D.ssa Rossella Nassi
La tiroide nella storia dell’arte
La
tiroide,
ghiandola
endocrina
a
forma
di
farfalla
localizzata anteriormente e lateralmente nel collo, produce ormoni
che, immessi nel sangue circolante, raggiungono i vari organi e
tessuti dell’organismo, dove svolgono un ruolo insostituibile: sono
infatti necessari per la crescita e lo sviluppo e per mantenere la
stabilità metabolica.
Le malattie della tiroide sono relativamente comuni. Si
possono distinguere in:
alterazioni delle dimensioni e della forma della ghiandola (si
parla di gozzo quando la tiroide è aumentata di volume)
alterazioni della secrezione ormonale (disfunzioni).
Ciò che colpisce parlando della tiroide, anche al di fuori
della cerchia degli addetti ai lavori, è l’interesse che questa
ghiandola suscita, probabilmente per la multiformità e la
complessità del quadro clinico che deriva dalle sue disfunzioni.
Il gozzo inoltre altera inevitabilmente l’aspetto del collo,
arrotondandolo nella parte anteriore e laterale, rendendolo
sporgente e talvolta irregolare per la presenza di noduli più o
meno grossi.
Ma, mentre oggi tali modifiche del collo vengono vissute come
inestetismi, da correggere se necessario con la chirurgia, in
passato la presenza di gozzo era molto più accettata, come
testimoniato da dipinti e sculture che ci presentano
uomini,
fanciulli e donne, soprattutto donne e in particolare puerpere, con
il collo grosso o arrotondato.
Addirittura Piero della Francesca ha
rappresentato se stesso (foto) con un
voluminoso nodulo mediano del collo
per ben due volte, nella “Resurrezione
di Cristo”, dove il pittore si è
ritratto tra in soldati addormentati,
e nel “Polittico della Misericordia”
dove compare ai piedi della Vergine.
In entrambi i dipinti il pittore
appare con la testa volta in alto e
indietro, come si dice “iperestesa”,
che è la condizione migliore per
rendere
visibile
la
tiroide.
In
effetti il grosso nodulo di Piero, che
non
doveva
evidentemente
creare
problemi
psicologici
al
grande
artista, è assai evidente in entrambe
le opere.
IL GOZZO
Nel complesso si potrebbe dire che un gozzo di modeste
proporzioni era riconosciuto in passato come un carattere di
bellezza muliebre
e quindi abitualmente presente nelle immagini
pittoriche.
Sotto un certo punto di vista dovremmo stupirci di alcune
figure femminili con collo lungo e sottile come la “Dama con
ermellino” di Leonardo o la “Madonna dal collo lungo” del
Parmigianino, ritratte in epoche in cui quasi sempre le donne
venivano rappresentate con collo ben tornito, per non dire
vistosamente ingrossato.
Ne sono esempi le molteplici Madonne dipinte con queste
caratteristiche, come la Maestà di Duccio, la Madonna giardiniera
di Raffaello, la Madonna del garofano di Leonardo, la Madonna del
Rosario di Caravaggio, le Madonne del Pontormo, la stessa Madonna
del Parto di Piero.
E anche andando avanti nei secoli
molti altri esempi potrebbero essere
citati: addirittura
“Venere che si
guarda allo specchio” di Rubens,
simbolo
stesso
della
bellezza,
presenta un cospicuo gozzo, come lo
presentano
la protagonista
in
“Giuditta e Oloferne” di Artemisia
Gentileschi, i ritratti femminili di
Dante Gabriel Rossetti o di vari
impressionisti.
Basti per tutti ricordare il
“Busto di donna al sole” di Renoir
(foto) dove il gioco di luce e ombra
disegna, sul collo della giovane
donna ritratta, un’immagine simile ad
una farfalla, nient’altro che una
tiroide aumentata di volume, che il
pittore ha fedelmente riprodotto
Il gozzo, secondo una classificazione del 1979 del WHO,
presenta vari gradi:
grado 0
assenza di gozzo, come nella “Dama con ermellino” di
Leonardo
grado 1A
gozzo non visibile ma palpabile e forse lo era quello
della “Madonna del collo lungo” del Parmigianino
grado 1B
gozzo palpabile e visibile all’iperestensione del
collo, come si intravede in un bel ritratto di “Donna
con bambino” di Zandomeneghi
grado 2
visibile con il collo in posizione normale, per esempio
nel ritratto di “Giovane donna” di Botticelli dove il
profilo del lungo collo è arrotondato anteriormente da
un palese gozzo
grado 3
visibile a distanza, come quello della già citata
“Giuditta e Oloferne” di Artemisia Gentileschi.
