affatto
trascurabili, contrariamente a quanto in genere si ritiene.
135
Con l'esponenziale sviluppo dei dispositivi di registrazione, e della loro facile
reperibilità, gli utenti sono riusciti a mettere a repentaglio il monopolio dei titolari
del copyright sulle opere, accrescendo così il problema dei costi di transazione da
affrontare, nel tentativo di imporre licenze sulle utilizzazioni, e ridurre, per quanto
possibile, il numero di riproduzioni private468.
I costi insopportabili, implicati da tali ipotetiche contrattazioni, hanno quindi
portato ad un fallimento del mercato: tali costi di transazione in un trasferimento
volontario si presentano tanto alti che un trasferimento consensuale non riesce a
realizzarsi spontaneamente469.
In risposta a questa situazione, i legislatori europei considerarono l'imposizione di
forme di compensazione, alternative rispetto a quelle tipiche delle property rules,
sotto forma di levies, da applicare ai dispositivi e supporti di riproduzione.
470
Dall'altra parte dell'oceano invece, la discussione degli effetti delle riproduzioni
domestiche sul mercato delle opere protette, portò alla rivisitazione della fair use
doctrine, come soluzione ai fallimenti del mercato 471. La copia privata era ritenuta
fair nel momento in cui l'utente non era in grado di acquistare un dato utilizzo sul
mercato, e il soddisfacimento di questo interesse diffuso non comportava un grave
pregiudizio economico per il titolare del copyright.
Questa visione si basava, quindi, sul fatto che non esistesse un mercato funzionale
per l'utilizzo desiderato dall'utente. Con lo sviluppo e la diffusione degli access
control e dei dispositivi di controllo sulle copie, la situazione è destinata a
cambiare. Grazie all'utilizzo delle MTP ora, il titolare dei diritti è in grado di
controllare ciò che l'utente è in grado di fare, senza l'imposizione di particolari
costi.472 Il titolare dei diritti è inoltre in grado di negoziare direttamente con
l'utente le condizioni contrattuali e tecnologiche, andando in sostanza ad eliminare
468G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 28
469R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 130
470Linsday, “The law and economics of copyright”, op. cit., 15-19
471W. Gordon, “Fair use as a Market Failure”, op. cit.
472Casellati, “The Evolution of Article 6.4 of the European Information Society Copyright
Directive”, op. cit., 372
136
le condizioni del market failure per i contenuti digitali, e mettendo in discussione
le basi per il riconoscimento del fair use.473 Le nuove tecnologie permettono infatti
un abbassamento dei costi di monitoraggio e di protezione, associati allo scambio
di informazioni, prevenendo in maniera efficiente l'utilizzo dei contenuti digitali
senza autorizzazione. Merges del resto ha sempre sostenuto, che ove queste
tecnologie funzionino perfettamente, la teoria del market failure non avrà futuro, e
l'erosione dei costi di transazione, porterà quindi ad un ritorno alla property
rules.474
Il fatto che il controllo, e le tecnologie di gestione dei diritti, permettano al titolare
dei diritti e all'utente di accordarsi agevolmente mediante sistemi di licenze,
restringe in sostanza il campo di applicazione del fair use475. Considerazioni
simili erano già state svolte dalle Corti americane, nei casi Texaco e Princeton
University Press, allorchè stabilirono che, in presenza della possibilità per l'utente
di cercare e ottenere permessi per un determinato utilizzo, non si dovesse ritenere
applicabile la logica della fair use doctrine.
Atteso che il DRM permette di sviluppare un sistema di contrattazione, tra utente
finale e titolare dei diritti, più semplice, immediato, assolutamente meno costoso,
ma sopratutto con un alto grado di controllo, se queste tecnologie venissero
ampiamente diffuse, eliminerebbero alla base le possibili situazioni di fallimento
del mercato.476
L'abbandono della liability rule comporterebbe l'abolizione degli schemi di levies,
poiché il DRM permetterebbe di assicurare che le somme pagate dagli utenti siano
commisurate al valore di un certo utilizzo. Non sarebbe solo più facile apprezzare
il valore economico di un certo utilizzo, ma sarebbe possibile un migliore
bilanciamento tra domanda ed offerta che, quindi, porterebbe ad una estensione
473R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World
of On-line Commerce”, op. cit., 130
474Ibid
475G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 29
476Ibid
137
del benessere sociale477.
Questa prospettiva sembra essere stata recepita dalla Direttiva Europea del 2001,
ove appare esprimersi la tesi che il governo debba ritirarsi, e lasciare tutto nelle
mani del mercato.478
2.3.3 Nascita delle misure anti-aggiramento
Negli anni '90 l'avvento del digitale, e di Internet, aveva messo in discussione lo
schema del diritto d'autore, in una situazione dove il consumatore poteva
diventare potenziale concorrente sul mercato; la disponibilità dei prodotti online
danneggiava la posizione degli intermediari; il cyberspace inoltre non permetteva
limiti territoriali per il diritto di privativa, quale il diritto d'autore479.
I legislatori si dovettero quindi confrontare con questa realtà, dovendo escogitare
un sistema di tutela nuovo, in un contesto come il cyberspace che, per sua natura,
cercava di non essere sottoposto a controlli, e vennero quindi presi in
considerazione due strumenti di tutela a disposizione, legale e tecnologico480.
Il legislatore mondiale intervenne quindi dichiarando illegittime le manomissioni
di queste architetture difensive del cyberspace, e cioè le MTP in grado di
controllare accesso ed utilizzo dell'opera. L'Organizzazione Mondiale per la
Proprietà Intellettuale (WIPO), ed alcuni suoi membri, decisero di introdurre
misure anti-aggiramento all'interno dei trattati del 1996, il WIPO Copyright
Treaty
(WCT) ed il WIPO Performances and Phonograms Treaty (WPPT),
nonché all'interno delle loro normative nazionali481.
L'art 11 del WCT dichiarava l'illegalità di tali atti di elusione e introduceva la
477K. J. Koelman, “Levitation of Copyright”, op. cit., 6
478B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, 41
479G. Mazziotti, “Il Diritto d'autore Comunitario nel Nuovo Ambiente Digitale”, op. cit., 4
480Ibid
481R. Li-Dar Wang, “DMCA ANTI-CIRCUMVENTION PROVISIONS IN A DIFFERENT LIGHT:
PERSPECTIVES FROM TRANSANTIONAL OBSERVATION OF FIVE JURISDICTIONS”,
AIPLA Quarterly Journal, Vol. 34, 2006 ,1-32
138
protezione delle MTP482. L'art 8, ha invece riconosciuto un diritto funzionale al
divieto dell'art 11, cioè il diritto di comunicazione al pubblico delle opere, come
esclusiva del titolare dei diritti d'autore, anche mediante modalità on demand483.
L'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno recentemente adempiuto all'obbligo di
adeguare le proprie normative al WCT. Così, nel 1998, il Congresso statunitense
emanò il Digital Millennium Copyright Act, che inserì nel Copyright Act del 1976
le nuove disposizioni dei trattati WIPO, ed alcune disposizioni che riguardavano
la tutela del copyright su Internet. L'atteggiamento adottato fu di stampo
protezionistico, tanto che spesso il Congresso viene criticato, come si vedrà, per
aver oltrepassato i limiti del copyright.
Pochi anni dopo, con la Direttiva 2001/29/CE, anche l'Unione Europea, sulla scia
del DMCA, si preoccupò di equipaggiare la propria normativa con i mezzi
necessari alla protezione del diritto d'autore nel nuovo panorama digitale,
provvedendo all'introduzione dei divieti di manomissione ed elusione tecnologica.
Tuttavia, anche in questo caso, il legislatore si spinse oltre le indicazioni contenute
nell'art 11 del WCT, finendo per adottare un sistema non dissimile da quello
americano.
L'art 11 del WCT, infatti, nello specificare una tutela legale adeguata contro
l'aggiramento delle MTP, incorporate dagli autori nelle opere, prevedeva che tale
tutela fosse coadiuvata da sanzioni giuridiche in grado di garantirne l'effettività,
peraltro non estendendo alcuna protezione contro gli atti preparatori, quali la
482Art. 11 Wipo Copyright treaty: “Obligations concerning Technological Measures: Contracting
Parties shall provide adequate legal protection and effective legal remedies against the
circumvention of effective technological measures that are used by authors in connection with
the exercise of their rights under this Treaty or the Berne Convention and that restrict acts, in
respect of their works, which are not authorized by the authors concerned or permitted by
law”.
Del resto una previsione simile si trova nell'art. 18 del WPPT, circa le MTP utilizzate da
produttori ed esecutori di fonogrammi rispetto ai propri fonogrammi o performances.
483Art 8 WIPO Copyright Treaty: “[...]authors of literary and artistic works shall enjoy the
exclusive right of authorizing any communication to the public of their works, by wire or
wireless means, including the making available to the public of their works in such a way that
members of the public may access these works from a place and at a time individually chosen
by them”
139
produzione di dispositivi anti-accesso484.
Il quadro fornito dall'art. 11 risultava però piuttosto vago, in quanto non forniva
indicazioni di come tale protezione dovesse essere organizzata, né quali fossero
gli atti specifici da dover proibire. Faceva riferimento soltanto ad una protezione
“adeguata”, il che apriva la strada verso molteplici livelli di “adeguatezza”. 485 Lo
stesso effetto era raggiunto tramite una definizione di MTP al quanto vaga, che
nulla aggiungeva circa i criteri di efficienza necessari per tale protezione486.
Tuttavia, l'art. 11 concludeva precisando che gli atti di cui si voleva impedire
l'esecuzione fossero esclusivamente quelli non autorizzati o non permessi dalla
legge487. Sottolineando quali atti costituissero il vero oggetto dell'impedimento,
l'art 11 faceva riferimento agli atti permessi dalla legge, come volendo fornire una
clausola di salvaguardia degli usi legittimi488.
2.3.4 Il Digital Millennium Copyright Act
Il DMCA fu proposto per la prima volta nel 1995 con il cd “NII White Paper”,
predisposto dal “Intellectual Property Group” della Information Infrastructure
Task Force (IITF), dell'amministrazione Clinton489. Quasi contemporaneamente
alla presentazione al Congresso, l'amministrazione Clinton cominciò, entusiasta, a
promuovere la stessa questione del copyright digitale, la cd digital agenda, sul
fronte internazionale490.
484T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, op. cit., , 529
485Ibid
486Art 11 WIPO Copyright Treaty: “[...] effective technological measures that are used by
authors in connection with the exercise of their rights”.
487Art 11 WIPO Copyright Treaty: “[...]that restrict acts...which are not authorized by the
authors concerned or permitted by law”.
488G. Mazziotti, “Il Diritto d'autore Comunitario nel Nuovo Ambiente Digitale”, op. cit., 20
489 P.Samuelson, “The U.S. Digital Agenda at WIPO”, op. cit., 379
490Ibid. Samuelson sottolinea nell'introduzione del suo scritto, lo scopo dell'amministrazione
Clinton: “the U.S.digital agenda at WIPO aimed to write the rules of the road for the emerging
140
L'amministrazione introdusse così alcune proposte durante la deliberazione del
WIPO, per un nuovo protocollo nella Convenzione di Berna. Pertanto, la proposta
americana circa disposizioni anti-aggiramento, in tale contesto avanzata, era
presso che la stessa presentata al Congresso poco tempo prima491.
In più, gli Stati Uniti fecero una certa pressione per una conferenza diplomatica
allo scopo di adottare queste proposte, che fu tenuta più tardi nel Dicembre 1996.
La vicenda si concluse, come già accennato, con l'adozione delle misure anti
aggiramento all'interno dei trattati WIPO, anche se, con grande sgomento
dell'amministrazione Clinton, il contenuto di queste previsioni era molto diverso
da quello della proposta americana492.
Il Copyright Act americano già prevedeva nella Sezione 1002 c) un divieto di
aggiramento delle misure tecnologiche di protezione facendo riferimento al
sistema anticopiaggio del SCMS, di cui si è già detto in precedenza.
In particolare l'AHRA aveva introdotto il criterio del “primary purpose or effect”
della tecnologia di aggiramento commercializzata, imponendo il divieto di
importare, produrre o distribuire qualsiasi dispositivo, o servizio, il cui primo
scopo o effetto fosse l'aggiramento del SCMS493.
Il Digital Millennium copyright Act, emanato il 28 ottobre 1998, mirava quindi a
recepire i due trattati WIPO del 1996, ed infatti, l'approccio adottato dal DMCA
era di colpire le violazioni alle misure tecniche di protezione, introducendo inoltre
delle eccezioni a determinate condizioni494.
global information superhighway so that copyright owners would have considerably stronger
rights than ever before, and so that the rights of users of protected works would largely be
confined to those they had specifically contracted and paid for”.
491Ibid
492R. Li-Dar Wang, “DMCA ANTI-CIRCUMVENTION PROVISIONS IN A DIFFERENT LIGHT:
PERSPECTIVES FROM TRANSANTIONAL OBSERVATION OF FIVE JURISDICTIONS”, op.
cit., 7
493P.Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Dititto
d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op. cit., 185 ss
494Il DMCA, inserito al Capitolo 12 del titolo 17 del U.S.C., in particolare:
•
introduce una responsabilità penale per le violazioni delle misure anti-piracy
contenute nella maggior parte dei software commerciali (17 U.S.C. 1201 (a)(1)(A));
• permette il cd cracking dei dispositivi di protezione del copyright al fine di effettuare
141
Queste previsioni sono disegnate per impedire l'aggiramento, la disattivazione, la
neutralizzazione delle MTP che i titolari del copyright inseriscano nelle loro opere
per prevenire l'accesso, la riproduzione e la distribuzione non autorizzati.
Quando il disegno di legge del DMCA fu per la prima volta presentato al
Congresso nel 1996, venne considerato troppo controverso, e di conseguenza
venne rigettato495. Infatti le compagnie dell'industria elettronica e dei computer, le
librerie e le istituzioni di educazione, si opposero vivamente a queste misure antiaggiramento, poiché le consideravano troppo invadenti rispetto ai privilegi
accordati dal fair use ed al pubblico dominio, che assieme mantengono il sistema
del copyright, bilanciato con l'esclusiva autoriale496.
Il DMCA adotta inoltre una definizione di aggiramento molto ampia 497, che
sembra ricomprendere qualsiasi atto non autorizzato che riesca a permettere
l'accesso all'opera protetta498.
Nell'ottica della protezione delle MTP, la nuova normativa identifica inoltre tre
categorie di violazioni del divieto di aggiramento: una violazione generale, un
divieto del cd trafficking, ossia la diffusione, e alcune “addictional violations”.
ricerche sui codici di protezione, assicurare la interoperabilità dei software, e testare i
sistemi di sicurezza dei computer (1201 (d) (j));
•
dispone eccezioni per le librerie no-profit, archivi e istituti scolastici, a certe
condizioni (1201 (d));
•
proibisce la produzione e la distribuzione di dispositivi cd code-cracking per la
copia illegale di software (1291 (b)(1)(A));
•
esime i fornitori di servizi internet da responsabilità per illeciti mediante durante
semplice trasmissione dei dati (17 USCS 512);
•
obbliga i fornitori dei servizi a rimuovere materiale che violi il copyright dia siti
degli utenti (17 USCS 512);
•
limita la responsabilità degli istituti no-profit di educazione per le infrazioni dei
loro membri o degli studenti (17 USCS 512 (e));
•
obbliga i cd webcasters a pagare un importo a titolo di licenza in prevenzioni di
appropriazioni illecite di contenuti (Section 405 DMCA).
495P. Samuelson, “The U.S. Digital Agenda at WIPO”, 37 VA. J. INT’L L. 369,1997, 373 .
496T. C. Vinje, The New WIPO Copyright Treaty: A Happy Result in Geneva, 19 E.I.P.R., 230,
1997, 234 .
497DMCA, § 1201 (a) (3) (A) “...descramble a srambled work, to decrypt an encrypted work, or
otherwise to avoid, bypass, remove, deactivate, or impair a technological measure, without the
authority of the copyright owner”.
498T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, op. cit., 530
142
La previsione generale, sancisce il divieto di eludere le MTP che assicurino un
controllo effettivo sull'accesso, e considera tutte quelle operazioni che vadano a
disattivare o indebolire le MTP predisposte dal titolare del copyright per
controllare l'accesso all'opera. In contrasto con il WIPO, il DMCA definisce il
criterio di effettività necessario per la protezione delle misure tecnologiche 499, e
tale definizione sembra richiedere un basso livello di effettività di tali misure;
sembra ricomprendere cioè tutte le misure utilizzate in connessione con un'opera,
in modo tale da non renderla accessibile immediatamente500.
Il divieto di trafficking e le violazioni addizionali rappresentano due differenti tipi
di previsioni anti-trafficking. Il primo riguarda i dispositivi e i servizi che eludono
il controllo dell'accesso, mentre il secondo riguarda dispositivi e servizi per
l'elusione del controllo dei diritti del titolare, come i dispositivi anticopia501.
In questa struttura, le MTP garantiscono una effettiva protezione dei diritti del
titolare del copyright, quando nell'ordinario corso delle operazioni, gli venga
impedito, ridotto o comunque limitato l'esercizio di uno di quei diritti contenuti
nel Titolo 17 del U.S.C..
Pertanto, viene effettuata una distinzione tra MTP che impediscono l'accesso non
autorizzato all'opera protetta, e MTP che impediscono la copia non autorizzata
dell'opera stessa. Si noti come questa distinzione sia stata apportata al fine di
assicurare che gli utenti possano continuare ad esercitare quelle modalità di
utilizzo permesse dal fair use. Di conseguenza, fino a che la copia di un opera
possa inquadrare una pratica fair, non sarà vietata l'elusione delle MTP che
impediscono la copia. Per contro, fino a che la tutela del fair use non verrà estesa
a quegli atti non autorizzati che mirino a superare il controllo all'accesso di
499DMCA, § 1201 (a) (3) (B) “...if the measure, in the ordinary course of its operation, requires
the application of information or a process or a treatment, with the autorithy of the copyright
owner, to gain access to the work”.
500T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, op. cit., 530
501N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer
protection in a comparative analysis”, Springer Berlin Heidelberg, 2007, 47ss
143
un'opera, l'elusione delle MTP per ottenere tale accesso sarà proibita.502
Ciò spiega perchè, se da un lato è sempre vietato l'utilizzo e la produzione di
misure anti-accesso, atteso che l'accesso deve essere sempre previamente
autorizzato, dall'altro lato è invece proibita la sola produzione di misure anticopia,
perchè una volta ottenuto lecitamente l'accesso, il successivo uso di sistemi di
aggiramento potrebbe rientrare nelle ipotesi di fair use.503
Si è già detto come il DMCA abbia introdotto una serie di eccezioni a questi
divieti504. Questo sistema di eccezioni funziona solamente qualora si sia in
presenza dei divieti di elusione dei sistemi di controllo dei diritti, e al contrario,
fino a che non sia individuabile un divieto all'elusione del controllo sui diritti, non
ci sarà alcuna eccezione505.
Evidentemente il legislatore riteneva che, se le copie fatte in seguito all'elusione
delle protezioni, fossero state giustificate da eccezioni al copyright o da privilegi,
non ci sarebbe responsabilità per tali elusioni. Mentre l'obbiettivo di tale
previsione è di concedere un'azione al titolare del copyright qualora dette copie
(derivanti da atti di manomissione) siano da considerare illecite506.
La nuova normativa infatti è stata criticata anche perchè, tale sistema di eccezioni,
non avrebbe come effetto la protezione di utilizzazioni legittime, quanto piuttosto
quello di limitare la possibilità per le corti di esonerare da responsabilità questi
utilizzi attraverso la tradizionale difesa delle infrazioni al copyright,507 arrivando a
concludere come la Sezione 1201 “seems to be a conscious contraction of user
502Ibid
503P.Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Dititto
d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op. cit., 175
504La sezione 1201 alle lettere (d)-(i), contiene una serie di eccezioni tra le quali: motivi di
sicurezza nazionale, la cd reverse engeering exception, protezione della privacy, etc..
505N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer
protection in a comparative analysis”,op. cit., 49
506Besek, “Anti.Circumvention Laws and Copyright Act: a Report From Kernochan Center of
Law, Media and the Arts”, Columbia Journal of Law & Arts, 2004, 385
507HERMAN - gANDY, JR, “CATCH 1201: A LEGISLATIVE HISTORY AND CONTENT
ANALYSIS OF THE DMCA EXEMPTION PROCEEDINGS”, Cardozo Arts & Entertaiment,
Vol 24, 2006, 187 ss
144
rights.”508
Nel caso RealNetworks v. Streambox509, ove il problema riguardava la possibilità
di copia privata, per gli utenti del software di registrazione Streambox, di files
musicali protetti dalle misure tecnologiche, la Corte stabilì, infatti, che la Sezione
1201 del Copyright Act, avesse oramai sostituito lo standard Sony-Betamax, che
garantiva la possibilità di utilizzazioni domestiche senza incorrere in violazioni
del copyright.510
Pertanto è evidente come sia emersa la preoccupazione che il DRM possa
eliminare il bisogno di una continua rielaborazione della dottrina del fair use.
Nel caso Universal City Studios v. Corley 511, la Corte del II Circuito, dopo aver
escluso la sussistenza di alcuna delle eccezioni previste al divieto di
manomissione, confermò che la Sezione 1201 non contempla alcuna difesa che si
fondi sul fair use, contro l'elusione dei controlli all'accesso. I giudici notarono
come il DMCA non proibisca il fair use in sé, poichè il suo obbiettivo è la
salvaguardia delle difese alle opere protette. Gli access-control possono rendere
più difficile il realizzarsi del fair use, ma i giudici replicarono che né la normativa
508D. Nimmer, “A Riff on Fair Use in the Digital Millennium Copyright Act”, 148 U. PA. L. REV.,
2000, 673, 675 .
509REALNETWORKS, INC. v. STREAMBOX, INC., United States District Court for the
Western District of Washington, 2000 U.S. Dist. LEXIS 1889, January 18, 2000
510J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”,
Reveue Internationale Du Droit d'Auteur (RIDA), 2003/1, 223
Il caso RealNetworks v. Streambox, riguardava la distribuzione commerciale di un prodotto,
lo Streambox VCR, disegnato per convertire i files musicali protetti dal sistema RealAudio,
trasmessi su piattaforme di streaming, in files che gli utenti potessero scaricare. L'accusa si
fondava sulla presunta violazione del divieto di manomissione dei controlli all'accesso della
§1201 (a), nonché del divieto di manomissione dei controlli anti-copia della §1021 (b),
predisposti da RealNetworks.
La difesa cercò di sostenere che la produzione e la distribuzione dello Streambox VCR,
fosse legittimata dalla Betamax doctrine, in quanto gli utenti di Streambox potevano utilizzare
il VCR per effettuare “fair use copies”. Il Wester District of Washington, tuttavia, rifiutò tale
caratterizzazione come fair delle copie private effettuate tramite il VCR Streambox, poiché in
violazione di misure anti-copia e anti-accesso. La Corte stabilì, infatti, che la §1201 avesse
oramai sostituito lo standard Sony-Betamax, grado di garantire usi non violativi.
511 Universal City Studios v. Corley, 273 F. 3d 429 (2d Cir, 2001)
Il convenuto era un giovane ragazzo norvegese che aveva inventato il DeCSS, una
tecnologia per decriptare dei codici anti-accesso. Aveva reso quindi disponibile tale sistema su
una serie di siti. La difesa aveva utilizzato tra le varie argomentazioni, il fatto che il DMCA
andasse ad eliminare il fair use.
145
del copyright né la Costituzione richiedono che il fair use sia disponibile nella
maniera più conveniente al consumatore. Ciò che accada ai materiali, dopo che la
manomissione sia avvenuta, non è oggetto del DMCA, che quindi non proibirebbe
il fair use solo perchè l'opera è ottenuta con delle modalità ritenute illegali512.
All'atto pratico tuttavia, sembra che il DMCA stia sostituendo quell'aperto e
fondamentalmente bilanciato stile della fair use doctrine con una serie di
eccezioni determinate, e specifiche sullo stile del sistema Europeo 513. Le cd antidevice rules hanno infatti un novero più ristretto di eccezioni rispetto all'ampia
portata del divieto di aggiramento514, ben lontano dall'approccio elastico e aperto
del fair use, la sovra-specificazione delle eccezioni legali del DMCA potrebbe
rendere più difficile individuare un generale privilegio dell'utente a sostegno
dell'elusione degli access-controls515.
Una critica al DMCA sta proprio nel fatto che molte altre ragioni per aggirare le
MTP non sono considerate imponendosi la necessità di adottare una previsione
generale con una diversa prospettiva, poiché questo sistema di divieti antiaggiramento è senza precedenti per la normativa del copyright americano,
relativamente ad una nuova tecnologia della quale nè il Congresso, nè le Corti,
hanno molta conoscenza516.
L'intento del DMCA era diretto a realizzare un nuovo bilanciamento dei due
diversi diritti in contrasto, di utenti e titolari dei diritti, quando in seguito ai
cambiamenti tecnologici ed alla diffusa possibilità di effettuare copie domestiche
512J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”,
237-240
513Così P. Samuelson, “Intellectual Property and Digital Economy: Ehy the anti-circumvention
Regulations Need To Be Revised”, 14 Berkeley Tech. l.J. 519, 535 (1999); T. W. Bell, “Fair
Use v. Fared Use: the Impact of Automated Rights Management on Copyright's Fair Use
Doctrine”, 76 N. C. L. Rev. 557, 1998, 564 ss; J. Cohen, “WIPO Copyright Treaty
Implementation in the United States: Will Fair Use Survive?”, 21 E.I.P.R. 236, 1999, 239
514P. Samuelson, “Intellectual Property and Digital Economy: Ehy the anti-circumvention
Regulations Need To Be Revised”,op. cit., 535
515J. Ginsburg, “Copyright Legislation for the “Digital Millenium”, 23 Colum.-VLA J.L & Arts
137, 2000, 151ss.
516P. Samuelson, “Intellectual Property and Digital Economy: Ehy the anti-circumvention
Regulations Need To Be Revised”,op. cit., 523ss
146
digitali, la situazione creatasi era lontana da un equilibrio, a danno dei titolari dei
diritti. Si deve notare, tuttavia, che la stretta definizione di eccezioni adottata, non
porti ad una efficiente ricalibrazione, ma spinga eccessivamente in favore degli
autori. D'altra parte, il Congresso aveva riconosciuto che una aperta definizione di
fair use exception avrebbe divorato la normativa protettiva.517
In questo modo, come specificato dalla giurisprudenza del caso 321Studios v.
Metro-Goldwyn Mayer Studio, “Fair Use is still permissible under the DMCA,
although such copying will not be as easy, as exact, or as digitally manipulable as
plaintiff desires”. Tale orientamento induce a ritenere che nel cyberspace il fair
use non sia destinato a scomparire in ragione dell'uso dei sistemi antiaggiramento, ma che il diritto all'uso legittimo delle opere sarà possibile solo in
quella, meno agevole, dimensione offline518.
In risposta alla critica reazione sollevatasi contro il DMCA, è stato proposto, nel
2005, un disegno legislativo chiamato Digital Media Consumers' Right Act
(DMCRA), allo scopo di riportare lo storico bilancio all'interno della legge
autoriale.
Tale proposta in particolare, cerca di ristabilire il diritto di fair use per il
517J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”,
237-240
In molti casi infatti, il divieto di utilizzo di dispositivi di elusione, non può essere limitato
dal fair use: gli stessi dispositivi che permettono la copia per scopi di studio, permettono la
copia allo scopo di sostituire l'acquisto.
