Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c - Legge 662/96 - dci “PN” - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a sostenere le tariffe previste n. 20 2006 maggio-agosto Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali Rivista quadrimestrale della FENIARCO Dossier Rivista quadrimestrale della FENIA RCO DAL POPOLARE AL POP 3 di Mauro Zuccante UNA RIFLESSIONE SUI NUOVI REPERTORI Federazione Nazionale Italiana A ssociazioni Regionali Corali dossier di Roberto Di Marino IL POPOLARE DEL DUEMILA Presidente: Sante Fornasier 6 7 d i A l e s s a n d ro C a d a r i o IL CANTO EMPIRICO DI GIOVANNA MARINI Foto di copertina: Suonatore di ghironda con cappello, G. de La Tour 8 intervista di Alvaro Vatri CANTARE LA FATICA DI VIVERE 11 intervista di Sandro Bergamo nova et vetera TRA “COLTO” E “POPOLARE” 13 di Renato Miani IL PROGETTO “EN CLAVE NEGRA” 15 di Carlo Frascà Nova et Vetera LORENZO PEROSI (1872-1956) 17 attività dell’associazione Direttore responsabile: Sandro Bergamo Hanno collaborato: Roberto Di Marino Alessandro Cadario Renato Miani Carlo Frascà Walter Marzilli Andrea Venturini Rossana Paliaga Gunta Malevica Giuseppe Calliari Arcangela Greco Redazione: via Altan, 39 33078 San Vito al Tagliamento (Pn) tel. 0434 876724 fax 0434 877554 e-mail: [email protected] Progetto grafico: Tipografia Menini / Spilimbergo (Pn) Roberto Roveri - Agenzia G.V. - Bologna Stampa: Tipografia Menini / Spilimbergo (Pn) Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c legge 662/96 dci “PN” Autorizzazione Tribunale di Pordenone del 25.01.2000 n° 460 Reg. periodici Abbonamento annuale: Italia € 10 Estero € 15 c.c.p. 11139599 Feniarco - Via Altan, 39 33078 San Vito al Tagliamento (Pn) di Walter Marzilli Attività dell’Associazione QUATTRO PROGETTI FENIARCO 20 Comitato di redazione: Giorgio Morandi Puccio Pucci Alvaro Vatri Mauro Zuccante Segretario di redazione: Pier Filippo Rendina “DIGNARE ME”, PER CORO MISTO A SEI VOCI WYC, CORO MONDIALE GIOVANILE 2006 PER ASPERA AD ASTRA! 22 di Giorgio Morandi scheda regione COMPORRE PER CORO OGGI 24 di Andrea Venturini Cronache SEGHIZZI 2006 26 intervista di Rossana Paliaga notizie dalle regioni LO STUDIO DELLA DIREZIONE CORALE 28 AL CONSERVATORIO DI TRIESTE intervista di Rossana Paliaga IL MASTER CLASS 29 DI ALESSANDRO CADARIO A RIGA di Gunta Malevica A VITTORIO VENETO 30 IL 41° CONCORSO NAZIONALE CORALE di Giuseppe Calliari rubriche VINICIO CARRARA IN MEMORIAM 31 FOSCO CORTI 32 di Arcangela Greco Scheda Regione ASSOCIAZIONE GRUPPI CORALI LIGURI 33 Notizie dalle Regioni 35 Rubriche DISCOGRAFIA 42 a c u r a d i A l v a ro Va t r i SCAFFALE 43 a c u r a d i S a n d ro B e r g a m o MONDOCORO 44 a cura di Giorgio Morandi CONCORSI 48 dossier DA L POPOLA RE A L POP SEGNA LI DI RINNOVA MENTO NEL REPERTORIO DEI CORI di Mauro Zuccante “ P remetto che le mie riflessioni in merito a questo tema si basano su interessi e competenze maturate come compositore, arrangiatore e appassionato osservatore del mondo corale. Non è mia intenzione, quindi, esporre parole che hanno carattere di sentenza, in quanto (me ne rendo ben conto) l’argomento andrebbe analizzato e approfondito anche dai punti di vista della sociologia, della semiologia e dell’etnomusicologia (per citarne solo alcuni)1. Con “l’etichetta” di cori popolari si definiscono in Italia quei complessi vocali che praticano un repertorio costituito preferibilmente da semplici armonizzazioni o elaborazioni più articolate di brani di genere popolare e popolaresco. Tra questi non escluderei, però, quelle formazioni corali, le quali inseriscono nei loro programmi anche canti d’autore che, per contenuto e forma, ricalcano i temi e lo stile melodico della tradizione popolare2. Questa constatazione solleva, innanzitutto, la delicata, complessa e