Ma possiamo anche distinguere un gozzo diffuso, in cui la
ghiandola è uniformemente aumentata di volume mantenendo la sua
conformazione a farfalla, come nella donna di Renoir, e il gozzo
nodulare o multinodulare, molto più irregolare e esteticamente poco
gradevole,
che Piero non esitava a rappresentare nei suoi
autoritratti.
Mentre un piccolo gozzo crea
soprattutto problemi di tipo
estetico, un gozzo di cospicue
dimensioni, in particolare se
scende
dentro
il
torace,
diventando
intramediastinico,
pone problemi maggiori, legati
alla compressione che esercita
sugli organi vicini.
Per
esempio,
la
compressione
della
trachea
causa dispnea, cioè difficoltà
respiratoria, la compressione
dell’esofago
disfagia,
cioè
difficoltà alla deglutizione,
la compressione dei nervi che
vanno
alle
corde
vocali,
soprattutto
la
loro
in
caso
di
infiltrazione
patologia neoplastica, comporta
disfonia. La presenza di questi
sintomi rappresenta una chiara
indicazione chirurgica.
“Giuditta e Oloferne” di Artemisia Gentileschi
LE DISFUNZIONI TIROIDEE
Ipertiroidismo
I sintomi dell’ipertiroidismo si comprendono tenendo conto
dell’azione degli ormoni tiroidei che
- aumentano il consumo di ossigeno e la produzione di calore
- stimolano l’utilizzazione dei lipidi e dei glicidi e, quando
prodotti in eccesso, il catabolismo proteico
- sono necessari per il normale accrescimento scheletrico e per
lo sviluppo neurologico del feto e del bambino
- hanno un ruolo attivante la funzione dei nostri organi, in
particolare del sistema nervoso e cardiovascolare.
L’eccesso di ormoni tiroidei comporta pertanto :
- attivazione del metabolismo basale con maggior consumo di
calorie. Il calo ponderale che ne consegue non è dovuto solo
alla perdita di grasso, ma anche alla riduzione del volume
muscolare e del contenuto proteico e minerale dell’osso. Ciò
spiega la debolezza e il maggior rischio di osteoporosi dei
pazienti ipertiroidei non trattati
- aumento del senso di fame
- aumento della produzione di calore con intolleranza al caldo
- attivazione delle funzioni cardiovascolari con tachicardia,
cioè aumento della frequenza cardiaca con possibili aritmie,
soprattutto in pazienti cardiopatici o anziani
- ansia, irritabilità e insonnia
Nell’ipertiroidismo è tipico l’aspetto “sbarrato” degli occhi
dovuto alla retrazione della palpebra superiore da ipertono
neurovegetativo: è quanto sembra abbia rappresentato Albrecht Durer
in un ritratto di anziana donna (“La Madre”).
In una particolare malattia causa di ipertiroidismo, il morbo
di Basedow, è possibile che il coinvolgimento oculare sia più
importante con esoftalmo, edema palpebrale, diplopia.
Di questa malattia, che colpisce in particolare le donne, è
stato lasciato da Svevo un vivido ritratto “scritto” nel suo “La
Coscienza di Zeno” nel personaggio di Ada.
Ipotiroidismo
È il contrario dell’ipertiroidismo, si manifesta cioè con:
- riduzione del metabolismo basale con tendenza all’aumento di
peso
- maggiore sensibilità al freddo
- bradicardia
- sonnolenza, stanchezza, difficoltà di concentrazione.
La carenza di ormoni tiroidei ha conseguenze particolarmente
gravi nella vita fetale e nei primi anni di vita comportando:
- difetti di crescita, con nanismo disarmonico
- difetti
di
sviluppo
del
sistema
nervoso
con
deficit
intellettivi (cretinismo) e altri disturbi neurologici.
Forse era un ipotiroideo congenito il “Ragazzo di Vallices”
ritratto da Velasquez e in effetti in passato questa condizione era
relativamente frequente soprattutto nelle zone montane, a carenza
iodica. Oggi il cretinismo è praticamente estinto in Italia e nei
paesi ad elevato sviluppo socio-economico, grazie allo screening
neonatale che identifica i neonati con difetti di funzionamento
della tiroide e grazie all’aumento della disponibilità di iodio
nell’ambiente, destinata a ridurre l’incidenza di gozzo nelle
popolazioni.
Aggiungiamo inoltre che molte malattie della tiroide hanno
oggi possibilità di cure del tutto assenti in un passato anche
recente.
Citiamo ancora l’Ada del romanzo di Svevo, che oggi potrebbe
essere curata con un farmaco che corregge l’ipertiroidismo, senza
perdere la bellezza che tanto aveva colpito il protagonista del
romanzo e soprattutto senza la sofferenza che tutte le disfunzioni
tiroidee comportavano quando non c’erano gli efficaci trattamenti
odierni.
Relazione tenuta il 27 aprile 2006