Per ogni libro digitale cui viene permesso l'aggiramento delle MTP, facilitando una
eccezione di fair use generale, ci saranno molte più copie a scopo di godimento personale. Il
congresso determinò quindi che, privilegiando il fair use rispetto al mercato principale
dell'opera, avrebbe scoraggiato lo sfruttamento digitale dell'opera protetta. Nel caso Corley, la
Corte considerò che il Congresso doveva effettuare una scelta netta, e ritenne che, fino a
quando la versione alternativa del libro sia disponibile in diversi formati, meno convenienti, le
politiche sottostanti l'eccezione del fair use continueranno a detenere un certo valore. Nel caso
contrario, dovranno emergere i digital lock-up, in modo tale che i formati alternativi, e non
protetti, non siano più disponibili.
518P. Marzano, “Diritto d'Autore e Digital Technologies”, op. cit., 319.
l'autore sottolinea quindi come il fatto che il diritto così configurato non sia di agevole
fruizione, non determini una lesione del fair use, poiché non esiste alcun obbligo in virtù del
quale il titolare del copyright sia tenuto ad agevolare l'esercizio del diritto altrui. Tale approccio
viene quindi paragonato a quello dell'art. 71 quinquies della normativa autoriale italiana, L.
633/1941, ove consente all'utente legittimo di effettuare “una copia privata, anche solo
analogica” dell'opera.
147
consumatore modificando il DMCA, in modo da permettere l'aggiramento delle
protezioni per usi non proibiti di opere digitali. Scopo principale della nuova
normativa risiederebbe nel tentativo di assicurare che il consumatore sia
effettivamente a conoscenza delle limitazioni e delle restrizioni al momento
dell'acquisto di un'opera, perchè i produttori non sono ancora obbligati ad inserire
queste
informazioni
sulla
confezione.
Inoltre,
verrebbe
introdotto
un
emendamento alla Sezione 1201 del DMCA al fine di rendere legali la
produzione, e l'utilizzo legittimo, di dispositivi idonei alla registrazione delle cd
copie backup519.
2.3.5 European Copyright Directive
La prima normativa nazionale europea in tema di tutela delle misure di protezione
fu lo UK Copyright, Designs and Patent Act del 1988, che equiparava
l'aggiramento dei sistemi anti-elusione alla violazione di un qualsiasi diritto
esclusivo accordato al titolare del copyright 520, inserendo anche un sistema di
cautele521, volto a tutelare i soggetti che effettuino trasmissioni a distanza di
programmi criptati522.
Nel panorama europeo, le singole normative autoriali, tramite il sistema di
eccezioni e limitazioni (ricerca, studio privato, critica etc..), avevano riconosciuto
un generale privilegio dell'utente523.
Con la EUCD2001/29/CEE, il legislatore europeo recepì i due trattati WIPO del
1996, come del resto aveva fatto il DMCA americano. La protezione legale delle
519N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer
protection in a comparative analysis”, op.cit., 50
520§ 296 UK Copyright, Designs and Patent Act, 1988
521§ 297 UK Copyright, Designs and Patent Act, 1988
522P. Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Dititto
d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op. cit., 186-190
523M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op.
cit. 444
148
MTP era certamente uno dei punti chiave nelle negoziazioni che portarono
all'adozione della direttiva, e la relazione tra digital locks e limitazioni al
copyright era tanto intensa da poter bloccare l'intera direttiva524.
Da un punto di vista più generale, la Direttiva verte infatti su tre punti principali:
il diritto di riproduzione, il diritto di comunicazione al pubblico, ed il diritto di
distribuzione, aggiungendo quindi la più controversa obbligazione, per gli Stati
Membri, di provvedere una protezione legale adeguata contro il cd “hacking”, o
altri atti di disabilitazione delle misure anticopia525. Tutto ciò, stabilendo, come già
visto approfonditamente, una disciplina relativa alle eccezioni al copyright.
Per quanto riguarda il diritto di distribuzione, la Direttiva, seguendo
l'impostazione del WCT526, stabilisce che, nel contesto della distribuzione online,
il concetto dell'esaurimento del diritto è assolutamente ridotto. Viene così
introdotta una nuova base del principio dell'esaurimento, secondo la quale la
nuova distribuzione è regolata dal diritto di comunicazione al pubblico, e
considerata come un servizio. Il risultato è una restrizione sulla ri-vendita dei
contenuti digitali distribuiti, perchè l'applicazione del principio di esaurimento per
le opere digitali è ridotta dai contratti di licenza. L'intento è quindi quello di
caratterizzare la vendita come pagamento di una licenza anziché come
trasferimento di proprietà527.
524S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of
2001 – An Empty Promise”, op. cit, 67
525N.Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer
protection in a comparative analysis”, op. cit., 54
526WIPO Copyright Treaty 1996, art 6,” Right of Distribution: Authors of literary and artistic
works shall enjoy the exclusive right of authorizing the making available to the public of the
original and copies of their works through sale or other transfer of ownership.”
Art 8, “Right of Communication to the Public: ...authors of literary and artistic works shall
enjoy the exclusive right of authorizing any communication to the public of their works, by
wire or wireless means, including the making available to the public of their works in such a
way that members of the public may access these works from a place and at a time individually
chosen by them”
527N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer
protection in a comparative analysis”op. cit., 55; così anche Gasser, “iTunes: How Copyright,
Contract, and Technology Shape the Business of Digital Media - A Case Study”, Berkman
Center for Internet & Society at Harvard Law School Research Publication No. 2004-07
149
La disposizione più controversa riguarda tuttavia l'art 6, ai sensi del quale gli Stati
Membri sono obbligati ad introdurre una protezione legale contro gli atti di
aggiramento delle misure tecnologiche efficaci. I Recitando 13 e 47 sottolineano
l'importanza dello sviluppo di tale protezione, proprio perchè svolgerebbe un
ruolo essenziale nel bilanciamento del copyright528.
Ad una prima lettura dell'art. 6, la Direttiva sembra adottare un atteggiamento
meno rigoroso del DMCA, in quanto introduce un elemento soggettivo
psicologico, cioè la consapevolezza della manomissione, o quantomeno un
ragionevole grado di consapevolezza529. In sostanza, la singola violazione del
divieto di aggiramento non è sufficiente, occorrendo anche una sorta di malafede
da parte dell'utente530.
Dopo aver definito in maniera piuttosto generica quali siano le MTP531, l'art 6 ne
accorda la protezione, estendendola peraltro anche agli “atti preparatori”, cioè la
produzione, importazione, distribuzione, vendita di dispositivi che siano prodotti
allo scopo di rendere possibile o comunque facilitare l'elusione delle MTP.
Il punto più doloroso della normativa sta tuttavia nel rapporto tra libere
528Direttiva 2001/29/Ce, Recitando 13: “Una ricerca comune e un'utilizzazione coerente, su scala
europea, delle misure tecniche volte a proteggere le opere e altro materiale protetto e ad
assicurare la necessaria informazione sui diritti in materia rivestono un'importanza
fondamentale in quanto hanno per oggetto, in ultima analisi, l'applicazione dei principi e delle
garanzie fissati dalle disposizioni giuridiche”.
Recitando 47: “Lo sviluppo tecnologico consentirà ai titolari dei diritti di far ricorso a misure
tecnologiche per impedire o limitare atti non autorizzati dal titolare del diritto d'autore, dei
diritti connessi o del diritto sui generis sulle banche dati. Esiste tuttavia il rischio di attività
illegali intese a rendere possibile o a facilitare l'elusione della protezione tecnica offerta da
tali misure. Per evitare soluzioni legislative frammentarie che potrebbero ostacolare il
funzionamento del mercato interno è necessario prevedere una protezione giuridica
armonizzata contro l'elusione di efficaci misure tecnologiche e contro la fornitura di dispositivi
e prodotti o servizi a tal fine”.
529Direttiva 2001/29/CE, Art. 6 : “Gli Stati membri prevedono un'adeguata protezione giuridica
contro l'elusione di efficaci misure tecnologiche, svolta da persone consapevoli, o che si
possano ragionevolmente presumere consapevoli, di perseguire tale obiettivo.”
530T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, op. cit., , 535
531Art 6.3: “Per "misure tecnologiche" si intendono tutte le tecnologie, i dispositivi o componenti
che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti, su
opere o altri materiali protetti, non autorizzati dal titolare del diritto d'autore o del diritto
connesso al diritto d'autore”.
150
utilizzazioni ed MTP532, allorchè l'art 6.3 continua e stabilisce che il titolare dei
diritti debba adottare misure adeguate al fine di permettere ai beneficiari di
un'eccezione, di continuare a goderne, senza però individuare quali siano le
misure da adottare. Si generò così l'opinione che la soluzione più adeguata fosse
l'adozione di contratti tra beneficiario dell'eccezione e titolare. In questo modo
sembrava potersi leggere, tra le righe della Direttiva, una disposizione per la quale
la libertà contrattuale scavalcasse il regime di eccezioni e limitazioni533.
Infine l'art 7 della Direttiva proibisce agli utenti di: “a) rimuovere o alterare
qualsiasi informazione elettronica sul regime dei diritti; b) distribuire, importare a
fini di distribuzione, diffondere per radio o televisione, comunicare o mettere a
disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti, dai quali siano state
rimosse o alterate, senza averne diritto, le informazioni elettroniche sul regime dei
diritti.”
Ad un primo bilancio della Direttiva Europea sulla Società dell'Informazione,
occorre considerare che la medesima, mentre adotta un largo criterio di protezione
delle misure tecnologiche, inserisce un sistema di eccezioni e limitazioni a tali
misure alquanto ristretto534.
Una critica muove dal fatto che, la Commissione Europea scelse di non optare per
il livello di protezione stabilito dal WIPO, ma decise di aumentare tale standard.
Come già visto, l'art. 11 del WCT richiedeva di provvedere una adeguata tutela
legale e dei rimedi effettivi contro l'aggiramento di misure tecnologiche efficienti.
La Commissione Europea ha preferito trarne una precisa regola antiaggiramento.535
532F. Gotzen, “Le Droit d'Auteur en Europe: Quo Vadis? Quelques Conclusions Après la
Trasposition de la Directive d'Harmonisatoin Dans la Societè de la Information”,
RIDA,2007/1, 51
533L. Casellati, “The Evolution of Article 6.4 of the European Information Society Copyright
Directive”, 24 Colum.-VLA J.L. & Arts 369, 377-387
534S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of
2001 – An Empty Promise”op. cit. , 62 ss
535B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant, and Possibly Invalid”, E.I.P.R.,
2000, 499
151
2.3.6 Cenni comparativi tra DMCA – EUCD
La definizione delle misure tecnologiche da proteggere assunta dal legislatore
europeo risulta di ampio spettro: qualsiasi sistema usato dal titolare del copyright
per proteggere la propria opera e la distribuzione della stessa536.
Pertanto, mentre il DMCA americano si riferisce chiaramente alle misure che
controllano l'accesso e a quelle che proteggono il diritto dell'autore, la previsione
europea va ben al di là, e di fatto copre ogni tipo di misura tecnologica usata dal
titolare dei diritti, comprendendo il controllo dell'accesso, i meccanismi di
restrizione dei diritti degli utenti e qualsiasi altro dispositivo elettronico con cui
l'autore consolida il controllo e la gestione dell'uso della propria opera537.
Risulta evidente anche la differenza tra le due normative per quanto riguarda la
soluzione al rapporto tra eccezione e misura di protezione.
Mentre gli USA hanno considerato la soluzione per questo problema di fair use a
livello di sanzione per l'aggiramento, i paesi europei hanno scelto di regolare la
materia operando su di una fase precedente a tali atti di elusione, quella
dell'esercizio delle libere utilizzazioni.
I due meccanismi sono diversi ma entrambi esonerano l'utente da responsabilità
quando l'aggiramento avviene nell'esercizio di una delle eccezioni, cioè quando è
impedito l'uso legittimo, e all'utente non rimane altra scelta che eludere il sistema
di protezione. Il sistema americano non fornisce gli strumenti per l'aggiramento,
ma non va ad individuare una responsabilità per l'utente a queste, anche se
ristrette, condizioni.538
Tutto ciò però non risolve il problema dei digital locks. Mentre, infatti, nel mondo
536F. Gotzen, “Le Droit d'Auteur en Europe: Quo Vadis? Quelques Conclusions Après la
Trasposition de la Directive d'Harmonisatoin Dans la Societè de la Information”, op. cit., 52
537S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of
2001 – An Empty Promise”op. cit., 69
538S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of
2001 – An Empty Promise”,op. cit., 68
152
analogico, l'eccezione al copyright era prevalentemente utilizzata come strumento
di difesa all'interno dei processi per le violazioni delle normative autoriali, nel
mondo digitale la prospettiva è nettamente differente. Se cioè la riproduzione è
impedita da misure tecnologiche, l'utente dovrà anche citare in giudizio il titolare
dei diritti affinchè gli permetta di esercitare l'eccezione, o gli fornisca gli
strumenti utili all'aggiramento. In entrambi i casi l'onere della prova è
particolarmente pesante.539
La soluzione tracciata dal DMCA stabilisce la funzione dell'eccezione solamente
come difesa nel caso di un'azione esperita contro l'utente per aver aggirato la
protezione. Non è una soluzione che cerca di ridurre i controlli tecnologici sulla
legittima eccezione540.
La direttiva europea cerca quindi di spostare il bilancio a favore dell'utente non al
livello delle sanzioni contro gli atti di aggiramento, quanto a quello precedente
dell'esercizio dell'eccezione.
L'art 6.4 della direttiva dispone infatti che “gli Stati membri prendono
provvedimenti adeguati affinché i titolari mettano a disposizione del beneficiario
di un'eccezione o limitazione....e i mezzi per fruire della stessa, nella misura
necessaria per poter fruire di tale eccezione o limitazione e purché il beneficiario
abbia accesso legale all'opera o al materiale protetto in questione.
Uno Stato membro può inoltre adottare siffatte misure nei confronti del
beneficiario di un'eccezione di una limitazione prevista in conformità dell'articolo
5, paragrafo 2, lettera b), a meno che i titolari non abbiano già consentito la
riproduzione per uso privato nella misura necessaria per poter beneficiare
dell'eccezione o limitazione in questione...senza impedire ai titolari di adottare
misure adeguate relativamente al numero di riproduzioni conformemente alle
presenti disposizioni.”
539N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer
protection in a comparative analysis”, op. cit., 55 ss
540S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of
2001 – An Empty Promise”, op. cit., 70
153
Lo scopo di questa previsione è di incoraggiare i titolari del copyright ad
interessarsi del problema, tramite “misure appropriate”, prevedendo che quando
essi non introducano “misure volontarie” idonee all'esercizio dell'eccezione, le
legislazioni degli stati membri debbano prevedere delle “misure appropriate”.541
Tuttavia, mentre per la tutela di quelle libere utilizzazioni indicate nella prima
parte di tale norma, la previsione di misure volontarie è obbligatoria 542, per la
copia privata è previsto un regime diverso, per cui l'intervento della legislatura
nazionale è opzionale543.
Pertanto, anche se uno Stato Membro abbia provveduto al riconoscimento
dell'eccezione di copia privata, l'art. 6.4 stabilisce che tale stato possa liberamente
scegliere se assicurare o meno che l'utente privato possa beneficiare di tale diritto.
Inoltre, anche se lo Stato Membro decidesse di assicurare il diritto di copia
privata, il titolare del copyright potrebbe comunque adottare “misure adeguate
riguardo il numero di riproduzioni”. È pacifico che il titolare dei diritti non possa
limitare il numero di riproduzioni al di sotto di uno, ma in tal caso, l'assistenza
dello Stato Membro ai beneficiari finirebbe per essere vana544.
Così è stato sottolineato che, nonostante sia gli USA che la UE abbiano introdotto
un sistema di eccezioni, tuttavia essi non hanno disposto un sistema efficiente nei
confronti dell'elemento centrale del copyright, e cioè di quell'aspetto che
541Per una critica alla vaga terminologia utilizzata dalla Direttiva, causa di incertezza, e che
rifletta la sua natura compromissoria, nonché gli effetti delle pressioni lobbistiche durante la
sua stesura, vedi: B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant”, op. cit., 500
542S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of
2001 – An Empty Promise”, op. cit., 74. L'autore nota come questa previsione denoti un
piccolo paradosso: dove infatti l'art 5 della direttiva prevede 23 eccezioni facoltative, il regime
dell'art 6.4 riguarda solo alcune di queste eccezioni, e sembrerebbe avere efficacia obbligatoria;
tuttavia se una delle eccezioni dell'art. 6.4 non è stata scelta da un paese all'interno della
normativa di copyright, non avrebbe senso garantire l'eccezione all'utente in caso di protezioni
tecnologiche.
La stranezza di tutto l'art. 6.4 sta quindi nel fatto che renda obbligatoria la tutela delle eccezioni
ma non la loro attuazione.
543G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 184. il requisito di un
accesso legale all'opera protetta potrebbe essere una condizione supplementare solamente nei
confronti della copia privata, e non per le altre eccezioni.
544T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, op. cit., 537
154
incoraggia l'innovazione tramite la possibilità di re-utilizzo e di utilizzi
produttivi545.
Le prospettive risultano in qualche modo allarmanti, poiché si è enfaticamente
sottolineato come in un futuro si rischierebbe la creazione di un sistema dove
l'accesso alle informazioni sia strettamente controllato in ogni sua forma, in cui
perfino il diritto d'accesso più scontato, il diritto alla lettura, venga sottoposto a
licenza546. In questa provocatoria prospettiva, il copyright digitale consente al
titolare del copyright il diritto esclusivo di autorizzare qualsiasi accesso e qualsiasi
forma di riproduzione dell'informazione protetta. Così l'estensione dello scopo del
copyright nel mondo digitale comporterebbe che tutti quegli usi non-trasformativi,
quali la lettura, lo studio e la copia privata, non sarebbero permessi senza il
consenso contrattuale del titolare dei diritti e senza la disponibilità di un codice di
apertura per i digital locks547.
Inoltre, è emersa la preoccupazione che tali misure tecnologiche non solo possano
precludere utilizzazioni non autorizzate dal titolare dei diritti, ma anche
utilizzazioni che sono legittimate dalla legge, in modo tale che venga protetto
materiale che non sarebbe protetto secondo la legge del diritto d'autore, e non solo
per quanto riguarda i sistemi di eccezioni e limitazioni548.
545T. Heide, “Copyright, Contract and the Legal Protection of Technological Measures – Not
“the Old Fashioned Way”:Providing a Rationale to the “Copyright Exceptions Interface”,
Journal of the Copyright Society of the U.S.A., Vol. 50, 2003., 6
546R. Stallman, “The Right to Read”, in Free Software Free Society: selected essays of Richard
Stallman, GNU Press, Boston, 73
547G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 11
548T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in
the Digital Age?”, op. cit., 528-530
L'autrice individua tre livelli di diminuzione del privilegio pubblico causato dai digital
locks con riguardo ad utilizzazioni generalmente permesse dal diritto d'autore: innanzitutto il
suddetto sistema di eccezioni e limitazioni al copyright; una seconda categoria deriva dal fatto
che il blocco di contenuti protetti genera il problema per cui quegli elementi che generalmente
confluiscono nel pubblico dominio, come le idee, vengono anch'essi bloccati; la terza categoria
è meno nettamente determinabile, e riguarda quei particolari privilegi dove l'uso “ordinario” e
“legale” di un opera non si basi su di una eccezione o limitazione, e venga in ogni caso
impedito dalle protezioni tecnologiche.
Un esempio di questa terza categoria risiede in un caso internazionale recente, dove il CD
del nuovo singolo di Micheal Jackson fu prodotto in maniera tale da essere ascoltabile
esclusivamente lettori di Cd regolari mentre non sui lettori CD-Rom dei computers. Nel caso di
specie la Sony usò una misura tecnologica di protezione tale da impedire agli utenti di
155
Le misure anti-aggiramento sono così il più interessante campo di battaglia
tra la tradizionale visione del copyright e il dettato della tecnologia. Lo scopo del
copyright sembrerebbe essere non più deciso da sé stesso, ma da ciò che alla
tecnologia sia possibile fare. Da un lato infatti, la definizione di MTP che è stata
fornita, si riferisce non tanto al diritto di esclusiva del titolare dei diritti, quanto
all'individuazione di ciò che il titolare dei diritti sia in grado di proteggere
attraverso queste tecnologie. Nel DMCA, le MTP sono protette contro
l'aggiramento quando sono in grado di controllare i diritti del titolare o l'accesso
all'opera.549
La Direttiva ha invece costruito la nozione di MTP controllando l'acceso in
maniera così ampia che in sostanza copre qualsiasi tecnologia. Nello stesso modo
protegge le MTP fino a che queste tutelino atti non autorizzati dal titolare (art 6.3).
La tautologia è sembrata evidente: nel momento in cui il titolare abbia deciso di
proteggere tecnicamente un determinato uso della propria opera, significa che è
intenzionato a non autorizzare tale atto. A questo punto ogni MTP è protetta dalla
direttiva.550
Per questi motivi non sono state risparmiate dure critiche a dette normative 551.
Sembra infatti che la capacità tecnologica detti lo scopo della protezione da
accordare, e che l'utilizzo di tale tecnologia sia la soluzione ad una mancanza di
una effettiva protezione del copyright.
effettuare copie. Tuttavia tale misura preveniva anche l'ordinario e legale uso del CD per
l'utente, ossia l'ascolto tramite il computer.
549S. Dussolier, Technology as an imperative for Regulating Copyright: From the Public
Exploitation to the Private Use of the Work”, op. cit, p202
550B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant”, op. cit., 500
551Vedi: J. Litman, “Digital Copyright”, Prometheus, 2006;Gasser - Girsberger, “Trasposing the
copyright Directive: Legal Protection of Technological Measures in E.U. Member States. A
Genie Stuck in the Bottle?”, Berkman Working Paper no10 – 2004;B. Hugenholtz, “Why the
Copyright Directive is Unimportant”, op. cit., 500; Matt Jackson, “Using Technology to
Circumvent the Law: The DMCA's Push to Privatize Copyright”, 23 HASTINGS COMM. &
ENT. L.J. 607, 2001, p638; ELECTRONIC FRONTIER FOUNDATION, “UNINTENTED
CONSEQUENCES:
FIVE
YEARS
UNDER
THE
DMCA”,
7-9(2003),
http://www.eff.org/IP/DMCA/unintended_consequences.pdf.; P. Samuelson, “Intellectual
Property and The Digital Economy: Why the Anti-Circumvention' Regulation Need to be
Revisited”, B. TECH. L. J., Vol. 14
156
Ogni utilizzo dell'opera, attraverso il divieto legale dell'aggiramento, entra
nell'area del controllo dei titolari. Ciò che la tecnologia è in grado di fare delimita
l'estensione che il copyright dovrebbe avere. Si è notato infatti che le MTP, che
dovrebbero essere sentite come meri complementi alla protezione del titolare,
stiano diventando le sostitute del copyright 552. La soluzione starebbe nel risolvere
il rapporto tra tecnologia e copyright, e non nel sostituire l'uno con l'altro.
Questo nuovo scopo del copyright non viene quindi limitato dalle eccezioni o dal
fair use. Sia il DMCA che la EUCD stabiliscono che le MTP prevalgono
sull'esercizio del fair use.
L'area di libertà conferita dalla legge non dovrebbe
553
essere lasciata alla discrezione dei titolari dei diritti, e sotto questo punto di vista il
sistema introdotto dall'art. 6.4 della Direttiva non è per nulla soddisfacente, nel
momento in cui non assicura agli utenti il godimento delle eccezioni. 554 Come del
resto nel DMCA, il fair use e le utilizzazioni libere, sembrerebbero relegate nel
“pre-digital Paleolithic”.555
Tuttavia, sembra che la preoccupazione per la possibile perdita del bilanciamento
del copyright , stia coinvolgendo anche i legislatori americani ed europei. Negli
USA un corpo amministrativo è stato incaricato di valutare gli effetti negativi sul
fair use prodotti dalla applicazione dei divieti del DMCA
. Parimenti è da
556
apprezzare che la Commissione Europea abbia avviato una vasta consultazione sul
futuro del copyright nella economia dell'informazione, tramite un Green Paper,
552S. Dussolier, Technology as an imperative for Regulating Copyright: From the Public
Exploitation to the Private Use of the Work”, op. cit, p203
553Ibid
554Geiger, Macrez, Bouviel, Carre, Hassler and Schmidt-Szalewski, “A Comment on the
European Commission's Green Paper 'Copyright in the knowledge Economy'”, IIC, 2009, 412
ss
555J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”,
237ss.
55617 USC §1201 (a) ( c). In effetti sono già state effettuate due valutazioni. Vedi Copyright
Office, “Exemption to Prohibition on Circumvention of Copyright Protection System for
Access Control Technologies”, October, 2000, Library of Congress; questo primo studio
tuttavia sosteneva che il controllo sull'accesso avrebbe portato a un miglioramento poiché gli
autori avrebbero pubblicato opere ritenute più “vulnerabili”, prima tenute nascoste.
ww.copyright.gov/fedreg/2000/65fr64555.pdf; Federal Register, vol 65, October, 2000 e 2003,
Rules and Negotiations, 64556 Library of Congress
157
con l'obbiettivo di raccogliere i diversi punti di vista delle parti interessate557.
557Press release of the European Commission, IP/08/1156
158
CAPITOLO III
Peer to Peer - File Sharing
3.1 Definizione e struttura del sistema: lo scambio tra “pari”.
La struttura decentralizzata di Internet, come si è già osservato, ha fortemente
sviluppato la capacità dell'utente di disseminare le opere creative. Il problema
della copia privata, in questo nuovo scenario, presenta importanti implicazioni,
non solo per quanto riguarda la legittima, o meno, condivisione all'interno della
cerchia familiare, o comunque privata, della persona-utente, ma sopratutto per
quanto riguarda l'utilizzo in larga scala dei sistemi di peer-to-peer - file sharing.558
Attraverso questo sistema infatti, si è sviluppata la capacità diffusiva delle reti
telematiche, che ha determinato l'esponenziale attitudine lesiva delle pratiche di
riproduzione domestica559.
Il sistema di peer to peer (p2p)- file sharing, concerne il fenomeno di formazione
di reti di computers, allo scopo di permettere il trasferimento di dati; tale
tecnologia consente, infatti, la condivisione di files tra utenti di una certa rete,
558U.Gasser – S. Ernst, EUCD Best Practice Guide:“Implementing the EU Copyright Directive
in the Digital Age”,Berkman Center Research Publication No. 2006-10 2006, 11-12
559G. Mari., “Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale
“agevolatore” dei “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p”, IDA, 2008, n 2,
103
159
permessa da un software, che l'utente scarica sul proprio computer 560, ed è subito
diventata la modalità più diffusa per il reciproco scambio di materiale audiovisivo,
attraverso un server che collega i computers sui quali è installato detto software.
