UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Giurisprudenza Corso di Laurea magistrale in Giurisprudenza LA DISCIPLINA DELLA COPIA PRIVATA: SPUNTI PER UNA RIFLESSIONE COMPARATA EU/USA Relatore: Chiar.mo Prof. Gustavo GHIDINI Correlatore: Dott.ssa Francesca D'AGOSTINO Tesi di Laurea di: Francesco BANTERLE Matr. n. 738131 Anno Accademico 2008/2009 La Disciplina della Copia Privata: Spunti per una Riflessione Comparata EU/USA INDICE Introduzione.............................................................................................................4 Capitolo I .................................................................................................................9 La Copia Privata.......................................................................................................9 1.1 Fattispecie generale: l'eccezione di copia privata..........................................9 1.1.2 Assenza di scopi commerciali ed uso personale..................................25 1.1.3 Copia privata: un'eccezione o un diritto?.............................................29 1.2 Copia privata come riproduzione non intermediata: rifiuto di un'associazione con un concetto di pirateria “domestica”.................................39 1.3 Raffronto tra tipologie di copia...................................................................41 1.3.2 Copia analogica e digitale....................................................................42 1.3.2 ...copia su memoria fissa, temporanea o cache...................................43 1.4 Libertà e limiti della copia privata in ambiente analogico..........................46 CAPITOLO II........................................................................................................51 LEVIES & DRM ...................................................................................................51 2.1 Sistemi a confronto: USA/EU.....................................................................51 2.1.2 Il Fair Use............................................................................................56 2.1.3 Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of America - Il caso Betamax: il Fair Use e la riproduzione ad uso personale.............................65 2.1.4 Fair Use, Free Use, Fared Use.............................................................69 2.1.5 L'Audio Home Recording Act.............................................................76 2.1.6 L'evoluzione della fair use doctrine all'interno delle corti statunitensi: alcuni spunti per una verifica della sua reale flessibilità..............................86 2.1.6.2 Primo fattore: scopo e carattere dell'uso...........................................94 2.1.6.3 Secondo fattore: Natura dell'opera....................................................98 2.1.6.4 Terzo fattore: quantità e sostanzialità dell'utilizzo..........................101 2.1.6.5 Quarto fattore: l'effetto sul mercato e sul valore dell'opera............103 2.1.6.6 Cenni comparatistici di raffronto al sistema di eccezioni europeo con particolare riferimento al recepimento ed all'applicazione del three-step test. ....................................................................................................................107 2.2 I sistemi basati su “Levies” ed equo compenso.........................................116 2.3 Il rapporto tra Levy e DRM.......................................................................131 2.3.2 Brevi accenni sull'economia dei DRM systems.................................135 2 2.3.3 Nascita delle misure anti-aggiramento..............................................138 2.3.4 Il Digital Millennium Copyright Act.................................................140 2.3.5 European Copyright Directive...........................................................148 2.3.6 Cenni comparativi tra DMCA – EUCD.............................................152 CAPITOLO III.....................................................................................................159 Peer to Peer - File Sharing...................................................................................159 3.1 Definizione e struttura del sistema: lo scambio tra “pari”.........................159 3.2 Diffusione e modelli di P2p - file sharing systems: la prima generazione di software P2p, e il caso Napster........................................................................162 3.2.2 La Seconda Generazione di software P2p, e il caso Grokster...........172 3.2.3. La Terza Generazione di Software P2p, i BitTorrents .....................179 3.3 Volumi del sistema di Peer to Peer ed impatto economico-sociale...........183 3.3.2 Trasformazione del consumatore, rivoluzione della fruizione dell'informazione e decostruzione dei media tradizionali..........................189 CAPITOLO IV.....................................................................................................193 Copia Privata & Copyright - profili giuridici......................................................193 4.1 Libertà e limiti di scambio della copia privata..........................................193 4.1.2 Possibilità di giustificare la condivisione e lo scambio di copie private sotto la fair use doctrine..............................................................................196 4.1.3 Le diverse posizioni di uploader e downloader all'interno dei sistemi peer to peer..................................................................................................204 4.2 Comparazione delle normative dei paesi common law e civil law: Stati Uniti, Regno Unito, Canada............................................................................210 4.3.2 Europa continentale...........................................................................213 4.4 Conseguenze penali...................................................................................216 4.5 Il difficile equilibrio tra sanzioni e tutela della privacy.............................219 Conclusioni..........................................................................................................224 BIBLIOGRAFIA..................................................................................................237 3 Introduzione Nel 1709, in Inghilterra, lo Statuto della Regina Anna sancì per la prima volta il diritto esclusivo degli autori sulle loro opere, segnando un netto cambiamento di prospettiva nella concezione del diritto d'autore. Anche se tale riforma gettò le basi per il nuovo copyright nei paesi di common law, imprimendo un indirizzo diverso rispetto alla concezione del droit d'auteur dei paesi dell'Europa continentale, entrambi gli orientamenti intesero disciplinare la proprietà intellettuale, garantendo al titolare dei diritti d'autore un esclusivo diritto alla copia dell'opera protetta. La mancanza di concorrenza nella riproduzione di tale bene, permette infatti una maggiore remunerazione al titolare di quanto altrimenti avverrebbe, e quindi stimola la creazione di opere e la diffusione della cultura.1 Il diritto di esclusiva così garantito dal diritto d'autore è molto potente, e rischia talvolta di essere foriero di abusi, finendo per frustrare l'interesse pubblico alla diffusione delle informazioni e delle opere creative, identificata questa come la funzione socio-culturale del diritto d'autore stesso.2 Per poter bilanciare gli interessi contrastanti, tutti i sistemi di diritto d'autore, accanto alle norme che tutelano l'autore, si sono equipaggiati di strumenti che limitano tale esclusiva, o meglio che al suo interno individuano delle aree di libertà d'uso.3 Tali limitazioni ed eccezioni, dette anche libere utilizzazioni, funzionano come un meccanismo d'accesso, soprattutto quando l'informazione non è distribuita in modo efficiente; se correttamente strutturate, pur senza nuocere in maniera rilevante agli interessi dell'autore, le stesse possono soddisfare il bisogno del pubblico tramite l'accesso a libri o ad altro materiale educativo, ed inoltre possono permettere lo sviluppo dell'informazione e delle tecnologie di 1 S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based Television Broadcasts”, University of Texas at Dallas, 1985, 3 2 G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law And The End-User”, Springler, 2008 3 H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection in the Context of the Global Digital Divide”, IIC Vol. 36, 2005, 204 4 comunicazione che stanno trasformando l'attuale procedimento di produzione, disseminazione e raccolta dell'informazione4. All'interno di queste eccezioni, a seconda degli interessi sottesi, si può compiere una distinzione, anche se in seguito ai cambiamenti tecnologici tale differenza va assottigliandosi, tra utilizzazioni libere per “pubblico interesse”, come le eccezioni a scopo di critica o insegnamento, oppure per “uso privato”, cioè limitate all'utilità del singolo, nella sua dimensione domestica o privata. In quest'ultima dimensione si colloca l'eccezione di copia privata. Nata in Germania verso gli anni '50, in risposta ai primi cambiamenti tecnologici che cominciavano a modificare il mondo dell'entertaiment, e regolata nella normativa autoriale tedesca, pochi anni dopo, l'eccezione di riproduzione ad uso privato delle opere audiovisive, dietro pagamento di un equo compenso, fu introdotta progressivamente e codificata nella maggior parte dei sistemi normativi europei, che tradizionalmente adottano un sistema di eccezioni al diritto d'autore chiuso, tramite un 'elencazione degli usi tollerati. Negli Stati Uniti nel frattempo, si assisteva al tentativo di espandere la portata del fair use, la più importante delle eccezioni al copyright statunitense, che consiste in un principio, di stampo giurisprudenziale, che permette di limitare l'esclusiva dell'autore accordando all'utente alcuni utilizzi non autorizzati, secondo una generale “rule of reason”, senza comportare una necessità di compensazione, applicandolo alle nuove tecnologie che permettevano agli utenti la riproduzione domestica di materiale protetto. Nel celebre caso Betamax, nella metà degli anni ottanta, venne ritenuto fair use la riproduzione domestica di programmi televisivi allo scopo di postergarne la visione, il cd time shifting. Una decina di anni dopo, sotto la pressione delle lobbies discografiche, veniva emanato il controverso Audio Home Recording Act5, che introduceva un'eccezione legale per la registrazione privata di opere audio, dietro il riconoscimento di un compenso. L'avvento del digitale e della rete telematica ha messo tuttavia in 4 B. Hugenholtz – R. L. Okediji, “Conceiving an International Instrument on Limitations and Exceptions to Copyright”, Study for the Open Society Institute, 2008 5 Audio Home Recording Act, 1992- 17 U.S.C. §§ 1001–10 5 discussione tutta la struttura giuridica tradizionale delle libere utilizzazioni, con un impatto immenso sulle modalità di produzione, modificazione, disseminazione e consumo delle opere creative digitali.6, Grazie ad Internet tutti i limiti tecnologici che affliggevano la produzione dell'informazione possono dirsi superati: la digitalizzazione dei contenuti ha in effetti permesso di effettuare copie identiche all'originale, e la rete web, la cd superstrada dell'informazione, permette una vera e propria disseminazione delle opere.7 In questo nuovo contesto, gli utenti di Internet, attraverso i dispositivi digitali sono in grado di giocare il ruolo di creatori, ri-creatori e distributori di particolari tipi di informazioni.8 Se prima infatti la libertà di utilizzo privato riguardava la realizzazione di copie analogiche, di qualità inferiore all'originale e spesso costose, che rappresentavano uno dei limiti della pericolosità della copia privata e della sua scarsa possibilità di danneggiare il mercato dell'opera originale, oggi le nuove tecnologie permettono la realizzazione di copie perfette, senza particolari investimenti, rendendo inoltre disponibili strumenti e dispositivi per la ri-elaborazione dei contenuti. In questo modo la digitalizzazione ha cambiato l'economia della creatività.9 Il nuovo cyberspace ha portato quindi alla messa in discussione delle libere utilizzazioni, e della copia privata in particolare, mettendone in dubbio la loro stessa opportunità. Si è diffusa infatti la protesta dei titolari dei diritti d'autore dal momento che la nuova capacità delle copie digitali di sostituire l'acquisto dell'originale, renderebbe insostenibile il mantenimento della corrispondente libertà, così peraltro minando il monopolio sull'opera accordato all'autore. Non c'è dubbio quindi che le nuove tecnologie dell'informazione abbiano 6 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: la copia privata”., AIDA, 2002, 150 7 P. Marzano, “Sistemi anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Diritto d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, IDA, 2/1998, 149 8 G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law and the End User”, Springer, 2008 9 Shapiro – Varian, “Information Rules, A Strategic Guide to the Network Economy”, Harvard Buisiness School Press, Boston, 1999, 85; Lessig, “Free culture - How Big Media Uses Technology and the Law to Lock Down Culture and Control Creativity”, The Pinguin Press, 2004. 6 sconvolto il sistema di protezione del copyright10. La risposta dei legislatori americano ed europeo al problema venne data con il Digital Millennium Copyright Act del 1998 11 e la Direttiva 2001/29/CE, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, che rinforzarono le prerogative dei titolari dei diritti. I due testi normativi, allo scopo di reprimere i fenomeni di pirateria e di utilizzo illecito delle opere, hanno fornito una nuova ampia tutela legale al Digital Right Management, ed alle relative misure tecniche di protezione, riconoscendo un'ampia protezione alla difesa privata dei titolari dei diritti, al punto che alcuni autori hanno provocatoriamente sostenuto che la protezione del copyright potrebbe venire sostituita da tali misure di protezione.12 Il problema riguarda sopratutto la conciliazione tra libere utilizzazioni e misure tecniche di protezione, quando quest'ultime precludano l'accesso, o comunque il particolare uso tollerato, e la Direttiva europea, in particolare, non sembra aver raggiunto una soddisfacente soluzione . L'avvento delle tecnologie di peer to peer (p2p) - file sharing in seguito, ha permesso una nuova condivisone senza precedenti delle copie digitali private tra gli utenti di tutto il mondo, in maniera rapida e senza costi. Lo sviluppo di queste reti per la condivisione di materiale ha suscitato l'entusiasmo di molti, che hanno visto in tale sistema un 'enorme possibilità per la diffusione della cultura. L'industria discografica all'opposto ha accusato tale sistema di essere responsabile del declino del mercato dei CD musicali, e pertanto ha intrapreso una ferrea lotta all'illegalità dei download di opere musicali, prima contro i fornitori dei servizi p2p, come nel celebre caso Napster, quindi contro i singoli utenti. 10 C. Geiger, “The Private Copy Exception, An Area of Freedom (Temporarily) Preserved in the Digital Enviroinment”, IIC Vol.37, 1/2006, 74 11 DMCA, 17 U.S.C. §§ 512, 1201–1205, 1301–1332; 12 B. Hugenholtz – N. Helberger, “NO PLACE LIKE HOME FOR MAKING A COPY - Private copying in European copyright law and consumer law”, Berkeley Technology Law Journal, 2007, 1061-1098 7 Resta da chiedersi quale sia l'effettivo spazio di libertà della copia privata nel nuovo ambiente digitale, la qual cosa lascia aperta una serie di quesiti. Se da un lato le misure tecniche di protezione ne possono impedire la realizzazione, dall'altro lato i titolari dei diritti d'autore sulle opere chiedono un'espansione delle tipologie di dispositivi soggetti ad equo compenso, date la nascita e la diffusione di sempre più mezzi capaci di riprodurre i contenuti protetti; ne è testimone il continuo sviluppo delle capacità dei cellulari. Il paradosso sta nel dover pagare tali levies sui dispositivi di riproduzione, quando poi la copia, per la quale si è pagato, sarà impedita dalle misure tecniche. In una prospettiva completamente diversa, è stata invece da molti sostenuta l'ipotesi di inserire un sistema di compensazione in modo da estendere la disciplina della copia privata anche ai sistemi di file sharing, in palese protesta contro il rigore normativo, e la ritenuta spinta lobbistica delle case discografiche e cinematografiche, che vorrebbero impedire lo sfruttamento di nuovi importanti mezzi per la diffusione della cultura e delle informazioni. 8 Capitolo I La Copia Privata 1.1 Fattispecie generale: l'eccezione di copia privata “Some things remain free for the taking within a free culture, and that freedom is good.” (L. Lessig) Eccezioni e limitazioni, che compongono la materia delle forse più felicemente dette “libere utilizzazioni”, sono chiamate a consentire utilizzazioni delle opere creative altrimenti vietate dal severo regime di esclusive del diritto d'autore, affievolendolo o in altri casi limitandolo. Esse individuano diritti concorrenti aventi carattere eccezionale, o straordinario, 13 nel nome di interessi costituzionalmente garantiti come quello all'informazione, alla libera discussione, alla ricerca ed all'accesso alla cultura. La funzione della tutela accordata dal diritto d'autore, cioè garantire una remunerazione che allo stesso tempo sia premio ed incentivo per l'artista, non è necessariamente assicurata dalla protezione monopolistica accordata, ma anche da condizioni di accesso e riutilizzazione delle opere protette da parte degli utenti. Il diritto d'autore, del resto, ha sempre conosciuto limiti nella sua dimensione temporale ma anche nella portata del proprio oggetto, andando a garantire a certe categorie di utilizzazioni di opere, ritenute particolarmente utili, il “crisma” della libertà14. 13 Luciano Daffarra, “Le libere utilizzazioni e le utilizzazioni illecite”, 2003, disponibile su: http://www.dirittodautore.it/page.asp?mode=Articoli&IDQ=30 14 G. Mazziotti, “Contenuti digitali e leggi analogiche”, intervento su Corriere.it, 2008, 9 Queste libere utilizzazioni segnano così i confini naturali del diritto d'autore 15, ne determinano l'esaurimento, e definiscono la libertà altrui di accedere liberamente alle opere d'ingegno16. Rivestono così un’importante funzione di “valvola di sfogo” del sistema del diritto d'autore, assolutamente necessaria nell'ottica della realizzazione di un mercato equilibrato e simmetrico, nonché in funzione di un bilanciamento tra l'interesse dei titolari dei diritti d'autore e l'interesse di accesso alla cultura degli individui. Il diritto all'informazione e alla cultura prende forma nella legge soprattutto con il diritto di copia per uso personale17, che è libero ma a determinate condizioni. L'esclusiva autoriale trova la propria funzione nel permettere che lo sfruttamento dell'opera sia oggetto di scambi contrattati, e nel rendere possibile un sistema di scambi negoziati avente ad oggetto l'idea materialmente intesa o il bene che la incorpora18. Tuttavia questa funzione viene meno nel rapportarsi con gli atti personali, che non è possibile mantenere sotto controllo, non possono essere negoziati e non si prestano ad una valutazione di produttività imprenditoriale19. In tempi di “digitalizzazione” delle opere, occorre sempre considerare che il fondamento razionale delle libere utilizzazioni deve poggiare saldamente sulla funzione economica che è insita nel diritto d'autore, dal momento che le libere disponibile su: http://vitadigitale.corriere.it/2008/05/contenuti_digitali_e_leggi_ana.html 15 Tozzi, atti convegno “Scenari e prospettive del diritto d'autore”, Roma, 27 maggio 2008, 182, disponibile su: http://www.librari.beniculturali.it/upload/documenti/DirittoAutoreOKpw.pdf? l=it 16 V.M. De Sanctis, atti del convegno: “Scenari e prospettive del diritto d'autore”, Roma, 27 maggio 2008, 84 17 V.M. De Sanctis, atti del convegno, op. cit, 84 18 La prima configurazione del copyright rifletteva un'idea di bargaining tra autori e pubblico, ove quest'ultimo, rinunciando ad una serie limitata di utilizzazioni libere delle opere, permetteva agli autori una remunerazione sufficiente ad incentivarne l'attività creativa, mediante il riconoscimento del monopolio temporaneo sulle utilizzazioni. Come frutto della contrattazione, il pubblico si vedeva riconosciuti usi come la fruizione privata, la critica, il commento e la riutilizzazione delle informazioni contenute nell'opera. Negli ultimi trent'anni si è passati invece ad un concetto di copyright come sistema di incentivi, per cui qualsiasi incremento della protezione comporterebbe un aumento direttamente proporzionale della creatività e viceversa (G. Mazziotti, “Il diritto d'autore comunitario nel nuovo ambiente digitale”, Cyberspazio e Diritto 7.1, 2006, 55-115 , nota 4). 19 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, AIDA, 1992, 38 10 utilizzazioni potrebbero sottrarre una occasione di vendita al titolare. In assenza di una regolamentazione che incentivi la creazione di opere protette attraverso la remunerazione, gli autori sarebbero vittime del free riding, non potrebbero cioè appropriarsi in modo esclusivo dei vantaggi dello sfruttamento economico dell'opera ed il risultato sarebbe un disincentivo alla creazione 20, con conseguenti contraccolpi allo sviluppo della cultura. Nell'analizzare il rapporto tra libertà e privative nel diritto d'autore, Sarti 21 nota come il meccanismo dello ius excludendi, accordato ai titolari delle opere, si esplica su due fronti. La tutela più forte è data dall'estensione dell'esclusione alle utilizzazioni di secondo grado: l'art. 19 della Legge 633 del 1941 (in seguito Lda) in Italia, riconosce il principio di indipendenza dell'esercizio dei diritti di esclusiva, permettendo al titolare del diritto d'autore di negoziare separatamente le diverse ed ulteriori modalità di sfruttamento dell'opera, e di percepire una remunerazione a fronte di ogni forma di utilizzo della creazione, per tutte le utilizzazioni di tipo imprenditoriale. Una seconda forma di tutela, che interessa la riproduzione privata, considera tutte quelle fattispecie in cui l'utilizzazione di secondo grado fuoriesce dalla portata dello ius excludendi, andando tuttavia a determinare un diritto al compenso22. Con l'avvento delle tecnologie digitali e telematiche e, in particolare, come si vedrà più avanti, con il fenomeno del cd file sharing, che permettono in larga scala lo scambio di materiale, anche protetto, si è presentato il rischio di mettere gravemente a repentaglio “il diritto di monopolio più elementare da sempre 20 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, Aida, 2002, 151-155. L'Autore continua specificando le diverse funzioni del diritto d'autore nel fissare le condizioni di mercato del bene, la quantità di prodotti da immettere, le varie questioni accessorie come il migliore sfruttamento e la diffusione delle opere, sottrarre l'autore dall'influenza del potere pubblico e dal mecenatismo. 21 P. Sarti,“Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 47-49 22 Questa ipotesi, continua Sarti, riguarda varie fattispecie tra le quali la radiodiffusione di opere rappresentate in luogo pubblico (art. 52 ss Lda), l'esecuzione in pubblici esercizi con mezzi meccanici di opere di radiodiffusione (art. 58 Lda), e il caso di utilizzazione pubblica del supporto sonoro (art. 73 Lda). 11 concesso agli autori, cioè il diritto di riproduzione in copia delle opere protette”23, In questo senso si nota come nell'ultimo cinquantennio il copyright abbia progressivamente “cambiato pelle”, adeguandosi alle nuove prospettive introdotte dalle evoluzioni della tecnologia24. Risulta evidente peraltro la contrapposizione dei sistemi anglosassoni rispetto a quelli europei: la fisiologia del copyright, impostata sulla protezione prettamente economica dell'opera creativa, ha faticato molto per riconoscere al consumatore la facoltà di effettuare copie anche solo domestiche25; l'impostazione europea del droit d'autor, incentrata sulla tutela morale ed economica dell'autore 26, concede invece una certa importanza all'interesse del consumatore e ne crea un'apposita disciplina con l'obbiettivo di contemperare gli interessi in gioco, ammettendo la facoltà di copia entro certi limiti, e concedendo un equo compenso agli autori. La ratio dell'eccezione di copia privata sembrerebbe quindi risiedere nell'impossibilità materiale di un controllo penetrante sulle riproduzioni domestiche, per i costi da sostenere nella ricerca dei responsabili, e anche in considerazione del rispetto dovuto al diritto della privacy27. 23 G. Mazziotti, "Monopoli elettronici e utilizzazioni libere nel diritto d'autore comunitario", Il Diritto di Autore 75, 2004, 153 24 Ibid, 152 25 Come si vedrà, la dottrina del “fair use” e “del “fair dealig” aveva riconosciuto solamente il cd time shifting concedendo all'utente un'operazione di “home taping” relativa a trasmissioni televisive. 26 G. Mazziotti, Monopoli elettronici e utilizzazioni libere nel diritto d'autore comunitario", op.cit, 153 27 D. De Angelis,“La tutela giudica delle opere musicali digitali”, Giuffrè, Milano, 2005, 148. D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 155, sottolinea come tuttavia questa visione non sia pienamente condivisibile, dovendo invece l'ordinamento lasciare libero il titolare di decidere, attraverso una valutazione benefici-costi se intraprendere l'azione o meno; si rischierebbe altrimenti di sostituire il giudizio astratto del legislatore a quello economico e concreto dell'operatore. L'inefficienza della repressione non sarebbe poi dimostrata dal momento che si potrebbero verificare ipotesi di riunione dei titolari in strutture atte al perseguimento dei responsabili delle condotte illecite. Così anche P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 38, sostiene che l'ordinamento non vuole riconoscere al creatore una remunerazione qualsiasi, ma proprio il compenso che il titolare ritiene più conveniente in seguito alla negoziazione dell'opera sul mercato, valorizzando così i meccanismi della vera contrattazione nell'attività di diffusione delle creazioni intellettuali. 12 Tuttavia, occorre sottolineare come la natura del compenso non sia “risarcitoria” per un mancato guadagno dell'autore, ma sia invece una pretesa autonoma che andrebbe a tutelare l'interesse a percepire una remunerazione per ogni nuova modalità di sfruttamento dell'opera28, così aumentando la tutela dell'autore da un lato, e considerando il diritto di accesso dell'informazione del consumatore-utente dall'altro. **** Si ripercorrono di seguito, in breve, le tappe che hanno portato alla disciplina vigente in Europa, con particolare attenzione al nostro sistema, e quindi alla qualificazione dell'istituto della copia privata. La disciplina relativa alle riproduzioni per uso personale in Italia è oggi prevista in due articoli della Lda: l'art. 68 sulla riproduzione privata e sulla fotocopia di libri, e l'art 71 sexies per quanto riguarda la copia privata di fonogrammi e videogrammi. L'eccezione di copia privata in ambito audiovisivo è stata introdotta in Italia per la prima volta con la legge 5 febbraio 1992 n 9329, sulla scorta della legislazione internazionale e delle normative presenti da tempo in altri paesi europei. In base a queste normative, il titolare dei diritti d'autore e/o connessi (d'ora in poi “i diritti d'autore”, tralasciando in questa sede le differenze tra le due categorie), come già detto, detiene il diritto esclusivo di sfruttare economicamente l'opera, in ogni forma e modo. Il sistema di protezione accordato dal diritto d'autore si basa tradizionalmente sul 28 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit.., 51 29 Il principio di libera utilizzazione privata delle opere creative non era stato storicamente sostenuto con vigore nel nostro paese. Innanzitutto perchè non era espressamente previsto da alcuna norma. Infatti la Lda prevedeva fra le utilizzazioni libere (art. 65 ss Lda ) soltanto particolari ipotesi di atti personali, e bisognava postulare a contrario l'esistenza di una regola generale per cui l'utilizzazione privata rientrasse nel diritto d'autore, che si basava sopratutto sul disposto dell'art. 68 Lda. Quest'ultimo però prevedeva riproduzioni ad uso personale dei lettori con mezzi non idonei allo spaccio e diffusione dell'opera, lasciando intendere vietati tipi di riproduzioni private tramite mezzi meccanici. P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 34, nota 5 13 controllo degli esemplari materiali delle opere di ingegno: il titolare ha il diritto di vietare la riproduzione della sua opera, o di consentirla solo dietro pagamento di un compenso30. L'avvento delle nuove tecnologie di riproduzione, a partire dagli anni '60, ha incrinato il sistema mettendo il privato nella possibilità di effettuare copie sempre più fedeli all'originale in ambito domestico, così ponendo la complessa questione al centro del dibattito dottrinale. L'opinione prevalente aveva quasi sempre sostenuto che la copia privata rientrasse nell'ambito del diritto d'autore. La Convenzione di Roma31, la CUB32, la Convenzione Universale sui diritti d'autore33, la Convenzione sui Fonogrammi34 e la Convenzione europea sulla protezione delle trasmissioni televisive35 seguivano di fatto tale orientamento. L'introduzione della prima disciplina per la copia privata opera in Germania nel 1965, a seguito di due decisioni della Corte Federale Suprema, il BGH, rispettivamente del 1955 e del 1964. Con la sentenza del 18 maggio 1955, il BGH per la prima volta prese posizione in una controversia, che si sarebbe protratta per tutto il decennio, tra la collecting society GEMA36 contro la Grundig37. La Corte stabilì che nell'ipotesi di conflitto fra utilizzatore dell'opera e titolare del 30 Ubertazzi - Marchetti,“Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, Cedam, IV edizione, 2007, Padova, 1698 31 Convenzione internazionale relativa alla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione, firmata a Roma il 26 ottobre 1961. 32 Convenzione d'unione di Berna per la protezione delle opere artistiche e letterarie, del 9 settembre 1886, completata a Parigi il 4 maggio 1896, riveduta a Berlino il 13 novembre 1908, completata a Berna il 20 marzo 1914 e riveduta a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles il 26 giugno 1948, a Stoccolma il 14 luglio 1967 e a Parigi il 24 luglio 1971. 33 La Convenzione universale sul diritto d'autore venne firmata a Ginevra il 6 settembre 1952. 34 Convenzione per la protezione dei produttori di fonogrammi contro la riproduzione non autorizzata dei loro fonogrammi, firmata a Ginevra il 29 ottobre 1971 35 Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989. 36 Gesellschaft für musikalische Aufführungs- und mechanische Vervielfältigungsrechte (Società per i diritti di riproduzione meccanica e l'esibizione musicale) è un'organizzazione dei diritti di esibizione tedesca. È un membro di BIEM e CISAC. 37 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 41. La GEMA lamentava la condotta della Grundig che pubblicizzava la capacità dei propri prodotti di effettuare registrazioni di opere fonografiche, senza avvertire i consumatori dell'esistenza del divieto di riproduzione di opere protette. 14 diritto d'autore, la prevalenza dovesse essere accordata all'interesse di quest'ultimo, con il riconoscimento a suo favore di una remunerazione per ogni utilizzo, anche se non fosse direttamente individuabile una perdita di profitto. Con la seconda decisione, la Corte individuò, da un lato, il vantaggio diretto che i produttori di apparecchi idonei alla registrazione ottenevano dalla copia privata; dall'altro lato, ritenne che la collecting society tedesca, la GEMA, non aveva diritto ad obbligare i produttori a rilevare i dati personali dei propri acquirenti, ravvisando un diritto alla privacy da difendere. Su queste basi, con la Legge del 1965, il legislatore tedesco introdusse l'eccezione di copia privata, istituendo una società per la raccolta e distribuzione dei compensi da essa derivanti38. Nel 1985, a seguito dell'avvento di nuove tecnologie, e del netto superamento di quelle di registrazione ormai obsolete ed in declino prese in considerazione dalla legge del 1965, veniva riformata la disciplina della copia privata in modo tale da assoggettare al compenso anche i supporti vergini. Nel 2005, una ulteriore modifica ha aggiornato la disciplina con la considerazione del nuovo ventaglio di problematiche che andava imponendosi, per la diffusione in larga scala dei personal computer e la digitalizzazione dei contenuti. Sulla scorta dell'esempio tedesco, anche la Francia, nel 1985, ha adottato una disciplina per la copia privata introducendo lo schema del diritto al compenso, seguita poi, negli anni a venire, dagli altri principali paesi europei.39 Lo sviluppo di queste nuove potenzialità di sfruttamento delle opere e la conseguente trasmissione di materiale protetto, ha messo in crisi il sistema di privative d'autore ed ha reso necessario determinare se l'esclusiva, e quindi 38 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1700 39 Dopo Germania e Francia hanno adottato una disciplina per la copia privata: Austria (1980), Ungheria (1982), Finlandia (1984), Islanda (1984), Olanda (1990), Spagna (1992), Svizzera (1993), Italia (1993), Grecia (1993), Belgio (1994), Polonia (1996), Portogallo (1998), Svezia (1999). Come si dirà più avanti, solo Gran Bretagna e Irlanda (e Lussemburgo) non hanno adottato questo sistema e hanno previsto invece un sistema di “fair dealing”. Cfr: Ubertazzi - Marchetti, “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”,op. cit., 1699. 15 l'estensione del diritto d'autore, possa arrivare a coprire anche l'ambito domestico40. Come già sottolineato41, in Italia l'opinione di gran lunga prevalente era contraria al principio di libera utilizzazione privata42. La soluzione sembrava essere introdotta dalla Legge 93/1992 che se, da una parte, ispirandosi al sistema tedesco, riconosceva ai titolari dei relativi diritti d'autore e/o connessi il diritto all'equo compenso, dall'altra parte sembrava proprio affermare indirettamente il diritto del consumatore alla copia per fini privati43. La Legge 5 febbraio 1992 n. 93 che, non novellando la Lda, aveva autonomia normativa, ha previsto, all'art. 3, a favore di autori e produttori, diritti per le registrazioni prive di scopo di lucro. Le condizioni di liceità per consentire tali registrazioni erano le seguenti: i) l'ambito privato della riproduzione e per il solo uso della persona che la realizza; ii) la mancanza di scopo di lucro (il quale avrebbe potuto consistere in un beneficio economico diretto o indiretto). Ulteriore elemento necessario era costituito, logicamente, dalla corresponsione del compenso previsto, pari ad una quota del prezzo di vendita, al rivenditore di nastri o supporti analoghi di registrazione, audio e video, e di apparecchi di registrazione audio stessi (ad esclusione dei soli videoregistratori). Questa normativa, che ha avuto una lunga fase di gestazione, è stata dettata nell'interesse primario dei creatori delle opere di ingegno, e non è stato dimenticato, ma addirittura considerato dal punto di vista economico paritario, l'interesse degli industriali (produttori fonografici) e degli artisti interpreti. Il compenso trovava ragione nel fatto che, in queste forme di duplicazione 40 La Corte Suprema Federale Tedesca nel 1964 riteneva impossibile sopprimere la copia privata, che pur violava il copyright, proprio perchè si sarebbe violato il diritto all'inviolabilità del domicilio. K.J. Koelman, “The levitation of Copyright: An economic View of Digital Home Copying, Levies and DRM”, Enterteiment Law Review, 4/2005, 75 41 Vedi nota 17 42 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit.,1699 43 In questo senso G. Sena, sottolineando come l'eccezione di copia privata si ricavi, in via interpretativa, per effetto della previsione del diritto al compenso dei titolari dei diritti d'autore e connessi di opere audiovisive, per le registrazioni private ad uso personale senza scopo di lucro di tali opere:“Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione”, op. cit., 58 16 privata, il diritto d'autore subisce comunque una compressione che rende quindi essenziale il diritto di remunerazione, come forma di tutela44. Tali norme andavano quindi a rafforzare la difesa dell'autore introducendo lo schema del compenso per le utilizzazioni non controllabili, senza che queste tuttavia venissero considerate lecite.45 In effetti il problema della copia privata era già nato nell'ambito della reprografia privata, poiché il progresso tecnologico aveva prodotto una significativa concorrenza delle fotocopie rispetto all'editoria commerciale. Ma se in un primo periodo, fotocopiatrici e registratori permettevano riproduzioni analogiche che si avvicinavano all'originale, senza tuttavia essere mai perfette, oggi con l'avvento della cd. era digitale la tecnologia ha portato alla possibilità di ottenere facilmente una copia identica all'originale, con mezzi accessibili alla maggioranza degli utenti. In questo nuovo contesto, quindi, si è acceso un rovente dibattito sulla possibilità di ritenere lecita anche la copia privata digitale, e su come conciliarla con il (perdurante) diritto esclusivo a favore dei titolari dei diritti. Il problema viene quindi affrontato a livello comunitario, con una prima presa di posizione sul tema, tramite il Libro Verde “sui diritti d'autore ed i diritti connessi nella società dell'informazione” del 1995. Già nella sua redazione viene messa in luce l'importanza degli strumenti tecnologici di protezione, e viene quindi sostenuta l'opportunità di incentivare l'adozione di sistemi standard per l'identificazione dell'opera, nonchè per la gestione automatica dei corrispettivi per 44 L. Chimenti, “Lineamenti del nuovo diritto d'autore”, 2000, Giuffrè, 212-14 45 V.M. De Sanctis,“La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, IDA, 2004, n. 2, 121. L'autore nel sostenere l'erroneità del concetto di “degradazione” del diritto d'autore in diritto al compenso, sottolinea come nell'introdurre lo schema del compenso per le utilizzazioni non controllabili, la legge 93/1992 non andava a considerarle lecite per il solo fatto che all'autore fosse riconosciuta comunque una remunerazione. Tale questione era stata affrontata anche dalla giurisprudenza che tuttavia, stante “l'assoluta impotenza dell'ordinamento (e degli aventi diritto) alla repressione dei comportamenti in questione”, aveva declassato la questione della liceità come del tutto accademica ( Trib. Milano 19 giugno 1995, Thomson Consumer Electronics Marketing Italia s.p.a. - contro SIAE, in AIDA, 1995, . 695) 17 l'utilizzazione economica delle opere in rete46. Il sistema del compenso veniva considerato dalla Commissione Europea strumento di tutela sufficiente nei casi in cui le misure tecniche di protezione non consentissero di impedire la copia privata digitale. Diverso, secondo la Commissione, doveva essere il trattamento quando le tecnologie potessero proteggere in via assoluta l'originale dell'opera dalla copia digitale. In questo caso, allorchè comunque poteva ritenersi esaurientemente tutelato il diritto all'accesso all'informazione del consumatore da una copia analogica, di qualità inferiore e non identica all'originale, quindi non considerabile pienamente competitiva con essa, non doveva essere previsto alcun compenso. In tale caso, il riconoscimento dello ius excludendi a favore degli autori, rimaneva la soluzione più efficace47. Il legislatore comunitario proseguì quindi con l'emanazione della Direttiva CE 01/29 del 22 maggio 2001, relativa all'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione. La Direttiva è frutto di duri scontri fra varie lobbies che, per interessi contrastanti, hanno rallentato il lungo iter della normativa (oltre quattro anni), al punto che ancora nel gennaio 2001 si presentavano emendamenti sopratutto in ordine alle cd. eccezioni e limitazioni48. La Direttiva doveva rispondere alla necessità che le eccezioni venissero uniformemente trattate e definite, in modo tale da garantire il corretto funzionamento del mercato interno dell'Unione Europea 49 (in questo senso i Considerando n. 7 e n. 32). La soluzione più semplice consisteva nell'avvio di un processo di unificazione delle legislazioni nazionali, in modo tale da generare diritti di privativa autoriale, 46 G. Cassano, “Diritto dell'internet e delle nuove tecnologie telematiche”,– I.P. Cimino, CEDAM, 2009, 333-335 47 Ubertazzi-Marchetti,“Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1700 48 G. Sena,“Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione”, op. cit., 10 49 L. Daffarra ,“Le libere utilizzazioni e le utilizzazioni illecite”, op. cit. 18 uniformi e riconosciuti in tutto il territorio comunitario50. Numerose sono state quindi le critiche per il mancato raggiungimento dell'auspicata armonizzazione. In particolare si è ritenuto che la Direttiva finisca con il legittimare monopoli elettronici, che relegano in una posizione di incertezza le libere utilizzazioni ed il pubblico dominio delle opere 51. In essa in effetti si prevede un sistema facoltativo di eccezioni e limitazioni, il quale rischierebbe proprio di impedire l'armonizzazione del mercato comunitario, poiché non garantisce che la medesima eccezione venga applicata in tutta l'Unione, né che venga riconosciuta con la stessa intensità, generando così quello che è stato ritenuto un sistema a “macchia di leopardo”52. Si è sostenuto inoltre che il legislatore comunitario sembri aver perso un'occasione per aggiornare le eccezioni rispetto alle originalità del nuovo panorama digitale, ai nuovi modelli di distribuzione delle opere, come i Creative commons53, in relazione ai quali, nonostante la gratuità dell'opera, il consumatore si vede onerato dal pagamento del compenso54. La Direttiva quindi esprimerebbe una scelta diversa rispetto all'approccio legislativo seguito a livello internazionale, ove i vari trattati 55 si sono diretti verso l'abbandono di un sistema elencativo di eccezioni e limitazioni, approssimandosi 50 G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op.cit, 10 51 Ibid, 7 52 P. Marzano, “Sistemi anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Diritto d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op.cit, 290, a cui si aggiunga il ritardo di alcuni paesi nel recepimento della Direttiva. Nello stesso senso la Commissione Europea nel documento sulla copia privata dell'aprile 2008: “The result is that different levies apply in relation to the same products across Europe” (Backgorund document: “fair compensation for acts of private copying”,.3 http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/background_en.pdf 53 Licenze Creative Commons è la denominazione di alcune licenze di diritto d'autore redatte e messe a disposizione del pubblico a partire dal 16 dicembre 2002 dalla Creative Commons, un ente non-profit statunitense fondato nel 2001. Queste licenze, che si ispirano al modello copyleft, in sostanza, rappresentano una via di mezzo tra sistemi "full-copyright" e sistemi"no-copyright": da una parte la protezione totale operata dal concetto di "All Rights Reserved" e dall'altra, una libertà senza obblighi che comporta anche dei rischi, quali ad esempio lo sfruttamento. (Disponibile su: http://it.wikipedia.org/wiki/Licenza_Creative_Commons) 54 § 4 Backgorund document: “fair compensation for acts of private copying 55 Ci si riferisce ai Trips ed ai due Trattati OMPI del 1996 19 invece ai sistemi di common low56. Evidentemente, nel perseguire l'obbiettivo di armonizzazione dei diritti, il legislatore ha preferito evitare un sistema elastico. Infatti la Direttiva, all'art. 5, prevede una sola eccezione obbligatoria al diritto d'autore57 ed una serie (19) di eccezioni facoltative, tra le quali l'eccezione di copia privata, per contro effettuando un'estensione della portata del concetto di riproduzione58. E' stata quindi realizzata un'armonizzazione “relativa”59: da un lato infatti vengono armonizzate le differenti normative sul diritto di riproduzione, precludendo qualsiasi eccezione, almeno in ambito digitale, oltre a quelle espressamente previste come concedibili. Tuttavia, salvo quella contemplata al comma 1, circa le riproduzioni temporanee, transitorie ed accessorie, le altre eccezioni sono tutte facoltative, rimettendo la scelta al legislatore nazionale. Ogni stato membro è libero quindi di operare in modo differente, introducendo o no, la disciplina. Per questo, come già sottolineato, sembra destare viva preoccupazione il risultato possibile della disciplina: “perpetuare se non aggravare i preesistenti ostacoli alla liberazione della circolazione delle merci e della prestazione di servizi in ambito europeo”60. Evidenza di quanto sopra esposto è rinvenibile nella situazione di Inghilterra ed 56 P. Marzano, “Diritto d'autore e digital technologies”, Giuffrè, 2005, 285 57 Si tratta dell'eccezione per la riproduzione temporanea, priva di rilievo economico proprio perchè accessoria e necessaria nel processo di trasmissione in rete tra terzi ,con l'intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un 'opera. 58 “Tradizionalmente il concetto di riproduzione era limitato alla realizzazione di copie permanenti e fissate su un supporto materiale che rende percepibile l'opera, e mai applicato alla comunicazione dell'opera mediante esecuzione, rappresentazione e recitazione o diffusione a distanza”(Sena, “Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione”, op. cit. 13). La dematerializzazione dei supporti causata dal digitale, la perdita di fissità dell'opera, ha portato ad una rivisitazione del concetto di riproduzione, che oggi ha per oggetto “la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione.” Art. 13 Lda. 59 L. Chiementi, “La nuova proprietà intellettuale nella società dell'informazione”, Giuffrè, 2005, 50 60 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1699 20 Irlanda, che ben si sono guardate dall'inserire l'eccezione di copia privata. In ossequio ad una tradizione di common low, viene fatta applicazione di un principio diverso, il cd “fair dealing”61. In Italia, l'art 71 sexies Lda, introdotto dal d. lgs. 68 del 2003, ha eliminato ogni dubbio circa la liceità della copia privata per il legittimo possessore di un'opera di ingegno62. Il Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 68 sull'attuazione della direttiva 2001/29/CE, ha infatti traslato il contenuto degli art. 2 e 3 della L. 93/1992 negli articoli 71 sexies, septies e octies della Lda, con l'introduzione di una nuova sezione II del capo V contenente le disposizioni sulle utilizzazioni libere, dichiarando la liceità della riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi63. L'importanza di questa modifica risulta ancor più rilevante poiché ad alimentare i dubbi era intervenuta la legge cd. Antipirateria, del 18 agosto 2000 n. 248, che aveva reso perseguibili, con sanzioni di carattere amministrativo, gli utenti che effettuavano copie di opere legittimamente acquistate anche per uso personale64. La novità della normativa sta inoltre nell'aver ampliato la sfera di applicazione ai produttori di apparecchi di registrazione video, e di sistemi informatici idonei alla registrazione dei videogrammi. La previsione dell'art. 71 sexies, subordina la facoltà di effettuare la copia ad una serie di condizioni che tendono a giustificare l'eccezione alla privativa autoriale: 61 Le cd eccezioni di “fair dealing”, prevedono tre importanti limitazioni ai diritti d'autore: a scopo di ricerca o studio privato; a scopo di critica o revisione; a scopo di cronaca. La legge inglese prevede inoltre un'eccezione cd di time shifting che consente di effettuare una copia ad uso domestico di una trasmissione televisiva. Per nessuna di queste attività si prevede un compenso. (Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1699) Per un'analisi più approfondita del sistema di common law e del sistema del cd fair use, si rimanda al secondo capitolo. 62 E. O. Policella, “Il diritto alla copia privata e l'equo compenso nel nuovo diritto d'autore”, 2003, disponibile su:www.diritto.it G. Sena sottolinea efficacemente come la grande novità della disciplina stia nell'espresso riconoscimento della liceità della copia privata di fonogrami e videogrammi alle condizioni contenute nell'art. 71 sexies. In “Diritto d'autore e diritti connessi nella società dell'informazione”, 2003, IPSOA, Milano, 59. 63 V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 123 64 O. E. Policella, “Il diritto alla copia privata e l'equo compenso nel nuovo diritto d'autore”, op. cit. 21 • che la riproduzione sia effettuata privatamente; • relativamente ai solo fonogrammi e videogrammi; • da una persona fisica; • per uso esclusivamente personale; • senza scopo di lucro, e senza fini direttamente o indirettamente commerciali; • nel rispetto delle misure tecnologiche di protezione dell'opera eventualmente apposte dal titolare dei diritti; La qualificazione di “privata” pare condurre all'esclusione dell'applicabilità dell'eccezione quando vengano adoperati strumenti messi a disposizione da parte di terzi, sopratutto da parte di chi svolga attività commerciale, cioè prestando servizi di riproduzione65. La lettera della noma annovera, tra i materiali assoggettati all'eccezione, i soli fonogrammi ed audiogrammi, cioè le opere audiovisive, con l'esclusione quindi di ogni altra opera protetta, salvo quanto previsto all'art. 68 Lda per le opere a stampa. In particolare occorrerà escludere il software66, del quale si può effettuare solo una copia cd di backup, o copia di riserva, ex art. 64 ter Lda. La riproduzione poi può essere effettuata solo da una persona fisica, cioè da colui che ne usufruirà per l'uso privato, come previsto all'art. 5.2 let b) della Direttiva 2001/29/CE. Va notato che la copia privata può essere effettuata su qualsiasi supporto, e ciò rileva nella misura in cui si risolve la controversia, precedente alla riforma, sulla applicabilità o meno del compenso sui supporti digitali. 65 D. De Angelis,“La tutela giudica delle opere musicali digitali”, op. cit., 151 66 Ha comportato più problemi invece l'inquadramento di opere multimediali e videogiochi che, se assimilate a software, sarebbero escluse dall'eccezione, mentre se qualificate come videogrammi ne beneficerebbero. Pone ancora più problemi il trattamento delle banche dati, sopratutto se contengono fonogrammi e videogrammi, i quali beneficerebbero dell'eccezione di copia privata; tuttavia, se la loro fruibilità dipendesse unicamente dalla contemporanea effettuazione di una copia della banca dati, si creerebbe un conflitto, laddove si concludesse per l'esclusione dell'eccezione ex art 64 sexies per le banche dati. (Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1704) 22 Uno dei problemi di maggior rilievo posto dalla Direttiva 2009/29/CE, e dalla sua attuazione, riguarda la conciliazione tra misure tecnologiche di protezione e le utilizzazioni private Il Digital Right Managment (d'ora in avanti DRM) system e le relative misure tecniche di protezione, cercano di ottenere un rafforzamento a livello pratico delle difese giuridiche del diritto d'autore e dei diritti connessi che a loro volta le proteggono, rendendo la loro alterazione o la loro elusione un illecito civile e penale. La disciplina dovrebbe effettuare una valutazione su due livelli. E' evidente da un lato che un'applicazione delle misure, al di là dei limiti giuridici, sarebbe pericolosa per la diffusione delle informazioni e della cultura, trasformando il diritto d'autore in un diritto all'accesso, così tutelando più l'investimento di chi ha realizzato il sito internet che la creatività degli autori67. D'altro lato, tuttavia, la rimozione di dette misure lascerebbe priva di una tutela efficace il diritto alla protezione delle opere. Qualsiasi altro provvedimento idoneo, che non sia la rimozione, comporta il raggiungimento di un accordo delle parti interessate che la legislazione può favorire ma che non riesce a preordinare, per mancanza di una possibile soluzione generale.68 Il nuovo art. 71 sexies Lda cerca di dare la soluzione a questo conflitto nel quadro della copia privata; infatti al 1°comma sembra consentire la riproduzione ad uso personale e senza scopo di lucro, purchè essa avvenga nel rispetto delle misure tecnologiche di cui all'art. 102 quater Lda. Si potrebbe quindi giungere alla conclusione che, in caso di apposizione di misure, l'utente non possa realizzare la copia nemmeno per uso privato. É evidente quindi la formale contraddizione interna all'art. 71 sexies Lda: dopo che nel I comma impone ai beneficiari dell'eccezione il rispetto delle misure tecnologiche di protezione apposte, nel IV comma concede agli stessi il diritto di 67 V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”,op. cit., 127 68 Ibid 127 23 obbligare i titolari dei diritti a consentire la copia privata per uso personale nonostante l'esistenza delle misure tecnologiche. Ulteriore limite all'eccezione di copia privata è disposto al III comma del 71 sexies, quando il titolare dei diritti metta a disposizione in rete l'opera “on demand69”, e quando l'accesso sia consentito nell'ambito di accordi contrattuali che limitino il numero di copie riproducibili. L'art. 71 septies Lda disciplina invece il diritto all'equo compenso degli autori. Mentre nella legge 93/1992 veniva fissato in una quota del prezzo di vendita, ora il compenso viene stabilito ogni tre anni, con decreto del ministero dei Beni e delle Attività Culturali, sentito il Comitato Consultivo Permanente per il diritto d'Autore e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative dei produttori degli apparecchi e dei supporti (peraltro il D.lgs. 68 /2003, all'art. 39 ne stabilisce già la misura fino al 31 dicembre 2005; questa determinazione, per le supposte pressioni delle lobby dei produttori, ha subito modificazioni – al ribasso – rispetto ai primi testi del decreto). Si è già osservato come il compenso non influisca sulla liceità o meno della copia. A questo proposito, enfatizzando la funzione economica del diritto d'autore, Galletti70 nota come la copia privata sia in sostanza un problema di insufficiente distribuzione e trovi la propria legittimazione al verificarsi di un “market failure”, cioè quando la struttura del mercato è fallace: all'utente non è consentito contrattare con l'autore per ottenere una copia lecita; l'autore non offre condizioni economiche che si concilino con la valutazione dell'utente; l'inefficiente offerta di opere protette nel mercato produce esternalità negative che si riverberano anche sui terzi e rischiano di non incentivare sufficientemente nuove creazioni, arrivando a tradire lo spirito del diritto d'autore. 69 Ossia, letteralmente “in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente” ; v. 3 co. art 71 sexies Lda. De Sanctis ravvisa in questa previsione la volontà del legislatore nel preferire la messa a disposizione “on demand”, in modo da limitare il più possibile la copia privata alla luce delle diffuse vicende di pirateria organizzata. V.M. De Sanctis “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit, 129 70 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 156-159 24 In questo senso si inserisce l'equo compenso, cioè un meccanismo per cui l'ordinamento consente l'utilizzazione privata a condizione che venga versata una remunerazione equa, ossia sufficiente a compensare l'autore. Così è il sistema a fare il mercato. Effetto indiretto di questo sistema è lo stimolo alla predisposizione di quelle condizioni che assicurino un efficiente mercato: le utilizzazioni libere, concesse a quella domanda di fruizione che non può essere soddisfatta dalla struttura di distribuzione del titolare, sottraggono al medesimo possibilità di guadagno potenziali. Proprio in quest'ottica, il sistema a compenso non degraderebbe lo ius excludendi, ma anzi segnerebbe una nuova tappa nel rafforzamento della tutela dell'autore71. 1.1.2 Assenza di scopi commerciali ed uso personale Nel sancire la libertà della copia privata, il vecchio art. 68 Lda, al III comma, già enunciava un divieto che rappresenta anche la chiave di lettura dell'intera disposizione normativa in questione72: “è vietato lo spaccio di dette copie nel pubblico ed in genere in ogni utilizzazione in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore”. Il disposto della norma assoggetta la libertà di copia all'uso personale da intendere come quell'uso che non interferisce, quantomeno in termini di concorrenza, con i diritti esclusivi di utilizzazione economica spettanti agli autori. Il passaggio da un ambito privato a pubblico determina infatti l'illiceità della copia. Nel settore del diritto d'autore, il sistema si dimostra preoccupato del fatto che l'opera, una volta divulgata, abbia una certa diffusione, sempre nel limite in cui non vada ad arrecare un danno economico significativo al titolare, e proprio per questo la copia privata ha uno spazio applicativo incentrato sul rilievo “personale” 71 P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit., 56; così anche V. M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 121 72 B.M. Gutierrez, “La tutela del diritto d'autore”,,Giuffrè, 2000, Milano, 143 25 dell'accesso73. Una nozione rigida di “uso personale” andrebbe quindi a definire quelle utilizzazioni fatte dalla singola persona per usi suoi propri, precludendo l'attività di copia finalizzata allo scambio, anche in una stretta cerchia di amici, senza scopo di lucro. Secondo la dottrina unanime tuttavia il termine “personale” non deve essere interpretato come sinonimo di individuale, ma come l'uso in ambito privato, come la cerchia familiare.74 In effetti la dottrina risulta molto divisa sulla questione, e se una parte attribuisce una certa elasticità alla definizione di uso “personale” in riferimento al caso concreto, affermando la qualità personale dell'uso laddove la personalità del soggetto rimanga in primo piano 75, un'altra parte ritiene che il termine “personale” debba interpretarsi più restrittivamente, e non possa coincidere con il concetto di privato76. Sulla differenza tra privato e personale anche in ambito comunitario la soluzione è ambigua; comunque l'art. 5.2 lett b) della Direttiva CE 2001/29/CE utilizza il termine “uso privato”. Con l'introduzione dell'art. 71 sexies Lda, tuttavia, si deve ritenere che non sia più possibile effettuare una ricostruzione unitaria del concetto di uso personale. Infatti, mentre l'art. 68 Lda abbraccia un concetto più duttile, purchè al di fuori di un ambito di utilizzazione economica, l'art. 71 sexies co.1 Lda, che riflette una seria preoccupazione per il rischio della diffusione delle copie digitali, fa riferimento all'uso esclusivamente personale della persona fisica-utente, 73 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 154 74 Così Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1686; M. Bertani, “Diritto d'autore ed uso personale 'non sanzionabile'”, AIDA, 2000, 358. M. Fabiani, “La nozione di uso personale nel diritto d'autore nei confronti delle possibilità offerte dalla tecnica moderna all'utilizzazione delle opere d'ingegno”, IDA, 1955, 162-189, definisce l'uso privato, più felicemente detto in privato, come l'uso nell'ambito della propria abitazione, da distinguere nettamente dall'uso personale, cioè l'uso che procura un godimento alla sola persona dell'utilizzatore. Spesso tuttavia nell’adoperarli, i due termini coincidono, nella misura in cui l'uso personale dell'opera avviene in ambito privato. 75 V. Mangini, “Riproduzioni fotomeccaniche e loro uso personale”, Riv. dir. civ., 1961, I, 390 76 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 148 26 beneficiario dell'eccezione77. La scelta per un significato restrittivo risulterebbe ancor più evidente dalla lettura dell'art. 71-septies che recita testualmente: “Gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive e i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi di cui all'art. 71 sexies». Il dettato denuncia la totale corrispondenza tra uso privato ed uso esclusivamente personale78. La copia privata non può poi avere scopo di lucro, né fini commerciali, diretti o indiretti. Secondo il dato letterale, la norma sembra significare che la copia privata non possa essere utilizzata od utilizzabile per trarne un guadagno diretto o indiretto. Così anche dall'analisi della normativa sovranazionale, emerge la presenza di un principio prettamente economico del danno operato al titolare del diritto di riproduzione, un danno di rilevanza apprezzabile. Tale danno si può individuare in particolare nell'illecita concorrenza a livello commerciale. La Convenzione di Berna, all'art. 9, e la Direttiva 2001/01/CE, all'art. 5, richiamano appunto il concetto di concorrenza (o meglio, di “contrasto”) mediante il normale sfruttamento economico dell'opera da parte dell'autore79. Il fine di lucro80 evoca scenari di tipo commerciale e porta a rimarcare che la finalità in parola, rispetto a quella in termini di “profitto”, segnala una prospettiva di stampo economico, di arricchimento patrimoniale, con esclusione di soddisfazioni di altra natura, ed è quindi chiaramente riconoscibile solo laddove 77 Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1686 78 P. Di Fabio,“La nuova normativa sul diritto d'autore e la riproduzione per uso personale dell'opera dell'ingegno”, Giust. Civ., 2003, 10 79 Ibid, 17 80 La Cassazione nella sentenza n. 149 del novembre 2006 definisce lo scopo di lucro in riferimento alla riproduzione di opere protette come “un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere; né l'incremento patrimoniale può identificarsi col mero risparmio di spesa derivante dall'uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere di ingegno, al di fuori dello svolgimento di un'attività economica da parte dell'autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l'abuso”. 27 sia dato riscontrare un'attività di tipo imprenditoriale. Il cd Decreto Urbani del 200481, con l'intento di sanzionare maggiormente i comportamenti illeciti, si era proposto di sostituire il riferimento ad un concetto di lucro per introdurre invece quello di profitto82. Si era quindi discusso sull'opportunità della scelta legislativa, poiché la finalità lucrativa, che è un sottoinsieme del concetto di profitto 83, avrebbe portato a considerare illecite una quantità di situazioni minori, e sarebbe stata meno lesiva soprattutto in ambiti domestici. In effetti il riferimento al concetto di profitto potrebbe comprendere quelle istanze che fanno riferimento alla copia per una finalità di risparmio di spesa. Il termine lucro sarebbe sinonimo di incremento patrimoniale positivo, di guadagno economicamente apprezzabile, mentre il termine profitto, in quanto nozione di portata più ampia, comprende anche la diminuzione patrimoniale, evitata mediante l'operazione di duplicazione84. Per quanto riguarda gli scopi commerciali, la soluzione corretta non sembra quindi da individuarsi nel concetto di impresa commerciale di cui all'art 2195 c.c., bensì nel concetto di attività di scambio, vale a dire di messa in circolazione, di spaccio, di esemplari illeciti o, più esattamente, di preordinazione a tale attività di scambio85. Il legislatore comunitario, nel regolare la copia privata, con un atteggiamento più morbido, fa riferimento alle sole finalità commerciali , quindi economicamente significative, dandone una definizione ambigua, pur senza richiamare il concetto di lucro, al considerando n. 42 della Direttiva 2001/29/CE86. Sembra oltretutto 81 Decreto-legge 22 marzo 2004, n. 72 82 D. Minotti, “Legge Urbani, la situazione”, 2004, disponibile su: http://punto-informatico.it/573732/PI/Commenti/legge-urbani-situazione.aspx 83 P. Sorbello, , “Diritto d'autore – Download di file musicali”, Rivista di diritto industriale, 2008, parte II, 19. “La nozione di profitto può non avere carattere economico, potendo consistere nel soddisfacimento di qualsiasi interesse, anche solo morale” 84 D. Coliva,“Tutela del software e liceità penale della copia interna”, 1997, disponibile su: http://www.interlex.it/inforum/conv97/coliva3.htm#8 85 P. Di Fabio, “La nuova normativa sul diritto d'autore e la riproduzione per uso personale dell'opera dell'ingegno”, op. cit., p18 86 “...la natura non commerciale dell'attività in questione dovrebbe essere determinata dall'attività in quanto tale. La struttura organizzativa e i mezzi di finanziamento 28 che si vada riducendo la distanza tra i due termini 87, anche per l'indistinto modo di loro utilizzazione all'interno di varie parti della direttiva. Il sistema consente in conclusione tutte quelle forme di riproduzione che, per la loro natura e per il fine del copista, non apportano alcun danno patrimoniale al titolare dei diritti sull'opera. Quando la struttura del mercato non consente all'utente di soddisfare la propria esigenza, a causa del prezzo troppo elevato, la riproduzione non può dirsi concorrenziale, non arreca alcun pregiudizio, perchè l'esemplare non sarebbe acquistato comunque. Concorrenza da intendersi nel senso di alternativa, per il soddisfacimento, alla struttura distributiva dell'autore88. In questo spirito infatti erano nate le utilizzazioni libere, nel bilanciamento tra interessi del pubblico e del titolare che rispondeva ad una regola basilare: l'estensione dello ius excludendi a tutte le utilizzazioni che si ponessero in concorrenza con la struttura dell'autore89. La libertà dell'utilizzazione è direttamente proporzionale all'assenza di una situazione di concorrenza. 1.1.3 Copia privata: un'eccezione o un diritto? Resta comunque da risolvere la questione circa la portata del diritto di copia privata, sopratutto nel suo delicato rapporto di convivenza con il sistema di DRM: il diritto ad effettuare la propria copia cede il passo al diritto dell'autore di proteggere la propria opera? Occorre capire cioè, nel relazionarsi di questi due diritti, quale vada a tracciare il limite dell'altro, e quindi se la copia privata sia in grado di rappresentare un effettivo limite all'uso del DRM. Innanzitutto va sottolineato che le eccezioni al diritto patrimoniale degli autori, il quale si fonda su basi costituzionalmente molto salde, sono legittime solamente dell'organismo di cui trattasi non costituiscono i fattori decisivi a tal fine”. (Considerando n. 42) 87 P. Di Fabio, “La nuova normativa sul diritto d'autore e la riproduzione per uso personale dell'opera dell'ingegno”, op. cit., 19 88 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 172-173 89 P. Frassi, “Riflessioni sul diritto d'autore. Problemi e prospettive nel mondo digitale”, Riv. Dir. Ind, 2002, I, 387 29 quando si fondino su interessi costituzionalmente garantiti e di rango pari o prevalente rispetto a quelli degli autori; siano strumentali alla loro protezione, rispettino il principio di proporzionalità e dunque non introducano ai diritti patrimoniali degli autori limitazioni sovrabbondanti, in rapporto alla necessità di tutela degli altri interessi costituzionali di volta in volta in gioco. Questa prospettiva era già presente nell'art 9 del testo adottato a Stoccolma 1967 della Convenzione di Berna che consente la riproduzione libera solo a determinate condizioni90 Essendo stato introdotto un concetto di copia privata all'interno del sistema di eccezioni all'esclusiva autoriale, è necessario di conseguenza soppesare la portata del termine “eccezione”. Occorre cioè soffermarsi sul contenuto dell'art 71 sexies, co. 4 Lda, ove si prescrive ai titolari dei diritti che, nonostante abbiano applicato le misure tecnologiche di protezione di cui all'art. 102 quater Lda, sono tenuti a consentire all'utente venuto in legittimo possesso dell'opera di effettuarne la copia privata. È in altre parole necessario determinare se l'eccezione in questione identifichi in capo al singolo utente un vero diritto assoluto oppure una semplice posizione giuridica di rilievo, attivabile giudizialmente in caso di illegittimo rifiuto da parte del titolare del diritto alla rimozione delle misure di protezione anticopia. Nel febbraio 2006, con la sentenza n. 546/06 91, la Corte Suprema francese si era 90 Si riporta qui di seguito il testo dell'art. 9, alinea 2, della convenzione di Berna: «Est réservée aux législations des pays de l'Union la faculté de permettre la reproduction desdites oeuvres dans certains cas spéciaux, pourvu qu'une telle reproduction ne porte pas atteinte à l'exploitation normale de l'oeuvre ni ne cause un préjudice injustifié aux intérêts légitimes de l'auteur». 91 Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione Francese ribaltava una sentenza della Corte di Appello di Parigi che, nell'ambito di una decisione piuttosto contraddittoria, aveva affermato da un lato che gli utenti non beneficerebbero di un “diritto” alla copia privata trattandosi di una mera eccezione legale ai diritti d'autore, dall'altro lato aveva negato che i produttori avessero il diritto di adoperare misure tecniche di protezione che impedissero la copia privata, così implicitamente riconoscendo la valenza del diritto alla copia, sebbene esplicitamente negato. (Diritto dell'internet,2007, commento di Giovanni Maria Riccio 239) La vicenda riguardava l'acquisto di una copia del DVD “Mulholland Drive” prodotto da Films Alain Sarde, editato dalla Società Studio Canal e distribuito da Universal pictures Vidèo France. L'acquirente, sig. Stephane X, provava quindi a duplicare il DVD riversandone il contenuto su di un nastro per videoregistratore ai fini di effettuare una proiezione domestica. L'azione gli veniva tuttavia impedita a causa delle misure anticopia installate sul prodotto. 