mai risolta questione sui generi musicali che studiosi di vario orientamento disciplinare ed ideologico hanno affrontato in passato e tuttora affrontano con grande impegno, ma alterno successo. Lungi da me l’intenzione di esaminare e valutare una ad una le categorie, i modi e gli stili musicali, i quali, soprattutto ai giorni nostri, sembrano intrecciarsi in un gro- viglio inestricabile3. Preferisco, più semplicemente, aprire il dizionario della lingua italiana e leggere alla parola popolare: “che trae origine dal popolo, che ne esprime idee e sentimenti” … “che è molto noto o diffuso tra il popolo, che ne gode le simpatie” … “che appartiene alle classi meno abbienti e socialmente meno elevate”4. Applicando queste definizioni all’ambito musicale si deduce che il concetto di musica popolare va ricondotto al campo del folklore5. I canti e i balli popolari (mi riferisco soprattutto a quelli raccolti all’interno delle comunità rurali) sono il risultato di un prodotto collettivo tramandatosi secondo modalità orali. Si tratta di canti che sintetizzano in forme poetiche primitive sentimenti, aspirazioni e valori della collettività in funzione delle principali tappe dell’esistenza individuale e dei momenti salienti della vita comunitaria. Questa tradizione ha resistito finché l’avvento della Rivoluzione industriale ha decretato il superamento e la fine della civiltà contadina6. Da questo momento la musica popolare diventa materia di studio dell’etnomusicologia, sorta di “archeologia musicale”, unica disciplina in grado di leggere a livello strutturale e di interpretare il valore rituale autentico dei documenti orali primitivi. L’affermarsi della civiltà borghese urbana, quindi, ha prodotto una rivisitazione di tradizione e cultura popola- 1 Dice Luciano Berio: “Il mio interesse per il folklore è di vecchia data se penso che da ragazzo scrivevo delle false canzoni popolari. Recentemente questo interesse ha messo radici più profonde e ho cercato di capire, in maniera più specifica, più tecnica, i processi che governano certi stili popolari ai quali mi sento attratto perché, detto semplicemente ed egoisticamente, ci trovo qualcosa da imparare e di utile per me. Penso soprattutto al folklore siciliano, a quello serbo-croato e alle eterofonie dell’Africa centrale. Non sono un etnomusicologo, sono un egoista pragmatico: infatti tendo ad interessarmi solo a quelle espressioni, a quelle tecniche popolari che, in un modo o nell’altro, possono essere assimilate da me senza frattura e che mi permettono di esercitarmi a fare qualche passo in avanti nella ricerca di una unità soggiacente fra mondi musicali apparentemente estranei uno all’altro”, L. BERIO, Intervista sulla musica, a cura di R. Dalmonte, LATERZA, Bari, 1981. Che gli interessi del compositore non sempre coincidano con quelli del cultore della musica popolare lo testimonia anche György Ligeti: “La musica popolare rumena è più complessa: ha una ritmica così intricata! Bartók era il modello, e bisognava essere precisi come lui o come Lajtha, che era un genio della trascrizione. Io non ero abbastanza bravo, e ai primi di settembre del 1950 dissi a Kodály che quel lavoro non faceva per me. Mi sembrava di collezionare coleotteri. – Se non lo fa, non diventerà mai un compositore – fu la risposta” [sic!], G. LIGETI, Lei sogna a colori?, G. Ligeti a colloquio con E. Roelcke, ALET Ediz., Padova, 2004. 2 I “musicisti-equilibristi” che si dedicano alla creazione (testo e musica) di canzoni popolari “taroccate” (mi si conceda il termine!), si muovono come sulla superficie di un campo minato e agiscono in corridoi di libertà alquanto ristretti; per loro più che l’invenzione, conta l’adesione ad un cliché, alla logica delle formule e degli stilemi e ad una retorica molto rigida. Per essi un eccesso di complessità e di creatività può essere pericoloso, perché rischiano di andare incontro al rifiuto del brano da parte dei direttori di coro più conservatori. 