Prefazione
Per comprendere quanto sia profondamente mutata la valutazione dei
disturbi cognitivi negli ultimi decenni basterebbe confrontare la parte
dedicata da A. R. Luria nella sua classica opera Le funzioni corticali
superiori nell’uomo (1962) ai “metodi di indagine”. Come sintetizzava
Luria, la valutazione avrebbe compreso «l’accurata raccolta delle notizie anamnestiche, l’accurata osservazione del comportamento del paziente durante il ricovero, l’analisi dei suoi sintomi neurologici e una
serie di esami obiettivi sussidiari (indagini oto- e oftalmo-neurologiche, radiografiche, elettroencefalografiche e biochimiche». Considerato il livello e la portata degli esami obiettivi fino agli anni sessanta e
settanta, è comprensibile come il colloquio clinico e la descrizione dei
test occupassero tutta la trattazione di quella parte metodologica.
Tanto più nell’ottica di Luria per la quale gli stessi test dovevano essere somministrati in modo flessibile in considerazione della specificità dei sintomi del singolo caso.
A distanza di quarant’anni il quadro è cambiato completamente.
In primo luogo la valutazione è diventata una specializzazione che
non sempre coincide con la ricerca di base in campo cognitivo e neuropsicologico. Infatti, a differenza del ricercatore che può dedicare la
sua attività a un determinato processo per il quale potrà anche privilegiare una specifica tecnica d’indagine, al valutatore si richiede una
conoscenza di tecniche e procedure le più diverse, oltre che di tutta
la gamma dei disturbi che possono manifestarsi nella dimensione cognitiva della mente umana (anche nella loro interazione con i processi
affettivi, dinamici e relazionali). Quindi il valutatore non può più essere un generico operatore, somministratore di test psicologici, ma
deve acquisire competenze trasversali a più settori: dalle procedure
sperimentali alle tecniche psicometriche, dalle tecniche elettrofisiologiche a quelle del neuroimaging. Rispetto all’impostazione del passato
queste tecniche non sono “esami obiettivi sussidiari”, ma rappresentano la premessa necessaria per qualsiasi valutazione cognitiva e neu11
VALUTAZIONE COGNITIVA E NEUROPSICOLOGICA
ropsicologica. Questa indagine strumentale-clinica è inoltre resa più
complessa dall’esigenza di coprire fasce d’età (l’infanzia e la vecchiaia)
che prima erano marginali rispetto alla fascia dei giovani adulti (tra i
20 e i 30 anni) che per oltre un secolo è stata la caratteristica fondamentale della psicologia sperimentale. I problemi metodologici che si
pongono nella valutazione di un bambino o di un anziano sono notoriamente diversi e specifici rispetto a quelli che si affrontano con un
giovane adulto: non solo dipendono dal carattere evolutivo o involutivo dei processi cognitivi dell’uno e dell’altro, ma derivano anche dalla
necessità di adottare appropriate modalità di approccio e relazione
personale durante la valutazione.
Fin dai suoi esordi la neuropsicologia si è presentata come un
orientamento di ricerca con fini strettamente diagnostici e clinici. Più
approfondita è la conoscenza di come funziona il cervello al livello
delle attività mentali, maggiori sono le possibilità di intervento su un
paziente per diagnosticarne i disturbi e progettare un programma di
riabilitazione. Allo stesso tempo i risultati della riabilitazione permettono di verificare e rivedere il modello teorico di partenza. L’elaborazione e la revisione del modello si fondano su ricerche non necessariamente legate all’indagine di condizioni patologiche (casi o gruppi di pazienti), ma spesso sono condotte su soggetti normali con e
senza confronti con i soggetti con patologie. Le fasi principali dell’approccio neuropsicologico clinico sono l’anamnesi, il colloquio clinico, la valutazione cognitiva e neuropsicologica, la riabilitazione, il
follow-up.
Anamnesi Questa fase inizia dopo che il paziente si è presentato direttamente o è stato accompagnato da familiari o amici, per scelta autonoma o per richiesta di un medico o uno psicologo. Vengono raccolte tutte le informazioni sulla vita del paziente, sulla sua storia clinica, sugli inizi e il decorso del disturbo lamentato, sulla presenza tra i
familiari di disturbi simili ecc. Si raccolgono o si richiedono anche i
risultati di esami neurologici e strumentali (TAC, risonanza magnetica
ecc.). In O. Spreen, E. Strauss, A Compendium of Neuropsychological
Tests, Oxford University Press, Oxford 1998, sono riportati due questionari (uno per adulti e uno per bambini), molto dettagliati, per
una raccolta organica delle informazioni.