30 espressa al riguardo, andando nella sua analisi a saggiare il diritto di copia privata e la sua applicazione in rapporto al diritto di protezione dell'opera dei titolari. La Corte, da una parte, aveva così ammesso la legittimità della richiesta propria dei consumatori di poter copiare dei contenuti legittimamente acquisiti, ma dall'altra parte aveva stabilito nettamente che questa operazione non poteva avvenire quando ne fosse conseguita una mancata possibilità di protezione da parte dei titolari. Secondo i giudici francesi quindi, in base alle legislazioni vigenti 92, la copia privata non può costituire ostacolo all'inserimento nei supporti, sui quali è riprodotta un'opera protetta, di misure tecniche di protezione destinate a impedire la copia nel caso in cui, la copia stessa, possa arrecare un pericolo all’utilizzo normale dell’opera. Dalle statuizioni della Corte francese, è possibile evincere un diritto alla copia privata che cede il passo, in caso di contrasto, al diritto di protezione dei detentori dei diritti sull'opera stessa, nonchè un concetto di “eccezione” come di “non Ritenendo le misure in contrasto con gli artt. 122 co. 5 e 211 co. 3 del codice della proprietà intellettuale, tramite un'associazione dei consumatori, il sig. Stephane X adiva il Tribunale di Parigi citando le anzidette società per ottenere il risarcimento dei danni. In primo grado la domanda veniva rigettata in base ad una valutazione di preminenza del diritto delle società a proteggere le loro opere sul diritto all'utente di copia privata. Come già detto, la Corte d'Appello parigina ribaltava la decisione di primo grado, senza tuttavia riconoscere apertamente un diritto assoluto di copia privata in capo all'utente., ma accordando natura imperativa all'eccezione di copia privata. Per un approfondimento sulla sentenza della Corte d'Appello vedi: Geiger, “The Private Copying Exception, an Area of Freedom (Temporarily) Preserved in the Digital Enviroinment”, op. cit., 74 92 La disciplina della copia privata in Francia è stata introdotta con la citata legge del 3 luglio 1985, che modificava la normativa sul diritto d'autore del 1957. Tuttavia a differenza dell'Italia, la cui originaria normativa sulla copia privata, introdotta dalla citata legge n. 93 del 1992, è stata radicalmente modificata, con il recepimento della direttiva 2001/29/CE, il legislatore francese non aveva ancora trasposto il testo comunitario. La disciplina applicabile dai giudici francesi risiede nell'art. 122 co. 5 del codice della proprietà intellettuale, in virtù del quale l'autore non può impedire (i) les représentations privées et gratuites effectuées exclusivement dans un cercle de famille e (ii) les copies ou reproductions strictement réservées à l'usage privé du copiste et non destinées à une utilisation collective. Tra l'altro, l'interpretazione dell'“usage privè” accolta in Francia comprende anche il cerchio familiare. Vedi la Decisione della Corte d'Appello di Parigi del 4 aprile 2007, IIC, 3/2008, 360; G. M. Ricco “Privati della copia privata? A proposito di una recente sentenza della Cassazione francese”, Il diritto dell’internet, 2006., 240 31 diritto”: la copia privata quindi non sarebbe un diritto assoluto ma piuttosto una sorta di concessione data dagli autori93. In Italia invece, la maggiore dottrina si schiera a favore di una lettura della disciplina della Lda che permetta di riconoscere in capo all'utente legittimo un vero e proprio diritto soggettivo assoluto. Non dovrebbe dubitarsi infatti della natura imperativa delle norme sulle utilizzazioni libere e sopratutto sulla copia privata, proprio per il loro scopo di correggere situazioni di market failure, sostenendo un modello di circolazione che altrimenti sarebbe compromesso94. All’interno di questa prospettiva di riconoscimento di un diritto soggettivo alla copia privata, sembra anche inserirsi la costruzione stessa della normativa: da un lato l'utente viene onerato dal pagamento del compenso, dall'altro lato, come già osservato, il titolare è tenuto a consentire all'utente di effettuare la copia, nonostante l'applicazione delle misure tecnologiche di cui all'art. 102 quater Lda95. Lo stesso tenore letterale dell'art. 71 sexies Lda, dove dispone che “i titolari dei diritti sono tenuti a consentire” che l'utente, il quale abbia il possesso legittimo del prodotto, realizzi “una copia privata ad uso personale”, sembrerebbe proprio riconoscere un diritto dell'utilizzatore, l'esercizio del quale può tradursi in una pretesa alla rimozione del dispositivo anticopia da fare valere in sede giudiziaria (anche in considerazione dell'art. 171 ter lett. f bis) Lda), anche in via cautelare96. La Lda inoltre, sembrerebbe sancire un “diritto” alla copia quando si prevede all'art. 64 ter che “non può essere impedito per contratto, a chi ha il diritto di usare una copia del programma per elaboratore, di effettuare una copia di riserva del programma, qualora tale copia sia necessaria per l'uso”. Dunque 93 A. Monti,“DRM: in Italia la copia privata è un diritto”, disponibile su: www.interlex.it, 2006 94 D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 181. L'autore continua ravvisando se mai un certa flessibilità per quelle norme che assistono la contrattazione sul mercato; le norme correttive del mercato invece, che sono poste per fini di interesse pubblico e instaurano regimi di circolazione che prescindono dal mercato stesso, devono senz'altro riconoscersi come imperative. 95 D. De Angelis,“La tutela giudica delle opere musicali digitali”, op. cit., 150. 96 P. Spada, “Copia privata ed opere sotto chiave”, Rivista di Diritto Industriale, 2002 n.6, 598 32 questo divieto identifica una posizione giuridica soggettiva tutelabile in caso di violazione dello stesso: un diritto alla copia. Questa previsione era specifica per i software, in riferimento alla così detta copia di “backup”, ma è stata ritenuta applicabile, analogicamente 97, alle opere audiovisive, rendendo quasi possibile un' “osmosi”98 delle norme nell'ottica di una miglior tutela del consumatore. Contro una concezione di diritto soggettivo in favore della copia privata, alcuni autori ritengono che la liceità della copia privata sia la conseguenza della incapacità di prevenire il fenomeno che si trasforma in una forma di tolleranza del legislatore. Dimostrerebbe l'assunto, in effetti, la previsione che considera attività di riproduzione, soggetta ai normali diritti d'autore, la prestazione di servizi da parte di imprese con scopo di lucro, per fini direttamente o indirettamente commerciali, a favore di persone fisiche per un uso personale. Scopo della norma è evitare la nascita di organizzazioni alternative e concorrenziali rispetto a quelle che effettuano la distribuzione autorizzata dell'opera, proprio come avvenuto in ambito reprografico. Fenomeno questo che si vuole prevenire sopratutto nell'ambiente digitale, impedendo la formazione di siti web che permettano il download di opere protette con licenza di scaricamento e riproduzione.99 Se quindi si poteva pensare che le recenti modificazioni della Lda avessero inteso accordare una vera qualifica di diritto soggettivo assoluto alla copia privata, una recente pronuncia del Tribunale di Milano è andata in direzione opposta e, in linea col precedente francese, ha inteso riaffermare la prevalenza del diritto alla protezione dei detentori del diritto d'autore e/o connessi, sul diritto del singolo alla copia. Infatti nella sentenza n. 8787, depositata in data 01 luglio 2009, il tribunale 97 In questi senso anche Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit. 1533, secondo il quale i principi dell'art 64 ter hanno portata generale, e sono pertanto estendibili anche alle altre opere di ingegno. 98 A. Monti,,“DRM: in Italia la copia privata è un diritto”, op. cit.. 99 V.M. De Sanctis, “La copia privata nel d.lgs 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 122 33 milanese si è espresso sulla portata del diritto in esame, affermando l'indubbia natura di diritto della possibilità dell'utente di effettuare una copia dell'opera legittimamente acquistata. Secondo la Corte tuttavia, tale diritto non sarebbe esercitabile in ogni occasione: “l'esercizio del diritto di copia privata, anche solo per uso personale, è subordinato alla condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali, e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti”100. Nel caso in questione la domanda dell'attore, il Sig. Andrea Giacomel, si fondava sul disposto dell'art. 71 sexies Lda che , come già detto, consente la copia privata, reso inapplicabile in ragione dell'apposizione, da parte di Universal Pictures, sul supporto acquistato da Giacomel, di misure tecnologiche di protezione, atte ad impedire l'esecuzione della copia privata. Il tribunale milanese imposta la sua analisi ripercorrendo l'iter formativo dell'art 71 sexies Lda, la cui introduzione è conseguente alla scelta del legislatore nazionale di avvalersi della facoltà, ad esso attribuita dall'art 5, comma 2, lett b) della Direttiva 2001/29/CE, di disporre di “eccezioni o limitazioni” al diritto di riproduzione dei titolari dei diritti (in questo caso) sulle opere cinematografiche. Il tribunale arriva così a statuire che si tratti di un diritto, comunque avente in via generale carattere di esclusività, quale specifico aspetto del più ampio diritto di sfruttamento economico dell'opera, in ogni forma e modalità (art. 2. Dir 2001/29/CE). Il riferimento alla normativa comunitaria svolgerebbe, secondo la Corte, un ruolo essenziale per interpretare la disposizione interna, e quindi per identificare il diritto alla copia privata, così introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento, quale eccezione o limitazione al diritto esclusivo di riproduzione che costituisce uno dei profili più significativi ed economicamente rilevanti dei diritti di utilizzazione economica delle opere protette. In questa prospettiva, argomenta il tribunale milanese, “non sembra possa ritenersi che tra il diritto di riproduzione ed il diritto alla copia privata sussista 100Tribunale di Milano, sentenza n. 8787, 2009, 10. 34 una parità di condizione in base alla quale procedere, in caso di conflitto, ad individuare in quali casi e circostanze l'uno debba prevalere sull'altro, ma piuttosto una situazione per cui l'assolutezza del diritto del titolare dei diritti di utilizzazione economica sull'opera può ritenersi limitata da quello del legittimo possessore dell'esemplare dell'opera, a condizione che sussistano i presupposti specificamente indicati dal comma 4 dell'art. 71 sexies 101”; in altre parole trattasi dell'applicazione del c.d. “three step test102”, destinato a verificare l'ammissibilità 101Ovvero che la copia privata “non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti”. 102Il “three step test” è un meccanismo introdotto dalla Convenzione di Berna all'art 9.2 che, richiamando i principi comuni e fondanti le diverse eccezioni previste dalla stessa Convenzione, doveva svolgere il ruolo di principio guida per il vaglio di legittimità. Oggi introdotto anche nel TRIPs Agreement, nel WIPO Copyright Treaty, nell'EU Copyright Directive e nel WIPO Performances and Phonograms Treaty, il test si fonda su di un meccanismo, caro ai sistemi di common law, che va a regolare il sistema di eccezioni e limitazioni del diritto d'autore, non tramite elencazioni di fattispecie esimenti, ma mediante l'individuazione di criteri generali applicabili. Il sistema dell'articolo 9, detto appunto “three-step-test”, prevede come condizione di legittimità, il soddisfacimento di tre requisiti: • le eccezioni siano introdotte solo in casi speciali; • nei limiti in cui la riproduzione non autorizzata non confligga con il normale sfruttamento dell'opera; • non venga irragionevolmente pregiudicato il legittimo interesse dell'autore. Il risultato è un meccanismo che opera attraverso la continua interazione delle tre condizioni in modo da individuare i casi eccezionali in cui il diritto patrimoniale del titolare può essere ritenuto inopponibile nei confronti dell'utente legittimo. Se da un lato risulta una delle soluzioni normative più felici della Convenzione di Berna, resta un sistema di difficile interpretazione, sia perchè appare “vago” nel tenore letterale e dai contenuti assai elastici, sia perchè l'introduzione del meccanismo non è stata accompagnata da una documentazione ufficiale che faccia luce sulla sua applicazione. Una chiarificazione dei contenuti dei precetti del “three step test” è stata raggiunta in seguito ad una recente decisione resa da un collegio arbitrale istituito presso l'OMC, all'interno di una controversia tra Unione Europea e Stati Uniti. Il primo criterio secondo la dottrina tradizionale richiede che la fattispecie che legittimi l'eccezione sia (i) chiaramente identificabile nei suoi elementi e (ii) supportata da un interesse socialmente rilevante (punto su cui il WTO Panel ha rifiutato di prevedere come criterio di applicazione l'esistenza di una public policy). Inoltre il riferimento alle circostanze speciali deve essere applicato in combinato con il secondo criterio, nel senso che esse non devono interferire con il normale sfruttamento. Sul secondo criterio, il normale sfruttamento dell'opera, il WTO Panel diede una chiave di interpretazione duplice: una lettura empirica, l'ordinaria forma di sfruttamento dell'opera, che consideri il mercato in ogni suo singolo settore, in modo da evitare giustificazione all'eccezione specifica fondate su compensazioni remunerative in altre forme di sfruttamento dell'opera; una lettura prospettica, che porti a considerare scenari di mercato ove ragionevolmente verrebbe ad essere commercializzata l'opera. Per quanto riguarda il terzo criterio, l'ingiustificato pregiudizio per i legittimi interessi del titolare del diritto, il WTO Panel porta l'attenzione sul termine “legittimo”: da intendere non in 35 di una eccezione al diritto d'autore. Il problema affrontato dalla corte milanese riguarda il netto trade off tra l'esclusione totale di ogni possibilità di esecuzione di copia dell'opera, e la non applicazione di alcuna misura di protezione (che comporterebbe la possibilità di riprodurre da un solo esemplare un numero tendenzialmente infinito di copie identiche all'originale). Estendendo la portata del IV comma dell'art. 71 sexies, interpretandolo secondo la ratio della disciplina comunitaria ed il problematico contesto in cui si inserisce la vicenda, i giudici stabiliscono che, permettere nel caso esaminato la copia privata, creerebbe un grave pregiudizio al titolare dei diritti. L'effettiva dimensione del pregiudizio non sarebbe tuttavia valutabile e, secondo il tribunale, andrebbe ricercata nel “contesto in cui si inseriscono le aspettative dei titolari dei diritti di utilizzazione economica delle opere in questione”, realtà, continua, caratterizzata dall'utilizzazione prevalente e diffusa della tecnica digitale, capace di creare copie identiche all'originale unita ad un obbiettivo fenomeno di pirateria diffusa. La concessione del diritto alla copia privata frustrerebbe i fini della normativa comunitaria, ossia il contrasto alla pirateria (in riferimento al 15° considerando della Direttiva 2001/29/CE103) e l'assicurazione di un elevato livello di protezione un senso esclusivamente di interesse economico, ma nel senso di riconosciuto dalla legge, nel rispetto degli obbiettivi che sottostanno alla protezione dei diritti esclusivi; cioè quando non soffochi altri interessi in gioco presi in considerazione dalla legge. Per concludere, la ratio sottesa alla norma ricerca un bilanciamento tra interessi degli autori e dei privati , riconoscendo una serie di eccezioni equilibratrici, ammettendo usi che difficilmente potrebbero incidere significativamente sul mercato complessivo dell'opera. In Italia, il legislatore non ha seguito il principio comunitario, che richiedeva l'applicazione del test a tutte le eccezioni, richiamandolo invece solo negli articoli 71sexies e nonies e, parzialmente, nell'art. 68 comma 6, vieppiù in una versione ridotta, cioè eliminando il riferimento al primo requisito (casi determinati dalla legge). Da: P. Marzano,“Diritto d'autore e Digital Technologies”,op. cit. 255-264; http://en.wikipedia.org/wiki/Berne_three-step_test 103Si riporta il testo del 15° considerando della Direttiva: “La conferenza diplomatica tenutasi sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (WIPO) ha portato nel dicembre del 1996 all'adozione di due nuovi trattati, il "Trattato della WIPO sul diritto d'autore" e il "Trattato della WIPO sulle interpretazioni, le esecuzioni e i fonogrammi", relativi rispettivamente alla protezione degli autori e alla protezione degli interpreti o esecutori e dei produttori di riproduzioni fonografiche. Detti trattati aggiornano notevolmente la protezione internazionale del diritto 36 della proprietà intellettuale. Nel caso esaminato, secondo il tribunale, l'apposizione di misure di protezione, che impediscono in assoluto la copia privata, non costituisce violazione dell'art. 71 sexies Lda. In effetti una delle maggiori critiche alla Lda riguarda il mancato coordinamento tra l'art. 102 quater e l'art. 71 sexies Lda. Come infatti abbiamo già osservato, l'art.71 sexies Lda riconosce, a determinate condizioni, la legittimità per il singolo ad effettuare la copia privata, nel rispetto delle misure tecnologiche di protezione. Una doverosa interpretazione del combinato disposto tra l'art.102 quater e l'art. 71 sexies Lda suggerisce di ritenere che, il rispetto delle misure tecnologiche, sia limitato dal diritto di effettuare una copia ad uso personale. Il problema sta nel fatto che l'art.71 sexies Lda permetterebbe di eludere le misure tecnologiche di protezione ove queste impediscano la copia, quantomeno, analogica. Non vale lo stesso principio tuttavia quando si voglia realizzare una copia digitale dell'opera, protetta dalle misure tecnologiche. Il fatto è che questo avviene nonostante il pagamento dell'equo compenso sul supporto digitale 104, con il riconoscimento contestuale, quindi, ai titolari dell'opera, dello ius excludendi e di un diritto al compenso, privo di causa. Questa contraddizione sembra così esprimere un difetto genetico della disciplina sbilanciata a favore dei titolari dei diritti, non avendo il legislatore nazionale tenuto conto del principio di proporzionalità tra misure tecnologiche di protezione e diritti protetti, principio che era stato invece fatto proprio dalla Direttiva 2001/29/CE105. Prendendo atto di tale contraddittorietà formale, occorrerebbe interpretare l'art. 71 d'autore e dei diritti connessi anche per quanto riguarda il piano d'azione nel settore del digitale (la cosiddetta "digital agenda") e perfezionano i mezzi per combattere la pirateria a livello mondiale. La Comunità e la maggior parte degli Stati membri hanno già firmato i trattati e sono già in corso le procedure per la loro ratifica. La presente direttiva serve anche ad attuare una serie di questi nuovi obblighi internazionali” 104D. De Angelis,“La tutela giuridica delle opere musicali digitali”, op. cit., 160-162 105D. Minotti, “L'attuazione va oltre le indicazioni comunitarie”, 2003, disponibile su: http://www.interlex.it/copyright/minotti9.htm 37 sexies Lda alla luce della normativa comunitaria106, dovendo quindi sottolineare come le misure tecnologiche, che il 1° comma impone di rispettare, siano quelle che i titolari dei diritti abbiano strutturato in modo da consentire “la riproduzione per uso privato nella misura necessaria per beneficiare dell'eccezione”, mentre le misure tecnologiche di cui al IV comma sono quelle che non consentono di beneficiare dell'eccezione e che devono essere ridotte nella misura necessaria a fruire della stessa, sempre rispettando il cd. Three step test107. Degna di nota è la circostanza che la Direttiva 2001/29/CE abbia istituito un'interdipendenza tra equo compenso e applicazione delle misure tecnologiche, nella previsione che l'ammontare del compenso sia calcolato in considerazione della presenza di dispositivi anticopia. Sembra, così, che il legislatore comunitario intenda dichiarare che nessun compenso sia dovuto nell'ipotesi in cui una misura tecnologica controlli efficacemente il tipo di riproduzione permessa dall'eccezione di copia privata108. 106V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 129, osserva che la Direttiva 2001/29/Ce non sia caduta in questa contraddizione, come si evince nell'art 6 par 4 comma 2: “4. In deroga alla tutela giuridica di cui al paragrafo 1, in mancanza di misure volontarie prese dai titolari, compresi accordi fra titolari e altre parti interessate, gli Stati membri prendono provvedimenti adeguati affinché i titolari mettano a disposizione del beneficiario di un'eccezione o limitazione, prevista dalla normativa nazionale in conformità dell'articolo 5, paragrafo 2, lettere a), c), d), e), o dell'articolo 5, paragrafo 3, lettere a), b) o e), i mezzi per fruire della stessa, nella misura necessaria per poter fruire di tale eccezione o limitazione e purché il beneficiario abbia accesso legale all'opera o al materiale protetto in questione. Uno Stato membro può inoltre adottare siffatte misure nei confronti del beneficiario di un'eccezione di una limitazione prevista in conformità dell'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), a meno che i titolari non abbiano già consentito la riproduzione per uso privato nella misura necessaria per poter beneficiare dell'eccezione o limitazione in questione e in conformità delle disposizioni dell'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 5, senza impedire ai titolari di adottare misure adeguate relativamente al numero di riproduzioni conformemente alle presenti disposizioni. Le misure tecnologiche applicate volontariamente dai titolari, anche in attuazione di accordi volontari e le misure tecnologiche attuate in applicazione dei provvedimenti adottati dagli Stati membri, godono della protezione giuridica di cui al paragrafo 1.” Le disposizioni di cui al primo e secondo comma del presente paragrafo non si applicano a opere o altri materiali a disposizione del pubblico sulla base di clausole contrattuali conformemente alle quali i componenti del pubblico possono accedere a dette opere e materiali dal luogo e nel momento scelti individualmente. Quando il presente articolo si applica nel contesto delle direttive 92/100/CEE e 96/9/CE, il presente paragrafo si applica mutatis mutandis. “ 107V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 129 108G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op. cit., 40. L'Autore sottolinea il rischio di come i legislatori nazionali possano continuare ad imporre il compenso, anche dopo aver introdotto divieti di aggiramento delle misure anticopia: si arriverebbe ad assoggettare all'equo compenso anche la copia privata digitale in concreto irrealizzabile!! 38 In conclusione si può sostenere che spesso non vengano sufficientemente considerati quegli effetti positivi derivanti dalle libertà di utilizzazione nel nuovo mondo digitale, che si presentano come nuove modalità di diffusione della cultura, strumentali al progresso collettivo, non tanto nell'ottica dell'entertaiment quanto sopratutto nella prospettiva della elaborazione di nuove creazioni. Occorrerebbe avvalorare quell'interesse generale alla diffusione dell'opera fra il pubblico, dal momento che tale diffusione può creare le condizioni per una futura “implementazione creativa”109. Proprio in considerazione di questo vantaggio per la collettività, si dovrebbero evitare la compressione e la limitazione della portata del diritto alla copia privata considerando tale diritto come “una libertà a pagamento”110. Si impone oggi dunque una sua migliore valorizzazione, elevando questo indubbio spazio di libera fruizione a dignità di “principio”, e non confinarlo nell’ambito della semplice “eccezione”111. 1.2 Copia privata come riproduzione non intermediata: rifiuto di un'associazione con un concetto di pirateria “domestica” Si può muovere una critica alla sentenza della Cassazione francese, come del resto a quella del Tribunale di Milano, laddove non venga affrontato il profilo della prova della effettiva lesione che deriverebbe ai titolari delle opere, quando non venissero inserite le misure anticopia. Il problema è considerare ex ante pericolosa l'immissione sul mercato di prodotti Su questo punto P. Spada, “Copia privata ed opere sotto chiave”, op. cit., 599, osserva come si possa essere indulgenti sulla “modalità un po' rozza” con cui l'equo compenso assoggetta indifferentemente al pagamento di una levy sia riproduzioni private di materiali protetti che non, non essendo invece ignorabile l'ostacolo che a questo tipo di riproduzioni possano frapporre i dispositivi anticopia. Considerare l'ostacolo comporterebbe la soppressione del prelievo, ossia dimensionare il prelievo alla minore diffusione della pratica che l'espandersi dei dispositivi anticopia comporterebbe. 109D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 158-162 110G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op. cit., 36 111 G. Ghidini, “Evoluzione del diritto d'autore e promozione di informazione e cultura. Nuove luci e nuove ombre” , da atti del convegno, op. cit., 125. 39 riproducibili, riconoscendo una facoltà del tutto discrezionale di inserire tali dispositivi anticopia nel prodotto, così rischiando di soffocare e sopprimere alcune libertà individuali112 In quest'ottica, il richiamo al fenomeno della “pirateria” non sembra costituire sufficiente giustificazione, potendo comportare “la privazione per il consumatore, acquirente legittimo del bene, di una facoltà a causa del comportamento altrui, vanificando l'intero impianto normativo e negando la copia privata in virtù di valutazioni aprioristiche e non riferibili al singolo acquirente”113 . Occorrerebbe assolutamente fare chiarezza sulla confusione creatasi, a seguito dell'esplosione del fenomeno del file sharing, sul rapporto tra copia privata e pirateria, spesso accomunate114 dagli alti rappresentanti delle industrie musicali e cinematografiche, e non solo. Se è vero che la copia privata influisce negativamente sui proventi dei titolari dei diritti d'autore, poiché va a soddisfare una domanda sui contenuti protetti mediante un canale alternativo, quello privato, comportando quindi una rinuncia all'intermediazione imprenditoriale autorizzata dai titolari dei diritti d'autore, il suo così risultante carattere di “riproduzione non intermediata” (fatta da sé) porta ad una doverosa precisazione. La pirateria va intesa come quel fenomeno illecito che corrisponde all'impresa di riproduzione e distribuzione di esemplari di opere protette, senza il consenso dei titolari dei diritti d'autore. Si caratterizza quindi come impresa illecita che si fonda 112 A.M. Riccio, “Privati della copia privata?”, op. cit, 243; l'Autore sostiene la necessità di prevedere un onere della prova in capo ai titolari dei diritti d'autore nel dimostrare che “la copia privata del singolo consumatore” determini un pregiudizio ingiustificato agli interessi degli aventi diritto. 113A.M. Riccio,“Privati della copia privata?”op. cit, 243 114Basti vedere il significato del termine pirateria che, nelle sue accezioni ormai più diffuse, abbraccia semplicemente “the unauthorized use of a copyrighted recording, television program, etc.”; disponibile su: http://dictionary.reference.com/browse/piracy. L'uso del termine in questa accezione sembra ormai entrato nel linguaggio comune, non senza destare malumori largamente diffusi sopratutto sulla rete e nelle varie community:"Publishers often refer to copying they don't approve of as “piracy.” In this way, they imply that it is ethically equivalent to attacking ships on the high seas, kidnapping and murdering the people on them. Based on such propaganda, they have procured laws in most of the world to forbid copying in most (or sometimes all) circumstances." Cfr: "Some Confusing or Loaded Words and Phrases that are Worth Avoiding," Free Software Foundation 40 sulla trasgressione dei diritti esclusivi degli autori, e si avvicina più al grande fenomeno macroeconomico della contraffazione organizzata che a quello della piccola impresa illecita115. Con questa definizione del fenomeno della pirateria, sarà facile notare coma la copia privata, in via del tutto opposta, non presenta le caratteristiche della pirateria in quanto non ha nulla dell'intermediazione imprenditoriale nella riproduzione e nella distribuzione, ma è connaturata all'autoconsumo. Ancora di più, in quest'ottica, rileva il requisito richiesto dall'art. 71 sexies, della mancanza dello scopo di lucro nonché di fini direttamente o indirettamente commerciali. “Sicchè non merita né è conoscitivamente utile che la si associ alla pirateria neppure se il sostantivo fosse accompagnato da un rasserenante aggettivo come: domestica”116. 1.3 Raffronto tra tipologie di copia L'avvento della comunicazione digitale, e di internet , ha rivoluzionato il sistema della copia introducendo nuove possibilità, supporti e apparati di registrazione, nonché inimmaginabili possibilità di trasmissione delle copie ottenute. Se la copia analogica pone meno problemi, attesa la sua incapacità a sostituire l'originale e la oramai superata tecnologia, la copia digitale porta a dover valutare una serie di problematiche conseguenti alla sua facilità di utilizzo, ai perfetti risultati e alle molteplici forme di produzione e trasmissione attraverso il World Wide Web, continuamente innovato dall'evolvere tecnologico. Occorrerà considerare, quindi, le possibilità che la tecnologia digitale offre anche per il supporto su cui la copia viene effettuata, poiché vengono ad essere modificate le caratteristiche della fruizione, e quindi la valutazione ad essa riservata dalla normativa, segnatamente sotto il profilo del limite temporale. 115“ P. Spada, “Copia privata e opere sotto chiave”, op. cit.,, 594. 116Ibid 595 41 1.3.2 Copia analogica e digitale... Il sistema del digitale si contrappone totalmente rispetto al sistema dell'analogico: “Un determinato insieme di informazioni viene rappresentato in forma digitale come sequenza di numeri presi da un insieme di valori discreti, ovvero appartenenti a uno stesso insieme ben definito e circoscritto... "digitale" può essere considerato come sinonimo di "numerico", e si contrappone invece alla forma di rappresentazione dell'informazione detta analogica, che non è analizzabile entro un insieme finito di elementi.117” Distinguere i due sistemi è importante perchè vengono trattati in modo differente dalla legge. Inoltre i due sistemi pongono problematiche dalla portata assai diversa. La tecnologia analogica è quella che permette una riproduzione fisica analoga all'originale, verosimile ma mai identica per qualità, e con costi più o meno elevati. Riguarda tutte quelle operazioni di duplicazione, ancora oggi in uso, che prevedono almeno una fase in cui il flusso di informazioni viene convertito in un segnale non digitale. Come si è già osservato, a partire dagli anni '60, la tecnologia analogica è al centro di numerose innovazioni che portano ad una enorme diffusione di apparecchi di riproduzione, come i videoregistratori, innescando le preoccupazione dei titolari di opere audiovisive. Se, come analizzato nei citati casi tedeschi, con la nascita della questione della copia privata, che rappresentava la forma di copia per eccellenza, e del suo utilizzo, scaturivano delicate problematiche da affrontare, con la rivoluzione del digitale, la posizione della copia privata tradizionale, quantomeno nel mondo audiovisivo, perde di peso fino a venire pressochè sostituita nel mercato dalla nuova tipologia di copia digitale. Il suo declino è inversamente proporzionale alla diffusione della tecnologia digitale. Proprio per questo, all'interno delle ultime normative, la copia analogica 117Disponibile su: http://it.wikipedia.org/wiki/Digitale 42 viene accolta con maggior favore dai titolari dei diritti d'autore in conseguenza della sua minore capacità sostitutiva dell'originale, e quindi preferibilmente concedibile come oggetto minimo da accordare al diritto di copia privata dell'utente. Ma su questo punto si tornerà più avanti. La tecnologia digitale invece si basa su di una tecnica “numerale” che permette una infinita duplicazione in copia di un'opera, a costi quasi nulli, grazie a supporti diffusi tra i consumatori. Tuttavia la vera rivoluzione del concetto di copia dell'opera originale si afferma in termini di qualità, con la possibilità di ottenere una riproduzione veramente perfetta, con una minima spesa, in termini di tempo e di capitale. A ben vedere, proprio per questo motivo, sono state operate critiche alla disciplina della copia privata in ambito digitale, mettendone in discussione l'utilità ed opportunità: “l'affermazione per cui l'evoluzione della tecnologia digitale, con l'abbattimento drastico dei costi necessari per fabbricare copie “private” dotate di elevata sostituibilità all'originale, avrebbero reso insostenibile per i titolari dei diritti d'autore il mantenimento della relativa libertà”118. 1.3.2 ...copia su memoria fissa, temporanea o cache Un aspetto importante da analizzare, cercando di definire i vari aspetti della copia digitale, discende dalle differenti caratteristiche del supporto su cui vengono fissate le informazioni, che ne debbono diversificare quindi la regolamentazione dal punto di vista giuridico. L'elemento centrale è individuabile nella definitività o meno della copia. E' naturale che le copie temporanee siano viste con più favore dai legislatori e dai titolari dei diritti, rispetto alle riproduzioni permanenti, poiché meno pericolose. Tuttavia occorre riflettere seriamente sul significato di “riproduzione” 119, per 118D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit.,.147 119Ricordando come la Direttiva 2001/29/CE all'art. 2 adotti un significato del termine “riproduzione” molto esteso, che prende in considerazione ogni atto di riproduzione, diretto o indiretto, temporaneo o permanente, effettuato in qualsiasi forma. 43 sottolineare come in realtà, all'interno della rete, in ambito digitale, ogni forma di comunicazione al pubblico e di distribuzione, passi sempre ed inevitabilmente attraverso un processo di riproduzione dell'opera trasmessa. Questo aspetto è importante perchè valorizza ancora di più il diritto di esclusiva autoriale nel regolare accesso e fruizione alle opere. 120 Secondo la cd Ram copy docrtine infatti, il mero caricamento della versione digitale nella memoria RAM121, ossia temporanea, di un computer, concreterebbe un atto di riproduzione, e quindi necessiterebbe dell'autorizzazione dell'autore122. Il che sarebbe problematico sopratutto perchè la creazione di una copia RAM è un processo automatico che avviene necessariamente nell'utilizzazione di ogni programma. In quest'ottica, l'art. 5.1 della Direttiva 2001/29/CE introduce l'unica eccezione obbligatoria per gli stati membri, sulla riproduzione temporanea, automatica e necessaria al procedimento tecnologico eseguito all'unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi. Così la disposizione esenta questi atti di riproduzione temporanea dall'ampio diritto di riproduzione dell'art. 2 della Direttiva stessa, alla condizione che risultino privi di rilievo economico. Il legislatore italiano non ha inserito all'interno della sezione II del Capo V del titolo I della Lda, la norma che legittima la riproduzione temporanea, che riguarda “procedimenti tecnologici eseguiti all'unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario” o quegli altri procedimenti di riproduzione nella memoria RAM dei computer, che sono in gran parte dedicati alla riproduzione – transitoria e priva di rilievo economico – di immagini e spesso di videogrammi. La norma è stata inserita nella sezione I come art. 68 bis della legge speciale, e quindi come accessoria alla normativa di cui all'art. 68, madre di tutte le eccezioni al diritto di riproduzione dell'autore123. 120G. Mazziotti,“Il diritto d'autore comunitario nel nuovo ambiente digitale”, 2004, disponibile su: http://works.bepress.com/mazziotti/2/ 121Acronimo di Random Acces Memory, la memoria volatile di ogni elaboratore, che allo spegnimento del computer perde la memorizzazione dei dati. 122C. D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 192 123V. M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 124 44 In base a queste differenti modalità di fruizione possiamo distinguere tra downloading, o memorizzazione permanente della copia, ed una serie di riproduzioni temporanee. All'interno di queste, quindi, occorrerà distinguere tra atti destinati al godimento personale dell'opera, e atti finalizzati alla circolazione dell'opera, facenti parte di un procedimento tecnico124. Il cd browsing è il processo di visualizzazione di una pagina Web, sul proprio schermo, che comporta una copia delle stessa sulla RAM del computer in uso. La caratteristica principale di questo processo è di comportare la nascita di numerose copie. Il browsing comporta comunque una riproduzione sulla memoria del hardware che dovrebbe avere usufruibilità temporanea. L'effetto dell'operazione quindi è la riproduzione in più copie, le cd copie cache. Queste copie cache prodotte dal browsing sono conseguenza del bisogno dell'utente di poter usufruire dei contenuti anche in modalità off-line, non nascono per un'esigenza richiesta per il funzionamento tecnico dell'attività di browsing in senso stretto. Si tratta a ben vedere di una riproduzione definitiva e, anche dopo lo spegnimento del hardware, i contenuti sono usufruibili125. Il cd proxy caching, o memorizzazione effimera, è un'attività esplicitamente permessa al considerando 33 della Direttiva 2001/29/CE e rientra tra gli atti che facilitano la navigazione in rete . Questo tipo di copia cache, che non mira ad atti di sfruttamento on-line e off-line dei contenuti, si riferisce alla prassi di alcuni server di mantenere nella loro memoria pagine web consultate, così da facilitarne il caricamento, non dovendo ogni volta ricercare tali pagine nei server di 124G.Dimita, “Il diritto di riproduzione”, 2003, disponibile su: http://www.dirittodautore.it/page.asp?mode=Articoli&IDQ=51#20 125A. Tatafiore, “La riproduzione temporanea in internet di opere protette”, in IDA, 2008, 443457. L’autore sottolinea come in realtà tutte queste memorizzazioni su RAM non siano veramente temporanee, dato che esistono tecniche (di dubbia legittimità) per il recupero dei dati anche una volta spento l’hardware. Tale possibilità permette di considerare la temporaneità come legata di fatto alla normale fruizione materiale e non alla sua riproduzione. Di conseguenza quando ci si parla di memorizzazione volatile si deve fare riferimento ad una riproduzione la cui temporaneità è riferita esclusivamente alla semplice fruizione del contenuto e non all'attività di riproduzione dei dati. Quanto detto porta a concludere che la memorizzazione nella RAM sia stabile, permettendo il recupero dei dati, ed esporrebbe gli stessi ad un reimpiego non autorizzato. 45 origine126. Si tratta di un processo che mira all'ottimizzazione della circolazione dei contenuti nelle reti tramite un sistema di memorizzazione e riproduzione. Anche in questo caso quindi, grazie alla fissazione completa dei contenuti avvengono una serie di riproduzioni sia su un server che sul hardware dell'utente Il termine routing descrive invece una modalità di trasmissione mediante la quale ogni oggetto viene frammentato in “pacchetti”, in modo tale da inviarli al destinatario per la via più breve. Lungo il percorso vengono realizzate copia dei dati trasmessi. La preferenza a diffusioni di contenuti on demand sulla rete, tramite memorizzazioni temporanee delle opere, che si contrappongono al downloading, viene destinata per la sua fruizione alle ormai diffusissime piattaforme di cd streaming, oggi predisposte dalla maggioranza degli emittenti televisivi per riproporre i propri contenuti sulla rete. In questo modo si consente all’utente una fruizione dei contenuti senza che sia permessa la riproduzione (e condivisione) definitiva degli stessi. 1.4 Libertà e limiti della copia privata in ambiente analogico Il considerando 38 della direttiva 2001/29/CE avverte sull'opportunità di distinguere debitamente la copia privata digitale da quella analogica. Sottolinea, infatti, come la copia digitale, e la sua prevedibile maggior diffusione, avrà una incidenza economica nettamente superiore all'interno della cd “Società dell'informazione”. Già nel Libro Verde del 1995, la Commissione guardava alla copia analogica come compromesso tra lo ius excludendi del titolare dei diritti d'autore e l'interesse alla copia privata dell'utente. Osservava infatti che, nei casi in cui le misure tecnologiche non permettevano di impedire la copia privata digitale, allora il sistema della remunerazione risultava efficace; tuttavia dove la tecnologia 126G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e libere utilizzazioni”, op. cit., 14 46 consentiva di proteggere l'esemplare dell'opera dalla copia digitale, il riconoscimento dello ius excludendi a favore degli autori, rimaneva la soluzione migliore, quando comunque il diritto all'accesso all'informazione del consumatore poteva ritenersi adeguatamente soddisfatto da una copia analogica127. Il differente trattamento riservato alla copia analogica risulta evidente considerando i rischi a cui la copia digitale e la circolazione telematica espongono il sistema del diritto d'autore. Anche per le riproduzioni tradizionali o analogiche tuttavia, le notevoli innovazioni tecnologiche hanno portato a dover ridefinire spazi e limiti delle copie ad uso personale. Analizzando l'art. 68 Lda, che per primo si poneva il problema di introdurre un'eccezione per uso personale all'esclusiva autoriale, si può affermare che il divieto di un'utilizzazione concorrenziale e quindi la natura necessariamente personale della riproduzione in esame derivava innanzitutto da un fattore tecnico: una rinuncia del potere di controllo del titolare su attività quantitativamente limitate o di scarsissimo impatto concorrenziale a causa della diversità delle copie rispetto all'originale. Alla base delle riproduzioni libere per uso personale sta l'irrilevanza del pregiudizio economico arrecato all'opera. Il limite viene superato nel momento in cui il pregiudizio economico comincia ad essere di un certa importanza128. Con il cambiamento tecnologico e l'avvento di tecniche meccaniche di riproduzione standardizzata, ci si è accorti di come la destinazione ad uso personale non fosse più in grado di contenere in sé ed evitare il rischio di un'utilizzazione concorrenziale con il diritto di sfruttamento economico dell'autore. Mentre i risultati dell'attività di duplicazione si avvicinavano progressivamente alla qualità dell'esemplare originale, il sistema mostrava segni 127Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1700 128Fabiani, “La nozione di uso personale nel diritto d'autore nei confronti delle possibilità offerte dalla tecnica moderna all'utilizzazione delle opere d'ingegno”,op. cit., 188 47 di cedimento129. Così il legislatore con la Legge n. 248 del 2000 rispondeva al mutato contesto tecnologico modificando l'art. 68 Lda ed inserendo come condizione alla riproduzione personale un limite quantitativo, il 15% dell'opera, al materiale riproducibile, riducendo così la possibilità che le riproduzioni ad uso personale si ponessero in concorrenza con i diritti di sfruttamento economico degli autori. Le stesse conclusioni si possono trarre per la copia privata di audiovisivi dell'art 71 sexies Lda. Quando la diffusione di tecniche di duplicazione ha fatto venire meno lo schermo rappresentato dall'uso personale, il legislatore, nell'impossibilità di esercitare un controllo penetrante ed efficace, si è visto costretto ad inserire lo schema del diritto a compenso. Nel mondo digitale, viene meno la necessaria condizione dell'assenza di concorrenza; la dematerializzazione dell'opera comporta che l'utente si trovi in una relazione “immediata”130 con l'opera. Ciò fa emergere un nuovo peso dell'uso personale, che accresce la sua importanza rispetto alla concorrenza che può subire il titolare da altre imprese concorrenti, e diviene quindi la principale fonte di sottrazione del guadagno del titolare. La perfetta fungibilità tra copia digitale ed originale contiene un tale potenziale fattore concorrenziale insito in ogni attività di riproduzione (fino quasi a comprendere anche le attività di comunicazione al pubblico di opere protette), da mettere in pericolo la sopravvivenza dell'esistenza di un perimetro di libertà di utilizzazione per l'utente. Risulta chiaro quindi il diverso trattamento che la Commissione suggerisce di utilizzare tra copia privata e copia analogica, e nello stesso la previsione del three step test risulta importante sopratutto nell'ottica dello sviluppo dei contenuti digitali131. Nell'era della cd società dell'informazione, la copia analogica non 129Frassi, “Riflessioni sul diritto d'autore. Problemi e prospettive nel mondo digitale”, op. cit., 389 130Frassi, “Riflessioni sul diritto d'autore. Problemi e prospettive nel mondo digitale”, op. cit., 391 131Il three step test ha un'applicazione di gran lunga più importante sui contenuti digitali e quindi le opere on-line, perchè in queste tipologie appare sempre più difficile salvaguardare “lo 48 comporta importanti “sobstitution effects” perchè non è pienamente fungibile nei confronti dell'esemplare originale132; è legata ancora alla “materialità” del supporto, e questo comporta un rischio di diffusione assai più ridotto, denotando una natura difficilmente concorrenziale all'interno del panorama tecnologico attuale. Per questo, nella determinazione del compenso occorre tenere conto della minore incidenza della copia analogica rispetto a quella digitale; sembrerebbe infatti che in vista della minore capacità di registrazione, il compenso gravi meno sui supporti analogici133. Per comprendere effettivamente quale sia lo spazio di libertà della copia analogica si potrebbe fare un confronto con la previsione dell'art. 6 della Direttiva 96/9/CE sulla tutela giuridica delle banche dati che, disciplinando le deroghe all'esclusiva del titolare, introduceva all'art. 6.2 una eccezione relativa alla riproduzione per fini privati dell'opera, circoscrivendola tuttavia alle sole banche dati in forma non elettronica, separando il trattamento per le raccolte espresse in forme analogiche rispetto a quelle digitali. Il legislatore comunitario non ha voluto adottare lo stesso rigore nel disciplinare l'equilibrio tra diritto d'autore e diritti degli utenti nel nuovo panorama digitale, e ha preferito non dividere nettamente il trattamento riservato all'ambiente digitale rispetto a quello analogico. Tuttavia possiamo rinvenire qualche elemento che ci aiuti a distinguere le due dimensioni anche nel testo della Direttiva 2001/29/CE. Infatti all'art. 5 co. 2, la lettera a) della Direttiva, con riguardo alle riproduzioni mediante tecnica fotografica, ad una prima lettura, sembra proprio potersi individuare uno spazio ove la riproduzione ad uso personale analogica è completamente libera, a prescindere dal fine personale o meno della stessa. Inoltre non viene apposto nemmeno un limite quantitativo, rendendo quindi l'opera sfruttamento normale dell'opera. Cfr: ”, A.M. Mandillo, “Diritto d'autore e nuovi servizi al pubblico”, Digitali, 2005, disponibile su: http://digitalia.sbn.it/upload/documenti/digitalia20050_MANDILLO.pdf L'applicazione del test alle copie analogiche sembrerebbe quindi avere poca rilevanza. 132D. Galletti, “Le utilizzazioni libere: copia privata”, op. cit., 160 133V.M. De Sanctis, “La copia privata nel D. Lgs. 68/2003. Prime valutazioni”, op. cit., 128 49 pienamente riproducibile con la sola condizione della corresponsione dell'equo compenso. In particolare rileva l'eccezione cd antenato134 dell'art. 5 co. 3 let o) della Direttiva 2001/29/CE, ove si dispone che gli stati possano mantenere eccezioni che esulino dal novero di quelle previste tassativamente dalla Direttiva, “purché esse riguardino solo utilizzi analogici e non incidano sulla libera circolazione delle merci e dei servizi all'interno della Comunità”. Le riproduzione analogiche riassumono ormai le riproduzioni off-line che rischiano di diventare le uniche pienamente lecite: ciò che è lecito off-line rischia di essere pirateria on-line135. Si può concludere quindi che, anche in seguito alle sentenze analizzate ed alla luce del burrascoso rapporto tra diritto di copia e le misure tecnologiche di protezione, non ci siano molti problemi nell'affermarlo, ed anzi rimane fermo 136, il riconoscimento di un pieno diritto soggettivo alla copia privata, analogica, il cui limite risiede nel possibile contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera e con l'ingiustificato pregiudizio rispetto agli interessi legittimi del titolare dei diritti d'autore. 134S. Vezzoso,“Consultazione di opere digitali: quadro comunitario ed esperienze nazionali”, Università di Trento, 2008, disponibile su: http://eprints.biblio.unitn.it/archive/00001360/01/Vezzoso_Consultazione_di_opere_digitali.pdf 135Tozzi, atti del convegno: “Scenari e prospettive del diritto d'autore”, Roma, 2008, 183 136Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit, 1704 50 CAPITOLO II LEVIES & DRM 2.1 Sistemi a confronto: USA/EU. L'analisi della disciplina della copia privata nel sistema europeo ed americano rifletterà le differenze esistenti tra sistemi di commonl law e di civil law. Gli apparati normativi di diritto d'autore dell'Europa continentale da un lato, e quello inglese, dei paesi del Commonwealth e americano dall'altro, hanno storicamente intrapreso strade e soluzioni diverse, creando una notevole distanza tra gli stessi. La stessa distinzione terminologica tra copyright (lett. “diritto alla copia”) e droit d'auteur, suggerisce la differenza tra un sistema, quello di civil law, più attento alla problematica del creatore dell'opera e legato al suo diritto morale, ed il sistema di common law più sensibile alle problematiche prettamente economiche. Tutto ciò senza sottovalutare la differenza tra un sistema legislativo che si basa su norme codificate, rispetto al sistema di common law che tradizionalmente si esprime con norme derivanti dall'attività dei giudici137. È tuttavia curioso notare come negli ultimi tempi questa distanza tenda a ridursi: il commercio internazionale e lo scambio di prodotti protetti, la crescente rilevanza economica delle attività tutelate dal diritto d'autore, e la presa di coscienza di una sua vulnerabilità causata dall'avvento del digitale, hanno portato ad una 137J. C. Ginsburg, “Codice Del Copyright”, a cura di Gustavo Ghidini e Francesca Quattrone, Giuffrè, Milano, 2004, prefazione. 51 contaminazione nonché ad un dialogo tra i diversi sistemi138. Per quanto riguarda le eccezioni e le limitazioni al Copyright, esse sono rinvenibili pressoché in tutte le legislazioni nazionali, anche se differiscono largamente tra di loro139. I sistemi di common law hanno tradizionalmente mantenuto un approccio differente da quello adottato dai paesi dell'Europa continentale nel tracciare i principi che regolano tali eccezioni al diritto esclusivo dell'autore. A differenza dei criteri forniti dalla direttiva EUCD del 2001 e dalle singole legislazioni nazionali di civil law, i sistemi normativi di common law non hanno optato per un sistema di eccezioni e limitazioni legali tramite un'elencazione esaustiva, scegliendo invece un approccio maggiormente “elastico” che, accanto ad una serie di eccezioni legali, fa riferimento anche ad un insieme di principi equitativi, richiamati altresì nella convenzione di Berna sotto il nome di fair practice140. In sostanza, mentre nei sistemi dell'Europa continentale la legge prevede una lista di circostanze ove l'autore non è autorizzato a far valere i propri diritti di esclusiva, nei paesi anglosassoni, e negli USA sopratutto, si prevede un sistema generale e flessibile di difesa alle infrazioni del copyright, che verrà garantito in sede giudiziale dai giudici, valutando a seconda delle circostanze del caso concreto141. In Inghilterra e in molti degli altri paesi del Commonwealth (vedi Canada, Australia e Nuova Zelanda), il sistema delle eccezioni alla privativa autoriale viene regolato dal concetto del cd fair dealing che, in considerazione della finalità di talune utilizzazioni, quali lo scopo di studio e di ricerca, di critica e di cronaca, 138U. Loewenheim,“Copyright in Civil Law an Common Law Countries: A Narrowing Gap”, AIDA, 1994, 161 ss. 139H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection in the Context of the Global Digital Divide”, IIC Vol. 36, 2005, 204 140Art 10 (1)(2) della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie ed artistiche. 141S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of 2001 – An Empty Promise”, 34 IIC, 2003, 64 52 va a segnare e qualificare le limitazioni al copyright, peraltro già definite esattamente dalla normativa nazionale142. Negli USA invece si originò la cd fair use doctrine, oggi richiamata dall'art. 107 del Copyright Act, la quale cercò allo stesso modo di individuare utilizzazioni non soggette alla privativa autoriale. Si delineò così un sistema di eccezioni “aperto”, o “misto”143: da un lato vediamo infatti una serie di eccezioni specifiche, pur in assenza una elencazione tassativa di restrizioni, contenute nelle Sezioni 108-122 del Copyright Act, assieme a quelle più recenti introdotte dal Digital Millennium Copyright Act (DMCA) del 28 ottobre 1998; dall'altro lato invece, la presenza del principio del fair use, che grazie ai criteri che sono stati sviluppati al suo interno, è in grado di includere nuove forme di utilizzazione (consentendo, come si vedrà, una costante evoluzione delle eccezioni al diritto di esclusiva autoriale144). Questi criteri tendono ad un bilanciamento tra interesse pubblico e diritti esclusivi, poggiando sul fatto che la finalità del copyright americano, come espressa dalla Costituzione145, è il progresso della scienza e della cultura, la circolazione delle idee e delle opere, nonché l'incoraggiamento ai lavori dell'intelletto. In quest'ottica, l'interesse alla remunerazione degli autori, riveste un carattere per alcuni “secondario”, ed i diritti di esclusiva sono messi in relazione al pubblico beneficio derivante dalla diffusione della cultura. Questo schema di copyright stimola l'autore a promuovere il progresso della scienza, concedendogli di controllare il costo e l'accesso alla propria opera.146 **** 142S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, Giappichelli, Torino, 2004, 241-243 143P. Marzano, “Diritto d'Autore e Digital Technologies”, op. cit., 312 ss 144Ibid, 313 145US Constitution - Amendment I - Freedom of Religion, Press, Expression. Ratified 2/15/1791. “Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances” 146L. Shuster, “HOME USE OF VIDEOTAPE RECORDERS (VTRs): INFRINGEMENT OR FAIR USE?”, 59 Chi.-Kent L. Rev. 209, 1982 3. Per un'analisi dei fondamenti costituzionali nel rapporto tra fair use e copyright vedi anche: N. Snow, “Fair Use, Summary Judgment, and the Constitution”, University of Arkansas, 2009, non ancora pubblicato. 53 Per quanto riguarda il problema della copia privata tuttavia, i paesi anglosassoni hanno adottato scelte normative completamente diverse tra di loro, facendo alcuni rientrare e altri meno, la riproduzione ad uso personale all'interno del fair dealing/fair use, nonchè introducendo successivamente eccezioni legali all'interno della normativa del copyright. In Canada infatti, oltre alla presenza del fair dealing, è stato adottato il sistema a compenso, o levy system simile a quello europeo147. Negli Stati Uniti, invece, dopo il tentativo di codificazione del fair use nel Copyright Act del 1976, attraverso l'inserimento del “four-factor test” all'interno della sezione 107148, quando comunque nessun indizio pareva includere la copia privata tra le eccezioni “statutarie” contenute nella normativa149, il problema della riproduzione ad uso personale venne affrontato dalla Giurisprudenza sopratutto nel celebre caso “Betamax”150, ove la registrazione domestica fu fatta rientrare all'interno del principio generale del fair use espandendone la portata. Alcuni anni dopo, il Congresso giunse quindi all'emanazione, per certi versi controversa, del “Audio Home Recording Act” (in seguito AHRC) nel 1992, che legittimò la 147Per una comparazione tra i sistemi di common law vedi: G. D'agostino, “Healing Fair Dealing, Dealing? A Comparative Copyright Analysis of Canadian Fair Dealing to UK Fair Dealing and US Fair Use”, CLPE RESEARCH PAPER 28/2007, VOL. 3. 148Si riporta la sezione 107 del US Copyright Act: “Notwithstanding the provisions of sections 106 and 106A, the fair use of a copyrighted work, including such use by reproduction in copies or phonorecords or by any other means specified by that section, for purposes such as criticism, comment, news reporting, teaching (including multiple copies for classroom use), scholarship, or research, is not an infringement of copyright. In determining whether the use made of a work in any particular case is a fair use the factors to be considered shall include— (1) the purpose and character of the use, including whether such use is of a commercial nature or is for nonprofit educational purposes; (2) the nature of the copyrighted work; (3) the amount and substantiality of the portion used in relation to the copyrighted work as a whole; and (4) the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted work. The fact that a work is unpublished shall not itself bar a finding of fair use if such finding is made upon consideration of all the above factors.” 17 U.S.C. § 107 149Pascuzzi, “Videoregistrazione e “Cpyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza via?”, Foro.it, IV, 1984 31 150Sony Corp. of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417,1984. 54 registrazione digitale di audiogrammi su taluni supporti, dietro pagamento di un compenso. Nel Regno Unito, la situazione è ulteriormente diversa. Il concetto inglese di fair dealing si basa su previsioni legislative che conferiscono, come già sottolineato, certi diritti di utilizzazione a gruppi di utenti per intenti di ricerca o di studio privato, per finalità di cronaca e critica. Questo concetto non ha portata generale come per il fair use statunitense, ma è limitato alle uniche forme di diritto che esso espressamente concede. Il fair dealing funge piuttosto da criterio per graduare le eccezioni in rapporto alle singole fattispecie, sulla base del quale l'interpretazione e l'applicazione delle stesse acquistano una certa flessibilità. Ciò rileva sopratutto nel caso di nuove utilizzazioni, nel momento in cui possano essere escluse o meno dall'ambito di applicazione delle eccezioni.151 Si può comunque notare, come il concetto britannico di fair dealing si avvicini a quello del fair use americano, nel momento in cui permette ai giudici una valutazione ex-post di legittimità di tutte quelle caratteristiche che determinano un certo uso, in modo tale che il giudizio sia rimesso al libero apprezzamento del giudice152. In Irlanda ed in Inghilterra tuttavia, nonostante il fair dealing quindi riconosca una serie di eccezioni alla privativa autoriale, la copia privata (fuori dal caso del time shifting) è ritenuta illegittima153. 151S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, op. cit., 241-243 152G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, Springer, 2008, 184 153Così come confermato anche dal “UK Intellectual Property Office”. E' tuttavia in atto una consultazione per aggiornare la normativa copyright inglese ed armonizzarla a livello europeo, introducendo nuove eccezioni al diritto d'autore, ed in particolare l'introduzione di un'eccezione di copia privata per il cd format shifting (la copia di contenuti da un formato ad un altro, es. mp3) senza l'applicazione di compensi. Il documento della consultazione è reperibile all'indirizzo: http://www.ipo.gov.uk/consultcopyrightexceptions.pdf, (per l'eccezione di copia privata, vedi p. 19 del documento). 55 2.1.2 Il Fair Use La dottrina del fair use statunitense aveva individuato una serie di utilizzazioni che, in quanto “fair”, non necessitavano dell'autorizzazione dell'autore, e d'altro lato, non potevano essere ritenute illegittime. Il cd fair use cercava in effetti di riconciliare il bisogno degli autori di remunerazione e controllo sull'opera, mentre riconosceva che, in certi specifici casi, il diritto dell'autore dovesse cedere il passo ad un bisogno pubblico all'accesso e all'uso delle opere creative. Permetteva agli individui di fare uso di almeno una parte dell'opera senza il consenso od una ricompensa all'autore. Risulta essenziale il ruolo che questo principio incarna anche alla luce degli altri limiti che il copyright conosce, quali la distinzione idea-espressione 154, la cd first sale doctrine155, ed il termine temporale del copyright. Queste limitazioni infatti, sono state tanto attaccate da perdere di peso ed efficacia concreta 156, sopratutto per il continuo adattamento del copyright agli sviluppi dell'accesso alla tecnologia 154La dicotomia idea/espressione fa si che la protezione del copyright si estenda solo all'espressione dell'idea e non all'idea in sé, garantendo uno spazio alla liberà di immaginazione del pubblico. Cfr: H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection in the Context of the Global Digital Divide”, op. cit., 202 155La “first sale doctrine”, o “exhaustion doctrine” implica che il diritto di controllo del titolare del copyright sulla vendita di una copia dell'opera si esaurisce dopo il primo trasferimento della stessa. Pertanto garantisce la diffusione dell'accesso a la disponibilità dell'opera al pubblico. R. A. Reese, “The First Sale Doctrine in the Era of Digital Networks”, 44 B.C. L. Rew 57, 2003, 585 156Micheal J. Madison, “ Rewriting Fair Use and the Future of Copyright Reform”, Cardozo Arts & Entertaiment Law Journal, 2005, volume 23, n. 2, 392 - (“The idea-expression distinction is almost impossible elusive; licensing of digital content presses the first sale doctrine nearly to the braking point; and in Eldred v. Ashcroft (2003) the Supreme Court determined that Congress has nearly unlimited discretion in setting Copyright's duration. Fair use appears to be the battleground state of copyright politics.”) 56 digitale157, indebolendo le dinamiche del pubblico dominio 158; senza la flessibilità del fair use, il sistema del copyright rischierebbe di diventare eccessivamente oppressivo159. Nel lungo percorso che diede vita al fair use, la cui formazione è stata di matrice prettamente giurisprudenziale, risultò tuttavia difficile, e quantomai incerta, la formulazione esatta di un principio, che solo recentemente si è cercato di codificare160. Per quanto riguarda la collocazione della riproduzione personale all'interno di questa area di tutela, essa è stata negli ultimi decenni ostacolata dalle azioni legali delle lobbies discografiche che, spinte da pretese di remunerazione impedite dal fair use, in accordo con i produttori di supporti idonei alla registrazione, hanno delineato la struttura compromissoria del Audio Home Recording Act, come si vedrà in seguito, rendendo ancora più incerto l'ambito, e le modalità, di applicazione del fair use. Non a caso ci si è riferiti al fair use come “one of the most troublesome [doctrine] in the whole law of copyright”161, ed una delle più gravi difficoltà nella sua elaborazione è stata l'indeterminatezza dei suoi elementi statutari. **** La nascita del fair use negli Stati Uniti è riferibile ad un periodo di cambiamento 157H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection in the Context of the Global Digital Divide2, op. cit. 203, nota come il rafforzamento della tutela del copyright nell'ambiente digitale stia portando alla morte della dicotomia idea/espressione, anche perchè le MTP permettono ai titolari del copyright di bloccare legalmente le opere e le idee che scorrono libere nel pubblico dominio. La stessa conclusione è da trarsi per la first sale doctrine, che permetteva la circolazione delle opere acquistate, ora che la protezione delle misure che controllano l'accesso permette al titolare del copyright di inserire sistemi di criptaggio sulle opere, imponendo un pagamento agli utenti per ottenere la chiave per i “digital locks” più e più volte. 158L. Lessig, “The architecture of Innovation”, 51 Duke Law Journal, 2001, 1789 159M. Sug, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, 11 Mich. Telecomm. Tech. L. Rev. 1, 2005, 444 160Una delle migliori definizioni del concetto di fair use è quella del II Circuito in Rosemont Enterpises Inc. v. Random House Inc., 366 F 2d 303/306, 1966, dove venne detto che il fair use è “un privilegio per una persona diversa dal titolare del diritto d'autore di utilizzare un'opera protetta senza il consenso del titolare e nonostante il monopolio garantito al titolare dal diritto d'autore.” 161Dellar v Samuel Goldwin, Inc., 104 F.2d 661 (2nd Cir. 1939). 57 del concetto di copyright162, rilevabile nel mondo anglosassone verso la fine del XIX secolo, quando venne considerato come elemento preminente del diritto dell'autore il valore di mercato dell'opera, così superando la precedente visione che riduceva la portata del diritto alla protezione delle riproduzioni letterali o evasive163, la cd fair abdridgement doctrine. Questa corrente dottrinale di origine inglese, riconosceva una protezione all'autore solo riguardo la stampa e la vendita dell'opera intera, anche in conseguenza del fatto che, le corti consideravano la traduzione e le edizioni ridotte come opere nuove, derivate, e di conseguenza meritevoli di una propria tutela. Proprio per questo motivo non si richiedeva il consenso dell'autore dell'opera originale164. Dallo statuto della Regina Anna del 1710, che aveva spostato il cuore della tutela del copyright dal monopolio degli editori, al diritto degli artisti, il copyright anglosassone rimase radicato nelle pratiche e nelle tecniche di riproduzione letterale, oppure in repliche prive di sostanziali cambiamenti al solo scopo di evadere il diritto dell'autore. La Giurisprudenza statunitense, con i casi Gray v. Russel165 e Folsom v. March166, prese però una nuova coscienza del significato del copyright, e cercò pertanto di 162L'antecedente storico del Copyright americano è lo Statuto della Regina Anna, emanato in Inghilterra nel 1710, cui spesso ci si riferisce come primo Copyright Act, che pose le basi per la disciplina autoriale di common law. Fu il culmine di duecento anni di regolamentazione del commercio editoriale successiva all'introduzione della stampa, e riconobbe in capo agli autori il controllo sulla pubblicazione delle proprie opere, pur tuttavia in un'ottica di sviluppo della cultura. Se da un lato lo statuto riconosceva il monopolio degli editori sulla stampa dei libri, introduceva una limitazione temporale del copyright (quattordici anni rinnovabili in uguale misura) e creava il concetto di pubblico dominio, riconoscendo il libero utilizzo dell'opera allo spirare di tale termine. Venne così incorporato nella nella legislazione del copyright una finalità pubblica, la Costituzione stabilì che il monopolio concesso agli autori fosse un mezzo allo scopo di promuovere il progresso della scienza e delle arti utili, ai fini dell'incoraggiamento alla conoscenza. L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission system”, Journal of Intellectual Property Law, Volume 5, Fall 1997, No. 1, 3 163M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op. cit., 407 164La riutilizzazione di parti di opere altrui impiegate nell'utilizzazione di una nuova creazione, non veniva ritenuta illegittima in quanto rispondente ad un beneficio pubblico nell'ottica di promozione della scienza. Cfr: L. P. Loren,“Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission system”, op. Cit. , 1 165Gray v. Russell, 10 F.Cas. 1035 (C.C.D. Mass. 1839) 166Folsom v. Marsh, 9 F. Cas. 342 (C.C.D. Mass. 1841) 58 espandere la tutela del diritto dell'autore, in modo tale da proteggere l'essenza dell'opera e la sua valenza economica, andando a qualificare alcune condotte di riproduzione come non illegittime. Nel secondo dei due casi inoltre, venne maggiormente approfondita la sostanza di queste qualificazioni, stabilendo che la Corte, per valutare se l'estrapolazione da un'opera protetta sia illegittima, deve valutare (i) la natura e (ii) l'oggetto di tale selezione, (iii) la quantità e il valore del materiale utilizzato, (iv) il grado in cui l'uso possa arrecare pregiudizio alla vendita o diminuirne il profitto, o sostituirne l'oggetto. Si diede così origine a quella che sarà in seguito conosciuta come fair use doctrine. L'introduzione del fair use non fu, quindi, solo coincidente all'espansione del diritto accordato agli autori, ma fu uno strumento fondamentale alla base di questa espansione: provocò infatti una estensione del diritto dei titolari, proprio stabilendo un principio limite che subordinava l'interesse pubblico all'uso dell'opera, all'interesse economico dell'autore. Il fair use, che è spesso visto solo come limitazione al diritto esclusivo autoriale, in realtà comportava una regola espansiva, strutturata in relazione ai due interessi in gioco167. Da un punto di vista pratico, il fair use porta vantaggi al pubblico limitando i diritti di privativa autoriale; da un punto di vista strutturale invece, tutela i titolari delle opere protette come una classe, permettendo ai propri diritti di essere espansivamente determinati a priori168. Questa tensione tra aspetti pratici e strutturali è continuata fino ai nostri giorni. Il ruolo strutturale del fair use è stato visto, infatti, in prospettiva della regolazione dell'utilizzo di opere protette nella sfera privata, ed in tale ottica ne è stata fatta applicazione dai giudici, riuscendo a sviluppare la disciplina del copyright in modo molto più specifico e sottile, rispetto ai risultati che avrebbe potuto ottenere il Congresso intervenendo astrattamente ex-ante, o successivamente all'accadimento dei fatti. 