3 Decidere quale categoria assegnare ad un brano MP3 scaricato nell’iPod è alle volte piuttosto imbarazzante: dovendo, infatti, scegliere un solo genere per Esti Dal di Z. Kodály, conviene selezionare Folk, Vocal, A Cappella, Classic, Ethnic, o Chorus? … ognuno si arrangia come meglio gli comoda! 4 Dizionario di Italiano, UTET, Torino, 2003. 5 Termine “coniato con l’unione di due antiche voci sassoni, folk = popolo, e lore = sapere: significa dunque «cultura popolare»”, M.L. STRANIERO, Manuale di musica popolare, RIZZOLI, Milano, 1991. 6 In ambito musicale non va dimenticato che l’innovazione più sconvolgente portata con sé dalla Rivoluzione industriale è stata la diffusione delle tecnologie di riproduzione meccanica della musica. 3 dossier 4 re, rispondente ad una nuova logica. Nella musica, in particolare, la partecipazione collettiva alla produzione si è trasformata in attività riservata a specialisti e si è consolidata una netta separazione tra esecutori ed ascoltatori (i quali, come si dirà in seguito, assumeranno rapidamente il comportamento di consumatori). È in questo contesto che nascono i cosiddetti cori popolari, a proposito dei quali c’è da chiedersi se l’esatta loro collocazione non sia piuttosto da ascrivere all’ambito della “musica colta” (o meglio, “semicolta”), in quanto i brani che costituiscono il loro repertorio sono scrupolosamente scritti e frutto dell’ingegno individuale di un compositore-arrangiatore (spesso di formazione accademica), che ama altalenare la sua produzione tra oggetti di genere “alto” e “basso”. Inoltre, la prassi esecutiva e lo stile vocale di queste compagini (e mi riferisco in particolare ai cori di montagna, o cori alpini, ancora largamente diffusi, soprattutto in Italia del nord ad imitazione del Coro della SAT di Trento) non fanno riferimento a tipologie già presenti nella musica popolare, ma discendono da modelli di canto corale di tradizione austro-tedesca e dalla secolarizzazione delle Scholae cantorum parrocchiali di istituzione ceciliana7. Chiusasi la fase della civiltà contadina e sancita la perdita della memoria orale (ormai da tempo anche nelle zone più remote ed emarginate), al popolo non è rimasto che abbracciare le forme della “musica di consumo” e divenire a sua volta “cliente” di un prodotto musicale d’uso “leggero” già largamente diffuso presso le élites sociali dominanti8. L’imprinting musicale di chi appartiene alla mia generazione (parlo di chi ha vissuto l’infanzia nel decennio 1960-1970) non è avvenuto attraverso il canto materno delle ninne nanne e delle filastrocche, ma attraverso l’ascolto di jingles e canzonette emessi a ripetizione, ovunque e senza sosta, da radio, dischi e televisione. Indipendentemente dai giudizi di valore (più spesso di segno negativo: musica banale, mercificata, volgare, degradante, omologante), che vengono espressi sulla pop music, è innegabile che essa costituisca per i nati negli ul- timi 30-40 anni (compresi trasversalmente in tutte le fasce sociali) il vissuto musicale, il background sonoro, che si lega ed accompagna indissolubilmente alle esperienze e alle emozioni della vita passata e presente9. Il ricambio generazionale che ben si nota all’interno delle formazioni corali (le quali d’ora in avanti preferisco chiamare non più cori popolari, ma cori e basta!) sta producendo una graduale revisione dei repertori di canti proposti10. È del tutto naturale che i giovani cantori preferiscano confrontarsi con le canzoni più vicine al loro “sentire” quotidiano. Al graduale abbandono di ninne nanne, stornelli, canti di guerra e canti di osteria fa da contraltare l’inserimento