Ogni computer, o “nodo”561, viene chiamato “client”562 se richiede le informazioni,
mentre viene chiamato “server”563 se risponde a tali richieste; “peer” se compie
entrambe le attività.564
Quando un nodo funge da server, fornisce un flusso di dati iniziali, il quale poi
viene condiviso da altri utenti, che a loro volta, lo ridistribuiscono tra altri utenti,
realizzando una catena completa di comunicazione p2p, che si auto sostiene,
indipendentemente dal numero di utenti; il server stesso, poi, dopo aver fornito il
flusso iniziale, e messo gli utenti tra loro in comunicazione, si disinteressa della
catena.565
560M. Daly, “Life after Grokster: Analysis of US and European Approaches to File-Sharing”,
E.I.P.R., 2007, 319
561Nell'ambito informatico, per “nodo”. si intende un punto o un terminale della rete, e cioè
qualsiasi dispositivo che è connesso come parte di una rete, come un computer o un telefono
cellulare, che è in grado di creare, ricevere o trasmettere informazioni. (Enciclopedia
Microsoft Encarta Premium 2009)
562Per “client” (cliente) si intende una componente che accede ai servizi o alle risorse di un'altra
componente, ossia del server. Il concetto di client può variare con riferimento all'hardware
ovvero al software. Un computer collegato ad un server, tramite una rete informatica al quale
richiede uno o più servizi utilizzando uno o più protocolli di rete, è un esempio di client
hardware, mentre un programma di posta elettronica è un esempio di client software. Cfr: G.
Mari, “Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale “agevolatore”
dei “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p”, op. cit., 106
563Per “server” (servente) si intende una componente informatica che fornisce servizi ad altre
componenti (client) attraverso una rete. Il termine può anche riferirsi sia agli hardware che ai
Software, nel qual caso indica un processo che fornisca servizi ad altri processi.
Nelle reti p2p, quando il nodo funge da server, svolge una funzione di indice e di
sincronizzatore dei vari utilizzatori che condividono la banda.
Cfr: G. Mari, Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale
“agevolatore” dei “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p”, op. cit., 106
564Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, NBER's Innovation
Policy and the Economy series, volume 10. ed. Joushua Lerner and Scott Stern. MIT Press.
2009, 6-7
565G. Mari, “Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale
“agevolatore” del “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p” op. cit., 107
160
L'utente, in questo sistema, può accettare se condividere alcuni files, ed il
softwaregli permette a sua volta di ricercare varie categorie di files, selezionati
attraverso un indexing system. A questo punto l'utente è in grado di accedere ai
files rintracciati, scaricandoli da un altro computer della rete; il software peraltro
consentirà la loro conservazione all'interno del hardisk566.
Pertanto, questo sistema ha permesso lo sviluppo, in larga scala, della capacità
dell'utente di effettuare copie identiche delle opere protette., senza autorizzazione
nè costo alcuno; il problema del p2p, agli occhi dei titolari dei diritti sulle opere
creative, sta nel fatto che rappresenta una “super macchinario da copia”, che
permette a migliaia di potenziali consumatori di scambiarsi copie identiche di
materiale protetto reciprocamente, mettendo in crisi i classici modelli di
distribuzione567.
Il termine peer to peer (letteralmente, “da pari a pari”), fa riferimento proprio alla
struttura della rete stessa, poiché lo scambio avviene direttamente tra due utenti
(peers) allo stesso livello organizzativo della rete, funzionando al tempo stesso da
client e da server.568 Questa caratteristica strutturale, tecnologicamente
originalissima, avrà una rilevanza centrale in ambito processuale, nell'ordine della
individuazione della responsabilità indiretta del server, fornitore del servizio.
Dal punto di vista dell'utente, la rete p2p permette ricerche rapide, ed un accesso
566M. L. Montagnani, “Dal Peer-to-Peer ai sistemi di Digital Rights Management: Primi Appunti
sul Melting Pot della Distribuzione Online”, IDA, 2007, 8
567W. E. Steinmueller, “Peer to Peer Media File Sharing: From Copyright Crisis to Market?”,
Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a
cura di Eli M. Noam e L.M. Pupillo, Springer, 2008, 20ss
568L. A. Heymann, “Inducement as Contributory Copyright infringement: Metr-Goldwyn-Mayer
Studios Inc. v. Grokster, Ltd.”, IIC, 2006, 33
161
ampio e veloce ai contenuti.
Dal punto di vista dei titolari delle opere, invece, questo sistema è sentito come
una forte minaccia, in quanto non esiste alcun controllo sul traffico di queste reti
e, in tale maniera, è permessa la condivisione di materiale protetto senza
limitazioni, né remunerazione per gli autori.569
Sebbene la maggior parte del materiale condiviso in questi sistemi, specialmente
all'inizio della loro diffusione, riguarda files musicali protetti da copyright, questa
tecnologia non distingue le tipologie di files trasmessi, protetti o non protetti, e
può essere utilizzata per condividere documenti di testo, file video, o applicazioni
multimediali come i software570.
Data la sua rapida diffusione, la tecnologia di p2p ha permesso in sostanza
l'incontro tra il digitale e la rete, facendo sì che l'utente diventi in qualche modo
concorrente del soggetto che svolge tradizionalmente la funzione di intermediario
del mercato tra autori e consumatori.571
3.2 Diffusione e modelli di P2p - file sharing systems: la prima
generazione di software P2p, e il caso Napster.
Le ragioni della rapida diffusione di questa tecnologia sono facilmente
determinabili.
569Ibid
570Ibid
571M. L. Montagnani, “Dal Peer-to-Peer ai sistemi di Digital Rights Management: Primi Appunti
sul Melting Pot della Distribuzione Online”, op. cit., 10-12
162
I sistemi di p2p-file sharing, essenzialmente, permettono di soddisfare la domanda
di prodotti dell'entertaiment, e non solo, in modo efficiente (anche senza
considerare la gratuità dell'accesso ai medesimi). Infatti, la tecnologia utilizzata
permette di reperire un numero di opere vastissimo, ed allo stesso tempo di
effettuare il download dei files in tempi piuttosto brevi.
Per spiegare le ragioni della sua diffusione, occorre notare come l'industria
musicale, all'epoca, non aveva diffuso alcun sistema di distribuzione online
alternativo, sufficientemente originale da poter competere con i sistemi p2p.
Nel periodo della nascita delle reti p2p, non c'erano infatti molte opere musicali
disponibili online, e quelle accessibili erano protette dai DRM, che limitavano
fortemente le possibilità di utilizzo degli utenti, per quanto riguarda il tempo, la
durata o la possibilità di selezione. Era evidente che l'industria discografica, che si
era affacciata sul mercato della distribuzione digitale musicale da poco tempo, era
particolarmente vulnerabile rispetto alla concorrenza diretta di canali di
distribuzione alternativi.572
Nello stesso tempo, le tecnologie di criptazione dei contenuti utilizzate
dall'industria musicale, vennero velocemente aggirate e si diffusero, tramite le reti
p2p, gli stessi programmi che permettevano tali elusioni.573
*****
La rivoluzione del p2p file-sharing ebbe inizio nel giugno del 1999, quando un
572P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”,
IDA, 2001, 39
573I. Hering, “Turning piracy into profit”, Managing Intellectual Property, novembre 2003, n 134,
12
163
giovane studente della Boston Northeastern University, Shawn Fanning, inventò
Napster.
Inizialmente questo programma permetteva ai giovani studenti di scambiare
musica con i loro compagni di stanza, rendendo più facile la ricerca dei file Mp3
su Internet.574 Prima dell'avvento di Napster, infatti, gli utenti potevano reperire
files musicali solo tramite motori di ricerca, oppure attraverso il download da siti
web. La ricerca dei files era difficile perchè gli indici della musica disponibile sul
la rete erano spesso vetusti, e non aggiornati. Non c'era una piattaforma efficiente
per reperire le opere musicali.575 La novità di Napster consisteva nel mantenere
un indice centrale dinamico, aggiornato automaticamente all'accesso di ogni
utente, che conteneva tutti i files disponibili576.
Tuttavia Napster non era semplicemente un sistema di distribuzione per amici e
familiari. Grazie alla sua interfaccia amichevole, ed all'offerta illimitata di musica,
il servizio raccolse più di trenta milioni di utenti nel primo anno 577, già duplicati
all'inizio del 2001578. Pertanto, con l'aumentare degli utenti, cresceva
574P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”,
op. cit, 35
575P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”,
op. cit., 35
L'autore sottolinea come, nonostante dopo la scoperta del formato Mp3, ad opera di
Leonardo Chiariglione, la trasmissione dei files musicali di buona qualità divenne agevole, il
vero problema per i fruitori di Internet era trovare e localizzare, in tempi brevi, i files desiderati
all'interno del cyberspazio. Il processo di ricerca, prima di Napster, era lungo e noioso, e si
basava essenzialmente sui motori di ricerca quali Yahoo o Altavista, con i quali si otteneva una
lista di siti Internet, che si supponeva contenessero i file desiderati. Quindi occorreva visitare
singolarmente i siti per verificare se effettivamente contenevano una copia prelevabile. Spesso
infatti accadeva che il collegamento indicato dal motore di ricerca non fosse più valido, perchè
chiuso o temporaneamente offline. La condivisione tra utenti invece poteva avvenire solo
tramite le E-mail.
576Ibid
577Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit., 7
578Catherine Lee, “P2P Technology on Trial Again: The Grokster and StreamCast Cases”, Media
& Arts Law Review, n.8, 2003, 250 ss
164
esponenzialmente il numero di Mp3 disponibili e, se alla fine del 1999 erano
accessibili dai 60.000 ai 100.000 Mp3, a seconda degli utenti connessi, nell'estate
del 2000 il numero superò velocemente il milione.579
Ci si riferisce a Napster come alla prima generazione dei sistemi p2p, le cui
tecnologie si sono sviluppate e tradotte, col tempo, in tre diverse tipologie 580.
Napster, basa la propria tecnologia su di una struttura centralizzata581, che
mantiene una lista dei files disponibili sui propri server, ed usa questa lista
coordinandosi
ad un meccanismo di ricerca-risposta582 nel processo di
distribuzione del file.583
Dal momento che migliaia di opere protette venivano disseminate senza
autorizzazione sulla rete di Napster, un gruppo di diciotto società dell'industria
discografica americana, insieme ad alcuni editori, e con l'assistenza della RIAA
(Recording Industry Association of America), esperirono un'azione contro la
neonata compagnia, accusandola di concorso nella violazione
del copyright,
avanti la Corte Distrettuale della California del nord584.
579P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”,
op. cit., 37
580O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the Ec Personal Data Directive”, International Journal of Law and Information Technology,
Vol. 16 No.3, Oxford University Press, 2007, 272-274
581Siu Man Lui and Sai Ho Kwok, “Interoperability of Peer-To-Peer File Sharing Protocols”,
ACM SIGecom Exchanges, Vol. 3, No. 3, August 2002, 25-33
582Il meccanismo di ricerca-risposta consiste nella modalità con cui il computer dell'utente si
connette al database centrale presso il sito di Napster, che immagazzina i titoli dei file Mp3
presenti negli hard disk dei computer degli utenti connessi, e gli indirizzi Internet di ciascun
utente. La lista che viene fornita in pochi secondi, contiene l'indicazione degli altri utenti che
offrono il titolo ricercato, le diverse qualità di suono disponibili (bitrates), la lunghezza del file,
la velocità di trasmissione di ciascun utente. Il richiedente specifica quindi da quale host vuole
prelevare il file Mp3 e viene inviato un messaggio da Napster all'host selezionato che assume il
ruolo di server, e inizia il trasferimento del file direttamente all'utente. Cfr: P. Balsamo,
“Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit., 37
583P. Ganley, “Surviving Grokster: Innovation and the future of Peer to Peer”, E.I.P.R., 2006, 15
584G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139
165
Citare in giudizio milioni di utenti per le loro singole violazioni dirette, dovute
alla condivisione non autorizzata di opere protette, sarebbe risultato troppo
costoso, e praticamente irrealizzabile;585 pertanto, nel caso Napster (e così anche
nella maggioranza dei grandi casi di p2p americani), le accuse
colpirono e
censurarono esclusivamente la responsabilità indiretta di chi aveva fornito la
tecnologia p2p.586
Secondo la disciplina di common law statunitense, la responsabilità indiretta per le
violazioni del copyright si articola in tre categorie: la cd contributory liability587,
la cd vicarious liability588 e la cd theory of inducement589. Occorre
tuttavia
osservare che il DMCA prevede un'eccezione alla responsabilità per gli Internet
Service Providers , quando colleghino utenti con siti online tramite indici, links,
riferimenti e collegamenti ipertestuali, senza avere i mezzi tecnici idonei a
riconoscere le infrazioni.590
585J.A. Sifferd, “The Peer-to-Peer Revolution: A Post-Napster Analysis of the Rapidly
Developing File-Sharing Technology”, 4 Vand. J. Ent. L. & Prac. 92, 2002, 94-95. L'autore
sottolinea che, nei casi in cui un ampio numero di soggetti infranga direttamente la legge, e
solo un numero minimo ne sia responsabile indirettamente, perseguire questi ultimi sia una
strategia più efficiente. Infatti chi compie l'infrazione direttamente, spesso è un individuo privo
di risorse economiche, mentre generalmente, chi risponde indirettamente, come Napster nel
caso in questione, è spesso una società che dispone di ampi ricavi. Si ritorna, in sostanza, a
quella situazione, analizzata con riferimento alla nascita della disciplina privata, ove era
impossibile perseguire le violazioni domestiche degli utenti.
586G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139
587Contributory infringement si ha quando intenzionalmente si induce a violare un diritto o si
incoraggia la violazione di un diritto. Cfr: Fabiani, “il caso M.G.M. Contro Grokster. Ovvero la
responsabilità per l'altrui indebito utilizzo di opere protette”, IDA, 2006, 14-16
588Vicarious Infringement si ha quando si profitta di una violazione altrui senza esercitare una
doverosa attività di controllo per evitare l'azione lesiva. M. Fabiani, “il caso M.G.M. Contro
Grokster. Ovvero la responsabilità per l'altrui indebito utilizzo di opere protette”,op. cit., 15
589La Inducement Theory postula che, quando un soggetto agisca con l'intento di spronare una
violazione, è responsabile delle conseguenze che risultino dall'atto illegittimo del terzo. Cfr: G.
Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 153
590Il DMCA richiede che non si posseggano i requisiti idonei per riconoscere l'infrazione, che non
ci siano vantaggi economici diretti e richiede comunque la rimozione istantanea dei riferimenti
illegali, in caso di notifica dell'illecito.
166
Dal momento che Napster facilitava la realizzazione di copie private, all'interno
del processo in cui fu coinvolto, si pose la questione se Napster fosse
responsabile per le violazioni del copyright, oppure se la sua condotta, e quella
dei suoi utenti, potesse essere giustificata dalla dottrina del fair use591. Napster
non immagazzinava i files sui suoi server, né effettuava direttamente la
distribuzione delle copie da un utente all'altro. L'accusa controi Napster si fondava
sulla responsabilità derivante dalla violazione iniziale dei suoi utenti, dopo che la
Corte Distrettuale aveva ritenuto che la loro condotta non poteva essere protetta
dalla fair use doctrine.592
La Corte di Appello approfondì tale considerazione, e qualificò l'uso degli utenti
come “commerciale”, poiché “gli utenti di Napster ottenevano gratuitamente
qualcosa che avrebbero dovuto pagare”, ma sopratutto perchè la riproduzione
effettuata in larga scala, e sistematicamente, aveva effetti competitivi nei confronti
dei titolari dei diritti sulle opere593.
La normativa è tuttavia generica circa il contenuto della conoscenza della condotta illecita.
Da un lato infatti, un service provider non ha nessun obbligo di attivarsi per ricercare le
violazioni dei suoi utenti, ed infatti lo stesso titolo II del DMCA non richiede ai providers di
monitorare i propri servizi. Pertanto, la protezione continua ad operare se il provider ha la
consapevolezza della presenza di materiale sospetto, ma non manifestamente illecito. La
limitazione non opera solo qualora il provider ignori colpevolmente i segnali di violazioni
manifeste, le cd red flags. Cfr: P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione
del copyright: il caso napster”, op. cit., 44
591M. Fabiani, “il caso M.G.M. Contro Grokster. Ovvero la responsabilità per l'altrui indebito
utilizzo di opere protette”, op. cit., 14-16
592R. Swope, “Peer-to-Peer File Sharing and Copyright Infringement: Danger Ahead for
Individuals Sharing Files on the Internet”, 44 Santa Clara L. Rev., 2004, 874
593Contro la tesi espressa in, 114 F. Supp. 2 nd at at 912 Cf. Sony Copr. Of America v. Universal
City Studios, 464 U.S. 417, 496 1984, il giudice Blackmun: “copying for pesonal enjoyment is
no more non commercial than is shoplifting”.
La Corte considerò che la commercialità dell'utilizzo fosse dipendente dal concetto di
sfruttamento. Era dubbio se il semplice ottenimento di una copia dell'opera comportasse o
meno tale sfruttamento. Tuttavia se tale sfruttamento implica una ulteriore distribuzione, allora
la condotta degli utenti di Napster, che non scaricano semplicemente per sé stessi ma con
l'intento di condividere, può essere caratterizzata come commerciale; non solo, ma la Corte
167
Napster rappresentava una minaccia in quanto privava i titolari del copyright del
diritto di sviluppare mercati alternativi per l'opera.
La Corte di conseguenza considerò Napster responsabile poiché facilitava le
violazioni degli utenti attraverso l'uso del software, e dei suoi meccanismi di
condivisione594.
Napster fu sconfitto facilmente perchè ogni utente doveva connettersi ad un
computer centrale, che poi svolgeva le operazioni necessarie per connettere gli
utenti e condividere le canzoni595. Proprio la centralizzazione della sua struttura
portò la Corte d'Appello a concludere che Napster contribuiva consapevolmente
alle attività illegali, di cui beneficiava finanziariamente, perpetrate dai suoi utenti,
che erano in suo controllo596. Per questo motivo, Napster fu obbligato a rimuovere
l'accesso ai contenuti non permessi, inseriti nella lista dei suoi server, dovendo in
alternativa rimettere le sue responsabilità sub judice; così alla fine, il servizio di
Napster ,e di altri simili software , si esaurì597.
La difesa, nel processo, si appellò alla Betamax doctrine, dal momento che
il
materiale condiviso sul network di Napster non era esclusivamente quello
protetto, e che quindi la struttura stessa del servizio era capace di utilizzi
continuò ad insistere sulla natura continuativa e ripetuta di tale sfruttamento, che indicava un
sistematico rifiuto dell'acquisto.
594D. J. Gervais “THE PRICE OF SOCIAL NORMS: TOWARDS A LIABILITY REGIME FOR
FILE-SHARING”, 12 Journal of Intellectual Property Law, Fall, 2004, 41
595S. Monkman, “Corporate erosion of Fair Use: Global copyright Law Regarding File Sharing”,
6 Asper Rev. Of International Business and Trade Law, 2006, 268
596L. A. Heymann, “Inducement as Contributory Copyright infringement: Metr-Goldwyn-Mayer
Studios Inc. v. Grokster, Ltd.”, op. cit., 32
597O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the Ec Personal Data Directive”, op cit, 272
168
legittimi.598
La Corte Distrettuale determinò che la percentuale di utilizzi legittimi era minima
(circa l'87% della musica condivisa era coperta da copyright 599), e che Napster,
inoltre, fosse a conoscenza del fatto che il materiale fosse copiato e distribuito
dagli utenti senza autorizzazione600.
Per questo motivo la Corte rigettò il tentativo di Napster di dimostrare che il
servizio fosse capace di utilizzi legittimi significativi 601. La Corte d'Appello criticò
invece questo orientamento poiché esclusivamente legato all'utilizzo che in quel
dato momento facevano gli utenti del servizio, senza invece valutare quali fossero
le effettive capacità del sistema, e nondimeno perchè elevava ad accusa il livello
di conoscenza delle attività illegittime che Napster doveva avere, sull'assunto che
la tecnologia p2p poteva essere usata esclusivamente per violare il copyright.602
Invero la consapevolezza dell'ipotesi di uso illegittimo della tecnologia non
doveva essere
rilevante sotto il profilo della responsabilità, poiché, secondo
l'analisi “Betamax”, tale tecnologia poteva conseguire usi legittimi in futuro, posto
che Napster condivideva solo files musicali, ed invece un suo sviluppo avrebbe
potuto portare alla condivisione di molteplici categorie di opere603.
598F. Von Lohmann, “What Peer-toPeer Developers Need to Know about Copyright Law”,
Eletronic frontier Foundation, 2006, 6
599P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso Napster”,
op. cit., 51
600J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, Part I, RIDA, 2003/1, 161 ss
601G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154
La Corte Distrettuale ordinò così a Napster di assicurarsi che, sulle sue reti, non venissero più
scaricati e condivisi brani senza il permesso dei soggetti attori. Così Napster fu obbligato a
sviluppare una nuova serie di misure tecniche per cambiare il proprio sistema strutturale.
602Ibid
603F. Von Lohmann, “What Peer-toPeer Developers Need to Know about Copyright Law”, op, cit,
7
169
Ma questo solo in un'ottica astratta.
La struttura è una cosa, l'uso specifico che ne viene fatto è un'altra cosa.
Così la Corte d'Appello, nonostante le divergenze con la Corte distrettuale,
pervenne alla medesima conclusione, poiché Napster deteneva una conoscenza
attuale dello specifico materiale illecito, disponibile sul suo sistema 604. Ciò non
involgeva necessariamente responsabilità per aver creato e diffuso il servizio,
nonostante la sua attitudine alla condivisione dei files; tuttavia, se il titolare del
copyright identificava dei files non autorizzati e ne avvertiva il fornitore del
servizio, questi avrebbe dovuto disabilitarli, oppure affrontare le conseguenze di
un processo ove l'utente venisse ritenuto colpevole605.
Più riceve denunce da parte dei titolari dei diritti sulle opere, più il sistema
diventa vulnerabile606.
Il servizio doveva trovare un mezzo per impedire l'uso illegittimo o imporvi una
licenza, in modo da ridurre i danni di mercato patiti dai titolari dei diritti sulle
opere.
Venne così generalizzato l'approccio cd “notice and take down”607, per cui, se un
Internet Service Provider,viene avvisato delle violazioni che si compiono sulla sua
604G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154
605J.. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, op. cit, 161 ss
606Ibid
607J. Ginsburg, “Copyright Use and Excuse on the Internet”, Columbia - VLA Journal of Law &
the Arts, Vol. 24, Fall 2000, 36
La Corte d'Appello faceva riferimento al precedente Religious Technology Center v. Netcom
On-line communication Services, Inc., (907 F. Supp. 1391 N.D. Cal 1995) dove Il Distretto
della California del Nord stabilì che la responsabilità di un Online Service Provider dipende
dalla distrazione che il servizio abbia un'attuale conoscenza degli specifici atti in violazione
della legge che avvengono sulla sua rete.
170
rete, deve eliminare il materiale illegittimo dal suo sistema, divenendo altrimenti
indirettamente responsabile delle violazioni608.
Pertanto la Betamax doctrine non poteva soccorrere nella specie per giustificare
gli usi illegittimi, ancorati a potenziali usi legittimi. .
Nel caso dei videoregistratori Betamax, la tecnologia era a sè stante, nel senso che
il produttore non poteva indagare su come l'utente utilizzasse il dispositivo, nè
tantomeno impedirglielo.
Qui, invece, la tecnologia del servizio era in grado di monitorare gli utenti, e
potenzialmente avrebbe potuto svilupparsi in modo da isolare usi legittimi da usi
illegittimi. Ove non fosse stata in grado di distinguerli, non ci sarebbe stata
responsabilità609.
Il sistema centralizzato comunque permetteva il controllo degli utenti sui dati
consultati per trovare le copie dei files da scaricare610.
Napster venne quindi ritenuto responsabile in concorso con gli utenti perchè,
fornendo il programma di p2p-file sharing: i) aveva permesso l'accesso all'indice
centralizzato dei file; ii) aveva fornito i mezzi per violare il copyright musicale;
iii) era a conoscenza delle specifiche violazioni che il suo sistema permetteva ,
siccome
destinatario di una serie di denunce sulla presenza di materiale
illegittimamente condiviso sul proprio network. Era inoltre indirettamente
responsabile perchè riceveva dei benefici finanziari,dal momento chela possibilità
608G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154
609J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, op. cit, 175 ss
610J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, Part II, RIDA, 2003/2, 95ss
171
fornita dal server, ai suoi utilizzatori, di fare copie illegittime, attraeva un gran
numero di nuovi utenti611. Inoltre tale sistema, avrebbe avuto anche la capacità di
controllare le attività degli utenti, imponendo condizioni limitative a carico di chi
fosse stato sorpreso a commettere attività illecite.612
3.2.2 La Seconda Generazione di software P2p, e il caso Grokster
Qualche anno più tardi il caso americano Metr-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v.
Grokster, Ltd613 portò alla luce l'esistenza di una seconda generazione di sistemi
p2p, che era stata sviluppata da due principali networks p2p-file sharing:
Grokster, distribuito dalla Grokster Ltd., che utilizza la tecnologia “FastTrack” 614;
Morpheus, distribuito dalla StreamCast Networks Inc., che utilizza una tecnologia
simile, chiamata “Gnutella”.615
I sistemi Grokster e Morpheus facilitano il processo di richiesta di un certo file
nella rete degli utenti che utilizzano lo stesso software e, dopo aver fornito i
risultati al computer richiedente, iniziano il trasferimento diretto del file da un
611Ibid
612Pa. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”,
op. cit., 37
613MGM Studios, Inc. v. Grokster, Ltd. 545 U.S. 913 (2005)
614All'interno della rete Fast Track, la richiesta dell'utente giunge ad un computer, ove il software
permette di creare indici, che viene scelto come “supernodo”, Si tratta di computers con una
potenza simile ed in grado di collezionare indici temporanei dei files disponibili sui computers
degli utenti che sono ad essi connessi. Il supernodo cerca nel proprio indice la richiesta di
ricerca, e la comunica ad un altro supernodo. Se il file viene trovato, il supernodo comunica la
sua posizione al computer interessato, e l'utente può scaricare il file direttamente dal computer
che è stato individuato. Il file così scaricato è inserito in una cartella condivisa del pc
dell'utente, dove rimane disponibile per altri utenti, assieme a tutti gli altri files presenti in quel
percorso. (Metr-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545 US 913, Justice Souter)
615O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the Ec Personal Data Directive”, op cit, 273
172
computer all'altro, usando i protocolli “FastTrack” o “Gnutella”.616
Tali protocolli rendono la rete decentralizzata, nel senso che una volta che il
software p2p viene scaricato dal sito del distributore, la funzione “ricerca-rispostatrasmissione”, avviene senza l'intervento del distributore stesso.617 I sistemi basati
sulla tecnologia Fast Track o Gnutella, vengono spesso indicati come architetture
di reti p2p “pure”.618
I files scaricati dall'utente vengono quindi inseriti in una cartella, il cui contenuto
è condiviso sulla rete dal software p2p. Così, ogni volta che l'utente accede alla
rete per lo scaricamento dei files, contestualmente permette l'upload dei files. Se i
files scaricati sono protetti dal copyright, l'utente non solo effettua illegalmente
delle copie, ma altresì comunica al pubblico le stesse opere in un atto unico.619
Il problema della responsabilità del servizio p2p, emersa nel caso Napster, venne
così elusa: la seconda generazione di p2p è stata infatti realizzata in modo tale da
disperdere, anziché centralizzare, le informazioni di identificazione dei files, così
da evitare il mantenimento del controllo sugli utenti.620
Pertanto le accuse contro Grokster e Morpheus furono, nel 2003, respinte.