167M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine””, op. cit., 408 168Ibid, 407-409 59 In tale modo, sono state delineate due importanti caratteristiche del fair use: in primo luogo, la sua funzione di contrappeso che permette diritti d'autore più flessibili. In secondo luogo, questa flessibilità è stata raggiunta tramite una delega del Congresso di funzioni di policy-making ai giudici. Questi due aspetti portano ad un sistema di esclusive elastiche che permette ai giudici di adattare il copyright ai cambiamenti di circostanze, senza dover aspettare interventi legislativi potenzialmente sempre in ritardo169. Con il Copyright Act del 1976 il Congresso tentò di codificare il principio del fair use, ma, nel farlo, evitò tuttavia di tracciare un test per determinare quando un uso fosse fair, mentre scelse di stabilire 4 fattori esemplificativi, di origine giurisprudenziale, non definitivi né determinativi170. Non era chiaro il peso di ognuno di questi fattori, né se fossero condizioni necessarie per individuare il fair use171. Per valutare e comprendere la struttura del fair use, e la portata di questi quattro fattori, occorre tenere conto degli aspetti evolutivi della disciplina del copyright americano. In quest'ottica, il Copyright Act del 1976, può essere visto come il culmine di una trasformazione della disciplina autoriale americana, durata quasi settant'anni, che dalla regolazione della riproduzione letterale è arrivata ad un sistema di diritti generali, allo scopo di proteggere la più astratta nozione del valore creativo, ed intellettuale, dell'opera172. Con il Copyright Act del 1976, il Congresso aveva mirato ad un'espansione del numero delle opere da proteggere, nonché all'estensione del significato economico 169M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op. cit., 408 170La House of Report del 1976, illustra così le ragioni di tale codificazione: “The statement of the fair use doctrine in section 107 offers some guidance to users in determining when the principles of the doctrine apply. However, the endless variety of situations and combinations of circumstances that can rise in particular cases precludes the formulation of exact rules in the statute. The bill endorses the purpose and general scope of the judicial doctrine of fair use, but there is no disposition to freeze the doctrine in the statute, especially during a period of rapid technological change.” 171W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1604 172M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op. cit., 494 60 e politico del diritto di copyright, ed in particolare cercava di alterare la struttura del copyright, in modo tale da renderla più elastica ed idonea a rispondere ai cambiamenti tecnologici. In effetti, questa riforma avvenne dopo un lungo periodo, contando che il precedente Copyright Act risaliva al 1909, ed apportò una serie di novità sostanziali, allo scopo di aumentare il numero di opere soggette al copyright e la durata della protezione173. La modifica più rilevante fu senz'altro l'estensione del diritto di privativa dei titolari delle opere. La Corte d'Appello nel caso Betamax, spiegò come in questo modo l'approccio del Congresso, era nell'ottica di introdurre un diritto di esclusiva in larghi termini nella sezione 106, e quindi, di prevedere alcune limitazioni ed eccezioni nelle seguenti 12 sezioni; “così tutto quanto sancito nella Sezione 106, è soggetto solo alle Sezioni 107 e 108, e deve essere letto in connessione con quelle previsioni”. In questo modo, la concessione dei diritti di esclusiva era limitata solamente dalle eccezioni espressamente previste dalla legge, vincolando la discrezione dei giudici174 e riducendo così l'applicazione della dottrina del fair use per quelle utilizzazioni non previste dalle sezioni 107 e 108175. Molte teorie hanno giustificato il fair use come soluzione a fallimenti del mercato176: di fronte a situazioni di fallimento quali gli alti costi di transazione per 173Tra le varie novità apportate, il Copyright Act del 1996 cambiò la regola di base per l'applicazione del copyright, passando da un opt-in ad un opt-out. In secondo luogo aumentò durata della protezione, da 56 anni (28anni rinnovabili per altri 28 anni) dalla data di pubblicazione alla vita intera dell'autore più 50 anni e 75 anni dalla prima pubblicazione per le opere anonime ( la durata è stata poi aumentata dal Sonny Bono Copyright Term Extension Act del 1998 fino a 70 anni dalla morte dell'autore). Il terzo principale cambiamento fu l'eliminazione del requisito del rinnovo del copyright per quella larga parte di titolari che non aveva effettuato il rinnovo dei 28 anni. L'effetto cumulativo di queste tre estensioni aumentò notevolmente il numero di opere protette e la durata della tutela. 174Così Pascuzzi, Videoregistrazione e “Cpyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza via?, op. cit., 29, e M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op. cit.,395 175Code Cong. & Admin, House Report at 1976 U.S.News at 5692. 176W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit.; L. P. Loren”,Redefining the market failure 61 il raggiungimento delle negoziazioni nel mercato, ampie esternalità che non possono essere internalizzate all'interno di uno scambio che ci si aspettava, o l'esistenza di interessi non monetizzabili che non sono inseriti all'interno della negoziazione tra le parti, il fair use rileva proprio perchè permette usi non autorizzati di opere protette da copyright, che altrimenti sarebbero illegittimi177. Occorre tenere in mente che la tutela del copyright si realizza garantendo il monopolio sullo sfruttamento dell'opera all'autore, ed in questo modo produce un'artificiale scarsità di copie dell'opera, al fine di garantire agli autori la possibilità di ottenere guadagni superiori al costo marginale che essi affrontano nei meccanismi di produzione178. Il fair use agisce, in questi casi, acconsentendo una crescita di consumo che superi il danno derivante dalla riduzione della produzione, cioè che in sostanza non comporti gravi perdite alla produzione delle opere protette179. Permette inoltre agli autori di costruire sulle opere dei propri predecessori180, promuove i valori sociali di un sistema democratico 181 ed evita la nascita di possibili dubbi costituzionali sulla struttura della normativa autoriale182. Tuttavia, tutte queste difese al principio del fair use, si basano spesso sui più “nobili” effetti che questo produce, con riguardo, da un lato, alle opere derivate, come la parodia, dall'altro a quegli usi non trasformativi ma che riguardano le opere scientifiche, ed educative (scopi di ricerca, studi scolastici, insegnamento, etc..), ai quali generalmente si ricollega un valore molto più alto rispetto a quello prodotto dagli usi privati delle opere dell'entertaiment183, cui ci si approach to fair use in an era of copyright permission systems op. cit. 177W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1627-1630 178N.W. Netanel, “Copyright and a Democratic Civil Society”, 106 Yale Law Journal 283, 1996, 293 179S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based Television Broadcasts”op. cit., 5 180P. N. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, 103 HARV. L. REV.,1105, 1109-10 (1990). Lessig, “Free Culture”, Apogeo, 2004, cap I. 181N. W. Netanel, “Copyright and a Democratic Civil Society”, op. cit., 363 182L. Ray Patterson & S.W. Lindberg, “The Nature of Copyright: A Law of Users' Rights”, University of Georgia Press, 1991, 109 ss 183S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based Television Broadcasts”op. cit., 4. W. Gordon, “Fair Use as a Marlet Failure”, op. cit., sostiene infatti che gli usi “scientifici” producano esternalità positive; tuttavia il valore posto nell'uso di un opera dal fruitore che la copia è minore del valore sociale di quell'uso. Il fair use interviene 62 è sempre riferiti come esempio, per declassare la meritevolezza di tutela delle utilizzazioni non trasformative. Le corti, infatti, hanno spesso distinto tra usi produttivi, trasformativi, ed usi non trasformativi, trovando molto più semplice giustificare eccezioni al copyright per i primi che non per i secondi184. Nel noto caso Campbell v Acuff-Rose Music, Inc.185, la Corte portò alla base del proprio ragionamento la distinzione tra usi non trasformativi e trasformativi 186, notando infatti la minore capacità dei primi, per esempio nel caso di fotocopie o riproduzioni tramite videoregistratore, ad aggiungere qualcosa al “bagaglio culturale” da offrire alla società187. Così infatti nel caso Betamax, nelle accuse mosse contro il cd home videotaping, ossia la copia personale non autorizzata mediante videoregistratore di trasmissioni televisive, le argomentazioni che miravano a qualificare tali utilizzazioni come unfair, poggiavano sulla contrarietà ai quattro fattori statutari del Copyright Act, ed in particolare: le trasmissioni venivano copiate per intero, lo scopo della registrazione non era assolutamente produttivo, e ad ultimo che tale copia causava danni economici ai titolari dei diritti d'autore188. Dalla parte opposta, chi si schierava a favore del home videotaping, dovette quindi internalizzando tale esternalità positiva. 184M. Senftleben, “Copyright, Limitations and the Three-Step Test. An Analysis of the Three-Step Test in International and Ec Copyright Law”, Kluwer Law International, The Hague, 2004, 34 ss; l'autore, in difesa di tali usi non trasformativi, sottolinea che la creazione di nuove opere creative non sarebbe possibile senza la possibilità di di usufruire di quegli usi non trasformativi, ma semplicemente “riproduttivi”, delle opere creative, che servendo come indispensabile fonte di ispirazione e informazione per gli autori e gli utenti che desiderino diventare nuovi creatori, vanno condivisi. 185Campbell, v. Acuff-Rose Music, Inc., 114 U.S. 1164 (1994) 186Campbell, v. Acuff-Rose Music, Inc., 114 U.S. 1164 (1994). La Corte stabilì che un uso è trasformativo “where it alters the original with new expression, meaning, or message.” Su questa conclusione il giudice Leval argomentò e stabilì che: “Transformative uses may include criticizing the quoted work, exposing the character of the original author, proving a fact, or summarizing an idea argued in the original in order to defend or rebut it. They also may include parody, symbolism, aesthetic declarations, and innumerable other uses.” Vedi anche P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, 103 Harvard Law Review 1105, 1990,1111 . 187P. Marzano, “Diritto d'Autore e Digital Technologies”, op. cit., 315 188S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based Television Broadcasts”, op. cit., 5-6 63 spostare il ragionamento su di un altro elemento, impregnato nella natura non commerciale di tali utilizzazioni, accompagnato dalla trascurabilità delle conseguenze economiche negative. La Corte, nel giudizio di primo grado, confermava, infatti, come i fatti nel caso Betamax fossero nettamente differenti rispetto a quelli analizzati negli altri casi di fair use, che quindi non avevano un rilevante valore autoritativo di precedente. Di conseguenza, dovette intraprendere una nuova analisi del fair use in applicazione dei quattro fattori indicati dal Copyright Act189. Dei quattro fattori, due si basano su problemi di ordine monetario, il primo, “il fine ed il carattere dell'uso”, ed il quarto “l'effetto dell'uso sul mercato potenziale dell'opera protetta o sul suo valore” . Sotto il primo fattore, la Corte Suprema andò, in seguito, ad individuare una presunzione: se un uso è commerciale, sarà presumibilmente “unfair190”. Ma in sostanza, l'elemento che rilevò per giustificare il fair use, risiedeva nel quarto fattore statutario, il più importante di tutti, e cioè l'impatto economico negativo della copia sugli interessi del titolare del copyright. Ora, l'utilizzo privato, non commerciale, riguarda la sfera personale dell'individuo, e non provocherà danni economici al titolare, fintanto che non diminuirà la possibilità per questi di richiedere un compenso (o negare l'accesso) a quei gruppi che altrimenti sarebbero disposti a pagare per usufruire dell'opera191. 189C. H. R. “Fair use looks different on videotape”, Virginia Law Review, Vol. 66, No. 5 (Jun., 1980), 1005-1027. La corte notava inoltre come il Copyright Act non aveva inteso fornire protezione ai titolari delle opere contro il cd home-recording, probabilmente a causa dei fastidiosi problemi di privacy ed enforcement che avrebbe incontrato. La corte quindi, basandosi sul fatto che il Copyright Act del 1976, non includesse nell'esclusiva autoriale la riproduzione di registrazioni sonore per uso casalingo (home-use sound-recording, vedi §107 U.S.C.), estese la ratio di tale previsione al home videorecording e così trovò un'eccezione implicita per tale uso non commerciale domestico. 190Sony Corp. Of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417, 448, 1984 191S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based Television Broadcasts”, op. cit. 7. L'autore esemplifica la distinzione tra usi commerciali e non, quando un utente che registri una trasmissione decida o meno di mostrarla ai vicini dietro pagamento. Se i costi di transazione, necessari nella raccolta dell'autore di pagamenti dai singoli utenti sono maggiori dei potenziali ricavi, e i costi di raccolta dagli utenti “commerciali” sono minori dei potenziali ricavi, allora questa distinzione è giustificata ed efficace. Infatti, l'uso non commerciale, permesso dal fair use, aumenterà i consumi senza diminuire la produzione di opere creative, mentre nel secondo caso permettere il fair use 64 2.1.3 Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of America - Il caso Betamax: il Fair Use e la riproduzione ad uso personale In effetti il celebre caso Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of America (Betamax)192, rappresenta uno dei passi più importanti (anche in ragione della novità dei fatti che lo caratterizzava) nell'applicazione del principio giudiziale del fair use e, in particolare, acquista rilievo nella duplice prospettiva della riproduzione ad uso personale come fair use e della cd indirect laiability (ossia la responsabilità concorrente di chi fornisce agli utenti i dispositivi con cui compiere la violazione), ribadendo come l'applicazione di questo principio sia equitativa, e cambi a seconda delle differenti rilevanze di mercato su cui il ragionamento dei giudici si fondi193. In primo luogo la Corte Suprema, dopo un lungo e difficile processo, stabilì che la riproduzione domestica di opere teletrasmesse tramite videoregistratore (cd time diminuirebbe la produzione di tali opere. 192Il caso in questione riguardava la Sony, produttrice della tecnologia Betamax, che permetteva la registrazione su supporti materiali di programmi televisivi, tra i quali anche film proiettati al cinema e trasmessi in seguito dalle emittenti televisive. Le parti attrici, Universal studios e Walt Disney Production, sostenevano che la pratica del cd home taping fosse in violazione del diritto d'autore; non potendo perseguire direttamente ogni utente possessore del videoregistratore Betamax, agirono contro Sony in quanto produttrice della tecnologia che permetteva tale condotta, in modo tale da farla ritenere responsabile delle violazioni e affinchè le venisse inibita la produzione e commercializzazione del Betamax. Le parti attrici affermavano inoltre che Sony aveva agito in violazione della normativa di diritto d'autore, registrando parti di programmi per dimostrare il funzionamento del Betamax a potenziali acquirenti. La Corte d'Appello, dopo una causa durata tre anni, aveva emesso una sentenza in favore di Sony sostenendo che: (i) i titolari dei diritti d'autore sui materiali audiovisivi, non avevano un potere monopolistico sulla registrazione degli stessi da parte dei proprietari dei videoregistratori nelle loro case per uso personale e non commerciale; (ii) Sony non commetteva infrazioni dal momento che non agiva con scopo di concorrenza ma con il solo di dimostrare il funzionamento del videoregistratore; (iii) anche se la registrazione domestica comporta una violazione, Sony non poteva ritenersi responsabile alla luce delle teorie della violazione diretta o concorrente o della responsabilità sostitutiva; (iv) Sony non concorreva slealmente con i titolari dei materiali protetti né interferiva con le loro vantaggiose relazioni d'affari. (Universal City Studios, Inc. v Sony Corporation of America, 480 F. Supp. 429; cfr: “Pascuzzi, “Videoregistrazione e “Copyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza via?”, op. cit., 27-28) 193M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op. cit., 391 ss 65 shifting) inquadrasse una condotta fair: dal momento che il danno economico ai titolari dei diritti sulle opere derivanti dal home taping era minimo, ed avrebbe risposto ad un interesse meramente speculativo, la fattispecie rientrava nell'ambito di applicazione del fair use194. La sentenza andava peraltro ribaltando la decisione della Corte di Appello del IX Circuito, che aveva invece ritenuto illegittima, e non rientrante nell'ambito di protezione del fair use, la condotta di una persona che registri programmi televisivi protetti, nell'ambito privato della propria abitazione.195 In secondo luogo, la sentenza Betamax ha continuato ad essere di basilare importanza, in quanto stabilì un principio generale (cd standard Sony-Betamax), che verrà spesso ripreso e/o disatteso dalle corti nei vari casi di peer-to-peer, a riguardo della cd indirect liability. La Corte Suprema affermava infatti la neutralità della tecnologia in rapporto agli usi che della stessa possono essere fatti, e più in particolare che, se di tale tecnologia possono essere fatti usi leciti, gli eventuali usi illeciti non determinano la responsabilità del produttore né l'esclusione dal mercato del relativo prodotto196. Diverse argomentazioni sono state poste a sostegno della decisione della Corte Suprema. Innanzitutto si è rilevato come, in effetti, il danno economico causato dal video194S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based Television Broadcasts”, op. cit., 1 195W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1600 ss. L'autrice sottolinea come in questa decisione la Corte d'Appello del Nono Circolo abbia frainteso il contenuto della fair use docrtine, partendo dal presupposto che il fair use possa tutelare solo utenti che utilizzino l'opera in modo “produttivo”, mentre restano fuori dall'ambito di protezione utenti che facciano un utilizzo “ordinario” o “intrinseco” dell'opera, come nel caso della registrazione domestica. Con questo orientamento, la Corte d'Appello andava così contro l'approccio al fair use precedentemente adottato dalla Court of Claims nel caso Williams & Wilkins, ove aveva ricercato una base per il fair use di stampo economico (cd market approach), arrivando a stabilire che una fotocopiatura di massa a certe condizioni poteva costituire fair use. Infatti la Corte, nella sua analisi, sostenne che la dottrina del fair use aveva alla base tre problemi: (i) che l'utente non fosse riuscito ad ottenere il prodotto attraverso la struttura del mercato; (ii) che la cessione del controllo sull'utilizzazione al fruitore avrebbe risposto ad un interesse pubblico; (iii) che l'opzione nel senso del fair use non avrebbe sostanzialmente danneggiato gli interessi dei titolari. 196M. L. Montagnani, “Dal peer to peer ai sistemi di Digital Right Managment: primi appunti sul melting pot della distribuzione online”, IDA, 2007, 2 ss. 66 taping fosse minimo, nonostante una particolare caratterizzazione economica di tali prodotti televisivi: le trasmissioni esaminate contenevano annunci pubblicitari sui quali si fondavano i loro stessi proventi; potendo gli utenti facilmente saltare tali annunci durante le fasi di registrazione, e fruizione, grazie alla tecnologia del Betamax, si temeva una diminuzione dei ricavi derivanti dagli stessi 197. La Professoressa Gordon, nell'analizzare il caso Betamax, spiegò come, in presenza di un mercato non funzionalmente efficiente in relazione ad un dato utilizzo di alcune opere protette, il perseguimento dell'interesse pubblico, che è il principale oggetto del copyright, sotto la clausola della proprietà intellettuale della costituzione americana, è perseguito al meglio risparmiando l'utente dal ricercare permessi irraggiungibili. Si tratta infatti di garantire dall'esterno un rimedio a quelle cause che impedirebbero la formazione del mercato, avendo creando delle imperfezioni tali da non poter essere sopportate, a causa del loro particolare impatto negativo sulla diffusione della cultura e sugli obbiettivi ultimi del copyright198. Così, in questo caso, l'applicazione del fair use ha permesso un utilizzo dell'opera protetta per cui il titolare non avrebbe concesso l'autorizzazione. 199 Nel caso specifico, si verificherebbe il fallimento del mercato quando i costi di transazione200 sono talmente alti da impedire che un trasferimento consensuale 197S. Liebowitz, “The Economics of Betamax: Unauthorized Copying of Advertising Based Television Broadcasts”, op. cit., 11-17. Universal, parte attrice, sosteneva che tutti i possibili usi del Betamax sarebbero risultati dannosi nel lungo termine: (i) registrazioni di materiali tolti dalla programmazione destinate a non essere più viste dagli utenti; (ii) registrazioni di programmi non visti in diretta di cui usufruire in un secondo momento (time shifting); (iii) registrazioni di un programma destinato ad essere visto numerose volte (librarying); (iv) elusione delle pubblicità durante la registrazione o durante la fruizione. In realtà, un analisi economica del mercato televisivo dimostra come l'impatto negativo della cancellazione delle pubblicità sia minimo come del resto si dimostra essere l'impatto positivo dei videoregistratori sui contatti pubblicitari. 198W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1657 199R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, 12 Berkeley Tech. L.J. 115 (1997) 149 200Per un approfondimento sui costi di transazione vedi anche Markovitz, “The Causes and Policy Significance of Pareto Resource Misallocation: A Checklist for Micro-Economic Policy Analysis”, 28 Stanford Law Review 1 (1976).; C. J.Dahlman, "The Problem of Externality". Journal of Law and Economics 21, 1979 141–162. "These, then, represent the first approximation to a workable concept of transaction costs: search and information costs, bargaining and decision costs, policing and enforcement costs." 67 possa avvenire spontaneamente201. Partendo dal presupposto che l'utente estragga un certo valore da ogni utilizzo dell'informazione protetta, il produttore dell'informazione, in ragione del diritto di proprietà che gli viene riconosciuto dalla normativa del copyright, dovrebbe essere nella posizione di poter richiedere un pagamento per qualsiasi utilizzo. Di conseguenza ogni utilizzo dovrebbe essere escludibile202. Tuttavia, in presenza di alti costi di transazione, che in concreto vengono sopportati dall'utente finale, se questi costi risultano maggiori del prezzo il potenziale acquirente sarebbe disposto a pagare, il prezzo che si formerà sul mercato sarà troppo alto e il bene non verrà acquistato203. Così nel caso Betamax, la registrazione domestica è stata ritenuta fair, proprio per le ragioni economiche e strutturali che sottendono il fallimento del mercato: (i) l'utente non era riuscito ad ottenere il prodotto attraverso la struttura del mercato; (ii) la cessione del controllo sull'utilizzazione al fruitore avrebbe risposto ad un interesse pubblico; (iii) l'opzione nel senso del fair use non avrebbe sostanzialmente danneggiato gli interessi dei titolari204. Nel caso Betamax era così emersa la questione se fosse individuabile un principio a sé stante, di autonomia del consumatore, che potesse essere oggetto dell'analisi del fair use, considerando che l'interesse di uno o più titolari dei diritti d'autore sembrava fosse stato violato. La Corte Suprema fece luce su questo punto e affermò che, sebbene il consumatore nell'atto del time shifting andasse a copiare l'intero programma (un fattore che generalmente pesa fortemente contro il fair use), il risultato di tali riproduzioni non avrebbe il suo ordinario effetto, poiché “il time shifting semplicemente permette ad un utente di vedere un programma a cui egli stesso era stato invitato ad assistere nella sua interezza senza dover pagare 201R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 130 202K. J. Koelman, “Copyright Law & Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit d'Auteur Passè?”, IIC, No. 6/2004, 611 203Ibid 204W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit., 1601-1657 68 alcun compenso”205. Sembrava dunque emergere questo principio di autonomia del consumatore, per cui, una volta che un'opera protetta pervenga legalmente nelle mani del consumatore, questi è libero di usufruire del prodotto, per quanto il titolare dei diritti avrebbe preferito che venisse utilizzato con altre modalità.206 2.1.4 Fair Use, Free Use, Fared Use Due pronunce della Corte d'Appello americana, negli anni '90, hanno rigirato la teoria del market failure, respingendo la difesa del fair use, dopo aver riscontrato l'assenza di qualsivoglia fallimento del mercato. In realtà è stato sottolineato come queste sentenze non avessero pienamente valutato la tipologia di fallimento del mercato che è maggiormente centrale nel copyright e nella dottrina del fair use oggi207. In Princeton University Press v. Michigan Document Services, Inc.208 e American Geophysical Union v. Texaco, Inc.209, le corti negarono la sussistenza del fair use 205Sony Corp. of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417, 449–450 (1984). 206M. Sag, “God in the Machine: a New Structural Analysis of Copyright's Fair Use Doctrine”op. cit., 430 207L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission systems”, op. cit., 1 208Princeton Univ. Press v. Michigan Document Servs., Inc., 99 F.3d 1381, 1387 n.4 (6th Cir. 1996) (en banc) (quoting American Geophysical, 60 F.3d at 931), cert. denied, 117 S. Ct. 1336 (1997). 209In Princeton University Press v. Michigan Document Services, Inc., il problema riguardava la riproduzione in copie di estratti di opere protette per usi all'interno delle classi. Gli attori, editori e titolari dei diritti d'autore, scelsero strategicamente di citare in giudizio solo la copisteria commerciale che aveva effettuato le fotocopie richieste dai professori. L'accusa non fece mai i nomi dei professori e degli studenti destinatari di tali fotocopie, insinuando così la natura dell'uso commerciale, e riuscendo così a far ritenere violato il primo fattore statutario. Per soddisfare i requisiti del quarto fattore, gli editori si riferirono solamente al danno derivante dalla perdita dei ricavi derivanti dal permission system da loro impostato. La Corte del XI Circuito stabilì non solo che tale danno giocasse contro il fair use, ma anche che il potenziale effetto distruttivo che la condotta in questione poteva avere sul mercato impostato dagli editori tramite il sistema di licenze, era un elemento sufficiente per negare il fair use. In American Geophysical Union v. Texaco, Inc., 60 F.3d 913, 931 (2d Cir. 1994), cert. dismissed, 116 S. Ct. 592 (1995), un gruppo di editori di giornali scientifici promosse una class action contro Texaco, alle cui dipendenze lavorava un gruppo di 500 ricercatori, accusandoli di violazione del copyright in seguito alla riproduzione di numerose fotocopie di articoli delle proprie riviste. La Corte del II Circuito stabilì che, per determinare se tale pratica costituisse fair use, 69 per il fatto che il titolare del copyright aveva predisposto un “permission system”, concedendo in licenza determinate utilizzazioni. I giudici ritennero infatti che essendo possibile una modalità di pagamento per un certo utilizzo, e non avendo l'utente pagato la licenza, il titolare aveva sofferto un danno di mercato, che secondo il quarto fattore dell'art. 107 del Copyright Act, è nella maggior parte dei casi un elemento determinante per la concessione del fair use210. Le critiche a queste sentenze muovono dal fatto che entrambe le corti interpretarono in maniera restrittiva la teoria del market failure, considerando solo un tipo di fallimento, quello determinato dagli alti costi di transazione, risolvibile attraverso il sistema delle licenze. Applicando poi la teoria del market failure al contrario, le corti determinarono che, non essendo riscontrabile alcun fallimento del mercato, non sussistevano i presupposti del fair use 211. Le corti infatti posero alla base della loro analisi solo il fallimento del mercato determinato dai costi di transazione, senza considerare l'importanza di altre tipologie di market failure che questo sistema di licenze non potrebbe risolvere. Si tratterebbe di una diversa tipologia di market failure, ben più determinante all'interno degli scopi del fair use e della Costituzione americana stessa: il fallimento che si realizza quando si è in presenza di significativi benefici esterni associati ad un determinato uso che non possono essere internalizzati in nessun negozio (si pensi agli utilizzi a scopo di ricerca, critica, insegnamento, etc..). 212 Il cuore del fair use starebbe proprio nel permettere questi usi che producono occorresse verificare se questa sistematica pratica di copiatura aumentasse il numero di copie presenti sul mercato, senza pagare le licenze per le sottoscrizioni aggiuntive a tali riviste. La Corte considerava non solo il danno al mercato degli editori, in riferimento all'unica modalità di accesso al pubblico di tali articoli scientifici che era la sottoscrizione di un abbonamento, ma anche il danno alla remunerazione derivante dall'autorizzazione agli utenti a fotocopiare parte della rivista dietro un compenso. E l'indagine della Corte si soffermò sopratutto sull'analisi di tale remunerazione. Concluse infatti che, poichè esisteva un mercato per le fotocopie autorizzate tramite licenze, era giusto considerare la rendita potenziale derivante da tali licenze per valutare la legittimità dell'uso in questione. 210L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission systems”, op. cit., 1 211Ibid, 7 212D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit., 14-15 70 benefici esterni, che sono poi distribuiti all'interno della società come gruppo 213. Si ritornerebbe in sostanza al concetto originale di fair use, incentrato sull'importanza della disseminazione culturale, che era stato oscurato dalla brillante riformulazione della professoressa Gordon legata ai costi di transazione214. Nell'analizzare la teoria del market failure occorre partire dal presupposto che all'interno di questo mercato, un soggetto detenga un diritto, e che tale diritto possa essere venduto. Nel rapporto tra copyright e fair use, la teoria del market failure prende quindi vita dal fatto che il titolare del copyright detiene un diritto di controllare un particolare uso che, di conseguenza, costituisce l'oggetto e forma tale mercato che è fallito215. Tradizionalmente, il concetto del market failure si basa sull'assunto che un mercato libero porti alla massimizzazione dei benefici quando gli attori coinvolti agiscano tenendo conto esclusivamente del proprio benessere. I costi o i benefici delle loro azioni nei confronti di altri soggetti sono tuttavia ignorati. Questi effetti sul benessere altrui, che non sono presi in considerazione e quindi non incidono sulla formazione del prezzo di mercato, sono chiamati “effetti esterni” o “esternalità”. Nel momento in cui tali esternalità non vengano “internalizzate”, il prezzo del mercato non potrà riflettere il vero valore sociale del bene e quindi il meccanismo del mercato non potrà addivenire ad un risultato ottimale216. Di conseguenza, in presenza di esternalità positive, il prezzo sarà troppo basso e pertanto, la quantità del prodotto realizzata risulterà più scarsa. Così, la presenza di esternalità costituirà un market failure e richiederà un intervento esterno217. Considerando la natura speciale dei prodotti di informazione protetti dal 213L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission systems”, op. cit., 1 214R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 10 215L. J. Raskind, “A Functional Interpretation of Fair Use”, Journal of the Copyright Society of the USA, 601,1984, 602-603 216K. J. Koelman, “Copyright Law & Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit d'Auteur Passè?”, op. cit., 4 217Ibid 71 copyright, detti anche “beni pubblici”218, il produttore di tali informazioni non riuscirà a raccogliere il pieno valore sociale del prodotto che ha sviluppato. Pertanto, l'attività di produzione di tali beni produce sempre esternalità positive219. Ora, come spiegato nel teorema di Coase220, si ritiene che queste esternalità positive vadano internalizzate attraverso un sistema di sovvenzioni governative221. Se le esternalità positive derivanti dalla produzione delle opere creative verranno compensate, i produttori di questi beni considereranno il pieno valore sociale ed aumenteranno la produzione222. 218G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 15-17 Vedi anche David Linsley, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, Centre for Copyright Studies Ltd, 2002, 27: “A public good is characterised by nonexcludability, meaning that it is difficult to exclude others from the resource, and by nonrivalry in consumption, meaning that use of the resource does not deplete the amount of the resource available for others. Information exhibits features of a public good because once information is made public it is difficult to prevent others from copying the information, and because the use of information by one person does not result in less of the information for others”. 219K. J. Koelman, “Copyright Law & Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit d'Auteur Passè?”, op. cit., 5 220Ronald H Coase, “The Problem of Social Cost”, 3 Journal of Law and Economics 1 (1960). L'enunciato di Coase afferma che all'interno di un mercato, ove i costi di transazione si presentano nulli, la contrattazione tra gli agenti possa portare a soluzioni efficienti da un punto di vista sociale, anche in presenza di esternalità, ed a prescindere dall'assegnazione iniziale dei diritti di proprietà (privata). La contrattazione tra i privati, ossia tra chi trae beneficio dalle esternalità, e chi ne viene invece danneggiato, farà sì che la migliore allocazione delle risorse sarà determinata dalla parte che riterrà maggiore il valore delle stesse; pertanto verranno corrette le esternalità che si verificheranno in seguito all'allocazione iniziale della proprietà da parte del Governo. Pertanto se le condizioni stringenti poste da Coase verranno soddisfatte, l'iniziale assegnamento del diritto di proprietà sarà irrilevante. Tuttavia, in presenza di costi di transazione, se questi saranno superiori ai benefici della contrattazione, non avverrà nessun negozio, e l'iniziale allocazione del diritto di proprietà assumerà rilievo. Le conseguenti inefficienze possono essere minimizzate da parte del governo allocando inizialmente le proprietà alla parte a cui assegna maggiore utilità. In conclusione, il diritto di proprietà diventa importante in presenza di costi di transazione. 221D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit., 14-15 222Lemely, “Property, Intellectual Property, and Free Riding”, Texas Law Review, Vol. 83, 2005, 1031. L'autore sottolinea che, se la disciplina del copyright dovesse compensare tutte le esternalità positive, le conseguenze sarebbero assolutamente negative. Coase ad ogni modo sottolinea che, se ai produttori di esternalità positive sarà concesso il diritto di escludere gli altri soggetti dal beneficiare delle medesime, le parti dovranno negoziare per ottenere questi effetti positivi. In questo modo il valore di tali effetti sarà espresso nel prezzo, e il mercato raggiungerà i livelli ottimali. In quest'ottica, pertanto, il copyright, inteso come diritto di proprietà, obbligherà le parti a negoziare per ottenere un determinato utilizzo e in tale modo ad internalizzare gli effetti esterni. 72 L'analisi effettuata dalla professoressa Gordon, affermava che il riconoscimento del fair use ha senso quando non esista un mercato funzionante per l'opera protetta223. Non veniva tuttavia considerato un corollario, che riguarda la probabilità di sviluppo del mercato. Ci si riferisce cioè alla valutazione delle possibilità di permanenza del market failure, nel senso che la fair use doctrine troverà spazio solo dove un mercato non sembra potersi sviluppare. Tuttavia, laddove un mercato potrà svilupparsi tramite un enforcement del copyright, l'assenza di un mercato iniziale non comporterà automaticamente un rafforzamento della difesa del fair use224. Adottando questa visione del fair use, le corti giunsero a considerare un “permission system” come sufficiente a garantire un bilanciamento di interessi. Per i difensori della fair use doctrine, questa visione sarebbe troppo riduttiva, e finirebbe per permettere ai titolari del copyright di controllare ogni tipologia di utilizzo delle opere. L'enfasi concernente gli aspetti prettamente monetari, e il sistema di permessi, finisce infatti per non considerare affatto i benefici esterni che derivano dalle utilizzazioni, con particolare rilevanza sopratutto per gli usi non-trasformativi225. Nel caso Texaco, la corte stabilì che "a particular unauthorized use should be considered 'more fair' when there is no ready market or means to pay for the use, while such an unauthorized use should be considered 'less fair' when there is a ready market or means to pay for the use."226 In altre parole, lo scopo difensivo del fair use dovrebbe nascere, e finire, con la presenza di alti costi di transazione nell'acquisto dell'accesso ad un'opera protetta227. Se si ritiene effettiva la dipendenza del fair use da tale market failure, la sopravvivenza di questo 223Così W. Gordon, “Fair Use as Market Failure”, op. cit. 224R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 8 225L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission systems”, op. cit., 9 226American Geophysical Union v. Texaco, Inc., 60 F.3d 913, 931 (2d Cir. 1994), cert. dismissed, 116 S. Ct. 592 (1995) 227T. W. Bell, “Fair Use Vs. Fared Use: The Impact of Automated Rights Management on Copyright's Fair Use Doctrine”, 76 N. Carolina L. Rev. 557 (1998), 583 73 principio nel futuro sarà assai limitata. Come nei casi citati, qualora il titolare dei diritti sull'opera porrà una modalità di pagamento semplificata per un determinato utilizzo, tale richiesta di pagamento sarà legittima e tutelata dal quarto fattore228. Occorrere invece osservare che il secondo tipo di market failure cui si è accennato, riguarda quegli utilizzi non permessi dai quali tuttavia può risultare un beneficio sociale, delle esternalità positive, che non possono essere inserite in una negoziazione tra titolare del copyright ed utente229. Si consideri ad esempio una recensione negativa di un'opera, ove il critico intenda riportare degli estratti dell'originale. Il titolare del copyright sull'originale potrebbe essere disposto a concedere in licenza l'uso della propria opera, ma a prezzi spropositati rispetto ai danni che subirebbe dalla critica negativa. In questo modo si rischia di non poter arrivare ad un accordo, e così di privare il pubblico del beneficio che riceverebbe dalla pubblicazione della recensione, consistente nella possibilità di valutare il prodotto e, se del caso, di orientare la propria scelta verso un altro prodotto. Nel momento in cui l'autore della recensione non riesca a realizzare il pieno beneficio sociale del proprio elaborato, il risultato complessivo è lontano dall'essere ottimale230. Questo fallimento del mercato comporta, per la società, la perdita di un'opera socialmente utile, che richiedeva l'integrazione di diritti di proprietà tra di loro indipendenti. Pertanto, occorre sottolineare che un mercato ben funzionante debba servire importanti obbiettivi sociali. Tutti i soggetti beneficiano degli scambi privati all'interno del mercato dei prodotti della proprietà intellettuale, e tale pubblico beneficio assume una rilevanza importante. Infatti, quando un mercato fallisce, non per ragioni collegate all'imposizione legittima di un prezzo da parte del titolare dei diritti, la legge impone coercitivamente il trasferimento. Lo scambio volontario bilaterale è importante, ma lo è ancor di più lo scambio in sè 228R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 9 229L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission systems”, op. cit., 7 230D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit., 36-37 74 stesso231. Seguendo la linea delle corti, per negare il fair use ad un soggetto, basterà dimostrare che l'uso in questione diverrà diffuso, in danno di un mercato potenziale dell'opera protetta. In tale modo, viene considerato il pregiudizio che si verificherà per ogni mercato individuabile derivante dai potenziali usi dell'opera, e l'analisi non si focalizzerà più sul solo danno verificatosi al mercato primario dell'opera protetta. Pertanto, se la questione riguarda anche soltanto una singola copia e il titolare dei diritti abbia instaurato un sistema di licenze, la corte sarà portata a considerarla come presupposto del danno ad un potenziale mercato, e andrà per questo a negare il fair use232. Si è sottolineato, all'opposto, che un sistema di licenze sembrerebbe assicurare gli incentivi del sistema del copyright, senza impedire particolari categorie di utilizzazioni233, e sopratutto che fair use non significhi free use: il privilegio per gli utenti contenuto nella sezione 107 del Copyright Act, che sembrava impedire l'imposizione di licenze per quegli usi considerati fair, sembra ormai indebolirsi dopo che le corti hanno ritenuto che l'avvento di nuovi, e poco costosi mezzi di pagamento, giustifichi la richiesta di piccoli importi per concedere tali utilizzazioni. Gli utenti devono cioè pagare qualcosa234. Il fair use verrà concesso solo per quei mercati di nicchia, verso i quali il titolare dei diritti non ha mostrato interesse. Del resto, la volontà di stabilire un sistema di licenze sembra dimostrare l'interesse del titolare del copyright nell'occupare quel mercato di nicchia, per un determinato utilizzo. Pertanto sono sorte numerose preoccupazioni sul fatto che sia oramai il titolare del copyright a decidere quando 231R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 10 232L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission systems”, op. cit., 11 233D. Linsdey, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. cit., 37-38 234T. W. Bell, “Fair use vs fared use”, op. cit.,. L'autore sostiene tra l'altro che in certi casi, grazie alla digitalizzazione dei permission systems, l'utilizzo non autorizzato possa arrivare ad essere meno conveniente. Si pensi all'incertezza derivante dalle regole del fair use e del copyright, per quanto riguarda le minacce legali e le probabilità di vittoria all'interno dei processi. 75 un uso sarà fair, sostituendo il fair use con un fared use.235 Seguendo tali orientamenti si arriverebbe quindi a relegare l'ambito di applicazione del fair use ai soli casi in cui il titolare del copyright rifiuti di concedere una licenza236, e cioè quando non è in pericolo il fallimento del mercato, ma la sua esistenza stessa. 2.1.5 L'Audio Home Recording Act La Corte d'Appello, nel caso Betamax, aveva suggerito alcune soluzioni per dirimere il contrasto tra interessi dei titolari del copyright, produttori di dispositivi elettronici (qui videocassette e videoregistratori), ed utenti. La proposta più diffusa era quella di introdurre un sistema di licenze legali, considerata, si noti, quando non era ancora trascorso molto tempo dalla emanazione della legge austriaca del 2 luglio 1980 n. 321, al cui interno si era affinato l'approccio tedesco espresso con la legge del diritto d'autore del 1965 che introduceva la copia privata e con essa il passaggio da diritto esclusivo dell'autore a diritto alla remunerazione237. La normativa austriaca infatti, a differenza di quella tedesca che imponeva il pagamento del compenso solamente al produttore degli apparecchi idonei alla registrazione, aveva imposto l'equo compenso anche sui supporti materiali quali le videocassette. Già si è detto come poi la Corte Suprema risolse la questione stabilendo che il cd home time-shifting costituisse fair use, così inquadrando una condotta non soggetta all'esclusiva dell'autore. L'iter logico seguito dalla Corte Suprema, in effetti, non sembrava porre problemi di applicazione anche nei confronti della registrazione domestica di programmi 235L. P. Loren, “Redefining the market failure approach to fair use in an era of copyright permission systems”, op. cit., 11 236Questa conclusione è descritta in termini positivi da Tom Bell, “Fair Use vs Fared Use”, op. cit., 558-618 237Pascuzzi, V”ideoregistrazione e “Cpyright” Statunitense: Violazione, “Fair Use” o Terza via?”, op. cit., 28 76 radio238 nonché al trasferimento di brani musicali da un dispositivo ad un altro (format-shifting)239. Con l'avvento del digitale la situazione cambiò, e fu fornita ai titolari del copyright la possibilità di offrire una tesi diversa rispetto al caso Betamax: la capacità di riprodurre infinite copie con qualità identica all'originale, originò la prospettiva di un danno economico molto più esteso rispetto a quello associato alla tecnologia analogica del Betamax, andando così a ledere le basi per il riconoscimento del fair use.240 Nel 1986 veniva infatti rilasciato il primo digital audio tape (DAT), una nuova tecnologia che permetteva agli utenti di effettuare copie digitali tramite registrazione da CD, turbando nuovamente i delicati equilibri del copyright241. Le reazioni dei titolari dei copyrights furono immediate; dopo una prima fase di scontro, cominciarono tuttavia a crearsi le condizioni che avrebbero condotto in seguito ad una compromissoria intesa tra industria musicale ed industria elettronica. Nel 1989 la “International Recording Industry” e la “Consumer Electronics Industry”, dopo essersi incontrate in Grecia, stipularono il cd “Athens Agreement”242, in forza del quale i produttori di dispositivi DAT si sarebbero impegnati ad incorporare un sistema di controllo anti-copia, il Serial Copy Management System (SCMS), all'interno dei registratori DAT243. L'Athens Agreement non riuscì tuttavia a soddisfare pienamente gli interessi dei titolari del copyright, sopratutto per la mancata previsione di royalties a loro 238Carlisle, “The Audio Home Recording Act of 1992”, 1 Journal of Intellectual Property Law, 1994, 335-345 239J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 159 240S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, 2004, UNSW Law Journal, 125 241N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”, B.C. INTELL. PROP.& Tech. Forum, 983, 2007, 14 ss 242House Report , N. 102-873(I), al 9-10 (1992), ristampato in 1992 U.S.C.C.A.N. 3578, 357980; Viene qui illustrata la intera serie di negoziazioni che avvenne tra molte industrie interessate a creare una normativa più concreta sulla protezione del copyright, data la debolezza del Copyright Act del 1976 e la decisione del caso Betamax. 243McKuin, “Home Audio Taping of Copyrighted Wprks and the Audio home Recording Act of 1992: A Critical Analisys”, Hastiings Commercial Entertaiment Law Journal, 2004, 311 77 favore. Così a partire dal 1990, l'industria musicale cercò di bloccare ugualmente la distribuzione della tecnologia DAT, e, temendo un effetto consequenziale sulla vendita di CD, cominciò a minacciare numerose azioni legali244. Venne così avviata una class-action da parte di alcuni autori contro Sony Corporation, ed altre case di produzione, allo scopo di ottenere un'ingiunzione che inibisse la distribuzione dei dispositivi DAT all'interno degli Stati Uniti, i cd Cahn Proceedings. Fu così che, in cambio di un impegno da parte di Sony, ed altri produttori, a supportare una legge che promuovesse l'imposizione di royalties su dispositivi di registrazione digitali, Sony medesima e la National Music Publisher Association, arrivarono ad una conciliazione in data 11 luglio 1991 245(cd Cahn Agreement). Si preferì dunque la certezza di una negoziazione privata ad una soluzione giudiziaria che avrebbe potuto avere due esiti opposti, dipendenti dalla qualificazione dell'audio digital audio home recording come fair use: in caso negativo sarebbero state imposte royalties o comunque alti risarcimenti di danni, e la distribuzione dei registratori DAT sarebbe stata suscettibile di riduzione; in caso positivo, oltre a nessuna riduzione di produzione, l'audio home recording non sarebbe stato soggetto a nessun compenso, poiché avrebbe inquadrato una condotta fair246. La situazione normativa quindi non forniva, in quel momento, risposte adeguate e certe agli opposti interessi che si erano scontrati, rispetto ai quali il Copyright Act non era in grado di sviluppare una integrazione reciproca. Più nello specifico, il quadro era il seguente: l'interesse dei titolari dei copyright alla remunerazione, per 244House Report 102-873 AUDIO HOME RECORDING ACT. Mentre i primi dispositivi DAT furono rilasciati nel 1986, solo quattro anni dopo l'introduzione sul mercato del compact disc, la minaccia di azioni legali impedì l'uscita di tali prodotti sul mercato per circa sette anni. Il risultato fu che al momento dell'uscita sul mercato, il CD era il format ormai più diffuso e il DAT riuscì a diffondersi solo sui mercati di produzione professionale, ove per altro le disposizioni dell'AHRA non avevano effetto. 245Gary S. Lutzker, “THAT'S ALL FOLKS: CAHN V. SONY AND THE AUDIO HOME RECORDING ACT OF 1991 - MERRIE MELODIES OR LOONEY TUNES? “, 11 Cardozo Arts & Ent LJ 145, 1992, 164ss 246S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 129 78 compensare le perdite dovute all'audio home recording, non veniva soddisfatto mediante la previsione di royalties; non era possibile individuare con certezza un vero e proprio diritto alla registrazione domestica per gli utenti; rimaneva nell'incertezza pure la legittimità della distribuzione per i produttori dei dispositivi di registrazione DAT247, che erano riluttanti all'idea di intraprendere lunghi processi per verificare se la protezione della Betamax docrine fosse ancora in grado di garantirli, senza sottovalutare l'ineludibile necessità che la stessa industria discografica supportasse tale nuova tecnologia, decidendo di distribuire la loro musica in tale formato248. In risposta a questa situazione, il Congresso emanò l'Audio Home Recording Act (AHRA) nel 1992, cercando di raggiungere un risultato che integrasse questi tre interessi, tentando di eliminare quei fattori che ne avrebbero impedito il compromesso: da un lato, la pretesa dei consumatori, verso il riconoscimento di un diritto assoluto alla copia privata in base al fair use (non soggetto quindi a compenso), e dall'altro la pretesa dei titolari del copyright, che mirava al totale controllo sulla registrazione domestica e ad un ordine di inibizione sulla distribuzione di apparecchi che facilitassero tale pratica249. Dalla seguente analisi emergerà come la struttura dell'AHRA rifletta pienamente la sua natura compromissoria, derivante dagli accordi intercorsi tra industria musicale ed elettronica, in particolare su tre livelli. Innanzitutto l'AHRA sembrerebbe riconoscere un “diritto” alla registrazione domestica, che in realtà si sostanzia in una “immunità” per i singoli utenti, prodotta dal fatto che nella Sezione 1008 della normativa, viene precluso l'avvio di azioni legali contro violazioni del copyright basate sull'uso non commerciale di dispositivi di registrazione da parte degli utenti allo scopo di effettuare copie 247Ibid, 130 248J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 160 249Un risultato simile sarebbe stato possibile anche in sede giudiziale. Vedi infatti il caso Napster (A&M Record Inc. v. Napster Inc. 2001), ove uno dei rimedi giudiziali proposti, in considerazione dell'interesse pubblico diffuso, fu proprio l'imposizione di un sistema di royalties al posto dell'istanza restrittiva che avrebbe comportato la cessazione dell'attività per il famoso p2p network. 79 analogiche o digitali250. La stessa Sezione 1008 preclude azioni legali, in violazione del copyright fondate sulla produzione, importazione e distribuzione di dispositivi di registrazione audio digitali o analogici, così eliminando a monte il rischio per i produttori elettronici, di essere ritenuti responsabili per aver concorso alla violazione da parte degli utenti della normativa del copyright. In questo modo, comunque, veniva assicurato agli utenti il legittimo accesso ed utilizzo dei dispositivi di registrazione251. In secondo luogo, l'AHRA introduce un rafforzamento della protezione degli interessi dei titolari del copyright, tramite il primo sistema di controllo elettronico sulle copie, il cd SCMS. Tale sistema permette l'esecuzione di una copia digitale dell'opera (la cd copia di prima generazione), ed interviene quindi impedendo all'utente di effettuare ulteriori copie da questa prima (e quindi ultima) generazione di copie digitali concesse252. Obbligando ad inserire su ogni dispositivo di registrazione digitale, venduto negli USA il nuovo SCMS, l'AHRA va a proibire l'importazione, produzione e distribuzione di tutti i dispositivi non conformi al SCMS o a sistemi funzionalmente equivalenti253. Pertanto, sembrava risolto il problema della copiatura seriale non autorizzata delle opere254, la cd exponential generational piracy255. Permettendo così al titolare del copyright di controllare le copie future dell'opera, subordinando la possibilità di effettuare copie di seconda e terza generazione alla 250S. W. Webb, “RIAA v Diamond Multimedia Systems: The Recording Industry Attempts to Slow the MP3 Revolution - Taking Aim at the Jogger Friendly Diamond Rio”, The Richmond Journal of Law & Technology, Fall 2000, 5 251S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 130 252E. Tomlinson & T. Nielander, “Red Apples and Green Persimmons: A Comparative Analysis of Audio Home-Recording Royalty Laws in the United States and Abroad”, 20 Miss. C. L. Rev. 5, Fall, 1999, 11 ss 253McKuin, op. cit.,325 254S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 132 255E. Tomlinson & T. Nielander, “Red Apples and Green Persimmons: A Comparative Analysis of Audio Home-Recording Royalty Laws in the United States and Abroad”, op. cit., 12 80 propria autorizzazione, il SCMS può essere considerato il primo sistema di Digital Rights Management usato dall'industria musicale256. La terza importante novità dell'AHRA riguarda l'introduzione di un meccanismo di compensazione in favore dei titolari del copyright. Le Sezioni 1003 e 1004 dell'Act impongono un'obbligazione in capo a produttori, importatori e distributori di dispositivi, e di supporti di registrazione digitale audio, di pagare una royalty pari al 2% e 3% del prezzo rispettivamente di ogni apparecchio e supporto di registrazione257. In questo modo si attribuiva un equo compenso in ragione delle perdite dovute all'audio home recording, secondo uno schema non molto diverso da quello previsto dalle private copying levies europee258. Risulta tuttavia evidente, dopo una prima valutazione, come l'ambito di applicazione dell'AHRA sia limitato. Tale limitazione deriva dall'adozione di una definizione tecnica dei dispositivi che l'AHRA ha ad oggetto, di efficacia limitata nel lungo termine. Si tratta, a dire il vero, di una conseguenza non derivante da una infelice formulazione troppo poco astratta, ma da una scelta che invece riflette l'elemento centrale della valutazione del Congresso, il consenso259. Sembra quindi che l'ambito dell'AHRA sia il prodotto della volontà del Congresso di realizzare il compromesso raggiunto dalle parti interessate. 256N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”, op. cit., 14. Prima del SCMS, come già notato, il controllo dei diritti veniva raggiunto grazie alle ingenti spese di duplicazione, alla perdita di qualità (data dalle possibilità ridotte dei registratori analogici), e attraverso la minacce legali. 257L'importo è dovuto solo una volta dal primo soggetto che produce, importa o distribuisce il dispositivo o supporto. Le royalties sono soggette ad un importo massimo di 8$ per dispositivo e 1$ per supporto. AHRA §1004 (a) (3). 258Le royalties raccolte in base alle disposizioni dell'AHRA vengono allocate in due fondi: “Sound Recording Fund” e “Musical Works Fund”, rispettivamente nella misura di due terzi ed un terzo. Le royalties vengono poi distribuite nel modo seguente: una quota pari al 25,59% del totale è destinata ai “featured recording artists”[17 USC §1006 (b) (1)]; una quota pari al 38,4% ai titolari del copyright; a compositori ed editori è destinata una quota pari al 16,66%[17 USC §1006 (b) (2) (A)]; ai “non featured musicians”[17 USC §1001 (9)] and “non featured vocalists”[17 USC §1001 (13)], una quota rispettivamente pari al 1,75% e 0,917%. 259S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 132 ss 81 Lo scopo era quello di includere una specifica tecnologia, andando ad escludere deliberatamente tutte quelle altre tecnologie prodotte da terzi estranei a tale compromesso. Il Congresso, tramite la definizione legale dei “digital musical recording”, aveva così previsto una speciale eccezione dall'Act per le registrazioni effettuate da computer, e in generale da tutti i connessi supporti di memorizzazione, come gli hard disks .260 I dispositivi di registrazione audio digitale vengono infatti precisamente definiti all'interno dell'AHRA, unitamente a ciò che si considera “oggetto materiale” di tale registrazione261. A ciò si deve aggiunge l'introduzione del cd primary purpose test, un criterio di valutazione della destinazione degli apparecchi digitali, secondo il quale nella registrazione digitale audio, ad uso personale, deve risiedere lo scopo principale di tale dispositivo262. Così, come confermato nel caso Diamond263 dalla Corte d'Appello, i personal computer non sono considerabili digital audio recording devices, e, pertanto, non ricadono dall'ambito di applicazione dell'AHRA, proprio perchè falliscono tale tes,t e sono peraltro esclusi dalla suddetta definizione di “material object”.264 Mediante tale meccanismo dunque, si voleva assicurare che l'AHRA disciplinasse una categoria limitata di supporti diversi dai registratori DAT, quali i masterizzatori di CD che operassero indipendentemente dal computer, e la 260Vedi T. J. Barthel, “CASE NOTES AND COMMENTS: RIAA V. DIAMOND MULTIMEDIA SYSTEMS, INC.: THE SALE OF THE RIO PLAYER FORCES THE MUSIC INDUSTRY TO DANCE TO A NEW BEAT”, 9 DePaul-LCA J. Art & Ent. L. 279, 1999, 279; S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 132, e S. Rep. No. 102-294 at 131-32 (1992). 261“any machine or device of a type commonly distribuited to individuals for use by individuals, whether or not included with or as part of some other machine or device, the digital recording function of which is designed or marketed for the primary prurpose of, and that is capable of, making a digital audio copied recording for private use...”. Audio Home Recording Act, 17 USC § 1001 (3) (1992).. I “digital audio recording devices” vengono quindi definiti come dispositivi che debbono possedere la capacità di riprodurre una registrazione musicale digitale, da definire come “oggetto materiale”, ove solo i suoni sono registrati, in modo tale da escludere altri “oggetti materiali”, ove uno o più programmi da computer vengono registrati. 262“...must be designed for primary prurpose of [and that is capable of] making a digital audio copied recording for private use...”Audio Home Recording Act, 17 USC § 1001 (3) (1992) 263Recording Industry Association of America v. Diamond Multimedia Sys, Inc., 180 F 3d 1072, 1081 (9th Circuit 1999) 264 J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 160 82 definizione di digital audio recording devices, “camuffata” da principio legale, è chiaramente un previsione specifica intesa ad ottenere quella certezza che i partecipanti ai Cahn Proceedings e il Congresso, richiedevano265. In realtà, il sistema di royalties garantiva la distribuzione dei dispositivi di registrazione, ma si fondava sul presupposto che la registrazione domestica non fosse qualificabile come fair use. Di conseguenza, il Congresso, imponendo tale rimedio, non aveva riconosciuto un diritto al home recording, palesando un indirizzo contrario ad assicurare al pubblico l'autorizzazione a tale utilizzazione266. La disposizione dell'AHRA, sotto altro verso, sta a significare che, per i supporti e apparecchi audio analogici, e video, sia analogici che digitali, non vi è l'obbligo di pagamento di alcun compenso; una riproduzione ad uso personale, tramite dispositivi sprovvisti di SCMS non sarà inoltre tollerata, a meno che un giudice non la classifichi come fair use. Il “diritto” di riproduzione privata nell'AHRA sembra infatti una licenza legale più che un generico diritto discendente dal fair use.267 Infatti, il diritto di un utente alla riproduzione privata, all'interno della fair use doctrine, implica l'assenza di una responsabilità per violazione del copyright 268, mentre l'AHRA obbliga l'utente al pagamento (rappresentato dal prezzo più alto sul dispositivo o supporto di registrazione) per il diritto di riproduzione privata.269 Basandosi sulla analisi del fair use nel caso Betamax, la registrazione domestica tramite DAT si sarebbe dovuta qualificare come fair use. Tale presupposto 265Così S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. Cit., 134; S. W. Webb, “RIAA v Diamond Multimedia Systems: The Recording Industry Attempts to Slow the MP3 Revolution - Taking Aim at the Jogger Friendly Diamond Rio”, op. Cit; J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. Cit.; N. Aldrich,“An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”, op. cit., E. Tomlinson & T. Nielander, “Red Apples and Green Persimmons: A Comparative Analysis of Audio Home-Recording Royalty Laws in the United States and Abroad”, op. Cit.. 266S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 128-131 267Ibid, 135 268Carlisle, “The Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 349 269S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 136 83 svuoterebbe di senso lo schema di royalties, imposto dall'AHRA, poiché imporrebbe un pagamento agli utenti quando questi godrebbero invece di un diritto di libero utilizzo. Ne deriva che, il fondamento sui cui si basano le royalties, ossia la promessa che i titolari dei diritti non promuoveranno azioni legali contro gli utenti, per aver effettuato registrazioni domestiche con il DAT, è una promessa vuota270. Va notato, invece, come l'AHRA sembra riconoscere un vero diritto alla riproduzione domestica in ambito analogico, un vero riconoscimento del fair use, poichè tale uso non viene subordinato ad alcun pagamento del compenso, per quanto l'immunità da azioni legali venga comunque accordata. Gli utenti sono quindi liberi di effettuare riproduzioni domestiche analogiche, mentre dovranno pagare un compenso per quelle digitali. Tale distinzione non sembra avere alla sua base una argomentazione razionale, ed è spesso stata indicata come una decisione arbitraria frutto esclusivo delle negoziazioni271. Una delle prime applicazioni importanti del principio Sony-Betamax si ebbe nel 1999, nel caso Diamond272, che vedeva schierate da un lato le major discografiche rappresentate dalla RIIA, e dall'altro lato la Diamond multimedia System, rea di aver prodotto il Rio Player, uno dei primi lettori Mp3. Il problema stava nel fatto che questo dispositivo permetteva l'ascolto, in qualsiasi luogo e momento, dei file musicali su di esso trasferiti, dopo averli copiati da computer273. La RIAA sosteneva che il lettore Rio violasse l'AHRA, poiché non conforme ai suoi requisiti previsti dal medesimo per i supporti digitali. 270C. Carlisle, “The Audio Home Recording Act of 1992”, 1 J. INTELL. PROP. L. 335, 1994, 350 271J. L. McKuin, “Home Audio Taping of Copyrighted Works and the Audio Home Recording Act of 1992: A Critical Analysis”, 16 Hastings Comm. & Ent. L. J. 311, 1994, 341; sottolinea come l'industria musicale fu costretta a cedere nella sua battaglia per la compensazione nella registrazione analogica domestica, in cambio di un compromesso sulla compensazione digitale e sul SCMS. 272Recording Industry Association of America v. Diamond Multimedia Sys, Inc., 180 F 3d 1072, 1081 (9th Circuit 1999) 273M. L. Montagnani, “Dal peer to peer ai DRM: primi appunti sul melting pot della distribuzione online”, IDA, 2007, 5 84 Sfortunatamente per l'industria discografica, la corte d'Appello del IX Circuito stabilì anzitutto che i computer, e gli hard drives, non rientrassero nel campo di applicazione dell'AHRA.274 Questo poiché i computer non rientravano nella definizione di “digital audio recording device” contenuta nell'AHRA275. Infatti, il primary purpose test non veniva soddisfatto, non essendo evidentemente la registrazione audio il primo scopo di tali apparecchi. Inoltre anche il secondo requisito stabilito dall'AHRA, il cd “material object”, non poteva essere applicato alla specie, poiché gli hard disks contengono programmi che non sono connessi con alcuno dei files audio che possano essere memorizzati al loro interno276. La corte continuò stabilendo che, poichè il lettore Rio copiava i brani musicali direttamente dall'hard drive di un personal computer, non poteva essere considerato soggetto alle norme dell'AHRA.277 A supporto di questa conclusione, stava il fatto che il Congresso non aveva inteso incorporare la tecnologia di protezione SCMS all'interno dei computers. Così, statuendo che i computers non sono mai dispositivi di registrazione, la corte rese tali dispositivi immuni all'AHRA e fornì agli utenti un mezzo accessibile con cui effettuare copie digitali, aprendo la strada ad mp3 e a dispositivi simili (come i cellulari più moderni, oggi diffusissimi)278. Inoltre, questa decisione permise agli utenti di aggirare le protezioni del SCMS attraverso i computers, dimostrando il limitato valore dell'AHRA e la sua inapplicabilità all'ambiente moderno279. Infatti dal punto di vista del consumatore, il diritto di effettuare registrazioni domestiche, come concesso dall'AHRA è privo di valore, poiché oggi gli strumenti più utilizzati sono i computers e non i 274N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”op. cit., 16. 275J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 159 ss 276Ibid 277Vedi E. R. Goose, “RIIA v Diamond Multimedia Systems, Inc.: the RIAA Could not stop the Rio – Mp3 files and the Audio Home Recording Act”, 34 U.S.F. L. Rev, 575, 2000, 1-30 278J. F. DeBeer, “Locks & Levies”, op. cit., 161 279N. Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”, op. cit., 16. 85 dispositivi quali il DAT controllati dall'AHRA. Da un punto di vista dell'industria discografica, il regime di royalties instaurato dall'AHRA risulta del tutto inefficiente poiché non è in grado di imporre il compenso proprio sugli ultimi moderni dispositivi di registrazione audio, ossia i computers.280 2.1.6 L'evoluzione della fair use doctrine all'interno delle corti statunitensi: alcuni spunti per una verifica della sua reale flessibilità. Il fair use, come si è detto, esula da qualsiasi possibilità di definizione teorica 281, mentre all'atto pratico presuppone un insieme di criteri che dovrebbero rifarsi ad un generale principio di equità e di bilanciamento degli interessi in contrasto, tessendo una serie di limiti al copyright in ragione del suo stesso scopo: lo sviluppo e la diffusione della cultura, così come stabilito dalla Costituzione americana282. Il concetto di fair use infatti “permette alle corti di evitare la rigida applicazione della normativa del copyright quando potrebbe frustrare la creatività che tale legge è disegnata per sviluppare”283. Con l'introduzione del cd four factor test, nella Sezione 107 del Copyright Act del 1976, si è tentato quindi di codificare a livello normativo la difesa del fair use contro le violazioni del copyright, in quanto, tale difesa, rappresenta la più importante limitazione agli straordinariamente estesi diritti garantiti ai titolari delle opere dalla sezione 106 dell'Act. La maggior parte delle azioni poste in atto dagli utenti, per i risvolti economici e di tipo comunicativo che le caratterizzano, 280S. Elkman – A. Christie, “Negotiated solution to audio home recording?: Lessons from the US Audio Home Recording Act of 1992”, op. cit., 138 281Leval, “Toward a Fair Use Standard”, 103 Harward Law Review, 1990, 1107-1110 Il giudice Leval sottolineò in effetti come la protezione del fair use non sia un'antagonista del concetto di monopolio del copyright, ma una parte necessaria di un disegno collettivo. Per questo il fair use proteggerebbe solo quegli usi che incontrano due criteri: devono servire l'obbiettivo del copyright di stimolare la produttività delle idee e la pubblica istruzione, senza diminuire eccessivamente gli incentivi per la creatività. 282U.S. Const. art. I Sezione 8, cl. 8. 283Sony Computer Entertainment America v. Bleem, LLC 214 F.3d 1022 (9th Cir. 2000), citando Campbell v Acuff-Rose Music Inc 510., 6 US 569, 577 (1994) 86 rischierebbero infatti di costituire una violazione di questi diritti senza la presenza della difesa del fair use. La Sezione 107 del Copyright Act, come è stata precedentemente analizzata, fornisce quattro criteri per la determinazione del fair use, senza tuttavia ritenerli esaustivi ne vincolanti, ma puramente esemplificativi. L'intento del Congresso era probabilmente quello di fornire una chiarificazione sulla indefinitezza della common law.284 Essendo stata la forza della fair use doctrine riconosciuta nella sua flessibilità, grazie alla quale bilanciare gli interessi degli autori con quelli degli utenti (nonché potenziali nuovi autori),285 resta tuttavia da chiedersi se, effettivamente, l'introduzione del cd four factor test della Sezione 107 abbia in qualche modo vincolato l'analisi delle corti, e se l'attuale configurazione del fair use, dipendendo all'atto pratico da una valutazione dei giudici, garantisca realmente una elasticità al sistema delle eccezioni al copyright americano. In questa prospettiva, analizzando i casi giurisprudenziali, è emerso come i giudici riconoscano chiaramente che il four factor test non debba essere applicato alla lettera286, e come del resto, per via della sua interpretazione, il test dovrebbe semplicemente fornire piccole linee guida per poter predire se un particolare utilizzo sarà ritenuto fair.287 Pertanto, se da un lato si è notato positivamente come l'atteggiamento cd non “rule-liking” adottato dal Congresso eviti problemi di sovra/sotto inclusività normativa288, dall'altro lato è stata criticata da molti 284L. Weinreb, “Fair's Fair: A Comment on the Fair Use Doctrine”, 103 Harvard Law Review, 1990, 1137 285P. Samuelson, “Unbunding Fair Uses”,77 Fordham Law Review, 2009, 2537 286Sony Corp. of Am. v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417, 455 n.40 (1984) “i quattro fattori [...] sono considerazioni di equità che le corti devono valutare e soppesare; non si tratta di semplici barriere che l'utente accusato debba superare per escludere la propria responsabilità. Piuttosto che una sequenza di quattro rigidi test, l'analisi del fair use consiste in un sensibile bilanciamento di interessi”. Ty, Inc. v. Publ’ns Int’l Ltd., 292 F.3d 512, 522 (7th Cir. 2002), “La questione importante è semplicemente che, come la Corte Suprema ha chiarificato, i quattro fattori sono una cheklist di elementi da verificare piuttosto che una formula decisionale; e allo stesso modo la lista degli scopi della normativa”. 