“PROFESSIONI NELL’AMBITO DELLA PSICOLOGIA, PSICHIATRIA E ASSISTENZA SOCIALE” L’incontro si è tenuto Martedì 22 Aprile alle ore 14:00 presso il Liceo Galvani I relatori erano i seguenti: Andrea Biancardi, Psicologo Psicoterapeuta ASL Bologna, Centro Tassinari, Docente alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna Cristina Biolcati, Medico Neuropsichiatra Infantile ASl Bologna e Docente alla Libera Università di Bolzano Silvia Cestarollo, Assistente Sociale Responsabile Servizi Sociali Quartiere Borgo Panigale Bologna. L’assistente sociale Per diventare assistenti sociali bisogna conseguire la laurea triennale abilitante alla professione. Alla fine del percorso di studi si sostiene l’esame di stato. Gli assistenti sociali sono iscritti ad un albo, sono un ordine professionale. C’è anche la possibilità di conseguire una laurea specialistica (per es. a Bologna il Corso è denominato Responsabile in progettazione e coordinamento dei servizi sociali). Il laureato alla specialistica dovrà conseguire un altro esame di stato per divenire Assistente sociale specialista. Non è però ancora chiaro quale sia esattamente il ruolo dell’assistente sociale specialista e quali siano i suoi sbocchi occupazionali. Infatti ai concorsi pubblici per ruoli di responsabile della progettazione dei servizi sociali egli si trova affianco laureati anche in altri discipline non molto attinenti alla sua. L’assistente sociale è una figura storica nel campo dei servizi: lavora negli enti locali, negli enti pubblici, nelle ASL, nei Tribunali, e per quanto riguarda l’ambito privato, nelle cooperative sociali. Nello specifico si occupa delle seguenti aree: anziani, minori, famiglia, immigrati e disabili. Nel corso degli anni gli sbocchi si sono molto ridotti, perché la figura dell’a.s. agisce soprattutto negli enti pubblici i quali hanno ridotto i concorsi pubblici di accesso alla carica. Molti neo-laureati ora lavorano nelle cooperative sociali. Esempio concreto del ruolo dell’assistente sociale all’interno di un Centro per le famiglie all’interno del quale si affidano e adottano bambini: L’assistente sociale analizza la domanda di adozione o affido, prepara l’istruttoria, la quale comprende visite domiciliari alla famiglia e si avvale delle consulenze degli specialisti per l’approfondimento sulla famiglia. E’ importante sottolineare che l’assistente sociale lavora sempre in equipe, con psicologi, pedagogisti etc. Non valuta in autonomia, ma lavora in gruppo. Durante le procedure per l’adozione o l’affido l’assistente sociale è responsabile inoltre di mantenere i contatti con la famiglia, con le associazioni internazionali autorizzate alle adozioni o affidi internazionali, con i tribunale, e tutte le istituzioni coinvolte nel caso. Svolge quindi un ruolo importante di coordinamento tra tutti gli specialisti. Su 9 quartieri di Bologna, 7 responsabili dei servizi sono assistenti sociali. L’a.s. non lavora solo in ufficio ma spesso è nei Centri di Aggregazione, visita le case delle famiglie. Il vero punto di forza, la vera specificità dell’a.s. è che ha competenze giuridiche molto forti rispetto agli altri specialisti che lavorano nei servizi. L’a.s. conosce le normative e le procedure che devono essere seguite per fornire un servizio, come per esempio quello per l’allontanamento di un minore. Il suo ruolo diviene quindi indispensabile proprio perché ha competenze giuridiche, di rapporto con l’utenza, e amministrative. Queste ultime sono relative all’ufficio pubblico di cui è responsabile, infatti l’a.s. deve gestire delle risorse che gli sono affidate, deve sapere scrivere delibere, impegni di spesa, gestire i fondi a disposizione per determinati servizi. L’assistente sociale non svolge la libera professione, è quasi sempre dipendente di un ente pubblico, o privato che appalti servizi a un ente pubblico. L’unico sbocco da libero professionista può essere quello del mediatore famigliare che trova impiego presso Centri terapeutici o Studi di psicologi, ma a quel punto non è a.s., bensì mediatore famigliare. Per quest’ ultima professione occorre seguire un corso di 2 anni. Lo psicologo psicoterapeuta Psicologo è diverso da psicoterapeuta. Per essere psicologo bisogna conseguire la laurea in psicologia. Con la laurea triennale si può fare solo attività di counseling, che si può fare comunque anche senza la laurea. L’attività di counseling consiste nell’utilizzare tecniche di psicoeducazione. E’ comunque sconsigliabile cominciare un’attività del genere dopo solo tre anni di studio, perché sarebbe una corsa accelerata verso il disagio e la sofferenza delle persone, senza tuttavia avere le competenze e la professionalità adeguata per affrontarle. Il Corso di Laurea attualmente è a numero chiuso, conta circa 300 posti