di arrangiamenti per coro di canzoni italiane e straniere di successo. Quindi, via via i cori si allontanano dai “canti di una volta”, in favore di un’apertura alle manifestazioni musicali della cultura di massa contemporanea. Questo fenomeno di trapasso dal Popolare al Pop trova resistenze nei “cori conservatori”, i quali preferiscono insistere nella proposta nostalgica di vecchie solfe, in cui si rimpiangono i “bei tempi andati” e si lamenta lo smarrimento di chissà quali identità; e lo stesso fatto mette, altresì, in allarme i “musici conservatori” (istruiti nei luoghi deputati alla conservazione: i Conservatori!), preoccupati come sono dal fatto che il virus delle canzonette possa contagiare le auliche sfere dell’arte musicale. Eppure, sono passati più di quarant’anni da quando Umberto Eco scriveva: “Sentir ripetere la famigerata battuta dell’ispettore Rock, fischiettare ogni mattina lo stesso motivo o rileggersi ogni giorno la stessa storia di Arcibaldo e Petronilla (che cambia quanto al pretesto esteriore, ma radicalmente è la stessa e piace per questo), non costituisce degenerazione della sensibilità e intorpidimento dell’intelligenza. Costituisce un sano esercizio di normalità. […] Mettere in discussione come radicalmente negativa la meccanica dell’evasione episodica può costituire un pericoloso esempio di ybris intellettualistica e aristocratica (quasi sempre professata solo in pubblico, perché in privato il moralista arcigno di solito appare il più prono e silenzioso adepto 7 Un testo che contribuisce a fare ampia luce sul fenomeno di mistificazione della musica popolare operato dai cori alpini (e similari, aggiungo io), nel quale si sostiene in modo assai documentato la tesi de “l’invenzione della tradizione” è: P.G. RAUZI, C. MARTINELLI, M. ORSI, La coralità alpina del Trentino, ARCA Ediz., Trento, 2000. 8 È noto che la “musica leggera” – pop(ular) per gli anglosassoni – trae lontana origine in ambito europeo dalla semplificazione di forme e stili della musica colta: il Lied, la romanza d’opera, le forme della danza. 9 A questo proposito vorrei citare quanto scrive Roberto Cotroneo (il quale, oltre ad essere un bravo scrittore, è un ottimo intenditore di musica): “Ricordo che in quei giorni, quando stavi ancora alla nursery, io andavo e venivo dalla clinica, e ogni volta che tornavo a casa ascoltavo la radio in macchina. In quel periodo per radio davano molto spesso una canzone che si intitola Jesus to a child, di George Michael, un cantante che non ho mai amato che fa musica molto commerciale. Ancora oggi quando mi accade di risentire quella canzone penso al giorno in cui sei nato. Non c’è nulla di strano, accade a tutto il mondo, fa parte della vita. Ma voglio farti capire che accade quasi soltanto con la musica. La musica è come la luce che impressiona la pellicola della tua vita come una macchina per fare le fotografie. Non puoi scegliere: nel bene e nel male”, R. COTRONEO, Chiedimi chi erano i Beatles – lettera a mio figlio sull’amore per la musica, MONDADORI, Milano, 2003. 10 Questo processo di aggiornamento dei repertori, che in Italia stenta ad essere digerito e perciò va più a rilento, ha preso piede da tempo in Europa e si è già consolidato in importanti iniziative editoriali, tra le quali va segnalata la pregevole collana tedesca denominata Chor aktuell, GUSTAV BOSSE VERLAG, KASSEL, che contiene al suo interno un coraggioso volume che porta il titolo di Rock & Song aktuell. dossier delle evasioni che in pubblico bolla per professione)”11. Questo cambiamento, come si è visto per nulla indolore, implica l’insorgere di una serie di nuove, oggettive problematiche. 