287M. W. Carrol, “Fixing Fair Use”, 85 N.C. L. Rev. 1087, 2007, 1106. 288Ibid 1092 87 l'incertezza concreta prodotta da questo sistema, il cui problema sembra destinato ad aumentare progressivamente nel mondo digitale, data l'invocazione della difesa del fair use in una molteplicità di nuove situazioni.289 Un recente studio empirico sull'applicazione giurisprudenziale della fair use doctrine ha peraltro rilevato che, nei casi di violazione del copyright, il tasso medio di vittoria della difesa del fair use sia piuttosto basso290. Va infatti sottolineato come il numero di casi di fair use non sia particolarmente alto, a dispetto dell'ampio numero di violazioni del copyright accertate. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che molte dispute sul fair use non raggiungono le corti, cioè non prendono forma di azioni legali. La non prevedibilità dei risultati di tali azioni 289Vedi per esempio Authors Guild v. Google, Inc., No. 05-CV-8136 (S.D.N.Y. Sept. 20, 2005), che testimonia come lo sviluppo del nuovo cyberspace abbia comportato la comparsa di nuovi aspiranti fair users. Il caso di Google in particolare, sulla digitalizzazione di ampie collezioni bibliotecarie, è stato uno dei segni che ha dimostrato come, nel contesto digitale, la questione del fair use, e della sua incertezza, acquisti sempre un maggior grado di urgenza. Cfr: Jonathan Band, “The Google Print Library Project: A Copyright Analysis”, http://www.policybandwidth.com/doc/googleprint.pdf 290B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, University of Pennsylvania Law Review, vol. 156 no. 3, 2008, 549 – 624 Va premesso come il basso numero di sentenze che hanno riconosciuto la sussistenza del fair use sia dovuto anche a fattori “esterni”. Landes, “An Empirical Analysis of Intellectual Propery Litigation: Some Preliminary Results”, Houston Law Review, 41, 2004, 772, indica come fattore da considerare, il diverso peso degli interessi delle parti in gioco, per cui le parti attrici, all'interno dei processi per la violazione dei diritti di proprietà intellettuale, saranno le parti con interessi maggiori, dato che affrontano il rischio che una decisione a loro contraria possa estinguere i loro diritti, e pertanto prima di promuovere un giudizio debbano soppesare le probabilità di vittoria con i rischi derivanti dal rigetto dell'accusa. (“The intellectual property cases that go to trial are likely to have higher win rates on average than all civil trials because a higher threshold probability is required to offset the loss from an invalidity finding. In short, the litigation model predicts […] a higher win rate for intellectual property trials and a lower proportion of terminations by trial”.) Con questo si vuole sottolineare la tendenza delle parti attrici, all'interno delle cause in materia di copyright, ad essere particolarmente aggressive. Più rilevante infatti risulta la tendenza delle parti attrici a costruirsi una reputazione per essere litiganti aggressivi, in modo da beneficiare di un effetto intimidatorio che tale reputazione può generare. Si prendano ad esempio le numerose lettere e notifiche intimidatorie, cd “cease-and-desist”, inviate dai titolari dei diritti in caso di violazione del copyright agli utenti di Internet. Si veda il Chilling Effects Clearinghouse (www.chillingeffects.org), un gruppo di collaborazione tra Università americane, quali Harvard e Stanford, e la Elettronic Froniter Foundation, per la protezione degli utenti della rete dalle minacce legali, che ha peraltro creato un archivio delle lettere intimidatorie inviate dai titolari dei diritti d'autore agli utenti di Internet. Nel 2002, dopo gli scontri contro la chiesa di Scientology, per la richiesta di rimozione di materiale protetto posto a scopo di critica su un sito web da un gruppo di utenti, anche il colosso Google si è unito al gruppo. Cfr: Gallagher, David F.,"New Economy; A copyright dispute with the Church of Scientology is forcing Google to do some creative linking". New York Times. 22 aprile 2002. 88 processuali, la gravità delle somme da pagare in caso di affidamento sbagliato sul fair use e la mancanza di incentivi per difendere nuove interpretazioni del fair use, portano infatti la maggioranza degli utenti ad accettare patteggiamenti a seguito delle numerosissime minacce legali dei titolari del copyright.291 Osservando l'attività delle corti, è stato mostrato inoltre come in realtà il four factor test, sia stato oggetto di applicazione sempre più meccanica. I dati dimostrano infatti come, dopo un iniziale periodo di flessibilità, i giudici optarono, verso la fine degli anni ottanta, per un formale e preciso utilizzo dei quattro fattori statutari. La nascita di questa tendenza all'applicazione abituale del four factor test coincise con una pronuncia della Corte Suprema del maggio 1985 nel caso Harper & Row, Inc, v. Nation Enterprises, con la quale la corte stabilì che la pubblicazione da parte di The Nation di alcuni estratti dalla autobiografia del Presidente Gerald Ford, ancora in fase di pubblicazione, non potesse considerarsi fair use. Alla base della decisione della corte stava l'analisi del valore di ogni fattore, nonché del bilanciamento di tali risultanze. Questo caso portò le corti americane verso un utilizzo sempre più meccanico delle indicazioni contenute nella Sezione 107. Ulteriore prova dell'applicazione meccanica del four factor test, è il fatto che i giudici raramente abbiano tenuto conto di fattori al di là di quelli contenuti nella sezione e, con l'eccezione del secondo fattore, raramente non hanno considerato tutti e quattro i fattori congiuntamente.292 Questa rigida e diffusa applicazione delle indicazioni contenute nella Sezione 107 ha generato numerosi lamenti e critiche in campo dottrinale, ove si è cercato di 291M. W. Carroll, "Fixing Fair Use", North Carolina Law Review 85, 2007, 1106 Un'analisi costi-benefici della difesa nei casi di fair use porterà spesso a preferire la via del patteggiamento alla sopportazione dei rischi di una condanna, e del relativo risarcimento dei danni. Si vedano in proposito i recenti casi del 2009, RIAA v. J. Tenenbaum (D. Mass.), e Capital Records, Inc. v. Thomas-Rasset (D. Minn.), ove i convenuti, rifiutando di patteggiare a condizioni minime, e cercando di dimostrare pubblicamente il loro dissenso alle pratiche persecutorie delle collecting societies, sono stati condannati a risarcimenti di centinaia di migliaia di dollari. 292B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 564 89 spronare le corti verso la considerazione di fattori ulteriori 293, come ad esempio il più generale concetto di “fairness”294, onde evitare la proliferazione di una tendenza al meccanicismo delle corti. Il giudice Leval notava infatti che i principi della Sezione 107 non possono riflettere l'ampiezza dei problemi incorporati nella fair use doctrine, nè sono in grado di aumentare la chiarezza e la prevedibilità dei risultati nei casi concreti.295 Il numero di decisioni in materia di fair use pronunciate dalle corti di primo e secondo grado crebbe sostanzialmente a cavallo tra gli anni '80 e '90. Tale tendenza riflette peraltro la comparsa, nei casi giudiziari, di dispute connesse a softwares per computers, il cui primo caso risale al 1988 296, e le tecnologie di Internet, il cui primo caso risale al 1993297. Si è quindi notato che gran parte di questi casi siano stati risolti con procedimenti a cognizione sommaria, e tale tendenza si generò dopo il caso Campbell v. Acuff Rose, del 1994, nonostante la Corte Suprema avesse dato chiare indicazioni in senso contrario ad un'analisi sommaria, abrogando peraltro il presupposto Sony, in base al quale il riconoscimento della commercialità dell'uso comporterebbe 293Come si è già detto, W. Gordon, “Fair Use as a Market Failure”, op. cit., 1614, riteneva che le corti nella loro analisi dovessero verificare se (i) la presenza di un market failure (ii) se il trasferimento dell'uso all'utente fosse socialmente desiderabile (iii) il riconoscimento del fair use non dovesse causare un danno ingente agli incentivi del titolare del copyright. J. E. Rothman, “The Questionable Use of Custom in Intellectual Property”, Virginia Law Review, 2007, 1903. L'autrice ha sottolineato come, nell'analisi del fair use, debbano essere considerati fattori diversi ed ulteriori, come le consuetudini commerciali ed industriali. Nel caso Ringgold v. Black Entertainment Television, (126 F.3d 70 (2nd Cir. 1997)), per l'utilizzo non autorizzato all'interno di un programma televisivo, anche se per un lasso di tempo di trenta secondi ed in secondo piano, di un poster raffigurante un'opera d'arte, la corte rigetto l'invocazione del fair use, poiché riconobbe in essere delle pratiche commerciali per l'utilizzo tramite licenza di tali opere all'interno dei set televisivi o in circostanze simili. Si prendano ad ulteriore esempio le Classrom Guidelines, sviluppatesi durante la stesura del Copyright Act del 1976, su iniziativa di editori ed autori, che fissavano alcuni principi per determinare quando un uso fosse “fair” o legittimo nel settore educativo. Nonostante queste linee guida non ottennero mai valore legale, influenzarono fortemente le corti nell'analisi del fair use. 294L. Weinreb, “Fair's Fair: A Comment on the Fair Use Doctrine”, op. cit., 1151. L'autore si riferisce a considerazioni generali di fairness non direttamente collegate agli scopi della lettera normativa. 295P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1111 296Telerate Sys v. Caro, 689 F. Supp. 228-31 (S.D.N.Y. 1988) 297Playboy Enters. v. Frena, 839 F. Supp. 1552, 1557-1559 (M.D. Fla 1993) 90 l'esclusione del fair use; presupposto molto utilizzato dalle corti nei giudizi sommari 298. Un ulteriore fattore empirico che sottolinea la incertezza e la difficoltà nel dirimere le questioni di fair use, consiste nella regolarità con cui le corti, nettamente spaccate al loro interno, rigettino con rinvio le decisioni dei loro colleghi. Così in Sony, Harper & Row e Campbell, la Corte Suprema riformò la decisione della corte di secondo grado, che aveva rigettato a sua volta la sentenza della Corte Distrettuale. Considerando il fatto che la Corte Suprema fu divisa al suo interno in ognuna di queste decisioni, mai pervenendo i suoi componenti ad un indirizzo unanime, si può arrivare ad affermare che la giurisprudenza in materia di fair use sia piuttosto instabile.299 In questo quadro piuttosto incerto, occorre analizzare le modalità con cui i giudici utilizzano il four factor test nel valutare e concedere il fair use, e di conseguenza osservare le dinamiche con cui i quattro fattori interagiscono tra di loro, e quale tra essi influisca maggiormente sul risultato del test. La maggiore dottrina è concorde nell'affermare che nella pratica sia il quarto 298Campbell v. Acuff-Rose Music (92-1292), 510 U.S. 569 (1994). La Corte Distrettuale aveva assolto in base al fair use il gruppo musicale 2Live Crew, accusato di aver utilizzato senza autorizzazione alcuni elementi del brano “Pretty Woman” di Roy Orbison, compiendo una parodia della canzone. La Corte del VI Circuito successivamente, criticando l'analisi della Corte Distrettuale, spiegò come la medesima avesse dato insufficiente peso alle presunzioni stabilite dalla Corte Suprema in Sony per cui “ogni uso commerciale di materiale protetto è presuntivamente “unfair”. In seguito tuttavia la Corte Suprema rifiutò la presunzione di Sony e considerò la commercialità semplicemente come uno degli elementi che i giudici devono considerare nell'analisi dello scopo e del carattere dell'uso. La corte rimandò quindi ad ulteriori considerazioni la vicenda in base ai fattori III e IV. È strano come una sentenza che non solo riformava con rinvio una decisione sommaria, ma abrogava una presunzione che facilitava la decisione a livello sommario circa la difesa sul fair use, coincise con un calo delle decisioni con regolari processi, e segnò un aumento delle decisioni sommarie. Si osservò così che nonostante l'abrogazione della presunzione Sony, si andava imponendo una chiara indisciplina delle corti di I grado nel continuare ad applicarla, e che l'autorità di quanto affermato in Campbell era tutt'altro che assoluta. Era evidente inoltre che l'aumento dei giudizi sommari rifletteva la crescita di influenza delle corti di II grado. 299B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 574 L'autore nota come vi sia invece una maggiore uniformità decisionale a livello delle Corti Distrettuali, più inclini a seguire i precedenti emanati dalle Corti d'Appello, più indisciplinate invece nell'attenersi ai principi affermati dalla Corte Suprema nei casi guida. 91 fattore, tendente a compiere l'analisi economica degli effetti dell'uso del convenuto sul mercato del titolare dell'opera, ad influenzare maggiormente la decisione sul fair use.300 Inoltre, come è stato sottolineato da molti autori, i risultati dell'analisi dell'applicazione del primo fattore (il carattere e lo scopo dell'uso) e del quarto, spesso coincidono: se la corte accerterà che l'uso esaminato è “trasformativo” o “non commerciale” nell'ambito del primo fattore (in favore quindi del convenuto), giungerà probabilmente alla conclusione che tale utilizzo non danneggerà il mercato dell'opera protetta; in tale modo anche il quarto fattore verrà interpretato in favore del convenuto301. Nella situazione opposta ci si troverà dinanzi alla presunzione Sony, per cui, se una corte valuta un uso come commerciale secondo il primo fattore, il medesimo verrà considerato presumibilmente pericoloso per il mercato dell'opera secondo il quarto fattore 302. Pertanto si è notato che, nel corso dei vari processi, siano il primo ed il quarto fattore a guidare l'analisi del fair use, nonché ad avere la maggiore influenza sul risultato complessivo del four factor test.303 In questa prospettiva, per il II e III fattore (riguardanti la natura e la misura quantitativa e qualitativa con cui l'opera viene estratta), si profila un'applicazione di rilevanza periferica.304 300Così come confermato dalla Corte Suprema in Harper & Row, 471 U.S., a 566 301NXIVM Corp. v. Ross. Inst., 364 F. 3d 471, 485 (2nd Cir. 2004). La corte del II Circuito ritenne che il primo e il quarto fattore siano tra loro correlati: “maggiore sarà lo scopo trasformativo dell'utilizzo secondario, in misura minore i potenziali acquirenti percepiranno tale uso come un'alternativa all'acquisto dell'originale. Così, più l'opera secondaria citi l'originale per comunicare un identico messaggio o scopo, più è probabile che i potenziali acquirenti vedano l'opera secondaria come un mezzo alternativo all'acquisto dell'originale - in tale caso, l'opera secondaria insidierà facilmente il mercato di quella originale.” 302Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 451 (1984) (“se l'uso in questione è effettuato a scopo commerciale, sarà presunta la probabilità di un significativo danno al mercato”). 303B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 586-587 304Sul secondo fattore vedi Dow Jones & Co. v. Bd. Of Trade, 546 F. Supp. 113, 120 (S.D.N.Y. 1982) (“La natura dell'opera protetta sembra essere il meno importante e chiaro dei quattro fattori enumerati nella Sezione 107”);M. Sag, “God in the Machine: a New Structural Analysis of Copyright's Fair Use Doctrine”, op. cit., 390 (“La natura dell'opera protetta resta inutile nello stabilire se un'attività sia protetta o meno dal fair use poiché travolta dagli altri fattori”). Contra Cfr: Harper & Row, Publicshers, Inc. v. Nation Enterprises, 471 U.S. 539, 553 (riferendosi al II fattore come “altamente rilevante per stabilire quando un dato uso sia fair”). Sul III fattore vedi Compaq Computer Corp. v. Procom Tech., Inc., 908 F. Supp. 1409, 92 Ciò nonostante, generalmente i giudici tendono alla verifica congiunta rispetto a tutti i quattro fattori del test, senza privilegiare in modo significativo e preponderante alcuni fattori rispetto ad altri. Per quanto riguarda la correlazione stessa tra i fattori, sembra che questi vengano richiamati e soppesati senza un criterio generale unico, ma a seconda del convincimento dei singoli giudici305: così infatti in Sony, la Corte Distrettuale ritenne che tre fattori giocassero a favore del fair use.306 La Corte del IX Circuito, all'opposto, rilevava che tutti e quattro i fattori fossero contrari alle difese del convenuto 307. Infine all'interno della Corte Suprema, i cinque giudici della maggioranza sostennero che tutti e quattro i fattori favorissero il fair use308, contro il diverso avviso dei quattro giudici dissenzienti309. Un'ultima osservazione generale porta quindi a considerare come un insieme di sotto-fattori, contenuti nella Sezione 107, influenzi i risultati del four factor test, ed infine come, nel contesto del fair use, gli eventi iniziali, ove le statuizioni della Corte Suprema si imposero pesantemente, influenzarono in modo significativo l'evoluzione della fair use doctrine. Si noti peraltro che quando la Suprema Corte cercò in seguito di mutare alcuni suoi indirizzi in materia, perchè ritenuti non 1421 (S.D. Tex. 1995) (“Il terzo fattore […] è generalmente considerato il meno importante dell'analisi del fair use.”) (citando Sony Corp. v. Universal City Studios, 464 U.S. 417, 449450 (1984) “[...] il fatto ce l'intera opera sia riprodotta, vedi Sezione107 (3), non ha il suo ordinario effetto di giocare contro la prova del fair use”). 305B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit.,591 L'autore sottolinea come in generale le corti non rifuggano dall'applicazione di tutti e quattro i fattori; e questo nonostante il fatto che, nella considerazione generale, le corti, nell'accordare il fair use, basino la loro decisione sul riconoscimento di tre su quattro fattori a favore del convenuto, così come i giudici che rigettino l'invocazione del fair use si basino usualmente sul riconoscimento di tre fattori in senso contrario al convenuto. L'autore porta ad esempio i casi in cui le corti di secondo grado hanno riformato le decisioni delle corti distrettuali richiamando i fattori in modo completamente diverso dalle corti di primo grado. 306Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of Am., 480 F. Supp. 429, 450-456 (C.D. Cal. 1979) (ritenendo che la registrazione domestica e il ri-ascolto dei programmi televisivi sono non-commerciali, e non riducono il mercato del titolare dell'opera.). 307Universal City Studios, Inc. v. Sony Corp. Of Am., 659 F.2d 963, 972-74 (9th Cir. 1981) (“è nostra convinzione che la fair use doctrine non autorizzi l'home-videorecording”. 308Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 454-55 (1984) (“quando i fattori sono soppesati nel bilancio della “regola della ragionevole equità”, dobbiamo concludere che questa risultanza supporti ampiamente le conclusioni della Corte Distrettuale per cui il time-shifting sia fair use”.) 309Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 486 (1984) (Blackmun, J., dissenting) (“Il time shifting non può essere ritenuto fair use.”) 93 corretti, le corti minori continuarono a seguire i vecchi orientamenti, segnatamente quando arrivavano a condividere le conclusioni alle quali altre corti minori erano pervenute operando in modo analogo.310 2.1.6.2 Primo fattore: scopo e carattere dell'uso Il primo fattore della Sezione 107 impone alle corti di considerare “lo scopo e il carattere dell'uso, considerando anche se tale uso sia di natura commerciale o per scopi educativi privi di profitto”. Superando il tenore letterale della normativa, per comprendere appieno la vera influenza di tale fattore, occorre considerare come i giudici ne abbiano considerato e soppesato i vari sotto-fattori. Si tratta in pratica del carattere commerciale o non commerciale dell'uso, il grado con cui tale utilizzo sia trasformativo rispetto all'opera originale o altrimenti “produttivo” 311, la buona fede del convenuto e se il suo scopo sia ricompreso tra quelli del preambolo della Sezione 107. Sebbene l'analisi sulla commercialità dell'uso risulti ancora molto diffusa tra le corti nei casi di fair use, la Corte Suprema nel caso Campbell fu molto critica su tale analisi, poiché riteneva che tutte le espressioni nella nostra cultura siano prodotte per profitto, o comunque, sotto altri aspetti produttive di remunerazione. La tendenza ad utilizzare il requisito della commercialità fu tuttavia il risultato di alcune pronunce della Corte Suprema stessa. In Sony, la corte ritenne che l'utilizzo del registratore Betamax per le attività di time-shifting fosse un fair use; venne così formulata la cd “Sony presumption” sulla commercialità dell'uso nell'analisi del primo e del quarto fattore della Sezione107, che causerà parecchi problemi 310B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 596 311Il termine “trasformativo” fu introdotto dal giudice P. Leval, in “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1111. Lo definì come un uso produttivo del materiale per un scopo differente. 94 nella sua applicazione giurisprudenziale. Il primo fattore si riferisce infatti alla natura commerciale dell'uso solo come ad una tra le considerazioni da effettuare, ed il quarto fattore non ne fa proprio alcun richiamo. Tuttavia, per il suo tenore letterale, la Corte Suprema nel caso Sony intese la proposizione alla luce del primo fattore, in modo tale da ritenere che lo scopo commerciale sia presuntivamente unfair e dannoso rispetto al mercato dell'opera del titolare. L'anno successivo, in Harper & Row, la Corte Suprema tentò di modificare quanto aveva affermato in Sony, sottolineando come “il fatto che una pubblicazione sia commerciale [...] è un fattore separato che tende a pesare contro la concessione del fair use”312; tuttavia alla fine riportò nella sentenza proprio il principio che cercava di sovrascrivere “ogni utilizzo commerciale di materiale protetto è presuntivamente uno sfruttamento ingiusto del privilegio di monopolio”313, come se una tendenza a sfavorire il fair use e una presunzione contro il fair use fossero la stessa cosa.314 In seguito, nel 1990, nel caso Stewart 315, la corte citò nuovamente il principio affermato in Sony. 316 Solo nel 1994, in Campbell, la Corte Suprema esplicò come la presunzione Sony non fosse più valida. Nel farlo peraltro, richiamò quanto affermato in Harper & Low, ossia che la commercialità è solamente un fattore separato, che tende a pesare contro il fair use317. Si può notare come questi precedenti sembrino aver mantenuto, all'interno dell'analisi del fair use, il problema della commercialità solo sul piano del primo fattore, diversamente quindi rispetto alle originarie intenzioni dei redattori della Sezione 107, che inserirono l'elemento della natura commerciale solo all'ultima ora, per rispondere alle preoccupazioni dei soggetti impegnati in scopi educativi non profit.318 312Harper & Row, Publisher, Inc. v. Nation Enters., 471 U.S. 539, 562 (1985) 313Sony Corp. Of Am. v. Universal City Studios, Inc. 464 U.S. 417, 451 (1984) 314B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 598 315Stewart v. Abend, 495 U.S. 207 (1990) 316Né in Stewart ne in Harper & Row tuttavia la Corte Suprema analizzò il problema della commercialità sotto il quarto fattore, e in tutti e due i casi valutò gli effetti negativi dell'uso sul mercato dell'opera originale senza alcuna discussione sulla commercialità. 317Campbell v. Acuff Rose Music, Inc., 510 U.S. 569, 585 (1994) 318B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 95 Per quanto riguarda gli effetti della pronuncia della Corte Suprema in Campbell, la tendenza delle corti minori, dopo una lieve flessione nel primo periodo, mostrò una continua attenzione al carattere della commercialità dell'uso; ciò si è detto essere una conseguenza del continuo tentativo della Corte Suprema di mantenere un'apparenza, ricostruendo quello che avrebbe dovuto semplicemente eliminare e sostituire. In particolare ci si riferisce alla tendenza delle corti minori a ritenere non tanto che il riconoscimento della natura commerciale dell'uso influenzi significativamente il four factor test, quanto piuttosto che la prova della natura non commerciale dell'uso influenzi il risultato del test in favore del riconoscimento del fair use. Così se il fatto che l'uso avvenga a scopo commerciale non gioca un ruolo particolarmente rilevante nella determinazione del fair use, il fatto che l'uso stesso sia a scopo non commerciale dovrebbe essere inteso fortemente in favore della determinazione del fair use. La Corte Suprema in Campbell concentrò invece la sua analisi in modo particolare sulla “trasformatività” dell'uso, che riteneva “il cuore della questione del fair use”319. In effetti era già stata chiaramente sottolineata l'importanza di questo elemento, quando il giudice Leval nel 1990 incitava i giudici a verificare se l'uso secondario aggiungesse qualcosa all'opera originale, utilizzasse il materiale protetto in una maniera differente, dandogli nuovo valore e una rinnovata dimensione, “poichè questa è la vera attività che la fair use doctrine intende proteggere per l'arricchimento della società”.320 Tuttavia è apparso che tutta questa enfasi sulla trasformatività sia stata esagerata 600; W. F. Patry, “The Fair Use Privilege in Copyright Law”, Bna Books, 2nd edition, 1995, 319Campbell, 510 U.S. 579. 320P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1111 “I believe the answer to the question of justification turns primarily on whether, and to what extent, the challenged use is transformative. The use must be productive and must employ the quoted matter in a different manner or for a different purpose from the original. A quotation of copyrighted material that merely repackages or republishes the original is unlikely to pass the test; in Justice Story's words, it would merely "supersede the objects" of the original. If, on the other hand, the secondary use adds value to the original--if the quoted matter is used as raw material, transformed in the creation of new information, new aesthetics, new insights and understandings-- this is the very type of activity that the fair use doctrine intends to protect for the enrichment of society.” 96 rispetto alla effettiva influenza di questo elemento nei casi pratici di fair use, poiché spesso le corti minori non hanno fatto riferimento a tali usi trasformativi. 321 È pacifico tuttavia come il riconoscimento della trasformatività dell'uso detenga un notevole peso in favore del fair use, superando anche l'elemento della commercialità nel determinare quando il primo fattore favorisca il fair use.322 La Corte Suprema in Campbell stabilì infatti che creare qualcosa di nuovo non era un requisito, ma tale trasformazione perseguiva l'obbiettivo del Copyright Act.323 Ci si è chiesti se la buona fede del convenuto possa essere necessaria, o comunque possa giocare un ruolo rilevante, per il riconoscimento del fair use. Si è già detto come alcuni autori abbiano cercato di stimolare le corti al riconoscimento di un generale elemento di “fairness” come fattore ulteriore324. Tuttavia tale richiamo non è mai stato ascoltato dalle corti, nella cui analisi difficilmente la buona fede, o una intrinseca correttezza dell'uso, hanno giocato un ruolo importante nei casi di fair use, per quanto frequentemente le corti medesime considerassero il fair use come una dottrina equitativa. All'opposto, che la malafede del convenuto influenzi negativamente l'indagine del fair use sembra convinzione diffusa, che tuttavia non può fornire un coefficiente statistico preciso, poiché come per le rare decisioni che considerarono la “fairness” dell'uso del convenuto, queste analisi avvengono su un grado di fatti altamente specifici, cosicché non possano venire fatte vere generalizzazioni di un principio.325 321B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 605 322Vedi Am. Geophysical Union v. Texaco Inc., 802 F. Supp. 1, 12-13 (S.D.N.Y. 1992) (“Thus courts have repeatdly found in favor of transformative secondary uses on the first factor, nowithstanding the presence of profit motivation.”) 323M. W. Carroll, "Fixing Fair Use", North Carolina Law Review 85, 2007, 1094 324L. Weinreb, “Fair's Fair: A Comment on the Fair Use Doctrine”, op. cit., 1138 (Il Fair use è stato storicamente e deve restare ciò che il suo nome suggerisce: un eccezione alla violazione del copyright per quegli usi che sono fair. […] ha avuto sin dall'inizio il 'gusto' di una dottrina equitativa, che importa, come indica il nome, considerazioni di 'fairness' non direttamente collegate agli scopi della normativa.”). Contra vedi: 325Vedi Rogers v. Koons, 960 F.2d 301, 309 (2d Cir. 1992) (considerando la condotta di mala fede del convenuto in relazione allo scopo e al carattere dell-uso); New Line Cinema Corp. v. Bertlesman Music Group, Inc., 693 F. Supp. 1517, 1530 (S.D.N.Y. 1988) (“La conclusione 97 Pertanto, la tendenza delle corti porta a concludere che considerazioni di “fairness” possano esplicare effetti solamente come considerazioni aggiuntive in supporto di un risultato, la cui determinazione si basa tuttavia su diversi elementi. La Sezione 107 suggerisce nel suo preambolo esempi di scopi “fair”. In particolare indica che l'utilizzo da parte del convenuto di un'espressione artistica protetta possa essere ritenuto fair use se fatto per scopi di critica, commento, news reporting, insegnamento o ricerca. Mentre il convenuto generalmente gode di un alta probabilità di vittoria in questi casi, lo stesso non si può dire per l'utente la cui attività avviene per scopi educativi.326 Tuttavia come notato per la mala fede, non si deve concludere che se l'uso rientra nelle categorie elencate nel preambolo della Sezione 107 il risultato del four factor test verrà condizionato con certezza, mentre appare più opportuno parlare di un influenza in aggiunta agli altri fattori. 2.1.6.3 Secondo fattore: Natura dell'opera Il secondo fattore porta le corti a considerare “la natura dell'opera protetta”.327 L'applicazione di tale principio da parte delle corti è risultata piuttosto ambigua ed aperta a varie interpretazioni, come del resto lascia intendere il tenore letterale della norma. È risultata diffusa tra le corti la tendenza a non considerare o comunque a ritenere irrilevante l'influenza di tale fattore all'interno dell'analisi del fair use. Tuttavia, ad un'analisi più approfondita, risulta come il valore del secondo fattore nella determinazione del fair use test, si sia manifestato in modo differente da quanto previsto dalla dottrina, emergendo in particolare in due sotto-fattori: se la della Corte è anche supportata dall'esame della correttezza della condotta di Zomba all'interno di questo caso.”); Original Appalachian Artworks, Inc. v. Topps Chew-ing Gum, Inc., 642 F. Supp. 1031, 1036 (N.D. Ga. 1986) (trovando che l'intenzione del convenuto di approfittarsi dei beni dell'attore era un elemento di malafede che pesò contro la determinazione del fair use) 326B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 609 327§107 U.S.C. 98 natura dell'opera protetta sia creativa o meno, e se l'opera fosse pubblicata o inedita al momento del particolare utilizzo. L'idea di base è che la disseminazione delle informazioni porti beneficio al pubblico, e che pertanto, ci sarà maggiore libertà di copia da opere non creative, come ad esempio una biografia, rispetto ad opere con maggiore coefficiente artistico come un romanzo.328 Come sottolineato dalla Corte Suprema in Campbell, il secondo fattore “stimola i giudici ad analizzare se alcune opere siano maggiormente vicine rispetto ad altre a ciò che rappresenta il cuore della protezione del copyright, con la conseguenza che in questi casi sarebbe più difficile riconoscere il fair use in caso di copia di queste ultime”.329 Secondo tale orientamento al centro della tutela del copyright starebbero le opere creative, così rendendo più difficile in questi casi il riconoscimento del fair use, mentre al contrario la natura non creativa delle opere influenzerebbe in modo positivo il four factor test. Anche se non si è potuto genericamente riconoscere un nesso di causalità tra la natura creativa dell'opera ed il rigetto del fair use, la natura creativa o meno dell'opera ha giocato un forte ruolo nella determinazione dei giudici sul fair use. Alla sua origine, i quattro fattori cercavano di bilanciare il bisogno di fornire agli individui incentivi sufficienti per creare opere pubbliche, con il pubblico interesse alla disseminazione delle informazioni e della cultura. In tale prospettiva, la Sezione 107 dovrebbe fare di più che semplicemente valutare nell'ambito del quarto fattore la misura con cui l'uso di un utente incida sul potenziale mercato o valore dell'opera. Tale analisi risponde solamente ad un aspetto di tale bilanciamento. Il primo ed il secondo fattore della Sezione 107 sono nati per ricordare alle corti di considerare l'altro lato del bilanciamento, che guarda al 328Vedi Monster Communications, Inc. v. Turner Broad. Sys., Inc., 935 F. Supp. 490, 495 (S.D.N.Y. 1996); Robinson v. Random House, 877 F.Supp. 830, 841 (S.D.N.Y. 1995) (fritenendo che il secondo fattore favorisca la violazione, dato che l'opera storica conteneva elementi di creatività; Nihon Keizai Shimbun, Inc. v. Comline Bus. Data, Inc., 166 F.3d 65, 72-73 (2d Cir 1999) (rilevando che il secondo fattore sia neutrale poiché l'opera era una espressione creativa di articoli di giornale non creativi). 329Campbell v. Acuff Rose Music, Inc., 510 U.S. 569, 586 (1994) 99 pubblico interesse nella disseminazione dell'informazione, e sembra che le corti spesso seguano tale orientamento.330 Il Secondo sotto-fattore chiamato in gioco richiede di verificare se l'opera sia stata pubblicata o sia ancora in fase di pubblicazione. In Harper & Row, il giudice O'Connor aveva stabilito che il “fatto che un'opera sia inedita è un elemento critico della sua 'natura' […] e la portata del far use è minore rispetto alle opere non pubblicate”, perchè “il diritto dell'autore a controllare la prima pubblica comunicazione dell'opera inedita supera l'invocazione del fair use.”331. In seguito il giudice Brennan, scrivendo in senso contrario, avvertì come tali argomentazioni introducevano nell'analisi del caso una categorica presunzione contro il fair use in fase di pre-publicazione.332 Tre anni dopo in Salnger v. Random House, la Corte del Secondo Circuito adottò l'interpretazione emersa in Harper & Row, statuendo che il tenore dell'intera discussione della Corte Suprema, circa la non pubblicazione delle opere, trasmette l'idea che tali opere inedite normalmente godano di completa protezione contro la copia di qualsiasi espressione protetta. 333 Un vasto numero di decisioni seguirono questo orientamento334, così che nel 1991, nel caso Wright v. Warner Books, Inc., la corte del Secondo Circuito dichiarò che “le opere non pubblicate sono le figlie preferite del secondo fattore” e che “i nostri precedenti, lasciano piccole porte per discutere su questo fattore, una volta che è stato determinato che l'opera protetta non sia pubblicata”.335 In questo modo sembrava configurarsi una presunzione simile a quella di Sony, questa volta contro gli usi delle opere inedite. Così nel 1992 dovette intervenire il Congresso, inserendo all'interno della Sezione107 la conclusione che “il fatto che un'opera non sia pubblicata non 330B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 331Harper & Row, Publishers, Inc. v. Nation Enters., 471 U.S. 539, 564 (1985) 332Ibid 555 333Salinger v. Random House 811 F.2d 90, 97 (2nd Cir. 1987) 334Vedi alcuni casi quali New Era Publ'ns Int'l v. Henry Holt & Co., Inc, 873 F.2d 576, (2 nd Cir 1989); Ass'n of Am. Med. Colls. v. Carey, 728 F. Supp. 873, (N.D.N.Y. 1990), Love v Kwitny, 706 F.Supp 1123, (S.D.N.Y. 1989), ove le corti affermarono nettamente che lo stato di non pubblicazione dell'opera influisca pesantemente contro la determinazione del fair use. 335Wright v. Warner Books, Inc. 811 F.2d 90, 97 (2nd Cir 1987) 100 dovrebbe di per sé ostacolare il riconoscimento del fair use se tale riconoscimento avvenga nella considerazione di tutti i fattori”336. Il risultato di questi eventi fu piuttosto strano, nel senso che tra i vari casi esaminati dalle corti, anche se non è possibile generalizzare una tendenza, il fatto che l'opera protetta non fosse ancora pubblicata non ebbe particolare significato sul risultato del fair use test, mentre il fatto che fosse già stata pubblicata sembrò esercitare un forte effetto sul risultato del test in favore del riconoscimento del fair use337. In ogni caso, appare evidente che, per la Corte Suprema, come già rilevato, il fatto che l'opera non fosse ancora pubblicata, sfavorisse il fair use. Le corti minori non sembrarono però aver operato in tale direzione, se non invertendo tale assunto in modo da concludere in senso contrario, e cioè che l'opera pubblicata, favorisse il fair use.338 In conclusione, nel rapporto tra i due sottofattori, creativita/non creatività e pubblicazione/non pubblicazione dell'opera, ci si potrebbe chiedere quale dei due prevalga. Osservando le opinioni delle corti, emerge come all'interno del four factor test risulti molto più rilevante che l'opera sia creativa rispetto al suo status di pubblicazione, mentre il fatto che l'opera non sia creativa non prevale necessariamente sul fatto che non sia stata pubblicata.339 2.1.6.4 Terzo fattore: quantità e sostanzialità dell'utilizzo Il terzo fattore porta l'analisi delle corti a considerare “la quantità e la qualità della 33617 U.S.C. §107 337Le corti sottolinearono come il fatto che l'opera fosse già pubblicata favoriva il riconoscimento del fair use, perchè l'espressione dell'artista non era altrimenti reperibile al pubblico. MaxtoneGraham v. Butvhaell, 631 F. Supp. 1432, 1437 (S.D.N.Y:1986) (Il progresso delle scienze sociali e il pubblico dibattito su un argomento importante è possibile permettendo l'uso libero, ma fair, di tale materiale); Penelope Brown, 792 F. Supp. 132, 138 (D. Mass.1992) (“Sebbene 'Teaching About Doublespeak' sia ancora in stampa e venduto nelle librerie dei college, non si può dire che sia ampiamente reperibile al pubblico. Questo difetto di reperibilità lascia [..] la piàùgrande giustificazione per essere riprodotto”.) 338B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 615 339Ibid 101 porzione utilizzata in relazione all' opera protetta” 340. La massima “maggiore è il volume [...] di quanto si è preso, più grande sarà l'affronto all'interesse del titolare del copyright”341 sta al centro di tale fattore. Come è stato riconosciuto dalla maggioranza delle corti, tale fattore richiede di valutare quantitativamente quale proporzione dell'opera protetta sia stata usata dal convenuto. La vera rilevanza di tale fattore è da considerare tuttavia in correlazione al complessivo risultato del test, ed in particolare nel caso in cui il risultato del terzo fattore favorisca il fair use. Ciò si spiega per il fatto che l'utilizzo di una parte minima dell'opera di un autore non avrà un effetto apprezzabile sul mercato o sul valore dell'opera stessa, mentre porterà a riconoscere il fair use.342 Pertanto il terzo fattore pone meno problematiche ed una dottrine più semplice da comprendere e meno contrastata rispetto agli altri fattori. Perchè è pacifico che ad una maggiore parte dell'opera protetta cui attinga il convenuto, corrisponderà una minore probabilità che tale utilizzo sarà riconosciuto fair. Al caso in cui l'opera venga presa nella sua interezza, le corti hanno generalmente correlato un impedimento al riconoscimento del fair use343, e per tanto ci potrebbero essere solo situazioni limite dove la riproduzione dell'opera intera per un diverso scopo possa essere ritenuta fair use. Tuttavia l'analisi delle decisioni delle corti, porta a raggiungere una conclusione diversa, per cui queste situazioni non sarebbero così ridotte. L'interpretazione dei giudici infatti, ha fornito una 34017 U.S.C. §107 341P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1122 342B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op cit., 615 L'autore sottolinea come tra le 79 opinioni delle corti da lui analizzate, che riscontrarono che il terzo fattore favorisse il fair use, 73 poi riconobbero in conseguenza il fair use, e 72 di queste riconobbero che il quarto fattore favorisse questo risultato. 343Infinity Broad Corp. v. Kirkwood, 150 F.3d 104, 109 (2nd Cir. 1998) (“ The third factor, amount and substantiality of the portion used, recognizes that the more of a copyrighted work that is taken, the less likely the use is to be fair, and that even a less substantial taking may be unfair if it captures the essence of the copyrighted work.”) Harper & Row, 471 U.S. at 564-65, 105 S.Ct. 2218 (although "words actually quoted were an insubstantial portion" of copyrighted book, they were "essentially the heart of the book"). Pertanto non si ha una regola assoluta: "generally, it may not constitute a fair use if the entire work is reproduced ." Nimmer on Copyright, § 13.05[A] at 13-178 (1997). Vedi anche Weissmann v. Freeman, 868 F.2d 1313, 1325 (2d Cir.1989). 102 certa elasticità a questo fattore, adottando come criterio di prelievo dell'opera, non tanto un sistema quantitativo344, quanto invece qualitativo: le corti hanno riconosciuto il fair use nelle situazioni in cui il convenuto non aveva preso “l'essenza”, o il “cuore”, dell'opera protetta. Data l'apparente dominanza del primo e del quarto fattore, è facile sottostimare l'importanza dell'analisi del terzo sul risultato complessivo del fair use test. Tuttavia l'importanza del suo impatto è da apprezzare in rapporto al quarto fattore, ove le considerazioni che vanno verso la appropriazione dell'interezza dell'opera, ed in particolare dell'essenza dell'opera, esercitano una significativa influenza sul risultato del test. 2.1.6.5 Quarto fattore: l'effetto sul mercato e sul valore dell'opera. Il quarto fattore, che porta ad analizzare “l'effetto dell'uso sul potenziale mercato o sul valore dell'opera protetta”345, è stato giudicato il più importante dei quattro fattori,346 come sostenuto da Haper & Row in avanti.347 Circa dieci anni più tardi la Corte Suprema in Campbell cercò di limitare tale orientamento, sottolineando che, nel determinare il fair use tutti i fattori devono essere analizzati e soppesati alla luce degli scopi del copyright.348 L'influenza di tale pronuncia fu tuttavia piuttosto modesta, e le opinioni delle corti minori che seguirono, continuarono ad enfatizzare il quarto fattore come il più importante. Non era chiaro l'intento della Corte Suprema nella sua pronuncia. 344 Sony, 464 U.S., at 449 -450 (reproduction of entire work "does not have its ordinary effect of militating against a finding of fair use"); A&M RECORDS, Inc. v. NAPSTER, INC., 239 F.3d 1004 (9th Cir. 2001) (...that Napster users engage in “wholesale copying” of copyrighted work because file transfer necessarily “involves copying the entirety of the copyrighted work.” [...]We agree. We note, however, that under certain circumstances, a court will conclude that a use is fair even when the protected work is copied in its entirety.) 34517 U.S.C. § 107 346Twin Peaks Prods, Inc. v. Publ’ns Int’l, Ltd., 996 F.2d 1366, 1377 (2d Cir. 1993). 347Harper & Row, Pubblischers, Inc.v. Nation Enters, 471 U.S. 539, 566 (1985) (il quarto fattore è “ senza dubbio l'elemento singolo più importante del fair use”) 348Campbell v Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569, 578 (1994) 103 Tuttavia si è notato come in realtà il quarto fattore non sia stato apprezzato nel vero ruolo che gioca all'interno delle decisioni. Questo fattore avrebbe in realtà la funzione di “meta-fattore”, grazie al quale le corti possono integrare la loro analisi dei primi tre fattori, ed in questo modo arrivare non semplicemente al risultato prodotto dal quarto fattore, ma al risultato del test complessivo. 349 Ciò infatti spiegherebbe il motivo per cui i giudici non abbiano mai sviluppato dei sotto-fattori all'interno del quarto fattore, a differenza che per gli altri tre che lo precedono, e come mai le corti raramente effettuino dei rilevamenti specifici sotto questo fattore. Invece, la maggioranza delle opinioni semplicemente si limitò a rilevare i risultati mediante un'analisi equitativa ed intuitiva condotta tramite una rule-of-reason,350 sulla base di elementi normativi relativamente deboli, come nel caso della presunzione Sony, la quale stabiliva che se l'uso in questione era commerciale, la probabilità di un danno di mercato sotto il quarto fattore era da presumersi.351 Come già detto, la Corte Suprema tentò di correggere questa impostazione riformulando la presunzione nel caso Campbell.352 La Corte Suprema in quell'occasione aggiunse tuttavia un ulteriore elemento di sviluppo al quarto fattore, richiedendo alle corti di considerare “non solo la dimensione del danno di mercato causato dalla particolare azione del convenuto, 349B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 618 350B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit., 618; P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1107 351Sony Corp. Of Am. v. Universal Studios, Inc., 464 U.S. 417, 451 (1984) 352Campbell v Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569, 591 (1994) (No "presumption" or inference of market harm that might find support in Sony is applicable to a case involving something beyond mere duplication for commercial purposes. Sony's discussion of a presumption contrasts a context of verbatim copying of the original in its entirety for commercial purposes, with the noncommercial context of Sony itself (home copying of television programming). In the former circumstances, what Sony said simply makes common sense: when a commercial use amounts to mere duplication of the entirety of an original, it clearly "supersede[s] the objects," Folsom v. Marsh, 9 F.Cas., at 348, of the original and serves as a market replacement for it, making it likely that cognizable market harm to the original will occur. Sony, 464 U.S., at 451 . But when, on the contrary, the second use is transformative, market substitution is at least less certain, and market harm may not be so readily inferred. Indeed, as to parody pure and simple, it is more likely that the new work will not affect the market for the original in a way cognizable under this factor, that is, by acting as a substitute for it.) 104 ma anche se una diffusa ed ampia condotta intrapresa dal convenuto...possa avere effetti negativi sul potenziale mercato dell'opera originale”353. Così, si è notato come sussista un paradosso nell'ambito del quarto fattore, vale a dire che rappresenti tutto, ma allo stesso tempo niente, all'interno del fair use test354. Affermare che, come spesso le corti hanno fatto, questo sia il fattore più importante non avrebbe significato, perchè non incarnando una variabile indipendente, il fattore del mercato resta un elemento importante ma non sufficiente a giustificare l'uso secondario.355 Se in teoria la Sezione 107 indica alle corti di condurre un test bilanciato tra le quattro dimensioni dei suoi fattori, alla luce dello scopo del copyright, come ribadito in Campbell, nella pratica, sembra che la maggioranza delle corti minori applichi le previsioni della Sezione 107 in un test bi-dimensionato, ove il valore della difesa del convenuto e del suo particolare uso rispetto ai primi tre fattori, va soppesato con l'impatto di tale uso sugli incentivi dell'attore. Il quarto fattore fornisce quindi uno spazio per questo bilanciamento.356 In conclusione, è sembrato che nei casi in cui le corti minori non abbiano seguito gli orientamenti della Corte Suprema, come espressi nei casi guida, fosse evidente la preoccupazione di espandere lo scopo della fair use doctrine. La tendenza dimostrata è verso un'applicazione meccanica dei quattro fattori, e talvolta anche attraverso un uso opportunistico dei precedenti in conflitto, a loro disponibili. Questa casistica nel tempo ha tuttavia portato ad una maggiore certezza ex ante, facendo emergere delle regole di fair use, e sottolineando allo stesso tempo la 353Campbell v Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569, 590 (1994) (The fourth fair use factor is "the effect of the use upon the potential market for or value of the copyrighted work." § 107(4). It requires courts to consider not only the extent of market harm caused by the particular actions of the alleged infringer, but also "whether unrestricted and widespread conduct of the sort engaged in by the defendant . . . would result in a substantially adverse impact on the potential market") Così anche Harper & Row, 471 U.S., at 569.) 354B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit, 618 355P. Leval, “Toward a Fair Use Standard”, op. cit., 1124 356B. Beebe, “An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions, 1978-2005”, op. cit, 620 105 flessibilità del fair use nei confronti di nuove tipologie di usi.357 Tra i particolari utilizzi che vennero permessi grazie al fair use, ne è un esempio il cd “reverse engineering” dei software, tramite la decompilazione o il disassemblaggio dei codici, ai fini di sviluppare prodotti di intrattenimento o piattaforme concorrenti o complementari. Le corti ritennero così che effettuare una copia del software di un rivale, per ottenere l'accesso ad elementi non proteggibili, sia un uso fair sino a che il prodotto finale non sia sostanzialmente simile a quello del concorrente358. Un secondo esempio di uso permesso dal fair use è il time shifting di cui si è già detto analizzando il caso Betamax, nel quale si impose la concezione del giudice Stevens circa il monopolio assicurato dal copyright come limitato, e destinato a servire l'interesse pubblico per la diffusione dell'accesso alla conoscenza. 359 Così seguirono molti altri casi in cui la fair use doctrine si adattò alle nuove circostanze e permise utilizzazioni quali la parodia360, la citazione di un'opera per l'elaborazione di una nuova opera avente lo stesso soggetto 361, la pubblicazione di fotografie all'interno di nuove opere362, la fotocopia di un documento per iscriverla a prova all'interno di un processo363, fino ai più recenti casi riguardanti i motori di ricerca di Internet, le cui attività di copia di pagine web, cd. caching, ai fini di indicizzarle, rendendo più semplice la ricerca364, o le attività dirette a fornire agli utenti i link alle immagini reperibili sulla rete365, furono ritenute utilizzazioni fair. 357Carrol, “Fixing Fair Use”, op cit., 1106 358Sony Computer Entm', Inc. v Connetix Corp., 2003 F 3d 596, 599 (9 th Cir. 2000). La Corte del IX circuito ritenne infatti che la copia ai fini di reverse engineering sulla piattaforma Playstation fosse un uso fair. La pronuncia originale che tendeva a fissare una regola per il fair use era Sega Enters. Ltd. v. Accolade, Inc., 977 F.2d 1510, 1511 (9th Cir. 1992) 359P. Samuelson, “The Generativity of Sony v. Universal: The Intellectual Property Legacy of Justice Stevens”, 74 Fordham L. Rev., 102, 2006, 112 360Campbell v. Acuff-Rose Music, Inc. 510 U.S. 569 (1994) 361New Era Pubs., Int'l v. Varol Pub. Group, 904 F.2d 152 (2d Cir. 1990) 362Nunez v. Caribbean Int'l News Corp., 235 F.3d 18 (1st Cir. 2000) 363Sturgis v. Hurst, 86 U.S.P.Q. 2D 1444 (E.D. Mich. 2007) 364Kelly v. Arriba Soft. Corp., 336 F.3d 811 (9th Cir. 2003). (Nello specifico la corte sostenne che l'attività del motore di ricerca, mostrando i risultati come figure dette “thumbnail”, fosse fair use); Field v. Google, Inc., 412 F. Supp. 2D 1106 (d. Nev. 2006) 365Perfect10 v. Amazon, Inc., 487 F. 3d 701 (9th Cir. 2007) 106 2.1.6.6 Cenni comparatistici di raffronto al sistema di eccezioni europeo con particolare riferimento al recepimento ed all'applicazione del three-step test. Può essere utile fare alcuni cenni al sistema di eccezioni al copyright europeo onde verificare se, come a detta di molti, risulti nella pratica un sistema più rigido del fair use e vincolato alla specificità normativa che lo determina. Secondo la classica dottrina europea, le eccezioni al copyright debbono essere interpretate restrittivamente, e la creazione di qualsiasi ulteriore eccezione, in assenza di apposita previsione legislativa, cioè esclusivamente da parte dei giudici, risulta impossibile366. 366Con una sentenza del marzo 2005, la Corte Suprema Francese sembrava contraddire tale impostazione, nella decisione del caso “Buren”. In tale decisione, la corte impose infatti una limitazione al copyright che, in assenza di specifica previsione legislativa, era stata ammessa talvolta dalla prassi giudiziaria, e che permetteva la riproduzione o la rappresentazione di un'opera grafica, o di una scultura ,a condizione che non costituisse il soggetto principale della riproduzione. La Corte Suprema sembrava quindi permettere una creazione libera, allineandosi ad un precedente filone giurisprudenziale, che autorizzava la riproduzione di un'opera protetta qualora fosse semplicemente accessoria al soggetto principale. Si trattava di una eccezione nata inizialmente come forma di tolleranza in favore dei fotografi, secondo un'accezione peraltro molto restrittiva, e gradualmente estesasi sino ad inquadrare una vera e propria eccezione, che alla base si riferiva alla libera riproduzione dei paesaggi (Decisione della Corte d'Appello di Parigi, 14 settembre 1999). La ratio di tale eccezione starebbe pertanto nella difficoltà o impossibilità di richiedere l'autorizzazione alla riproduzione agli autori le cui opere sono incluse in via accessoria in una fotografia di uno spazio pubblico. La preoccupazione che il proliferare delle autorizzazioni potesse frustrare la creatività e la diffusione delle informazioni era emerso anche in una decisione precedente della Corte Suprema, del 7 maggio 2004, laddove aveva stabilito che il proprietario di un oggetto non detiene i diritti esclusivi sull'immagine dello stesso, e non può inibire l'utilizzo dell'immagine ai terzi a meno che ne subisca un pregiudizio abnorme. Nel caso in specie, alcuni produttori di cartoline avevano riprodotto la Place des Terraux di Lione, la piazza che era stata oggetto di re-design da parte di due famosi designers, Daniel Buren e Christian Drevet. Questi ultimi esperirono un'azione legale contro gli editori, lamentando il fatto che non fosse stata chiesta alcuna autorizzazione per le riproduzioni della piazza, la cui riprogettazione rappresentava un'opera protetta dal diritto d'autore. La Corte Suprema stabilì quindi che, siccome l'opera emerge in un insieme architettonico della Place de Terreaux, del quale è solo un elemento, e che tale rappresentazione dell'opera in questione era accessoria alla materia principale, cioè la rappresentazione della piazza nel suo complesso, non costituiva violazione del diritto di comunicazione dell'opera al pubblico, e pertanto la riproduzione era legittima. In tale modo i giudici imponevano una limitazione al diritto d'autore non prevista da alcuna norma specifica. Inoltre la Corte Suprema non fece riferimento allo spazio nel quale la opera era sita, potendo così considerare l'introduzione di una eccezione generale che permette lo sfruttamento in via accessoria di un'opera. 107 L'articolo 5.5 della Direttiva EUCD del 2001, stabilisce quindi che l'utilizzo delle eccezioni e limitazioni al copyright debba essere conforme alle obbligazioni in vigore a livello internazionale, e che tali limitazioni ed eccezioni siano applicabili (i) solo in certi casi, (ii) senza essere in conflitto con il normale sfruttamento dell'opera, e (iii) senza causare un irragionevole pregiudizio ai legittimi interessi del titolare dei diritti, pertanto sembrando così confermare la natura restrittiva delle eccezione. Non è chiaro se questo three step test sia rivolto solo ai legislatori nazionali o invece anche ai giudici367, per i quali, nel caso, dovrebbe fungere da principio guida per l'applicazione della legge, allo stesso tempo rappresentando tuttavia un rischio, poiché le eccezioni del copyright possono venire messe in discussione dai giudici stessi.368 Ci si è chiesti quindi se le tre condizioni dovessero essere applicate singolarmente oppure congiuntamente, così generando diversi timori sull'eccessiva rigidità che ne deriverebbe. Nel caso Google Inc. v. Copiepresse, si sostenne che, analizzando l'eccezione a scopo di citazione e critica, le suddette condizioni debbano essere applicate cumulativamente, sottolineando come i presupposti di validità di tale eccezione debbano essere interpretati restrittivamente.369 Geiger, “Creating Copyright Limitation Without Legal Basis: The “Buren” Decision, a Liberation?”, IIC, vol. 36, 7/2005, 842 ss 367Se l'art. 9.2 della Convenzione di Berna che contiene il three step test era rivolto con certezza ai vari legislatori degli Stati Membri, nonostante alcune esitazioni riscontrate in dottrina, sembra che la Direttiva EUCD si rivolga anche ai giudici. H. Cohen Jehoram, “Restrictions on copyright and their Abuse”, 2005 EIPR 364 368Christophe Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, IIC, vol 37, 6/2006, 683 369Decision of the Brussels Court of First Instance (Tribunal de première instance), 12 febbraio 2007, Google Inc, v. Copiepresse, Sofam, S.A.J., S.C.A.M., Assucopie and Pressbanking; IIC vol 38, 7-2007, 849 In particolare, Google salvava le opere protette da copyright all'interno della propria memoria cache, e permetteva agli utenti di Internet di accedere ad esse all'interno di tale memoria, senza essere ricondotti al sito originale. La homepage del sito “Google.News” conteneva solo le prime righe di tali articoli ed un breve riassunto. La corte stabilì che la pratica di salvataggio e concessione di accesso agli utenti delle notizie costituisse un atto di riproduzione e comunicazione pubblica; inoltre ritenne che anche se venivano citate solo le prime righe degli articoli, ciò non doveva portare a concludere che queste non fossero protette dal copyright. Infine, il riassunto degli articoli non poteva qualificarsi come “press review” dal momento che Google News non analizzava, comparava o recensiva tali articoli, che non erano commentati in alcun modo. Pertanto Google non poteva invocare l'eccezione di citazione. Inoltre, Google non poteva rifarsi all'eccezione per citazione di notizie, come prevista 108 Con la citata sentenza della Corte Suprema Francese del 28 febbraio 2006, nel caso Mullholland Drive, per la prima volta in Europa venne resa una decisione sul rapporto tra copia privata e misure tecniche di protezione, in particolare grazie ad una criticata applicazione del three-step test. Durante il giudizio di primo grado, la Corte di Parigi decise contro un utente che invocava il proprio diritto di copia privata di un DVD legittimamente acquistato e protetto da misure anti-copia, ritenendo che il legislatore non avesse accordato un diritto alla copia privata a chiunque, e su ogni opera, e che “la copia di un'opera cinematografica pubblicata su un dispositivo digitale non può evitare un conflitto con il normale sfruttamento dell'opera”.370 Tuttavia nel corso dell'appello, la Corte d'Appello di Parigi stupì tutti emettendo una sentenza in favore dell'utente, con una decisione fondata su un'audace e innovativa motivazione. Confermando come l'utente non avesse un diritto alla copia privata, stabilì tuttavia che “un'eccezione stabilita dalla legge può essere limitata solo alle condizioni previste dalla legge”.371 In tale modo la Corte d'Apello ammetteva la natura imperativa dell'eccezione al diritto d'autore372, e per quanto riguarda la violazione del three step test, tenne una posizione opposta a quella del tribunale di primo grado, stabilendo che “non c'è alcuna spiegazione di come l'esistenza di una copia privata, che per una questione di principio e in assenza di un inganno non impedisce il normale sfruttamento commerciale dell'opera originale, possa costituire una violazione illegittima”. Si noti così come il three-step test porti, in due decisioni sulla stessa fattispecie, a risultati completamente diversi, indicando l'enorme incertezza che ancora circonda l'uso di questo strumento legale di recente acquisizione da parte delle dall'art. 22.2 della legge Belga del 30 giugno 1994; non c'era infatti alcun commento sulla notizia, il che comportava la riproduzione degli estratti da articoli, organizzati tra di loro a seconda degli argomenti. In più, come nel caso delle citazioni, sembrava che le opere protette dovessero solo essere utilizzate in via accessoria all'opera, e non costituire il loro principale oggetto. 370Corte di Primo grado di Parigi, 39 Aprile 2004, 36 IIC 148 (2005) 371Corte d'Appello di Parigi, 22 Aprile 2005, 37 IIC 112 (2206) 372Come confermato nella sentenza del Tribunale di Parigi, 10 gennaio 2006 109 corti.373 La Corte Suprema quindi risolse il caso molto velocemente, proprio in un periodo in cui il Parlamento Francese discuteva una riforma della legge in materia, pronunciandosi in senso contrario alla Corte d'Appello, e stabilendo, molto astrattamente ed in via generale, che la copia privata di un DVD sarebbe in conflitto con il normale sfruttamento dell'opera. Tale applicazione del three-step test da parte della corte non passò quindi priva di critiche, e rende perfettamente l'idea del rischio che questo strumento legale rappresenta se applicato impropriamente. In particolare sembra preoccupante la vaghezza con cui ci si riferisce all'idea di “normale sfruttamento”.374 La corte ha determinato tale concetto “alla luce del rischio inerente al nuovo contesto digitale, con rispetto alla protezione del copyright e alla luce dell'importanza economica che lo sfruttamento di un'opera come un DVD rappresenta per la copertura dei costi di produzione cinematografici”. In questo modo si è sottolineato come la corte abbia screditato un'eccezione al diritto d'autore comunque contenuta nel Code de la Prorpietè Intellectuelle, modificando quindi l'equilibrio individuato dalla legge.375 L'unica previsione, che a questo punto giustificherebbe la decisione della Corte Suprema, è l'art. 5.5. della Direttiva EUCD, che contiene appunto il threestep test.376 373C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 686 374Da quanto affermato dalla Corte Suprema, che non si è pronunciata esplicitamente sulla natura delle eccezioni al diritto d'autore, per quanto riguarda il caso della copia privata, è emerso che non potrebbe “impedire l'inserzione sul dispositivo sul quale l'opera protetta è riprodotta di misure tecniche di protezione, intese a prevenire la copia nel caso in cui quest'ultima abbia l'effetto di confliggere con il normale sfruttamento dell'opera”. Non avendo definito il concetto di “normale sfruttamento”, l'eccezione in questione sembrerebbe altamente minacciata da tale impostazione. 375C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 688 L'autore sottolinea infatti come la Corte Suprema decise la questione in base alla normativa francese (artt. L. 122-5 e L.211-3 Code de la Proprietè Intellectuelle), alla luce della Direttiva EUCD 2001 e dell'art. 9.2 della Convenzione di Berna. Le conseguenze che la corte derivò dall'applicazione della Direttiva lasciano però spazio ad alcuni dubbi. La Direttiva offre chiaramente agli Stati Membri la possibilità di preservare l'eccezione di copia privata in ambiente digitale dato che l'art. 5.2 si riferisce a “qualsiasi supporto”. In più l'art. 6.2 prevede che gli Stati Membri possono stabilire dei mezzi legali che assicurino il godimento di tale eccezione nel caso siano sviluppate misure tecniche di protezione. 376Peraltro la corte non si riferì espressamente all'art. 5.5 della Direttiva, ma preferì richiamare l'art. 9.2 della Convenzione di Berna, che come detto, si riferisce senza dubbio ai legislatori e 110 Ciò che preoccupa infatti non è il ricorso al three-step test, ma il modo in cui è stato utilizzato. L'astratto riferimento al concetto di “sfruttamento dell'opera” porta ad intravedere dei rischi di arbitrarietà, poiché se da un lato è ovvio che il nuovo ambiente digitale comporta dei rischi per i titolari delle opere, ciò non dovrebbe permette la neutralizzazione di un limite imposto dalla legge, e per di più senza una motivazione ben argomentata. Il fatto che lo sfruttamento dell'opera su DVD sia importante per coprire i costi di produzione è evidente, e in nessun modo spiega come una copia ad uso privato possa scontrarsi con lo sfruttamento del DVD, a meno che non si concluda che ogni tipo di uso impedisca la copertura dei costi di produzione.377 Sul concetto di “normale sfruttamento” si dovrebbe invece confrontare la definizione del Copyright panel del WTO, interpretandola, come aveva fatto il Patent panel, in modo che per “sfruttamento” vada intesa “l'attività per la quale i titolari del copyright esercitino il diritto esclusivo conferitogli per estrarre il valore economico dai loro diritti sulle opere”378. Sotto la connotazione empirica del concetto di “normale sfruttamento” occorreva esaminare quindi “se ci fossero aree del mercato in cui il titolare dei diritti potesse ordinariamente aspettarsi di non alle corti. L'art. 5.5, anziché indirizzarsi agli Stati Membri, si riferisce all'applicazione delle eccezioni, e come il Recitando 44 della Direttiva, stabilisce che “tali eccezioni e limitazioni possono non essere 'applicate' in modo da pregiudicare il legittimo interesse del titolare dei diritti o che confliggano con il normale sfruttamento dell'opera”. Inoltre il Legislatore Europeo avrebbe già applicato il three-step test nel predisporre la esaustiva lista di eccezioni e limitazioni dell'art. 5. Ci si è chiesti quindi perchè inserire il testo in un paragrafo a parte se tutti i limiti contenuti nell'art. 5 siano già di per sé compatibili con il test. La soluzione è ancora più dubbia a livello nazionale, dove alcuni legislatori hanno deciso di non attuare il three-step test nelle normative nazionali, che significherebbe che vedono il legislatore come unico destinatario del test; così è accaduto in Belgio. Dall'altra parte i casi di Italia, Grecia e Francia, che hanno integrato il test nelle recenti riforme normative, dimostrerebbe come questo sarebbe invece rivolto ai giudici. Cfr: C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 690 377C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 691 378Vedi WTO Panel – Copyright, WTO Document WT/DS160/R, para. 6.165; Cfr: WTO Panel – Patents, WTO Document WT/DS174/R, para. 7.53 Inoltre si è distinto tra il significato “empirico” e “normativo” del termine “normale”. Il Copyright panel sosteneva che la prima connotazione del termine “normale” sembrava essere di “natura empirica”, i.e. “ciò che è regolare, ordinario, tipico o usuale”, mentre la seconda connotazione riflette invece “un approccio più normativo, se non dinamico, in conformità ad un tipo di regola normativa”. - WTO Panel – Copyright, para 6.166 111 sfruttare l'opera, ma che non sono disponibili allo sfruttamento per via dell'eccezione di cui si parla”.379 In quest'ottica, gli usi dai quali il titolare non si aspetterebbe normalmente di ricevere una compensazione non sarebbero considerati come parte del normale sfruttamento.380 Così mentre la connotazione normativa di “normale sfruttamento” serviva come un veicolo di larga prospettiva381, il Copyright panel non ritenne di considerare il normale sfruttamento come corrispondente al pieno utilizzo di tutti i diritti esclusivi del titolare. In questa elastica prospettiva una limitazione sarebbe in conflitto con il normale sfruttamento se tale uso entrasse in concorrenza economica con le modalità con cui il titolare normalmente sfrutta il valore economico dell'opera, e pertanto “priva tale uso di valore o significato economico tangibile”382. Si dovrebbe quindi presumere che le limitazioni non confliggono con il normale sfruttamento dell'opera, se restano confinate “ad uno scopo o livello che non entra in competizione economica con gli usi sottoposti ad esclusiva”.383 Detto ciò, anche applicando un approccio economico non è certo che l'uso in questione non passi il secondo step. Il titolare infatti non “sfrutta” la copia privata del DVD come tale, e nel caso in questione, non offriva nemmeno la possibilità di 379Ibid, paras 6.77 – 6.178 380M. Sentfleben, “Towards a Horizontal Standard for Limiting Intellectual Property Rights? WTO Panel Report Shed Light on the Three-Step Test in Copyright Law and Related Tests in Patent and Trademark Law”, 37 IIC, 2006, 407 WTO Panel – Copyright, apra 6.179. Il gruppo di studio era composta da rappresentanti del governo Svedese e del United International Bureaux for the Protection of Intellectual Peroperty (BIRPI). Cercando invece di dare un significato alla connotazione normativa del termine “normale”, il panel si rifece ai lavori di studio del gruppo che aveva preparato nel 1967 la Conferenza di Stoccolma per la revisione della Convenzione di Berna. In particolare venne data importanza alla conclusione che “tutte le forme di sfruttamento dell'opera, che hanno, o possono verosimilmente acquisire, un'importanza economica o pratica considerevole, devono essere riservate all'autore”. 381Il significato normativo di “normale sfruttamento” permetteva infatti al panel di considerare sia i mercati esistenti che quelli potenziali futuri nel determinare il conflitto con “il normale sfruttamento dell'opera”, 382WTO Panel – Copyright, para 6.180 383Ibid, para 6.181 112 effettuare una copia a pagamento. Non è nemmeno scontato che la copia avrebbe causato una perdita di profitto, dal momento che non era certo che in assenza della possibilità di effettuare la copia l'utente avrebbe acquistato un ulteriore DVD.384 Una semplice presunzione di danno economico non avrebbe dovuto permettere una modificazione in via generale dell'equilibrio fornito dalla legge. Infatti la Corte d'Appello sottolineò che non era stato dimostrato, nel caso in questione, come l'esistenza della copia privata potesse provocare un conflitto con il normale sfruttamento.385 Dovendo ritenere il three-step test uno strumento legale per aiutare i giudici nell'analisi delle eccezioni al copyright, in una valutazione da compiersi esclusivamente caso per caso, si è criticata la Corte Suprema per aver deciso della validità della copia privata in generale, dando prova della pericolosità di una certa applicazione del three-step test. In conclusione, dovrebbe invece affermarsi come il three-step test, se concepito correttamente, potrebbe invece assicurare una certa flessibilità alla previsioni normative in tema di limiti del diritto d'autore, e pertanto costituire un interessante strumento per garantire l'equilibrio del copyright. 