a Bologna. Il test d’ingresso è di cultura generale, e non servono particolari competenze in psicologia. Dopo la laurea triennale, i corsi del biennio formano su branchie specialistiche della psicologia. A Bologna in particolare ci sono quattro corsi di laurea. La neuro-psicologia e il recupero funzionale nell’arco di vita affronta le difficoltà di organizzazione cognitiva e linguistica. Dopo la diagnosi di un neurologo si stila un piano di lavoro riabilitativo per il paziente. Questa parte della psicologia è dedicato sia agli adulti, che per traumi possono avere subito lesioni sulle abilità cognitive e linguistiche, che sui bambini, che possono nascere già con queste difficoltà e possono essere aiutati (es. sindrome di down). La psicologia clinica e di comunità è la psicologia così come noi ce la immaginiamo e affronta disagi di tipo emotivo. Per essere abilitati a praticare la psicoterapia, (l’immagine delle sedute dallo psicologo) non basta questo corso di laurea, bensì si deve seguire un corso che dura quattro anni, organizzato da scuole private accreditate che da il titolo da psicoterapeuta. Questi corsi sono piuttosto impegnativi e molto costosi (dai 3000 ai 5000 euro l’anno), tuttavia danno un’ottima preparazione, attraverso lezioni, lavori di gruppo, studi di casi e affronto di situazioni di disagio. Per accedervi bisogna avere la laurea specialistica. Essendo poi che ci sono tanti tipi di psicologia, vi sono anche tanti tipi di scuole: quella più concentrata sulla psicoanalisi, quella cognitiva comportamentale, ed altre. Psicologia cognitiva applicata: non è chiara nelle intenzioni. Psicologia del lavoro: è l’ultima delle psicologie ad essere andata in crisi a livello occupazionale. E’ il corso di laurea per chi si vuole occupare, all’interno delle aziende e non solo, di risorse umane, selezione e formazione del personale. Dove lavora lo psicologo/psicoterapeuta? Fino a metà degli anni ’80, la grande speranza dello psicologo era quella di entrare nelle ASL, quindi in enti pubblici, con un contratto a tempo indeterminato, ben retribuito e con 38 ore settimanali di lavoro. All’interno delle ASL lo psicologo svolge la sua professione negli ambiti più ampi, lavorando in equipe, sul territorio, all’interno di un meccanismo molto attivo. Questo strada ora è pressoché sbarrata, per la mancanza di concorsi pubblici. Si lavora per il pubblico all’interno delle cooperative sociali, con regime di convenzione. Con questa modalità, all’interno del sistema sanitario nazionale si può toccare qualsiasi branchia della psicologia. Altra via è la libera professione,strada molto interessante, che ovviamente assume molto più senso se viene svolta da un psicoterapeuta. Un semplice psicologo fa molta più fatica in libera professione. Questa strada la può percorrere anche un laureato in psicologia del lavoro, aprendo uno studio di selezione del personale. La tendenza di chi decide di lavorare in libera professione è comunque quella di NON lavorare da soli, ma di lavorare in equipe, in gruppo (per esempio, lavorare con logopedista, psichiatra, dove ognuno porta la propria competenza per quanto riguarda per esempio le difficoltà d’apprendimento). I giovani neo-laureati che si affacciano al mondo del lavoro trovano per esempio il modo di lavorare svolgendo attività di tipo educativo - riabilitativo con i bambini, andando presso laboratori o presso il domicilio, dopo la diagnosi del medico e la preparazione del piano di lavoro riabilitativo. Non è l’idea classica dello psicologo, ma è una buona esperienza iniziale, e si guadagna anche bene. Altra strada è quella universitaria, che è una strada molto difficile e faticosa, e anche piena di delusioni, quindi da sconsigliare, tuttavia non impossibile. Consigli: Fate tutti e cinque gli anni di università: fermarsi ai tre anni non ha senso dal punto di vista professionale, qualsiasi tipo di professione decidiate di fare dopo. Dopo la laurea specialistica fate i quattro anni di corso per diventare psicoterapeuti, anche cominciando a lavorare. E’ vero che le scuole sono costose, ma sono soldo spesi bene. E’ un titolo di studio importante per svolgere la professione con le giuste competenze ed è un esperienza molto formativa. Oltre a ciò che imparate in queste scuole, è necessario studiare la statistica, l’inglese (il materiale di aggiornamento è sempre in inglese) e l’informatica. E’ consigliabile inoltre fare un periodo di terapia, può essere utile, prima di affrontare il disagio degli altri, aiutare un po’ se stessi a capirsi e ad approfondire la propria storia personale. Infine molto interessante è l’anno di servizio civile. E’ un’ottima esperienza per chi vuole fare questa professione, può essere un esperienza utile per capire come funziona un servizio, come