In questi sistemi le informazioni sull'indicizzazione dei files sono distribuite sui
supernodi. I possessori dei computers, utilizzati come supernodi, non hanno
616Paul Ganley, “Surviving Grokster: Innovation and the future of Peer to Peer”, op. cit., 15
617Ibid
618Siu Man Lui and Sai Ho Kwok, “Interoperability of Peer-To-Peer File Sharing Protocols”, op.
ci., 29-33
619O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the Ec Personal Data Directive”, op cit, 273
620J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus
Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, Texas Review of
Entertaiment & Sports Law, Vol. 10 N., Spring 2009, 155ss
173
necessariamente contezza di siffatto utilizzo dei loro computers ; in effetti le
informazioni sulle posizioni dei files desiderati possono passare attraverso
computers sparsi per il mondo.621
Quando vennero citati da Metro-Goldwyn Studios, nell'ottobre 2001, la prova
dell'alto livello di decentralizzazione di questi servizi fu determinante per le Corti
sotto il profilo della valutazione della responsabilità; nonostante la condotta degli
utenti fu ritenuta illegittima, venne escluso che Grokster e Morpheus potessero
controllare le violazioni perpetrate attraverso l'utilizzo dei loro sistemi. 622 Per
escludere il concorso di responsabilità, la Corte argomentò che, pur qualora i
convenuti avessero ricevuti richiami dai titolari dei copyright sugli specifici files
disponibili sui loro sistemi, i convenuti, diversamente da Napster, non avrebbero
potuto semplicemente rimuovere i files dalle liste, poiché gli indici non erano
contenuti in nessuno dei loro computers, in quanto distribuiti sui “nodi” sparsi per
Internet623.
Secondo le Corti, il concorso di responsabilità implica che le parti debbano aver
facilitato la violazione, non solo conoscendo gli specifici atti che l'hanno
permessa, ma anche disponendo della possibilità di prevenire questi atti.
Così vennero espressi dubbi circa il fatto che Grokster e Morpheus apportassero
un concreto e idoneo contributo
al compimento delle violazioni da parte degli
utenti. Napster aveva predisposto il sito, nonchè la struttura, per la violazione,
621J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, Part II, op. cit., 83 ss
622Ibid
623C. B. Vincent, “Bittorrent, Grokster, and Why Entertainment and Internet Lawyers Need to
Prepare for the Fair Use Argument for Downloading Television Shows”, Journal of Internet
Law, Vol. 10, No. 11, May 2007, 8
174
poiché il sistema costituiva una rete chiusa.
Grokster, viceversa, secondo la Corte, aveva costruito un sistema dinamico e
variabile con l'utilizzo di supernodi, ove l'attività della rete si compie
indipendentemente da Grokster. Napster aveva un singolo supernodo; nel caso di
Grokster le informazioni non circolano sui suoi computers
624.
Sotto il profilo della responsabilità indiretta, invece, le Corti ritennero che il
primo fattore di tale responsabilità, il beneficio diretto derivante dall'attività
illecita, fosse presente nel caso.
Tuttavia le Corti sostennero che le stesse ragioni per cui Grokster e Morpheus
non dovessero rispondere per l'assenza di richiami delle violazioni, li privavano
anche del necessario diritto, e possibilità, di controllare le attività degli utenti. La
circostanza che l'individuazione e la connessione tra gli utenti avvenisse
indipendentemente dal fatto dei due fornitori dei servizi625, implicava che
l'approccio “notice and take down”, sviluppato in Napster, non potesse applicarsi
alla tecnologia Fast Track.626
Così le Corti esclusero la responsabilità di Grokster e Morpheus per aver scelto di
creare un sistema nel quale non avessero il controllo sul traffico della propria rete,
e rigettarono le domande.
6242003 U.S. Dist LEXIS 6994 *8-9, 22-25, 31-33, 48-49
625C. Lee, “P2P Technology on Trial Again: The Grokster and StreamCast Cases”, Media & Arts
Law Review, op. cit., 253
Il giudice Wilson notò come né Grokster né StreamCast facilitassero lo scambio di files come
invece faceva Napster: se infatti Napster chiudeva, spegnendo i propri server, la rete di file
sharing spariva con lui; gli utenti connessi a Grokster e a Morpheus invece, selezionano i file,
effettuano e ricevono ricerche, e scaricano files, senza il coinvolgimento materiale dei sistemi.
Se infatti entrambi avessero disattivato tutti i computers sotto il loro controllo, gli utenti della
rete avrebbero continuato a scaricare e condividere i files.
626G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154
175
Degne di nota sono le differenze emerse anche rispetto al caso Betamax. Mentre
il videoregistratore permetteva il time shifting, che le Corti ritennero legale, come
suo primo utilizzo , i sistemi al pari di Grokster e Morpheus, mentre astrattamente
permettevano la condivisione autorizzata di files, o la copia di materiali non
protetti, apparvero essere usati in realtà per copiare per lo più musica e film
protetti.
Tuttavia, influenzate dalla decisione della Corte d'Appello nel caso Napster, che
restrinse la propria analisi agli usi potenziali legittimi che potevano essere fatti del
software, i giudici nel caso Grokster tralasciarono l'analisi dell'uso effettivo del
sistema compiuto sino al momento del processo.627
Per quanto poi la Corte d'Appello confermasse la sentenza di primo grado, la
Corte Suprema, nel giugno 2005, individuò nel caso gli elementi per riconoscere
una responsabilità secondaria, secondo la teoria del contributory628 e del
vicarious629 infringement.
La Corte in particolare sottolineò la coesistenza di tre elementi determinanti:
l'utilizzazione di una nota fonte di violazione, ovvero il mercato dei precedenti
clienti di Napster630; l'assenza di tentativi di applicare sistemi per diminuire
627J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, Part II, op. cit, 90 ss
628La Corte Suprema ritenne che “one infringes contrubutorily by intentionally inducing or
encouraging direct infringement...”Metro-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545
U.S. 913, 125S. Ct. 2764, 2776 (2005).
629“...and infringes vircariously by profiting from direct infringement while declining to exercise
a right to stop or limit it”. Metro-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545 U.S. 913,
125 S. Ct. 2764, 2776 (2005).
630MGM Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545 U.S. 913, 924-5 (2005) (affermando che parte della
tecnologia StreamCast era stata pensata “to leverage Napster’s 50 million user base.”)
Alcuni memoranda interni della StreamCast, rivelavano che il loro software fosse in parte
disegnato per catturare a sé il maggior numero possibile di utenti di Napster, una volta che la
ormai aspettata chiusura del sito fosse avvenuta.
176
l'attività illecita nell'uso del software, a riprova dell'intento di facilitarne le
violazioni; la sussistenza di
benefici economici,
con la vendita di spazi
pubblicitari: più aumentava l'uso del software, maggiori erano gli incassi per la
pubblicità.631
La Corte Suprema stabilì che non c'era alcun bisogno di rivisitare il precedente
della decisione Sony – Betamax, allo scopo di valutare la responsabilità indiretta
di Grokster.632
Nel caso Betamax, la Corte Suprema aveva considerato la responsabilità
potenziale di Sony, parte convenuta, che vendeva un dispositivo
utilizzabile
illegalmente per copiare del materiale protetto, per quanto la vendita di tale
prodotto non comportasse necessariamente un concorso di responsabilità ove il
prodotto fosse usato per scopi legittimi. Veniva quindi
ritenuta sufficiente , e
scriminante, la capacità di usi legittimi consistenti633.
La Corte Suprema, nel caso Grokster, viceversa, sottolineò che la Corte d'Appello
avesse errato nell'interpretare in maniera troppo estensiva
siffatta dottrina,
secondo la quale, pertanto, il distributore di una tecnologia a doppio uso, come il
sistema p2p di Grokster, non avrebbe dovuto rispondere della violazione del terzo,
pur in presenza della prova che il vero scopo fosse proprio il permettere tale
Grokster, peraltro, appose un codice ai propri siti, in modo che apparissero quando gli utenti
ricercassero il termine Napster.
Vedi Jamie Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How
Modus Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit
631M. Fabiani, “il caso M.G.M. Contro Grokster. Ovvero la responsabilità per l'altrui indebito
utilizzo di opere protette”, op. cit., 157ss
632G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 157
633Sony Corp. of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417 (1984)
177
violazione.634
In questo modo, la Corte Suprema stabilì che la Betamax doctrine forniva una
teoria della responsabilità, solo nel caso di distribuzione di un prodotto capace di
usi legittimi e non legittimi, senza disapplicare le altre teorie della responsabilità
“secondaria”. Nella visione della Corte Suprema, il principio Betamax non
potrebbe essere interpretato in modo tale da restringere le regole di una
responsabilità, fondata su una violazione, derivante dai principi di common law.
Così, sotto le regole della inducement theory, la prova diretta della illegittimità
dello scopo principale di Grokster non gli permise di esimersi dalla responsabilità
ascrittagli.635
634G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 158
635C. B. Vincent, “Bittorrent, Grokster, and Why Entertainment and Internet Lawyers Need to
Prepare for the Fair Use Argument for Downloading Television Shows”, op. Cit., 9- 11; G.
Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 159-162.
Durante l'analisi del caso, all'interno della Corte Suprema, emersero due visioni principali. Il
giudice Ginsburg, nel condannare Grokster, sottolineò come il 90% degli scambi che
avvenivano sulla sua rete riguardassero materiale protetto, e il business model della società si
basava su queste attività illecite, approfittando quindi delle violazioni dei terzi. In sostanza, il
giudice Ginsburg, e con lei anche i giudici Roberts e Kennedy, considerarono espressione di
colpa, la cecità ostinata di Grokster, che conduceva verso la sua base utenti-pirati, spianando
così la strada della accusa verso il riconoscimento della responsabilità del provider. Questa
analisi concludeva, in sostanza, con il fatto che Grokster non avrebbe potuto eludere le accuse
di responsabilità, poiché mancavano le prove di un attuale, e non futuro, consistente utilizzo
legittimo della sua tecnologia; l'analisi non guardava alla tecnologia p2p in generale, ma al
caso specifico di Grokster; si stabiliva così la regola che le tecnologie a doppio uso non
possono esimersi da responsabilità, quando l'utilizzo principale che ne viene fatto sia in
violazione del copyright.
In contrasto, il giudice Breyer riteneva che la Betamax doctrine fosse applicabile al caso in
questione. L'opinione di Breyer, supportata anche dai giudici Stevens e O'Connor, riteneva che,
limitare l'analisi alle capacità di sostanziali usi legittimi della tecnologia alle risultanze effettive
del momento, e comparare tali usi a quelli illegittimi, avrebbe frustrato la logica del caso
Betamax. Invece Breyer sosteneva che, sotto le regole della responsabilità, “che cercano di
proteggere, non Grokster ed il suo mondo...ma lo sviluppo della tecnologia in generale”, si
richiedeva a Grokster di dimostrare che la sua tecnologia fosse semplicemente capace di
utilizzi legittimi, comprendendo quegli usi che non sono attuali ma facilmente e
verosimilmente realizzabili. Il giudice Breyer sottolineò quindi che, nonostante il 90% dei files
scambiati fossero protetti, Grokster permetteva comunque il trasferimento legale del 10% dei
files, un numero che era del tutto simile al 9% del time shifting autorizzato, ossia dell'utilizzo
legittimo della tecnologia Betamax, che la Corte Suprema aveva rinvenuto in Sony.
178
É curioso notare come in Europa, un caso del tutto simile, riguardante il software
Kazaa, che adottava una tecnologia decentralizzata identica a quella di Grokster,
venne valutato dalla Corte Suprema Olandese, nel Dicembre 2003, la quale
escluse la sussitenza della responsabilità indiretta per la violazione di terzi che
avessero usato tale sistema636.
3.2.3. La Terza Generazione di Software P2p, i BitTorrents
BitTorrent la terza generazione di Software P2p, indica anche il nome del
software che sviluppò questo protocollo.
Tale nuovo sistema è stato disegnato per implementare la larga distribuzione di
dati, senza dover affrontare ampi costi, e particolari necessità di banda. 637 Le reti
BitTorrents introdussero un nuovo protocollo che, grazie ad una tecnologia a
“sciami”,
permetteva agli utenti di ottenere parti dello stesso file da nodi
differenti, contemporaneamente638. Inoltre sperimentarono una serie di metodi per
636J. Strachan, “The Internet of Tomorrow: The New-Old Communications Tool of Control”,
E.I.P.R., 2004, 135
L'analisi della Corte Suprema non si pronunciò sul merito del caso nella sua interezza, ma
semplicemente confermò la decisione della Corte d'Appello di Amsterdam, che aveva rigettato
le accuse contro Kazaa, dirette a imporre al provider di adattare il proprio software per ridurre
il numero di files illegali. La decisione della Corte Suprema lasciava irrisolto il problema più
importante che era stato sottoposto alla Corte d'Appello, se, cioè, Kazaa potesse essere ritenuto
responsabile in concorso con gli utenti, per il solo fatto di aver permesso a questi di utilizzare
la stessa rete di file-sharing con gli strumenti adatti a copiare e disseminare le opere protette
sulla rete di Internet.
Kazaa, come Grokster, aveva una struttura completamente decentralizzata che non
permetteva un controllo sul possibile scambio di materiale tra gli utenti e, pertanto, nessuna
forma di responsabilità, né diretta, né indiretta, prevista dalle direttive europee in materia di
copyright, nell'ambiente elettronico, era applicabile al caso del software Kazaa.
637O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the Ec Personal Data Directive”, op. cit., 175
638M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, Rutgers University School of Law,
Camden, 2009, 2
179
nascondere l'identità dell'utente finale che opera come nodo.639
A differenza delle reti p2p come Napster e Grokster, dalle cui piattaforme l'utente
scarica direttamente un file, i sistemi di BitTorrents file-sharing non offrono un
motore di ricerca per il reperimento di files tramite nominativo. 640 L'utente di
BitTorrent, accedendo ad un sito web, scarica un torrent, ossia un piccolo file, di
dimensioni ridotte, il quale svolge in sostanza la funzione di indice, poichè
contiene dei “metadati” sui files da condividere, e sul “tracker”, ossia il computer
che coordina la distribuzione dei files”641.
Gli utenti generalmente utilizzano dei “tracking websites”, cioè dei siti che
permettono al visitatore di cercare dei files, scaricare i corrispondenti file-torrents,
e quindi, attraverso l'utilizzo di un qualsiasi software compatibile con i
BitTorrents, scaricare i files desiderati, attingendo parti di detti files dai vari
computers che li ospitano, mediante la creazione automatica di una rete p2p
temporanea, ad hoc.642
639O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements
Vs. the Ec Personal Data Directive”, op. cit., 175
640G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 165
641http://en.wikipedia.org/wiki/BitTorrent_(protocol)
642J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus
Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit., 27; G.
Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 165
La struttura delle reti BitTorrent è stata pensata in modo da rendere più veloci le
trasmissioni, e rendere possibile la condivisione di files piuttosto spaziosi, come video e
programmi di computer. Per questo, la tecnologia BitTorrent è stata strutturata per selezionare
il “peer” con la connessione di rete migliore per il frammento di file richiesto. Per distribuire
un particolare file, questo sistema comporta la creazione di reti p2p ad hoc temporanee, dette
“swarms”. Questo meccanismo è stato pensato allo scopo di migliorare l'efficienza complessiva
dello scambio di files, poiché i clients richiedono parti di files che sono in disposizione dei
singoli utenti-peers, facendo sì che molti frammenti siano ampiamente disponibili ed evitando
blocchi della rete.
Per creare queste reti temporanee, e per avviare la condivisione delle informazioni, all'utente
occorre sapere quali altri utenti posseggano il materiale desiderato sul proprio hard disk. Il
processo di upload ed il motore di ricerca sono forniti dal “user-run web server”, detto anche
“tracker”, che mantiene le tracce degli utenti che condividono un dato file, e distribuisce gli
180
I sistemi BitTorrents quindi, si basano sempre su una tecnologia p2p attraverso la
quale connettere tra loro gli utenti e indicizzare i files e, proprio come i loro
predecessori, molti dei siti torrents non riescono a dividere i materiali protetti da
quelli non protetti.643 Pertanto, i sistemi BitTorrents, che si basano su
un'architettura centralizzata, atteso l'utilizzo necessario di un sito web centrale
funzionanteda “tracker”, che permette lo scambio dei files, sono risultati facili da
attaccare.644
A ciò si aggiunga che, mentre la BitTorrent, come compagnia creatrice di tale
tecnologia, si sia attivata in una serie di collaborazioni con i maggiori esponenti
dell'industria dell'entertaiment, al fine di concordare licenze, nonché di vendere i
propri prodotti in modo legale, adottando dei business models che cercassero di
limitare il download non autorizzato di materiali protetti 645, le varie compagnie
che utilizzano questa tecnologia non sono state così attente a rispettare i limiti
della legalità del copyright, ma hanno invece continuato ad offrire servizi di file
sharing non autorizzato.646
indirizzi all'interno dei files condivisi. In questo modo però, tale tecnologia non rende
responsabile chi per ultimo ospita tale file, per la disponibilità di condivisione che ne permette.
643Ibid
644M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, op. cit., 2009, 3. Per questo motivo una
serie di siti vennero chiusi dopo le azioni legali delle collecting societies.
645C. B. Vincent, “Bittorrent, Grokster, and Why Entertainment and Internet Lawyers Need to
Prepare for the Fair Use Argument for Downloading Television Shows”, op. cit., 10
BitTorrent si è attivata per cercare di contenere la reperibilità di materiale piratato
attraverso la sua tecnologia ed i suoi motori di ricerca, rimuovendo i link a tali contenuti. Le
sue relazioni con l'industria dell'entertaiment, attivate allo scopo di distribuire i contenuti
protetti tramite licenze, e la sua capacità di identificare la propria clientela tramite l'indirizzo IP
degli utenti, cioè, in sostanza, gli sforzi per sviluppare un commercio elettronico legale, ne
hanno differenziato la scelta politica rispetto a quella tenuta dalla maggior parte di p2p
providers quali Grokster e Morpheus.
646J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus
Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit., 28
Nel 2005 gli agenti federali americani chiusero il sito EliteTorrents.org, che aveva
contribuito alla distribuzione di migliaia di copie del film “Star Wars Episode III”,
181
Il sito web più conosciuto che utilizzava il protocollo BitTorrent era “The Pirate
Bay”(di seguito TPB), nato nel 2003, per opera di una organizzazione svedese
anti-copyright, chiamata “Piratbyrån”, che funzionava da motore di ricerca,
nonché indice, per il reperimento dei file BitTorrent.
Nel Gennaio 2008 TPB, dopo una serie di richiami da parte di varie industrie
dell'entertaiment, cui la compagnia svedese aveva dato risposte irriverenti e con le
quali aveva rifiutato di collaborare, veniva accusata avanti al Tribunale di
Stoccolma. Nonostante l'applicazione della normativa autoriale svedese, i principi
di diritto su cui si fondavano le accuse, non divergevano di molto da quelli
analizzati nei casi precedenti circa la responsabilità indiretta.647
Nell'Aprile 2009 pertanto, la corte distrettuale riteneva TPB responsabile in
concorso, per aver predisposto nel proprio sito un sistema avanzato di ricerca, che
permetteva operazioni di upload e download in modo semplice, rendeva
disponibile l'accesso a numerose opere protette648, e funzionava da protocollo di
comunicazione tra gli utenti che volevano condividere i files, attraverso il cd
“tracker” collegato al sito. Peraltro TPB traeva profitto da tali violazioni
attraverso gli annunci pubblicitari.649
permettendone il download ancora prima che il film apparisse sugli schermi.
L'industria dell'entertaiment da parte sua, nel corso del 2005, agì come fece con Napster,
contro altri popolari siti torrent. Ottenne così la chiusura di vari servizi molto diffusi, quali
Supernova.org e LokiTorrent.org.
647 M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, op. cit, 6
648VERDICT B 13301-06 - Stockholm District Court, Division 5, Unit 52, Apr. 17, 2009.
La corte spiegò che le opere protette erano rese disponibili quando ne era reso possibile
l'accesso al pubblico, come la trasmissione radio o televisiva, o il collegamento su un sito web
al fine di permettere l'accesso nel luogo e al tempo desiderato
649 M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, op. Cit., 7. I ricavi annuali del sito
erano pari a 3 milioni di eruo l'anno.
182
La corte stabilì inoltre che TPB non era protetta dall'Eletronic Commerce Act,
poiché le sezioni 16650 e 17651, che esonerano da responsabilità alcuni siti web che
immagazzinino informazioni temporanee, non erano applicabili, dato che TPB
immagazzinava le informazioni sui files in modo permanente, data la sua struttura
centralizzata. Parimenti la corte ritenne non applicabili le sezioni 18 e 19, che
esonerano i service providers dalla responsabilità indiretta, qualora non
ragionevolmente informati dei fatti, o delle circostanze, che rendono evidente la
presenza di operazioni o informazioni illegali, all'interno delle loro reti.652
3.3 Volumi del sistema di Peer to Peer ed impatto economicosociale.
Il fatto che il software p2p sia una tecnologia a doppio uso, ebbe sempre maggior
rilievo nella riflessione sulla responsabilità indiretta dei software providers, ed il
potenziale di tali sistemi, come mezzo che permettesse la diffusione di valori
socialmente importanti, fu riconosciuto dalla Corte d'Appello nel caso Napster,
quando criticò la corte distrettuale per aver dato troppo peso alle attività
650La § 16, del Eletronic Commerce Act, esonera da responsabilità i siti che immagazzinano
temporaneamente dati per facilitare i trasferimenti.
651La § 7, del Eletronic Commerce Act, esonera da responsabilità i servizi che immagazzinano
dati per aumentare l'efficienza dei trasferimenti.
652La corte riconobbe la responsabilità indiretta, emergendo con evidenza che i convenuti
sapessero che il loro sito conteneva dei files torrent relativi ad opere protette, e che pur tuttavia
non si fossero minimamente azionati per rimuovere tali files torrent, nonostante a ciò esortati;
parimenti, nonostante fossero a conoscenza del fatto che le opere protette fossero disponibili al
pubblico mediante tali files torrent, i convenuti avevano deliberatamente scelto di ignorare il
fatto. Court Verdict B 13301-06 at 41, 48
183
illegittime da esso permesse.653
D'altro canto, l'industria musicale e cinematografica ha continuato ad agire in via
giudiziaria contro tutti i siti che agevolino le violazioni del copyright, con una
strategia dunque inefficiente anche perchè spesso i processi si sono dilungati
approdando alle Corti d'Appello654, e gli effetti deterrenti che si pensava di
ottenere, furono pressoché nulli655. Se infatti la vittoria contro Napster era stata
acclamata con furore, già prima dell'epilogo del processo, il metodo di Napster
era stato riprodotto da vari sistemi come iMesh, CuteMx e SpinFrenzy,
stimolando poi la nascita dei software di seconda generazione come Grokster,
Morpheus ed eMule. Si andava assistendo ad un “effetto boomerang” che le
azioni giudiziarie avevano prodotto, finendo per aumentare la popolarità dei
sistemi p2p.656
La decisione della Corte Suprema nel caso Grokster, aveva peraltro portato alcune
compagnie p2p a chiudere, come eDonkey e WinMx, o in alternativa a stipulare
accordi con le industrie dell'entertaiment.
657
L'unica eccezione rilevante
riguardava il caso di LimeWire, un software che sosteneva di aver permesso
sostanziali usi legittimi. Ad esempio, la compagnia aveva predisposto un negozio
653G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 158
654J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus
Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit., 29
655 J. Askanazi, G. Caplan, D. Descoteau, K. Donohue, D. Glasser and J. Graham,“The Fate of
Napster: Digital Downloading Faces an Uphill Battle”, Duke L. & Tech. Rev., 2001, 13
656P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”,
op. cit.., 58
L'autore sottolinea infatti come, nel febbraio del 2000 Napster contava 5 milioni di utenti,
che raddoppiarono nel giro di un solo mese, dopo che il gruppo dei “Metallica” propose una
causa contro il sito, portando il numero di utenti ad aumentare con picchi del 71% al giorno.
657Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit, 9
184
digitale che offriva più di 500.000 canzoni, molte delle quali non protette da
copyright, poiché provenienti da gruppi indipendenti. La RIAA iniziò nell'Aprile
2006 una causa contro LimeWire, che al momento non ha ancora raggiunto una
soluzione, lasciando aperta la questione se, servizi come quello in questione,
possano beneficiare del precedente Sony-Betamax.658
L'industria discografica negli anni successivi alla comparsa di Napster, si trovò
indubbiamente ad affrontare una grave crisi, dovuta ad una diminuzione delle
vendite in termini molto ampi. Pertanto, ritenne che la diminuzione delle vendite
fosse causata dalla rapida crescita del file sharing.659
La RIAA denunciò che l'avvento del p2p file sharing aveva causato una
diminuzione del mercato discografico pari al 30%, per cui l'ammontare delle
entrate era passato da 38 miliardi di dollari nel 1999, a 32 miliardi nel 2003 660,
mentre la MPAA (Motion Piture Association of America) stimò che le perdite
subite dagli studios di Hollywood nel 2005 erano pari a 2,3 miliardi di dollari661.
I tentativi di misurare le attività di file sharing sono risultati molto complicati, e ci
si è chiesto, data l'indubbia diffusione del traffico di opere protette sulle reti p2p,
se la diminuzione degli acquisti delle opere protette fosse realmente causata dallo
sviluppo delle reti di p2p file sharing.
658Ibid
659S. S. Liebowitz, “File Sharing: Creative Destruction or Just Plain Destruction?”, Journal of
Law and Economics, vol. XLIX ,Aprile, 2006
660A. Zenter, “Measuring the Effect of File Sharing on Music Purchases”, Journal of Law and
Economics, vol. XLIX Aprile 2006
“There's no minimizing the impact of illegal file-sharing. It robs songwriters and recording
artists of their livelihoods, and it ultimately undermines the future of music itself, not to
mention threatening the jobs of tens of thousands” (Cary Sherman, RIAA president, USA
Today, 18 September 2003).
661“SWEDISH AUTHORITIES SINK PIRATE BAY”, MPAA, May 31, 2006
185
Il p2p file sharing infatti, cominciò velocemente a diventare parte integrante della
rete, impegnando una buona percentuale del traffico su Internet. Nel 2004 uno
studio americano di CacheLogic662, mostrò come la rete p2p era diventata il più
grande consumatore di dati sui network degli Internet service providers. A
dispetto delle azioni legali delle industrie dell'entertaiment, che cominciarono a
citare in giudizio anche i singoli utenti assieme ai providers 663, il traffico delle reti
p2p era in costane crescita.664 Arrivava anche ad impegnare l'80% di alcuni
networks, con sviluppi maggiori nelle zone coperte da banda larga.665 In
particolare, giocò sulla crescente diffusione del traffico p2p, la nuova capacità di
condivisione del materiale video da parte dei software p2p, specialmente a partire
dal 2003, quando lo sviluppo della tecnologia BitTorrent portò al trasferimento di
una quantità di files che si aggirava tra i 250.000 e i 500.000 files giornalieri, di
cui 150.000 rappresentati da materiale video.666
Per quanto riguarda il panorama europeo, dopo un avvio più lento, il traffico delle
662Cahce Logic è una compagnia commerciale che offre soluzioni per la gestione del traffico di
rete agli Internet Service Providers, le cui strutture sono in grado di effettuare ispezioni
dettagliate sul mercato di distribuzione elettronico. I rilevamenti effettuati nella prima metà del
2004, confermavano come in un periodo di 30 giorni, l'accesso simultaneo alle reti p2p era
superiore ai dieci milioni, pari al 10% degli utenti della rete globale. Inoltre questi utenti
andavano condividendo oltre 10.000.000.000 megabytes di dati.
663Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit, 9. LA RIAA
cominciò a citare anche i singoli utenti che condividevano un ampio numero di files,
generalmente più di mille, contando sul fatto che tali azioni potessero cambiare il pensiero
comune sulla liceità del file sharing. Alla fine del 2008 la RIAA aveva condotto azioni contro
più di 35.000 utenti, generalmente concluse con patteggiamenti per qualche migliaio di dollari;
così con un comunicato diffuse la sua intenzione di abbandonare tale strategia.
Nell'agosto 2009 si è registrata tuttavia una condanna esemplare contro un giovane utente, Joel
Tenenbaum, per un ammontare di 675.000 $, reo di aver condiviso trenta brani musicali su una
rete p2p.
664K. Werbach, “The implications of Video Peer-to-Peer on Network Usage”, Peer-To-Peer Video:
The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a cura di Eli M. Noam e
L.M. Pupillo, Springer, 2008, 98-99
665Ibidem
666Ibidem
186
reti p2p nel 2004 era stato calcolato intorno al 40% del traffico globale di Internet
su banda larga, con una media di circa due milioni di utenti, contro i tredici
milioni di utenti p2p americani.667 Dato il continuo sviluppo della copertura a
banda larga, sul territorio europeo, come progettato dalla Commissione Europea,
il numero degli utenti delle reti p2p è destinato a crescere in continuo.668
Il nuovo problema dell'impatto del file sharing sul mercato discografico ha
rinnovato l'interesse sulle conseguenze economiche delle attività di copiatura 669,
segnatamente sulla questione se l'avvento del p2p abbia indebolito gli incentivi
per gli autori verso la creazione di nuove opere 670. La questione è inoltre rilevante
poiché la tecnologia del p2p file sharing potrebbe rendere vana la protezione
offerta dal copyright; ci si è chiesti pertanto se tale rischio porterebbe a produrre
un minore livello di incentivi, e quindi una diminuzione della produttività artistica
e dell'innovazione.671
La maggior parte degli studiosi, tramite analisi empiriche, concorda nel constatare
un effetto negativo derivante dalle attività delle reti p2p. Si verificherebbe il cd
sobstitution effect, per cui chi sarebbe stato disposto ad acquistare l'opera
667A. Gavosto et al. “Peer to Peer Network andthe Distribution in the EU”, Peer-To-Peer Video:
The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a cura di Eli M. Noam e
L.M. Pupillo, Springer, 2008, 269-291
668Ibid
669S. Liebowitz, “File Sharing: Creative Destruction or Just Plain Destruction?”, Journal of
Law and Economics, vol. XLIX ,Aprile, 2006
670I dubbi riguardavano il fatto che la diminuzione delle vendite cominciò nel 1998, un anno
prima del lancio di Napster; causa della diminuzione delle vendite potevano essere diversi
fattori, come il prezzo maggiore degli album, il prezzo di prodotti complementari e sostitutivi, i
canali di distribuzione, etc., Cfr: S. Liebowitz, “Record Sales, MP3 downloads and the
Annihilation Hypothesis The Evidence so Far.” In Advances in the Study of Entrepreneurship,
Innovation, and Economic Growth, edited by Gary Libecap, JAI Press
671Boldrin - Levine, "The Case Against Intellectual Property”, American Economic Review, vol.
92(2), 2002, 209-212
187
musicale preferisce ora accedervi gratuitamente.
Liebowitz sosteneva che le reti p2p avessero diminuito le vendite di CD del 2025%, e sottolineò come il file sharing fosse l'unica causa del declino del mercato
discografico, avendo danneggiato quello che altrimenti sarebbe stato un settore in
piena crescita.672 Della stessa opinione era Zenter, che effettuò un sondaggio su
15.000 utenti europei, rilevando che il p2p file sharing avrebbe inciso sul mercato
discografico riducendo la probabilità dell'acquisto di un opera del 30%.673
Blackburn utilizzò i dati provenienti da 14.000 negozi americani per analizzare gli
effetti del file sharing, concludendo che l'impatto sul mercato era negativo a causa
degli effetti sostitutivi.674
Bhattacharjee, dalla parte opposta, nel 2006, trovò una associazione positiva tra il
download gratuito di Mp3 e l'intenzione successiva di acquistare le stesse
canzoni. Inoltre sottolineava come effetto del file sharing, l'aumento di popolarità
per gli artisti sconosciuti. Così ritenne che l'ascolto gratuito dei campioni delle
672S. Liebowitz, “Will MP3 downloads Annihilate the Record Industry? The Evidence so Far.” op.
cit; “Testing File-Sharing's Impact by Examining Record Sales in Cities”, April 2006, e
“Pitfalls in Measuring the Impact of File-Sharing”,2004, University of Texas at Dallas School of Management - Department of Finance & Managerial Economics,;
673Zenter, “Measuring the Effect of File Sharing on Music Purchases”, Journal of Law and
Economics, vol. XLIX Aprile 2006
674Durante la sua analisi microeconomica, Blackburn distinse tra i substitution effects e i cd
penetration effects (quando l'esposizione dell'opera aumenta tramite la condivisione sulle reti
p2p, conduce ad un aumento delle vendite di queste opere). I substitution effects risultarono
essere più forti per gli artisti famosi, mentre i penetration effects maggiori per gli artisti
emergenti. Tuttavia l'impatto complessivo del file sharing risulta negativo per il fatto che
l'industria è dominata da artisti famosi.
Sugli effetti negativi del file sharing si schierarono anche Rob e Waldfogel, che
effettuarono un'analisi empirica sui dati degli album scaricati ed acquistati da 500 studenti di
colleges. Provarono pertanto, che ogni download riduceva gli acquisti musicali. Rob and
Waldfogel “Piracy on the High C's: Music Downloading, Sales Displacement, and Social
Welfare in a Sample of College Students”, NBER Working Paper No. W10874 , November
2004.
188
opere
musicali,
avrebbe
potuto
produrre
effetti
positivi
sul
mercato
discografico675. Parimenti, Oberholzer-Gee e Strumpf, rilevarono che l'impatto
globale del file sharing, anche nel più pessimistico modello, fosse minimo.
Focalizzandosi sulle previsioni più negative, stimarono che la perdita annuale
subita dall'industria musicale dovesse ritenersi intorno alle tre milioni di copie, un
dato, tutto sommato, di rilevanza minima.676
Chi cerca di difendere il file sharing, ritiene che una semplice depressione del
mercato discografico non sia espressione della diminuzione degli incentivi alla
creazione; in effetti alcuni autori hanno sottolineato come il file sharing abbia
effetti positivi, ed influenzi alcuni beni complementari alla vendita dei CD, quali
i concerti, o le entrate pubblicitarie.677
3.3.2 Trasformazione del consumatore, rivoluzione della fruizione
dell'informazione e decostruzione dei media tradizionali.
Era prevedibile che le tecnologie digitali avrebbero prima o poi rivoluzionato il
mercato. Il caso Napster ci dimostra che in un'economia in cui il bene chiave è
l'informazione, divenuta dunque bene indispensabile ma diffuso, quello che più
conta non è avere la copia in sé, ma poter usufruire di un servizio che ci consenta
di reperire quanto cerchiamo.678
675Bhattacharjee & al., “The Effect of P2P File Sharing on Music Markets: A Survival Analysis of
Albums on Ranking Charts”, NET Institute Working Paper No. 05, 26 October 2005
676Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “The effect of file sharing on record sales: an empirical
analysis”, Journal of Political Economy, 115, No. 1, 2007, . 1-42.
677Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit, 5 ss
678P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”,
189
Le tecnologie p2p hanno giocato un ruolo centrale nello sviluppo della
distribuzione dell'informazione digitale, fornendo i mezzi per migliorare la
funzionalità di Internet, come mezzo di comunicazione per numerose
applicazioni. L'alterazione di queste reti, perchè possano proteggere i diritti della
proprietà intellettuale sulle informazioni scambiate all'interno di esse, rischia di
ridurre la funzione di Internet come mezzo di comunicazione. Così il conflitto tra
titolari dei diritti ed utenti di Internet ha prodotto una fase distinta e particolare
della storia di Internet, la cd “copyright-crisis-era”.679
Tale crisi è condizionata in modo fondamentale dalle nuove opportunità
tecnologiche, che non solo permettano l'acquisizione di materiale pirata, ma
soprattutto la re-distribuzione delle informazioni, e dall'emergere di nuove
modalità con cui l'individuo si rapporta con tali informazioni, che stanno in un
rapporto di co-evoluzione con tali tecnologie680.
Si è assistito dunque ad un cambiamento della mentalità dell'utente, di pari passo
con l'evoluzione tecnologica, verso il controllo individuale del proprio ambiente
mediatico e la programmazione delle condizioni di utilizzo dell'informazione,
ovvero del luogo e del momento dell'utilizzo; molte, tra le tecnologie che
favoriscono questo sviluppo, comportano la copia dell'informazione, nell'ordine di
permettere il time shifting, o di consentire la portabilità e rendere possibile il
“place shifting”.681 Il file sharing permette di usufruire, guardare o ascoltare ciò
op. cit., 59
679W. E. Steinmueller, “Peer to Peer Media File Sharing: From Copyright Crisis to Market?”,
Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a
cura di Eli M. Noam e L.M. Pupillo, Springer, 2008, 21
680Ibid
681Ibid, 23-27
190
che si desidera, quando lo si desidera.
Tale vantaggio risulta quindi essenziale per la comprensione del largo sviluppo
delle reti p2p.682
Si è così ribadito che il p2p file sharing non sia solo il download di film e musica
gratis, ma che la sua positività, a livello sociale, derivi dall'aver diffuso un veicolo
per la ricerca di opere rare, per la scoperta di nuovi generi, per la creazione di
compliations personalizzate, per la realizzazione di modificazioni creative e la
condivisione di interessi e creatività; di conseguenza, il pubblico che era
consumatore passivo ora si afferma in una dimensione attiva.683
La personalizzazione dei contenuti a seconda dei propri interessi comporta
l'aggiunta di maggiore significato, da parte dell'individuo, all'originale, e ne
determina spesso la volontà di condivisione con altri utenti. In questo senso, il
classico ruolo di consumatore delle opere creative, soggetto alle regole
dell'esclusiva degli autori, è percepito come limite alla creatività ed alla nuova
dimensione attiva dell'utente.684
Che il valore di un prodotto sia influenzato dalla co-produzione con l'utente , non
significa tuttavia che il prodotto debba essere disponibile gratuitamente,
rompendo le relazioni economiche e legali che intercorrono tra utente e mezzi di
comunicazione. È stato rilevato che l'evoluzione delle strategie di alcuni
682G. Einav, “College Students: The Rationale for Peer to Peer Video File Sharing”, Peer-To-Peer
Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, op. cit., 153
683N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to Allow Free Peer-to-Peer File Sharing”,
17 HARV. J.L. & TECH. 2, 2003, 3
684W. E. Steinmueller, “Peer to Peer Media File Sharing: From Copyright Crisis to Market?”,
Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, op.
cit., 21
191
produttori abbia indotto la soluzione ottimale a questa crisi, attraverso un
compromesso tra titolare dei diritti ed utente, che ha prodotto la nuova
generazione di sevizi di distribuzione online685, quali iTunes e Rhapsody686.
Con particolare riferimento ad iTunes, si è osservato che ciò che è interessante in
questi servizi, nati per ovviare ai problemi creati dalla diffusione del formato
Mp3, che i titolari del copyright erano restii ad utilizzare per il pericolo di
scambio di questi files, è la prospettiva di un bilanciamento tra interessi del
produttore ed interessi dell'utente: i primi garantiti dall'utilizzo di sistemi di DRM,
anche se non eccessivamente invadenti; i secondi garantiti dalla possibilità di
effettuare copie attraverso tale sistema687.
685Ibid
686Con un businness model simile a quello di iTunes, Rhapsody è un servizio basato sullo
“streaming” (musica selezionata dall'utente e ascoltata su modalità on-demand senza
download), che ha reso possibile la copia di certe canzoni sui CD, negli stessi limiti concessi
per la copia privata.
687Il sistema della Apple ha infatti previsto l'utilizzo di un formato di DRM soft, applicabile anche
al lettore multimediale iPod, che permette il controllo delle copie. La rimozione di tale DRMs è
possibile, e così si permette la realizzazione di copie a qualsiasi scopo, solo subendo una
perdita di qualità e seguendo un'elaborata procedura.
Vedi R. Tushnet, “MY LIBRARY: COPYRIGHT AND THE ROLE OF INSTITUTIONS IN A
PEER-TO-PEER WORLD”, 53 UCLA LAW REVIEW 977, 2006, 1003 ss
192
CAPITOLO IV
Copia Privata & Copyright - profili giuridici
4.1 Libertà e limiti di scambio della copia privata.
Il tema della condivisione e dello scambio delle copie audiovisive digitali
attraverso i softwares peer to peer, rimane un argomento caldo, non solo per
quanto riguarda l'importanza dei danni economici subiti dai titolari dei diritti in
conseguenza di tali attività, ma anche per le numerose questioni giuridiche
implicate.
Pertanto, mentre, ad esempio, la Direttiva EUCD del 2001 sulla Società
dell'informazione ha ignorato completamente il problema, alcuni legislatori
nazionali stanno intervenendo per escludere esplicitamente dallo scopo
dell'applicazione dell'eccezione di copia privata, il download delle opere protette
da fonti non autorizzate.688
Dal momento che in molti paesi la normativa autoriale non ha reso chiara la
questione, a causa della sua estrema delicatezza, spesso è toccato ai giudici
trovare una soluzione al problema se sia lecito o meno scaricare un'opera
protetta.689
Data la difficoltà nel dirimere il problema infatti, molti legislatori, come ad
esempio quello francese, hanno preferito risolvere il problema del file sharing non
all'interno della struttura dell'eccezione di copia privata, optando invece per
l'introduzione di una responsabilità penale contro i produttori di softwares,
688C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the
Internet”, IIC, 2008, 597
689C. Geiger, “The Answer to the Machine Should Not be the Machine: Safeguarding the Private
copy Exception in the Digital Enviroinment”, E.I.P.R., 2008, 121
193
evidentemente progettati per rendere disponibile il materiale protetto ad un
pubblico non autorizzato690, sulla scorta dell'approccio tenuto dalla Corte Suprema
americana nel caso Groskter.
Permanendo tuttavia una serie di dubbi al riguardo, all'interno della dimensione
normativa introdotta dalla Direttiva EUCD, il problema che le corti cercarono di
risolvere si presentava duplice: da un lato andava determinato se il mero
download non autorizzato dalle reti p2p potesse essere ritenuto come una copia
personale permessa691; dall'altro lato, doveva essere fatta luce sulla questione della
legittimità della fonte da cui poter effettuare la copia privata, anche su
sollecitazione della decisione della Corte Suprema Francese del 30 maggio 2006,
che aveva infatti sottolineato la necessità di un intervento del legislatore in
punto.692
La decisione della Corte Suprema in effetti, riformò la decisione della Corte
d'Appello di Montpellier, che aveva confermato l'applicazione dell'eccezione di
copia privata alle opere scaricate dalla rete. Il caso esaminato riguardava un
giovane studente accusato di violazione del copyright per aver riprodotto
numerosi CD di film protetti scaricati da Internet, nonché di aver effettuato delle
copie da dei CD prestatigli da alcuni amici, e di aver quindi a sua volta prestato
alcuni dei CD contenenti le opere protette. Il giudice di primo grado aveva assolto
il giovane convenuto. In particolare la Corte Distrettuale di Rodez prima, e la
Corte d'Appello di Montpellier poi, avevano stabilito che le riproduzioni in
questione rientrassero nell'ambito di applicazione della copia privata ai sensi
dell'art. 122-5 del Code de la Propriété Intellectuelle. Tale articolo infatti esonera
le “copie o le riproduzioni strettamente riservate all'uso privato dell'utente e non
intese per un uso collettivo”, dal dover richiedere il consenso dell'autore. La Corte
d'Appello ritenne in particolare che le copie effettuate dallo studente fossero a
scopo di uso privato, secondo la previsione legislativa, e che pertanto
690Art. L 335-2, 1, Code de la Propriété Intellectuelle.
691G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 144
692Cass. Crim. 30 maggio 2006, Cfr: Sirinelli, RIDA 327, 2006, 237
194
beneficiassero dell'eccezione di copia privata.693 In questo modo i giudici
sembrarono inoltre affermare che la copia possa essere effettuata da un soggetto
terzo, come un membro della famiglia o un amico, perchè gli effettivi utilizzatori,
sempre nell'ambito della cerchia familiare o degli amici, ne possano fare un uso
privato.694 La statuizione peraltro andava così confermando una recente decisione
della Corte d'Appello di Parigi che aveva stabilito che “l'uso privato non può
essere circoscritto ad un uso prettamente solitario, e deve poterne beneficiare una
cerchia di individui vicini, da interpretare come un ristretto gruppo di persone
legate tra di loro da rapporti familiari o di amicizia”.695
Del resto questo approccio sembrerebbe conforme alla normativa comunitaria,
poiché anche l'art. 5.2 (b) della Direttiva EUCD non assoggetta l'applicazione
dell'eccezione di copia privata alla condizione dell'identità tra il soggetto che
copia e l'utente .696 Lo stesso orientamento è rinvenibile nella normativa autoriale
tedesca, all'art 53.1, che ha mantenuto ferma, anche dopo le riforme normative, la
previsione che la copia privata possa essere effettuata da un'altra persona.697
Il problema della legittimità della fonte sembra pertanto difficile da risolvere, e le
posizioni delle corti sono state tra loro piuttosto contrastanti. 698 Dal punto di vista
693G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 145
694C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the
Internet”, op. cit., 597ss
695CA Paris, 4th Division A, 4 April 2007, 39, IIC, 2008, 360
La corte, pur non riconoscendo un diritto alla copia privata, ma la sua sola natura di
eccezione legale, per cui l'autore ai sensi dell'art. 122-5 CPI, non può impedire la copia
riservata all'uso privato dell'utente, ma solo per un uso collettivo, stabilì infatti che l'uso privato
non possa essere ricondotto ad un uso strettamente personale, così che ne possono invece
beneficiare una cerchia di persone, ancorchè ristretta.
696C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the
Internet”, op. cit., 598
Nel citato caso “Mullholland Drive” per contro, la Corte d'Appello di Aix-en-Provence
sostenne che l'eccezione di copia privata sia applicabile solamente all'interno della cerchia
familiare, e che invece non sia compatibile con il prestito di CD a soggetti, pur legati all'utente
da stretti rapporti di amicizia.
Tuttavia, anche in questo caso la Corte d'Appello di Aix-en-Provence non ritenne la
legittimità della fonte della copia una condizione per l'applicazione dell'eccezione.
697T. Ramsauer, “Germany’s Copyright Law on the Verge of the Information Age”, e.Copyright
Bulletin, December 2003, 5
698G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in
Francia: la “copia privata”, Diritto dell'Internet, 2005 n. 3, 272
195
normativo, va sottolineato che il Code de la Propriété Intellectuelle non contiene
questo requisito. In Germania invece, con la legge del 10 settembre 2003, è stato
modificato l'art. 53-1del Copyright Act tedesco, relativo alla riproduzione ad uso
personale, nel senso che l'eccezione di copia privata non si applica quando
l'originale della copia costituisca una fonte manifestamente illegittima. 699 Anche in
Spagna, nel luglio 2006, è stata adottata una previsione normativa analoga che
ancora la riproduzione ad uso personale, per beneficiare dell'eccezione di copia
privata, ad una fonte il cui accesso sia ottenuto legalmente. Anche in Italia, del
resto, la normativa autoriale assume una posizione più severa di quella francese,
imponendo al soggetto che intende effettuare la copia privata di aver acquisito
legittimamente il possesso dell'esemplare dell'opera, o comunque di averne avuto
un accesso legittimo.700
La richiesta di un intervento legislativo da parte della Corte Suprema francese,
sembrerebbe esprimere quindi la necessità di una risposta alla questione in esame.
Si potrebbe in effetti ritenere che, nell'ottica del legislatore tedesco il quale inserì
specificatamente la condizione della legittimità della fonte, in assenza di una tale
specificazione, il download di un'opera da internet possa considerarsi rientrante
nell'eccezione di copia privata.701
4.1.2 Possibilità di giustificare la condivisione e lo scambio di
copie private sotto la fair use doctrine
Atteso che la responsabilità di Napster, e dei suoi successori, derivava dall'iniziale
In Francia sono presenti due orientamenti differenti, ed il primo, più legato allo spirito della
legge, riscontrabile in una recente pronuncia del Tribunal de Grand Instance di Vannes,
secondo il quale sarebbe “logico che la copia realizzata da un esemplare contraffatto sia essa
stessa contaminata da un carattere illecito che non può essere coperto dall'eccezione riservata
alle copie private” (TGI Vannes, 29 Aprile 2004), sembrerebbe nettamente opporsi alla linea
della Corte d'Appello di Montpellier.
699T. Ramsauer, “Germany’s Copyright Law on the Verge of the Information Age”, op. cit, 5
700G.Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in
Francia: la “copia privata”, op. cit, 275
701C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the
Internet”, op. cit., 602
196
infrazione commessa dagli utenti, si era reso necessario innanzitutto determinare
se la fair use doctrine avesse potuto giustificare le condotte, apparentemente
illegali, di copiatura e condivisione delle opere.702
Se Napster avesse facilitato un vero e proprio “scambio”, nel quale l'utente
“condivisore” eliminava la propria copia, dopo che un altro utente aveva
effettuato la propria, allora tale attività avrebbe potuto rientrare nella protezione
della first sale doctrine, ove una singola copia cambia di “mano”.
Tale limitazione al principio di distribuzione, comunque, non autorizzerebbe il
legittimo possessore della copia dell'opera alla duplicazione. La limitazione quindi
non si potrebbe applicare alla distribuzione tramite siti web o reti p2p, poiché
l'operatore del sito o l'utente, dal quale la copia si origina, non cede la propria
copia ad un altro utente; mantiene il possesso della propria copia.703
La Corte Distrettuale, nel caso Napster, ritenne che le attività degli utenti non
potessero giustificarsi alla luce del fair use, e la Corte d'Appello del IX circuito
confermò quasi completamente l'analisi della corte distrettuale, mostrando però
una riflessione sul fair use apparentemente banale, con un approccio troppo
semplicistico, lasciando poco spazio ad una innovazione dottrinale. La corte
infatti rifiutò di abbracciare nuovi approcci al digital private copying, mentre optò
per una chiara riaffermazione dell'applicazione tradizionale dei precetti del
copyright ad Internet,
704
senza tuttavia dimostrarsi insensibile ai problemi delle
nuove tecnologie, anzi cercando di distinguere la tecnologia del file sharing, in
generale, da Napster.705
702J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, op. cit., 163
703Ibid, 165
704Ibid, 167
705J. Ginsburg “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act”, op. cit., 175
La Corte d'Appello riconobbe la preoccupazione dei sostenitori della tecnologia p2p, i quali
sostenevano che il copyright non dovesse frustrare l'innovazione tecnologica, e che in
particolare il p2p offrirebbe un valido mezzo per la comunicazione e la diffusione delle
informazioni, la cui disseminazione non dovrebbe essere messa in pericolo dall'imposizione del
copyright. Per questo la corte sottolineò la necessità di una distinzione tra l'architettura del
sistema di Napster e la condotta di Napster, in relazione alle capacità operative del sistema.
197
La parte convenuta cercò di dimostrare come le attività di file sharing
perseguissero scopi legittimi, come il cd sampling e lo space-shifting, potendo
quindi giustificare la loro liceità invocando la fair use doctrine. Per “sampling”,
secondo la difesa, doveva intendersi la pratica dell'utente di scaricare opere
protette dalla rete al solo scopo di ascolto, per poter decidere in seguito quale di
queste opere acquistare.706 Tale pratica, secondo la difesa, avrebbe avuto il
risultato di promuovere l'acquisto dei CD.707 Per quanto riguarda il time shifting
invece, veniva indicata la pratica di utilizzare la tecnologia file sharing in modo
tale da rendere possibile agli utenti di accedere alle registrazioni audio, di cui essi
erano già in possesso, avendo acquistato il relativo CD, o in altre parole l'accesso
legittimo all'opera, in un formato diverso. A sostegno della legittimità del fair use
dei propri utenti, Napster sostenne che lo scopo, e il carattere del download non
autorizzato dalla propria rete, potesse essere paragonato all'utilizzo della
tecnologia Betamax. La difesa cercò di giustificare tale tesi sostenendo che gli
utenti del nuovo sistema p2p eserciterebbero il fair use convertendo i CD da loro
acquistati nel formato MP3 e quindi, attraverso il software Napster, andrebbero a
trasferire la musica su un computer differente, ad esempio dal computer di casa a
quello 'ufficio. Per esprimere tale funzione la difesa utilizzò l'espressione “spaceshifting”.708
La corte d'Appello, analizzando l'applicabilità del fair use tramite i quattro fattori
statutari dell'art 107 del U.S. Copyright Act, si concentrò in particolare sul primo e
sul quarto fattore: la natura e lo scopo dell'uso, e l'impatto di tale uso sul
potenziale mercato dell'opera.
Con riferimento al primo fattore, la corte non ritenne “trasformativo” l'uso in
questione, per il semplice fatto che l'opera veniva ritrasmessa in modalità
La corte riconobbe in effetti come la chiusura di Napster avrebbe causato un grave danno
all'interesse pubblico.
706G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139
707J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act””, 170
708G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139
198
differenti. La corte si persuase della fondatezza della tesi dell'accusa, secondo la
quale la trasformazione del formato delle registrazioni in MP3, adatto al
download, non aggiungerebbe alcun fattore a livello estetico, nessuna nuova
visione, né idea, all'originale. Per questo motivo il download non fu ritenuto un
uso fair nemmeno nel caso in cui l'utente fosse stato in possesso della copia
originale. Il cd space-shifting in particolare, non dimostrava sufficienti analogie
con la nozione di time shifting, come riconosciuta nel caso Betamax.709
Ciò che più rilevò all'interno dell'analisi congiunta del primo e del quarto fattore
(il carattere e l'effetto del file sharing sul mercato dell'opera protette), fu il fatto
che la corte d'appello, al pari di quella distrettuale, caratterizzò l'attività degli
utenti come “commerciale”, cosa che, come si è visto, di per sé non preclude ma
detiene un forte peso nella determinazione del fair use. Pur senza affermare che le
attività di downloading e uploading di files musicali fossero di dimensioni tali da
inquadrare un'attività commerciale, fu ritenuto che il file sharing di opere protette
non potesse rientrare nella tradizionale categoria dell'uso personale. La corte
ritenne che, nonostante gli utenti di Napster non scaricassero i brani musicali allo
scopo di rivenderli e trarne profitto, la condivisione, attuata con un ampio numero
di utenti anonimi, non potesse comportare un utilizzo privato. 710 La corte pervenne
a tale conclusione per il fatto che gli utenti di Napster ottenevano senza alcuna
spesa un quid che avrebbero dovuto altrimenti pagare, così allineandosi con
alcune precedenti decisioni della Corte Suprema; questa aveva infatti statuito che
il concetto di profitto non include solo il guadagno come obiettivo di un dato uso,
ma anche lo sfruttamento dell'opera protetta senza il pagamento del prezzo
abituale.711
709G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 140
Secondo l'analisi della corte, lo space shifting non comportava un uso personale non
commerciale al pari del time shifting del caso Betamax, il quale , infatti, restava circoscritto
all'interno della dimensione domestica dell'utente. Per di più, venne rilevato come lo space
shifting non costituisse un uso significativo delle reti di Napster, dal momento che la
spiegazione più convincente della proliferazione, e dello sviluppo del traffico sulle sue reti,
stava nella amplissima disponibilità di opere musicali disponibili agli utenti.