1. Difficoltà a reperire trascrizioni per coro convincenti di canzoni pop. La formazione dei compositori che si dedicano ai repertori dei cori è in Italia ancora di tipo accademico, per cui la concezione di base della loro scrittura per coro tende preferibilmente verso i modelli storici appresi presso il Conservatorio: il Corale, il Mottetto e il Madrigale. L’arrangiamento di una canzone pop richiede, invece, un approccio e competenze diverse, apre nuove sfide, specie là dove si tratta di tradurre una musica a forte impronta solistica e ritmico-percussiva per un organico collettivo (il coro), formato da voci che, per loro natura, tendono a melodizzare12. 2. Difficoltà per i cantori nel padroneggiare l’inglese, la “lingua madre” del pop. 3. Difficoltà dei direttori nel comunicare i tratti più specifici dello stile vocale della musica pop: dall’impostazione delle voci, alla cura di un modo diverso di fraseggiare. In particolare si nota l’imbarazzo con cui essi cercano di barcamenarsi tra la concezione del solfeggio scolastico e la flessibilità ritmica richiesta dalle oscillazioni dello swing. 4. Difficoltà nell’individuare modelli di riferimento nell’ambito della nostra realtà corale13. 5. Difficoltà a trovare luoghi idonei all’esecuzione di un programma di pop songs. Le tradizionali sale e piccoli teatri14 non sempre si prestano ad accogliere questo tipo di performances. Vanno presi in considerazione nuovi spazi, tra cui anche quelli all’aperto (con i dovuti accorgimenti, s’intende!15), siti in cui si celebra di preferenza il rito del consumo live della musica pop. I punti appena elencati credo sintetizzino alcune delle problematiche che nei prossimi tempi dovranno essere superate. La richiesta di formazione in questo genere di arrangiamento corale da parte dei giovani musicisti (direttori di coro, compositori, cantori) va crescendo16. At- tendiamo con fiducia che anche in Italia emergano gruppi che sappiano proporre il pop in veste corale “come Dio comanda”! Personalmente, considero questa evoluzione una nuova opportunità che va a ravvivare repertori sclerotizzati e a scuotere il torpore del pubblico. Penso alle possibilità di incursione nei generi collaterali del pop: dal jazz, al rock, alla musica etnica; alla facoltà di sviluppare progetti di contaminazione tra i diversi stili, ma anche tra “alto” (colto) e “basso” (di evasione); alle occasioni di superamento dello schema rigido delle 4 voci a cappella, facendo ricorso ad organici più flessibili e all’innesto di parti strumentali; alla libertà di sperimentare nuove forme di elaborazione corale, utilizzando tecniche derivate dalla musica sperimentale d’avanguardia. E se per ora intimorisce metter mano alle songs straniere, si prendano in considerazione le canzoni italiane; fra i mille prodotti “usa e getta” emergono qua e là validi motivi da confezionare per bene, i quali, per intensità espressiva e valore poetico, hanno il potere di evocare emozioni vere: basta saperli scovare17! 11 U. ECO, Apocalittici e Integrati, BOMPIANI, Milano, 1964. 12 Impresa ardua, si dirà, ma ci sono esiti felici. Si ascolti ad esempio la bravura con cui Reza Aghamir (direttore del gruppo norvegese denominato Gli Scapoli) è riuscito, con notevole perizia, ad arrangiare per voci virili e percussioni una canzone così fortemente connotata timbricamente come Come together di Lennon-McCartney. Il brano è contenuto in un Album dal titolo, a dir poco, “profetico”: Everything Must Change, CD PHILIPS (Universal), 1998, 462 448-2 13 Ancora una volta i cori italiani pagano un certo provincialismo e il ritardo con cui la lezione degli Swingle Singers e dei King’s Singers è già stata metabolizzata dalle formazioni giovanili delle altre nazioni europee. 