386 In particolare, notando come la regolamentazione del copyright, per quanto riguarda i diritti, è stata oggetto di numerosi interventi di aggiornamento alle modificate esigenze della società dell'informazione, che porta ad una costante estensione degli stessi 384C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 693. in particolare l'autore nota come l'utente intendeva effettuare una copia da DVD a VHS, quindi analogica; ciò rende certo il fatto che non avrebbe acquistato un ulteriore DVD. 385In linea con tale orientamento vi è una ulteriore decisione del Tribunale di Parigi, del 10 gennaio 2006, che sottolineò che “nessuno studio economico che mostri gli effetti che l'effettuazione di copie private ha sul mercato dei dischi è stato allegato alla discussione dalla società convenuta”. 386“Munich Declaration on a Balanced Interpretation of the ‘Three-Step Test’ in Copyright Law”, MPI for Intellectual Property,2008. (“International economic regulation allows for a balance of economic and social interests. International intellectual property law also stresses the need for balance. In the field of copyright law, this Declaration proposes an appropriately balanced interpretation of the Three-Step Test under which existing exceptions and limitations within domestic law are not unduly restricted and the introduction of appropriately balanced exceptions and limitations is not precluded.”) 113 diritti, il campo delle eccezioni è rimasto confinato ad un concetto ristretto. Se si è spesso sottolineato come il copyright stia andando verso una crisi di legittimità, risulta di grande importanza garantire che il sistema tenga conto di un certo numero di valori fondamentali, e pertanto è necessario che i giudici siano in grado di disporre di una serie di strumenti per aggiustare lo scopo e ristabilire il giusto equilibrio degli interessi coinvolti.387 Le corti quindi dovrebbero assicurare un'applicazione bilanciata dei limiti del copyright, ed il three-step test potrebbe divenire tale strumento di flessibilità. La Corte Suprema ha portato all'esasperazione tale test nel momento in cui lo ha utilizzato in modo tale da permettere che la giustificazione, sottesa alle eccezioni, fosse esaminata e messa in discussione. Infatti, secondo il terzo step, l'autore non dovrebbe subire un ingiustificato pregiudizio, ma non per questo deve avere il potere di controllare tutti gli usi dell'opera, lasciando che certi pregiudizi siano giustificati dalla considerazione di valori che si ritiene abbiano la precedenza sugli interessi del titolare. Questo approccio permetterebbe al giudice di applicare una sorta di controllo di proporzionalità tra i diritti sottesi; tenendo conto delle giustificazioni che sostengono eccezioni in questione, raggiungerebbe un'analisi differenziata alla luce dei vari interessi. La visione restrittiva della Corte Suprema si è posta per altro in contrasto con diverse pronunce di alcune corti europee che hanno adottato un approccio molto più flessibile. In particolare due esempi di questo diverso approccio sono forniti dalla decisione della Corte Suprema Tedesca in Re the Supply of Photocopies of Newspaper Articles by a Public Library388, e dalla decisione della Corte Svizzera in ProLitteris v Aargauer Zeitung AG389. In entrambi i casi le corti estesero la 387C. Geiger, “The Three-Step-Test, a Threat to a Balanced Copyright Law?”, op. cit., 695 388(Case I ZR 118/96) [2000] ECC 237 (BGH, German Federal Supreme Court). In questo caso la Corte Suprema applicò il three-step test in modo da bilanciare gli interessi di autori ed utenti. Con un atteggiamento molto più flessibile, permise la copia senza compensazione ad una libreria pubblica che stava costituendo una biblioteca scientifica, e che tramite un catalogo elettronico forniva copia di articoli di periodici scientifici agli utenti, per uso personale. J. Griffiths, “The Three-Step Test in European Copyright Law – Problems and Solutions”, Queen Mary University of London, Legal Studies Research Paper no. 31/2009, 8 389(2008) 39 IIC 990. Per una discussione del caso vedi anche C. Geiger, “Rethinking Copyright Limitations in the Information Society – The Swiss Supreme Court Leads the Way ”, IIC 943, 114 validità delle eccezioni per uso personale all'ambiente digitale, ritenendo soddisfatti i requisiti del three-step test, in particolare l'irragionevole pregiudizio agli interessi dell'autore, fino a quando si paghi un equo compenso.390 In questa prospettiva nel caso Google – Caching391, la Corte d'Appello di Barcellona spiegò come il three-step test non debba funzionare solo per regolare lo scopo delle eccezioni esistenti, ma anche per modificare ed imporre limiti al diritto di esclusiva dell'autore.392 Ciò permetterebbe la combinazione della sicurezza di un sistema chiuso di eccezioni con la flessibilità del sistema del fair use, rendendo possibile che l'applicazione dei limiti venga temperata non solo in relazione all'interesse economico del titolare dei diritti, ma anche tenendo conto dei diversi interessi degli utenti. Si è così prospettata la soluzione di leggere il test come se individuasse una serie di fattori che il giudice debba tenere in considerazione seguendo il modello della fair use doctrine. Infatti il secondo step richiama fortemente il quarto fattore della Sezione 107 del U.S Copyright Act. Come già sottolineato per il fair use, il secondo step dovrebbe essere solo uno tra gli altri fattori da tenere in considerazione. Tra i parametri da tenere in considerazione nell'analisi dell'applicazione delle eccezioni quindi, l'impatto sul normale uso dell'opera deve essere solo uno dei criteri da applicare, non l'unico, come sembra invece sia accaduto nel caso in questione393. 2008. Il caso coinvolgeva una questione sullo scopo appropriato dell'eccezione per uso privato nell'ambiente digitale, e la corte svizzera sostenne che l'eccezione per uso privato era abbastanza larga da comprendere, in ambiente digitale, l'eccezione di copia a scopo di recensione da parte di un giornale, dato che, essendo gli autori garantiti da una compensazione, non vedrebbero i loro interessi irragionevolmente pregiudicati. 390J. Griffiths, “The Three-Step Test in European Copyright Law – Problems and Solutions”, op. cit., 10. In entrambi i casi le corti stabilirono inoltre che le potenziali perdite del mercato non dovessero automaticamente precludere l'applicazione dell'eccezione. 391Audiencia Provincial de Barcelona, Sezione 15, 17 settembre 2008. Vedi Annette Kur, “Of Oceans, Islands and Inland Water – How Much Room for Exceptions and Limitations under the Three-Step Test?”, Max Plank Institute for Intellectual Property, Competition & Tax Law Research Paper Series No 2008-04, 43. La corte giustificò le attività di chaching di contenuti da parte di Google, ritenendole usus inoqui, e per questo limite naturale al diritto d'autore. 392Ibid 393K. J. Koelman, “Fixing the Three-Step Test”, E.I.P.R. 2006/8, 410 115 Come notato per il fair use, tale impostazione porterà ad una significativa incertezza normativa, e ad una difficoltà di previsione dei risultati di un'azione legale, sottoponendo gli utenti, interessati ad un certo utilizzo, ai cd “chilling effects”, ma sarebbe il prezzo da pagare per una maggiore elasticità del sistema. Non si vuole arrivare a sostituire la lista di eccezioni con un criterio generale, poiché nella maggioranza dei casi l'uso in questione cadrà nell'ambito di applicazione dei limiti legali, tuttavia in certe ipotesi sarebbe desiderabile un criterio di maggior apertura, che porti il sistema a divenire più elastico, sopratutto adeguandosi alle nuove circostanze. 2.2 I sistemi basati su “Levies” ed equo compenso. Molti paesi europei, come analizzato nel primo capitolo, introdussero un sistema di levies per compensare i titolari dei diritti d'autore per le perdite subite a causa della copia privata, dal momento che questa non poteva essere controllata394. La EUCD del 2001 sembra tuttavia favorevole all'abolizione di tali schemi di levies, dal momento che la copia privata può essere controllata attraverso i DRM systems.395 Nel nuovo ambiente digitale, infatti, DRM e MTP permettono il controllo individuale sull'utilizzo dell'opera, l'identificazione dei contenuti, nonché la formazione del prezzo a seconda della valutazione del mercato di una 394Ubertazzi - Marchetti, “Commentario breve alle leggi su Proprietà Intellettuale e Concorrenza”, op. cit., 1703-1705 La causa del compenso andrebbe rinvenuta nel sacrificio dell'esclusività del diritto di riproduzione dell'opera protetta. Collovà (“Prime Note sull'art.3 della L. 5 Febbraio 1992 n.93 in Materia di Diritti Per Le Registrazioni Senza Scopo di Lucro”,IDA 1992, 455 ss), sottolinea come la natura del compenso per copia privata sia quella di licenza legale obbligatoria per utilizzazioni di secondo grado dell'opera. P. Sarti, “Copia privata e diritto d'autore”, op. cit. 51, sottolinea come il compenso corrisponda ad una pretesa per l'ampliamento delle modalità di fruizione, quindi la remunerazione è la compensazione per il valore che si riflette nell'uso dell'opera. Così anche Silke von Lewinski, “Stakeholder cnsultation on copyright levies in a Converging World – Response of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich ”, IIC, 2007/1, 66. l'autore sottolinea infatti che il “danno economico” non sarebbe in nessun modo una condizione per il riconoscimento del diritto dell'autore. 395K. J. Koelman, “TheLevitation of Copyright: AN Economic View of Digital Home Copying, Levies and DRM”, Entertaiment Law Review 4/2005, 75-81 116 determinata opera, e da ultimo garantiscono sistemi di licenze attivabili con modalità dirette ed automatiche. Pertanto, a differenza delle levies, i DRM systems permettono di compensare l'autore direttamente per il particolare uso che viene fatto dell'opera. Ove quindi tale individual right management è possibile, sembra non vi sia più spazio per un sistema di levies obbligatorio396. La direttiva EUCD sostiene del resto che la copia privata digitale avrà un impatto economico maggiore rispetto alla copia analogica397. In quest'ottica, il legislatore Europeo permette agli Stati Membri di introdurre l'eccezione di copia privata, richiedendo tuttavia che il titolare dei diritti riceva una “fair compensation”398. Si tratta di un nuovo concetto differente dalla nozione di “equitable remuneration” (che era precedentemente utilizzata per esprimere la garanzia di un diritto alla remunerazione del titolare dei diritti d'autore)399, introdotto per ridurre le distanze tra gli Stati Membri dell'Europa Continentale, che hanno tradizionalmente adottato un sistema di levies, ed i paesi di common law, Irlanda ed Inghilterra, che hanno tenacemente resistito insieme all'introduzione di detti schemi.400 Questo nuovo criterio parte dal fatto che, nel calcolare l'ammontare del compenso, occorre tenere in considerazione l'applicazione o meno dei DRM systems. Ciò sembra implicare che, nel caso in cui i titolari dei diritti controllino la copia 396B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, Istitution for Information Law, Amsterdam, 2003 397Direttiva 2001/29/CE Considerando 38: “...La realizzazione privata di copie digitali potrà diventare una pratica più diffusa con conseguente maggiore incidenza economica. Occorrerebbe pertanto tenere debitamente conto delle differenze tra copia privata digitale e copia privata analogica. È quindi opportuno, sotto certi aspetti, operare una distinzione tra loro.” 398Art 5.2 (b)della Direttiva 2001/29/CE. Il considerando 35 della Direttiva peraltro stabilisce che i certi casi può ritenersi “fair” non compensare il titolare, per cui in determinate circostanze i paesi sono liberi di non introdurre lo schema di levies. Vedi infatti Irlanda ed Inghilterra. 399Il termine “equitable remuneration” è usato dall'art. 4.4 e 8.2 della Direttiva 2006/115/CE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale. Mentre tale nozione è basata sull'assunto che gli autori abbiano diritto ad una remunerazione per ogni atto di utilizzo della loro opera protetta, il concetto di “fair compensation” è collegato al possibile danno che deriva dall'atto di copia privata. Vedi il considerando 35 della dierttiva 2001/29/CE. 400B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 44 117 privata tecnologicamente, non potrà venir applicato nessun compenso attraverso lo schema di levies, o comunque che l'entità del compenso diminuisca con l'intensificarsi del controllo sulla copia. Il criterio di fair compensation infatti proporziona direttamente il compenso alla entità del danno subito dall'autore, derivante dagli atti di riproduzione privata, e ne richiede la corresponsione se, e solo e se, tale danno sussista (quantomeno in termini potenziali). Il Considerando 35 della Direttiva, ad esempio, stabilisce in quest'ottica che atti come il cd time shifting non arrechino che un danno minimo al titolare dei diritti d'autore, e quindi non debbano essere soggetti a compenso. Così tramite l'inserimento dei DRM nelle opere, si presuppone che il danno venga eliminato o quantomeno limitato, e nessun compenso dovrebbe spettare all'autore401. La Direttiva infine obbliga gli Stati Membri a proteggere i DRM systems, e le loro tecnologie di protezione402; in tal modo se il titolare dei diritti ostacola la copia privata attraverso le misure tecnologiche, in effetti egli ha il diritto di proibire tale attività. A questo punto servirà una licenza, e non si applicherà più il diritto di remunerazione403. Inoltre va precisato che il compenso riguarda solo gli atti di riproduzione legittimi, 401Art 5.2 (b)della Direttiva 2001/29/CE. Considerando 35: “....Nel valutare tali peculiarità, un valido criterio sarebbe quello dell'eventuale pregiudizio subito dai titolari dei diritti e derivante dall'atto in questione....Il livello dell'equo compenso deve tener pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento.” 402Art 6 della Direttiva 403Il Considerando 35 della Direttiva 2001/29/CE, stabilisce infatti il divieto a ricevere un “doppio” pagamento, nel senso che non si applicherà il compenso nel caso in cui il titolare dei diritti riceva già una remunerazione: “In taluni casi di eccezioni o limitazioni, i titolari di diritti dovrebbero ricevere un equo compenso affinché siano adeguatamente indennizzati per l'uso delle loro opere o dei materiali protetti. Nel determinare la forma, le modalità e l'eventuale entità di detto equo compenso, si dovrebbe tener conto delle peculiarità di ciascun caso. Nel valutare tali peculiarità, un valido criterio sarebbe quello dell'eventuale pregiudizio subito dai titolari dei diritti e derivante dall'atto in questione. Se i titolari dei diritti hanno già ricevuto un pagamento in altra forma, per esempio nell'ambito di un diritto di licenza, ciò non può comportare un pagamento specifico o a parte. Il livello dell'equo compenso deve tener pienamente conto della misura in cui ci si avvale delle misure tecnologiche di protezione contemplate dalla presente direttiva. In talune situazioni, allorché il danno per il titolare dei diritti sarebbe minimo, non può sussistere alcun obbligo di pagamento.” 118 ai sensi delle normative nazionali, mentre non è assolutamente da intendere come indennizzo per le perdite derivanti da atti di pirateria mediante copia illegale. Pertanto la diffusione di atti di riproduzione illegale non potrà mai andare ad influire sulla determinazione del compenso.404 Risulta evidente come il danno in capo al titolare dei diritti si verifichi nel momento in cui la copia personale domestica sostituisca l'acquisto dell'originale405. Le perdite effettive quindi devono essere calcolate valutando il numero di persone che, in principio, avrebbero pagato il prezzo imposto dal titolare dei diritti, ma che poi hanno deciso di effettuare una propria copia poiché meno dispendiosa. Il risultato non va quindi moltiplicato per l'intero prezzo di vendita, ma solo per il profitto in ragione di ogni unità venduta; non occorrerebbe adottare una definizione ampia di danno che comprenderebbe anche i profitti mancati, derivanti dal mercato delle copie non autorizzato dall'autore406. La questione del rapporto tra danno subito dal titolare e copia privata infine, è da analizzarsi alla luce del three step test richiamato dall'art. 5.5 della Direttiva407. Tale test, nel tracciare i criteri che legittimano la possibilità di effettuare copie private, fa riferimento al concetto del “normale sfruttamento dell'opera”, che tutelerebbe l'autore nel caso in cui venga privato di un attuale o potenziale mercato per l'opera di consistente valore economico, ed al concetto di “ingiustificato pregiudizio”. Se di per sé la copia privata non dovrebbe confliggere con il normale sfruttamento commerciale dell'opera protetta, comunque, l'equo compenso gioca un ruolo importante nell'evitare un ingiustificato pregiudizio in capo al titolare dei diritti408. 404B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 44 405Del resto alcuni utenti effettuano delle riproduzioni private poiché non ritengono il prodotto meritevole di acquisto al prezzo determinato dal titolare di diritti d'autore. 406S.M.Besen - S.N. Kirby, “Private Copying, Appropriability, and optimal Copying Royalties'”, Journal of Law and Economics, 1989, 407Direttiva 2001/29/CE art 5.5: “Le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare”. 408C. Geiger, “The Private Copy Exception, an Area of Freedom (Temporarily) Preserved in the Digital Enviroinment”, IIC, Vol. 37, 1/2006, 80-81 119 Occorre ora notare come il rapporto tra copia privata e prezzo del prodotto mantenga una certa rilevanza. Se, in generale, si può affermare che, maggiore è il prezzo del prodotto, minore sarà la disponibilità all'acquisto del consumatore, nel momento in cui i costi della copia privata scenderanno, aumenterà di conseguenza il numero di copie che verranno prodotte. Se, infatti, si considera che, oltre a diminuire i costi, la copia digitale mantiene la stessa qualità dell'originale, è facile che la perfezione della copia domestica abbia un impatto negativo sulle vendite409. Sul fatto che la disciplina della copia privata fosse stata introdotta inizialmente in Germania, proprio perchè sembrava impossibile vietarla, per le motivazioni già illustrate nel precedente capitolo, e di come invece con i DRM oggi la situazione sia cambiata, è utile richiamare il ragionamento che sta alla base della teoria della “property rule”410. Il diritto di proprietà infatti è stato ritenuto tutelabile in due forme, attraverso la cd property rule e la cd liability rule411. Con la property rule il titolare del diritto è in grado di prevenire tutti i comportamenti non negoziati che mirino all'acquisto del bene. Con la liability rule invece, il titolare non può prevenire transazioni non volute, ma viene ritenuto titolare di un diritto alla compensazione per la perdita del bene. Nel primo caso il prezzo viene determinato dalla negoziazione tra le parti412, mentre nel secondo caso, è un soggetto pubblico a determinare il valore del bene e della sua perdita. 409K. J. Koelman, “TheLevitation of Copyright: AN Economic View of Digital Home Copying, Levies and DRM”, op. cit., 4. Per questo la Direttiva teme che la copia privata digitale avrà un impatto economico molto più grande di quella analogica.L'autore sottolinea comunque che la maggior parte delle copie attualmente vengono riprodotte in un qualità più bassa, tramite formati compressi, come nel caso degli mp3. 410M. I. Krauss “Property Rules vs. Liability Rules”, George Mason University School of Law, Encyclopedia of Law and Economics, B. Bouckaert and G. De Geest (eds.), Cheltenham, Edward Elgar, 1999 La teoria cd property rule assume che le leggi del diritto privato possano essere viste come regole della proprietà, e dello scambio (voluto o obbligato), di diritti. 411R. P. Merges, “Contracting into Liability Rules: Intellectual Property Rights and Collective Rights Organizations”, California Law Review, 1996, 1302 412G. Calabresi - A.D. Melamed, “Property Rules, Liability Rules, and Inalienability: One View of the Cathedral”, Harvard Law Review, April 1972, 1089-1128 (when the state protects an entitlement with a property rule, “someone who wishes to remove the entitlement from its holder must buy it from him in a voluntary transaction in which the value of the entitlement is agreed upon by the seller”) 120 Gli economisti ritengono che la property rule sia in generale preferibile.413 Si ritiene infatti che il maggiore beneficio sociale sia l'obbiettivo che il legislatore debba perseguire, ottenibile attraverso le regole dettate da un mercato libero.414 Tuttavia, in presenza di alti costi di transazione, ossia di tutti quei costi implicati nella conclusione e nell'attuazione del contratto, che si presentano molto alti in questo settore, tali da minacciare la formazione di un mercato, la liability rule rimane l'opzione migliore415. Il diritto di remunerazione, introdotto dalle normative di diritto d'autore, tramite gli schemi di levies, può essere così considerato come un diritto all'interno della liability rule, che viene considerato quando i costi di transazione sono presenti nel mercato, come quello dei beni della proprietà intellettuale, al posto del diritto di proibire determinati utilizzi416. ***** Con il temine “levy” (che nel linguaggio Inglese significa “tassa”), si deve intendere una tariffa imposta sulla produzione ed importazione di dispositivi di riproduzione (come videoregistratori e lettori Mp3), o su supporti vergini di registrazione (come CD e DVD), come conseguenza del diritto di remunerazione riconosciuto al titolare del copyright417. I produttori debbono pagare tale somma 413R. P. Merges, “Contracting into Liability Rules: Intellectual Property Rights and Collective Rights Organizations”, op. cit., 1391 ss Il prezzo stabilito dalla negoziazione è considerato migliore perché si parte dal presupposto che il soggetto pubblico non possa mai stabilire il prezzo con la stessa efficienza dei meccanismi propri del mercato. 414K. J. Koelman, “Copyright Law &Economics in the EU Copyright Directive: Is the Droit d'Auteur Passè?”, IIC, no. 6/2004, 603-638 415Linsday, “The law and economics of copyright, contract and mass market licences”, op. Cit., 35-36; K. J. Koelman, “TheLevitation of Copyright: AN Economic View of Digital Home Copying, Levies and DRM”, op. cit., 5 Se questi costi infatti, che si riversano sugli utenti, eccedono il prezzo voluto dall'acquirente, non si avrà mai la transazione, e di conseguenza la scelta della property rule, non sarebbe auspicabile. A queste condizioni sembra quindi preferibile la scelta della liability rule, nonostante il prezzo che si formerà non rifletterà il vero valore, ossia il valore di mercato, del bene. Di conseguenza se i costi di transazioni venissero ridotti, col tempo, dai nuovi mezzi tecnologici, per esempio, sarebbe più efficiente sostituire la liability rule con la property rule. 416K. J. Koelman, “Copyright Law and Economics in the EU Copiright Directive”, op. cit., 611 417S. Von Lewinski, “Stakeholder consultation on copyright levies in a Converging World – 121 alle collecting societies che, a loro volta, distribuiranno il ricavato agli autori. Generalmente il fondamento legale delle levies è contenuto nelle singole normative nazionali di diritto d'autore, che prevedono il giusto compenso per copia privata in favore dei titolari dei diritti. I sistemi di levies sono presenti nella maggior parte degli stati dell'Unione Europea, ma variano in maniera rilevante tra di loro per quanto riguarda applicazione ed entità del compenso418. Dei 27 Stati Membri dell'Unione Europea, 22 hanno introdotto ad oggi dei sistemi di levies, imponendoli sulla produzione, importazione e distribuzione di dispositivi analogici e digitali, nonché sui supporti utili alla riproduzione. Alcuni Stati Membri hanno anche imposto tali levies sui consumatori finali. Cinque sono gli Stati Membri che non hanno adottato detti schemi: Irlanda, Inghilterra, Malta, Cipro e Lussemburgo. Con riferimento alla Irlanda e alla Inghilterra, già si è detto come l'eccezione di copia privata non venga consentita, se non nel caso del time shifting. I restanti Stati Membri, Malta, Cipro e Lussemburgo, hanno introdotto l'eccezione di copia privata all'interno delle loro normative di diritto d'autore, senza tuttavia predisporre alcuno schema di levies.419 Le principali differenze tra gli schemi di levies adottati dagli Stati Membri, riguardano la tipologia di dispositivo, o di supporto vergine, sul quale la levy viene applicata, nonché l'entità dell'importo applicato. Molte leggi nazionali sono formulate in termini tecnologicamente neutrali, onde poter regolare principi applicabili a situazioni tra loro simili, in eguale modo. Così la remunerazione viene riconosciuta per varie tipologie di dispositivi e supporti420. Altri Legislatori hanno invece preferito una formulazione specifica, Response of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich”, op. cit., 65 418N.Helberger - B. Hugenholtz, “NO PLACE LIKE HOME FOR MAKING A COPY: PRIVATE COPYING IN EUROPEAN COPYRIGHT LAW AND CONSUMER LAW”, op. cit. 419Commissione Europea, documento sulla copia privata, Backgorund document: “fair compensation for acts of private copying”, aprile 2008, 3 420Von Lewinski, Stakeholder cnsultation on copyright levies in a Converging World – Response of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich”, op. cit., 66 122 circoscrivendo l'applicazione del compenso a determinati prodotti. In alcuni Stati Membri, invece, le levies sono imposte su supporti di registrazione digitale e analogica, e non sugli apparecchi. In Belgio il compenso è applicato solo sugli apparecchi. In Germania, fino al 1985, si assisteva al contrario, veniva cioè imposto il compenso solo sui supporti (audiocassette e videocassette), con esenzione per gli apparecchi. Il problema della applicazione e ripartizione del compenso è rilevante nell'epoca digitale, nella quale è diventata evidente la carenza di conoscenze economiche alla base delle attività indicate. Del resto ci si è dovuti confrontare con la realtà digitale, ove esistono apparecchi e supporti che non sono prevalentemente ed esclusivamente utilizzati per attività di registrazione421. Nella maggior parte degli Stati Membri, non vengono imposte levies sui telefoni cellulari, quando incorporino lettori Mp3 o schede di memoria, mentre in alcuni di essi, tra cui Francia, Repubblica Ceca, Austria e Polonia, ne è stata prevista l'applicazione, anche sulle schede di memoria rimovibili. 422 In Italia invece, il d. lgs. 68/2003 ha stabilito che il compenso si applichi sugli apparecchi e sui supporti esclusivamente destinati alla registrazione analogica e digitale, mentre i supporti con destinazione mista subiranno l'applicazione del compenso in via ridotta. Per quanto riguarda invece il calcolo del compenso, gli schemi di levies non potranno mai precisamente calcolare il danno effettivo attribuibile alla copia privata. Non si può sapere esattamente quanto venga copiato, né che cosa venga copiato. Così le modalità di calcolo del compenso adottate nei vari Stati, si sono basate su di una varietà di criteri che è difficile giustificare423. Desta 421Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1705 422T. Dreier, “Study of Legislation on Private Copying, existing legislative solutions and proposals for future development”, ALAI Study Days, September 2003, 5 423“Stakeholders Consultation on copyright Levies”, EU Directorate General for the Internal Market and Services, giugno 2006. § 5 http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/stakeholder_consultation_en.pdf 123 preoccupazione il fatto che, considerando l'entità del compenso, in rapporto al costo del prodotto cui il compenso è applicato, ove talvolta il secondo è maggiore del primo, non si riducano significativamente i margini di concorrenza fra i produttori aventi prezzi di vendita particolarmente bassi, come per i supporti vergini.424 Alcuni Stati Membri hanno adottato un'unica tariffa per i particolari dispositivi, indipendentemente dalla capacità di memorizzazione, quando, invece, molti Stati proporzionano il compenso a seconda della dimensione della memoria, espressa in unità fisiche (Megabyte/Gigabyte) o in unità temporali (minuti/ore) 425; altri Stati Membri hanno impostato invece la tariffa, su una percentuale del prezzo di vendita426. Infine va notato come nella determinazione delle tariffe, la prassi negoziale, ad integrazione del disposto legislativo, è ampiamente diffusa in vari paesi europei come Italia, Francia e Germania.427 Per apprezzare le diversità esistenti tra i diversi sistemi, è opportuno analizzare i sistemi di alcuni Stati Membri, con mercati omogenei e di simili dimensioni. La Germania, il paese che per primo aveva introdotto lo schema del diritto a compenso, detiene il regime di levies più elaborato dell'Europa continentale. La prima disposizione risale al 1965, con vari aggiornamenti e modifiche tra il 1985 e il 1998, e da ultimo nel 2003428. Le levies vengono imposte dal German Copyright 424Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1705 425Von Lewinski, Stakeholder cnsultation on copyright levies in a Converging World – Response of the Max Planck Institute for Intellectual Property, Munich”, op. cit., 66, sottolinea che l'ammontare della remunerazione dovrebbe riflettere la frequenza dell'uso, e dovrebbe pertanto essere correlato al valore del bene immateriale che viene riprodotto. In nessun caso, l'ammontare della remunerazione dovrebbe essere collegato a fattori secondari come il prezzo di vendita del supporto. 426Commissione Europea, documento sulla copia privata, Backgorund document: “fair compensation for acts of private copying”, aprile 2008, .7 427Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1705 428G. Spindler - M. Leinstner, “Secondary Copyright Infringement – New Perspctive in Germany and Europe”, IIC, 2006, 810 In particolare, nel 1985 la levy sugli apparecchi venne estesa anche ai supporti di registrazione audio, che prima ne andavano esenti, e venne aggiornato il sistema dei rimborsi. Il sistema dei rimborsi è ancora in fase di discussione sopratutto per quanto riguarda PC e 124 Act, sia sui dispositivi che sui supporti di registrazione audio e video, digitali e analogici, che sono a tale scopo prodotti, come scanner, videoregistratori, CD e minidisc. Il problema dell'espansione delle levies su altre tipologie di dispositivi, come i personal computer (oggi pari a 12 €, per decisione risalente al 2005 429), o le componenti individuali dei dispositivi funzionali alla riproduzione privata, fu una questione difficile da affrontare in Germania, e la riforma del copyright del 2003 non diede risposte soddisfacenti al riguardo 430; a colmare queste lacune, furono alcune decisioni dei giudici tedeschi, che svilupparono delle soluzioni ai problemi di applicazione delle levies 431. L'ammontare del compenso per i supporti audio e video, è commisurato alla durata ed al prezzo di vendita degli apparecchi. La corresponsione delle levies viene imposta a carico di fabbricanti o importatori432. La riscossione del compenso è affidata ad un'organizzazione apposita di cui sono membri le società di gestione collettiva dei diritti tedeschi del settore musicale, letterario e cinematografico. I beneficiari del compenso sono rappresentati dalle rispettive società di gestione, secondo quote negoziate433. In Francia, l'introduzione dello schema del compenso per copia privata, risale al 1987. Lo schema di levies ha ad oggetto solo i supporti vergini, in funzione della durata, ed è differenziato a seconda che si tratti di supporti analogici o digitali. Nel 2002 infatti, la Commissione Bruin-Busson si pronunziò per l'estensione del regime di levies ai supporti di registrazione digitale. Contestualmente il Parlamento modificò l'art. 311.1 del Code de la Proprietè supporti di dati. 429 Decisione della Corte del Distretto di Monaco del 15 Dicembre 2005 430P. B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 25.27 431G. Spindler - M. Leinster, “Secondary copyright infringement”, op. cit., 811 432T. Dreier, “Study of Legislation on Private Copying, existing legislative solutions and proposals for future development”, ALAI Study Days, September 2003, 13 433S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, op. cit., 313 Le quote negoziate sono attualmente le seguenti: 42% GEMA (opere musicali), 32% GVL (interpreti ed esecutori), 16% WORT (autori letterari e giornalisti) per l'audio; 21% GEMA, 21% Gvl, 85WORT, 50% Bildkunst (autori cinematografici) per il video. 125 Intellectuelle, disponendo che la remunerazione non debba essere destinata esclusivamente alle copie di materiale audiovisivo, ma vada estesa a qualsiasi opera che venga registrata sui supporti digitali434. La definizione di “supporti vergini” risulta tuttavia molto ampia, al punto che vi rientrano gli hard disk ,inseriti all'interno dei dispositivi di registrazione come gli Mp3435. I compensi sono stabiliti da una commissiona composta da rappresentanti dei titolari dei copyright, dell'industria elettronica e dei consumatori. Il pagamento è corrisposto da importatori, produttori e primi acquirenti intra-comunitari dei supporti di registrazione.436 La raccolta dei compensi viene effettuata da due distinte organizzazioni, Copie France per i compensi video, e SORECOP per gli audio. Una quota pari al 25% dei ricavati è destinata a scopi culturali e professionali; per il settore audio, il 50% dei ricavati è destinato agli autori, ed il restante 50% ad interpreti, esecutori e produttori fonografici. Per il settore video, invece, artisti, autori e produttori ricevono quote uguali.437 In Italia, il d lgs. n. 68 del 2003, ha modificato la regolamentazione del compenso degli aventi diritto, cercando di rispettare le condizioni poste dalla direttiva del 2001 quanto all'equità del compenso, e allineandosi ai parametri di commisurazione praticati negli altri paesi che conoscono schemi di levies. 438 Per gli apparecchi di riproduzione, l'art. 71 LDA, individua la base del calcolo del compenso in termini percentuali rispetto al prezzo di vendita, pagato dall'acquirente al rivenditore finale. L'art. 39 del d. lgs 68/2003, salvo che per gli apparecchi, ha stabilito invece un compenso in cifra fissa, che verrà poi sostituito con un ammontare determinato dal 434P. B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 25.27 435Commissione Europea, documento sulla copia privata, Backgorund document: “fair compensation for acts of private copying”, aprile 2008, .9 436Ibid. 437S. Ercolani, “Il diritto d'autore e i diritti connessi”, op. cit., 313 438Ibid 126 Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Il compenso è dovuto dai produttori ed importatori di apparecchi e supporti di registrazione di materiali audiovisivi, mentre non grava sugli intermediari rivenditori439. Le tariffe vengono raccolte dalla SIAE, che ridistribuisce poi l'ammontare del compenso di apparecchi, e supporti audio, agli autori e aventi causa per il 50%, e ai produttori di fonogrammi per l'altro 50%. I produttori poi sono obbligati a corrispondere il 50% del compenso ad artisti, interpreti ed esecutori. Per il settore video la SIAE provvede alla ripartizione dei compensi per il 30% agli autori, e per il 70%, dividendo in parti uguali, tra produttori, artisti ed interpreti. 440 Le seguenti tabelle renderanno evidenti, a livello internazionale, le differenze esistenti tra i diversi stati che hanno optato per l'imposizione di schemi di levies. 439Vedi App. Milano 29-12-1998, 632 440Ubertazzi – Marchetti. “Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza”, op. cit., 1705 127 Tariffe sui supporti vergini441. Tutti i dati sono espressi in Euro (€). Stato Data cd-r DVD- DVD+ Austria 0,34 (per 80 minuti/700 MB) 0,54 (per 120 min/4,7 GB) 0,54 (per 120 min/4,7 GB) Belgio 0,12 (per unità) 0,59 (per unità) 0,59 (per unità) Canada 0,18 (per 100 MB) - - Croazia 0,01 (<1GB) 0,01 (per unità/<10 GB) 0,01 (per unità/<10 GB) Repubblica Ceca (OSA)442 0,008 (per unità) 0,021 (per unità) 0,021 (per unità) Repubblica Ceca (Intergram)443 0,02 (per unità) 0,04 (per unità) 0,04 (per unità) Danimarca 0,28 (per unità) 0,44 (per unità) 0,44 (per unità) Estonia 8% del prezzo di importazione 8% del prezzo di importazione 8% del prezzo di importazione Finlandia 0,20 (< 1 GB) 0,60 (per 4,7 GB) 0,60 (per 4,7 GB) Francia 0,35 (per 700 MB) 1,00 (per 4,7 GB) 1,00 (per 4,7 GB) Germania 0,0288 (Per 80 minuti/700 MB) 0,174 (Per 240 minuti/4,7 GB) 0,174 (Per 240 minuti/4,7 GB) Grecia 6% del valore 6% del valore 6% del valore Ungheria 0,15 (<700 MB) – 0,21 (>700 MB) 0,05 (<4,7 GB) – 0,37 (4,7 GB) 0,05 (<4,7 GB) – 0,37 (4,7 GB) Italia 0,25 (per 700 MB) 0,58 (per 4.7 GB) 0,58 (per 4.7 GB) Giappone - 1% del prezzo base 1% del prezzo base Lettonia 0,14 (per unità) 0,28 (per unità) 0,28 (per unità) Lituania 6% del prezzo di importazione 6% del prezzo di importazione 6% del prezzo di importazione Olanda 0,14 (per unità) 0,60 (per 4.7 GB) 0,40 (per 4.7 GB) Norvegia Compensazione annuale a carico del Governo (no levies) Polonia 1,72% del prezzo di vendita 2,53% del prezzo di vendita 2,53% del prezzo di vendita Portogallo 0,05 (per unità) 0,14 (per unità) 0,14 (per unità) Slovacchia 6% del prezzo di vendita o del prezzo di importazione 6% del prezzo di vendita o del prezzo di importazione 6% del prezzo di vendita o del prezzo di importazione Slovenia 0,03 (per GB / max € 16,69) 0,03 (per GB / max € 16,69) 0,03 (per GB / max € 16,69) Spagna 0,17 (per unità) 0,44 (per unità) 0,44 (per unità) Svezia 0,06 (900 MB) 0,25 (4,7 GB) 0,25 (4,7 GB) Svizzera 0,03 (525 MB) 0,23 (4,7 GB) 0,23 (4,7 GB) Turchia Ammontare della compensazione stabilito dal Governo (<3% del prezzo di importazione/produzione) 441Fonte: “‘International Survey on Private Copying Law & Practice”, Thuiskopie (Dutch Private Copying Society), 20th revision, 2009. Tutti i dati sono forniti dalle collecting societies nazionali. 442“OSA”: Society for the Protection of the Rights of Music Authors and Publishers 443“INTERGRAM”: Association of Producers and Performers 128 Tariffe sui dispositivi.444 Stato Lettori Mp3 Hard disk DVD-recorder Memory card Austria 3,00 (<256 MB) – 9,00 (30 GB) 9,00 (<80 GB) – 22,50 (400 GB) In combination with Mp3 Belgio - 3% del prezzo di acquisto (x 1,2) o 3% del prezzo di vendita Canada - - - Croazia 1,92 (per unità) 4,12 (per unità) 0,55 (<16 GB) – 1,10 (>16 GB) Repubblica Ceca (OSA) 1,5% del prezzo di importazione o del prezzo di vendita 1,8% del prezzo di importazione o del prezzo di vendita 0,113 (per 512 MB) Repubblica Ceca (Intergram) 3% del prezzo di vendita 3% del prezzo di vendita 0,24 (per 512 MB) Danimarca - - 0,62 (per unità) Estonia - 3% del prezzo di vendita - Finlandia 4,00 (<512 MB) – 21,00 (>250 GB) 4,00 (<512 MB) – 21,00 (>250 GB) - Francia 1,00 (<128 MB) – 20,00 (40 GB) 5,00 (<1 GB) – 50,00 (560 GB) 0,072 (<512 MB) – 0,944 (16 GB) Germania 2,56 (per unità) 9,21 (per unità) Negoziazione Grecia 6% del valore 6% del valore 6% del valore Ungheria 0,33 (<32 MB) – 26,64 (80GB) 10,66 (<80 GB) – 24,00 (>250 GB) 0,13 (<65 MB) – 10,65 (32 GB) Italia 3% del prezzo di rivendita 3% del prezzo di rivendita - Giappone - 1% del prezzo base - Lettonia 1,42 (per unità) 1,42 (per unità) - Lituania - - - Olanda - - - Norvegia Compensazione annuale a carico del Governo (no levies) Polonia 3% del prezzo di vendita 1,46% del prezzo di vendita 0,47% del prezzo di vendita Portogallo - - - Slovacchia 3% del totale del ricavo della vendita 3% del totale del ricavo della vendita 3% del totale del ricavo della vendita Slovenia 4,17 (<2 GB) – 8,35 (>2 GB) 6,26 (per unità) 0,03 (per GB / max € 16,69) Spagna 3,15 (per unità) 3,40 (per unità) 0,30 (per unità) Svezia 0,08 (256 MB) – 27,90 (>250 GB) 13,00 (40 GB) – 27, 90 (>250 GB) - Svizzera 9,66 (1 GB) – 27,20 (32 GB) 0,22 (per GB) - Turchia Ammontare della compensazione stabilito dal Governo (<3% del prezzo di importazione/produzione) Le copyright levies, che erano state concepite come limitate nello scopo, e applicabili solamente a dispositivi dedicati come CD e videocassette, sono ora molto diffuse tra gli strumenti digitali, anche per quanto riguarda i supporti multifunzionali, quali PC , hard disk e stampanti445. Le evidenti distanze tra gli schemi di levies adottati nei singoli Stati Membri, con riferimento all'applicazione ed al calcolo delle tariffe, portano ad una ampia differenziazione nel mercato interno. Le differenze riscontrabili nelle tariffe applicate nella gestione di tali schemi, impongono un onere logistico ed 444Fonte: “‘International Survey on Private Copying Law & Practice”, Thuiskopie, 20 th revision, 2009. 445P.B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, op. cit., 25.27 129 amministrativo a carico di chi subisce il pagamento dei compensi, compreso il consumatore. Le conseguenze più pesanti, pertanto, si riversano sui rivenditori che vogliano esportare i prodotti, e che dovranno affrontare diverse richieste di levies, come accade tra Germania ed Austria446. Queste levies inoltre possono divenire ostacolo alla libera circolazione dei beni, quando dispositivi e supporti, che subiscono tali tariffe, non possono più circolare tra gli Stati Membri, anche se non sono stati utilizzati come mezzi per produrre copie. Le levies sono infatti richieste quando il dispositivo, o supporto, venga importato da uno Stato Membro, privo di un sistema di levies; oppure quando venga importato da uno Stato Membro ove l'ammontare delle tariffe è differente, e lo stato importatore imponga tariffe più alte. In un recente caso, in Francia, nel tentativo di proteggere il mercato nazionale da rivenditori online, un distributore locale esperì un'azione contro un rivenditore tedesco ed uno inglese, che fornivano prodotti ordinati online, da consegnare ad utenti in Francia, citandoli in giudizio per concorrenza sleale.447 Il Tribunal de Commerce de Bobigny stabilì che, nella specie, i principi del libero movimento delle merci non fossero violati, e che i rivenditori online svolgevano un'attività legittima, non essendo né importatori, né produttori, secondo la definizione legislativa448. Tuttavia i rivenditori online di Germania e Regno Unito, furono ritenuti colpevoli per aver infranto la normativa francese sulla concorrenza sleale, in quanto non informavano i consumatori che i loro prezzi erano inferiori rispetto a quelli dei concorrenti francesi, in ragione della mancata applicazione della compensazione per copia privata. Fu pertanto loro imposto di cessare ogni attività promozionale diretta ai consumatori francesi, a meno che venisse 446“Stakeholders Consultation on copyright Levies”, EU Directorate General for the Internal Market and Services, giugno 2006. § 5 http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/stakeholder_consultation_en.pdf 447Bobigny District Court for commerce Matters, 15 September 2005, SA Rue du commerce. Vedi anche il simile caso olandese: Court of Justice in The Hague (July 12, 2007) & Court of First Instance of The Hague (Sept 16, 2005), ove la collecting society nazionale, Thuiskopie, citava in giudizio un rivenditore online tedesco per il pagamento di levies. 448Art. 311-4 del Code de la Propriété Intellectuelle 130 menzionata la “tassa SACEM” sul proprio sito web, accompagnata dalla tariffa e dal relativo prodotto.449. Risultano evidenti gli elementi di incertezza di questo sistema. Infatti i rivenditori online che vogliano esportare delle merci, si trovano nella incapacità di prevedere se dovranno sopportare il pagamento di levies, e in che misura. Questa incertezza comporta costi di compliance per le imprese esportatrici, necessari per comprendere quali siano le varie pratiche nazionali in tema di levies, e se vi siano barriere nel commercio transnazionale per beni soggetti a tali tariffe.450 2.3 Il rapporto tra Levy e DRM Il problema delle libere utilizzazioni nel nuovo contesto digitale, e della copia privata in particolare, concerne la salvaguardia della loro effettività all'interno del difficile rapporto con la protezione accordata dalle recenti normative internazionali al Digital Rights Managment system, ed alle relative misure tecniche di protezione, con l'obbligo per gli stati di recepire regole che puniscano la manomissione di tale architettura, volta ad assicurare il controllo tecnologico sulle opere protette. Il DRM ha infatti introdotto una nuova modalità di auto-tutela privata da parte dei titolari del copyright, i quali hanno richiesto l'introduzione di modelli che fornissero una struttura legale di rafforzo451. Questa richiesta riguarda in particolare un sistema sanzionatorio per gli atti di aggiramento di tali misure tecnologiche, che evidentemente non si sono dimostrate nella pratica così efficaci 449“Stakeholders Consultation on copyright Levies”, EU Directorate General for the Internal Market and Services, giugno 2006. § 8 http://ec.europa.eu/internal_market/copyright/docs/levy_reform/stakeholder_consultation_en.pdf 450“Impact of Copyright Levies on Cross Border E-Commerce - Comments on DG Competition Issue paper: “Opportunities in Online Goods and Services””, Hewlett-Packard 2008 451S. Dussolier, “Technology as an imperative for Regulating Copyright: From the Public Exploitation to the Private Use of the Work”, E.I.P.R, 2005, 202 131 come i titolari dei diritti d'autore speravano452. Le lamentele degli autori si collegavano al fatto che, come già ricordato, fare copie perfette è diventato più semplice, e la condivisione sulla rete ha condotto a fenomeni di violazione di massa453. Con tali argomenti sono state stimolate iniziative legislative che hanno portato a qualificare i suddetti aggiramenti come atti illegali o criminali, al di là del fatto che si concludano con violazioni del diritto d'autore454. Questa nuova legislazione anti-aggiramento è quindi servita a rafforzare la tutela del diritto di esclusiva tradizionalmente garantito dal diritto d'autore, tanto che si è ipotizzato un nuovo diritto di esclusiva per i titolari del copyright455. Si fa riferimento in pratica alla creazione di un diritto d'accesso che sembra disturbare il bilanciamento tra gli interessi dei titolari delle opere, e quelli del pubblico, in particolare avendo come effetto la frustrazione dell'area di utilizzo libero456; si teme infatti l'indiscriminato uso dei sistemi anti-accesso, sì da rendere impossibile, o ingiustificatamente complicato, l'impiego delle opere in tal modo protette, proprio per quelle attività legittimate dai principi del fair use457. L'alternativa che si prospetta è un “pay-per-view copyright world”, ove l'eccessivo utilizzo di “digital locks”, permesso dalla legge, superabile solo dietro pagamento e con l'autorizzazione del titolare, oltre a diminuire l'area del pubblico dominio, 452T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, op. cit., 526 453K. J. Koelman, “The protection of technological measures vs. the copyright limitations”, in ADJUNCTS AND ALTERNATIVES TO COPYRIGHT: PROCEEDINGS OF THE ALAI CONGRESS JUNE 13-17, 2001, at 448 (J. C. Ginsburg - June M. Besek eds., 2002) 454T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, E.I.P.R., 2002, 525ss 455Così N. Lucchi, “The Supremacy of Techno-Governance: Privatization of Digital Content and Consumer Protection in the Globalized Information Society”, International Journal of Law and Information Technology, Vol. 15 No. 2, 2006; J. Ginsburg, “From Having Copies to Experiencing Works: the Development of an Access Right in U.S. Copyright Law”, Journal of the Copyright Society of the USA, Vol. 50, 2003, 113 456G. Mazziotti, “Monopoli elettronici e utilizzazioni libere nel diritto d'autore comunitario”, IDA, 2004, 151 457Questa preoccupazione era evidente all'interno del US White Paper per lo studio delle modifiche allo US. Copyright Act predisposto dal Working Group on Intellectual Property Rights, 1995. 132 finisca per inibire le libertà di utilizzo dell'utente e la circolazione delle opere458. A ciò si accompagna un ulteriore rafforzamento della posizione dei titolari delle opere, a livello contrattuale, nelle nuove modalità di distribuzione online459, mediante l'utilizzo di clausole negoziali, come spesso avviene per i software commerciali, con cui si impongono restrizioni sull'uso e sulla possibilità di copia460. Queste misure contrattuali hanno un approccio identico a quello delle MTP laddove non permettono variazioni in termini di accesso ed utilizzo, imponendo clausole che obbligano l'utente ad astenersi dall'utilizzo del proprio fair use come condizione per poter usufruire dell'opera 461. Questo copyright management system permette un regime di controllo privato nel quale i contratti rischiano di sostituire il copyright, come mezzo di intermediazione all'utilizzo e 458H. Sun, “Copyright Law Under Siege: An inquiry into the Legitimacy of Copyright Protection in the Context of the Global Digital Divide”, op. cit., 204 459M. J. Meurer, “Price Discrimination, Personal Use and Piracy: Copyright Protection of Digital Works”, 45 Buffalo L. Rev. 845, Fall, 1997, 890-896 460Le restrizioni contrattuali tendono ad imporre all'utente la rinuncia a talune facoltà appartenenti agli usi legittimi. Il classico esempio è quelle delle click-wrap licenses, cioè di contratti contenenti clausole limitative di usi potenzialmente a disposizione dell'utente, e allo stesso tempo base giuridica per l'apposizione di codici antiaccesso o anticopia. Cfr: G. Mazziotti, “Il diritto d'autore comunitario nel nuovo ambiente digitale”, op. cit., 5 In quest'ottica è significativo il caso Pro CD v Zeidenberg (VII Circuito, 1996), nel quale la parte attrice produceva e distribuiva un cofanetto di 4 CDRoms contenenti elenchi telefonici di quasi tutti gli Stati della Confederazione Americana. Veniva quindi imposta un “shrinkwrap” license al consumatore, e venivano così estesi i diritti d'autore del produttore in misura assai maggiore rispetto a quelli previsti in via legale. Si giunse infatti ad imporre un vero e proprio monopolio sulle parti non tutelabili degli elenchi telefonici, ed il prodotto commercializzato finiva per essere un vero e proprio diritto di proprietà, limitando ogni possibilità di uso legittimo riconosciuta al acquirente. La corte decise in favore dell'attrice, stabilendo che il convenuto, acquistando i CDRoms aveva aderito alle clausole contrattuali disposte dalla ProCD, ed acconsentito in questo modo alla riduzione dei propri diritti. La corte sembra quindi non tenere conto del fatto che nella commercializzazione di questi prodotti di largo consumo non avviene una contrattazione delle clausole negoziali tra le parti, ed ai consumatori non resta che scegliere tra adesione a clausole unilateralmente inserite nel contratto, o di non acquistare il prodotto. All'interno dei nuovi sistemi di distribuzione sulla rete, il problema si pone per le cd “Click On licenses”ove se si confermasse tale orientamento giurisprudenziale si rischierebbe davvero di limitare il campo delle libere utilizzazioni. Cfr: Paolo Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Dititto d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, IDA, 1998, 148-180 461T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”op. cit, 525 133 accesso pubblico alle opere creative462. Pertanto, per access right si intende il diritto di controllare il modo con cui l'utente percepisca l'opera. Si tratta di un concetto diverso dalla “riproduzione” o “comunicazione al pubblico dell'opera”, nel senso che riguarda la ”apertura” dell'opera, che sia una canzone o un film, al fine di ascoltarla o guardarla, subordinandola all'acquisto di una “chiave” o codice d'accesso. In questo modo a seconda del prezzo pagato, può essere limitata la durata dell'accesso, il numero di riproduzioni, o la quantità di dispositivi su cui riprodurre l'opera463. Del resto, nell'ambiente digitale questo meccanismo di controllo sembra essere l'unico modo efficace per garantire il diritto di esclusiva, nonché la remunerazione degli autori, oggetto di tutela del copyright. Con gli attuali modelli di distribuzione sarebbe quindi illusorio prescindere da un access right, anche perchè tali sistemi garantiscono una diversificazione dell'offerta dei prodotti, con una varietà di opzioni di prezzo, a seconda del livello di utilizzo.464 Le maggiori preoccupazioni nascono dal timore che una sovraprotezione accordata a questo acces right stimoli condotte, da parte dei titolari del copyright, che producano un “lock up” digitale, mirante a restringere e vincolare l'accesso alle proprie condizioni, spesso eccessive465. Le misure tecnologiche di protezione (MTP) sono sistemi informatici che consentono di amministrare lo sfruttamento delle opere di ingegno. La dottrina è solita distinguere questi sistemi entro due principali gruppi, un primo volto a regolare l'accesso dell'opera (come chiavi o password), ed un secondo 462J.Cohen, “Some Reflections on Copyright Management Systems and Laws Designed to Protect Them”, 12 Berkeley Tech. L. J. 161,1997, 180 Vedi anche: Al. Palmieri - R. Pardolesi, “Gli Access Contracts: Una Nuova Categoria per il Diritto dell’Età Digitale”, 7(2) RIV. DIR. PRIV., 2002, 265; Thomas Heide, “Copyright in the EU and U.S.: What ‘Access-Right’”, 48 J. COPYRIGHT SOC’Y U.S.A., 2001, 363 463J. Ginsburg, op. cit., 8-10 464J. Ginsburg, op. cit., 11-13 465J. Cohen, “A Right to Read Anonymously: A Closer Look at Copyright Management in Cyberspace”, 28 CONN. L. REV. 981,1996; L. Lessig, “The Law of the Horse: What Cyberlaw Might Teach”, 113 HARV. L. REV. 501, 1999, 519. 134 volto a regolarne il successivo utilizzo, come i sistemi anticopia (vedi il cd SCMS). Le MTP possono consistere in software, o in combinazioni di hardware e software (come i decoder). Esistono poi altri sistemi, impercettibili all'occhio dell'utente, come il sistema CSS adoperato per proteggere le opere incorporate in DVD tramite meccanismi di criptaggio e chiavi di accesso. Un diverso gruppo di MTP viene inoltre identificato con l'espressione di “tatuaggi elettronici”, per descrivere sistemi che non impediscono il godimento ma forniscono dati relativi ai diritti patrimoniali dell'autore sull'opera acquistata dall'utente, consentendo pertanto di individuare ogni informazione utile per gestire lo sfruttamento dell'opera, ed il monitoraggio della circolazione sul mercato e del consumo, a livello internazionale, tramite canali informatici466. 2.3.2 Brevi accenni sull'economia dei DRM systems La capacità del DRM di fornire al titolare dei diritti un nuovo controllo sull'opera, ha comportato una serie di conseguenze sul piano economico. Si è già detto di come il sistema del diritto d'autore debba affrontare il problema dei costi di transazione, che si pone quando questi eccedano il valore della negoziazione o, in altri termini, quando siano superiori ai benefici del contratto che autorizza l'uso dell'opera protetta. Questi costi, all'interno del mercato, anche di quello online, si presentano molto alti, poiché i potenziali venditori ed acquirenti vanno identificati, il contratto di licenza richiede tempo ed esperti, il valore economico dell'utilizzo è difficile da valutare, etc.. 467 466Marzano op. cit., 182 ss. Uno dei tipi più comuni di questi tatuaggi elettronici è il cd watermarking che consiste nell'inserimento di dati all'interno della versione digitale dell'opera. Questi sistemi, che sono ancora in fase sperimentale, dovrebbero permettere in un futuro non molto lontano un aumento dei vantaggi economici derivanti dallo sfruttamento dell'opera creativa, e da qui l'importanza della tutela giuridica. 467R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 116 L'autore analizza le varie tipologie di costi di transazione, sottolineando che, all'interno della distribuzione online, i costi di transazione non sono affatto trascurabili, contrariamente a quanto in genere si ritiene. 135 Con l'esponenziale sviluppo dei dispositivi di registrazione, e della loro facile reperibilità, gli utenti sono riusciti a mettere a repentaglio il monopolio dei titolari del copyright sulle opere, accrescendo così il problema dei costi di transazione da affrontare, nel tentativo di imporre licenze sulle utilizzazioni, e ridurre, per quanto possibile, il numero di riproduzioni private468. I costi insopportabili, implicati da tali ipotetiche contrattazioni, hanno quindi portato ad un fallimento del mercato: tali costi di transazione in un trasferimento volontario si presentano tanto alti che un trasferimento consensuale non riesce a realizzarsi spontaneamente469. In risposta a questa situazione, i legislatori europei considerarono l'imposizione di forme di compensazione, alternative rispetto a quelle tipiche delle property rules, sotto forma di levies, da applicare ai dispositivi e supporti di riproduzione. 470 Dall'altra parte dell'oceano invece, la discussione degli effetti delle riproduzioni domestiche sul mercato delle opere protette, portò alla rivisitazione della fair use doctrine, come soluzione ai fallimenti del mercato 471. La copia privata era ritenuta fair nel momento in cui l'utente non era in grado di acquistare un dato utilizzo sul mercato, e il soddisfacimento di questo interesse diffuso non comportava un grave pregiudizio economico per il titolare del copyright. Questa visione si basava, quindi, sul fatto che non esistesse un mercato funzionale per l'utilizzo desiderato dall'utente. Con lo sviluppo e la diffusione degli access control e dei dispositivi di controllo sulle copie, la situazione è destinata a cambiare. Grazie all'utilizzo delle MTP ora, il titolare dei diritti è in grado di controllare ciò che l'utente è in grado di fare, senza l'imposizione di particolari costi.472 Il titolare dei diritti è inoltre in grado di negoziare direttamente con l'utente le condizioni contrattuali e tecnologiche, andando in sostanza ad eliminare 468G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 28 469R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 130 470Linsday, “The law and economics of copyright”, op. cit., 15-19 471W. Gordon, “Fair use as a Market Failure”, op. cit. 472Casellati, “The Evolution of Article 6.4 of the European Information Society Copyright Directive”, op. cit., 372 136 le condizioni del market failure per i contenuti digitali, e mettendo in discussione le basi per il riconoscimento del fair use.473 Le nuove tecnologie permettono infatti un abbassamento dei costi di monitoraggio e di protezione, associati allo scambio di informazioni, prevenendo in maniera efficiente l'utilizzo dei contenuti digitali senza autorizzazione. Merges del resto ha sempre sostenuto, che ove queste tecnologie funzionino perfettamente, la teoria del market failure non avrà futuro, e l'erosione dei costi di transazione, porterà quindi ad un ritorno alla property rules.474 Il fatto che il controllo, e le tecnologie di gestione dei diritti, permettano al titolare dei diritti e all'utente di accordarsi agevolmente mediante sistemi di licenze, restringe in sostanza il campo di applicazione del fair use475. Considerazioni simili erano già state svolte dalle Corti americane, nei casi Texaco e Princeton University Press, allorchè stabilirono che, in presenza della possibilità per l'utente di cercare e ottenere permessi per un determinato utilizzo, non si dovesse ritenere applicabile la logica della fair use doctrine. Atteso che il DRM permette di sviluppare un sistema di contrattazione, tra utente finale e titolare dei diritti, più semplice, immediato, assolutamente meno costoso, ma sopratutto con un alto grado di controllo, se queste tecnologie venissero ampiamente diffuse, eliminerebbero alla base le possibili situazioni di fallimento del mercato.476 L'abbandono della liability rule comporterebbe l'abolizione degli schemi di levies, poiché il DRM permetterebbe di assicurare che le somme pagate dagli utenti siano commisurate al valore di un certo utilizzo. Non sarebbe solo più facile apprezzare il valore economico di un certo utilizzo, ma sarebbe possibile un migliore bilanciamento tra domanda ed offerta che, quindi, porterebbe ad una estensione 473R. P. Merges, “The End of Friction, Property Rights and Contract in the “Newtonian” World of On-line Commerce”, op. cit., 130 474Ibid 475G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 29 476Ibid 137 del benessere sociale477. Questa prospettiva sembra essere stata recepita dalla Direttiva Europea del 2001, ove appare esprimersi la tesi che il governo debba ritirarsi, e lasciare tutto nelle mani del mercato.478 2.3.3 Nascita delle misure anti-aggiramento Negli anni '90 l'avvento del digitale, e di Internet, aveva messo in discussione lo schema del diritto d'autore, in una situazione dove il consumatore poteva diventare potenziale concorrente sul mercato; la disponibilità dei prodotti online danneggiava la posizione degli intermediari; il cyberspace inoltre non permetteva limiti territoriali per il diritto di privativa, quale il diritto d'autore479. I legislatori si dovettero quindi confrontare con questa realtà, dovendo escogitare un sistema di tutela nuovo, in un contesto come il cyberspace che, per sua natura, cercava di non essere sottoposto a controlli, e vennero quindi presi in considerazione due strumenti di tutela a disposizione, legale e tecnologico480. Il legislatore mondiale intervenne quindi dichiarando illegittime le manomissioni di queste architetture difensive del cyberspace, e cioè le MTP in grado di controllare accesso ed utilizzo dell'opera. L'Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WIPO), ed alcuni suoi membri, decisero di introdurre misure anti-aggiramento all'interno dei trattati del 1996, il WIPO Copyright Treaty (WCT) ed il WIPO Performances and Phonograms Treaty (WPPT), nonché all'interno delle loro normative nazionali481. L'art 11 del WCT dichiarava l'illegalità di tali atti di elusione e introduceva la 477K. J. Koelman, “Levitation of Copyright”, op. cit., 6 478B. Hugenholtz, “The Future of Levies in a Digital Enviroinment”, 41 479G. Mazziotti, “Il Diritto d'autore Comunitario nel Nuovo Ambiente Digitale”, op. cit., 4 480Ibid 481R. Li-Dar Wang, “DMCA ANTI-CIRCUMVENTION PROVISIONS IN A DIFFERENT LIGHT: PERSPECTIVES FROM TRANSANTIONAL OBSERVATION OF FIVE JURISDICTIONS”, AIPLA Quarterly Journal, Vol. 34, 2006 ,1-32 138 protezione delle MTP482. L'art 8, ha invece riconosciuto un diritto funzionale al divieto dell'art 11, cioè il diritto di comunicazione al pubblico delle opere, come esclusiva del titolare dei diritti d'autore, anche mediante modalità on demand483. L'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno recentemente adempiuto all'obbligo di adeguare le proprie normative al WCT. Così, nel 1998, il Congresso statunitense emanò il Digital Millennium Copyright Act, che inserì nel Copyright Act del 1976 le nuove disposizioni dei trattati WIPO, ed alcune disposizioni che riguardavano la tutela del copyright su Internet. L'atteggiamento adottato fu di stampo protezionistico, tanto che spesso il Congresso viene criticato, come si vedrà, per aver oltrepassato i limiti del copyright. Pochi anni dopo, con la Direttiva 2001/29/CE, anche l'Unione Europea, sulla scia del DMCA, si preoccupò di equipaggiare la propria normativa con i mezzi necessari alla protezione del diritto d'autore nel nuovo panorama digitale, provvedendo all'introduzione dei divieti di manomissione ed elusione tecnologica. Tuttavia, anche in questo caso, il legislatore si spinse oltre le indicazioni contenute nell'art 11 del WCT, finendo per adottare un sistema non dissimile da quello americano. L'art 11 del WCT, infatti, nello specificare una tutela legale adeguata contro l'aggiramento delle MTP, incorporate dagli autori nelle opere, prevedeva che tale tutela fosse coadiuvata da sanzioni giuridiche in grado di garantirne l'effettività, peraltro non estendendo alcuna protezione contro gli atti preparatori, quali la 482Art. 11 Wipo Copyright treaty: “Obligations concerning Technological Measures: Contracting Parties shall provide adequate legal protection and effective legal remedies against the circumvention of effective technological measures that are used by authors in connection with the exercise of their rights under this Treaty or the Berne Convention and that restrict acts, in respect of their works, which are not authorized by the authors concerned or permitted by law”. Del resto una previsione simile si trova nell'art. 18 del WPPT, circa le MTP utilizzate da produttori ed esecutori di fonogrammi rispetto ai propri fonogrammi o performances. 483Art 8 WIPO Copyright Treaty: “[...]authors of literary and artistic works shall enjoy the exclusive right of authorizing any communication to the public of their works, by wire or wireless means, including the making available to the public of their works in such a way that members of the public may access these works from a place and at a time individually chosen by them” 139 produzione di dispositivi anti-accesso484. Il quadro fornito dall'art. 11 risultava però piuttosto vago, in quanto non forniva indicazioni di come tale protezione dovesse essere organizzata, né quali fossero gli atti specifici da dover proibire. Faceva riferimento soltanto ad una protezione “adeguata”, il che apriva la strada verso molteplici livelli di “adeguatezza”. 485 Lo stesso effetto era raggiunto tramite una definizione di MTP al quanto vaga, che nulla aggiungeva circa i criteri di efficienza necessari per tale protezione486. Tuttavia, l'art. 11 concludeva precisando che gli atti di cui si voleva impedire l'esecuzione fossero esclusivamente quelli non autorizzati o non permessi dalla legge487. Sottolineando quali atti costituissero il vero oggetto dell'impedimento, l'art 11 faceva riferimento agli atti permessi dalla legge, come volendo fornire una clausola di salvaguardia degli usi legittimi488. 2.3.4 Il Digital Millennium Copyright Act Il DMCA fu proposto per la prima volta nel 1995 con il cd “NII White Paper”, predisposto dal “Intellectual Property Group” della Information Infrastructure Task Force (IITF), dell'amministrazione Clinton489. Quasi contemporaneamente alla presentazione al Congresso, l'amministrazione Clinton cominciò, entusiasta, a promuovere la stessa questione del copyright digitale, la cd digital agenda, sul fronte internazionale490. 484T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, op. cit., , 529 485Ibid 486Art 11 WIPO Copyright Treaty: “[...] effective technological measures that are used by authors in connection with the exercise of their rights”. 487Art 11 WIPO Copyright Treaty: “[...]that restrict acts...which are not authorized by the authors concerned or permitted by law”. 488G. Mazziotti, “Il Diritto d'autore Comunitario nel Nuovo Ambiente Digitale”, op. cit., 20 489 P.Samuelson, “The U.S. Digital Agenda at WIPO”, op. cit., 379 490Ibid. Samuelson sottolinea nell'introduzione del suo scritto, lo scopo dell'amministrazione Clinton: “the U.S.digital agenda at WIPO aimed to write the rules of the road for the emerging 140 L'amministrazione introdusse così alcune proposte durante la deliberazione del WIPO, per un nuovo protocollo nella Convenzione di Berna. Pertanto, la proposta americana circa disposizioni anti-aggiramento, in tale contesto avanzata, era presso che la stessa presentata al Congresso poco tempo prima491. In più, gli Stati Uniti fecero una certa pressione per una conferenza diplomatica allo scopo di adottare queste proposte, che fu tenuta più tardi nel Dicembre 1996. La vicenda si concluse, come già accennato, con l'adozione delle misure anti aggiramento all'interno dei trattati WIPO, anche se, con grande sgomento dell'amministrazione Clinton, il contenuto di queste previsioni era molto diverso da quello della proposta americana492. Il Copyright Act americano già prevedeva nella Sezione 1002 c) un divieto di aggiramento delle misure tecnologiche di protezione facendo riferimento al sistema anticopiaggio del SCMS, di cui si è già detto in precedenza. In particolare l'AHRA aveva introdotto il criterio del “primary purpose or effect” della tecnologia di aggiramento commercializzata, imponendo il divieto di importare, produrre o distribuire qualsiasi dispositivo, o servizio, il cui primo scopo o effetto fosse l'aggiramento del SCMS493. Il Digital Millennium copyright Act, emanato il 28 ottobre 1998, mirava quindi a recepire i due trattati WIPO del 1996, ed infatti, l'approccio adottato dal DMCA era di colpire le violazioni alle misure tecniche di protezione, introducendo inoltre delle eccezioni a determinate condizioni494. global information superhighway so that copyright owners would have considerably stronger rights than ever before, and so that the rights of users of protected works would largely be confined to those they had specifically contracted and paid for”. 491Ibid 492R. Li-Dar Wang, “DMCA ANTI-CIRCUMVENTION PROVISIONS IN A DIFFERENT LIGHT: PERSPECTIVES FROM TRANSANTIONAL OBSERVATION OF FIVE JURISDICTIONS”, op. cit., 7 493P.Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Dititto d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op. cit., 185 ss 494Il DMCA, inserito al Capitolo 12 del titolo 17 del U.S.C., in particolare: • introduce una responsabilità penale per le violazioni delle misure anti-piracy contenute nella maggior parte dei software commerciali (17 U.S.C. 1201 (a)(1)(A)); • permette il cd cracking dei dispositivi di protezione del copyright al fine di effettuare 141 Queste previsioni sono disegnate per impedire l'aggiramento, la disattivazione, la neutralizzazione delle MTP che i titolari del copyright inseriscano nelle loro opere per prevenire l'accesso, la riproduzione e la distribuzione non autorizzati. Quando il disegno di legge del DMCA fu per la prima volta presentato al Congresso nel 1996, venne considerato troppo controverso, e di conseguenza venne rigettato495. Infatti le compagnie dell'industria elettronica e dei computer, le librerie e le istituzioni di educazione, si opposero vivamente a queste misure antiaggiramento, poiché le consideravano troppo invadenti rispetto ai privilegi accordati dal fair use ed al pubblico dominio, che assieme mantengono il sistema del copyright, bilanciato con l'esclusiva autoriale496. Il DMCA adotta inoltre una definizione di aggiramento molto ampia 497, che sembra ricomprendere qualsiasi atto non autorizzato che riesca a permettere l'accesso all'opera protetta498. Nell'ottica della protezione delle MTP, la nuova normativa identifica inoltre tre categorie di violazioni del divieto di aggiramento: una violazione generale, un divieto del cd trafficking, ossia la diffusione, e alcune “addictional violations”. ricerche sui codici di protezione, assicurare la interoperabilità dei software, e testare i sistemi di sicurezza dei computer (1201 (d) (j)); • dispone eccezioni per le librerie no-profit, archivi e istituti scolastici, a certe condizioni (1201 (d)); • proibisce la produzione e la distribuzione di dispositivi cd code-cracking per la copia illegale di software (1291 (b)(1)(A)); • esime i fornitori di servizi internet da responsabilità per illeciti mediante durante semplice trasmissione dei dati (17 USCS 512); • obbliga i fornitori dei servizi a rimuovere materiale che violi il copyright dia siti degli utenti (17 USCS 512); • limita la responsabilità degli istituti no-profit di educazione per le infrazioni dei loro membri o degli studenti (17 USCS 512 (e)); • obbliga i cd webcasters a pagare un importo a titolo di licenza in prevenzioni di appropriazioni illecite di contenuti (Section 405 DMCA). 495P. Samuelson, “The U.S. Digital Agenda at WIPO”, 37 VA. J. INT’L L. 369,1997, 373 . 496T. C. Vinje, The New WIPO Copyright Treaty: A Happy Result in Geneva, 19 E.I.P.R., 230, 1997, 234 . 497DMCA, § 1201 (a) (3) (A) “...descramble a srambled work, to decrypt an encrypted work, or otherwise to avoid, bypass, remove, deactivate, or impair a technological measure, without the authority of the copyright owner”. 498T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, op. cit., 530 142 La previsione generale, sancisce il divieto di eludere le MTP che assicurino un controllo effettivo sull'accesso, e considera tutte quelle operazioni che vadano a disattivare o indebolire le MTP predisposte dal titolare del copyright per controllare l'accesso all'opera. In contrasto con il WIPO, il DMCA definisce il criterio di effettività necessario per la protezione delle misure tecnologiche 499, e tale definizione sembra richiedere un basso livello di effettività di tali misure; sembra ricomprendere cioè tutte le misure utilizzate in connessione con un'opera, in modo tale da non renderla accessibile immediatamente500. Il divieto di trafficking e le violazioni addizionali rappresentano due differenti tipi di previsioni anti-trafficking. Il primo riguarda i dispositivi e i servizi che eludono il controllo dell'accesso, mentre il secondo riguarda dispositivi e servizi per l'elusione del controllo dei diritti del titolare, come i dispositivi anticopia501. In questa struttura, le MTP garantiscono una effettiva protezione dei diritti del titolare del copyright, quando nell'ordinario corso delle operazioni, gli venga impedito, ridotto o comunque limitato l'esercizio di uno di quei diritti contenuti nel Titolo 17 del U.S.C.. Pertanto, viene effettuata una distinzione tra MTP che impediscono l'accesso non autorizzato all'opera protetta, e MTP che impediscono la copia non autorizzata dell'opera stessa. Si noti come questa distinzione sia stata apportata al fine di assicurare che gli utenti possano continuare ad esercitare quelle modalità di utilizzo permesse dal fair use. Di conseguenza, fino a che la copia di un opera possa inquadrare una pratica fair, non sarà vietata l'elusione delle MTP che impediscono la copia. Per contro, fino a che la tutela del fair use non verrà estesa a quegli atti non autorizzati che mirino a superare il controllo all'accesso di 499DMCA, § 1201 (a) (3) (B) “...if the measure, in the ordinary course of its operation, requires the application of information or a process or a treatment, with the autorithy of the copyright owner, to gain access to the work”. 500T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, op. cit., 530 501N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer protection in a comparative analysis”, Springer Berlin Heidelberg, 2007, 47ss 143 un'opera, l'elusione delle MTP per ottenere tale accesso sarà proibita.502 Ciò spiega perchè, se da un lato è sempre vietato l'utilizzo e la produzione di misure anti-accesso, atteso che l'accesso deve essere sempre previamente autorizzato, dall'altro lato è invece proibita la sola produzione di misure anticopia, perchè una volta ottenuto lecitamente l'accesso, il successivo uso di sistemi di aggiramento potrebbe rientrare nelle ipotesi di fair use.503 Si è già detto come il DMCA abbia introdotto una serie di eccezioni a questi divieti504. Questo sistema di eccezioni funziona solamente qualora si sia in presenza dei divieti di elusione dei sistemi di controllo dei diritti, e al contrario, fino a che non sia individuabile un divieto all'elusione del controllo sui diritti, non ci sarà alcuna eccezione505. Evidentemente il legislatore riteneva che, se le copie fatte in seguito all'elusione delle protezioni, fossero state giustificate da eccezioni al copyright o da privilegi, non ci sarebbe responsabilità per tali elusioni. Mentre l'obbiettivo di tale previsione è di concedere un'azione al titolare del copyright qualora dette copie (derivanti da atti di manomissione) siano da considerare illecite506. La nuova normativa infatti è stata criticata anche perchè, tale sistema di eccezioni, non avrebbe come effetto la protezione di utilizzazioni legittime, quanto piuttosto quello di limitare la possibilità per le corti di esonerare da responsabilità questi utilizzi attraverso la tradizionale difesa delle infrazioni al copyright,507 arrivando a concludere come la Sezione 1201 “seems to be a conscious contraction of user 502Ibid 503P.Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Dititto d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op. cit., 175 504La sezione 1201 alle lettere (d)-(i), contiene una serie di eccezioni tra le quali: motivi di sicurezza nazionale, la cd reverse engeering exception, protezione della privacy, etc.. 505N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer protection in a comparative analysis”,op. cit., 49 506Besek, “Anti.Circumvention Laws and Copyright Act: a Report From Kernochan Center of Law, Media and the Arts”, Columbia Journal of Law & Arts, 2004, 385 507HERMAN - gANDY, JR, “CATCH 1201: A LEGISLATIVE HISTORY AND CONTENT ANALYSIS OF THE DMCA EXEMPTION PROCEEDINGS”, Cardozo Arts & Entertaiment, Vol 24, 2006, 187 ss 144 rights.”508 Nel caso RealNetworks v. Streambox509, ove il problema riguardava la possibilità di copia privata, per gli utenti del software di registrazione Streambox, di files musicali protetti dalle misure tecnologiche, la Corte stabilì, infatti, che la Sezione 1201 del Copyright Act, avesse oramai sostituito lo standard Sony-Betamax, che garantiva la possibilità di utilizzazioni domestiche senza incorrere in violazioni del copyright.510 Pertanto è evidente come sia emersa la preoccupazione che il DRM possa eliminare il bisogno di una continua rielaborazione della dottrina del fair use. Nel caso Universal City Studios v. Corley 511, la Corte del II Circuito, dopo aver escluso la sussistenza di alcuna delle eccezioni previste al divieto di manomissione, confermò che la Sezione 1201 non contempla alcuna difesa che si fondi sul fair use, contro l'elusione dei controlli all'accesso. I giudici notarono come il DMCA non proibisca il fair use in sé, poichè il suo obbiettivo è la salvaguardia delle difese alle opere protette. Gli access-control possono rendere più difficile il realizzarsi del fair use, ma i giudici replicarono che né la normativa 508D. Nimmer, “A Riff on Fair Use in the Digital Millennium Copyright Act”, 148 U. PA. L. REV., 2000, 673, 675 . 509REALNETWORKS, INC. v. STREAMBOX, INC., United States District Court for the Western District of Washington, 2000 U.S. Dist. LEXIS 1889, January 18, 2000 510J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”, Reveue Internationale Du Droit d'Auteur (RIDA), 2003/1, 223 Il caso RealNetworks v. Streambox, riguardava la distribuzione commerciale di un prodotto, lo Streambox VCR, disegnato per convertire i files musicali protetti dal sistema RealAudio, trasmessi su piattaforme di streaming, in files che gli utenti potessero scaricare. L'accusa si fondava sulla presunta violazione del divieto di manomissione dei controlli all'accesso della §1201 (a), nonché del divieto di manomissione dei controlli anti-copia della §1021 (b), predisposti da RealNetworks. La difesa cercò di sostenere che la produzione e la distribuzione dello Streambox VCR, fosse legittimata dalla Betamax doctrine, in quanto gli utenti di Streambox potevano utilizzare il VCR per effettuare “fair use copies”. Il Wester District of Washington, tuttavia, rifiutò tale caratterizzazione come fair delle copie private effettuate tramite il VCR Streambox, poiché in violazione di misure anti-copia e anti-accesso. La Corte stabilì, infatti, che la §1201 avesse oramai sostituito lo standard Sony-Betamax, grado di garantire usi non violativi. 511 Universal City Studios v. Corley, 273 F. 3d 429 (2d Cir, 2001) Il convenuto era un giovane ragazzo norvegese che aveva inventato il DeCSS, una tecnologia per decriptare dei codici anti-accesso. Aveva reso quindi disponibile tale sistema su una serie di siti. La difesa aveva utilizzato tra le varie argomentazioni, il fatto che il DMCA andasse ad eliminare il fair use. 145 del copyright né la Costituzione richiedono che il fair use sia disponibile nella maniera più conveniente al consumatore. Ciò che accada ai materiali, dopo che la manomissione sia avvenuta, non è oggetto del DMCA, che quindi non proibirebbe il fair use solo perchè l'opera è ottenuta con delle modalità ritenute illegali512. All'atto pratico tuttavia, sembra che il DMCA stia sostituendo quell'aperto e fondamentalmente bilanciato stile della fair use doctrine con una serie di eccezioni determinate, e specifiche sullo stile del sistema Europeo 513. Le cd antidevice rules hanno infatti un novero più ristretto di eccezioni rispetto all'ampia portata del divieto di aggiramento514, ben lontano dall'approccio elastico e aperto del fair use, la sovra-specificazione delle eccezioni legali del DMCA potrebbe rendere più difficile individuare un generale privilegio dell'utente a sostegno dell'elusione degli access-controls515. Una critica al DMCA sta proprio nel fatto che molte altre ragioni per aggirare le MTP non sono considerate imponendosi la necessità di adottare una previsione generale con una diversa prospettiva, poiché questo sistema di divieti antiaggiramento è senza precedenti per la normativa del copyright americano, relativamente ad una nuova tecnologia della quale nè il Congresso, nè le Corti, hanno molta conoscenza516. L'intento del DMCA era diretto a realizzare un nuovo bilanciamento dei due diversi diritti in contrasto, di utenti e titolari dei diritti, quando in seguito ai cambiamenti tecnologici ed alla diffusa possibilità di effettuare copie domestiche 512J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”, 237-240 513Così P. Samuelson, “Intellectual Property and Digital Economy: Ehy the anti-circumvention Regulations Need To Be Revised”, 14 Berkeley Tech. l.J. 519, 535 (1999); T. W. Bell, “Fair Use v. Fared Use: the Impact of Automated Rights Management on Copyright's Fair Use Doctrine”, 76 N. C. L. Rev. 557, 1998, 564 ss; J. Cohen, “WIPO Copyright Treaty Implementation in the United States: Will Fair Use Survive?”, 21 E.I.P.R. 236, 1999, 239 514P. Samuelson, “Intellectual Property and Digital Economy: Ehy the anti-circumvention Regulations Need To Be Revised”,op. cit., 535 515J. Ginsburg, “Copyright Legislation for the “Digital Millenium”, 23 Colum.-VLA J.L & Arts 137, 2000, 151ss. 516P. Samuelson, “Intellectual Property and Digital Economy: Ehy the anti-circumvention Regulations Need To Be Revised”,op. cit., 523ss 146 digitali, la situazione creatasi era lontana da un equilibrio, a danno dei titolari dei diritti. Si deve notare, tuttavia, che la stretta definizione di eccezioni adottata, non porti ad una efficiente ricalibrazione, ma spinga eccessivamente in favore degli autori. D'altra parte, il Congresso aveva riconosciuto che una aperta definizione di fair use exception avrebbe divorato la normativa protettiva.517 In questo modo, come specificato dalla giurisprudenza del caso 321Studios v. Metro-Goldwyn Mayer Studio, “Fair Use is still permissible under the DMCA, although such copying will not be as easy, as exact, or as digitally manipulable as plaintiff desires”. Tale orientamento induce a ritenere che nel cyberspace il fair use non sia destinato a scomparire in ragione dell'uso dei sistemi antiaggiramento, ma che il diritto all'uso legittimo delle opere sarà possibile solo in quella, meno agevole, dimensione offline518. In risposta alla critica reazione sollevatasi contro il DMCA, è stato proposto, nel 2005, un disegno legislativo chiamato Digital Media Consumers' Right Act (DMCRA), allo scopo di riportare lo storico bilancio all'interno della legge autoriale. Tale proposta in particolare, cerca di ristabilire il diritto di fair use per il 517J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”, 237-240 In molti casi infatti, il divieto di utilizzo di dispositivi di elusione, non può essere limitato dal fair use: gli stessi dispositivi che permettono la copia per scopi di studio, permettono la copia allo scopo di sostituire l'acquisto. Per ogni libro digitale cui viene permesso l'aggiramento delle MTP, facilitando una eccezione di fair use generale, ci saranno molte più copie a scopo di godimento personale. Il congresso determinò quindi che, privilegiando il fair use rispetto al mercato principale dell'opera, avrebbe scoraggiato lo sfruttamento digitale dell'opera protetta. Nel caso Corley, la Corte considerò che il Congresso doveva effettuare una scelta netta, e ritenne che, fino a quando la versione alternativa del libro sia disponibile in diversi formati, meno convenienti, le politiche sottostanti l'eccezione del fair use continueranno a detenere un certo valore. Nel caso contrario, dovranno emergere i digital lock-up, in modo tale che i formati alternativi, e non protetti, non siano più disponibili. 518P. Marzano, “Diritto d'Autore e Digital Technologies”, op. cit., 319. l'autore sottolinea quindi come il fatto che il diritto così configurato non sia di agevole fruizione, non determini una lesione del fair use, poiché non esiste alcun obbligo in virtù del quale il titolare del copyright sia tenuto ad agevolare l'esercizio del diritto altrui. Tale approccio viene quindi paragonato a quello dell'art. 71 quinquies della normativa autoriale italiana, L. 633/1941, ove consente all'utente legittimo di effettuare “una copia privata, anche solo analogica” dell'opera. 147 consumatore modificando il DMCA, in modo da permettere l'aggiramento delle protezioni per usi non proibiti di opere digitali. Scopo principale della nuova normativa risiederebbe nel tentativo di assicurare che il consumatore sia effettivamente a conoscenza delle limitazioni e delle restrizioni al momento dell'acquisto di un'opera, perchè i produttori non sono ancora obbligati ad inserire queste informazioni sulla confezione. Inoltre, verrebbe introdotto un emendamento alla Sezione 1201 del DMCA al fine di rendere legali la produzione, e l'utilizzo legittimo, di dispositivi idonei alla registrazione delle cd copie backup519. 2.3.5 European Copyright Directive La prima normativa nazionale europea in tema di tutela delle misure di protezione fu lo UK Copyright, Designs and Patent Act del 1988, che equiparava l'aggiramento dei sistemi anti-elusione alla violazione di un qualsiasi diritto esclusivo accordato al titolare del copyright 520, inserendo anche un sistema di cautele521, volto a tutelare i soggetti che effettuino trasmissioni a distanza di programmi criptati522. Nel panorama europeo, le singole normative autoriali, tramite il sistema di eccezioni e limitazioni (ricerca, studio privato, critica etc..), avevano riconosciuto un generale privilegio dell'utente523. Con la EUCD2001/29/CEE, il legislatore europeo recepì i due trattati WIPO del 1996, come del resto aveva fatto il DMCA americano. La protezione legale delle 519N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer protection in a comparative analysis”, op.cit., 50 520§ 296 UK Copyright, Designs and Patent Act, 1988 521§ 297 UK Copyright, Designs and Patent Act, 1988 522P. Marzano, “Sistemi Anticopiaggio, Tatuaggi Elettronici e Responsabilità Online: Il Dititto d'Autore Risponde alle Sfide di Internet”, op. cit., 186-190 523M. Sag, “God in the machine: a new structural analysis of copyright's fair use doctrine”, op. cit. 444 148 MTP era certamente uno dei punti chiave nelle negoziazioni che portarono all'adozione della direttiva, e la relazione tra digital locks e limitazioni al copyright era tanto intensa da poter bloccare l'intera direttiva524. Da un punto di vista più generale, la Direttiva verte infatti su tre punti principali: il diritto di riproduzione, il diritto di comunicazione al pubblico, ed il diritto di distribuzione, aggiungendo quindi la più controversa obbligazione, per gli Stati Membri, di provvedere una protezione legale adeguata contro il cd “hacking”, o altri atti di disabilitazione delle misure anticopia525. Tutto ciò, stabilendo, come già visto approfonditamente, una disciplina relativa alle eccezioni al copyright. Per quanto riguarda il diritto di distribuzione, la Direttiva, seguendo l'impostazione del WCT526, stabilisce che, nel contesto della distribuzione online, il concetto dell'esaurimento del diritto è assolutamente ridotto. Viene così introdotta una nuova base del principio dell'esaurimento, secondo la quale la nuova distribuzione è regolata dal diritto di comunicazione al pubblico, e considerata come un servizio. Il risultato è una restrizione sulla ri-vendita dei contenuti digitali distribuiti, perchè l'applicazione del principio di esaurimento per le opere digitali è ridotta dai contratti di licenza. L'intento è quindi quello di caratterizzare la vendita come pagamento di una licenza anziché come trasferimento di proprietà527. 524S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of 2001 – An Empty Promise”, op. cit, 67 525N.Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer protection in a comparative analysis”, op. cit., 54 526WIPO Copyright Treaty 1996, art 6,” Right of Distribution: Authors of literary and artistic works shall enjoy the exclusive right of authorizing the making available to the public of the original and copies of their works through sale or other transfer of ownership.” Art 8, “Right of Communication to the Public: ...authors of literary and artistic works shall enjoy the exclusive right of authorizing any communication to the public of their works, by wire or wireless means, including the making available to the public of their works in such a way that members of the public may access these works from a place and at a time individually chosen by them” 527N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer protection in a comparative analysis”op. cit., 55; così anche Gasser, “iTunes: How Copyright, Contract, and Technology Shape the Business of Digital Media - A Case Study”, Berkman Center for Internet & Society at Harvard Law School Research Publication No. 2004-07 149 La disposizione più controversa riguarda tuttavia l'art 6, ai sensi del quale gli Stati Membri sono obbligati ad introdurre una protezione legale contro gli atti di aggiramento delle misure tecnologiche efficaci. I Recitando 13 e 47 sottolineano l'importanza dello sviluppo di tale protezione, proprio perchè svolgerebbe un ruolo essenziale nel bilanciamento del copyright528. Ad una prima lettura dell'art. 6, la Direttiva sembra adottare un atteggiamento meno rigoroso del DMCA, in quanto introduce un elemento soggettivo psicologico, cioè la consapevolezza della manomissione, o quantomeno un ragionevole grado di consapevolezza529. In sostanza, la singola violazione del divieto di aggiramento non è sufficiente, occorrendo anche una sorta di malafede da parte dell'utente530. Dopo aver definito in maniera piuttosto generica quali siano le MTP531, l'art 6 ne accorda la protezione, estendendola peraltro anche agli “atti preparatori”, cioè la produzione, importazione, distribuzione, vendita di dispositivi che siano prodotti allo scopo di rendere possibile o comunque facilitare l'elusione delle MTP. Il punto più doloroso della normativa sta tuttavia nel rapporto tra libere 528Direttiva 2001/29/Ce, Recitando 13: “Una ricerca comune e un'utilizzazione coerente, su scala europea, delle misure tecniche volte a proteggere le opere e altro materiale protetto e ad assicurare la necessaria informazione sui diritti in materia rivestono un'importanza fondamentale in quanto hanno per oggetto, in ultima analisi, l'applicazione dei principi e delle garanzie fissati dalle disposizioni giuridiche”. Recitando 47: “Lo sviluppo tecnologico consentirà ai titolari dei diritti di far ricorso a misure tecnologiche per impedire o limitare atti non autorizzati dal titolare del diritto d'autore, dei diritti connessi o del diritto sui generis sulle banche dati. Esiste tuttavia il rischio di attività illegali intese a rendere possibile o a facilitare l'elusione della protezione tecnica offerta da tali misure. Per evitare soluzioni legislative frammentarie che potrebbero ostacolare il funzionamento del mercato interno è necessario prevedere una protezione giuridica armonizzata contro l'elusione di efficaci misure tecnologiche e contro la fornitura di dispositivi e prodotti o servizi a tal fine”. 529Direttiva 2001/29/CE, Art. 6 : “Gli Stati membri prevedono un'adeguata protezione giuridica contro l'elusione di efficaci misure tecnologiche, svolta da persone consapevoli, o che si possano ragionevolmente presumere consapevoli, di perseguire tale obiettivo.” 530T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, op. cit., , 535 531Art 6.3: “Per "misure tecnologiche" si intendono tutte le tecnologie, i dispositivi o componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti, su opere o altri materiali protetti, non autorizzati dal titolare del diritto d'autore o del diritto connesso al diritto d'autore”. 150 utilizzazioni ed MTP532, allorchè l'art 6.3 continua e stabilisce che il titolare dei diritti debba adottare misure adeguate al fine di permettere ai beneficiari di un'eccezione, di continuare a goderne, senza però individuare quali siano le misure da adottare. Si generò così l'opinione che la soluzione più adeguata fosse l'adozione di contratti tra beneficiario dell'eccezione e titolare. In questo modo sembrava potersi leggere, tra le righe della Direttiva, una disposizione per la quale la libertà contrattuale scavalcasse il regime di eccezioni e limitazioni533. Infine l'art 7 della Direttiva proibisce agli utenti di: “a) rimuovere o alterare qualsiasi informazione elettronica sul regime dei diritti; b) distribuire, importare a fini di distribuzione, diffondere per radio o televisione, comunicare o mettere a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti, dai quali siano state rimosse o alterate, senza averne diritto, le informazioni elettroniche sul regime dei diritti.” Ad un primo bilancio della Direttiva Europea sulla Società dell'Informazione, occorre considerare che la medesima, mentre adotta un largo criterio di protezione delle misure tecnologiche, inserisce un sistema di eccezioni e limitazioni a tali misure alquanto ristretto534. Una critica muove dal fatto che, la Commissione Europea scelse di non optare per il livello di protezione stabilito dal WIPO, ma decise di aumentare tale standard. Come già visto, l'art. 11 del WCT richiedeva di provvedere una adeguata tutela legale e dei rimedi effettivi contro l'aggiramento di misure tecnologiche efficienti. La Commissione Europea ha preferito trarne una precisa regola antiaggiramento.535 532F. Gotzen, “Le Droit d'Auteur en Europe: Quo Vadis? Quelques Conclusions Après la Trasposition de la Directive d'Harmonisatoin Dans la Societè de la Information”, RIDA,2007/1, 51 533L. Casellati, “The Evolution of Article 6.4 of the European Information Society Copyright Directive”, 24 Colum.-VLA J.L. & Arts 369, 377-387 534S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of 2001 – An Empty Promise”op. cit. , 62 ss 535B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant, and Possibly Invalid”, E.I.P.R., 2000, 499 151 2.3.6 Cenni comparativi tra DMCA – EUCD La definizione delle misure tecnologiche da proteggere assunta dal legislatore europeo risulta di ampio spettro: qualsiasi sistema usato dal titolare del copyright per proteggere la propria opera e la distribuzione della stessa536. Pertanto, mentre il DMCA americano si riferisce chiaramente alle misure che controllano l'accesso e a quelle che proteggono il diritto dell'autore, la previsione europea va ben al di là, e di fatto copre ogni tipo di misura tecnologica usata dal titolare dei diritti, comprendendo il controllo dell'accesso, i meccanismi di restrizione dei diritti degli utenti e qualsiasi altro dispositivo elettronico con cui l'autore consolida il controllo e la gestione dell'uso della propria opera537. Risulta evidente anche la differenza tra le due normative per quanto riguarda la soluzione al rapporto tra eccezione e misura di protezione. Mentre gli USA hanno considerato la soluzione per questo problema di fair use a livello di sanzione per l'aggiramento, i paesi europei hanno scelto di regolare la materia operando su di una fase precedente a tali atti di elusione, quella dell'esercizio delle libere utilizzazioni. I due meccanismi sono diversi ma entrambi esonerano l'utente da responsabilità quando l'aggiramento avviene nell'esercizio di una delle eccezioni, cioè quando è impedito l'uso legittimo, e all'utente non rimane altra scelta che eludere il sistema di protezione. Il sistema americano non fornisce gli strumenti per l'aggiramento, ma non va ad individuare una responsabilità per l'utente a queste, anche se ristrette, condizioni.538 Tutto ciò però non risolve il problema dei digital locks. Mentre, infatti, nel mondo 536F. Gotzen, “Le Droit d'Auteur en Europe: Quo Vadis? Quelques Conclusions Après la Trasposition de la Directive d'Harmonisatoin Dans la Societè de la Information”, op. cit., 52 537S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of 2001 – An Empty Promise”op. cit., 69 538S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of 2001 – An Empty Promise”,op. cit., 68 152 analogico, l'eccezione al copyright era prevalentemente utilizzata come strumento di difesa all'interno dei processi per le violazioni delle normative autoriali, nel mondo digitale la prospettiva è nettamente differente. Se cioè la riproduzione è impedita da misure tecnologiche, l'utente dovrà anche citare in giudizio il titolare dei diritti affinchè gli permetta di esercitare l'eccezione, o gli fornisca gli strumenti utili all'aggiramento. In entrambi i casi l'onere della prova è particolarmente pesante.539 La soluzione tracciata dal DMCA stabilisce la funzione dell'eccezione solamente come difesa nel caso di un'azione esperita contro l'utente per aver aggirato la protezione. Non è una soluzione che cerca di ridurre i controlli tecnologici sulla legittima eccezione540. La direttiva europea cerca quindi di spostare il bilancio a favore dell'utente non al livello delle sanzioni contro gli atti di aggiramento, quanto a quello precedente dell'esercizio dell'eccezione. L'art 6.4 della direttiva dispone infatti che “gli Stati membri prendono provvedimenti adeguati affinché i titolari mettano a disposizione del beneficiario di un'eccezione o limitazione....e i mezzi per fruire della stessa, nella misura necessaria per poter fruire di tale eccezione o limitazione e purché il beneficiario abbia accesso legale all'opera o al materiale protetto in questione. Uno Stato membro può inoltre adottare siffatte misure nei confronti del beneficiario di un'eccezione di una limitazione prevista in conformità dell'articolo 5, paragrafo 2, lettera b), a meno che i titolari non abbiano già consentito la riproduzione per uso privato nella misura necessaria per poter beneficiare dell'eccezione o limitazione in questione...senza impedire ai titolari di adottare misure adeguate relativamente al numero di riproduzioni conformemente alle presenti disposizioni.” 539N. Lucchi, “Digital media & intellectual property: management of rights and consumer protection in a comparative analysis”, op. cit., 55 ss 540S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of 2001 – An Empty Promise”, op. cit., 70 153 Lo scopo di questa previsione è di incoraggiare i titolari del copyright ad interessarsi del problema, tramite “misure appropriate”, prevedendo che quando essi non introducano “misure volontarie” idonee all'esercizio dell'eccezione, le legislazioni degli stati membri debbano prevedere delle “misure appropriate”.541 Tuttavia, mentre per la tutela di quelle libere utilizzazioni indicate nella prima parte di tale norma, la previsione di misure volontarie è obbligatoria 542, per la copia privata è previsto un regime diverso, per cui l'intervento della legislatura nazionale è opzionale543. Pertanto, anche se uno Stato Membro abbia provveduto al riconoscimento dell'eccezione di copia privata, l'art. 6.4 stabilisce che tale stato possa liberamente scegliere se assicurare o meno che l'utente privato possa beneficiare di tale diritto. Inoltre, anche se lo Stato Membro decidesse di assicurare il diritto di copia privata, il titolare del copyright potrebbe comunque adottare “misure adeguate riguardo il numero di riproduzioni”. È pacifico che il titolare dei diritti non possa limitare il numero di riproduzioni al di sotto di uno, ma in tal caso, l'assistenza dello Stato Membro ai beneficiari finirebbe per essere vana544. Così è stato sottolineato che, nonostante sia gli USA che la UE abbiano introdotto un sistema di eccezioni, tuttavia essi non hanno disposto un sistema efficiente nei confronti dell'elemento centrale del copyright, e cioè di quell'aspetto che 541Per una critica alla vaga terminologia utilizzata dalla Direttiva, causa di incertezza, e che rifletta la sua natura compromissoria, nonché gli effetti delle pressioni lobbistiche durante la sua stesura, vedi: B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant”, op. cit., 500 542S. Dussolier, “Exceptions and Technological Measures in the European Copyright Directive of 2001 – An Empty Promise”, op. cit., 74. L'autore nota come questa previsione denoti un piccolo paradosso: dove infatti l'art 5 della direttiva prevede 23 eccezioni facoltative, il regime dell'art 6.4 riguarda solo alcune di queste eccezioni, e sembrerebbe avere efficacia obbligatoria; tuttavia se una delle eccezioni dell'art. 6.4 non è stata scelta da un paese all'interno della normativa di copyright, non avrebbe senso garantire l'eccezione all'utente in caso di protezioni tecnologiche. La stranezza di tutto l'art. 6.4 sta quindi nel fatto che renda obbligatoria la tutela delle eccezioni ma non la loro attuazione. 543G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 184. il requisito di un accesso legale all'opera protetta potrebbe essere una condizione supplementare solamente nei confronti della copia privata, e non per le altre eccezioni. 544T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, op. cit., 537 154 incoraggia l'innovazione tramite la possibilità di re-utilizzo e di utilizzi produttivi545. Le prospettive risultano in qualche modo allarmanti, poiché si è enfaticamente sottolineato come in un futuro si rischierebbe la creazione di un sistema dove l'accesso alle informazioni sia strettamente controllato in ogni sua forma, in cui perfino il diritto d'accesso più scontato, il diritto alla lettura, venga sottoposto a licenza546. In questa provocatoria prospettiva, il copyright digitale consente al titolare del copyright il diritto esclusivo di autorizzare qualsiasi accesso e qualsiasi forma di riproduzione dell'informazione protetta. Così l'estensione dello scopo del copyright nel mondo digitale comporterebbe che tutti quegli usi non-trasformativi, quali la lettura, lo studio e la copia privata, non sarebbero permessi senza il consenso contrattuale del titolare dei diritti e senza la disponibilità di un codice di apertura per i digital locks547. Inoltre, è emersa la preoccupazione che tali misure tecnologiche non solo possano precludere utilizzazioni non autorizzate dal titolare dei diritti, ma anche utilizzazioni che sono legittimate dalla legge, in modo tale che venga protetto materiale che non sarebbe protetto secondo la legge del diritto d'autore, e non solo per quanto riguarda i sistemi di eccezioni e limitazioni548. 545T. Heide, “Copyright, Contract and the Legal Protection of Technological Measures – Not “the Old Fashioned Way”:Providing a Rationale to the “Copyright Exceptions Interface”, Journal of the Copyright Society of the U.S.A., Vol. 50, 2003., 6 546R. Stallman, “The Right to Read”, in Free Software Free Society: selected essays of Richard Stallman, GNU Press, Boston, 73 547G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 11 548T. Foged, “U.S. v. E.U. Anti-Circumvention Legislation: Preserving the Public's Privileges in the Digital Age?”, op. cit., 528-530 L'autrice individua tre livelli di diminuzione del privilegio pubblico causato dai digital locks con riguardo ad utilizzazioni generalmente permesse dal diritto d'autore: innanzitutto il suddetto sistema di eccezioni e limitazioni al copyright; una seconda categoria deriva dal fatto che il blocco di contenuti protetti genera il problema per cui quegli elementi che generalmente confluiscono nel pubblico dominio, come le idee, vengono anch'essi bloccati; la terza categoria è meno nettamente determinabile, e riguarda quei particolari privilegi dove l'uso “ordinario” e “legale” di un opera non si basi su di una eccezione o limitazione, e venga in ogni caso impedito dalle protezioni tecnologiche. Un esempio di questa terza categoria risiede in un caso internazionale recente, dove il CD del nuovo singolo di Micheal Jackson fu prodotto in maniera tale da essere ascoltabile esclusivamente lettori di Cd regolari mentre non sui lettori CD-Rom dei computers. Nel caso di specie la Sony usò una misura tecnologica di protezione tale da impedire agli utenti di 155 Le misure anti-aggiramento sono così il più interessante campo di battaglia tra la tradizionale visione del copyright e il dettato della tecnologia. Lo scopo del copyright sembrerebbe essere non più deciso da sé stesso, ma da ciò che alla tecnologia sia possibile fare. Da un lato infatti, la definizione di MTP che è stata fornita, si riferisce non tanto al diritto di esclusiva del titolare dei diritti, quanto all'individuazione di ciò che il titolare dei diritti sia in grado di proteggere attraverso queste tecnologie. Nel DMCA, le MTP sono protette contro l'aggiramento quando sono in grado di controllare i diritti del titolare o l'accesso all'opera.549 La Direttiva ha invece costruito la nozione di MTP controllando l'acceso in maniera così ampia che in sostanza copre qualsiasi tecnologia. Nello stesso modo protegge le MTP fino a che queste tutelino atti non autorizzati dal titolare (art 6.3). La tautologia è sembrata evidente: nel momento in cui il titolare abbia deciso di proteggere tecnicamente un determinato uso della propria opera, significa che è intenzionato a non autorizzare tale atto. A questo punto ogni MTP è protetta dalla direttiva.550 Per questi motivi non sono state risparmiate dure critiche a dette normative 551. Sembra infatti che la capacità tecnologica detti lo scopo della protezione da accordare, e che l'utilizzo di tale tecnologia sia la soluzione ad una mancanza di una effettiva protezione del copyright. effettuare copie. Tuttavia tale misura preveniva anche l'ordinario e legale uso del CD per l'utente, ossia l'ascolto tramite il computer. 549S. Dussolier, Technology as an imperative for Regulating Copyright: From the Public Exploitation to the Private Use of the Work”, op. cit, p202 550B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant”, op. cit., 500 551Vedi: J. Litman, “Digital Copyright”, Prometheus, 2006;Gasser - Girsberger, “Trasposing the copyright Directive: Legal Protection of Technological Measures in E.U. Member States. A Genie Stuck in the Bottle?”, Berkman Working Paper no10 – 2004;B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant”, op. cit., 500; Matt Jackson, “Using Technology to Circumvent the Law: The DMCA's Push to Privatize Copyright”, 23 HASTINGS COMM. & ENT. L.J. 607, 2001, p638; ELECTRONIC FRONTIER FOUNDATION, “UNINTENTED CONSEQUENCES: FIVE YEARS UNDER THE DMCA”, 7-9(2003), http://www.eff.org/IP/DMCA/unintended_consequences.pdf.; P. Samuelson, “Intellectual Property and The Digital Economy: Why the Anti-Circumvention' Regulation Need to be Revisited”, B. TECH. L. J., Vol. 14 156 Ogni utilizzo dell'opera, attraverso il divieto legale dell'aggiramento, entra nell'area del controllo dei titolari. Ciò che la tecnologia è in grado di fare delimita l'estensione che il copyright dovrebbe avere. Si è notato infatti che le MTP, che dovrebbero essere sentite come meri complementi alla protezione del titolare, stiano diventando le sostitute del copyright 552. La soluzione starebbe nel risolvere il rapporto tra tecnologia e copyright, e non nel sostituire l'uno con l'altro. Questo nuovo scopo del copyright non viene quindi limitato dalle eccezioni o dal fair use. Sia il DMCA che la EUCD stabiliscono che le MTP prevalgono sull'esercizio del fair use. L'area di libertà conferita dalla legge non dovrebbe 553 essere lasciata alla discrezione dei titolari dei diritti, e sotto questo punto di vista il sistema introdotto dall'art. 6.4 della Direttiva non è per nulla soddisfacente, nel momento in cui non assicura agli utenti il godimento delle eccezioni. 554 Come del resto nel DMCA, il fair use e le utilizzazioni libere, sembrerebbero relegate nel “pre-digital Paleolithic”.555 Tuttavia, sembra che la preoccupazione per la possibile perdita del bilanciamento del copyright , stia coinvolgendo anche i legislatori americani ed europei. Negli USA un corpo amministrativo è stato incaricato di valutare gli effetti negativi sul fair use prodotti dalla applicazione dei divieti del DMCA . Parimenti è da 556 apprezzare che la Commissione Europea abbia avviato una vasta consultazione sul futuro del copyright nella economia dell'informazione, tramite un Green Paper, 552S. Dussolier, Technology as an imperative for Regulating Copyright: From the Public Exploitation to the Private Use of the Work”, op. cit, p203 553Ibid 554Geiger, Macrez, Bouviel, Carre, Hassler and Schmidt-Szalewski, “A Comment on the European Commission's Green Paper 'Copyright in the knowledge Economy'”, IIC, 2009, 412 ss 555J. Ginsburg, “Developments in U.S. Copyright since the Digital Millennium Copyright Act”, 237ss. 55617 USC §1201 (a) ( c). In effetti sono già state effettuate due valutazioni. Vedi Copyright Office, “Exemption to Prohibition on Circumvention of Copyright Protection System for Access Control Technologies”, October, 2000, Library of Congress; questo primo studio tuttavia sosteneva che il controllo sull'accesso avrebbe portato a un miglioramento poiché gli autori avrebbero pubblicato opere ritenute più “vulnerabili”, prima tenute nascoste. ww.copyright.gov/fedreg/2000/65fr64555.pdf; Federal Register, vol 65, October, 2000 e 2003, Rules and Negotiations, 64556 Library of Congress 157 con l'obbiettivo di raccogliere i diversi punti di vista delle parti interessate557. 557Press release of the European Commission, IP/08/1156 158 CAPITOLO III Peer to Peer - File Sharing 3.1 Definizione e struttura del sistema: lo scambio tra “pari”. La struttura decentralizzata di Internet, come si è già osservato, ha fortemente sviluppato la capacità dell'utente di disseminare le opere creative. Il problema della copia privata, in questo nuovo scenario, presenta importanti implicazioni, non solo per quanto riguarda la legittima, o meno, condivisione all'interno della cerchia familiare, o comunque privata, della persona-utente, ma sopratutto per quanto riguarda l'utilizzo in larga scala dei sistemi di peer-to-peer - file sharing.558 Attraverso questo sistema infatti, si è sviluppata la capacità diffusiva delle reti telematiche, che ha determinato l'esponenziale attitudine lesiva delle pratiche di riproduzione domestica559. Il sistema di peer to peer (p2p)- file sharing, concerne il fenomeno di formazione di reti di computers, allo scopo di permettere il trasferimento di dati; tale tecnologia consente, infatti, la condivisione di files tra utenti di una certa rete, 558U.Gasser – S. Ernst, EUCD Best Practice Guide:“Implementing the EU Copyright Directive in the Digital Age”,Berkman Center Research Publication No. 2006-10 2006, 11-12 559G. Mari., “Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale “agevolatore” dei “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p”, IDA, 2008, n 2, 103 159 permessa da un software, che l'utente scarica sul proprio computer 560, ed è subito diventata la modalità più diffusa per il reciproco scambio di materiale audiovisivo, attraverso un server che collega i computers sui quali è installato detto software. Ogni computer, o “nodo”561, viene chiamato “client”562 se richiede le informazioni, mentre viene chiamato “server”563 se risponde a tali richieste; “peer” se compie entrambe le attività.564 Quando un nodo funge da server, fornisce un flusso di dati iniziali, il quale poi viene condiviso da altri utenti, che a loro volta, lo ridistribuiscono tra altri utenti, realizzando una catena completa di comunicazione p2p, che si auto sostiene, indipendentemente dal numero di utenti; il server stesso, poi, dopo aver fornito il flusso iniziale, e messo gli utenti tra loro in comunicazione, si disinteressa della catena.565 560M. Daly, “Life after Grokster: Analysis of US and European Approaches to File-Sharing”, E.I.P.R., 2007, 319 561Nell'ambito informatico, per “nodo”. si intende un punto o un terminale della rete, e cioè qualsiasi dispositivo che è connesso come parte di una rete, come un computer o un telefono cellulare, che è in grado di creare, ricevere o trasmettere informazioni. (Enciclopedia Microsoft Encarta Premium 2009) 562Per “client” (cliente) si intende una componente che accede ai servizi o alle risorse di un'altra componente, ossia del server. Il concetto di client può variare con riferimento all'hardware ovvero al software. Un computer collegato ad un server, tramite una rete informatica al quale richiede uno o più servizi utilizzando uno o più protocolli di rete, è un esempio di client hardware, mentre un programma di posta elettronica è un esempio di client software. Cfr: G. Mari, “Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale “agevolatore” dei “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p”, op. cit., 106 563Per “server” (servente) si intende una componente informatica che fornisce servizi ad altre componenti (client) attraverso una rete. Il termine può anche riferirsi sia agli hardware che ai Software, nel qual caso indica un processo che fornisca servizi ad altri processi. Nelle reti p2p, quando il nodo funge da server, svolge una funzione di indice e di sincronizzatore dei vari utilizzatori che condividono la banda. Cfr: G. Mari, Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale “agevolatore” dei “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p”, op. cit., 106 564Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, NBER's Innovation Policy and the Economy series, volume 10. ed. Joushua Lerner and Scott Stern. MIT Press. 2009, 6-7 565G. Mari, “Brevi cenni al tema della responsabilità a titolo di concorso materiale “agevolatore” del “consapevoli fornitori di link” nel sistema delle reti p2p” op. cit., 107 160 L'utente, in questo sistema, può accettare se condividere alcuni files, ed il softwaregli permette a sua volta di ricercare varie categorie di files, selezionati attraverso un indexing system. A questo punto l'utente è in grado di accedere ai files rintracciati, scaricandoli da un altro computer della rete; il software peraltro consentirà la loro conservazione all'interno del hardisk566. Pertanto, questo sistema ha permesso lo sviluppo, in larga scala, della capacità dell'utente di effettuare copie identiche delle opere protette., senza autorizzazione nè costo alcuno; il problema del p2p, agli occhi dei titolari dei diritti sulle opere creative, sta nel fatto che rappresenta una “super macchinario da copia”, che permette a migliaia di potenziali consumatori di scambiarsi copie identiche di materiale protetto reciprocamente, mettendo in crisi i classici modelli di distribuzione567. Il termine peer to peer (letteralmente, “da pari a pari”), fa riferimento proprio alla struttura della rete stessa, poiché lo scambio avviene direttamente tra due utenti (peers) allo stesso livello organizzativo della rete, funzionando al tempo stesso da client e da server.568 Questa caratteristica strutturale, tecnologicamente originalissima, avrà una rilevanza centrale in ambito processuale, nell'ordine della individuazione della responsabilità indiretta del server, fornitore del servizio. Dal punto di vista dell'utente, la rete p2p permette ricerche rapide, ed un accesso 566M. L. Montagnani, “Dal Peer-to-Peer ai sistemi di Digital Rights Management: Primi Appunti sul Melting Pot della Distribuzione Online”, IDA, 2007, 8 567W. E. Steinmueller, “Peer to Peer Media File Sharing: From Copyright Crisis to Market?”, Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a cura di Eli M. Noam e L.M. Pupillo, Springer, 2008, 20ss 568L. A. Heymann, “Inducement as Contributory Copyright infringement: Metr-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd.”, IIC, 2006, 33 161 ampio e veloce ai contenuti. Dal punto di vista dei titolari delle opere, invece, questo sistema è sentito come una forte minaccia, in quanto non esiste alcun controllo sul traffico di queste reti e, in tale maniera, è permessa la condivisione di materiale protetto senza limitazioni, né remunerazione per gli autori.569 Sebbene la maggior parte del materiale condiviso in questi sistemi, specialmente all'inizio della loro diffusione, riguarda files musicali protetti da copyright, questa tecnologia non distingue le tipologie di files trasmessi, protetti o non protetti, e può essere utilizzata per condividere documenti di testo, file video, o applicazioni multimediali come i software570. Data la sua rapida diffusione, la tecnologia di p2p ha permesso in sostanza l'incontro tra il digitale e la rete, facendo sì che l'utente diventi in qualche modo concorrente del soggetto che svolge tradizionalmente la funzione di intermediario del mercato tra autori e consumatori.571 3.2 Diffusione e modelli di P2p - file sharing systems: la prima generazione di software P2p, e il caso Napster. Le ragioni della rapida diffusione di questa tecnologia sono facilmente determinabili. 569Ibid 570Ibid 571M. L. Montagnani, “Dal Peer-to-Peer ai sistemi di Digital Rights Management: Primi Appunti sul Melting Pot della Distribuzione Online”, op. cit., 10-12 162 I sistemi di p2p-file sharing, essenzialmente, permettono di soddisfare la domanda di prodotti dell'entertaiment, e non solo, in modo efficiente (anche senza considerare la gratuità dell'accesso ai medesimi). Infatti, la tecnologia utilizzata permette di reperire un numero di opere vastissimo, ed allo stesso tempo di effettuare il download dei files in tempi piuttosto brevi. Per spiegare le ragioni della sua diffusione, occorre notare come l'industria musicale, all'epoca, non aveva diffuso alcun sistema di distribuzione online alternativo, sufficientemente originale da poter competere con i sistemi p2p. Nel periodo della nascita delle reti p2p, non c'erano infatti molte opere musicali disponibili online, e quelle accessibili erano protette dai DRM, che limitavano fortemente le possibilità di utilizzo degli utenti, per quanto riguarda il tempo, la durata o la possibilità di selezione. Era evidente che l'industria discografica, che si era affacciata sul mercato della distribuzione digitale musicale da poco tempo, era particolarmente vulnerabile rispetto alla concorrenza diretta di canali di distribuzione alternativi.572 Nello stesso tempo, le tecnologie di criptazione dei contenuti utilizzate dall'industria musicale, vennero velocemente aggirate e si diffusero, tramite le reti p2p, gli stessi programmi che permettevano tali elusioni.573 ***** La rivoluzione del p2p file-sharing ebbe inizio nel giugno del 1999, quando un 572P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, IDA, 2001, 39 573I. Hering, “Turning piracy into profit”, Managing Intellectual Property, novembre 2003, n 134, 12 163 giovane studente della Boston Northeastern University, Shawn Fanning, inventò Napster. Inizialmente questo programma permetteva ai giovani studenti di scambiare musica con i loro compagni di stanza, rendendo più facile la ricerca dei file Mp3 su Internet.574 Prima dell'avvento di Napster, infatti, gli utenti potevano reperire files musicali solo tramite motori di ricerca, oppure attraverso il download da siti web. La ricerca dei files era difficile perchè gli indici della musica disponibile sul la rete erano spesso vetusti, e non aggiornati. Non c'era una piattaforma efficiente per reperire le opere musicali.575 La novità di Napster consisteva nel mantenere un indice centrale dinamico, aggiornato automaticamente all'accesso di ogni utente, che conteneva tutti i files disponibili576. Tuttavia Napster non era semplicemente un sistema di distribuzione per amici e familiari. Grazie alla sua interfaccia amichevole, ed all'offerta illimitata di musica, il servizio raccolse più di trenta milioni di utenti nel primo anno 577, già duplicati all'inizio del 2001578. Pertanto, con l'aumentare degli utenti, cresceva 574P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit, 35 575P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit., 35 L'autore sottolinea come, nonostante dopo la scoperta del formato Mp3, ad opera di Leonardo Chiariglione, la trasmissione dei files musicali di buona qualità divenne agevole, il vero problema per i fruitori di Internet era trovare e localizzare, in tempi brevi, i files desiderati all'interno del cyberspazio. Il processo di ricerca, prima di Napster, era lungo e noioso, e si basava essenzialmente sui motori di ricerca quali Yahoo o Altavista, con i quali si otteneva una lista di siti Internet, che si supponeva contenessero i file desiderati. Quindi occorreva visitare singolarmente i siti per verificare se effettivamente contenevano una copia prelevabile. Spesso infatti accadeva che il collegamento indicato dal motore di ricerca non fosse più valido, perchè chiuso o temporaneamente offline. La condivisione tra utenti invece poteva avvenire solo tramite le E-mail. 576Ibid 577Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit., 7 578Catherine Lee, “P2P Technology on Trial Again: The Grokster and StreamCast Cases”, Media & Arts Law Review, n.8, 2003, 250 ss 164 esponenzialmente il numero di Mp3 disponibili e, se alla fine del 1999 erano accessibili dai 60.000 ai 100.000 Mp3, a seconda degli utenti connessi, nell'estate del 2000 il numero superò velocemente il milione.579 Ci si riferisce a Napster come alla prima generazione dei sistemi p2p, le cui tecnologie si sono sviluppate e tradotte, col tempo, in tre diverse tipologie 580. Napster, basa la propria tecnologia su di una struttura centralizzata581, che mantiene una lista dei files disponibili sui propri server, ed usa questa lista coordinandosi ad un meccanismo di ricerca-risposta582 nel processo di distribuzione del file.583 Dal momento che migliaia di opere protette venivano disseminate senza autorizzazione sulla rete di Napster, un gruppo di diciotto società dell'industria discografica americana, insieme ad alcuni editori, e con l'assistenza della RIAA (Recording Industry Association of America), esperirono un'azione contro la neonata compagnia, accusandola di concorso nella violazione del copyright, avanti la Corte Distrettuale della California del nord584. 579P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit., 37 580O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the Ec Personal Data Directive”, International Journal of Law and Information Technology, Vol. 16 No.3, Oxford University Press, 2007, 272-274 581Siu Man Lui and Sai Ho Kwok, “Interoperability of Peer-To-Peer File Sharing Protocols”, ACM SIGecom Exchanges, Vol. 3, No. 3, August 2002, 25-33 582Il meccanismo di ricerca-risposta consiste nella modalità con cui il computer dell'utente si connette al database centrale presso il sito di Napster, che immagazzina i titoli dei file Mp3 presenti negli hard disk dei computer degli utenti connessi, e gli indirizzi Internet di ciascun utente. La lista che viene fornita in pochi secondi, contiene l'indicazione degli altri utenti che offrono il titolo ricercato, le diverse qualità di suono disponibili (bitrates), la lunghezza del file, la velocità di trasmissione di ciascun utente. Il richiedente specifica quindi da quale host vuole prelevare il file Mp3 e viene inviato un messaggio da Napster all'host selezionato che assume il ruolo di server, e inizia il trasferimento del file direttamente all'utente. Cfr: P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit., 37 583P. Ganley, “Surviving Grokster: Innovation and the future of Peer to Peer”, E.I.P.R., 2006, 15 584G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139 165 Citare in giudizio milioni di utenti per le loro singole violazioni dirette, dovute alla condivisione non autorizzata di opere protette, sarebbe risultato troppo costoso, e praticamente irrealizzabile;585 pertanto, nel caso Napster (e così anche nella maggioranza dei grandi casi di p2p americani), le accuse colpirono e censurarono esclusivamente la responsabilità indiretta di chi aveva fornito la tecnologia p2p.586 Secondo la disciplina di common law statunitense, la responsabilità indiretta per le violazioni del copyright si articola in tre categorie: la cd contributory liability587, la cd vicarious liability588 e la cd theory of inducement589. Occorre tuttavia osservare che il DMCA prevede un'eccezione alla responsabilità per gli Internet Service Providers , quando colleghino utenti con siti online tramite indici, links, riferimenti e collegamenti ipertestuali, senza avere i mezzi tecnici idonei a riconoscere le infrazioni.590 585J.A. Sifferd, “The Peer-to-Peer Revolution: A Post-Napster Analysis of the Rapidly Developing File-Sharing Technology”, 4 Vand. J. Ent. L. & Prac. 92, 2002, 94-95. L'autore sottolinea che, nei casi in cui un ampio numero di soggetti infranga direttamente la legge, e solo un numero minimo ne sia responsabile indirettamente, perseguire questi ultimi sia una strategia più efficiente. Infatti chi compie l'infrazione direttamente, spesso è un individuo privo di risorse economiche, mentre generalmente, chi risponde indirettamente, come Napster nel caso in questione, è spesso una società che dispone di ampi ricavi. Si ritorna, in sostanza, a quella situazione, analizzata con riferimento alla nascita della disciplina privata, ove era impossibile perseguire le violazioni domestiche degli utenti. 586G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139 587Contributory infringement si ha quando intenzionalmente si induce a violare un diritto o si incoraggia la violazione di un diritto. Cfr: Fabiani, “il caso M.G.M. Contro Grokster. Ovvero la responsabilità per l'altrui indebito utilizzo di opere protette”, IDA, 2006, 14-16 588Vicarious Infringement si ha quando si profitta di una violazione altrui senza esercitare una doverosa attività di controllo per evitare l'azione lesiva. M. Fabiani, “il caso M.G.M. Contro Grokster. Ovvero la responsabilità per l'altrui indebito utilizzo di opere protette”,op. cit., 15 589La Inducement Theory postula che, quando un soggetto agisca con l'intento di spronare una violazione, è responsabile delle conseguenze che risultino dall'atto illegittimo del terzo. Cfr: G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 153 590Il DMCA richiede che non si posseggano i requisiti idonei per riconoscere l'infrazione, che non ci siano vantaggi economici diretti e richiede comunque la rimozione istantanea dei riferimenti illegali, in caso di notifica dell'illecito. 166 Dal momento che Napster facilitava la realizzazione di copie private, all'interno del processo in cui fu coinvolto, si pose la questione se Napster fosse responsabile per le violazioni del copyright, oppure se la sua condotta, e quella dei suoi utenti, potesse essere giustificata dalla dottrina del fair use591. Napster non immagazzinava i files sui suoi server, né effettuava direttamente la distribuzione delle copie da un utente all'altro. L'accusa controi Napster si fondava sulla responsabilità derivante dalla violazione iniziale dei suoi utenti, dopo che la Corte Distrettuale aveva ritenuto che la loro condotta non poteva essere protetta dalla fair use doctrine.592 La Corte di Appello approfondì tale considerazione, e qualificò l'uso degli utenti come “commerciale”, poiché “gli utenti di Napster ottenevano gratuitamente qualcosa che avrebbero dovuto pagare”, ma sopratutto perchè la riproduzione effettuata in larga scala, e sistematicamente, aveva effetti competitivi nei confronti dei titolari dei diritti sulle opere593. La normativa è tuttavia generica circa il contenuto della conoscenza della condotta illecita. Da un lato infatti, un service provider non ha nessun obbligo di attivarsi per ricercare le violazioni dei suoi utenti, ed infatti lo stesso titolo II del DMCA non richiede ai providers di monitorare i propri servizi. Pertanto, la protezione continua ad operare se il provider ha la consapevolezza della presenza di materiale sospetto, ma non manifestamente illecito. La limitazione non opera solo qualora il provider ignori colpevolmente i segnali di violazioni manifeste, le cd red flags. Cfr: P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit., 44 591M. Fabiani, “il caso M.G.M. Contro Grokster. Ovvero la responsabilità per l'altrui indebito utilizzo di opere protette”, op. cit., 14-16 592R. Swope, “Peer-to-Peer File Sharing and Copyright Infringement: Danger Ahead for Individuals Sharing Files on the Internet”, 44 Santa Clara L. Rev., 2004, 874 593Contro la tesi espressa in, 114 F. Supp. 2 nd at at 912 Cf. Sony Copr. Of America v. Universal City Studios, 464 U.S. 417, 496 1984, il giudice Blackmun: “copying for pesonal enjoyment is no more non commercial than is shoplifting”. La Corte considerò che la commercialità dell'utilizzo fosse dipendente dal concetto di sfruttamento. Era dubbio se il semplice ottenimento di una copia dell'opera comportasse o meno tale sfruttamento. Tuttavia se tale sfruttamento implica una ulteriore distribuzione, allora la condotta degli utenti di Napster, che non scaricano semplicemente per sé stessi ma con l'intento di condividere, può essere caratterizzata come commerciale; non solo, ma la Corte 167 Napster rappresentava una minaccia in quanto privava i titolari del copyright del diritto di sviluppare mercati alternativi per l'opera. La Corte di conseguenza considerò Napster responsabile poiché facilitava le violazioni degli utenti attraverso l'uso del software, e dei suoi meccanismi di condivisione594. Napster fu sconfitto facilmente perchè ogni utente doveva connettersi ad un computer centrale, che poi svolgeva le operazioni necessarie per connettere gli utenti e condividere le canzoni595. Proprio la centralizzazione della sua struttura portò la Corte d'Appello a concludere che Napster contribuiva consapevolmente alle attività illegali, di cui beneficiava finanziariamente, perpetrate dai suoi utenti, che erano in suo controllo596. Per questo motivo, Napster fu obbligato a rimuovere l'accesso ai contenuti non permessi, inseriti nella lista dei suoi server, dovendo in alternativa rimettere le sue responsabilità sub judice; così alla fine, il servizio di Napster ,e di altri simili software , si esaurì597. La difesa, nel processo, si appellò alla Betamax doctrine, dal momento che il materiale condiviso sul network di Napster non era esclusivamente quello protetto, e che quindi la struttura stessa del servizio era capace di utilizzi continuò ad insistere sulla natura continuativa e ripetuta di tale sfruttamento, che indicava un sistematico rifiuto dell'acquisto. 594D. J. Gervais “THE PRICE OF SOCIAL NORMS: TOWARDS A LIABILITY REGIME FOR FILE-SHARING”, 12 Journal of Intellectual Property Law, Fall, 2004, 41 595S. Monkman, “Corporate erosion of Fair Use: Global copyright Law Regarding File Sharing”, 6 Asper Rev. Of International Business and Trade Law, 2006, 268 596L. A. Heymann, “Inducement as Contributory Copyright infringement: Metr-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd.”, op. cit., 32 597O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the Ec Personal Data Directive”, op cit, 272 168 legittimi.598 La Corte Distrettuale determinò che la percentuale di utilizzi legittimi era minima (circa l'87% della musica condivisa era coperta da copyright 599), e che Napster, inoltre, fosse a conoscenza del fatto che il materiale fosse copiato e distribuito dagli utenti senza autorizzazione600. Per questo motivo la Corte rigettò il tentativo di Napster di dimostrare che il servizio fosse capace di utilizzi legittimi significativi 601. La Corte d'Appello criticò invece questo orientamento poiché esclusivamente legato all'utilizzo che in quel dato momento facevano gli utenti del servizio, senza invece valutare quali fossero le effettive capacità del sistema, e nondimeno perchè elevava ad accusa il livello di conoscenza delle attività illegittime che Napster doveva avere, sull'assunto che la tecnologia p2p poteva essere usata esclusivamente per violare il copyright.602 Invero la consapevolezza dell'ipotesi di uso illegittimo della tecnologia non doveva essere rilevante sotto il profilo della responsabilità, poiché, secondo l'analisi “Betamax”, tale tecnologia poteva conseguire usi legittimi in futuro, posto che Napster condivideva solo files musicali, ed invece un suo sviluppo avrebbe potuto portare alla condivisione di molteplici categorie di opere603. 598F. Von Lohmann, “What Peer-toPeer Developers Need to Know about Copyright Law”, Eletronic frontier Foundation, 2006, 6 599P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso Napster”, op. cit., 51 600J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, Part I, RIDA, 2003/1, 161 ss 601G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154 La Corte Distrettuale ordinò così a Napster di assicurarsi che, sulle sue reti, non venissero più scaricati e condivisi brani senza il permesso dei soggetti attori. Così Napster fu obbligato a sviluppare una nuova serie di misure tecniche per cambiare il proprio sistema strutturale. 602Ibid 603F. Von Lohmann, “What Peer-toPeer Developers Need to Know about Copyright Law”, op, cit, 7 169 Ma questo solo in un'ottica astratta. La struttura è una cosa, l'uso specifico che ne viene fatto è un'altra cosa. Così la Corte d'Appello, nonostante le divergenze con la Corte distrettuale, pervenne alla medesima conclusione, poiché Napster deteneva una conoscenza attuale dello specifico materiale illecito, disponibile sul suo sistema 604. Ciò non involgeva necessariamente responsabilità per aver creato e diffuso il servizio, nonostante la sua attitudine alla condivisione dei files; tuttavia, se il titolare del copyright identificava dei files non autorizzati e ne avvertiva il fornitore del servizio, questi avrebbe dovuto disabilitarli, oppure affrontare le conseguenze di un processo ove l'utente venisse ritenuto colpevole605. Più riceve denunce da parte dei titolari dei diritti sulle opere, più il sistema diventa vulnerabile606. Il servizio doveva trovare un mezzo per impedire l'uso illegittimo o imporvi una licenza, in modo da ridurre i danni di mercato patiti dai titolari dei diritti sulle opere. Venne così generalizzato l'approccio cd “notice and take down”607, per cui, se un Internet Service Provider,viene avvisato delle violazioni che si compiono sulla sua 604G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154 605J.. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, op. cit, 161 ss 606Ibid 607J. Ginsburg, “Copyright Use and Excuse on the Internet”, Columbia - VLA Journal of Law & the Arts, Vol. 24, Fall 2000, 36 La Corte d'Appello faceva riferimento al precedente Religious Technology Center v. Netcom On-line communication Services, Inc., (907 F. Supp. 1391 N.D. Cal 1995) dove Il Distretto della California del Nord stabilì che la responsabilità di un Online Service Provider dipende dalla distrazione che il servizio abbia un'attuale conoscenza degli specifici atti in violazione della legge che avvengono sulla sua rete. 170 rete, deve eliminare il materiale illegittimo dal suo sistema, divenendo altrimenti indirettamente responsabile delle violazioni608. Pertanto la Betamax doctrine non poteva soccorrere nella specie per giustificare gli usi illegittimi, ancorati a potenziali usi legittimi. . Nel caso dei videoregistratori Betamax, la tecnologia era a sè stante, nel senso che il produttore non poteva indagare su come l'utente utilizzasse il dispositivo, nè tantomeno impedirglielo. Qui, invece, la tecnologia del servizio era in grado di monitorare gli utenti, e potenzialmente avrebbe potuto svilupparsi in modo da isolare usi legittimi da usi illegittimi. Ove non fosse stata in grado di distinguerli, non ci sarebbe stata responsabilità609. Il sistema centralizzato comunque permetteva il controllo degli utenti sui dati consultati per trovare le copie dei files da scaricare610. Napster venne quindi ritenuto responsabile in concorso con gli utenti perchè, fornendo il programma di p2p-file sharing: i) aveva permesso l'accesso all'indice centralizzato dei file; ii) aveva fornito i mezzi per violare il copyright musicale; iii) era a conoscenza delle specifiche violazioni che il suo sistema permetteva , siccome destinatario di una serie di denunce sulla presenza di materiale illegittimamente condiviso sul proprio network. Era inoltre indirettamente responsabile perchè riceveva dei benefici finanziari,dal momento chela possibilità 608G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154 609J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, op. cit, 175 ss 610J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, Part II, RIDA, 2003/2, 95ss 171 fornita dal server, ai suoi utilizzatori, di fare copie illegittime, attraeva un gran numero di nuovi utenti611. Inoltre tale sistema, avrebbe avuto anche la capacità di controllare le attività degli utenti, imponendo condizioni limitative a carico di chi fosse stato sorpreso a commettere attività illecite.612 3.2.2 La Seconda Generazione di software P2p, e il caso Grokster Qualche anno più tardi il caso americano Metr-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd613 portò alla luce l'esistenza di una seconda generazione di sistemi p2p, che era stata sviluppata da due principali networks p2p-file sharing: Grokster, distribuito dalla Grokster Ltd., che utilizza la tecnologia “FastTrack” 614; Morpheus, distribuito dalla StreamCast Networks Inc., che utilizza una tecnologia simile, chiamata “Gnutella”.615 I sistemi Grokster e Morpheus facilitano il processo di richiesta di un certo file nella rete degli utenti che utilizzano lo stesso software e, dopo aver fornito i risultati al computer richiedente, iniziano il trasferimento diretto del file da un 611Ibid 612Pa. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit., 37 613MGM Studios, Inc. v. Grokster, Ltd. 545 U.S. 913 (2005) 614All'interno della rete Fast Track, la richiesta dell'utente giunge ad un computer, ove il software permette di creare indici, che viene scelto come “supernodo”, Si tratta di computers con una potenza simile ed in grado di collezionare indici temporanei dei files disponibili sui computers degli utenti che sono ad essi connessi. Il supernodo cerca nel proprio indice la richiesta di ricerca, e la comunica ad un altro supernodo. Se il file viene trovato, il supernodo comunica la sua posizione al computer interessato, e l'utente può scaricare il file direttamente dal computer che è stato individuato. Il file così scaricato è inserito in una cartella condivisa del pc dell'utente, dove rimane disponibile per altri utenti, assieme a tutti gli altri files presenti in quel percorso. (Metr-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545 US 913, Justice Souter) 615O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the Ec Personal Data Directive”, op cit, 273 172 computer all'altro, usando i protocolli “FastTrack” o “Gnutella”.616 Tali protocolli rendono la rete decentralizzata, nel senso che una volta che il software p2p viene scaricato dal sito del distributore, la funzione “ricerca-rispostatrasmissione”, avviene senza l'intervento del distributore stesso.617 I sistemi basati sulla tecnologia Fast Track o Gnutella, vengono spesso indicati come architetture di reti p2p “pure”.618 I files scaricati dall'utente vengono quindi inseriti in una cartella, il cui contenuto è condiviso sulla rete dal software p2p. Così, ogni volta che l'utente accede alla rete per lo scaricamento dei files, contestualmente permette l'upload dei files. Se i files scaricati sono protetti dal copyright, l'utente non solo effettua illegalmente delle copie, ma altresì comunica al pubblico le stesse opere in un atto unico.619 Il problema della responsabilità del servizio p2p, emersa nel caso Napster, venne così elusa: la seconda generazione di p2p è stata infatti realizzata in modo tale da disperdere, anziché centralizzare, le informazioni di identificazione dei files, così da evitare il mantenimento del controllo sugli utenti.620 Pertanto le accuse contro Grokster e Morpheus furono, nel 2003, respinte. In questi sistemi le informazioni sull'indicizzazione dei files sono distribuite sui supernodi. I possessori dei computers, utilizzati come supernodi, non hanno 616Paul Ganley, “Surviving Grokster: Innovation and the future of Peer to Peer”, op. cit., 15 617Ibid 618Siu Man Lui and Sai Ho Kwok, “Interoperability of Peer-To-Peer File Sharing Protocols”, op. ci., 29-33 619O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the Ec Personal Data Directive”, op cit, 273 620J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, Texas Review of Entertaiment & Sports Law, Vol. 10 N., Spring 2009, 155ss 173 necessariamente contezza di siffatto utilizzo dei loro computers ; in effetti le informazioni sulle posizioni dei files desiderati possono passare attraverso computers sparsi per il mondo.621 Quando vennero citati da Metro-Goldwyn Studios, nell'ottobre 2001, la prova dell'alto livello di decentralizzazione di questi servizi fu determinante per le Corti sotto il profilo della valutazione della responsabilità; nonostante la condotta degli utenti fu ritenuta illegittima, venne escluso che Grokster e Morpheus potessero controllare le violazioni perpetrate attraverso l'utilizzo dei loro sistemi. 