si fanno i test, come approcciarsi all’utenza, e tra l’altro all’azienda che vi ospita non costate niente, quindi siete ben accetti. n.b. Il tirocinio previsto dall’Università è presso strutture, pubbliche o private accreditate. Non si può fare tirocinio presso studi privati. Lo psichiatra La differenza sostanziale di partenza tra uno psicologo psicoterapeuta e uno psichiatra è che il secondo è un medico, quindi, se lo ritiene necessario, può somministrare farmaci. Non è obbligato ad utilizzarli, nel senso che non è l’unico strumento che utilizza, ma ha la possibilità di farlo, mentre lo psicologo usa la terapia della parola o altre tecniche che in ogni caso non prevedono l’uso di farmaci. Lo psichiatra quindi studia medicina, e si laurea in medicina. (per la facoltà di medicina vedi il resoconto relativo sul sito). La facoltà di Medicina lascia tre concetti fondamentali, che sono base di lavoro anche e soprattutto per lo psichiatra: 1) Il medico fa una scelta rispetto all’interesse del paziente in termini di costi/benefici. Significa che il disagio che si crea al paziente facendo lui un esame medico deve essere giustificato dal beneficio che egli ne può trarre. 2) La medicina basata sull’evidenza: poche interpretazioni, guardare i fatti che si derivano mediante l’osservazione e lo studio del paziente. Questo è particolarmente importante per la psiche: non basarsi su supposizioni o interpretazioni personali del medico, ma basarsi sull’evidenza. 3) Si impara a fare la diagnosi differenziale: da un unico sintomo, anche il più banale come la febbre, devo capire quali possono essere le cause. La differenza tra il neurologo e lo psichiatra. Una volta la scuola di specialità era unica: Clinica delle malattie nervose e mentali. Ora sono divise: La neurologia si occupa delle malattie che colpiscono il cervello e che non necessariamente provocano disturbi comportamentali o di relazione o di modifica del tono dell’umore, per esempio i tumori, le infezioni, infiammazioni, le epilessie. La psichiatria si occupa invece delle malattie mentali: cioè quelle malattie del cervello che hanno ricadute sul comportamento del soggetto: sul tono dell’umore, sulle capacità di vivere coerentemente e adeguatamente al contesto dato. Le allucinazioni visive o uditive per esempio condizionano il soggetto nella sua libertà e condizionano le relazioni con gli altri. Altre malattie mentali possono provocare alterazioni all’interno del nucleo famigliare o inabilità nella capacità di lavorare. Lo psichiatria si occupa della diagnosi di queste malattie. Le nuove scoperte mediche hanno permesso poi in questi ultimi anni, grazie all’utilizzo della tecnologia delle neuro-immagini, di scoprire che alcune malattie che si pensava fossero determinate dalla storia del soggetto, dipendono in realtà da problemi chimico/biologici del cervello, e possono essere quindi curati o tenuti sotto controllo anche attraverso l’uso dei farmaci. Un esempio di questo è l’autismo. Importante: anche lo psichiatra può seguire il corso per diventare psicoterapeuta e utilizzare la psicoterapia e la terapia della parola per aiutare i propri pazienti. E allo stesso modo può somministrare farmaci, se pensa che la psicoterapia non sia sufficiente. Differenza tra psicoterapia e psicoanalisi: La psicoterapia può essere tecnologica, cioè agisce sui sintomi e cerca di eliminarli attraverso diverse tecniche (es. attacchi di panico) oppure esplorativa, va quindi a esplorare il perché il soggetto presenta il disagio e ne ricostruisce la storia, cercando di capirne le cause. La psicoterapia può durare anche solo dieci sedute ed ha lo scopo di risolvere un particolare disagio. La psicoanalisi invece è molto più lunga (4, 5, 6 anni) per 4 sedute alla settimana, ed è un lavoro di aiuto alla scoperta di sé, delle proprie radici, della propria storia. Segue un modello di riferimento. Per chi vuole svolgere una professione che ha a che fare con la sofferenza, come quello dello psichiatra, può essere interessante sottoporsi per un periodo alla psicoanalisi. Neuropsicologo: termine molto specifico per indicare chi studia il funzionamento cognitivo di un soggetto e cosa succede quando c’è una perdita di una di queste funzioni, per esempio un disturbo di linguaggio. Dove lavora uno psichiatra? Attualmente gli enti pubblici (Aziende Ospedaliere, ASL, etc.) non assumono molto, preferiscono ridistribuire le risorse. Nel privato invece lo psichiatra a buone possibilità di realizzazione. Con l’evoluzione dei costumi della società si va incontro a nuove patologie: c’è già un corpus disciplinare negli Stati Uniti che studia le nuove patologie derivanti dall’utilizzo di internet. Nuove patologie mentali implicano necessariamente un aumento del fabbisogno di psichiatri.