14 Per non parlare delle chiese, dove, ahimè, si esibiscono più frequentemente i cori italiani, cantandovi di tutto, anche musiche assolutamente fuori luogo; non parlo da bigotto (anzi!), ma con la convinzione che il rispetto delle regole che richiamano alle opportune collocazioni storico-ambientali e alle opportune condizioni acustiche debba costituire una sorta di imperativo categorico per ogni musicista. 15 L’amplificazione delle voci è pressoché d’obbligo, allorché (soprattutto all’aperto) è necessario ottenere il giusto livello ed equilibrio sonoro. Purtroppo, per molti direttori di coro di formazione chiesastico-accademica essa costituisce ancora un tabu (o meglio, un babau!) irremovibile; è evidente che dietro a questo rifiuto si cela una mancanza di competenze, là dove, invece, è richiesta una padronanza nell’uso delle tecnologie di tipo professionale. 16 La FENIARCO ha inserito tra le offerte del Seminario europeo per giovani compositori di Aosta 2006 un atelier con Jonathan Rathbone, arrangiatore di buona parte delle canzoni degli Swingle Singers. 17 “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”, F. DE ANDRÈ, Via del Campo, BLUEBELL RECORDS, 1967. 5 dossier UNA RIFLESSIONE SUI NUOVI REPERTORI di Roberto Di Marino D 6 a tempo vi è un desiderio diffuso di arricchire l’esperienza corale con elementi di novità che favoriscano l’incontro con un pubblico più vasto, meno specialistico, soprattutto giovane. Ed emerge la sensazione di non riuscire a superare i confini di due generi per così dire “egemoni” del repertorio corale: il grande repertorio “colto”, dal Rinascimento ai nostri giorni, e la rivisitazione dotta del genere “popolare”. Nemmeno la vastità e ricchezza di questi due mondi sembrano cancellare la sensazione di far parte di una nicchia musicale, ai margini dell’immenso universo musicale che percorre i media. È argomento spinoso, che ha già prodotto ampie analisi e discussioni. Difficile decifrarne appieno la complessità. Nel biasimare l’immobilismo corale c’è chi parla di arroccamento dei cori su posizioni conservatrici, chiuse alle sollecitazioni e ai compromessi che la modernità sembra richiedere. C’è del vero ma non è un elemento centrale. Se l’apertura ai nuovi generi fosse tecnicamente facile questa sarebbe già avvenuta, e in modo inarrestabile. Qualcosa di simile è successo nel mondo delle bande. Mi riferisco in particolare alla realtà che conosco direttamente, quella trentina, che però non rappresenta un’eccezione. Quindici o vent’anni fa il repertorio bandistico è cambiato rapidamente in modo radicale. Non più trascrizioni di musica operistica, fantasie, potpourri di temi celebri o musica originale strettamente funzionale, marce, ballabili, ma arrangiamenti di musica di consumo o musica originale che di certa musica di consumo conserva tuttavia tracce evidenti. Naturalmente la realtà è più variegata di questa sintetica descrizione, ma è indubbio che il mutamento di gusti delle nuove generazioni di strumentisti ha imposto un cambiamento radicale nella scelta dei programmi dei concerti. L’omaggio alla tradizione spesso non manca, ma è sentito più come momento nostalgico o come gesto di attenzione verso l’affezionato pubblico di “una certa età”. Le case editrici, per lo più nordeuropee, hanno cavalcato l’ondata e in parte l’hanno prodotta diffondendo accattivanti cataloghi con supporti sonori, prima musicassette e poi cd. Dal confronto fra i repertori bandistici del passato e del presente nascono, inevitabili, le valutazioni di ordine estetico e culturale. Se un certo scadimento della musica vi può essere stato è anche vero che la nuova musica originale per complessi di fiati, anche se non regge il confronto con la tradizione classico-romantica colta, ha emancipato la banda dal quel ruolo sostanzialmente imitatore dell’orchestra che aveva prodotto, più o meno nello stesso periodo, anche l’organo sinfonico. Possiamo quindi chiederci perché nelle bande ci sia stato un