Approfondimento

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BIBLIOTECA PIANA
Una felice casualità dona alla Biblioteca Piana un’invidiabile posizione di fronte
all’Aula del Nuti. Il nome le deriva dal personaggio che ne fu proprietario e che la
donò poi alla sua città natale: papa Pio VII. Egli, grande appassionato di antichità e
belle arti (fu detto “Papa archeologo”), aveva radunato al Quirinale un gran numero
di ristampe moderne (i codici manoscritti sono solo 89), di svariate materie
(soprattutto numismatica, epigrafia, antiquaria). Nel 1821 egli stabilì che, alla sua
morte, la biblioteca sarebbe stata destinata all’Abbazia di S. Maria del Monte (dove
egli, giovine, era stato novizio), pur mantenendo i Chiaramonti la proprietà. Nel 1866
lo Stato prese possesso del monastero e destinò la biblioteca alla Malatestiana; la
diatriba con gli eredi della famiglia Chiaramonti si concluse solo nel 1941, quando la
Piana fu definitivamente ceduta allo Stato.
Entrati dal vestibolo che separa la Piana dalla Malatestiana, si notano i due portali del
‘500 provenienti dal Monte (il maggiore è da attribuire a Tommaso Fiamberti da
Campione e risale 1518). A centro stanza, un quadro di Vincenzo Camuccini ritrae il
“padrone di casa”: papa Pio VII, al secolo Luigi Barnaba Chiaramonti. Negli armadi
a muro sono posti gran parte dei 5057 volumi a stampa, degli 89 manoscritti, dei 52
tra incunaboli e cinquecentine che compongono il fondo della Piana; i più interessanti
trovano, invece, posto in teche di vetro a centro sala: tra questi il cosiddetto “libro più
piccolo del mondo leggibile senza lente” (una lettera di Galileo alla Granduchessa di
Toscana Cristina di Lorena, stampato nel 1897 dai F.lli Salmin di Padova, mm.
15x9), un Evangelario (1104), con un Cristo benedicente in trono, una Cosmographia
di Tolomeo con disegni forse del Crivelli.
Posti nelle teche a vetro, trovano collocazione alla Piana anche 15 corali del XV sec.,
ornati da preziosissime miniature. Si tratta di due serie diverse per dimensioni e
storia. Sette sono denominati “Bessarione” e furono commissionati a Bologna intorno
al 1450 dal cardinale Bessarione per gli Osservanti di Costantinopoli; caduta questa
in mano ai Turchi (1453) e trasferitosi egli a Roma, la serie bolognese fu interrotta
nel 1455; i corali furono portati a termine a Ferrara tra 1458 e 1460, dietro
interessamento di Borso d’Este; Bessarione destinò l’intera serie, spinto da Novello
Malatesta, agli Osservanti di Cesena; durante le soppressioni napoleoniche, furono
ridotti a sette e dirottati al Fondo comunale della Biblioteca Malatestiana. Tra le
miniature più notevoli, la scena dell’Ascensione del Bessarione 1 e il frontespizio del
Bessarione 2. La seconda serie è quella degli 8 corali del Duomo (1486 ca., miniature
1485-95 ca.). che, commissionati dal vescovo Giovanni Venturelli (con contributo di
vari canonici, tra cui Cordato Isolani e Carlo Verardi) al maestro Enrico da
Amsterdam, furono da lui realizzati fino al 1486; le miniature, invece, coprono un
arco di tempo più lungo e si presumono di mano di almeno dieci artisti; di proprietà
dell’Archivio Capitolare del Duomo, sono in deposito qui dal 1918. Tra le miniature,
il frontespizio architettonico con San Sebastiano e Decollazione di S. Giovanni del
Duomo C e lo splendido frontespizio Commune Sanctorum “prospettico” del Duomo
D.
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