622 Per escludere il concorso di responsabilità, la Corte argomentò che, pur qualora i convenuti avessero ricevuti richiami dai titolari dei copyright sugli specifici files disponibili sui loro sistemi, i convenuti, diversamente da Napster, non avrebbero potuto semplicemente rimuovere i files dalle liste, poiché gli indici non erano contenuti in nessuno dei loro computers, in quanto distribuiti sui “nodi” sparsi per Internet623. Secondo le Corti, il concorso di responsabilità implica che le parti debbano aver facilitato la violazione, non solo conoscendo gli specifici atti che l'hanno permessa, ma anche disponendo della possibilità di prevenire questi atti. Così vennero espressi dubbi circa il fatto che Grokster e Morpheus apportassero un concreto e idoneo contributo al compimento delle violazioni da parte degli utenti. Napster aveva predisposto il sito, nonchè la struttura, per la violazione, 621J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, Part II, op. cit., 83 ss 622Ibid 623C. B. Vincent, “Bittorrent, Grokster, and Why Entertainment and Internet Lawyers Need to Prepare for the Fair Use Argument for Downloading Television Shows”, Journal of Internet Law, Vol. 10, No. 11, May 2007, 8 174 poiché il sistema costituiva una rete chiusa. Grokster, viceversa, secondo la Corte, aveva costruito un sistema dinamico e variabile con l'utilizzo di supernodi, ove l'attività della rete si compie indipendentemente da Grokster. Napster aveva un singolo supernodo; nel caso di Grokster le informazioni non circolano sui suoi computers 624. Sotto il profilo della responsabilità indiretta, invece, le Corti ritennero che il primo fattore di tale responsabilità, il beneficio diretto derivante dall'attività illecita, fosse presente nel caso. Tuttavia le Corti sostennero che le stesse ragioni per cui Grokster e Morpheus non dovessero rispondere per l'assenza di richiami delle violazioni, li privavano anche del necessario diritto, e possibilità, di controllare le attività degli utenti. La circostanza che l'individuazione e la connessione tra gli utenti avvenisse indipendentemente dal fatto dei due fornitori dei servizi625, implicava che l'approccio “notice and take down”, sviluppato in Napster, non potesse applicarsi alla tecnologia Fast Track.626 Così le Corti esclusero la responsabilità di Grokster e Morpheus per aver scelto di creare un sistema nel quale non avessero il controllo sul traffico della propria rete, e rigettarono le domande. 6242003 U.S. Dist LEXIS 6994 *8-9, 22-25, 31-33, 48-49 625C. Lee, “P2P Technology on Trial Again: The Grokster and StreamCast Cases”, Media & Arts Law Review, op. cit., 253 Il giudice Wilson notò come né Grokster né StreamCast facilitassero lo scambio di files come invece faceva Napster: se infatti Napster chiudeva, spegnendo i propri server, la rete di file sharing spariva con lui; gli utenti connessi a Grokster e a Morpheus invece, selezionano i file, effettuano e ricevono ricerche, e scaricano files, senza il coinvolgimento materiale dei sistemi. Se infatti entrambi avessero disattivato tutti i computers sotto il loro controllo, gli utenti della rete avrebbero continuato a scaricare e condividere i files. 626G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 154 175 Degne di nota sono le differenze emerse anche rispetto al caso Betamax. Mentre il videoregistratore permetteva il time shifting, che le Corti ritennero legale, come suo primo utilizzo , i sistemi al pari di Grokster e Morpheus, mentre astrattamente permettevano la condivisione autorizzata di files, o la copia di materiali non protetti, apparvero essere usati in realtà per copiare per lo più musica e film protetti. Tuttavia, influenzate dalla decisione della Corte d'Appello nel caso Napster, che restrinse la propria analisi agli usi potenziali legittimi che potevano essere fatti del software, i giudici nel caso Grokster tralasciarono l'analisi dell'uso effettivo del sistema compiuto sino al momento del processo.627 Per quanto poi la Corte d'Appello confermasse la sentenza di primo grado, la Corte Suprema, nel giugno 2005, individuò nel caso gli elementi per riconoscere una responsabilità secondaria, secondo la teoria del contributory628 e del vicarious629 infringement. La Corte in particolare sottolineò la coesistenza di tre elementi determinanti: l'utilizzazione di una nota fonte di violazione, ovvero il mercato dei precedenti clienti di Napster630; l'assenza di tentativi di applicare sistemi per diminuire 627J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, Part II, op. cit, 90 ss 628La Corte Suprema ritenne che “one infringes contrubutorily by intentionally inducing or encouraging direct infringement...”Metro-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545 U.S. 913, 125S. Ct. 2764, 2776 (2005). 629“...and infringes vircariously by profiting from direct infringement while declining to exercise a right to stop or limit it”. Metro-Goldwyn-Mayer Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545 U.S. 913, 125 S. Ct. 2764, 2776 (2005). 630MGM Studios Inc. v. Grokster, Ltd., 545 U.S. 913, 924-5 (2005) (affermando che parte della tecnologia StreamCast era stata pensata “to leverage Napster’s 50 million user base.”) Alcuni memoranda interni della StreamCast, rivelavano che il loro software fosse in parte disegnato per catturare a sé il maggior numero possibile di utenti di Napster, una volta che la ormai aspettata chiusura del sito fosse avvenuta. 176 l'attività illecita nell'uso del software, a riprova dell'intento di facilitarne le violazioni; la sussistenza di benefici economici, con la vendita di spazi pubblicitari: più aumentava l'uso del software, maggiori erano gli incassi per la pubblicità.631 La Corte Suprema stabilì che non c'era alcun bisogno di rivisitare il precedente della decisione Sony – Betamax, allo scopo di valutare la responsabilità indiretta di Grokster.632 Nel caso Betamax, la Corte Suprema aveva considerato la responsabilità potenziale di Sony, parte convenuta, che vendeva un dispositivo utilizzabile illegalmente per copiare del materiale protetto, per quanto la vendita di tale prodotto non comportasse necessariamente un concorso di responsabilità ove il prodotto fosse usato per scopi legittimi. Veniva quindi ritenuta sufficiente , e scriminante, la capacità di usi legittimi consistenti633. La Corte Suprema, nel caso Grokster, viceversa, sottolineò che la Corte d'Appello avesse errato nell'interpretare in maniera troppo estensiva siffatta dottrina, secondo la quale, pertanto, il distributore di una tecnologia a doppio uso, come il sistema p2p di Grokster, non avrebbe dovuto rispondere della violazione del terzo, pur in presenza della prova che il vero scopo fosse proprio il permettere tale Grokster, peraltro, appose un codice ai propri siti, in modo che apparissero quando gli utenti ricercassero il termine Napster. Vedi Jamie Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit 631M. Fabiani, “il caso M.G.M. Contro Grokster. Ovvero la responsabilità per l'altrui indebito utilizzo di opere protette”, op. cit., 157ss 632G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 157 633Sony Corp. of America v. Universal City Studios, Inc., 464 U.S. 417 (1984) 177 violazione.634 In questo modo, la Corte Suprema stabilì che la Betamax doctrine forniva una teoria della responsabilità, solo nel caso di distribuzione di un prodotto capace di usi legittimi e non legittimi, senza disapplicare le altre teorie della responsabilità “secondaria”. Nella visione della Corte Suprema, il principio Betamax non potrebbe essere interpretato in modo tale da restringere le regole di una responsabilità, fondata su una violazione, derivante dai principi di common law. Così, sotto le regole della inducement theory, la prova diretta della illegittimità dello scopo principale di Grokster non gli permise di esimersi dalla responsabilità ascrittagli.635 634G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 158 635C. B. Vincent, “Bittorrent, Grokster, and Why Entertainment and Internet Lawyers Need to Prepare for the Fair Use Argument for Downloading Television Shows”, op. Cit., 9- 11; G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 159-162. Durante l'analisi del caso, all'interno della Corte Suprema, emersero due visioni principali. Il giudice Ginsburg, nel condannare Grokster, sottolineò come il 90% degli scambi che avvenivano sulla sua rete riguardassero materiale protetto, e il business model della società si basava su queste attività illecite, approfittando quindi delle violazioni dei terzi. In sostanza, il giudice Ginsburg, e con lei anche i giudici Roberts e Kennedy, considerarono espressione di colpa, la cecità ostinata di Grokster, che conduceva verso la sua base utenti-pirati, spianando così la strada della accusa verso il riconoscimento della responsabilità del provider. Questa analisi concludeva, in sostanza, con il fatto che Grokster non avrebbe potuto eludere le accuse di responsabilità, poiché mancavano le prove di un attuale, e non futuro, consistente utilizzo legittimo della sua tecnologia; l'analisi non guardava alla tecnologia p2p in generale, ma al caso specifico di Grokster; si stabiliva così la regola che le tecnologie a doppio uso non possono esimersi da responsabilità, quando l'utilizzo principale che ne viene fatto sia in violazione del copyright. In contrasto, il giudice Breyer riteneva che la Betamax doctrine fosse applicabile al caso in questione. L'opinione di Breyer, supportata anche dai giudici Stevens e O'Connor, riteneva che, limitare l'analisi alle capacità di sostanziali usi legittimi della tecnologia alle risultanze effettive del momento, e comparare tali usi a quelli illegittimi, avrebbe frustrato la logica del caso Betamax. Invece Breyer sosteneva che, sotto le regole della responsabilità, “che cercano di proteggere, non Grokster ed il suo mondo...ma lo sviluppo della tecnologia in generale”, si richiedeva a Grokster di dimostrare che la sua tecnologia fosse semplicemente capace di utilizzi legittimi, comprendendo quegli usi che non sono attuali ma facilmente e verosimilmente realizzabili. Il giudice Breyer sottolineò quindi che, nonostante il 90% dei files scambiati fossero protetti, Grokster permetteva comunque il trasferimento legale del 10% dei files, un numero che era del tutto simile al 9% del time shifting autorizzato, ossia dell'utilizzo legittimo della tecnologia Betamax, che la Corte Suprema aveva rinvenuto in Sony. 178 É curioso notare come in Europa, un caso del tutto simile, riguardante il software Kazaa, che adottava una tecnologia decentralizzata identica a quella di Grokster, venne valutato dalla Corte Suprema Olandese, nel Dicembre 2003, la quale escluse la sussitenza della responsabilità indiretta per la violazione di terzi che avessero usato tale sistema636. 3.2.3. La Terza Generazione di Software P2p, i BitTorrents BitTorrent la terza generazione di Software P2p, indica anche il nome del software che sviluppò questo protocollo. Tale nuovo sistema è stato disegnato per implementare la larga distribuzione di dati, senza dover affrontare ampi costi, e particolari necessità di banda. 637 Le reti BitTorrents introdussero un nuovo protocollo che, grazie ad una tecnologia a “sciami”, permetteva agli utenti di ottenere parti dello stesso file da nodi differenti, contemporaneamente638. Inoltre sperimentarono una serie di metodi per 636J. Strachan, “The Internet of Tomorrow: The New-Old Communications Tool of Control”, E.I.P.R., 2004, 135 L'analisi della Corte Suprema non si pronunciò sul merito del caso nella sua interezza, ma semplicemente confermò la decisione della Corte d'Appello di Amsterdam, che aveva rigettato le accuse contro Kazaa, dirette a imporre al provider di adattare il proprio software per ridurre il numero di files illegali. La decisione della Corte Suprema lasciava irrisolto il problema più importante che era stato sottoposto alla Corte d'Appello, se, cioè, Kazaa potesse essere ritenuto responsabile in concorso con gli utenti, per il solo fatto di aver permesso a questi di utilizzare la stessa rete di file-sharing con gli strumenti adatti a copiare e disseminare le opere protette sulla rete di Internet. Kazaa, come Grokster, aveva una struttura completamente decentralizzata che non permetteva un controllo sul possibile scambio di materiale tra gli utenti e, pertanto, nessuna forma di responsabilità, né diretta, né indiretta, prevista dalle direttive europee in materia di copyright, nell'ambiente elettronico, era applicabile al caso del software Kazaa. 637O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the Ec Personal Data Directive”, op. cit., 175 638M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, Rutgers University School of Law, Camden, 2009, 2 179 nascondere l'identità dell'utente finale che opera come nodo.639 A differenza delle reti p2p come Napster e Grokster, dalle cui piattaforme l'utente scarica direttamente un file, i sistemi di BitTorrents file-sharing non offrono un motore di ricerca per il reperimento di files tramite nominativo. 640 L'utente di BitTorrent, accedendo ad un sito web, scarica un torrent, ossia un piccolo file, di dimensioni ridotte, il quale svolge in sostanza la funzione di indice, poichè contiene dei “metadati” sui files da condividere, e sul “tracker”, ossia il computer che coordina la distribuzione dei files”641. Gli utenti generalmente utilizzano dei “tracking websites”, cioè dei siti che permettono al visitatore di cercare dei files, scaricare i corrispondenti file-torrents, e quindi, attraverso l'utilizzo di un qualsiasi software compatibile con i BitTorrents, scaricare i files desiderati, attingendo parti di detti files dai vari computers che li ospitano, mediante la creazione automatica di una rete p2p temporanea, ad hoc.642 639O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the Ec Personal Data Directive”, op. cit., 175 640G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 165 641http://en.wikipedia.org/wiki/BitTorrent_(protocol) 642J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit., 27; G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 165 La struttura delle reti BitTorrent è stata pensata in modo da rendere più veloci le trasmissioni, e rendere possibile la condivisione di files piuttosto spaziosi, come video e programmi di computer. Per questo, la tecnologia BitTorrent è stata strutturata per selezionare il “peer” con la connessione di rete migliore per il frammento di file richiesto. Per distribuire un particolare file, questo sistema comporta la creazione di reti p2p ad hoc temporanee, dette “swarms”. Questo meccanismo è stato pensato allo scopo di migliorare l'efficienza complessiva dello scambio di files, poiché i clients richiedono parti di files che sono in disposizione dei singoli utenti-peers, facendo sì che molti frammenti siano ampiamente disponibili ed evitando blocchi della rete. Per creare queste reti temporanee, e per avviare la condivisione delle informazioni, all'utente occorre sapere quali altri utenti posseggano il materiale desiderato sul proprio hard disk. Il processo di upload ed il motore di ricerca sono forniti dal “user-run web server”, detto anche “tracker”, che mantiene le tracce degli utenti che condividono un dato file, e distribuisce gli 180 I sistemi BitTorrents quindi, si basano sempre su una tecnologia p2p attraverso la quale connettere tra loro gli utenti e indicizzare i files e, proprio come i loro predecessori, molti dei siti torrents non riescono a dividere i materiali protetti da quelli non protetti.643 Pertanto, i sistemi BitTorrents, che si basano su un'architettura centralizzata, atteso l'utilizzo necessario di un sito web centrale funzionanteda “tracker”, che permette lo scambio dei files, sono risultati facili da attaccare.644 A ciò si aggiunga che, mentre la BitTorrent, come compagnia creatrice di tale tecnologia, si sia attivata in una serie di collaborazioni con i maggiori esponenti dell'industria dell'entertaiment, al fine di concordare licenze, nonché di vendere i propri prodotti in modo legale, adottando dei business models che cercassero di limitare il download non autorizzato di materiali protetti 645, le varie compagnie che utilizzano questa tecnologia non sono state così attente a rispettare i limiti della legalità del copyright, ma hanno invece continuato ad offrire servizi di file sharing non autorizzato.646 indirizzi all'interno dei files condivisi. In questo modo però, tale tecnologia non rende responsabile chi per ultimo ospita tale file, per la disponibilità di condivisione che ne permette. 643Ibid 644M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, op. cit., 2009, 3. Per questo motivo una serie di siti vennero chiusi dopo le azioni legali delle collecting societies. 645C. B. Vincent, “Bittorrent, Grokster, and Why Entertainment and Internet Lawyers Need to Prepare for the Fair Use Argument for Downloading Television Shows”, op. cit., 10 BitTorrent si è attivata per cercare di contenere la reperibilità di materiale piratato attraverso la sua tecnologia ed i suoi motori di ricerca, rimuovendo i link a tali contenuti. Le sue relazioni con l'industria dell'entertaiment, attivate allo scopo di distribuire i contenuti protetti tramite licenze, e la sua capacità di identificare la propria clientela tramite l'indirizzo IP degli utenti, cioè, in sostanza, gli sforzi per sviluppare un commercio elettronico legale, ne hanno differenziato la scelta politica rispetto a quella tenuta dalla maggior parte di p2p providers quali Grokster e Morpheus. 646J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit., 28 Nel 2005 gli agenti federali americani chiusero il sito EliteTorrents.org, che aveva contribuito alla distribuzione di migliaia di copie del film “Star Wars Episode III”, 181 Il sito web più conosciuto che utilizzava il protocollo BitTorrent era “The Pirate Bay”(di seguito TPB), nato nel 2003, per opera di una organizzazione svedese anti-copyright, chiamata “Piratbyrån”, che funzionava da motore di ricerca, nonché indice, per il reperimento dei file BitTorrent. Nel Gennaio 2008 TPB, dopo una serie di richiami da parte di varie industrie dell'entertaiment, cui la compagnia svedese aveva dato risposte irriverenti e con le quali aveva rifiutato di collaborare, veniva accusata avanti al Tribunale di Stoccolma. Nonostante l'applicazione della normativa autoriale svedese, i principi di diritto su cui si fondavano le accuse, non divergevano di molto da quelli analizzati nei casi precedenti circa la responsabilità indiretta.647 Nell'Aprile 2009 pertanto, la corte distrettuale riteneva TPB responsabile in concorso, per aver predisposto nel proprio sito un sistema avanzato di ricerca, che permetteva operazioni di upload e download in modo semplice, rendeva disponibile l'accesso a numerose opere protette648, e funzionava da protocollo di comunicazione tra gli utenti che volevano condividere i files, attraverso il cd “tracker” collegato al sito. Peraltro TPB traeva profitto da tali violazioni attraverso gli annunci pubblicitari.649 permettendone il download ancora prima che il film apparisse sugli schermi. L'industria dell'entertaiment da parte sua, nel corso del 2005, agì come fece con Napster, contro altri popolari siti torrent. Ottenne così la chiusura di vari servizi molto diffusi, quali Supernova.org e LokiTorrent.org. 647 M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, op. cit, 6 648VERDICT B 13301-06 - Stockholm District Court, Division 5, Unit 52, Apr. 17, 2009. La corte spiegò che le opere protette erano rese disponibili quando ne era reso possibile l'accesso al pubblico, come la trasmissione radio o televisiva, o il collegamento su un sito web al fine di permettere l'accesso nel luogo e al tempo desiderato 649 M. A. Carrier, “The Pirate Bay, Grokster, and Google”, op. Cit., 7. I ricavi annuali del sito erano pari a 3 milioni di eruo l'anno. 182 La corte stabilì inoltre che TPB non era protetta dall'Eletronic Commerce Act, poiché le sezioni 16650 e 17651, che esonerano da responsabilità alcuni siti web che immagazzinino informazioni temporanee, non erano applicabili, dato che TPB immagazzinava le informazioni sui files in modo permanente, data la sua struttura centralizzata. Parimenti la corte ritenne non applicabili le sezioni 18 e 19, che esonerano i service providers dalla responsabilità indiretta, qualora non ragionevolmente informati dei fatti, o delle circostanze, che rendono evidente la presenza di operazioni o informazioni illegali, all'interno delle loro reti.652 3.3 Volumi del sistema di Peer to Peer ed impatto economicosociale. Il fatto che il software p2p sia una tecnologia a doppio uso, ebbe sempre maggior rilievo nella riflessione sulla responsabilità indiretta dei software providers, ed il potenziale di tali sistemi, come mezzo che permettesse la diffusione di valori socialmente importanti, fu riconosciuto dalla Corte d'Appello nel caso Napster, quando criticò la corte distrettuale per aver dato troppo peso alle attività 650La § 16, del Eletronic Commerce Act, esonera da responsabilità i siti che immagazzinano temporaneamente dati per facilitare i trasferimenti. 651La § 7, del Eletronic Commerce Act, esonera da responsabilità i servizi che immagazzinano dati per aumentare l'efficienza dei trasferimenti. 652La corte riconobbe la responsabilità indiretta, emergendo con evidenza che i convenuti sapessero che il loro sito conteneva dei files torrent relativi ad opere protette, e che pur tuttavia non si fossero minimamente azionati per rimuovere tali files torrent, nonostante a ciò esortati; parimenti, nonostante fossero a conoscenza del fatto che le opere protette fossero disponibili al pubblico mediante tali files torrent, i convenuti avevano deliberatamente scelto di ignorare il fatto. Court Verdict B 13301-06 at 41, 48 183 illegittime da esso permesse.653 D'altro canto, l'industria musicale e cinematografica ha continuato ad agire in via giudiziaria contro tutti i siti che agevolino le violazioni del copyright, con una strategia dunque inefficiente anche perchè spesso i processi si sono dilungati approdando alle Corti d'Appello654, e gli effetti deterrenti che si pensava di ottenere, furono pressoché nulli655. Se infatti la vittoria contro Napster era stata acclamata con furore, già prima dell'epilogo del processo, il metodo di Napster era stato riprodotto da vari sistemi come iMesh, CuteMx e SpinFrenzy, stimolando poi la nascita dei software di seconda generazione come Grokster, Morpheus ed eMule. Si andava assistendo ad un “effetto boomerang” che le azioni giudiziarie avevano prodotto, finendo per aumentare la popolarità dei sistemi p2p.656 La decisione della Corte Suprema nel caso Grokster, aveva peraltro portato alcune compagnie p2p a chiudere, come eDonkey e WinMx, o in alternativa a stipulare accordi con le industrie dell'entertaiment. 657 L'unica eccezione rilevante riguardava il caso di LimeWire, un software che sosteneva di aver permesso sostanziali usi legittimi. Ad esempio, la compagnia aveva predisposto un negozio 653G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 158 654J. Gregorian, “Grokster, BitTorrent, Copyright Infringiment, and Inducement: How Modus Operandi Can Provide a Functional Standard for Future File Sharing Cases”, op. cit., 29 655 J. Askanazi, G. Caplan, D. Descoteau, K. Donohue, D. Glasser and J. Graham,“The Fate of Napster: Digital Downloading Faces an Uphill Battle”, Duke L. & Tech. Rev., 2001, 13 656P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, op. cit.., 58 L'autore sottolinea infatti come, nel febbraio del 2000 Napster contava 5 milioni di utenti, che raddoppiarono nel giro di un solo mese, dopo che il gruppo dei “Metallica” propose una causa contro il sito, portando il numero di utenti ad aumentare con picchi del 71% al giorno. 657Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit, 9 184 digitale che offriva più di 500.000 canzoni, molte delle quali non protette da copyright, poiché provenienti da gruppi indipendenti. La RIAA iniziò nell'Aprile 2006 una causa contro LimeWire, che al momento non ha ancora raggiunto una soluzione, lasciando aperta la questione se, servizi come quello in questione, possano beneficiare del precedente Sony-Betamax.658 L'industria discografica negli anni successivi alla comparsa di Napster, si trovò indubbiamente ad affrontare una grave crisi, dovuta ad una diminuzione delle vendite in termini molto ampi. Pertanto, ritenne che la diminuzione delle vendite fosse causata dalla rapida crescita del file sharing.659 La RIAA denunciò che l'avvento del p2p file sharing aveva causato una diminuzione del mercato discografico pari al 30%, per cui l'ammontare delle entrate era passato da 38 miliardi di dollari nel 1999, a 32 miliardi nel 2003 660, mentre la MPAA (Motion Piture Association of America) stimò che le perdite subite dagli studios di Hollywood nel 2005 erano pari a 2,3 miliardi di dollari661. I tentativi di misurare le attività di file sharing sono risultati molto complicati, e ci si è chiesto, data l'indubbia diffusione del traffico di opere protette sulle reti p2p, se la diminuzione degli acquisti delle opere protette fosse realmente causata dallo sviluppo delle reti di p2p file sharing. 658Ibid 659S. S. Liebowitz, “File Sharing: Creative Destruction or Just Plain Destruction?”, Journal of Law and Economics, vol. XLIX ,Aprile, 2006 660A. Zenter, “Measuring the Effect of File Sharing on Music Purchases”, Journal of Law and Economics, vol. XLIX Aprile 2006 “There's no minimizing the impact of illegal file-sharing. It robs songwriters and recording artists of their livelihoods, and it ultimately undermines the future of music itself, not to mention threatening the jobs of tens of thousands” (Cary Sherman, RIAA president, USA Today, 18 September 2003). 661“SWEDISH AUTHORITIES SINK PIRATE BAY”, MPAA, May 31, 2006 185 Il p2p file sharing infatti, cominciò velocemente a diventare parte integrante della rete, impegnando una buona percentuale del traffico su Internet. Nel 2004 uno studio americano di CacheLogic662, mostrò come la rete p2p era diventata il più grande consumatore di dati sui network degli Internet service providers. A dispetto delle azioni legali delle industrie dell'entertaiment, che cominciarono a citare in giudizio anche i singoli utenti assieme ai providers 663, il traffico delle reti p2p era in costane crescita.664 Arrivava anche ad impegnare l'80% di alcuni networks, con sviluppi maggiori nelle zone coperte da banda larga.665 In particolare, giocò sulla crescente diffusione del traffico p2p, la nuova capacità di condivisione del materiale video da parte dei software p2p, specialmente a partire dal 2003, quando lo sviluppo della tecnologia BitTorrent portò al trasferimento di una quantità di files che si aggirava tra i 250.000 e i 500.000 files giornalieri, di cui 150.000 rappresentati da materiale video.666 Per quanto riguarda il panorama europeo, dopo un avvio più lento, il traffico delle 662Cahce Logic è una compagnia commerciale che offre soluzioni per la gestione del traffico di rete agli Internet Service Providers, le cui strutture sono in grado di effettuare ispezioni dettagliate sul mercato di distribuzione elettronico. I rilevamenti effettuati nella prima metà del 2004, confermavano come in un periodo di 30 giorni, l'accesso simultaneo alle reti p2p era superiore ai dieci milioni, pari al 10% degli utenti della rete globale. Inoltre questi utenti andavano condividendo oltre 10.000.000.000 megabytes di dati. 663Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit, 9. LA RIAA cominciò a citare anche i singoli utenti che condividevano un ampio numero di files, generalmente più di mille, contando sul fatto che tali azioni potessero cambiare il pensiero comune sulla liceità del file sharing. Alla fine del 2008 la RIAA aveva condotto azioni contro più di 35.000 utenti, generalmente concluse con patteggiamenti per qualche migliaio di dollari; così con un comunicato diffuse la sua intenzione di abbandonare tale strategia. Nell'agosto 2009 si è registrata tuttavia una condanna esemplare contro un giovane utente, Joel Tenenbaum, per un ammontare di 675.000 $, reo di aver condiviso trenta brani musicali su una rete p2p. 664K. Werbach, “The implications of Video Peer-to-Peer on Network Usage”, Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a cura di Eli M. Noam e L.M. Pupillo, Springer, 2008, 98-99 665Ibidem 666Ibidem 186 reti p2p nel 2004 era stato calcolato intorno al 40% del traffico globale di Internet su banda larga, con una media di circa due milioni di utenti, contro i tredici milioni di utenti p2p americani.667 Dato il continuo sviluppo della copertura a banda larga, sul territorio europeo, come progettato dalla Commissione Europea, il numero degli utenti delle reti p2p è destinato a crescere in continuo.668 Il nuovo problema dell'impatto del file sharing sul mercato discografico ha rinnovato l'interesse sulle conseguenze economiche delle attività di copiatura 669, segnatamente sulla questione se l'avvento del p2p abbia indebolito gli incentivi per gli autori verso la creazione di nuove opere 670. La questione è inoltre rilevante poiché la tecnologia del p2p file sharing potrebbe rendere vana la protezione offerta dal copyright; ci si è chiesti pertanto se tale rischio porterebbe a produrre un minore livello di incentivi, e quindi una diminuzione della produttività artistica e dell'innovazione.671 La maggior parte degli studiosi, tramite analisi empiriche, concorda nel constatare un effetto negativo derivante dalle attività delle reti p2p. Si verificherebbe il cd sobstitution effect, per cui chi sarebbe stato disposto ad acquistare l'opera 667A. Gavosto et al. “Peer to Peer Network andthe Distribution in the EU”, Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a cura di Eli M. Noam e L.M. Pupillo, Springer, 2008, 269-291 668Ibid 669S. Liebowitz, “File Sharing: Creative Destruction or Just Plain Destruction?”, Journal of Law and Economics, vol. XLIX ,Aprile, 2006 670I dubbi riguardavano il fatto che la diminuzione delle vendite cominciò nel 1998, un anno prima del lancio di Napster; causa della diminuzione delle vendite potevano essere diversi fattori, come il prezzo maggiore degli album, il prezzo di prodotti complementari e sostitutivi, i canali di distribuzione, etc., Cfr: S. Liebowitz, “Record Sales, MP3 downloads and the Annihilation Hypothesis The Evidence so Far.” In Advances in the Study of Entrepreneurship, Innovation, and Economic Growth, edited by Gary Libecap, JAI Press 671Boldrin - Levine, "The Case Against Intellectual Property”, American Economic Review, vol. 92(2), 2002, 209-212 187 musicale preferisce ora accedervi gratuitamente. Liebowitz sosteneva che le reti p2p avessero diminuito le vendite di CD del 2025%, e sottolineò come il file sharing fosse l'unica causa del declino del mercato discografico, avendo danneggiato quello che altrimenti sarebbe stato un settore in piena crescita.672 Della stessa opinione era Zenter, che effettuò un sondaggio su 15.000 utenti europei, rilevando che il p2p file sharing avrebbe inciso sul mercato discografico riducendo la probabilità dell'acquisto di un opera del 30%.673 Blackburn utilizzò i dati provenienti da 14.000 negozi americani per analizzare gli effetti del file sharing, concludendo che l'impatto sul mercato era negativo a causa degli effetti sostitutivi.674 Bhattacharjee, dalla parte opposta, nel 2006, trovò una associazione positiva tra il download gratuito di Mp3 e l'intenzione successiva di acquistare le stesse canzoni. Inoltre sottolineava come effetto del file sharing, l'aumento di popolarità per gli artisti sconosciuti. Così ritenne che l'ascolto gratuito dei campioni delle 672S. Liebowitz, “Will MP3 downloads Annihilate the Record Industry? The Evidence so Far.” op. cit; “Testing File-Sharing's Impact by Examining Record Sales in Cities”, April 2006, e “Pitfalls in Measuring the Impact of File-Sharing”,2004, University of Texas at Dallas School of Management - Department of Finance & Managerial Economics,; 673Zenter, “Measuring the Effect of File Sharing on Music Purchases”, Journal of Law and Economics, vol. XLIX Aprile 2006 674Durante la sua analisi microeconomica, Blackburn distinse tra i substitution effects e i cd penetration effects (quando l'esposizione dell'opera aumenta tramite la condivisione sulle reti p2p, conduce ad un aumento delle vendite di queste opere). I substitution effects risultarono essere più forti per gli artisti famosi, mentre i penetration effects maggiori per gli artisti emergenti. Tuttavia l'impatto complessivo del file sharing risulta negativo per il fatto che l'industria è dominata da artisti famosi. Sugli effetti negativi del file sharing si schierarono anche Rob e Waldfogel, che effettuarono un'analisi empirica sui dati degli album scaricati ed acquistati da 500 studenti di colleges. Provarono pertanto, che ogni download riduceva gli acquisti musicali. Rob and Waldfogel “Piracy on the High C's: Music Downloading, Sales Displacement, and Social Welfare in a Sample of College Students”, NBER Working Paper No. W10874 , November 2004. 188 opere musicali, avrebbe potuto produrre effetti positivi sul mercato discografico675. Parimenti, Oberholzer-Gee e Strumpf, rilevarono che l'impatto globale del file sharing, anche nel più pessimistico modello, fosse minimo. Focalizzandosi sulle previsioni più negative, stimarono che la perdita annuale subita dall'industria musicale dovesse ritenersi intorno alle tre milioni di copie, un dato, tutto sommato, di rilevanza minima.676 Chi cerca di difendere il file sharing, ritiene che una semplice depressione del mercato discografico non sia espressione della diminuzione degli incentivi alla creazione; in effetti alcuni autori hanno sottolineato come il file sharing abbia effetti positivi, ed influenzi alcuni beni complementari alla vendita dei CD, quali i concerti, o le entrate pubblicitarie.677 3.3.2 Trasformazione del consumatore, rivoluzione della fruizione dell'informazione e decostruzione dei media tradizionali. Era prevedibile che le tecnologie digitali avrebbero prima o poi rivoluzionato il mercato. Il caso Napster ci dimostra che in un'economia in cui il bene chiave è l'informazione, divenuta dunque bene indispensabile ma diffuso, quello che più conta non è avere la copia in sé, ma poter usufruire di un servizio che ci consenta di reperire quanto cerchiamo.678 675Bhattacharjee & al., “The Effect of P2P File Sharing on Music Markets: A Survival Analysis of Albums on Ranking Charts”, NET Institute Working Paper No. 05, 26 October 2005 676Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “The effect of file sharing on record sales: an empirical analysis”, Journal of Political Economy, 115, No. 1, 2007, . 1-42. 677Oberholzer-Gee - Koleman Strumpf, “File Sharing and Copyright”, op. cit, 5 ss 678P. Balsamo, “Distribuzione online di file musicali e violazione del copyright: il caso napster”, 189 Le tecnologie p2p hanno giocato un ruolo centrale nello sviluppo della distribuzione dell'informazione digitale, fornendo i mezzi per migliorare la funzionalità di Internet, come mezzo di comunicazione per numerose applicazioni. L'alterazione di queste reti, perchè possano proteggere i diritti della proprietà intellettuale sulle informazioni scambiate all'interno di esse, rischia di ridurre la funzione di Internet come mezzo di comunicazione. Così il conflitto tra titolari dei diritti ed utenti di Internet ha prodotto una fase distinta e particolare della storia di Internet, la cd “copyright-crisis-era”.679 Tale crisi è condizionata in modo fondamentale dalle nuove opportunità tecnologiche, che non solo permettano l'acquisizione di materiale pirata, ma soprattutto la re-distribuzione delle informazioni, e dall'emergere di nuove modalità con cui l'individuo si rapporta con tali informazioni, che stanno in un rapporto di co-evoluzione con tali tecnologie680. Si è assistito dunque ad un cambiamento della mentalità dell'utente, di pari passo con l'evoluzione tecnologica, verso il controllo individuale del proprio ambiente mediatico e la programmazione delle condizioni di utilizzo dell'informazione, ovvero del luogo e del momento dell'utilizzo; molte, tra le tecnologie che favoriscono questo sviluppo, comportano la copia dell'informazione, nell'ordine di permettere il time shifting, o di consentire la portabilità e rendere possibile il “place shifting”.681 Il file sharing permette di usufruire, guardare o ascoltare ciò op. cit., 59 679W. E. Steinmueller, “Peer to Peer Media File Sharing: From Copyright Crisis to Market?”, Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, a cura di Eli M. Noam e L.M. Pupillo, Springer, 2008, 21 680Ibid 681Ibid, 23-27 190 che si desidera, quando lo si desidera. Tale vantaggio risulta quindi essenziale per la comprensione del largo sviluppo delle reti p2p.682 Si è così ribadito che il p2p file sharing non sia solo il download di film e musica gratis, ma che la sua positività, a livello sociale, derivi dall'aver diffuso un veicolo per la ricerca di opere rare, per la scoperta di nuovi generi, per la creazione di compliations personalizzate, per la realizzazione di modificazioni creative e la condivisione di interessi e creatività; di conseguenza, il pubblico che era consumatore passivo ora si afferma in una dimensione attiva.683 La personalizzazione dei contenuti a seconda dei propri interessi comporta l'aggiunta di maggiore significato, da parte dell'individuo, all'originale, e ne determina spesso la volontà di condivisione con altri utenti. In questo senso, il classico ruolo di consumatore delle opere creative, soggetto alle regole dell'esclusiva degli autori, è percepito come limite alla creatività ed alla nuova dimensione attiva dell'utente.684 Che il valore di un prodotto sia influenzato dalla co-produzione con l'utente , non significa tuttavia che il prodotto debba essere disponibile gratuitamente, rompendo le relazioni economiche e legali che intercorrono tra utente e mezzi di comunicazione. È stato rilevato che l'evoluzione delle strategie di alcuni 682G. Einav, “College Students: The Rationale for Peer to Peer Video File Sharing”, Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, op. cit., 153 683N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to Allow Free Peer-to-Peer File Sharing”, 17 HARV. J.L. & TECH. 2, 2003, 3 684W. E. Steinmueller, “Peer to Peer Media File Sharing: From Copyright Crisis to Market?”, Peer-To-Peer Video: The Economics, Policy, And Culture Of Today's New Mass Medium, op. cit., 21 191 produttori abbia indotto la soluzione ottimale a questa crisi, attraverso un compromesso tra titolare dei diritti ed utente, che ha prodotto la nuova generazione di sevizi di distribuzione online685, quali iTunes e Rhapsody686. Con particolare riferimento ad iTunes, si è osservato che ciò che è interessante in questi servizi, nati per ovviare ai problemi creati dalla diffusione del formato Mp3, che i titolari del copyright erano restii ad utilizzare per il pericolo di scambio di questi files, è la prospettiva di un bilanciamento tra interessi del produttore ed interessi dell'utente: i primi garantiti dall'utilizzo di sistemi di DRM, anche se non eccessivamente invadenti; i secondi garantiti dalla possibilità di effettuare copie attraverso tale sistema687. 685Ibid 686Con un businness model simile a quello di iTunes, Rhapsody è un servizio basato sullo “streaming” (musica selezionata dall'utente e ascoltata su modalità on-demand senza download), che ha reso possibile la copia di certe canzoni sui CD, negli stessi limiti concessi per la copia privata. 687Il sistema della Apple ha infatti previsto l'utilizzo di un formato di DRM soft, applicabile anche al lettore multimediale iPod, che permette il controllo delle copie. La rimozione di tale DRMs è possibile, e così si permette la realizzazione di copie a qualsiasi scopo, solo subendo una perdita di qualità e seguendo un'elaborata procedura. Vedi R. Tushnet, “MY LIBRARY: COPYRIGHT AND THE ROLE OF INSTITUTIONS IN A PEER-TO-PEER WORLD”, 53 UCLA LAW REVIEW 977, 2006, 1003 ss 192 CAPITOLO IV Copia Privata & Copyright - profili giuridici 4.1 Libertà e limiti di scambio della copia privata. Il tema della condivisione e dello scambio delle copie audiovisive digitali attraverso i softwares peer to peer, rimane un argomento caldo, non solo per quanto riguarda l'importanza dei danni economici subiti dai titolari dei diritti in conseguenza di tali attività, ma anche per le numerose questioni giuridiche implicate. Pertanto, mentre, ad esempio, la Direttiva EUCD del 2001 sulla Società dell'informazione ha ignorato completamente il problema, alcuni legislatori nazionali stanno intervenendo per escludere esplicitamente dallo scopo dell'applicazione dell'eccezione di copia privata, il download delle opere protette da fonti non autorizzate.688 Dal momento che in molti paesi la normativa autoriale non ha reso chiara la questione, a causa della sua estrema delicatezza, spesso è toccato ai giudici trovare una soluzione al problema se sia lecito o meno scaricare un'opera protetta.689 Data la difficoltà nel dirimere il problema infatti, molti legislatori, come ad esempio quello francese, hanno preferito risolvere il problema del file sharing non all'interno della struttura dell'eccezione di copia privata, optando invece per l'introduzione di una responsabilità penale contro i produttori di softwares, 688C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the Internet”, IIC, 2008, 597 689C. Geiger, “The Answer to the Machine Should Not be the Machine: Safeguarding the Private copy Exception in the Digital Enviroinment”, E.I.P.R., 2008, 121 193 evidentemente progettati per rendere disponibile il materiale protetto ad un pubblico non autorizzato690, sulla scorta dell'approccio tenuto dalla Corte Suprema americana nel caso Groskter. Permanendo tuttavia una serie di dubbi al riguardo, all'interno della dimensione normativa introdotta dalla Direttiva EUCD, il problema che le corti cercarono di risolvere si presentava duplice: da un lato andava determinato se il mero download non autorizzato dalle reti p2p potesse essere ritenuto come una copia personale permessa691; dall'altro lato, doveva essere fatta luce sulla questione della legittimità della fonte da cui poter effettuare la copia privata, anche su sollecitazione della decisione della Corte Suprema Francese del 30 maggio 2006, che aveva infatti sottolineato la necessità di un intervento del legislatore in punto.692 La decisione della Corte Suprema in effetti, riformò la decisione della Corte d'Appello di Montpellier, che aveva confermato l'applicazione dell'eccezione di copia privata alle opere scaricate dalla rete. Il caso esaminato riguardava un giovane studente accusato di violazione del copyright per aver riprodotto numerosi CD di film protetti scaricati da Internet, nonché di aver effettuato delle copie da dei CD prestatigli da alcuni amici, e di aver quindi a sua volta prestato alcuni dei CD contenenti le opere protette. Il giudice di primo grado aveva assolto il giovane convenuto. In particolare la Corte Distrettuale di Rodez prima, e la Corte d'Appello di Montpellier poi, avevano stabilito che le riproduzioni in questione rientrassero nell'ambito di applicazione della copia privata ai sensi dell'art. 122-5 del Code de la Propriété Intellectuelle. Tale articolo infatti esonera le “copie o le riproduzioni strettamente riservate all'uso privato dell'utente e non intese per un uso collettivo”, dal dover richiedere il consenso dell'autore. La Corte d'Appello ritenne in particolare che le copie effettuate dallo studente fossero a scopo di uso privato, secondo la previsione legislativa, e che pertanto 690Art. L 335-2, 1, Code de la Propriété Intellectuelle. 691G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 144 692Cass. Crim. 30 maggio 2006, Cfr: Sirinelli, RIDA 327, 2006, 237 194 beneficiassero dell'eccezione di copia privata.693 In questo modo i giudici sembrarono inoltre affermare che la copia possa essere effettuata da un soggetto terzo, come un membro della famiglia o un amico, perchè gli effettivi utilizzatori, sempre nell'ambito della cerchia familiare o degli amici, ne possano fare un uso privato.694 La statuizione peraltro andava così confermando una recente decisione della Corte d'Appello di Parigi che aveva stabilito che “l'uso privato non può essere circoscritto ad un uso prettamente solitario, e deve poterne beneficiare una cerchia di individui vicini, da interpretare come un ristretto gruppo di persone legate tra di loro da rapporti familiari o di amicizia”.695 Del resto questo approccio sembrerebbe conforme alla normativa comunitaria, poiché anche l'art. 5.2 (b) della Direttiva EUCD non assoggetta l'applicazione dell'eccezione di copia privata alla condizione dell'identità tra il soggetto che copia e l'utente .696 Lo stesso orientamento è rinvenibile nella normativa autoriale tedesca, all'art 53.1, che ha mantenuto ferma, anche dopo le riforme normative, la previsione che la copia privata possa essere effettuata da un'altra persona.697 Il problema della legittimità della fonte sembra pertanto difficile da risolvere, e le posizioni delle corti sono state tra loro piuttosto contrastanti. 698 Dal punto di vista 693G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 145 694C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the Internet”, op. cit., 597ss 695CA Paris, 4th Division A, 4 April 2007, 39, IIC, 2008, 360 La corte, pur non riconoscendo un diritto alla copia privata, ma la sua sola natura di eccezione legale, per cui l'autore ai sensi dell'art. 122-5 CPI, non può impedire la copia riservata all'uso privato dell'utente, ma solo per un uso collettivo, stabilì infatti che l'uso privato non possa essere ricondotto ad un uso strettamente personale, così che ne possono invece beneficiare una cerchia di persone, ancorchè ristretta. 696C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the Internet”, op. cit., 598 Nel citato caso “Mullholland Drive” per contro, la Corte d'Appello di Aix-en-Provence sostenne che l'eccezione di copia privata sia applicabile solamente all'interno della cerchia familiare, e che invece non sia compatibile con il prestito di CD a soggetti, pur legati all'utente da stretti rapporti di amicizia. Tuttavia, anche in questo caso la Corte d'Appello di Aix-en-Provence non ritenne la legittimità della fonte della copia una condizione per l'applicazione dell'eccezione. 697T. Ramsauer, “Germany’s Copyright Law on the Verge of the Information Age”, e.Copyright Bulletin, December 2003, 5 698G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in Francia: la “copia privata”, Diritto dell'Internet, 2005 n. 3, 272 195 normativo, va sottolineato che il Code de la Propriété Intellectuelle non contiene questo requisito. In Germania invece, con la legge del 10 settembre 2003, è stato modificato l'art. 53-1del Copyright Act tedesco, relativo alla riproduzione ad uso personale, nel senso che l'eccezione di copia privata non si applica quando l'originale della copia costituisca una fonte manifestamente illegittima. 699 Anche in Spagna, nel luglio 2006, è stata adottata una previsione normativa analoga che ancora la riproduzione ad uso personale, per beneficiare dell'eccezione di copia privata, ad una fonte il cui accesso sia ottenuto legalmente. Anche in Italia, del resto, la normativa autoriale assume una posizione più severa di quella francese, imponendo al soggetto che intende effettuare la copia privata di aver acquisito legittimamente il possesso dell'esemplare dell'opera, o comunque di averne avuto un accesso legittimo.700 La richiesta di un intervento legislativo da parte della Corte Suprema francese, sembrerebbe esprimere quindi la necessità di una risposta alla questione in esame. Si potrebbe in effetti ritenere che, nell'ottica del legislatore tedesco il quale inserì specificatamente la condizione della legittimità della fonte, in assenza di una tale specificazione, il download di un'opera da internet possa considerarsi rientrante nell'eccezione di copia privata.701 4.1.2 Possibilità di giustificare la condivisione e lo scambio di copie private sotto la fair use doctrine Atteso che la responsabilità di Napster, e dei suoi successori, derivava dall'iniziale In Francia sono presenti due orientamenti differenti, ed il primo, più legato allo spirito della legge, riscontrabile in una recente pronuncia del Tribunal de Grand Instance di Vannes, secondo il quale sarebbe “logico che la copia realizzata da un esemplare contraffatto sia essa stessa contaminata da un carattere illecito che non può essere coperto dall'eccezione riservata alle copie private” (TGI Vannes, 29 Aprile 2004), sembrerebbe nettamente opporsi alla linea della Corte d'Appello di Montpellier. 699T. Ramsauer, “Germany’s Copyright Law on the Verge of the Information Age”, op. cit, 5 700G.Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in Francia: la “copia privata”, op. cit, 275 701C. Geiger, “Legal or Illegal?That is the Question!Private Copying and Downloading on the Internet”, op. cit., 602 196 infrazione commessa dagli utenti, si era reso necessario innanzitutto determinare se la fair use doctrine avesse potuto giustificare le condotte, apparentemente illegali, di copiatura e condivisione delle opere.702 Se Napster avesse facilitato un vero e proprio “scambio”, nel quale l'utente “condivisore” eliminava la propria copia, dopo che un altro utente aveva effettuato la propria, allora tale attività avrebbe potuto rientrare nella protezione della first sale doctrine, ove una singola copia cambia di “mano”. Tale limitazione al principio di distribuzione, comunque, non autorizzerebbe il legittimo possessore della copia dell'opera alla duplicazione. La limitazione quindi non si potrebbe applicare alla distribuzione tramite siti web o reti p2p, poiché l'operatore del sito o l'utente, dal quale la copia si origina, non cede la propria copia ad un altro utente; mantiene il possesso della propria copia.703 La Corte Distrettuale, nel caso Napster, ritenne che le attività degli utenti non potessero giustificarsi alla luce del fair use, e la Corte d'Appello del IX circuito confermò quasi completamente l'analisi della corte distrettuale, mostrando però una riflessione sul fair use apparentemente banale, con un approccio troppo semplicistico, lasciando poco spazio ad una innovazione dottrinale. La corte infatti rifiutò di abbracciare nuovi approcci al digital private copying, mentre optò per una chiara riaffermazione dell'applicazione tradizionale dei precetti del copyright ad Internet, 704 senza tuttavia dimostrarsi insensibile ai problemi delle nuove tecnologie, anzi cercando di distinguere la tecnologia del file sharing, in generale, da Napster.705 702J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, op. cit., 163 703Ibid, 165 704Ibid, 167 705J. Ginsburg “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, op. cit., 175 La Corte d'Appello riconobbe la preoccupazione dei sostenitori della tecnologia p2p, i quali sostenevano che il copyright non dovesse frustrare l'innovazione tecnologica, e che in particolare il p2p offrirebbe un valido mezzo per la comunicazione e la diffusione delle informazioni, la cui disseminazione non dovrebbe essere messa in pericolo dall'imposizione del copyright. Per questo la corte sottolineò la necessità di una distinzione tra l'architettura del sistema di Napster e la condotta di Napster, in relazione alle capacità operative del sistema. 197 La parte convenuta cercò di dimostrare come le attività di file sharing perseguissero scopi legittimi, come il cd sampling e lo space-shifting, potendo quindi giustificare la loro liceità invocando la fair use doctrine. Per “sampling”, secondo la difesa, doveva intendersi la pratica dell'utente di scaricare opere protette dalla rete al solo scopo di ascolto, per poter decidere in seguito quale di queste opere acquistare.706 Tale pratica, secondo la difesa, avrebbe avuto il risultato di promuovere l'acquisto dei CD.707 Per quanto riguarda il time shifting invece, veniva indicata la pratica di utilizzare la tecnologia file sharing in modo tale da rendere possibile agli utenti di accedere alle registrazioni audio, di cui essi erano già in possesso, avendo acquistato il relativo CD, o in altre parole l'accesso legittimo all'opera, in un formato diverso. A sostegno della legittimità del fair use dei propri utenti, Napster sostenne che lo scopo, e il carattere del download non autorizzato dalla propria rete, potesse essere paragonato all'utilizzo della tecnologia Betamax. La difesa cercò di giustificare tale tesi sostenendo che gli utenti del nuovo sistema p2p eserciterebbero il fair use convertendo i CD da loro acquistati nel formato MP3 e quindi, attraverso il software Napster, andrebbero a trasferire la musica su un computer differente, ad esempio dal computer di casa a quello 'ufficio. Per esprimere tale funzione la difesa utilizzò l'espressione “spaceshifting”.708 La corte d'Appello, analizzando l'applicabilità del fair use tramite i quattro fattori statutari dell'art 107 del U.S. Copyright Act, si concentrò in particolare sul primo e sul quarto fattore: la natura e lo scopo dell'uso, e l'impatto di tale uso sul potenziale mercato dell'opera. Con riferimento al primo fattore, la corte non ritenne “trasformativo” l'uso in questione, per il semplice fatto che l'opera veniva ritrasmessa in modalità La corte riconobbe in effetti come la chiusura di Napster avrebbe causato un grave danno all'interesse pubblico. 706G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139 707J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act””, 170 708G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139 198 differenti. La corte si persuase della fondatezza della tesi dell'accusa, secondo la quale la trasformazione del formato delle registrazioni in MP3, adatto al download, non aggiungerebbe alcun fattore a livello estetico, nessuna nuova visione, né idea, all'originale. Per questo motivo il download non fu ritenuto un uso fair nemmeno nel caso in cui l'utente fosse stato in possesso della copia originale. Il cd space-shifting in particolare, non dimostrava sufficienti analogie con la nozione di time shifting, come riconosciuta nel caso Betamax.709 Ciò che più rilevò all'interno dell'analisi congiunta del primo e del quarto fattore (il carattere e l'effetto del file sharing sul mercato dell'opera protette), fu il fatto che la corte d'appello, al pari di quella distrettuale, caratterizzò l'attività degli utenti come “commerciale”, cosa che, come si è visto, di per sé non preclude ma detiene un forte peso nella determinazione del fair use. Pur senza affermare che le attività di downloading e uploading di files musicali fossero di dimensioni tali da inquadrare un'attività commerciale, fu ritenuto che il file sharing di opere protette non potesse rientrare nella tradizionale categoria dell'uso personale. La corte ritenne che, nonostante gli utenti di Napster non scaricassero i brani musicali allo scopo di rivenderli e trarne profitto, la condivisione, attuata con un ampio numero di utenti anonimi, non potesse comportare un utilizzo privato. 710 La corte pervenne a tale conclusione per il fatto che gli utenti di Napster ottenevano senza alcuna spesa un quid che avrebbero dovuto altrimenti pagare, così allineandosi con alcune precedenti decisioni della Corte Suprema; questa aveva infatti statuito che il concetto di profitto non include solo il guadagno come obiettivo di un dato uso, ma anche lo sfruttamento dell'opera protetta senza il pagamento del prezzo abituale.711 709G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 140 Secondo l'analisi della corte, lo space shifting non comportava un uso personale non commerciale al pari del time shifting del caso Betamax, il quale , infatti, restava circoscritto all'interno della dimensione domestica dell'utente. Per di più, venne rilevato come lo space shifting non costituisse un uso significativo delle reti di Napster, dal momento che la spiegazione più convincente della proliferazione, e dello sviluppo del traffico sulle sue reti, stava nella amplissima disponibilità di opere musicali disponibili agli utenti. 710Ibid 711Harper & Row v. Nation Enterprises, 471 U.S. 539, 562 (1985) 199 Pertanto, mentre si potrebbe opporre che ottenere l'opera protetta senza alcuna spesa non sia equivalente allo sfruttamento dell'opera, poiché infatti lo sfruttamento implica la commercializzazione, o comunque una ulteriore distribuzione, e l'analisi del fair use circa il carattere commerciale dell'uso dovrebbe indagare solo se l'utilizzo comporti uno sfruttamento, tuttavia, se lo sfruttamento comporta anche solo una ulteriore distribuzione, allora la caratterizzazione è soddisfatta, dal momento che gli utenti di Napster non scaricano solo per se stessi, ma condividono ampiamente con gli altri utenti.712 La corte d'appello comunque non limitò la concezione di “commercialità” semplicemente a quegli usi che comportassero una disseminazione, ma considerò il carattere ripetitivo e di sfruttamento degli atti di copiatura che avvenivano sulle reti di Napster, che, evidenziando la sistematica tendenza ad evitare l'acquisto, rendeva tali condotte commerciali.713 Dall'altra parte la considerazione congiunta della corte della ripetitività e dell'attitudine allo sfruttamento, sottolinea, all'opposto, che la copia occasionale per l'intrattenimento personale non comporterebbe la “commercialità” di tale uso.714 L'intensità e la larga scala delle attività di copia che avvenivano all'interno di Napster erano tali da caratterizzare una sistematica riproduzione e distribuzione, e classificare tali attività come “non commerciali” le avrebbe svuotate di ogni contenuto significativo. In nessuna eventualità infatti (anche se ce ne fosse una da considerare, come la corte d'appello peraltro non considerò) la copia personale, per quanto non possa essere commerciale o abile allo sfruttamento, può competere con il mercato del titolare dei diritti dell'opera. 712J. Ginsburg “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act” 169 713Così come era stato affermato in Sega Enterprises Ltd. v. MAPHIA, 948 F. Supp. 923, 41 U.S.P.Q.2d (BNA) 1705 (N.D. Cal. 1996), ove la corte stabilì che un uso è commerciale quando gli utenti scarichino video games “allo scopo di evitare di dover pagare per l'acquisto delle cartucce di tali video games” . 714J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act” 169 200 Rispetto al quarto fattore (gli effetti del file sharing sul mercato dell'opera protetta) quindi, la corte d'appello, come del resto la corte distrettuale, concentrò la propria analisi su due tipologie di mercato: il tradizionale mercato di vendita dei CD, e quello in evoluzione della distribuzione di musica online. Per quanto riguarda il primo, la corte confermò il parere della corte distrettuale che aveva sottolineato come l'utilizzo di Napster avesse un impatto negativo sulla vendita dei CD, specialmente nelle vicinanze dei campus collegiali, ove l'uso di Napster risultava particolarmente intenso. Nonostante i risultati mostrati dagli economisti non fossero chiari, la corte ritenne che il file sharing avesse chiaramente effetti negativi. Ma soprattutto, la corte d'appello riconobbe l'indipendenza e la rilevanza della nuova forma di sfruttamento. Non fu ritenuto di particolare significato che la condotta degli utenti danneggiasse o meno le tradizionali modalità di sfruttamento. La corte invece si persuase del fatto che il file sharing avesse creato una barriera all'entrata sul mercato della distribuzione musicale on-line, per cui l'inconsistenza del danno al mercato della distribuzione fisica già sviluppato, non avrebbe potuto privare il titolare dei diritti della legittimazione di sviluppare mercati alternativi dell'opera.715 715Così come affermato nel caso L.A. Times v. Free Republic, 54 U.S.P.Q.2d 1453, 1469-71 (C.D. Cal. 2000), dove venne rilevato che: lack of harm to an established market cannot deprive the copyright holder of the right to develop alternative markets for the works. Stating that online market for plaintiff newspapers' articles was harmed because plaintiffs demonstrated that "[defendants] are attempting to exploit the market for viewing their articles online". Allo stesso modo la corte riconobbe che il cd sampling, grazie al quale, secondo Napster, si sarebbe ottenuto un aumento delle vendite dei CD, rivestisse la natura di uso commerciale, e competesse con lo sfruttamento della parte attrice del potenziale mercato del samplig stesso, così come dall'altra parte minacciava il mercato del download digitale. Infatti il sampling di Napster coinvolgeva due nuovi mercati, in entrambi i quali la parte attrice era entrata o stava comunque cercando di entrare: i) un mercato per sampling vero e proprio, o in altre parole il download parziale e/o temporaneo; ii) un mercato per la distribuzione digitale di copie permanenti delle opere nella loro interezza. Cfr J. Ginsburg, “ Cronique des Éstats-Unis – Developments in U.S. Copyright Since The Digital Millennium Copyright Act”, op. cit, 170 201 I principi emersi nel caso Napster furono in seguito confermati in altri casi di file sharing illegale. Con il caso Grokster, ove si riaffermò che le copie effettuate dagli utenti non erano ritenute protette dalla fair use doctrine, i convenuti non riuscirono a mostrare alcun significativo utilizzo non illegittimo716, In seguito, nel più recente BMG Music v. Gonzales717, si assistette alla prima azione legale di una società discografica contro un singolo utente, accusato, nel caso, di aver scaricato 1370 canzoni protette senza autorizzazione, tramite il software p2p Kazaa.718 In particolare l'utente sostenne che la propria condotta rientrasse nel fair use, poiché consisteva nel cd sampling allo scopo di selezionare i brani da acquistare successivamente. La decisione della Corte del Settimo Circuito si concentrò sulla liceità o meno del download di 30 brani a scopo di prova, che il convenuto ammise di non aver poi comprato, quando si scoprì che lo stesso non aveva cancellato i files ma li aveva mantenuti sul proprio computer.719 La corte rifiutò di considerare le utilizzazioni degli utenti come non-profit sull'assunto che essi scaricassero e detenessero permanentemente tutti i files nei loro hard disks, e confermò la medesima analisi della decisione del caso Napster. Nell'opinione della corte infatti, oltre il fatto che una copia scaricata, utilizzata e tenuta nel computer per un utilizzo futuro, sia un diretto sostituto dell'acquisto della copia originale, e non possa considerarsi un sample, il downloading sulla base del “try-before-you-buy” è da considerarsi una valida pubblicizzazione per i titolari del copyright, in grado di aumentare il valore dell'opera. Per questo motivo la corte ritenne che il singolo utente non potesse invocare il fair use per il download allo scopo di prova, proprio per il fatto che quello del sampling costituirebbe un potenziale mercato per l'autore. A riprova dell'assunto stava il fatto che alcuni operatori, quali i Tunes, offrivano alcuni samples sul mercato, 716Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, 207 RIDA, 2006, 18 717BMG Music v. Gonzalez, 430 F.3d 888 (7th Cir. 2005) 718J. Band - M. Schruers, “BMG Music v. Gonzalez”, E-Commerce Law Report, disponibile anche su www.llrx.com, April 21, 2006 719G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 139 202 pagando ai titolari dei diritti un compenso per ottenerne l'autorizzazione.720 La Corte del Settimo circuito continuò la sua analisi rigettando la richiesta della parte convenuta di applicazione del fair use, anche per il quarto fattore. Peraltro, al momento della decisione, nel 2005, il mercato discografico aveva subito una perdita pari al 30% in quattro anni, e la corte ritenne che questo dato fosse direttamente collegato all'aumento del file sharing, sul presupposto che la musica scaricata gratis su internet avesse effetti sostitutivi sulla musica acquistata. Così la difesa del fair use venne respinta poiché la corte ritenne che il file sharing stesse danneggiando entrambi i mercati della musica, quello online e quello tradizionale. Lo stesso orientamento fino qui adottato dalle corti è stato recentemente ribadito nel caso RIAA v. J. Tenenbaum, del 31 luglio 2009, ove la Corte Distrettuale del Massachussetts ha condannato un giovane studente per violazione del copyright ,e rigettato l'ennesima invocazione di fair use rispetto al download, tramite reti p2p. Lo stesso orientamento fino a qui adottato dalle corti è stato recentemente ribadito nel caso RIAA v. J. Tenenbaum, del 31 luglio 2009, ove la Corte Distrettuale del Massachussetts ha condannato un giovane studente per il download e la condivisione di 30 brani musicali, nonchè rigettato l'ennesima invocazione di fair use rispetto al file sharing tramite reti p2p. In particolare la difesa richiedeva l'applicazione della fair use doctrine atteso che lo scaricamento illegale sarebbe avvenuto ai soli fini personali, senza comportare danni particolari ai titolari dei diritti sulle opere. La corte tuttavia rigettò le argomentazioni della difesa dal momento che l'applicazione della fair use doctrine al caso, secondo l'estensiva interpretazione richiesta dal giovane Tenembaum, avrebbe portato a costituire uno scudo di difesa così ampio da poter potenzialmente giustificare tutti i downaload illegali da Internet. Così, pur riconoscendo la corte che non ogni download non autorizzato comporti una mancato acquisto dell'opera originale, fu considerato pacifico che, l'applicazione della fair use doctrine al caso esaminato, avrebbe indotto una parte di consumatori attualmente paganti, ad optare per il download 720G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 141-143 203 gratuito, ritenuto fair use. Su questi presupposti, lo scopo privato dell'uso portò la corte a respingere l'invocazione del fair use.721 4.1.3 Le diverse posizioni di uploader e downloader all'interno dei sistemi peer to peer. Il diritto del titolare del copyright di impedire al pubblico il compimento di copie delle opere senza autorizzazione è il più essenziale diritto riconosciuto dal diritto d'autore, al pari del diritto di autorizzare la distribuzione, come strumento per attuare la propria esclusiva, senza il quale il titolare non avrebbe alcuna ricompensa per l'utilizzo delle proprie opere. Con la nascita di Napster e dei softwares p2p, come è stato sottolineato, è stata permessa la realizzazione di copie private, in larga scala, ad un numero vastissimo di utenti, senza che questi fossero entrati in legittimo possesso dell'originale; nello stesso tempo, le applicazioni p2p richiedono generalmente, per il loro funzionamento, all'utente di condividere i files scaricati. In questo modo gli utenti da un lato violano il diritto di riproduzione dell'autore scaricando le opere, e dall'altro lato rendono le proprie copie disponibili a diversi utenti per una seconda riproduzione, provocando la disseminazione sulle reti p2p delle stesse, realizzando pertanto una distribuzione digitale delle copie e violando il diritto di comunicazione al pubblico, come previsto dall'art 11bis della convenzione di Berna.722. Se non sussistono dubbi che la responsabilità dell'utente finale, per gli atti di uploading, sussista, in quanto viola la normativa di copyright rendendo disponibile il materiale protetto al pubblico, c'è stata molta più incertezza nel dichiarare la natura illegittima degli atti di mero downaload, cioè quando il 721“RIAA v. Joel Tennenbaum”, Reveue Internationale de la Proprietè Industrielle et Artistique, n 237, 2009, 69 ss 722O. B. Vincents, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the Ec Personal Data Directive”, International Journal of Law and Information Technology, Vol. 16 No.3, Oxford University Press, 2007, 277-279 204 materiale scaricato non venga condiviso con altri soggetti, ma semplicemente immagazzinato sul pc dell'utente. Già si è detto come la corte d'Appello di Montpellier avesse ritenuto giustificato dall'eccezione di copia privata il downaload di alcune opere protette, data la natura strettamente personale di tale utilizzo. Va quindi notato che la definizione di copia privata, fornita dalla Direttiva EUCD, all'art. 5.2, si riferisce alla riproduzione effettuata da una persona senza scopi direttamente o indirettamente commerciali, facendo sì che la legalità dell'uso sia sopratutto basata sull'assenza della commercialità, più che sul fatto che la copia venga utilizzata personalmente o condivisa con altre persone. Inoltre, va sottolineato come la Direttiva non abbia fornito, da un punto di vista letterale, una singola definizione di copia personale, legittimando così le corti ad attribuirne diversi significati, che dipendono dalle normative nazionali le quali modellano l'eccezione di copia privata in riferimento alla rigorosa nozione di uso personale dell'uso non autorizzato.723 Per questo la differenza tra upload e download, starebbe nel fatto che l'atto di condivisione escluderebbe tale pratica dall'ambito dell'uso privato, e comporterebbe quindi l'inapplicabilità assoluta della eccezione di copia privata nel momento in cui la copia venga condivisa sulla reti p2p 724, e ciò poiché l'upload comporterebbe la violazione del di divieto di comunicazione al pubblico dell'opera, o dell'utilizzo collettivo della copia utilizzando l'espressione del 723G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 144 Ad esempio in Italia e in Francia, le normative, rispettivamente agli artt. 122.5 CPI e 71 sexies LDA, richiedono come requisito di legittimità della copia la destinazione non pubblica della stessa, in modo tale che nessun soggetto , al di là dell'utente originale, sia protetto da tale eccezione. 