710Ibid
711Harper & Row v. Nation Enterprises, 471 U.S. 539, 562 (1985)
199
Pertanto, mentre si potrebbe opporre che ottenere l'opera protetta senza alcuna
spesa non sia equivalente allo sfruttamento dell'opera, poiché infatti lo
sfruttamento implica la commercializzazione, o comunque una ulteriore
distribuzione, e l'analisi del fair use circa il carattere commerciale dell'uso
dovrebbe indagare solo se l'utilizzo comporti uno sfruttamento, tuttavia, se lo
sfruttamento comporta anche solo una ulteriore distribuzione, allora la
caratterizzazione è soddisfatta, dal momento che gli utenti di Napster non
scaricano solo per se stessi, ma condividono ampiamente con gli altri utenti.712
La corte d'appello comunque non limitò la concezione di “commercialità”
semplicemente a quegli usi che comportassero una disseminazione, ma considerò
il carattere ripetitivo e di sfruttamento degli atti di copiatura che avvenivano sulle
reti di Napster, che, evidenziando la sistematica tendenza ad evitare l'acquisto,
rendeva tali condotte commerciali.713
Dall'altra parte la considerazione congiunta della corte della ripetitività e
dell'attitudine allo sfruttamento, sottolinea, all'opposto, che la copia occasionale
per l'intrattenimento personale non comporterebbe la “commercialità” di tale
uso.714 L'intensità e la larga scala delle attività di copia che avvenivano all'interno
di Napster erano tali da caratterizzare una sistematica riproduzione e
distribuzione, e classificare tali attività come “non commerciali” le avrebbe
svuotate di ogni contenuto significativo. In nessuna eventualità infatti (anche se ce
ne fosse una da considerare, come la corte d'appello peraltro non considerò) la
copia personale, per quanto non possa essere commerciale o abile allo
sfruttamento, può competere con il mercato del titolare dei diritti dell'opera.
712J. Ginsburg “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act” 169
713Così come era stato affermato in Sega Enterprises Ltd. v. MAPHIA, 948 F. Supp. 923, 41
U.S.P.Q.2d (BNA) 1705 (N.D. Cal. 1996), ove la corte stabilì che un uso è commerciale quando
gli utenti scarichino video games “allo scopo di evitare di dover pagare per l'acquisto delle
cartucce di tali video games” .
714J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital
Millennium Copyright Act” 169
200
Rispetto al quarto fattore (gli effetti del file sharing sul mercato dell'opera
protetta) quindi, la corte d'appello, come del resto la corte distrettuale, concentrò
la propria analisi su due tipologie di mercato: il tradizionale mercato di vendita dei
CD, e quello in evoluzione della distribuzione di musica online. Per quanto
riguarda il primo, la corte confermò il parere della corte distrettuale che aveva
sottolineato come l'utilizzo di Napster avesse un impatto negativo sulla vendita
dei CD, specialmente nelle vicinanze dei campus collegiali, ove l'uso di Napster
risultava particolarmente intenso. Nonostante i risultati mostrati dagli economisti
non fossero chiari, la corte ritenne che il file sharing avesse chiaramente effetti
negativi.
Ma soprattutto, la corte d'appello riconobbe l'indipendenza e la rilevanza della
nuova forma di sfruttamento.
Non fu ritenuto di particolare significato che la condotta degli utenti
danneggiasse o meno le tradizionali modalità di sfruttamento.
La corte invece si persuase del fatto che il file sharing avesse creato una barriera
all'entrata sul mercato della distribuzione musicale on-line, per cui l'inconsistenza
del danno al mercato della distribuzione fisica già sviluppato, non avrebbe potuto
privare il titolare dei diritti della legittimazione di sviluppare mercati alternativi
dell'opera.715
715Così come affermato nel caso L.A. Times v. Free Republic, 54 U.S.P.Q.2d 1453, 1469-71
(C.D. Cal. 2000), dove venne rilevato che: lack of harm to an established market cannot
deprive the copyright holder of the right to develop alternative markets for the works. Stating
that online market for plaintiff newspapers' articles was harmed because plaintiffs
demonstrated that "[defendants] are attempting to exploit the market for viewing their articles
online".
Allo stesso modo la corte riconobbe che il cd sampling, grazie al quale, secondo Napster, si
sarebbe ottenuto un aumento delle vendite dei CD, rivestisse la natura di uso commerciale, e
competesse con lo sfruttamento della parte attrice del potenziale mercato del samplig stesso,
così come dall'altra parte minacciava il mercato del download digitale.
Infatti il sampling di Napster coinvolgeva due nuovi mercati, in entrambi i quali la parte
attrice era entrata o stava comunque cercando di entrare: i) un mercato per sampling vero e
proprio, o in altre parole il download parziale e/o temporaneo; ii) un mercato per la
distribuzione digitale di copie permanenti delle opere nella loro interezza.
Cfr J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The
Digital Millennium Copyright Act”, op. cit, 170
201
I principi emersi nel caso Napster furono in seguito confermati in altri casi di file
sharing illegale. Con il caso Grokster, ove si riaffermò che le copie effettuate dagli
utenti non erano ritenute protette dalla fair use doctrine, i convenuti non
riuscirono a mostrare alcun significativo utilizzo non illegittimo716,
In seguito, nel più recente BMG Music v. Gonzales717, si assistette alla prima
azione legale di una società discografica contro un singolo utente, accusato, nel
caso, di aver scaricato 1370 canzoni protette senza autorizzazione, tramite il
software p2p Kazaa.718 In particolare l'utente sostenne che la propria condotta
rientrasse nel fair use, poiché consisteva nel cd sampling allo scopo di selezionare
i brani da acquistare successivamente. La decisione della Corte del Settimo
Circuito si concentrò sulla liceità o meno del download di 30 brani a scopo di
prova, che il convenuto ammise di non aver poi comprato, quando si scoprì che lo
stesso non aveva cancellato i files ma li aveva mantenuti sul proprio computer.719
La corte rifiutò di considerare le utilizzazioni degli utenti come non-profit
sull'assunto che essi scaricassero e detenessero permanentemente tutti i files nei
loro hard disks, e confermò la medesima analisi della decisione del caso Napster.
Nell'opinione della corte infatti, oltre il fatto che una copia scaricata, utilizzata e
tenuta nel computer per un utilizzo futuro, sia un diretto sostituto dell'acquisto
della copia originale, e non possa considerarsi un sample, il downloading sulla
base del “try-before-you-buy” è da considerarsi una valida pubblicizzazione per i
titolari del copyright, in grado di aumentare il valore dell'opera. Per questo motivo
la corte ritenne che il singolo utente non potesse invocare il fair use per il
download allo scopo di prova, proprio per il fatto che quello del sampling
costituirebbe un potenziale mercato per l'autore. A riprova dell'assunto stava il
fatto che alcuni operatori, quali i Tunes, offrivano alcuni samples sul mercato,
716Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the
Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, 207 RIDA,
2006, 18
717BMG Music v. Gonzalez, 430 F.3d 888 (7th Cir. 2005)
718J. Band - M. Schruers, “BMG Music v. Gonzalez”, E-Commerce Law Report, disponibile anche
su www.llrx.com, April 21, 2006
719G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139
202
pagando ai titolari dei diritti un compenso per ottenerne l'autorizzazione.720
La Corte del Settimo circuito continuò la sua analisi rigettando la richiesta della
parte convenuta di applicazione del fair use, anche per il quarto fattore. Peraltro,
al momento della decisione, nel 2005, il mercato discografico aveva subito una
perdita pari al 30% in quattro anni, e la corte ritenne che questo dato fosse
direttamente collegato all'aumento del file sharing, sul presupposto che la musica
scaricata gratis su internet avesse effetti sostitutivi sulla musica acquistata. Così la
difesa del fair use venne respinta poiché la corte ritenne che il file sharing stesse
danneggiando entrambi i mercati della musica, quello online e quello tradizionale.
Lo stesso orientamento fino qui adottato dalle corti è stato recentemente ribadito
nel caso RIAA v. J. Tenenbaum, del 31 luglio 2009, ove la Corte Distrettuale del
Massachussetts ha condannato un giovane studente per violazione del copyright ,e
rigettato l'ennesima invocazione di fair use rispetto al download, tramite reti p2p.
Lo stesso orientamento fino a qui adottato dalle corti è stato recentemente ribadito
nel caso RIAA v. J. Tenenbaum, del 31 luglio 2009, ove la Corte Distrettuale del
Massachussetts ha condannato un giovane studente per il download e la
condivisione di 30 brani musicali, nonchè rigettato l'ennesima invocazione di fair
use rispetto al file sharing tramite reti p2p. In particolare la difesa richiedeva
l'applicazione della fair use doctrine atteso che lo scaricamento illegale sarebbe
avvenuto ai soli fini personali, senza comportare danni particolari ai titolari dei
diritti sulle opere. La corte tuttavia rigettò le argomentazioni della difesa dal
momento che l'applicazione della fair use doctrine al caso, secondo l'estensiva
interpretazione richiesta dal giovane Tenembaum, avrebbe portato a costituire uno
scudo di difesa così ampio da poter potenzialmente giustificare tutti i downaload
illegali da Internet. Così, pur riconoscendo la corte che non ogni download non
autorizzato comporti una mancato acquisto dell'opera originale, fu considerato
pacifico che, l'applicazione della fair use doctrine al caso esaminato, avrebbe
indotto una parte di consumatori attualmente paganti, ad optare per il download
720G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 141-143
203
gratuito, ritenuto fair use. Su questi presupposti, lo scopo privato dell'uso portò la
corte a respingere l'invocazione del fair use.721
4.1.3 Le diverse posizioni di uploader e downloader all'interno dei
sistemi peer to peer.
Il diritto del titolare del copyright di impedire al pubblico il compimento di copie
delle opere senza autorizzazione è il più essenziale diritto riconosciuto dal diritto
d'autore, al pari del diritto di autorizzare la distribuzione, come strumento per
attuare la propria esclusiva, senza il quale il titolare non avrebbe alcuna
ricompensa per l'utilizzo delle proprie opere.
Con la nascita di Napster e dei softwares p2p, come è stato sottolineato, è stata
permessa la realizzazione di copie private, in larga scala, ad un numero vastissimo
di utenti, senza che questi fossero entrati in legittimo possesso dell'originale; nello
stesso tempo, le applicazioni p2p richiedono generalmente, per il loro
funzionamento, all'utente di condividere i files scaricati. In questo modo gli utenti
da un lato violano il diritto di riproduzione dell'autore scaricando le opere, e
dall'altro lato rendono le proprie copie disponibili a diversi utenti per una seconda
riproduzione, provocando la disseminazione sulle reti p2p delle stesse, realizzando
pertanto una distribuzione digitale delle copie e violando il diritto di
comunicazione al pubblico, come previsto dall'art 11bis della convenzione di
Berna.722.
Se non sussistono dubbi che la responsabilità dell'utente finale, per gli atti di
uploading, sussista, in quanto viola la normativa di copyright rendendo
disponibile il materiale protetto al pubblico, c'è stata molta più incertezza nel
dichiarare la natura illegittima degli atti di mero downaload, cioè quando il
721“RIAA v. Joel Tennenbaum”, Reveue Internationale de la Proprietè Industrielle et Artistique, n
237, 2009, 69 ss
722O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the Ec Personal Data Directive”, International Journal of Law and Information Technology,
Vol. 16 No.3, Oxford University Press, 2007, 277-279
204
materiale scaricato non venga condiviso con altri soggetti, ma semplicemente
immagazzinato sul pc dell'utente.
Già si è detto come la corte d'Appello di Montpellier avesse ritenuto giustificato
dall'eccezione di copia privata il downaload di alcune opere protette, data la
natura strettamente personale di tale utilizzo.
Va quindi notato che la definizione di copia privata, fornita dalla Direttiva EUCD,
all'art. 5.2, si riferisce alla riproduzione effettuata da una persona senza scopi
direttamente o indirettamente commerciali, facendo sì che la legalità dell'uso sia
sopratutto basata sull'assenza della commercialità, più che sul fatto che la copia
venga utilizzata personalmente o condivisa con altre persone.
Inoltre, va sottolineato come la Direttiva non abbia fornito, da un punto di vista
letterale, una singola definizione di copia personale, legittimando così le corti ad
attribuirne diversi significati, che dipendono dalle normative nazionali le quali
modellano l'eccezione di copia privata in riferimento alla rigorosa nozione di uso
personale dell'uso non autorizzato.723
Per questo la differenza tra upload e download, starebbe nel fatto che l'atto di
condivisione
escluderebbe
tale
pratica
dall'ambito
dell'uso
privato,
e
comporterebbe quindi l'inapplicabilità assoluta della eccezione di copia privata nel
momento in cui la copia venga condivisa sulla reti p2p 724, e ciò poiché l'upload
comporterebbe la violazione del di divieto di comunicazione al pubblico
dell'opera, o dell'utilizzo collettivo della copia utilizzando l'espressione del
723G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 144
Ad esempio in Italia e in Francia, le normative, rispettivamente agli artt. 122.5 CPI e 71
sexies LDA, richiedono come requisito di legittimità della copia la destinazione non pubblica
della stessa, in modo tale che nessun soggetto , al di là dell'utente originale, sia protetto da tale
eccezione.
724Bernault - Lebois, “Peer-to-peer File Sharing and Literary and Artistic Property - A
Feasibility Study regarding a system of compensation for the exchange of works via the
Internet”, Institute for Research on Private Law, University of Nantes, June 2005, 23-24
La Corte di primo grado di Miaux, con la sentenza del 21 aprile 2005, aveva infatti
condannato un utente per violazione del copyright, poiché aveva scaricato, e posto in
condivisione, delle opere protette tramite un software p2p; la responsabilità dipese proprio dal
fatto che questa condotta esulava dalla nozione di uso privato.
205
legislatore francese.
La prima pronuncia europea con cui sembrò rispondersi alla questione se il mero
download fosse giustificabile secondo l'eccezione di copia personale, fu emessa in
Olanda dalla Corte di Harlem nel maggio 2004. Secondo la corte, nel caso sub
judice, ove degli utenti scaricavano i files da alcuni siti senza autorizzazione, il
download dei files, senza la condivisione degli stessi, non avverrebbe in
violazione della normativa autoriale. Secondo la normativa olandese infatti, un
soggetto è legittimato ad effettuare delle copie di un 'opera protetta, a condizione
che non renda tali opere disponibili al pubblico, senza rilevare se il medesimo sia
o no in legittimo possesso della copia originale 725. Così, secondo la corte olandese,
il legislatore nazionale riterrebbe che la copia privata di un file mp3 illegale sia
lecita; viceversa si configurerebbe come illegittima solo la condotta dell'utente
che renda disponibile al pubblico il file, scaricato .726
Questa decisione, piuttosto isolata in Europa, fu invece seguita dalla Corte
Federale del Canada nel marzo 2004, in una contestazione giudiziale avviata da
alcune major discografiche (BMG, EMI, SONY etc.) contro vari Internet Service
Providers canadesi. La corte stabilì che il download di musica, non condiviso, non
fosse illegale.727 Secondo l'orientamento sostenuto, infatti, il download di un file
su hard disk sarebbe tutelato dall'art. 80.1 della normativa autoriale canadese, la
quale stabilisce che “l'atto di riproduzione di tutte o alcune parti di un'opera non
costituisce violazione del copyright se effettuata a scopo di uso privato”. La corte
confermò quanto era stato già proposto dalla Canadian Commission on Copyright
in una decisione risalente al 2003, “the private copy 2003-2004”728, secondo la
quale “la normativa non prenderebbe posizione su quanto concerne la fonte della
copia....la normativa infatti non richiede che la copia originale sia legale. In
725Brandner, “MP3 : télécharger n’est pas pirater, selon le tribunal d’Haarlem”, 20 May 2004,
www.juriscom.net
726Bernault - Lebois, “Peer-to-peer File Sharing and Literary and Artistic Property - A
Feasibility Study regarding a system of compensation for the exchange of works via the
Internet”, op. cit., 21
727G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit.,144
728Report disponibile su www.cb-cda.gc.ca
206
questo modo non è necessario sapere se la fonte della copia appartenga
all'utente, oppure gli sia stata prestata, o sia stata scaricata da internet.” La
Commissione concluse che il download di file MP3 da Internet sarebbe così
tutelato dalla eccezione di copia privata729, considerando anche il fatto che certi
software p2p permettono agli utenti di non condividere i files scaricati dalla
rete.730
In questo senso, occorre notare come la citata decisione della Corte di
Montpellier, si basava sul fatto che i materiali scaricati fossero stati immagazzinati
sul computer dell'utente per poco tempo, per un utilizzo esclusivamente personale,
senza essere condivisi pertanto con altri utenti. La decisione si era concentrata
quindi sul mero atto di riproduzione da Internet.
Considerando quanto è stato analizzato, le debolezze dimostrate dall'art. 5 della
Direttiva EUCD per quanto riguarda la sua funzione di orientamento, hanno
portato a differenti interpretazioni nei vari Stati Membri circa la sorte del
download non autorizzato. Tuttavia, nonostante le conclusioni delle corti olandesi
e francesi, le recenti dinamiche a livello europeo hanno preso le mosse dalla
legittima preoccupazione che il fenomeno del peer to peer possa definitivamente
stravolgere i precari equilibri dell'industria discografica.731 Come già accennato, in
Germania la normativa autoriale prevede la soluzione più rigorosa al problema del
file sharing non autorizzato considerando specificatamente illegittima la copia
privata effettuata da fonte illecita, impedendo quindi anche il mero download non
autorizzato di opere protette. In linea con questa impostazione, il sistema italiano
punisce gli atti di copia dalle reti p2p tramite sanzioni amministrative. Con il
“Decreto Urbani”, il sistema normativo ha distinto le condotte di condivisione ed
upload, colpite da sanzioni penali, dagli atti di mero download, tutti tuttavia
729Bernault - Lebois, “Peer-to-peer File Sharing and Literary and Artistic Property - A
Feasibility Study regarding a system of compensation for the exchange of works via the
Internet”, op. cit., 21-22
730G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 144
731G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in
Francia: la “copia privata”, Diritto dell'Internet, 2005 n. 3, 274
207
considerati violazioni del diritto d'autore e fonte di risarcimento nei confronti dei
titolari dei diritti sulle opere.732
*****
Per concludere, data la generale situazione di incertezza riscontrata nel quadro
normativo europeo, ed il fatto che né i fini commerciali né quelli di condivisione
furono riscontrati dalle corti nei casi giudiziari di file sharing analizzati, l'unica
restrizione alla libertà dell'utente all'uso personale potrebbe rinvenirsi all'interno
del cd three-step test. Come è stato analizzato nel I capitolo, i rigidi criteri di tale
test, richiamati dall'art. 5.5 della Direttiva EUCD, sembrerebbero negare ai giudici
la giustificazione degli atti di mero download sotto l'eccezione di copia privata, e
pertanto risulta evidente come le corti, nei casi analizzati, non ne abbiano tenuto
conto.733 Il Test pone un triplice vaglio al superamento del quale è sottoposta la
conformità delle eccezioni e limitazioni al diritto d'autore, prevedendo che queste
debbano trovare applicazione solo in (i) determinati casi speciali che (ii) non
contrastino con il normale sfruttamento dell'opera e che (iii) non arrechino
ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.734
Per quanto riguarda il secondo fattore del test, il normale sfruttamento dell'opera, i
giudici, nei casi analizzati, non hanno considerato che questo requisito preclude la
realizzazione della copia privata quando l'utente entri in concorrenza con il
titolare dei diritti. Considerando l'esistenza di diffusi servizi di distribuzione
musicale on-line, che offrono l'acquisto delle opere protette tramite schemi di
licenze legali, gli utenti potevano facilmente acquistare le opere su questi mercati.
Per contro, tramite l'utilizzo delle reti p2p, per ogni file scaricato illegalmente
dagli utenti, senza autorizzazione, si realizzerebbe per l'autore la perdita di un
profitto legittimo. Pertanto risulterebbe evidente il conflitto con il normale
sfruttamento dell'opera protetta, specialmente considerando che non si
732Ibid
733G. Mazziotti “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 145
734Margoni - Ricolfi “Un'interpretazione equilibrata del “Three-Step Test” nel diritto d'autore”,
Diritto dell'informazione e dell'informatica, numero 1, 2009, pag. 159 ss.
208
assisterebbe ad alcun fallimento del mercato dell'uso desiderato delle opere
protette.735
In riferimento al terzo fattore del test, ossia l'ingiustificato pregiudizio degli
interessi del titolare dei diritti, occorre notare che la Direttiva EUCD abbia
consentito l'attuazione dell'eccezione di copia privata, subordinandola alla
condizione che il titolare dei diritti riceva una equa compensazione, poiché tale
compensazione servirebbe ad attenuare i pregiudizi causati dalla concessione
dell'eccezione al diritto di esclusiva dell'autore, ed i pregiudizi all'interesse del
medesimo ad ottenere una remunerazione per l'utilizzo della sua opera. 736 In
particolare, in Francia (come del resto nella quasi totalità degli altri Stati Membri),
i personal computers, che nel caso del file sharing funzionano come dispositivi di
riproduzione e supporto delle opere scaricate, non erano contenuti nella lista dei
dispositivi di copia sottoposti al regime delle copyright levies, su cui pertanto non
viene imposto l'equo compenso. Le corti di Rodez e Montpellier sembrarono
convinte che il fatto che i contenuti scaricati venissero trasferiti su supporti
materiali (i CD), soggetti invece all'equo compenso, potesse giustificare
l'originario atto di download sui personal computer all'interno dell'eccezione di
copia privata, confondendo tuttavia lo stato legale del download autorizzato con il
conseguente atto di riproduzione sui supporti materiale, che sarebbe stato
giustificato dal sistema di levies.737
In conclusione, l'analisi delle decisioni delle corti francesi ed olandesi non
sembrerebbe condivisibile alla luce del three step test.
Fino a quando non venga attuato un sistema di compensazione completo, che
sottoponga tutti i dispositivi utilizzati per il file sharing al regime di levies, e renda
ragionevole il pregiudizio subito dall'autore738, l'eccezione di copia privata non
735G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 150
736C. Geiger, “The Role of the Three-Step Test in the Adaptation of Copyright Law to the
Information Society”, e-Copyright Bulletin, January - March 2007, 7-9
737G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 151
738G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 152
209
sembra potersi applicare al download non autorizzato tramite i sistemi p2p.739
4.2 Comparazione delle normative dei paesi common law e civil
law: Stati Uniti, Regno Unito, Canada.
Stati Uniti, Canada e Regno Unito adottarono soluzioni diverse per rispondere al
problema del file sharing e regolare la responsabilità degli utenti finali per la
riproduzione privata e la condivisione delle opere protette.740
Negli Stati Uniti, in risposta alle difficoltà incontrate nei casi Grokster e
Morpheus, data la decentralizzazione dei sistemi post-Napster e la difficoltà nel
dimostrare la responsabilità dei service providers, la RIAA venne incoraggiata ad
utilizzare le rigide previsioni del DMCA come arma ai fini di cominciare una
ampia battaglia contro gli utenti finali coinvolti in attività di file-sharing
illegittimo.741 Si è analizzato come l'applicabilità della fair use doctrine al file
sharing sia stata negata dalla corti in conseguenza della costante espansione delle
reti p2p e del danno al mercato dell'industria discografica americana.
739Il problema è risultato molto sentito in ambito dottrinale e non solo, richiamando l'attenzione
della Commissione Europea verso una riforma dell'attuale sistema di levies, e stimolando molti
autori alla ricerca di validi sistemi di compensazione che giustifichino la legalizzazione del
download tramite i sistemi p2p. Così N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to
Allow Free Peer-to-Peer File Sharing”, op. cit.; Botein - Samuels, “COMPULSORY
LICENSES IN PEER-TO-PEER FILE SHARING: A WORKABLE SOLUTION?”, 30
SOUTHERN ILLINOIS UNIVERSITY LAW JOURNAL 69 (2005); Lessig, “Free culture”, op.
cit.; Fisher, “Promises to Keep: Technology, Law, and the Future of Entertaiment”, Stanford
University Press 2004; Jefferson Graham, “Kazaa, Verizon propose to Pay Artist directly”,
USA Today, 2002; Reform Joseph Gratz, “In The “Brave Kingdom”: Alternative
Compensation Systems For Peer-To-Peer File Sharing”, MINN. J.L. SCI. & TECH., 2004, 404
ss; Litman, “Sharing & Stealing”, 27 HASTINGS COMM. & ENT. L.J, 2004; OKSANEN &
VÄLIMÄKI “COPYRIGHT LEVIES AS AN ALTERNATIVE COMPENSATION METHOD
FOR RECORDING ARTISTS AND TECHNOLOGICAL DEVELOPMENT” Review of
Economic Research on Copyright Issues, 2005, vol. 2(2), 25-39.
740Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal
liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”, International
Journal of Law and Information Technology , Vol 14 2006, 7 ss
741R.. Swope “Peer-to-Peer File Sharing and Copyright Infringement: Danger Ahead for
Individuals Sharing Files on the Internet”, 44 Santa Clara L. Rev. 2004, 866 ss
210
Il file sharing non autorizzato in particolare, viola le disposizioni contenute nel
Copyright Act alle § 114 e 115, che modificate dal Digital Performance Right in
Sound Recordings Act del 1995 e dal DMCA, hanno portato ad un'espansione e
rafforzamento dei diritti di esclusiva dell'autore nel contesto del digitale.742
Le violazioni al copyright considerate sotto la 17 U.S.C. § 501, che prende in
considerazione la riproduzione non autorizzata e la trasmissione delle opere,
comportano sanzioni pesanti, che possono portare ad un risarcimento che va da
750$ a 150.000$ per opera, in grado di raggiungere una multa di 300.000$ per
opera in caso di “willful infringement”. Nel citato caso Tenembaum infatti, il
giovane studente americano è stato condannato ad un risarcimento pari a 675.000$
per aver condiviso 30 canzoni, considerando un risarcimento di 22.500$ a
brano.743
In Inghilterra, con l'emanazione del “Copyright and Related Rights Regulation”
del 2003, recependo la Direttiva EUCD, venne imposto un maggiore rigore della
normativa autoriale. All'interno del Copyright, Designs and Patents Act del 1988
(CDPA), l'art 107.1 introduce una responsabilità penale per la copia di opere
protette per scopi illeciti o di distribuzione di tali opere, ossia la pirateria
tradizionale. L'art. 107.2, una controversa disposizione introdotta dalla Copyright
Regulation, dispone la responsabilità per gli utenti finali per le attività di file
shairng di files protetti, anche in caso di download per usi personali e non
commerciali.744
Inoltre la Copyright Regulation modificò l'art. 20 del CDPA allo scopo di
garantire ai titolari dei diritti maggiori poteri in relazione al loro diritto esclusivo
di controllare come le loro opere vengano comunicate elettronicamente al
pubblico. Pertanto, il concetto di comunicazione al pubblico incluse la
condivisione di un opera su Internet. Il CDPA quindi, fornisce delle linee guida
742R. Swope “Peer-to-Peer File Sharing and Copyright Infringement: Danger Ahead for
Individuals Sharing Files on the Internet”, op. cit., 877
743“RIAA v. Joel Tennenbaum”, RIDA, op. cit., 71 ss
744Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal
liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”, op. cit., 204
211
molto chiare circa il file sharing tramite le reti p2p, e individua una violazione del
copyright azionabile in giudizio all'art.16 per il download non autorizzato di files
protetti, mentre per la condivisione di tali files tramite le reti p2p viene
individuata una ulteriore violazione del diritto di distribuzione dei titolari dei
diritti.745
Infine l'applicazione del principio del fair dealing nel Regno Unito, in contrasto
con l'orientamento delle costi statunitensi per quanto riguarda il fair use, risulta
molto rigida, e limitata a determinate situazioni. Le corti hanno infatti strutturato
l'eccezione di fair dealing come esclusivo strumento di difesa, legato per altro ad
un difficile onere probatorio.