Colloquio clinico Attraverso il colloquio clinico si instaura in primo
luogo un rapporto di fiducia tra il paziente e l’esaminatore, premessa
fondamentale per garantire la collaborazione del paziente a rispondere con tranquillità e senza disagio alle domande ed eseguire i compiti.
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PREFAZIONE
Inoltre il colloquio mira a una valutazione globale delle condizioni
del paziente in tutta la sfera mentale e comportamentale (dal suo stato di vigilanza, alla sua capacità di orientarsi nel tempo e nello spazio, dalla memoria dei fatti familiari e personali, alla capacità di comprensione e produzione del linguaggio, dal suo umore alla presenza
di condizioni psicopatologiche o psichiatriche). Il colloquio clinico,
considerato fondamentale da molti neuropsicologi (cfr. A. R. Luria,
Le funzioni corticali superiori nell’uomo, Giunti Barbéra, Firenze
1967, Il colloquio preliminare, pp. 328-41), richiede una professionalità che si affina con l’esperienza e la varietà dei casi clinici esaminati.
Oltre che con il paziente, sono necessari colloqui con i familiari sia
all’inizio che durante le fasi successive dell’indagine, relativamente
alla storia clinica del paziente, al loro atteggiamento nei confronti del
paziente ecc.
Valutazione cognitiva e neuropsicologica È la fase di somministrazione di batterie di test o test singoli. In genere si consiglia di partire
da test che diano un profilo generale del paziente, come la Scala
Wechsler, per poi passare a test più specifici relativi alla funzione
danneggiata. È opportuno informare il paziente sulla sua prestazione,
dimostrare partecipazione e sensibilità quando è in difficoltà nell’esecuzione del compito. Alla fine della valutazione deve essere redatta
una relazione dettagliata sulle informazioni raccolte e sui risultati ai
test. La restituzione dell’esito della valutazione deve essere precisa e
circostanziale perché deve servire all’individuazione dei programmi di
riabilitazione e costituisce il riferimento per un confronto con esami
successivi che possono essere compiuti a distanza di mesi e anni anche da operatori diversi (esempi di relazioni in S. Mondini, D. Mapelli, A. Vestri, P. S. Bisiacchi, Esame neuropsicologico breve. Una
batteria di test per lo screening neuropsicologico, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003).
Riabilitazione Alla fase descrittiva e conoscitiva del caso è strettamente legata la fase della riabilitazione. La neuropsicologia è allo
stesso tempo teoria e terapia, anche se il versante riabilitativo si è sviluppato solo negli ultimi decenni. Il recupero delle funzioni cognitive
sembrava nel passato una semplice utopia stando alla concezione della irreversibilità del danno cerebrale. Le nuove scoperte sulla plasticità cerebrale hanno indotto ad avviare progetti di riabilitazione che
dai processi cognitivi e motori più semplici possano estendersi alle
funzioni cognitive più complesse (A. Mazzucchi, a cura di, La riabili13
VALUTAZIONE COGNITIVA E NEUROPSICOLOGICA
tazione neuropsicologica. Premesse teoriche e applicazioni cliniche, Masson, Milano 2001).
Follow-up Infine, successivamente alla diagnosi e/o all’intervento
riabilitativo, segue una serie di nuove valutazioni mirate a seguire il
processo di recupero o riorganizzazione dei processi cognitivi. I dati
raccolti nella valutazione iniziale vengono confrontati con i risultati
ottenuti a distanza di mesi e di anni. Per quanto sia una fase che, per
varie ragioni, non è sempre praticabile, è evidente che essa rappresenta un importante capitolo dell’approccio neuropsicologico: ci illumina sulla validità della valutazione e sull’efficacia dell’intervento riabilitativo.
Sia nei corsi di insegnamento di Neuropsicologia e Psicologia cognitiva, che nel corso di perfezionamento postlaurea in Valutazione cognitiva e neuropsicologica, da noi tenuti nell’Università degli Studi di
Firenze, si è avvertita l’esigenza di un testo introduttivo che presentasse le problematiche principali relativamente alla fase della valutazione. Quest’opera illustra quindi alcuni nodi metodologici fondamentali della valutazione intorno a due aree principali: gli strumenti
d’indagine (autovalutazione e valutazione oggettiva, natura e caratteristiche dei test, tecniche comportamentali, psicofisiologiche e di neuroimmagine) e i soggetti oggetto d’indagine (bambini, adulti, anziani,
indagini su casi singoli e su gruppi di soggetti). L’ultima parte del
volume comprende un Repertorio di test cognitivi e neuropsicologici
(oltre 250) per ciascuno dei quali si dà una descrizione sintetica con
riferimenti bibliografici per ulteriori approfondimenti sulle loro caratteristiche e il loro impiego nel settore di crescente espansione costituito dalla valutazione neurocognitiva.
MARIA PIA VIGGIANO
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