724Bernault - Lebois, “Peer-to-peer File Sharing and Literary and Artistic Property - A Feasibility Study regarding a system of compensation for the exchange of works via the Internet”, Institute for Research on Private Law, University of Nantes, June 2005, 23-24 La Corte di primo grado di Miaux, con la sentenza del 21 aprile 2005, aveva infatti condannato un utente per violazione del copyright, poiché aveva scaricato, e posto in condivisione, delle opere protette tramite un software p2p; la responsabilità dipese proprio dal fatto che questa condotta esulava dalla nozione di uso privato. 205 legislatore francese. La prima pronuncia europea con cui sembrò rispondersi alla questione se il mero download fosse giustificabile secondo l'eccezione di copia personale, fu emessa in Olanda dalla Corte di Harlem nel maggio 2004. Secondo la corte, nel caso sub judice, ove degli utenti scaricavano i files da alcuni siti senza autorizzazione, il download dei files, senza la condivisione degli stessi, non avverrebbe in violazione della normativa autoriale. Secondo la normativa olandese infatti, un soggetto è legittimato ad effettuare delle copie di un 'opera protetta, a condizione che non renda tali opere disponibili al pubblico, senza rilevare se il medesimo sia o no in legittimo possesso della copia originale 725. Così, secondo la corte olandese, il legislatore nazionale riterrebbe che la copia privata di un file mp3 illegale sia lecita; viceversa si configurerebbe come illegittima solo la condotta dell'utente che renda disponibile al pubblico il file, scaricato .726 Questa decisione, piuttosto isolata in Europa, fu invece seguita dalla Corte Federale del Canada nel marzo 2004, in una contestazione giudiziale avviata da alcune major discografiche (BMG, EMI, SONY etc.) contro vari Internet Service Providers canadesi. La corte stabilì che il download di musica, non condiviso, non fosse illegale.727 Secondo l'orientamento sostenuto, infatti, il download di un file su hard disk sarebbe tutelato dall'art. 80.1 della normativa autoriale canadese, la quale stabilisce che “l'atto di riproduzione di tutte o alcune parti di un'opera non costituisce violazione del copyright se effettuata a scopo di uso privato”. La corte confermò quanto era stato già proposto dalla Canadian Commission on Copyright in una decisione risalente al 2003, “the private copy 2003-2004”728, secondo la quale “la normativa non prenderebbe posizione su quanto concerne la fonte della copia....la normativa infatti non richiede che la copia originale sia legale. In 725Brandner, “MP3 : télécharger n’est pas pirater, selon le tribunal d’Haarlem”, 20 May 2004, www.juriscom.net 726Bernault - Lebois, “Peer-to-peer File Sharing and Literary and Artistic Property - A Feasibility Study regarding a system of compensation for the exchange of works via the Internet”, op. cit., 21 727G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit.,144 728Report disponibile su www.cb-cda.gc.ca 206 questo modo non è necessario sapere se la fonte della copia appartenga all'utente, oppure gli sia stata prestata, o sia stata scaricata da internet.” La Commissione concluse che il download di file MP3 da Internet sarebbe così tutelato dalla eccezione di copia privata729, considerando anche il fatto che certi software p2p permettono agli utenti di non condividere i files scaricati dalla rete.730 In questo senso, occorre notare come la citata decisione della Corte di Montpellier, si basava sul fatto che i materiali scaricati fossero stati immagazzinati sul computer dell'utente per poco tempo, per un utilizzo esclusivamente personale, senza essere condivisi pertanto con altri utenti. La decisione si era concentrata quindi sul mero atto di riproduzione da Internet. Considerando quanto è stato analizzato, le debolezze dimostrate dall'art. 5 della Direttiva EUCD per quanto riguarda la sua funzione di orientamento, hanno portato a differenti interpretazioni nei vari Stati Membri circa la sorte del download non autorizzato. Tuttavia, nonostante le conclusioni delle corti olandesi e francesi, le recenti dinamiche a livello europeo hanno preso le mosse dalla legittima preoccupazione che il fenomeno del peer to peer possa definitivamente stravolgere i precari equilibri dell'industria discografica.731 Come già accennato, in Germania la normativa autoriale prevede la soluzione più rigorosa al problema del file sharing non autorizzato considerando specificatamente illegittima la copia privata effettuata da fonte illecita, impedendo quindi anche il mero download non autorizzato di opere protette. In linea con questa impostazione, il sistema italiano punisce gli atti di copia dalle reti p2p tramite sanzioni amministrative. Con il “Decreto Urbani”, il sistema normativo ha distinto le condotte di condivisione ed upload, colpite da sanzioni penali, dagli atti di mero download, tutti tuttavia 729Bernault - Lebois, “Peer-to-peer File Sharing and Literary and Artistic Property - A Feasibility Study regarding a system of compensation for the exchange of works via the Internet”, op. cit., 21-22 730G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 144 731G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in Francia: la “copia privata”, Diritto dell'Internet, 2005 n. 3, 274 207 considerati violazioni del diritto d'autore e fonte di risarcimento nei confronti dei titolari dei diritti sulle opere.732 ***** Per concludere, data la generale situazione di incertezza riscontrata nel quadro normativo europeo, ed il fatto che né i fini commerciali né quelli di condivisione furono riscontrati dalle corti nei casi giudiziari di file sharing analizzati, l'unica restrizione alla libertà dell'utente all'uso personale potrebbe rinvenirsi all'interno del cd three-step test. Come è stato analizzato nel I capitolo, i rigidi criteri di tale test, richiamati dall'art. 5.5 della Direttiva EUCD, sembrerebbero negare ai giudici la giustificazione degli atti di mero download sotto l'eccezione di copia privata, e pertanto risulta evidente come le corti, nei casi analizzati, non ne abbiano tenuto conto.733 Il Test pone un triplice vaglio al superamento del quale è sottoposta la conformità delle eccezioni e limitazioni al diritto d'autore, prevedendo che queste debbano trovare applicazione solo in (i) determinati casi speciali che (ii) non contrastino con il normale sfruttamento dell'opera e che (iii) non arrechino ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.734 Per quanto riguarda il secondo fattore del test, il normale sfruttamento dell'opera, i giudici, nei casi analizzati, non hanno considerato che questo requisito preclude la realizzazione della copia privata quando l'utente entri in concorrenza con il titolare dei diritti. Considerando l'esistenza di diffusi servizi di distribuzione musicale on-line, che offrono l'acquisto delle opere protette tramite schemi di licenze legali, gli utenti potevano facilmente acquistare le opere su questi mercati. Per contro, tramite l'utilizzo delle reti p2p, per ogni file scaricato illegalmente dagli utenti, senza autorizzazione, si realizzerebbe per l'autore la perdita di un profitto legittimo. Pertanto risulterebbe evidente il conflitto con il normale sfruttamento dell'opera protetta, specialmente considerando che non si 732Ibid 733G. Mazziotti “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 145 734Margoni - Ricolfi “Un'interpretazione equilibrata del “Three-Step Test” nel diritto d'autore”, Diritto dell'informazione e dell'informatica, numero 1, 2009, pag. 159 ss. 208 assisterebbe ad alcun fallimento del mercato dell'uso desiderato delle opere protette.735 In riferimento al terzo fattore del test, ossia l'ingiustificato pregiudizio degli interessi del titolare dei diritti, occorre notare che la Direttiva EUCD abbia consentito l'attuazione dell'eccezione di copia privata, subordinandola alla condizione che il titolare dei diritti riceva una equa compensazione, poiché tale compensazione servirebbe ad attenuare i pregiudizi causati dalla concessione dell'eccezione al diritto di esclusiva dell'autore, ed i pregiudizi all'interesse del medesimo ad ottenere una remunerazione per l'utilizzo della sua opera. 736 In particolare, in Francia (come del resto nella quasi totalità degli altri Stati Membri), i personal computers, che nel caso del file sharing funzionano come dispositivi di riproduzione e supporto delle opere scaricate, non erano contenuti nella lista dei dispositivi di copia sottoposti al regime delle copyright levies, su cui pertanto non viene imposto l'equo compenso. Le corti di Rodez e Montpellier sembrarono convinte che il fatto che i contenuti scaricati venissero trasferiti su supporti materiali (i CD), soggetti invece all'equo compenso, potesse giustificare l'originario atto di download sui personal computer all'interno dell'eccezione di copia privata, confondendo tuttavia lo stato legale del download autorizzato con il conseguente atto di riproduzione sui supporti materiale, che sarebbe stato giustificato dal sistema di levies.737 In conclusione, l'analisi delle decisioni delle corti francesi ed olandesi non sembrerebbe condivisibile alla luce del three step test. Fino a quando non venga attuato un sistema di compensazione completo, che sottoponga tutti i dispositivi utilizzati per il file sharing al regime di levies, e renda ragionevole il pregiudizio subito dall'autore738, l'eccezione di copia privata non 735G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 150 736C. Geiger, “The Role of the Three-Step Test in the Adaptation of Copyright Law to the Information Society”, e-Copyright Bulletin, January - March 2007, 7-9 737G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 151 738G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 152 209 sembra potersi applicare al download non autorizzato tramite i sistemi p2p.739 4.2 Comparazione delle normative dei paesi common law e civil law: Stati Uniti, Regno Unito, Canada. Stati Uniti, Canada e Regno Unito adottarono soluzioni diverse per rispondere al problema del file sharing e regolare la responsabilità degli utenti finali per la riproduzione privata e la condivisione delle opere protette.740 Negli Stati Uniti, in risposta alle difficoltà incontrate nei casi Grokster e Morpheus, data la decentralizzazione dei sistemi post-Napster e la difficoltà nel dimostrare la responsabilità dei service providers, la RIAA venne incoraggiata ad utilizzare le rigide previsioni del DMCA come arma ai fini di cominciare una ampia battaglia contro gli utenti finali coinvolti in attività di file-sharing illegittimo.741 Si è analizzato come l'applicabilità della fair use doctrine al file sharing sia stata negata dalla corti in conseguenza della costante espansione delle reti p2p e del danno al mercato dell'industria discografica americana. 739Il problema è risultato molto sentito in ambito dottrinale e non solo, richiamando l'attenzione della Commissione Europea verso una riforma dell'attuale sistema di levies, e stimolando molti autori alla ricerca di validi sistemi di compensazione che giustifichino la legalizzazione del download tramite i sistemi p2p. Così N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to Allow Free Peer-to-Peer File Sharing”, op. cit.; Botein - Samuels, “COMPULSORY LICENSES IN PEER-TO-PEER FILE SHARING: A WORKABLE SOLUTION?”, 30 SOUTHERN ILLINOIS UNIVERSITY LAW JOURNAL 69 (2005); Lessig, “Free culture”, op. cit.; Fisher, “Promises to Keep: Technology, Law, and the Future of Entertaiment”, Stanford University Press 2004; Jefferson Graham, “Kazaa, Verizon propose to Pay Artist directly”, USA Today, 2002; Reform Joseph Gratz, “In The “Brave Kingdom”: Alternative Compensation Systems For Peer-To-Peer File Sharing”, MINN. J.L. SCI. & TECH., 2004, 404 ss; Litman, “Sharing & Stealing”, 27 HASTINGS COMM. & ENT. L.J, 2004; OKSANEN & VÄLIMÄKI “COPYRIGHT LEVIES AS AN ALTERNATIVE COMPENSATION METHOD FOR RECORDING ARTISTS AND TECHNOLOGICAL DEVELOPMENT” Review of Economic Research on Copyright Issues, 2005, vol. 2(2), 25-39. 740Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”, International Journal of Law and Information Technology , Vol 14 2006, 7 ss 741R.. Swope “Peer-to-Peer File Sharing and Copyright Infringement: Danger Ahead for Individuals Sharing Files on the Internet”, 44 Santa Clara L. Rev. 2004, 866 ss 210 Il file sharing non autorizzato in particolare, viola le disposizioni contenute nel Copyright Act alle § 114 e 115, che modificate dal Digital Performance Right in Sound Recordings Act del 1995 e dal DMCA, hanno portato ad un'espansione e rafforzamento dei diritti di esclusiva dell'autore nel contesto del digitale.742 Le violazioni al copyright considerate sotto la 17 U.S.C. § 501, che prende in considerazione la riproduzione non autorizzata e la trasmissione delle opere, comportano sanzioni pesanti, che possono portare ad un risarcimento che va da 750$ a 150.000$ per opera, in grado di raggiungere una multa di 300.000$ per opera in caso di “willful infringement”. Nel citato caso Tenembaum infatti, il giovane studente americano è stato condannato ad un risarcimento pari a 675.000$ per aver condiviso 30 canzoni, considerando un risarcimento di 22.500$ a brano.743 In Inghilterra, con l'emanazione del “Copyright and Related Rights Regulation” del 2003, recependo la Direttiva EUCD, venne imposto un maggiore rigore della normativa autoriale. All'interno del Copyright, Designs and Patents Act del 1988 (CDPA), l'art 107.1 introduce una responsabilità penale per la copia di opere protette per scopi illeciti o di distribuzione di tali opere, ossia la pirateria tradizionale. L'art. 107.2, una controversa disposizione introdotta dalla Copyright Regulation, dispone la responsabilità per gli utenti finali per le attività di file shairng di files protetti, anche in caso di download per usi personali e non commerciali.744 Inoltre la Copyright Regulation modificò l'art. 20 del CDPA allo scopo di garantire ai titolari dei diritti maggiori poteri in relazione al loro diritto esclusivo di controllare come le loro opere vengano comunicate elettronicamente al pubblico. Pertanto, il concetto di comunicazione al pubblico incluse la condivisione di un opera su Internet. Il CDPA quindi, fornisce delle linee guida 742R. Swope “Peer-to-Peer File Sharing and Copyright Infringement: Danger Ahead for Individuals Sharing Files on the Internet”, op. cit., 877 743“RIAA v. Joel Tennenbaum”, RIDA, op. cit., 71 ss 744Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”, op. cit., 204 211 molto chiare circa il file sharing tramite le reti p2p, e individua una violazione del copyright azionabile in giudizio all'art.16 per il download non autorizzato di files protetti, mentre per la condivisione di tali files tramite le reti p2p viene individuata una ulteriore violazione del diritto di distribuzione dei titolari dei diritti.745 Infine l'applicazione del principio del fair dealing nel Regno Unito, in contrasto con l'orientamento delle costi statunitensi per quanto riguarda il fair use, risulta molto rigida, e limitata a determinate situazioni. Le corti hanno infatti strutturato l'eccezione di fair dealing come esclusivo strumento di difesa, legato per altro ad un difficile onere probatorio. In Canada si è preferito adottare un atteggiamento cd “wait and see”, senza l'adozione di interventi legislativi drastici, che cerca di trarre vantaggi dall'esperienza statunitense ed europea per quanto riguarda i problemi provocati dalla diffusione del p2p file sharing. In attesa quindi di future modifiche, l'art. 27 del Copyright Act Canadese, che dispone la responsabilità per le violazioni dei diritti di esclusiva dell'autore, è stato applicato nel contesto del cyberspace nella Copyright Board's tariff 22 decision,del 1999, per sanzionare gli atti di distribuzione delle opere digitali online, colpendo qualsiasi comunicazione dell'opera tali da rendere la stessa accessibile ad un gruppo non stretto di persone. Come già sottolineato, l'art. 80 del Copyright Act prevede l'applicazione dell'eccezione di copia privata alle opere protette scaricate dalla rete a scopo personale, a condizione cioè che non siano condivise.746 Peraltro l'eccezione di fair dealing viene interpretata dalle corti canadesi in modo molto più elastico rispetto a quanto avviene nel Regno Unito, e l'applicazione dei relativi parametri risulta meno rigida, allo scopo limitare le restrizioni all'accesso dell'opera imposte dai titolari dei diritti, nell'ottica di assicurare un bilanciamento effettivo dei diritti 745Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”,op. Cit., 203205 746Piasentin, “Unlawful? Innovative? Unstoppable? Acomparative analysis of the potential legal liability facing p2p end-users in the United States, united Kingdom and Canada”,op. Cit., 207 212 in gioco tra titolari ed utenti finali. 4.3.2 Europa continentale. In Francia non ci sono stati casi equivalenti a quelli di Naspter e Grokster. Pertanto le iniziative legali sono state esperite solamente contro i singoli utenti. Infatti il quadro legale francese, circa il p2p file sharing e la distribuzione del software, non permetterebbe di arrivare a conclusioni analoghe a quelle del caso Groskter. 747 Il Code de la Propriété Intellectuelle prevede infatti una serie di diritti in favore dell'autore, tra i quali il diritto di attribuzione, il diritto al rispetto dell'opera, il diritto di riproduzione, di rappresentazione ed il diritto di comunicazione (introdotto nella normativa francese con la trasposizione della Direttiva EUCD del 2001), il diritto di destinazione o diritto al controllo sull'uso delle copie effettuate legalmente. Questi diritti comportano la possibilità di proibire agli utenti gli atti di riproduzione e diffusione non autorizzati, senza tuttavia considerare la condotta dei soggetti che forniscono ai medesimi utenti i mezzi per utilizzare l'opera dell'autore senza il suo permesso.748 Il Tribunal de Grande Instance de Paris, con una decisione del dicembre 2005, dichiarò che il file sharing tramite le reti p2p è legale.749 I presupposti di tale legalità si fondavano sull'eccezione di copia privata per gli audiovisivi che è prevista dalla legge francese, all'art. 122-5 del Code de la Proprietè Intellectuelle. Mentre nel caso Grokster, la corte fondò la propria decisione sul fatto che i convenuti avevano incoraggiato la violazione del copyright, tramite la inducement doctrine, in Francia, all'interno della normativa autoriale, non viene ravvisata alcuna offesa del copyright tramite l'induzione alla sua violazione. 747M. Daly, “Life After Grokster: Analysis of US and European Apporoaches to file-sharing”, E.I.P.R, 2007, 321 748Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 46 749Societè Civile des Producteurs Phonographiques v Anthony G 31ème chambre/2, 2 dicembre 2005 213 Infatti, nel determinare la responsabilità indiretta, le corti hanno spesso utilizzato le previsioni specifiche della proprietà intellettuale unitamente ai principi generali. Le previsioni più generali del Code de la Propriété Intellectuelle, quelle cioè che non hanno specificatamente ad obbiettivo l'attività di agevolazione delle violazioni, sono state tuttavia interpretate dalle corti per una pertinente applicazione ai casi di fornitura dei mezzi per compiere le violazioni750 La situazione potrebbe essere cambiata con l'adozione del DAVDSI Bill da parte del Parlamento francese, in data 30 giugno 2006, tramite il quale sarebbe possibile citare in giudizio un software provider che incoraggi le violazioni del copyright. Tale legge ha introdotto l'art. 322-2 , all'interno della parte penale del Code de la Propriété Intellectuelle, allo scopo di rendere i service providers penalmente responsabili quando consapevolmente pubblichino, rendano disponibili o comunichino al pubblico, in qualsiasi forma, dei software onde fornire l'accesso non autorizzato alle opere protette, o che incoraggino consapevolmente l'uso di tale software. L'obbiettivo del DADVSI Bill è di punire tali compagnie che promuovano le violazioni del copyright, attraverso una multa di 300.000 € e/o la reclusione fino a tre anni.751 In Germania, come in molti altri paesi europei, la normativa autoriale non prevede espressamente una responsabilità “secondaria” per le violazioni del copyright, e la distribuzione dei programmi di file sharing non comporta di per sé responsabilità 750Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 51 In alcuni casi le corti hanno infatti ritenuto colpevoli alcuni utenti per aver riprodotto files musicali su dei siti, così concedendone la disponibilità ad altri soggetti, tramite alcuni collegamenti ipertestuali. In questi casi le corti ritennero responsabili tali soggetti per la violazione dei diritti di riproduzione e disseminazione, e la messa a disposizione dei fonogrammi. (TGI Saint-Etienne, 6 dècembre 1999, Comm. Com. Electr. 2000, comm. N°76). In un altro caso, la Corte Distrettuale di Epinal, nel 2000, ritenne illegittimo il semplice atto di creazione di link ipertestuali, al fine di trasferire gli utenti a siti che offrissero la possibilità di scaricare dei file MP3, ai sensi degli art. 335-3 e 335-4 del Code de la Proprietè Intellectuelle. (TGI Epinal, Comm. Com. Electr. 2000, comm. 125°. 751M. Daly, “Life After Grokster: Analysis of US and European Apporoaches to file-sharing”, E.I.P.R, 2007, 321 214 per la violazione dei terzi mediante l'uso di tali softwares. Sussiste comunque un onere di diligenza che impone la responsabilità indiretta allorché le azioni, o le omissioni, di una parte contribuiscano alla violazione del copyright da parte del terzo. I fattori, che determinano l'estensione di questo onere di diligenza, includono la probabilità o la anticipazione della violazione da parte dei terzi tramite il programma distribuito, il controllo che può essere esercitato sugli atti illeciti e qualsiasi interesse di ordine finanziario del provider, connesso agli atti del diretto responsabile.752 Il file sharing in Germania è legale nel momento in cui il file-sharer possieda tutti i diritti o quantomeno i diritti di distribuzione online dell'opera che condivide. Di conseguenza, la condivisione di materiale per cui l'uploader non abbia una licenza è illegale. L'eccezione di copia privata si applica in Germania all'uso privato, a meno che la copia venga effettuata da un'altra copia che sia riconoscibilmente illegale. Quando la copia sia manifestamente illegale, la riproduzione di tale materiale non rientra nell'eccezione di copia privata. Nel marzo 2006 il Consiglio Federale tedesco, Bundesrat, approvò la proposta di un nuovo disegno di legge sulla normativa di diritto d'autore, che avrebbe assicurato la responsabilità penale per gli utenti, rei di aver scaricato opere audiovisive protette, nonché per la messa a disposizione di tali files al pubblico.753 In Spagna, la nuova Ley de Propriedad Intelectual, approvata il 22 giugno 2006, sancisce l'illegittimità della condivisione non autorizzata sulle reti p2p di materiale protetto e, pertanto, esclude l'applicabilità dell'eccezione di copia privata nell'ambito di tali circostanze. Gli utenti che vengono scoperti durante le attività di condivisione dei files sono soggetti a sanzioni, anche se i contenuti vengano scaricati per uso personale.754 La nuova normativa prevede inoltre sanzioni penali contro i service providers che 752Ibid 321 753Ibid 322 754Ibid 323 215 facilitano il download non autorizzato. 4.4 Conseguenze penali. In Francia l'atto di rendere disponibile un fonogramma concreta una specifica violazione a livello penale, prevista dall'art 335-4 del Code de la Propriété Intellectuelle755. Se la colpa del terzo non può fondarsi sulla normativa di cui al Code de la Propriété Intellectuelle, allora è necessario riferirsi ad un altro metodo di valutazione, e la fornitura dei mezzi per compiere la violazione potrà essere fonte di responsabilità, ai sensi delle previsioni generali della normativa penale in riferimento agli articoli 121-6 e 121-7 del Code Penal, relativi alla complicità. Peraltro, come stabilito dalla Corte d'Appello di Parigi 756, la responsabilità penale del fornitore dei mezzi idonei alla violazione dovrebbe essere subordinata alla consapevolezza, alla commercialità dell'attività, al numero di copie, ed alla coscienza che l'utente utilizzerà tali mezzi in modo fraudolento. Qui risiede la differenza con la responsabilità diretta per le violazioni dei diritti d'autore, poiché per gli illeciti diretti l'elemento intenzionale non è richiesto dalla normativa civilistica, quando la normativa penale richiede una negligenza o una mancanza di vigilanza.757 Per il Code de la Propriété Intellectuelle, l'elemento della intenzionalità è 755Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 51 In una decisione della Corte d'Appello di Aix en Provence, del 10 marzo 2004, un soggetto che aveva inserito sul suo sito web dei link di altri siti che offrivano la possibilità di download illegali, venne condannato in un procedimento penale per responsabilità concorrente. (comm. Com. Electr. 2004, comm. no. 103 756CA Paris, 13 ch. A., 13 ottobre 1998. Il caso non riguardava le reti p2p, bensì la vendita di dispositivi di registrazione e riproduzione che permettevano agli utenti di salvare e riprodurre video games protetti da un codice; tuttavia la soluzione che ha stabilito il requisito della consapevolezza, da parte del venditore dei dispositivi, degli utilizzi illeciti può essere pacificamente trasposta ai casi di p2p file sharing. Cfr: . Y. Gaubiac - J. Ginsburg, “Infringement, Provision of Means and Fault: Outlook in the Common Law and Civil Law System Following the Grokster and Kazaa Rulings”, op. cit, 50 ss 757Ibid 66 216 implicito nella condotta materiale poiché, dal compimento dell'atto, la persona implicitamente è consapevole della natura illegale della condotta. In Italia il Decreto Urbani ha radicalmente modificato l'art. 171 ter Lda, innalzando il livello di tutela penale e ampliando le tipologie di reato. L'art. 171 ter punisce infatti il soggetto che, per uso non personale e al fine di trarne profitto, abusivamente duplica, riproduce, trasmette diffonde in pubblico qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un'opera dell'ingegno, con la reclusione da sei mesi a tre anni, o con la multa da 2.582 € a 15.493 €. Questa recente modifica ha inoltre sostituito il termine “profitto” con quello di “lucro”, allargando la sfera dei soggetti destinatari della norma, in quanto per lucro si intende esclusivamente un guadagno patrimoniale consistente nell'acquisizione di uno o più beni, non coincidente col profitto, termine che detiene un significato ben più ampio, e che può indicare sia il lucro, che la mancata perdita, o spesa. Tale stratagemma era stato appunto introdotto allo scopo di colpire chi, scaricando un'opera da Internet, evitasse l'acquisto e quindi la relativa perdita patrimoniale, o spesa.758 Inoltre, con l'introduzione al secondo comma della lettera a-bis, si è inteso colpire direttamente il fenomeno del p2p, specificando che soggiace alla medesima sanzione, la reclusione da uno a quattro anni, il soggetto che condivide in un sistema di reti telematiche, opere protette da copyright. La sanzione per chi si limita al download invece, come espresso dall'art. 174 bis, è di carattere amministrativo e pari al doppio del prezzo di mercato dell'opera, ed in misura non superiore a 103 € per duplicato.759 Ci si è chiesti quindi se all'interno di questo rinnovato quadro normativo, il download sia reato. A risolvere la questione è intervenuta la Corte di Cassazione 760, nel 2007, che ha 758G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in Francia: la “copia privata”, op. cit., 275 759G. Vaciago, “Le eccezioni al diritto di riproduzione di opere protette dal diritto d'autore in Francia: la “copia privata”, op. cit., 276 760Corte di Cassazione, sez. III penale, 9 gennaio 2007, n. 149 217 espresso il suo orientamento in tema do download di file musicali, affermando che lo scaricamento è vietato solo se realizzato a scopo di lucro. 761 La vicenda riguardava alcuni studenti del Politecnico di Torino, i quali avevano creato una piccola rete p2p, grazie alla quale venivano scaricati programmi tutelati da copyright, e che venivano a loro volta condivisi tra gli studenti, senza richiedere alcun corrispettivo. Il punto di diritto è l'interpretazione delle espressioni “scopo di lucro” e “scopo di profitto”.762 La Corte Suprema stabilì infatti che in tema di duplicazione illecita e diffusione dei programmi e opere cinematografiche, l'art. 171-ter anteriore alle modifiche della l. 248 del 2000, richiedeva il dolo specifico del fine di lucro, da interpretarsi “non come qualsiasi vantaggio, né mero risparmio di spesa, ma come guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto, con conseguente restrizione della soglia di punibilità”.763 Pertanto la Corte ritenne che non vi era “fine di lucro” nella condotta dei giovani studenti torinesi, che quindi non comportava alcuna violazione della normativa, poiché ai sensi dell'art. 171 ter, il download rileva penalmente solo se commesso per uso non personale e con finalità di lucro.764 La Corte riconobbe quindi la necessita di distinguere tra pirateria, ossia il download a scopo di lucro, comportante un'attività economica ed illecita, ed il download uso personale, senza scopo di lucro e di per sé lecito. 765 Risulta quindi utile sottolineare un punto della ratio decidendi della sentenza, di portata generale e che va oltre l'evoluzione dello specifico dato normativo766, quando la Corte Suprema osserva che “le differenze terminologiche adoperate dal legislatore nelle 761P. Sorbello, “Musica in rete tra pirateria ed uso personale: profili penalistici”, Riv. Dir. Ind., 2008, II, 17 ss 762V. Franceschelli, “Musica in rete tra pirateria e uso personale ( la libera circolazione delle idee in internet è cosa troppo seria per lasciarla al diritto penale)”, Riv. Dir. Ind., 2007, II, 186 763V. Franceschelli, “Convergenza”, in Diritto delle nuove Tecnologie, Giuffrè, 2009, 194 ss 764P. Sorbello, “Musica in rete tra pirateria ed uso personale: profili penalistici”, op. cit., 20 765V. Franceschelli, “Musica in rete tra pirateria e uso personale ( la libera circolazione delle idee in internet è cosa troppo seria per lasciarla al diritto penale)”, op. cit., 89 766Ibid 218 varie formulazioni degli artt. 171 bis e 171 ter della Lda non sono esclusivamente finalizzate ad assicurare una sempre più adeguata tutela del diritto d'autore... bensì anche dalla finalità di contemperare le predette esigenze di tutela con quella di garantire la circolazione delle opere dell'ingegno, quale progresso sociale e culturale”. 4.5 Il difficile equilibrio tra sanzioni e tutela della privacy. Come analizzato nel capitolo I, l'introduzione dell'eccezione di copia privata nei sistemi di civil law, venne tradizionalmente giustificata dall'obbiettivo pubblico di preservare la privacy dell'utente quando l'opera protetta venga utilizzata nella sfera domestica. Nel nuovo ambiente digitale il bisogno di preservare tale privacy aumenta poiché nel innovato contesto tecnologico, i nuovi sistemi di controllo permettono l'”inseguimento” dell'utente sulla rete767. Le varie collecting societies, allo scopo di combattere le violazioni del copyright attuate tramite le reti p2p, hanno adottato una serie di strategie, tra cui l'utilizzo di programmi per l'identificazione dei dati personali, allo scopo di perseguire in giudizio gli utenti finali coinvolti in attività di file sharing illegale. A questo scopo vengono infatti utilizzate delle applicazioni dette “bots”, “search robots” o “spiders”, che investigando i computers connessi alla rete, sono in grado di raccogliere una significativa quantità di informazioni, quali gli indirizzi IP ed i nominativi degli utenti, che vengono poi memorizzate su dei database.768 Il quadro legislativo statunitense relativo alla materia delle reti p2p, sembra andare verso una scala di valori che antepone la tutela del copyright alla tutela della privacy. Nella pratica, è stata permessa una strategia, che mira a colpire 767G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 148 768O. C. Vincent, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the EC Personal Data Directive”, op. cit., 275-276 219 direttamente gli utenti delle reti p2p, basata sulla privatizzazione della tutela del copyright, con una conseguente compressione dei margini della privacy. 769 Il DMCA affianco al cd notice-and-takedown process, di cui si è detto nel capitolo precedente, che incentiva una vasta attività di sorveglianza e di investigazione privata da parte dei titolari del copyright, ha previsto, alla 17 U.S.C. § 512 , un potente strumento stragiudiziale che consente ai titolari del copyright di richiedere, sulla base del convincimento in buona fede della avvenuta violazione del diritto di esclusiva, ad alcune categorie di Internet Service Provider (ISP) l'identità dei propri utenti che si presume abbiano commesso una violazione del copyright. Si tratta di un subpoena speciale creato ad hoc per la tutele delle opere protette in Internet.770 La RIAA, nell'ambito di tale strategia che mira a colpire direttamente gli utenti finali delle reti p2p, ha avviato numerose attività di monitoraggio delle reti e degli indirizzi IP corrispondenti ad attività in violazione del copyright. Tuttavia l'indirizzo IP da solo non consente l'identificazione del presunto trasgressore, e per tanto la collecting society è stata costretta a richiedere ai vari ISP l'identità dell'utente associato all'indirizzo IP. Nel più importante caso in materia, RIAA v Verizon771, la RIAA mediante il subpoena speciale previsto dal DMCA, aveva chiesto all'ISP Verizon le identità associate ad alcuni indirizzi IP, ottenendo in risposta un netto rifiuto da parte del ISP, in base ad una serie di considerazioni giuridiche. Durante il conseguente processo di primo grado, i giudici ordinarono a Verizon di svelare i nomi degli utenti richiesti dalla RIAA. 772 La Corte d'Appello tuttavia ritenne illegittimo il ricorso al subpoena, poiché stabilì che le previsioni del DMCA in questione fossero applicabili ai soli ISP che provvedessero alla memorizzazione sui propri computers del materiale illegittimo, mentre Verizon, 769R. Caso, “il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso Peppermint – Profili di diritto comparato”, Diritto dell'Internet, n. 5 2007 472 ss 770Ibid, 473 771Recording Indus. Ass'n of Am. v. Verizon Internet Serv, Inc., 351 F. 3d 1229 (D.C. Cir. 2003) 772O. C. Vincent, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the EC Personal Data Directive”, op. Cit., 290 220 come nel caso delle reti p2p, si limitava ad offrire la mera connessione alla rete.773 In questo modo la sentenza Verizon ha rappresentato un argine alla deriva più estremista della privatizzazione della tutela del copyright, che fa leva sul subpoena previsto dal DMCA. Tuttavia il quadro normativo americano rimane un terreno fertile per le aggressive strategie che mirano a colpire gli utenti finali delle reti p2p, con ciò che ne consegue in termini di privacy, ed è dimostrato dal fatto che la RIAA ha continuato la sua politica di monitoraggio ed identificazione dei presunti violatori in via giudiziale quanto stragiudiziale.774 In Europa la materia viene regolata innanzitutto dalla Direttiva 95/46/CE sulla protezione dei dati personali, che pone le condizioni per il trattamento e la raccolta di tali dati.775 La Direttiva all'art. 2 tutela infatti gli indirizzi IP come dati personali proprio perchè consentono l'identificazione della persona interessata.776 La Direttiva 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, finalizzata al rafforzamento della posizione soggettiva dei titolari dei diritti, ha permesso l'ostensibilità dei dati facendo salve le disposizioni regolamentari, nazionali e comunitarie, per la protezione e riservatezza dei dati personali. La Direttiva in particolare, agli artt. 8 e 9, contempla espressamente la possibilità di estensione della richiesta dei dati all'autore della violazione, nonché ai soggetti diversi dagli autori della violazione, che abbiano fornito i servizi strumentalmente usati per compiere l'illecito. In Italia, l'adozione di tale Direttiva, ha poi comportato l'introduzione dell'art. 156 bis Lda, che consente di agire in via d'urgenza per ottenere dagli ISP l'ostensione dei nominativi dei soggetti assegnatari degli IP precedentemente acquisiti.777 773Ibid 774R. Caso, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso Peppermint – Profili di diritto comparato”, op. cit., 473 ss 775O. C. Vincent, “When Rights Clash Online: The Tracking of P2p Copyright Infringements Vs. the EC Personal Data Directive”, op. Cit., 281 ss 776R.Caso, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso Peppermint – Profili di diritto comparato”, op. cit., 475-476 777G. Scorza, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso Peppermint – Profili di diritto interno”, Diritto dell'Internet, n. 5 2007, 465 ss 221 Nel caso Peppermint778, la piccola etichetta discografica Peppermint e la produttrice di videogiochi Techland, avevano proposto un ricorso cautelare contro Wind, avente ad oggetto la richiesta di comunicazione ed ostensione dei dati anagrafici necessari all'identificazione di alcuni soggetti responsabili di violazione del diritto d'autore di cui le stesse erano titolari, avvenuta tramite attività di file sharing non autorizzato su reti p2p, in considerazione del fatto che Wind in quanto provider dell'accesso ad Internet, aveva fornito i servizi necessari alla connessione alla rete utilizzata per la violazione, ed era quindi in possesso delle generalità degli utenti. La decisione del Tribunale di Roma, anche in seguito all'intervento del Garante per la protezione dei dati, escluse tuttavia la possibilità di ottenere i dati identificativi degli utenti, affermando il principio della prevalenza della disciplina in materia di privacy nelle comunicazioni elettroniche, come disposta dalla Direttiva 2002/58/CE, su quella dettata dalla legge sul diritto d'autore. I giudici ritennero infatti illecita la raccolta degli indirizzi IP degli utenti della rete p2p in assenza di prestazione di idonea informativa agli interessati, acquisizione del consenso e notifica al Garante per il trattamento dei dati personali.779 Questa decisione dimostra come il diritto d'autore euro-italiano sia orientato verso un rafforzamento, come si è notato anche a riguardo della disciplina del DRM nella Direttiva EUCD; tuttavia occorre notare come il contesto normativo europeo, a differenza di quello statunitense, risulti maggiormente equilibrato, potendo contare su una normativa generale in materia di protezione dei dati assai rigorosa, ove la privacy nelle comunicazioni elettroniche merita una maggiore protezione rispetto alle attività di sorveglianza ed autotutela privata. La tendenza alla privatizzazione della tutela della proprietà intellettuale nel cyberspace, sembra peraltro comportare enormi costi sociali, a fronte della scarsità dei benefici sperati; pertanto in molti si sono chiesti se non sia il caso 778Tribunale di Roma, Sez. IX civ., ord. 14 luglio 2007, Techland Sp. Z O.O. E Peppermint Jam Reecords GmbH c. Wind Telecomunicazioni S.p.a. 779G. Scorza, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso Peppermint – Profili di diritto interno”, op. cit., 463 222 insistere su soluzioni alternative alla contrapposizione frontale tra titolari e fruitori delle opere protette, con l'obbiettivo di rendere lecito il file sharing trovando soluzioni che consentano la retribuzione adeguata degli autori nel nuovo contesto digitale.780 780R. Caso, “Il Conflitto tra copyright e privacy nelle reti Peer to Peer: in margine al caso Peppermint – Profili di diritto comparato”, op. cit., 477; così anche L. Lessig, “Cultura Libera”, op cit. 223 Conclusioni Si è cercato di analizzare la disciplina della copia privata sottolineando le difficoltà che tale istituto ha dovuto e dovrà affrontare nel tentativo di preservare un'area di libertà nel nuovo contesto digitale. Mentre nel vecchio mondo analogico l'area della riproduzione privata era protetta dalla dimensione dell'uso personale, che ne garantiva il libero utilizzo nella sfera domestica, oggi tale libertà risulta all'atto pratico sensibilmente ridotta. Si è cercato di illustrare come la combinazione di misure tecnologiche protette e la presenza di licenze sul mercato, possano determinare un'assoluta ed illimitata protezione ai privilegi dei titolari dei diritti d'autore sulle opere. Costoro infatti contano su una serie combinata di protezioni, quella accordata dal copyright, la protezione tecnologica, la protezione legale delle misure tecnologiche, e la tutela derivante dai contratti.781 Se le libere utilizzazioni erano intese come mezzi per raggiungere il bilanciamento tra gli interessi dei titolari e quello generale del pubblico alla diffusione della conoscenza, si è rilevato come le nuove tecnologie abbiano aumentato le difficoltà per mantenere in equilibrio tale bilanciamento. Le soluzioni legislative americane ed europee, attuate tramite il DMCA e la Direttiva EUCD, hanno mostrato una netta tendenza alla protezione dei contenuti e della gestione dei diritti, i quali sono considerati fondamentali per assicurare il controllo sui business models. Si è notato come tali sistemi normativi frustrino il fair use, le libere utilizzazioni, e in generale, gli altri privilegi dell'utente. Pertanto, in molti hanno criticato tali scelte perchè scoraggerebbero, tra l'altro la libertà di parola e la ricerca scientifica, ed infine limiterebbero la concorrenza.782 781N. Lucchi, “Digital Media &intellectual Property – Management of Rights and Consumer Protection in a Comparative Analysis”, op. cit. 782P. B. Hugenholtz, “Why the Copyright Directive is Unimportant, and Possibly Invalid”, op. cit., 499; T. W. Bell, “Fair Use vs. Fared Use: the Impact of Automated Rights Management on Copyright's Fair Use Doctrine”, op. cit., 557; P. Samuelson, “Intellectual Property and the 224 Ciò che preoccupa è la conseguenza di tale impostazione: riservando alle eccezioni un trattamento che ne riduca la rilevanza pratica, postergando il loro esercizio al diritto dell'autore di proteggere e “chiudere a chiave” la propria opera, si finisce per accettare il bilancio che il titolare stesso ha imposto, superando quello dettato dalla legge, e così finendo per dettare unilateralmente le regole del gioco, rimpiazzando la finalità del copyright con una regolamentazione privata.783 Come affermato dalla Corte d'Appello di Parigi nel caso Mullholland Drive, il titolare dei diritti non può unilateralmente aggiustare il bilanciamento degli interessi disposto dalla legge. In quest'ottica, tenuto conto che il monopolio accordato all'autore è destinato a servire la finalità prima del copyright, cioè la diffusione della cultura, è importante sottolineare e ripetere che la tecnologia non deve prevalere sulla legge. ***** Il problema della copia privata rileva anche per quanto riguarda la condivisione delle copie attuata tramite le reti p2p, fenomeno che ha raggiunto tali dimensioni e valori economici da provocare le reazioni del mondo politico, e richiederne un'accurata riflessione. Sotto un profilo meramente giuridico, si è cercato di analizzare se il download non autorizzato delle copie delle opere protette possa essere ricompreso, e tutelato, dall'eccezione di copia privata. La conclusione cui si è pervenuti è stata negativa, nonostante alcune corti abbiano ritenuto di poter tollerare tali pratiche finchè esercitate per uso personale: poiché la copia privata prevede un meccanismo di compensazione appositamente ideato, per rendere non irragionevole il danno all'autore in caso di download dalle reti p2p, cioè per soddisfare i requisiti del three step test, sarebbe necessario imporre un apposito sistema di compenso anche per tali attività. 784 Questa indicazione era già stata suggerita nel caso Napster, quando allo scopo di rendere lecito e continuare il Digital Economy: Why the Anti-Circumvention Regulations Need to be Revised”, op. cit., 519 783C. Geiger, “The Private Copying Exception, an Area of Freedom (Temporarily) Preserved in the Digital Enviroinment”, op. cit., 75 784G. Mazziotti, “Eu Digital Copyright Law And The End-User”, op. cit. 225 servizio di p2p – file sharing, i giudici americani richiesero il pagamento per gli utenti di un canone fisso mensile. Durante i primi anni del nuovo millennio, i titolari dei diritti d'autore si sono quindi impegnati in tutti i modi per per far fronte all'emergenza delle reti p2p, accusando tali tecnologie di eliminare gli incentivi alla creatività degli autori e dei produttori di opere, così danneggiando le finalità stesse del copyright di diffusione della cultura e dell'informazione. Ne derivò una lunga serie di battaglie legali, prima contro i fornitori dei servizi p2p, poi contro i singoli utenti scoperti a scaricare e condividere le canzoni sulla rete. Molti autori hanno invece riconosciuto la portata innovativa del p2p, non limitando la funzionalità delle reti al download di musica e film, ma sottolineando in particolare le possibilità offerte da queste tecnologie di diffusione culturale e delle informazioni senza precedenti, sia per quanto riguarda le possibilità di ricerca del materiale, che per il nuovo ruolo dell'utente e le nuove forme di creatività.785 Nel dicembre 2005 il Parlamento Francese effettuò il primo tentativo, poi sfumato, di legalizzare queste nuove tecnologie, poiché, nonostante le minacce e le battaglie legali, i sistemi p2p erano in continua espansione. Venne infatti approvato un emendamento alla proposta di legge per la trasposizione della Direttiva EUCD del 2001, ai fini di decriminalizzare l'utilizzo di software di p2p file sharing. La proposta prevedeva la legalizzazione dello scambio di files audiovisivi su Internet, o in altre parole l'estensione dell'eccezione di copia privata 785N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to Allow Free Peer-to-Peer File Sharing.”, op. cit., 3; (“... we should rigorously applaud the online collecting, swapping, reworking, and remixing of music, films, television programs, art, and stories. P2P file sharing is not just downloading music and movies for free. It is a vehicle for finding works that are otherwise not available, discovering new genres, making personalized compilations, and posting creative remixes, sequels, and modifications of popular works. By engaging in such activities, people who might previously have been passive consumers now assert a more active, self-defining role in the enjoyment, use, and creation of cultural expression. They also share their interests, creativity, and active enjoyment with others. As Larry Lessig crisply puts it: “This is the art through which free culture is built.””) 226 ai download di tali files.786 Il nuovo sistema che si andava proponendo conteneva infatti anche uno schema fisso di levies, inizialmente pari a 6,50€ circa mensili.787 Pertanto, in un momento in cui la information economy sembrava assai ottimista rispetto alle nuove prospettive della digitalizzazione, anche in riferimento alla gratuità dei contenuti su Internet788, la risposta politica francese al problema del p2p, fu nel senso di recepire quelle proposte della dottrina che, ai fini di proteggere e sviluppare una tecnologia tanto efficiente ed innovativa, come il p2p, avevano studiato dei sistemi per compensare e remunerare gli autori, legalizzando quindi la condivisione dei files, e permettendo una diffusione enorme delle informazioni.789 ***** Tuttavia, è oramai convinzione diffusa che si debbano rifuggire quei mezzi per ottenere opere musicali o audiovisive senza pagamento, che hanno portato il pubblico a rifiutare il copyright, i creatori e gli artisti 790. L'idea della gratuità e 786T. Verbiest – E. Wery, “L’Assemblée nationale veut légaliser le téléchargement via peer-topeer”, Droit & Technologies, http://www.droit-technologie.org/actuality/details.asp?id=935 787“French Parliament Is Making The First Step In Legalising P2P”, European Digital Rights – EDRI-GRam; disponibile su: http://www.edri.org/edrigram/number4.1/frenchp2p 788C. Shapiro – H. R. Varian, “Information Rules – Le regole dell'economia dell'informazione”, ETAS, 1999. Intendendo con “informazione” tutto ciò che può essere digitalizzato, Shapiro affronta il problema dei diritti esclusivi sulla proprietà intellettuale in Internet, sottolineando le nuove possibilità offerte dalla rete. Partendo dal presupposto che la digitalizzazione riduce drasticamente i costi di produzione, riproduzione e distribuzione, i nuovi scenari permettevano una certa forma di gratuità dei contenuti protetti sulla rete, mantenendo gli obbiettivi del copyright di incentivare la creazione, tramite la compensazione dei titolari dei diritti sui contenuti derivante dalla fidelizzazione del cliente, dal cd versioning e dai relativi guadagni derivanti dalla vendita dei servizi premium, dalle nuove enormi possibilità di ricavi pubblicitari, ed infine dalle entrate derivanti da una nuova prospettiva di vendita dei prodotti complementari. 789Su tutti: N. W. Netanel, “Impose a Noncommercial Use Levy to Allow Free Peer-to-Peer File Sharing.”, op. cit., W. Fisher, “Promises to keep: technology, law, and the future of entertainment”, Stanford University Press, California, 2004 790Si prenda ad esempio il nuovo servizio iPredator del sito svedese The Pirate Bay che, in reazione all'inasprimento normativo portato avanti dai governi, come quello francese con la legge Hadopi di cui si dirà tra poco, a fronte del pagamento di un canone mensile, nasconderà l'identità dell'utente per poter sfuggire ai controlli sulla rete, permettendogli così il compimento di attività illegali, e portando così avanti le idee del movimento no-copyright.In Svezia peraltro, il ricorso ai servizi di anonimizzazione è in continua espansione, e si calcola abbia già raggiunto il 10% dei giovani internauti. Cfr: R. Mastrolonardo, “La nuova sfida dei pirati svedesi: navigare senza essere tracciati”, 21 gennaio 2010, Corriere della Sera. 227 della non protezione appare da correggere rapidamente. Il concetto di copyright è in cambiamento. La struttura tecnica degli utilizzi delle opere protette è instabile: ci sono troppi sistemi e norme differenti. A ciò si aggiunga che le modalità di accesso a films, video games, canzoni, notizie e libri si stanno moltiplicando, anche tramite i telefoni cellulari. Tutti questi sviluppi hanno conseguenze economiche di rilievo sulla gestione collettiva dei diritti d'autore. Le possibili contrazioni delle royalties e dei ricavi per i titolari dei diritti avranno alcune inevitabili ripercussioni sugli aspetti sociali e culturali della proprietà intellettuale. Oltretutto, tenendo in considerazione la crisi economica che il mondo sta affrontando oggi, l'interpretazione errata o il rifiuto della protezione del copyright accrescerà inevitabilmente l'impatto negativo sulle industrie delle opere creative. Il mercato ha raggiunto i limiti della globalizzazione e occorre stabilire nuove regole. L'ambiente digitale è stato progressivamente considerato dai consumatori come un mondo senza frontiere, ed ha prodotto serie preoccupazioni in ordine alla sua sostenibilità economica nel lungo termine, sopratutto perchè l'evoluzione di internet è ancora difficile da prevedere. È indubbio che Internet abbia modificato le abitudini sociali, spalancato le porte della disseminazione dei materiali per tutto il mondo, nonché, per altro verso, abbia inoltre stimolato il dibattito sulla libertà d'accesso come legittimo diritto del pubblico, e sulla ricorrente questione dei contenuti protetti gratuiti. Ciò che sembra emergere, dopo le ultime vicende è che i contenuti online non possano più essere gratuiti: come sottolineato da Rupert Murdoch, “siamo in un periodo in cui molte aziende, nel settore dell'informazione, stanno chiudendo i battenti...i contenuti di qualità non sono gratuiti. Il buon giornalismo del futuro dipenderà dalla capacità di un'azienda dell'informazione di attrarre clienti fornendo notizie e informazioni per le quali questi clienti sono disposti a pagare. Il vecchio modello d'impresa basato principalmente sulla pubblicità è morto. 228 Affrontiamo l'evidenza: un modello che si affida prevalentemente alla pubblicità online non è in grado di garantire la sostenibilità sul lungo periodo”791. Lo scambio sulle reti p2p rimane un problema cruciale. La risposta politica a questo problema sta andando verso un irrigidimento, e l'esempio più recente è fornito dal governo francese che, seguendo la cd “dottrina Sarkozy”, ha approvato una nuova normativa dall'approccio estremo, conosciuto come “risposta graduale”. Questo sistema contempla una serie di tre graduali notifiche inviate dagli Internet Service Providers ai loro utenti, sospettati di attività di file sharing illegali, per far terminare tali attività. Se l'utente persiste, rischierà di vedere la propria connessione ad Internet interdetta, oltre a dover pagare una multa. La Corte Costituzionale francese, con un intervento invocato da una minoranza parlamentare, con una decisione del 10 giugno 2009, ha censurato questo sistema cd “a tre colpi”792, sostenendo che il libero accesso ad Internet sia un diritto dell'uomo793 che non può essere disatteso da un provvedimento amministrativo ma solo dall'ordine di un giudice. E' stata quindi introdotta il 22 ottobre 2009 una nuova legge, che si adegua a tale pronuncia, la “loi Création et Internet”, detta anche legge “Hadopi”, dal nome del nuovo organo amministrativo preposto alla sorveglianza del diritto d'autore su Internet. L'Hadopi794 comincerà la sua attività l'1 gennaio 2010, ed il governo francese prevede di ridurre drasticamente il fenomeno della pirateria. ***** 791Rupert Murdoch, “Il futuro resterà delle notizie”, Intervento alla Commissione federale per le comunicazioni Usa - 1 dicembre 2009, Il Sole 24 Ore, 9 Dicembre 2009. 792Gli internauti scoperti a scaricare file protetti da copyright, verranno avvertiti una prima volta tramite un e-mail, una seconda volta attraverso una raccomandata, e, in caso di recidiva, al terzo “colpo” scatterebbe la sanzione che prevede la disconnessione coattiva, mantenendo fermo l'obbligo di pagare l'abbonamento ad Internet. “Francia: sì alla legge contro i pirati del web”, 13 maggio 2009, www.corriere.it. 793Conseil Constitutionnel: Décision n° 2009-580 DC du 10 juin 2009.("la libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l'homme; eu égard au développement généralisé des services de communication au public en ligne ainsi qu'à l'importance prise par ces services pour la participation à la vie démocratique et l'expression des idées et des opinions, ce droit implique la liberté d'accéder à ces services"). 794Acronimo di Haute Autorité pour la diffusion des œuvres et la protection des droits sur Internet. 229 Il fenomeno del p2p file sharing, a detta dei suoi sostenitori, al di là dei suoi aspetti illeciti e negativi, ha aperto le porte alla disseminazione dell'informazione accentuando la cd “disintermediazione”, ossia il decrescere della catena di trasmissione tra i contenuti ed il pubblico; in questo modo esso ha dato il via alla cd remix culture, ove il pubblico ha avuto la possibilità di porsi come fonte di comunicazione. Inoltre, causando tale rivoluzione socio-culturale che ha dato una nuova dimensione all'utente, il fenomeno del p2p ha posto le base per la nascita di servizi commerciali, stimati da molti per il conseguimento di un giusto compromesso tra interessi di utenti e titolari dei diritti, come iTunes, il musicstore online che ha dimostrato col suo dirompente successo come non sia impossibile competere con “il gratuito”795, e YouTube796. Come spiegato dal Prof. Noam, l'accanimento contro le tecnologie p2p, oltre ad aver prodotto pochi risultati, risulterebbe anti-economico. Nella sua prospettiva, le opportunità di business sono generate spesso da innovazioni tecnologiche 795Lessig, “Cultura Libera”, op. cit., 276 Un'ulteriore testimonianza di come sia possibile fare la concorrenza ai servizi distribuiti gratuitamente, mediante contenuti a pagamento, è data dalla pay-tv che, offrendo un servizio migliore è riuscita ad imporsi sul mercato. Per un esempio vedi: “Il mercato televisivo in Italia: 2008-2010. Il sorpasso di Sky”, Rapporto ITMedia Consulting, 29 Settembre 2008 disponibile su: www.mediastudies.it/IMG/doc/Il_sorpasso_di_Sky.doc; M. Scurat, “Sky-Mediaset, nuovo duopolio della tv digitale”, il Sole 24 Ore, 28 Gennaio 2009. 796Analizzando il fenomeno YouTube, si è sottolineato come la sua nascita sia stata permessa da tre diverse rivoluzioni: la tecnica di ripresa e produzione audiovisiva, la rvioluzione del social networking, e la rivoluzione più importante, quella culturale che riguarda la circolazione delle informazioni e la volontà di accedere a materiali non filtrati nel campo dell'informazione. Cfr: S. Ercolani, “Una sommessa riflessione sul diritto d'autore all'epoca della convergenza”, II parte, IDA, 2008 n 1, 14-15 L'attività di videoblogging su YouTube riguarda il caricamento di video amatoriali, o di filmati tratti da trasmissioni TV, spesso modificati dagli utenti con intenti parodistici, ed ha riscosso un successo enorme in brevissimo tempo. Tuttavia un filmato originale dell'utente, una parodia o un semplice videoclip, sono assoggettabili a discipline diverse sul piano del diritto d'autore, e non sempre possono essere disciplinate in termini di fair use o eccezioni ai diritti, e libertà di espressione. Mentre le reti televisive americane hanno minacciato nel 2005 vertenze legali per materiali coperti da diritti caricati nel sito senza autorizzazione, hanno successivamente cambiato politica preferendo sfruttare l'enorme popolarità di YouTube per promuovere i loro programmi. Gran parte delle emittenti televisive in tutto il globo, dopo alcuni scontri ha optato per sviluppare un intesa con YouTube, stipulando anche accordi per la partecipazione agli introiti pubblicitari. In particolare, ai sensi del DMCA il sito di YouTube contiene tutte le informazioni necessarie per attivare una notice-and-take-down procedure, e pertanto chiedere la rimozione dei contenuti. 230 prorompenti, nate e promosse all'interno di comunità amatoriali, al di fuori delle logiche di mercato. In effetti, Noam ha mostrato che, come accaduto per la radio e per Internet797, nati da progetti assolutamente non commerciali, il punto di ingresso di un attore commerciale in un fenomeno innovativo, è spesso riservato ad un secondo momento rispetto a quello della comunità amatoriale che lo ha generato, che è in grado di compensare i costi necessari per creare una determinata attività, essendo mossa non da scopi lucrativi ma da spirito di passione e condivisione delle risorse. In conclusione, le tecnologie p2p andrebbero riviste sotto un'altra prospettiva, e se regolamentate in modo da ridurre il danno agli interessi colpiti dalla trasformazione tecnologica, potrebbero portare a creare nuovi sviluppo economici.798 Da qui, avendo compreso le nuove possibilità commerciali, è nata una tendenza delle stesse reti televisive a creare propri canali web per la ritrasmissione su Internet dei contenuti.799 Nel nuovo panorama digitale, inoltre, si sta assistendo, per quanto riguarda gli audiovisivi, alla 'convergenza' tra media digitali e telecomunicazioni, la quale sta procedendo a nuove soluzioni di distribuzione, con la nascita di nuove piattaforme e nuovi servizi.800 In questo modo l'audiovisivo si avvia alla moltiplicazione delle utilizzazioni tradizionalmente considerate secondarie.801 797Così anche L. Lessig, “Cultura Libera”, op. cit. 798 E. M. Noam,”The Economics of User Generated Content and Peer-to-Peer: The Commons as Enabler of Commerce”, in Peer-to-Peer Video. The economics, policy and culture of today's new mass medium, op. cit, 3-15 799Vedi per esempio il BBC iPlayer, il servizio lanciato nel 2008 dalla emittente televisiva BBC in Inghilterra, che permette la ri-proposizione dei programmi televisivi su internet, nonchè alcune servizi di vera e propria web-television, Cfr: http://en.wikipedia.org/wiki/IPlayer. Anche in Italia l'attenzione verso le piattaforme televisive su Internet sta portando a dei risultati, e dopo LA7 e la RAI, anche Mediaset, dopo una lunga lotta con YouTube per la rimozione dei propri materiali dal sito, ha aperto un servizio di web-streamig - R. Pezzali, “Anche Mediaset punta su Internet”, The Digital Day rEvolution, 21 dicembre 2009, disponibile su: http://www.dday.it/redazione/633/Anche-Mediaset-punta-su-Internet.html 800Si veda l'esempio delle nuove tecnologie telefoniche che permettono l'accesso ai servizi di cd streaming multimediale dei contenuti. 801Si prenda di nuovo ad esempio YouTube, che permette la condivisione e la fruizione di frammenti di contenuti registrati per esempio da trasmissioni televisive. 231 “A dieci anni dai trattati WTO e WPPT l'attuale approccio legale ai diritti di proprietà intellettuale non pare interamente adeguato a quanto si va configurando nella società, e se il rapporto tra diritti d'autore e sviluppo tecnologico da problematico diviene conflittuale, sarà ben difficile che la sola repressione possa rovesciare una situazione che è, nei fatti, del tutto favorevole alla tecnologia”.802 Occorre riconoscere come la rivoluzione del mondo dei contenuti creativi sta portando ad un ripensamento totale del sistema dei media in tutto il mondo, nonché alla revisione delle proprie strategie. L'obbligo di una accelerazione del ritmo delle decisioni, evidenziato dalla necessità di stare al passo coi tempi, diventa spesso un fattore strategico determinante803. Allo stesso modo, secondo alcuni autori, scettici di fronte all'attuale impostazione del sistema dei diritti di proprietà intellettuale, sarebbe necessario un ripensamento dell'attuale sistema di copyright, per “sviluppare un insieme assolutamente nuovo di metodi che possa gestire questo insieme assolutamente nuovo di circostanze.”804 Per immaginare un'evoluzione del diritto d'autore nel nuovo contesto digitale, è stato provocatoriamente riconosciuto come sia “molto difficile che il paradigma del diritto d'autore, affermatosi alla fine del 1800, possa venire semplicemente aggiornato, continuando ad articolarsi su un sistema di esclusive legali tanto assolute quanto teoriche. Abbiamo finora visto fallire nei fatti molti interventi puramente difensivi, dalle misure tecnologiche di protezione, presidiate da norme legali severe, ma non per questo meno crackate, alle azioni per il controllo del p2p. Prendere atto della realtà non significa la fine del diritto d'autore; ma può, al contrario, essere il primo passo per un necessario dialogo con gli utenti e con i nuovi attori del mercato della convergenza”805. 802S. Ercolani, “Una Sommessa Riflessione sul Diritto d'Autore all'Epoca della Convergenza”, I Parte, IDA, 2007, 526 803Ibid 804J. P. Barlow, "The Economy of Ideas: A Framework For Rethinking Patents and Copyrights in the Digital Age.", CyberReader. 2nd ed. Ed. Victor J. Vitanza. Needham Heights, 1999, 318338 805Ibid, 527 232 ***** La Commissione Europea nel gennaio 2008 ha licenziato una Comunicazione al Palramento Europeo ed al Consiglio, sui contenuti creativi on-line nel mercato unico. Tale Comunicazione prende atto ed affronta alcune delle sfide e delle problematiche legate al passaggio all'ambiente online protetto dai DRM, ed alla distinzione tra pirateria ed offerta lecita, nel tentativo di riequilibrare un sistema del diritto d'autore non armonico. La riflessione stimolata dalla Comunicazione richiede di individuare, nel nuovo ambiente online, quali siano i confini tra pirateria ed utilizzazione consentita. In questa prospettiva si vuole informare il consumatore di quali siano i suoi diritti online, poiché anche dalla mancanza di determinatezza dei confini tra usi leciti ed illeciti deriva il fenomeno della “pirateria altruistica”, che riflette la volontà dei privati di scambiare opere online non per scopo di lucro ma per finalità di informazione.806 In quest'ottica si dovrebbe confidare nelle libere utilizzazioni come strumenti di demarcazione tra il lecito e l'illecito, anche se al momento non vi è equilibrio tra il sistema di eccezioni e limitazioni in ambiente online ed offline. La menzionata convergenza tra informatica e telecomunicazioni è stata recepita sul versante della definizione delle facoltà dei titolari dei diritti, mentre si è tralasciato quello delle libere utilizzazioni. Libere restano solo le utilizzazioni offline, e ciò che è lecito offline rischia di essere atto di pirateria o comunque illecito online. Pertanto, uno degli obbiettivi per risolvere la problematica del diritto d'autore nel digitale, è ricondurre a sistema anche le eccezioni e limitazioni in forma online, non con una trasposizione da offline a online, ma con un adattamento che porti chiarezza sui diritti disponibili.807 806F. Tozzi, “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al comitato delle Regioni sui contenuti creativi online nel mercato unico ed equilibrio del sistema di diritto d'autore – Pirateria ed offerta lecita: alcune brevi considerazioni”, IDA, 2009/1, 119 807Ibid, 121 233 Occorrerebbe effettuare un ripensamento anche del sistema dei DRMs, per le implicazioni sul piano dell'informazione e della concorrenza, garantendo che le libere utilizzazioni restino tali e non siano oggetto di abusi. È stato sottolineato come il legislatore dovrebbe considerare “un giusto bilanciamento tra l'interesse dei titolari ad avere il controllo dell'opera e quello dei consumatori a ridurre al minimo la portata monopolistica dell'esclusiva, al fine di conservare la liberà di accesso alla conoscenza ed al contempo un incentivo dell'offerta lecita, a discapito dei fenomeni di pirateria.”808 Si è quindi proposto di rivedere il dettato normativo della Direttiva EUCD affinché venga riequilibrata la protezione accordata ai sistemi DRM. In particolare la necessità è quella di modificare la definizione di misure tecnologiche di protezione contenuta nell'art. 6 della Direttiva, sostituendo il riferimento ad “atti non autorizzati dal titolare”, con una dicitura che renda chiaro che le misure di protezione da tutelare, siano quelle, e solo quelle, progettate per impedire le violazioni del copyright, ma che allo stesso tempo individuino al loro interno lo spazio per quegli usi liberi accordati dalla legge.809 Le stesse osservazioni possono essere estese al sistema americano del fair use, ma con alcune complicazioni, derivanti dall'indefinitezza che sta alla base di tale sistema. Molti fornitori di sistemi DRM hanno espresso la loro frustrazione verso questa imprecisione che circonda il fair use, spesso esclamando con esasperazione: “Define fair use for me, and we’ll express it in the ‘business rules.’”810 La fair use doctrine, come si è analizzato, svolge una funzione di “valvola di sfogo”, non solo per la libera espressione, ma anche per moderare la tensione tra il copyright e le nuove tecnologie. Infatti, una volta che le nuove tecnologie si sviluppano, sono le corti ad avere la prima possibilità di applicare alle stesse la 808Ibid, 123 809G. Mazziotti, “EU Digital Copyright Law and the End-User”, op. cit., 292 810F. Von Lohmann, “Fair Use and Digital Rights Management: Preliminary Thoughts on the (Irreconcilable?) Tension between Them”, Electronic Frontier Foundation, 2002, 3 234 normativa autoriale, evitando ai soggetti coinvolti di dover rivolgersi ed aspettare il legislatore americano per una soluzione ad ogni nuovo sviluppo tecnologico. In questo modo il fair use gioca un ruolo importante nel preservare uno spazio per l'innovazione.811 Tuttavia, se ogni nuovo utilizzo è frustrato dall'apposizione dei digital locks sull'opera, il cui aggiramento non è permesso dal DMCA, non ci sarà alcuna opportunità perchè questo processo di innovazione possa compiersi. Il fair use pertanto resterà limitato a quegli usi che le corti hanno precedentemente accordato, e le nuove tipologie di usi fair non potranno evolversi. Se si vuole che i sistemi di DRM preservino il fair use, occorre che si adattino a preservare quell'aspetto di incertezza ed ambiguità che caratterizza tale dottrina, permettendole di evolvere e comprendere usi non ancora realizzati delle opere protette. Infatti, nel nuovo mondo digitale della convergenza nel settore dell'informazione, che potrà probabilmente fare emergere molti nuovi usi secondari, fino a quando il pubblico non avrà la possibilità di sperimentare le nuove tecnologie senza l'autorizzazione del titolare, le corti non avranno la possibilità di valutare tali usi, ed il fair use sarà limitato a quegli utilizzi analogici, come il time shifting; di conseguenza il fair use diventerà irrilevante. “After all, how useful is a right to time shift analog television in a world where all broadcasts are digital and protected by DRM technologies?[...]What those fair uses might be, is difficult to imagine in advance, just as time-shifting was difficult to imagine in the era before VCRs;[...] unless DRM technologies make room for these future fair uses, fair use will have lost much of its ability to protect the public’s side of the copyright bargain.”812 811Ibid, 3 L'autore illustra infatti le dinamiche del fair use: “Under this regime, the normal evolution of fair use proceeds thus: a technologist or other creative person makes some use of another’s work that she believes to be fair. If the rights-holder agrees, the use continues. If the rightsholder disagrees, she can call upon the courts intervene and rule on the use.” 812Ibid, 7 L'autore riprende la concezione del copyright come contratto tra il pubblico ed i titolari dei diritti. Il pubblico garantisce certe limitati diritti esclusivi al copyright owner, allo scopo di creare un incentivo alla produzione ed un mercato per la distribuzione dell'opera creativa 235 In un mutevole ed inedito panorama tecnologico, i legislatori hanno una nuova occasione di effettuare una scelta di sistema che, nell'indicare i perimetri di privative e libertà, deve accuratamente soppesare gli interessi in gioco tenendo conto di nuovi mezzi, sistemi e possibilità di diffusione della cultura, al fine di costruire il nuovo diritto d'autore digitale. 236 BIBLIOGRAFIA • Aldrich, “An Exploration of Right Managment Technologies Used in the Music Industry”, B.C. INTELL. PROP.& Tech. 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