In Canada si è preferito adottare un atteggiamento cd “wait and see”, senza
l'adozione di interventi legislativi drastici, che cerca di trarre vantaggi
dall'esperienza statunitense ed europea per quanto riguarda i problemi provocati
dalla diffusione del p2p file sharing. In attesa quindi di future modifiche, l'art. 27
del Copyright Act Canadese, che dispone la responsabilità per le violazioni dei
diritti di esclusiva dell'autore, è stato applicato nel contesto del cyberspace nella
Copyright Board's tariff 22 decision,del 1999, per sanzionare gli atti di
distribuzione delle opere digitali online, colpendo qualsiasi comunicazione
dell'opera tali da rendere la stessa accessibile ad un gruppo non stretto di persone.
Come già sottolineato, l'art. 80 del Copyright Act prevede l'applicazione
dell'eccezione di copia privata alle opere protette scaricate dalla rete a scopo
personale, a condizione cioè che non siano condivise.746 Peraltro l'eccezione di
fair dealing viene interpretata dalle corti canadesi in modo molto più elastico
rispetto a quanto avviene nel Regno Unito, e l'applicazione dei relativi parametri
risulta meno rigida, allo scopo limitare le restrizioni all'accesso dell'opera imposte
dai titolari dei diritti, nell'ottica di assicurare un bilanciamento effettivo dei diritti
745Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal
liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”,op. Cit., 203205
746Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal
liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”,op. Cit., 207
212
in gioco tra titolari ed utenti finali.
4.3.2 Europa continentale.
In Francia non ci sono stati casi equivalenti a quelli di Naspter e Grokster.
Pertanto le iniziative legali sono state esperite solamente contro i singoli utenti.
Infatti il quadro legale francese, circa il p2p file sharing e la distribuzione del
software, non permetterebbe di arrivare a conclusioni analoghe a quelle del caso
Groskter. 747 Il Code de la Propriété Intellectuelle prevede infatti una serie di diritti
in favore dell'autore, tra i quali il diritto di attribuzione, il diritto al rispetto
dell'opera, il diritto di riproduzione, di rappresentazione ed il diritto di
comunicazione (introdotto nella normativa francese con la trasposizione della
Direttiva EUCD del 2001), il diritto di destinazione o diritto al controllo sull'uso
delle copie effettuate legalmente. Questi diritti comportano la possibilità di
proibire agli utenti gli atti di riproduzione e diffusione non autorizzati, senza
tuttavia considerare la condotta dei soggetti che forniscono ai medesimi utenti i
mezzi per utilizzare l'opera dell'autore senza il suo permesso.748
Il Tribunal de Grande Instance de Paris, con una decisione del dicembre 2005,
dichiarò che il file sharing tramite le reti p2p è legale.749 I presupposti di tale
legalità si fondavano sull'eccezione di copia privata per gli audiovisivi che è
prevista dalla legge francese, all'art. 122-5 del Code de la Proprietè Intellectuelle.
Mentre nel caso Grokster, la corte fondò la propria decisione sul fatto che i
convenuti avevano incoraggiato la violazione del copyright, tramite la inducement
doctrine, in Francia, all'interno della normativa autoriale, non viene ravvisata
alcuna offesa del copyright tramite l'induzione alla sua violazione.
747M. Daly, “Life After Grokster: Analysis of US and European Apporoaches to file-sharing”,
E.I.P.R, 2007, 321
748Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the
Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 46
749Societè Civile des Producteurs Phonographiques v Anthony G 31ème chambre/2, 2 dicembre
2005
213
Infatti, nel determinare la responsabilità indiretta, le corti hanno spesso utilizzato
le previsioni specifiche della proprietà intellettuale unitamente ai principi generali.
Le previsioni più generali del Code de la Propriété Intellectuelle, quelle cioè che
non hanno specificatamente ad obbiettivo l'attività di agevolazione delle
violazioni, sono state tuttavia interpretate dalle corti per una pertinente
applicazione ai casi di fornitura dei mezzi per compiere le violazioni750
La situazione potrebbe essere cambiata con l'adozione del DAVDSI Bill da parte
del Parlamento francese, in data 30 giugno 2006, tramite il quale sarebbe possibile
citare in giudizio un software provider che incoraggi le violazioni del copyright.
Tale legge ha introdotto l'art. 322-2 , all'interno della parte penale del Code de la
Propriété Intellectuelle, allo scopo di rendere i service providers penalmente
responsabili quando consapevolmente pubblichino, rendano disponibili o
comunichino al pubblico, in qualsiasi forma, dei software onde fornire l'accesso
non autorizzato alle opere protette, o che incoraggino consapevolmente l'uso di
tale software.
L'obbiettivo del DADVSI Bill è di punire tali compagnie che promuovano le
violazioni del copyright, attraverso una multa di 300.000 € e/o la reclusione fino
a tre anni.751
In Germania, come in molti altri paesi europei, la normativa autoriale non prevede
espressamente una responsabilità “secondaria” per le violazioni del copyright, e la
distribuzione dei programmi di file sharing non comporta di per sé responsabilità
750Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the
Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 51
In alcuni casi le corti hanno infatti ritenuto colpevoli alcuni utenti per aver riprodotto files
musicali su dei siti, così concedendone la disponibilità ad altri soggetti, tramite alcuni
collegamenti ipertestuali. In questi casi le corti ritennero responsabili tali soggetti per la
violazione dei diritti di riproduzione e disseminazione, e la messa a disposizione dei
fonogrammi. (TGI Saint-Etienne, 6 dècembre 1999, Comm. Com. Electr. 2000, comm. N°76).
In un altro caso, la Corte Distrettuale di Epinal, nel 2000, ritenne illegittimo il semplice atto
di creazione di link ipertestuali, al fine di trasferire gli utenti a siti che offrissero la possibilità
di scaricare dei file MP3, ai sensi degli art. 335-3 e 335-4 del Code de la Proprietè
Intellectuelle. (TGI Epinal, Comm. Com. Electr. 2000, comm. 125°.
751M. Daly, “Life After Grokster: Analysis of US and European Apporoaches to file-sharing”,
E.I.P.R, 2007, 321
214
per la violazione dei terzi mediante l'uso di tali softwares.
Sussiste comunque un onere di diligenza che impone la responsabilità indiretta
allorché le azioni, o le omissioni, di una parte contribuiscano alla violazione del
copyright da parte del terzo. I fattori, che determinano l'estensione di questo onere
di diligenza, includono la probabilità o la anticipazione della violazione da parte
dei terzi tramite il programma distribuito, il controllo che può essere esercitato
sugli atti illeciti e qualsiasi interesse di ordine finanziario del provider, connesso
agli atti del diretto responsabile.752
Il file sharing in Germania è legale nel momento in cui il file-sharer possieda tutti
i diritti o quantomeno i diritti di distribuzione online dell'opera che condivide.
Di conseguenza, la condivisione di materiale per cui l'uploader non abbia una
licenza è illegale. L'eccezione di copia privata si applica in Germania all'uso
privato, a meno che la copia venga effettuata da un'altra copia che sia
riconoscibilmente illegale. Quando la copia sia manifestamente illegale, la
riproduzione di tale materiale non rientra nell'eccezione di copia privata.
Nel marzo 2006 il Consiglio Federale tedesco, Bundesrat, approvò la proposta di
un nuovo disegno di legge sulla normativa di diritto d'autore, che avrebbe
assicurato la responsabilità penale per gli utenti, rei di aver scaricato opere
audiovisive protette, nonché per la messa a disposizione di tali files al pubblico.753
In Spagna, la nuova Ley de Propriedad Intelectual, approvata il 22 giugno 2006,
sancisce l'illegittimità della condivisione non autorizzata sulle reti p2p di
materiale protetto e, pertanto, esclude l'applicabilità dell'eccezione di copia privata
nell'ambito di tali circostanze. Gli utenti che vengono scoperti durante le attività
di condivisione dei files sono soggetti a sanzioni, anche se i contenuti vengano
scaricati per uso personale.754
La nuova normativa prevede inoltre sanzioni penali contro i service providers che
752Ibid 321
753Ibid 322
754Ibid 323
215
facilitano il download non autorizzato.
4.4 Conseguenze penali.
In Francia l'atto di rendere disponibile un fonogramma concreta una specifica
violazione a livello penale, prevista dall'art 335-4 del Code de la Propriété
Intellectuelle755.
Se la colpa del terzo non può fondarsi sulla normativa di cui al Code de la
Propriété Intellectuelle, allora è necessario riferirsi ad un altro metodo di
valutazione, e la fornitura dei mezzi per compiere la violazione potrà essere fonte
di responsabilità, ai sensi delle previsioni generali della normativa penale in
riferimento agli articoli 121-6 e 121-7 del Code Penal, relativi alla complicità.
Peraltro, come stabilito dalla Corte d'Appello di Parigi 756, la responsabilità penale
del fornitore dei mezzi idonei alla violazione dovrebbe essere subordinata alla
consapevolezza, alla commercialità dell'attività, al numero di copie, ed alla
coscienza che l'utente utilizzerà tali mezzi in modo fraudolento. Qui risiede la
differenza con la responsabilità diretta per le violazioni dei diritti d'autore, poiché
per gli illeciti diretti l'elemento intenzionale non è richiesto dalla normativa
civilistica, quando la normativa penale richiede una negligenza o una mancanza di
vigilanza.757
Per il Code de la Propriété Intellectuelle, l'elemento della intenzionalità è
755Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the
Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 51
In una decisione della Corte d'Appello di Aix en Provence, del 10 marzo 2004, un soggetto che
aveva inserito sul suo sito web dei link di altri siti che offrivano la possibilità di download
illegali, venne condannato in un procedimento penale per responsabilità concorrente. (comm.
Com. Electr. 2004, comm. no. 103
756CA Paris, 13 ch. A., 13 ottobre 1998. Il caso non riguardava le reti p2p, bensì la vendita di
dispositivi di registrazione e riproduzione che permettevano agli utenti di salvare e riprodurre
video games protetti da un codice; tuttavia la soluzione che ha stabilito il requisito della
consapevolezza, da parte del venditore dei dispositivi, degli utilizzi illeciti può essere
pacificamente trasposta ai casi di p2p file sharing. Cfr: . Y. Gaubiac - J. Ginsburg,
“Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the Common Law and Civil Law
System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 50 ss
757Ibid 66
216
implicito nella condotta materiale poiché, dal compimento dell'atto, la persona
implicitamente è consapevole della natura illegale della condotta.
In Italia il Decreto Urbani ha radicalmente modificato l'art. 171 ter Lda,
innalzando il livello di tutela penale e ampliando le tipologie di reato. L'art. 171
ter punisce infatti il soggetto che, per uso non personale e al fine di trarne profitto,
abusivamente duplica, riproduce, trasmette diffonde in pubblico qualsiasi
procedimento, in tutto o in parte, un'opera dell'ingegno, con la reclusione da sei
mesi a tre anni, o con la multa da 2.582 € a 15.493 €. Questa recente modifica ha
inoltre sostituito il termine “profitto” con quello di “lucro”, allargando la sfera dei
soggetti destinatari della norma, in quanto per lucro si intende esclusivamente un
guadagno patrimoniale consistente nell'acquisizione di uno o più beni, non
coincidente col profitto, termine che detiene un significato ben più ampio, e che
può indicare sia il lucro, che la mancata perdita, o spesa. Tale stratagemma era
stato appunto introdotto allo scopo di colpire chi, scaricando un'opera da Internet,
evitasse l'acquisto e quindi la relativa perdita patrimoniale, o spesa.758
Inoltre, con l'introduzione al secondo comma della lettera a-bis, si è inteso colpire
direttamente il fenomeno del p2p, specificando che soggiace alla medesima
sanzione, la reclusione da uno a quattro anni, il soggetto che condivide in un
sistema di reti telematiche, opere protette da copyright. La sanzione per chi si
limita al download invece, come espresso dall'art. 174 bis, è di carattere
amministrativo e pari al doppio del prezzo di mercato dell'opera, ed in misura non
superiore a 103 € per duplicato.759
Ci si è chiesti quindi se all'interno di questo rinnovato quadro normativo, il
download sia reato.
A risolvere la questione è intervenuta la Corte di Cassazione 760, nel 2007, che ha
758G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in
Francia: la “copia privata”, op. cit., 275
759G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in
Francia: la “copia privata”, op. cit., 276
760Corte di Cassazione, sez. III penale, 9 gennaio 2007, n. 149
217
espresso il suo orientamento in tema do download di file musicali, affermando che
lo scaricamento è vietato solo se realizzato a scopo di lucro. 761 La vicenda
riguardava alcuni studenti del Politecnico di Torino, i quali avevano creato una
piccola rete p2p, grazie alla quale venivano scaricati programmi tutelati da
copyright, e che venivano a loro volta condivisi tra gli studenti, senza richiedere
alcun corrispettivo.
Il punto di diritto è l'interpretazione delle espressioni “scopo di lucro” e “scopo di
profitto”.762 La Corte Suprema stabilì infatti che in tema di duplicazione illecita e
diffusione dei programmi e opere cinematografiche, l'art. 171-ter anteriore alle
modifiche della l. 248 del 2000, richiedeva il dolo specifico del fine di lucro, da
interpretarsi “non come qualsiasi vantaggio, né mero risparmio di spesa, ma come
guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte
dell'autore del fatto, con conseguente restrizione della soglia di punibilità”.763
Pertanto la Corte ritenne che non vi era “fine di lucro” nella condotta dei giovani
studenti torinesi, che quindi non comportava alcuna violazione della normativa,
poiché ai sensi dell'art. 171 ter, il download rileva penalmente solo se commesso
per uso non personale e con finalità di lucro.764
La Corte riconobbe quindi la necessita di distinguere tra pirateria, ossia il
download a scopo di lucro, comportante un'attività economica ed illecita, ed il
download uso personale, senza scopo di lucro e di per sé lecito. 765 Risulta quindi
utile sottolineare un punto della ratio decidendi della sentenza, di portata generale
e che va oltre l'evoluzione dello specifico dato normativo766, quando la Corte
Suprema osserva che “le differenze terminologiche adoperate dal legislatore nelle
761P. Sorbello, “Musica in rete tra pirateria ed uso personale: profili penalistici”, Riv. Dir. Ind.,
2008, II, 17 ss
762V. Franceschelli, “Musica in rete tra pirateria e uso personale ( la libera circolazione delle
idee in internet è cosa troppo seria per lasciarla al diritto penale)”, Riv. Dir. Ind., 2007, II, 186
763V. Franceschelli, “Convergenza”, in Diritto delle nuove Tecnologie, Giuffrè, 2009, 194 ss
764P. Sorbello, “Musica in rete tra pirateria ed uso personale: profili penalistici”, op. cit., 20
765V. Franceschelli, “Musica in rete tra pirateria e uso personale ( la libera circolazione delle
idee in internet è cosa troppo seria per lasciarla al diritto penale)”, op. cit., 89
766Ibid
218
varie formulazioni degli artt. 171 bis e 171 ter della Lda non sono esclusivamente
finalizzate ad assicurare una sempre più adeguata tutela del diritto d'autore... bensì
anche dalla finalità di contemperare le predette esigenze di tutela con quella di
garantire la circolazione delle opere dell'ingegno, quale progresso sociale e
culturale”.
4.5 Il difficile equilibrio tra sanzioni e tutela della privacy.
Come analizzato nel capitolo I, l'introduzione dell'eccezione di copia privata nei
sistemi di civil law, venne tradizionalmente giustificata dall'obbiettivo pubblico di
preservare la privacy dell'utente quando l'opera protetta venga utilizzata nella
sfera domestica. Nel nuovo ambiente digitale il bisogno di preservare tale privacy
aumenta poiché nel innovato contesto tecnologico, i nuovi sistemi di controllo
permettono l'”inseguimento” dell'utente sulla rete767.
Le varie collecting societies, allo scopo di combattere le violazioni del copyright
attuate tramite le reti p2p, hanno adottato una serie di strategie, tra cui l'utilizzo di
programmi per l'identificazione dei dati personali, allo scopo di perseguire in
giudizio gli utenti finali coinvolti in attività di file sharing illegale. A questo scopo
vengono infatti utilizzate delle applicazioni dette “bots”, “search robots” o
“spiders”, che investigando i computers connessi alla rete, sono in grado di
raccogliere una significativa quantità di informazioni, quali gli indirizzi IP ed i
nominativi degli utenti, che vengono poi memorizzate su dei database.768
Il quadro legislativo statunitense relativo alla materia delle reti p2p, sembra
andare verso una scala di valori che antepone la tutela del copyright alla tutela
della privacy. Nella pratica, è stata permessa una strategia, che mira a colpire
767G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 148
768O. C. Vincent, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the EC Personal Data Directive”, op. cit., 275-276
219
direttamente gli utenti delle reti p2p, basata sulla privatizzazione della tutela del
copyright, con una conseguente compressione dei margini della privacy. 769 Il
DMCA affianco al cd notice-and-takedown process, di cui si è detto nel capitolo
precedente, che incentiva una vasta attività di sorveglianza e di investigazione
privata da parte dei titolari del copyright, ha previsto, alla 17 U.S.C. § 512 , un
potente strumento stragiudiziale che consente ai titolari del copyright di
richiedere, sulla base del convincimento in buona fede della avvenuta violazione
del diritto di esclusiva, ad alcune categorie di Internet Service Provider (ISP)
l'identità dei propri utenti che si presume abbiano commesso una violazione del
copyright. Si tratta di un subpoena speciale creato ad hoc per la tutele delle opere
protette in Internet.770
La RIAA, nell'ambito di tale strategia che mira a colpire direttamente gli utenti
finali delle reti p2p, ha avviato numerose attività di monitoraggio delle reti e degli
indirizzi IP corrispondenti ad attività in violazione del copyright. Tuttavia
l'indirizzo IP da solo non consente l'identificazione del presunto trasgressore, e per
tanto la collecting society è stata costretta a richiedere ai vari ISP l'identità
dell'utente associato all'indirizzo IP. Nel più importante caso in materia, RIAA v
Verizon771, la RIAA mediante il subpoena speciale previsto dal DMCA, aveva
chiesto all'ISP Verizon le identità associate ad alcuni indirizzi IP, ottenendo in
risposta un netto rifiuto da parte del ISP, in base ad una serie di considerazioni
giuridiche. Durante il conseguente processo di primo grado, i giudici ordinarono a
Verizon di svelare i nomi degli utenti richiesti dalla RIAA. 772 La Corte d'Appello
tuttavia ritenne illegittimo il ricorso al subpoena, poiché stabilì che le previsioni
del DMCA in questione fossero applicabili ai soli ISP che provvedessero alla
memorizzazione sui propri computers del materiale illegittimo, mentre Verizon,
769R. Caso, “il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso
Peppermint – Profili di diritto comparato”, Diritto dell'Internet, n. 5 2007 472 ss
770Ibid, 473
771Recording Indus. Ass'n of Am. v. Verizon Internet Serv, Inc., 351 F. 3d 1229 (D.C. Cir. 2003)
772O. C. Vincent, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the EC Personal Data Directive”, op. Cit., 290
220
come nel caso delle reti p2p, si limitava ad offrire la mera connessione alla rete.773
In questo modo la sentenza Verizon ha rappresentato un argine alla deriva più
estremista della privatizzazione della tutela del copyright, che fa leva sul
subpoena previsto dal DMCA. Tuttavia il quadro normativo americano rimane un
terreno fertile per le aggressive strategie che mirano a colpire gli utenti finali delle
reti p2p, con ciò che ne consegue in termini di privacy, ed è dimostrato dal fatto
che la RIAA ha continuato la sua politica di monitoraggio ed identificazione dei
presunti violatori in via giudiziale quanto stragiudiziale.774
In Europa la materia viene regolata innanzitutto dalla Direttiva 95/46/CE sulla
protezione dei dati personali, che pone le condizioni per il trattamento e la
raccolta di tali dati.775 La Direttiva all'art. 2 tutela infatti gli indirizzi IP come dati
personali proprio perchè consentono l'identificazione della persona interessata.776
La Direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, finalizzata
al rafforzamento della posizione soggettiva dei titolari dei diritti, ha permesso
l'ostensibilità dei dati facendo salve le disposizioni regolamentari, nazionali e
comunitarie, per la protezione e riservatezza dei dati personali. La Direttiva in
particolare, agli artt. 8 e 9, contempla espressamente la possibilità di estensione
della richiesta dei dati all'autore della violazione, nonché ai soggetti diversi dagli
autori della violazione, che abbiano fornito i servizi strumentalmente usati per
compiere l'illecito. In Italia, l'adozione di tale Direttiva, ha poi comportato
l'introduzione dell'art. 156 bis Lda, che consente di agire in via d'urgenza per
ottenere dagli ISP l'ostensione dei nominativi dei soggetti assegnatari degli IP
precedentemente acquisiti.777
773Ibid
774R. Caso, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso
Peppermint – Profili di diritto comparato”, op. cit., 473 ss
775O. C. Vincent, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs.
the EC Personal Data Directive”, op. Cit., 281 ss
776R.Caso, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso
Peppermint – Profili di diritto comparato”, op. cit., 475-476
777G. Scorza, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso
Peppermint – Profili di diritto interno”, Diritto dell'Internet, n. 5 2007, 465 ss
221
Nel caso Peppermint778, la piccola etichetta discografica Peppermint e la
produttrice di videogiochi Techland, avevano proposto un ricorso cautelare contro
Wind, avente ad oggetto la richiesta di comunicazione ed ostensione dei dati
anagrafici necessari all'identificazione di alcuni soggetti responsabili di violazione
del diritto d'autore di cui le stesse erano titolari, avvenuta tramite attività di file
sharing non autorizzato su reti p2p, in considerazione del fatto che Wind in quanto
provider dell'accesso ad Internet, aveva fornito i servizi necessari alla connessione
alla rete utilizzata per la violazione, ed era quindi in possesso delle generalità
degli utenti. La decisione del Tribunale di Roma, anche in seguito all'intervento
del Garante per la protezione dei dati, escluse tuttavia la possibilità di ottenere i
dati identificativi degli utenti, affermando il principio della prevalenza della
disciplina in materia di privacy nelle comunicazioni elettroniche, come disposta
dalla Direttiva 2002/58/CE, su quella dettata dalla legge sul diritto d'autore. I
giudici ritennero infatti illecita la raccolta degli indirizzi IP degli utenti della rete
p2p in assenza di prestazione di idonea informativa agli interessati, acquisizione
del consenso e notifica al Garante per il trattamento dei dati personali.779
Questa decisione dimostra come il diritto d'autore euro-italiano sia orientato verso
un rafforzamento, come si è notato anche a riguardo della disciplina del DRM
nella Direttiva EUCD; tuttavia occorre notare come il contesto normativo
europeo, a differenza di quello statunitense, risulti maggiormente equilibrato,
potendo contare su una normativa generale in materia di protezione dei dati assai
rigorosa, ove la privacy nelle comunicazioni elettroniche merita una maggiore
protezione rispetto alle attività di sorveglianza ed autotutela privata.
La tendenza alla privatizzazione della tutela della proprietà intellettuale nel
cyberspace, sembra peraltro comportare enormi costi sociali, a fronte della
scarsità dei benefici sperati; pertanto in molti si sono chiesti se non sia il caso
778Tribunale di Roma, Sez. IX civ., ord. 14 luglio 2007, Techland Sp. Z O.O. E Peppermint Jam
Reecords GmbH c. Wind Telecomunicazioni S.p.a.
779G. Scorza, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso
Peppermint – Profili di diritto interno”, op. cit., 463
222
insistere su soluzioni alternative alla contrapposizione frontale tra titolari e fruitori
delle opere protette, con l'obbiettivo di rendere lecito il file sharing trovando
soluzioni che consentano la retribuzione adeguata degli autori nel nuovo contesto
digitale.780
780R. Caso, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso
Peppermint – Profili di diritto comparato”, op. cit., 477; così anche L. Lessig, “Cultura
Libera”, op cit.
223
Conclusioni
Si è cercato di analizzare la disciplina della copia privata sottolineando le
difficoltà che tale istituto ha dovuto e dovrà affrontare nel tentativo di preservare
un'area di libertà nel nuovo contesto digitale. Mentre nel vecchio mondo
analogico l'area della riproduzione privata era protetta dalla dimensione dell'uso
personale, che ne garantiva il libero utilizzo nella sfera domestica, oggi tale libertà
risulta all'atto pratico sensibilmente ridotta.
Si è cercato di illustrare come la combinazione di misure tecnologiche protette e la
presenza di licenze sul mercato, possano determinare un'assoluta ed illimitata
protezione ai privilegi dei titolari dei diritti d'autore sulle opere. Costoro infatti
contano su una serie combinata di protezioni, quella accordata dal copyright, la
protezione tecnologica, la protezione legale delle misure tecnologiche, e la tutela
derivante dai contratti.781
Se le libere utilizzazioni erano intese come mezzi per raggiungere il bilanciamento
tra gli interessi dei titolari e quello generale del pubblico alla diffusione della
conoscenza, si è rilevato come le nuove tecnologie abbiano aumentato le difficoltà
per mantenere in equilibrio tale bilanciamento.
Le soluzioni legislative americane ed europee, attuate tramite il DMCA e la
Direttiva EUCD, hanno mostrato una netta tendenza alla protezione dei contenuti
e della gestione dei diritti, i quali sono considerati fondamentali per assicurare il
controllo sui business models. Si è notato come tali sistemi normativi frustrino il
fair use, le libere utilizzazioni, e in generale, gli altri privilegi dell'utente.
Pertanto, in molti hanno criticato tali scelte perchè scoraggerebbero, tra l'altro la
libertà di parola e la ricerca scientifica, ed infine limiterebbero la concorrenza.782
781N. Lucchi, “Digital Media &intellectual Property – Management of Rights and Consumer
Protection in a Comparative Analysis”, op. cit.
782P. B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant, and Possibly Invalid”, op.
cit., 499; T. W. Bell, “Fair Use vs. Fared Use: the Impact of Automated Rights Management on
Copyright's Fair Use Doctrine”, op. cit., 557; P. Samuelson, “Intellectual Property and the
224
Ciò che preoccupa è la conseguenza di tale impostazione: riservando alle
eccezioni un trattamento che ne riduca la rilevanza pratica, postergando il loro
esercizio al diritto dell'autore di proteggere e “chiudere a chiave” la propria opera,
si finisce per accettare il bilancio che il titolare stesso ha imposto, superando
quello dettato dalla legge, e così finendo per dettare unilateralmente le regole del
gioco, rimpiazzando la finalità del copyright con una regolamentazione privata.783
Come affermato dalla Corte d'Appello di Parigi nel caso Mullholland Drive, il
titolare dei diritti non può unilateralmente aggiustare il bilanciamento degli
interessi disposto dalla legge. In quest'ottica, tenuto conto che il monopolio
accordato all'autore è destinato a servire la finalità prima del copyright, cioè la
diffusione della cultura, è importante sottolineare e ripetere che la tecnologia non
deve prevalere sulla legge.
*****
Il problema della copia privata rileva anche per quanto riguarda la condivisione
delle copie attuata tramite le reti p2p, fenomeno che ha raggiunto tali dimensioni e
valori economici da provocare le reazioni del mondo politico, e richiederne
un'accurata riflessione. Sotto un profilo meramente giuridico, si è cercato di
analizzare se il download non autorizzato delle copie delle opere protette possa
essere ricompreso, e tutelato, dall'eccezione di copia privata. La conclusione cui si
è pervenuti è stata negativa, nonostante alcune corti abbiano ritenuto di poter
tollerare tali pratiche finchè esercitate per uso personale: poiché la copia privata
prevede un meccanismo di compensazione appositamente ideato, per rendere non
irragionevole il danno all'autore in caso di download dalle reti p2p, cioè per
soddisfare i requisiti del three step test, sarebbe necessario imporre un apposito
sistema di compenso anche per tali attività. 784 Questa indicazione era già stata
suggerita nel caso Napster, quando allo scopo di rendere lecito e continuare il
Digital Economy: Why the Anti-Circumvention Regulations Need to be Revised”, op. cit., 519
783C. Geiger, “The Private Copying Exception, an Area of Freedom (Temporarily) Preserved in
the Digital Enviroinment”, op. cit., 75
784G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law And The End-User”, op. cit.
225
servizio di p2p – file sharing, i giudici americani richiesero il pagamento per gli
utenti di un canone fisso mensile.
Durante i primi anni del nuovo millennio, i titolari dei diritti d'autore si sono
quindi impegnati in tutti i modi per per far fronte all'emergenza delle reti p2p,
accusando tali tecnologie di eliminare gli incentivi alla creatività degli autori e dei
produttori di opere, così danneggiando le finalità stesse del copyright di diffusione
della cultura e dell'informazione. Ne derivò una lunga serie di battaglie legali,
prima contro i fornitori dei servizi p2p, poi contro i singoli utenti scoperti a
scaricare e condividere le canzoni sulla rete.
Molti autori hanno invece riconosciuto la portata innovativa del p2p, non
limitando la funzionalità delle reti al download di musica e film, ma sottolineando
in particolare le possibilità offerte da queste tecnologie di diffusione culturale e
delle informazioni senza precedenti, sia per quanto riguarda le possibilità di
ricerca del materiale, che per il nuovo ruolo dell'utente e le nuove forme di
creatività.785
Nel dicembre 2005 il Parlamento Francese effettuò il primo tentativo, poi
sfumato, di legalizzare queste nuove tecnologie, poiché, nonostante le minacce e
le battaglie legali, i sistemi p2p erano in continua espansione. Venne infatti
approvato un emendamento alla proposta di legge per la trasposizione della
Direttiva EUCD del 2001, ai fini di decriminalizzare l'utilizzo di software di p2p
file sharing. La proposta prevedeva la legalizzazione dello scambio di files
audiovisivi su Internet, o in altre parole l'estensione dell'eccezione di copia privata
785N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to Allow Free Peer-to-Peer File Sharing.”,
op. cit., 3; (“... we should rigorously applaud the online collecting, swapping,
reworking, and remixing of music, films, television programs, art, and stories. P2P file
sharing is not just downloading music and movies for free. It is a vehicle for finding works that
are otherwise not available, discovering new genres, making personalized compilations, and
posting creative remixes, sequels, and modifications of popular works. By engaging in such
activities, people who might previously have been passive consumers now assert a more active,
self-defining role in the enjoyment, use, and creation of cultural expression. They also share
their interests, creativity, and active enjoyment with others. As Larry Lessig crisply puts
it: “This is the art through which free culture is built.””)
226
ai download di tali files.786 Il nuovo sistema che si andava proponendo conteneva
infatti anche uno schema fisso di levies, inizialmente pari a 6,50€ circa mensili.787
Pertanto, in un momento in cui la information economy sembrava assai ottimista
rispetto alle nuove prospettive della digitalizzazione, anche in riferimento alla
gratuità dei contenuti su Internet788, la risposta politica francese al problema del
p2p, fu nel senso di recepire quelle proposte della dottrina che, ai fini di
proteggere e sviluppare una tecnologia tanto efficiente ed innovativa, come il p2p,
avevano studiato dei sistemi per compensare e remunerare gli autori, legalizzando
quindi la condivisione dei files, e permettendo una diffusione enorme delle
informazioni.789
*****
Tuttavia, è oramai convinzione diffusa che si debbano rifuggire quei mezzi per
ottenere opere musicali o audiovisive senza pagamento, che hanno portato il
pubblico a rifiutare il copyright, i creatori e gli artisti 790. L'idea della gratuità e
786T. Verbiest – E. Wery, “L’Assemblée nationale veut légaliser le téléchargement via peer-topeer”, Droit & Technologies, http://www.droit-technologie.org/actuality/details.asp?id=935
787“French Parliament Is Making The First Step In Legalising P2P”, European Digital Rights –
EDRI-GRam; disponibile su: http://www.edri.org/edrigram/number4.1/frenchp2p
788C. Shapiro – H. R. Varian, “Information Rules – Le regole dell'economia dell'informazione”,
ETAS, 1999. Intendendo con “informazione” tutto ciò che può essere digitalizzato, Shapiro
affronta il problema dei diritti esclusivi sulla proprietà intellettuale in Internet, sottolineando le
nuove possibilità offerte dalla rete. Partendo dal presupposto che la digitalizzazione riduce
drasticamente i costi di produzione, riproduzione e distribuzione, i nuovi scenari permettevano
una certa forma di gratuità dei contenuti protetti sulla rete, mantenendo gli obbiettivi del
copyright di incentivare la creazione, tramite la compensazione dei titolari dei diritti sui
contenuti derivante dalla fidelizzazione del cliente, dal cd versioning e dai relativi guadagni
derivanti dalla vendita dei servizi premium, dalle nuove enormi possibilità di ricavi
pubblicitari, ed infine dalle entrate derivanti da una nuova prospettiva di vendita dei prodotti
complementari.
789Su tutti: N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to Allow Free Peer-to-Peer File
Sharing.”, op. cit., W. Fisher, “Promises to keep: technology, law, and the future of
entertainment”, Stanford University Press, California, 2004
790Si prenda ad esempio il nuovo servizio iPredator del sito svedese The Pirate Bay che, in
reazione all'inasprimento normativo portato avanti dai governi, come quello francese con la
legge Hadopi di cui si dirà tra poco, a fronte del pagamento di un canone mensile, nasconderà
l'identità dell'utente per poter sfuggire ai controlli sulla rete, permettendogli così il compimento
di attività illegali, e portando così avanti le idee del movimento no-copyright.In Svezia
peraltro, il ricorso ai servizi di anonimizzazione è in continua espansione, e si calcola abbia già
raggiunto il 10% dei giovani internauti. Cfr: R. Mastrolonardo, “La nuova sfida dei pirati
svedesi: navigare senza essere tracciati”, 21 gennaio 2010, Corriere della Sera.
227
della non protezione appare da correggere rapidamente.
Il concetto di copyright è in cambiamento. La struttura tecnica degli utilizzi delle
opere protette è instabile: ci sono troppi sistemi e norme differenti. A ciò si
aggiunga che le modalità di accesso a films, video games, canzoni, notizie e libri
si stanno moltiplicando, anche tramite i telefoni cellulari.
Tutti questi sviluppi hanno conseguenze economiche di rilievo sulla gestione
collettiva dei diritti d'autore. Le possibili contrazioni delle royalties e dei ricavi
per i titolari dei diritti avranno alcune inevitabili ripercussioni sugli aspetti sociali
e culturali della proprietà intellettuale.
Oltretutto, tenendo in considerazione la crisi economica che il mondo sta
affrontando oggi, l'interpretazione errata o il rifiuto della protezione del copyright
accrescerà inevitabilmente l'impatto negativo sulle industrie delle opere creative.
Il mercato ha raggiunto i limiti della globalizzazione e occorre stabilire nuove
regole. L'ambiente digitale è stato progressivamente considerato dai consumatori
come un mondo senza frontiere, ed ha prodotto serie preoccupazioni in ordine alla
sua sostenibilità economica nel lungo termine, sopratutto perchè l'evoluzione di
internet è ancora difficile da prevedere.
È indubbio che Internet abbia modificato le abitudini sociali, spalancato le porte
della disseminazione dei materiali per tutto il mondo, nonché, per altro verso,
abbia inoltre stimolato il dibattito sulla libertà d'accesso come legittimo diritto
del pubblico, e sulla ricorrente questione dei contenuti protetti gratuiti.
Ciò che sembra emergere, dopo le ultime vicende è che i contenuti online non
possano più essere gratuiti: come sottolineato da Rupert Murdoch, “siamo in un
periodo in cui molte aziende, nel settore dell'informazione, stanno chiudendo i
battenti...i contenuti di qualità non sono gratuiti. Il buon giornalismo del futuro
dipenderà dalla capacità di un'azienda dell'informazione di attrarre clienti
fornendo notizie e informazioni per le quali questi clienti sono disposti a pagare.
Il vecchio modello d'impresa basato principalmente sulla pubblicità è morto.
228
Affrontiamo l'evidenza: un modello che si affida prevalentemente alla pubblicità
online non è in grado di garantire la sostenibilità sul lungo periodo”791.
Lo scambio sulle reti p2p rimane un problema cruciale. La risposta politica a
questo problema sta andando verso un irrigidimento, e l'esempio più recente è
fornito dal governo francese che, seguendo la cd “dottrina Sarkozy”, ha
approvato una nuova normativa dall'approccio estremo, conosciuto come “risposta
graduale”. Questo sistema contempla una serie di tre graduali notifiche inviate
dagli Internet Service Providers ai loro utenti, sospettati di attività di file sharing
illegali, per far terminare tali attività. Se l'utente persiste, rischierà di vedere la
propria connessione ad Internet interdetta, oltre a dover pagare una multa. La
Corte Costituzionale francese, con un intervento invocato da una minoranza
parlamentare, con una decisione del 10 giugno 2009, ha censurato questo sistema
cd “a tre colpi”792, sostenendo che il libero accesso ad Internet sia un diritto
dell'uomo793 che non può essere disatteso da un provvedimento amministrativo ma
solo dall'ordine di un giudice. E' stata quindi introdotta il 22 ottobre 2009 una
nuova legge, che si adegua a tale pronuncia, la “loi Création et Internet”, detta
anche legge “Hadopi”, dal nome del nuovo organo amministrativo preposto alla
sorveglianza del diritto d'autore su Internet. L'Hadopi794 comincerà la sua attività
l'1 gennaio 2010, ed il governo francese prevede di ridurre drasticamente il
fenomeno della pirateria.
*****
791Rupert Murdoch, “Il futuro resterà delle notizie”, Intervento alla Commissione federale per le
comunicazioni Usa - 1 dicembre 2009, Il Sole 24 Ore, 9 Dicembre 2009.
792Gli internauti scoperti a scaricare file protetti da copyright, verranno avvertiti una prima volta
tramite un e-mail, una seconda volta attraverso una raccomandata, e, in caso di recidiva, al
terzo “colpo” scatterebbe la sanzione che prevede la disconnessione coattiva, mantenendo
fermo l'obbligo di pagare l'abbonamento ad Internet. “Francia: sì alla legge contro i pirati del
web”, 13 maggio 2009, www.corriere.it.
793Conseil Constitutionnel: Décision n° 2009-580 DC du 10 juin 2009.("la libre communication
des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l'homme; eu égard au
développement généralisé des services de communication au public en ligne ainsi qu'à
l'importance prise par ces services pour la participation à la vie démocratique et l'expression
des idées et des opinions, ce droit implique la liberté d'accéder à ces services").
794Acronimo di Haute Autorité pour la diffusion des œuvres et la protection des droits sur
Internet.
229
Il fenomeno del p2p file sharing, a detta dei suoi sostenitori, al di là dei suoi
aspetti illeciti e negativi, ha aperto le porte alla disseminazione dell'informazione
accentuando la cd “disintermediazione”, ossia il decrescere della catena di
trasmissione tra i contenuti ed il pubblico; in questo modo esso ha dato il via alla
cd remix culture, ove il pubblico ha avuto la possibilità di porsi come fonte di
comunicazione. Inoltre, causando tale rivoluzione socio-culturale che ha dato una
nuova dimensione all'utente, il fenomeno del p2p ha posto le base per la nascita di
servizi commerciali, stimati da molti per il conseguimento di un giusto
compromesso tra interessi di utenti e titolari dei diritti, come iTunes, il musicstore online che ha dimostrato col suo dirompente successo come non sia
impossibile competere con “il gratuito”795, e YouTube796.
Come spiegato dal Prof. Noam, l'accanimento contro le tecnologie p2p, oltre ad
aver prodotto pochi risultati, risulterebbe anti-economico. Nella sua prospettiva, le
opportunità di business sono generate spesso da innovazioni tecnologiche
795Lessig, “Cultura Libera”, op. cit., 276
Un'ulteriore testimonianza di come sia possibile fare la concorrenza ai servizi distribuiti
gratuitamente, mediante contenuti a pagamento, è data dalla pay-tv che, offrendo un servizio
migliore è riuscita ad imporsi sul mercato. Per un esempio vedi: “Il mercato televisivo in Italia:
2008-2010. Il sorpasso di Sky”, Rapporto ITMedia Consulting, 29 Settembre 2008 disponibile
su: www.mediastudies.it/IMG/doc/Il_sorpasso_di_Sky.doc; M. Scurat, “Sky-Mediaset, nuovo
duopolio della tv digitale”, il Sole 24 Ore, 28 Gennaio 2009.
796Analizzando il fenomeno YouTube, si è sottolineato come la sua nascita sia stata permessa da
tre diverse rivoluzioni: la tecnica di ripresa e produzione audiovisiva, la rvioluzione del social
networking, e la rivoluzione più importante, quella culturale che riguarda la circolazione delle
informazioni e la volontà di accedere a materiali non filtrati nel campo dell'informazione. Cfr:
S. Ercolani, “Una sommessa riflessione sul diritto d'autore all'epoca della convergenza”, II
parte, IDA, 2008 n 1, 14-15
L'attività di videoblogging su YouTube riguarda il caricamento di video amatoriali, o di
filmati tratti da trasmissioni TV, spesso modificati dagli utenti con intenti parodistici, ed ha
riscosso un successo enorme in brevissimo tempo. Tuttavia un filmato originale dell'utente, una
parodia o un semplice videoclip, sono assoggettabili a discipline diverse sul piano del diritto
d'autore, e non sempre possono essere disciplinate in termini di fair use o eccezioni ai diritti, e
libertà di espressione. Mentre le reti televisive americane hanno minacciato nel 2005 vertenze
legali per materiali coperti da diritti caricati nel sito senza autorizzazione, hanno
successivamente cambiato politica preferendo sfruttare l'enorme popolarità di YouTube per
promuovere i loro programmi. Gran parte delle emittenti televisive in tutto il globo, dopo
alcuni scontri ha optato per sviluppare un intesa con YouTube, stipulando anche accordi per la
partecipazione agli introiti pubblicitari.
In particolare, ai sensi del DMCA il sito di YouTube contiene tutte le informazioni
necessarie per attivare una notice-and-take-down procedure, e pertanto chiedere la rimozione
dei contenuti.
230
prorompenti, nate e promosse all'interno di comunità amatoriali, al di fuori delle
logiche di mercato. In effetti, Noam ha mostrato che, come accaduto per la radio e
per Internet797, nati da progetti assolutamente non commerciali, il punto di
ingresso di un attore commerciale in un fenomeno innovativo, è spesso riservato
ad un secondo momento rispetto a quello della comunità amatoriale che lo ha
generato, che è in grado di compensare i costi necessari per creare una
determinata attività, essendo mossa non da scopi lucrativi ma da spirito di
passione e condivisione delle risorse.
In conclusione, le tecnologie p2p andrebbero riviste sotto un'altra prospettiva, e se
regolamentate in modo da ridurre il danno agli interessi colpiti dalla
trasformazione tecnologica, potrebbero portare a creare nuovi sviluppo
economici.798 Da qui, avendo compreso le nuove possibilità commerciali, è nata
una tendenza delle stesse reti televisive a creare propri canali web per la ritrasmissione su Internet dei contenuti.799
Nel nuovo panorama digitale, inoltre, si sta assistendo, per quanto riguarda gli
audiovisivi, alla 'convergenza' tra media digitali e telecomunicazioni, la quale sta
procedendo a nuove soluzioni di distribuzione, con la nascita di nuove piattaforme
e nuovi servizi.800 In questo modo l'audiovisivo si avvia alla moltiplicazione delle
utilizzazioni tradizionalmente considerate secondarie.801
797Così anche L. Lessig, “Cultura Libera”, op. cit.
798 E. M. Noam,”The Economics of User Generated Content and Peer-to-Peer: The Commons as
Enabler of Commerce”, in Peer-to-Peer Video. The economics, policy and culture of today's
new mass medium, op. cit, 3-15
799Vedi per esempio il BBC iPlayer, il servizio lanciato nel 2008 dalla emittente televisiva BBC
in Inghilterra, che permette la ri-proposizione dei programmi televisivi su internet, nonchè
alcune servizi di vera e propria web-television, Cfr: http://en.wikipedia.org/wiki/IPlayer.
Anche in Italia l'attenzione verso le piattaforme televisive su Internet sta portando a dei
risultati, e dopo LA7 e la RAI, anche Mediaset, dopo una lunga lotta con YouTube per la
rimozione dei propri materiali dal sito, ha aperto un servizio di web-streamig - R. Pezzali,
“Anche Mediaset punta su Internet”, The Digital Day rEvolution, 21 dicembre
2009,
disponibile su: http://www.dday.it/redazione/633/Anche-Mediaset-punta-su-Internet.html
800Si veda l'esempio delle nuove tecnologie telefoniche che permettono l'accesso ai servizi di cd
streaming multimediale dei contenuti.
801Si prenda di nuovo ad esempio YouTube, che permette la condivisione e la fruizione di
frammenti di contenuti registrati per esempio da trasmissioni televisive.
231
“A dieci anni dai trattati WTO e WPPT l'attuale approccio legale ai diritti di
proprietà intellettuale non pare interamente adeguato a quanto si va
configurando nella società, e se il rapporto tra diritti d'autore e sviluppo
tecnologico da problematico diviene conflittuale, sarà ben difficile che la sola
repressione possa rovesciare una situazione che è, nei fatti, del tutto favorevole
alla tecnologia”.802 Occorre riconoscere come la rivoluzione del mondo dei
contenuti creativi sta portando ad un ripensamento totale del sistema dei media in
tutto il mondo, nonché alla revisione delle proprie strategie. L'obbligo di una
accelerazione del ritmo delle decisioni, evidenziato dalla necessità di stare al
passo coi tempi, diventa spesso un fattore strategico determinante803.
Allo stesso modo, secondo alcuni autori, scettici di fronte all'attuale impostazione
del sistema dei diritti di proprietà intellettuale, sarebbe necessario un
ripensamento dell'attuale sistema di copyright, per “sviluppare un insieme
assolutamente nuovo di metodi che possa gestire questo insieme assolutamente
nuovo di circostanze.”804
Per immaginare un'evoluzione del diritto d'autore nel nuovo contesto digitale, è
stato provocatoriamente riconosciuto come sia “molto difficile che il paradigma
del diritto d'autore, affermatosi alla fine del 1800, possa venire semplicemente
aggiornato, continuando ad articolarsi su un sistema di esclusive legali tanto
assolute quanto teoriche. Abbiamo finora visto fallire nei fatti molti interventi
puramente difensivi, dalle misure tecnologiche di protezione, presidiate da norme
legali severe, ma non per questo meno crackate, alle azioni per il controllo del
p2p. Prendere atto della realtà non significa la fine del diritto d'autore; ma può,
al contrario, essere il primo passo per un necessario dialogo con gli utenti e con i
nuovi attori del mercato della convergenza”805.
802S. Ercolani, “Una Sommessa Riflessione sul Diritto d'Autore all'Epoca della Convergenza”, I
Parte, IDA, 2007, 526
803Ibid
804J. P. Barlow, "The Economy of Ideas: A Framework For Rethinking Patents and Copyrights in
the Digital Age.", CyberReader. 2nd ed. Ed. Victor J. Vitanza. Needham Heights, 1999, 318338
805Ibid, 527
232
*****
La Commissione Europea nel gennaio 2008 ha licenziato una Comunicazione al
Palramento Europeo ed al Consiglio, sui contenuti creativi on-line nel mercato
unico. Tale Comunicazione prende atto ed affronta alcune delle sfide e delle
problematiche legate al passaggio all'ambiente online protetto dai DRM, ed alla
distinzione tra pirateria ed offerta lecita, nel tentativo di riequilibrare un sistema
del diritto d'autore non armonico. La riflessione stimolata dalla Comunicazione
richiede di individuare, nel nuovo ambiente online, quali siano i confini tra
pirateria ed utilizzazione consentita. In questa prospettiva si vuole informare il
consumatore di quali siano i suoi diritti online, poiché anche dalla mancanza di
determinatezza dei confini tra usi leciti ed illeciti deriva il fenomeno della
“pirateria altruistica”, che riflette la volontà dei privati di scambiare opere online
non per scopo di lucro ma per finalità di informazione.806
In quest'ottica si dovrebbe confidare nelle libere utilizzazioni come strumenti di
demarcazione tra il lecito e l'illecito, anche se al momento non vi è equilibrio tra il
sistema di eccezioni e limitazioni in ambiente online ed offline.
La menzionata convergenza tra informatica e telecomunicazioni è stata recepita
sul versante della definizione delle facoltà dei titolari dei diritti, mentre si è
tralasciato quello delle libere utilizzazioni.
Libere restano solo le utilizzazioni offline, e ciò che è lecito offline rischia di
essere atto di pirateria o comunque illecito online. Pertanto, uno degli obbiettivi
per risolvere la problematica del diritto d'autore nel digitale, è ricondurre a
sistema anche le eccezioni e limitazioni in forma online, non con una
trasposizione da offline a online, ma con un adattamento che porti chiarezza sui
diritti disponibili.807
806F. Tozzi, “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al
Comitato economico e sociale europeo e al comitato delle Regioni sui contenuti creativi online nel mercato unico ed equilibrio del sistema di diritto d'autore – Pirateria ed offerta lecita:
alcune brevi considerazioni”, IDA, 2009/1, 119
807Ibid, 121
233
Occorrerebbe effettuare un ripensamento anche del sistema dei DRMs, per le
implicazioni sul piano dell'informazione e della concorrenza, garantendo che le
libere utilizzazioni restino tali e non siano oggetto di abusi. È stato sottolineato
come il legislatore dovrebbe considerare “un giusto bilanciamento tra l'interesse
dei titolari ad avere il controllo dell'opera e quello dei consumatori a ridurre al
minimo la portata monopolistica dell'esclusiva, al fine di conservare la liberà di
accesso alla conoscenza ed al contempo un incentivo dell'offerta lecita, a
discapito dei fenomeni di pirateria.”808
Si è quindi proposto di rivedere il dettato normativo della Direttiva EUCD
affinché venga riequilibrata la protezione accordata ai sistemi DRM. In particolare
la necessità è quella di modificare la definizione di misure tecnologiche di
protezione contenuta nell'art. 6 della Direttiva, sostituendo il riferimento ad “atti
non autorizzati dal titolare”, con una dicitura che renda chiaro che le misure di
protezione da tutelare, siano quelle, e solo quelle, progettate per impedire le
violazioni del copyright, ma che allo stesso tempo individuino al loro interno lo
spazio per quegli usi liberi accordati dalla legge.809
Le stesse osservazioni possono essere estese al sistema americano del fair use, ma
con alcune complicazioni, derivanti dall'indefinitezza che sta alla base di tale
sistema. Molti fornitori di sistemi DRM hanno espresso la loro frustrazione verso
questa imprecisione che circonda il fair use, spesso esclamando con
esasperazione: “Define fair use for me, and we’ll express it in the ‘business
rules.’”810
La fair use doctrine, come si è analizzato, svolge una funzione di “valvola di
sfogo”, non solo per la libera espressione, ma anche per moderare la tensione tra il
copyright e le nuove tecnologie. Infatti, una volta che le nuove tecnologie si
sviluppano, sono le corti ad avere la prima possibilità di applicare alle stesse la
808Ibid, 123
809G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 292
810F. Von Lohmann, “Fair Use and Digital Rights Management: Preliminary Thoughts on the
(Irreconcilable?) Tension between Them”, Electronic Frontier Foundation, 2002, 3
234
normativa autoriale, evitando ai soggetti coinvolti di dover rivolgersi ed aspettare
il legislatore americano per una soluzione ad ogni nuovo sviluppo tecnologico. In
questo modo il fair use gioca un ruolo importante nel preservare uno spazio per
l'innovazione.811 Tuttavia, se ogni nuovo utilizzo è frustrato dall'apposizione dei
digital locks sull'opera, il cui aggiramento non è permesso dal DMCA, non ci sarà
alcuna opportunità perchè questo processo di innovazione possa compiersi. Il fair
use pertanto resterà limitato a quegli usi che le corti hanno precedentemente
accordato, e le nuove tipologie di usi fair non potranno evolversi.
Se si vuole che i sistemi di DRM preservino il fair use, occorre che si adattino a
preservare quell'aspetto di incertezza ed ambiguità che caratterizza tale dottrina,
permettendole di evolvere e comprendere usi non ancora realizzati delle opere
protette. Infatti, nel nuovo mondo digitale della convergenza nel settore
dell'informazione, che potrà probabilmente fare emergere molti nuovi usi
secondari, fino a quando il pubblico non avrà la possibilità di sperimentare le
nuove tecnologie senza l'autorizzazione del titolare, le corti non avranno la
possibilità di valutare tali usi, ed il fair use sarà limitato a quegli utilizzi analogici,
come il time shifting; di conseguenza il fair use diventerà irrilevante. “After all,
how useful is a right to time shift analog television in a world where all
broadcasts are digital and protected by DRM technologies?[...]What those fair
uses might be, is difficult to imagine in advance, just as time-shifting was difficult
to imagine in the era before VCRs;[...] unless DRM technologies make room for
these future fair uses, fair use will have lost much of its ability to protect the
public’s side of the copyright bargain.”812
811Ibid, 3
L'autore illustra infatti le dinamiche del fair use: “Under this regime, the normal evolution
of fair use proceeds thus: a technologist or other creative person makes some use of another’s
work that she believes to be fair. If the rights-holder agrees, the use continues. If the rightsholder disagrees, she can call upon the courts intervene and rule on the use.”
812Ibid, 7
L'autore riprende la concezione del copyright come contratto tra il pubblico ed i titolari dei
diritti. Il pubblico garantisce certe limitati diritti esclusivi al copyright owner, allo scopo di
creare un incentivo alla produzione ed un mercato per la distribuzione dell'opera creativa
235
In un mutevole ed inedito panorama tecnologico, i legislatori hanno una
nuova occasione di effettuare una scelta di sistema che, nell'indicare i perimetri di
privative e libertà, deve accuratamente soppesare gli interessi in gioco tenendo
conto di nuovi mezzi, sistemi e possibilità di diffusione della cultura, al fine di
costruire il nuovo diritto d'autore digitale.
236
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1889, January 18, 2000
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