incontro con la musica di consumo che nei cori è sotanzialmente mancato. Dopo tutto il veicolo principale di questa musica è la canzone, cioè un testo cantato, esattamente come nella musica corale e a differenza della musica strumentale. Certamente un elemento che ha giocato un ruolo cruciale è il ritmo. Intendo il ritmo sincopato, di lontana ascendenza africana, trapiantato dagli schiavi in America, fiorito con il jazz, passato poi nella musica leggera in forme più o meno semplificate e quindi arrivato in Europa contaminando il genere leggero e colto. Questo tipo di ritmo è forse l’elemento più problematico da accogliere nel coro a cappella. La duttilità della voce è enorme ma il peso della tradizione vocale è forte e, d’altra parte, l’or- gano vocale non è uno strumento a percussione. Vi sono poi le esigenze poste dall’ambiente d’elezione che accoglie il coro, la chiesa, da sempre propensa a moderare la corporeità sollecitata dal ritmo per favorire una piana cantabilità, più consona all’elevazione spirituale. L’eccezione del canto spiritual, che con la propria vitalità ritmica attrae molti giovani, è significativa. Esiste però anche il coro accompagnato da strumenti, spesso nella forma semplice e immediata del coro liturgico che canta, per lo più all’unisono, col supporto ritmico di una chitarra. Nella sua semplicità, questo modo di cantare in coro accoglie il ritmo sincopato ed è, in fondo, l’analogo di ciò che è avvenuto recentemente nelle bande, nelle quali però si sono prodotti gradi diversi di complessità e ricchezza, fruibile anche nel contesto silenzioso e attento della sala da concerto. In passato è accaduto più volte che generi considerati minori sopravanzassero i generi più nobili. L’opera buffa e l’opera seria sono un esempio fra i tanti. A volte le forme minori contengono elementi di modernità che germoglieranno in un secondo momento in forme più complesse. È il caso della modernità armonica della frottola rispetto al coevo madrigale. È possibile che dal semplice canto, “ritmato” dalla chitarra, funzionale ad una liturgia che vuole avvicinare i giovani, si emancipi un genere da concerto? Il percorso e le difficoltà sembrano grandi ma non si può escludere che questo avvenga. Certamente la maggior parte dei concorsi di composizione ed elaborazione corale orientano la creatività dei compositori verso una sorta di purismo corale, lontano da contaminazioni strumentali o linguistiche. Non sarebbe più interessante far crescere i generi minori? dossier IL POPOLA RE DEL DUEMILA L’A RTE DI A RRA NGIA RE E DI A RRA NGIA RSI di Alessandro Cadario L a prima volta che ho ascoltato dal vivo i “King’s Singers” sono rimasto senza parole. Non è stato solamente il repertorio accattivante (che per altro conteneva anche brani di elevata fattura compositiva e di non immediato ascolto) ma soprattutto la meraviglia nel sentire fino a che punto la voce umana potesse arrivare nella sua potenza espressiva. In che modo anche una canzone dei Beatles con chitarre e batteria si adattasse magicamente alla sola voce umana. Oggi molti cori hanno preso questo stile eclettico dei “King’s Singers” con programmi musicali dall’antico alla canzone moderna che suscitano interesse sia per cantori sia per pubblico. In particolare questo modo di affrontare il repertorio corale funziona per i cori giovanili dove la diversità degli stimoli musicali è fondamentale non solo per tenere viva la partecipazione e l’interesse ma anche per una completa formazione e informazione. Occorre comunque sottolineare che un coro non dovrebbe avere solo questo tipo di programmi; affrontare però un balletto del Cinquecento o la polifonia del madrigale dopo aver risolto la flessibilità ritmica di una canzone dei Real Group o di un arrangiamento di Ward Swingle apre nuove finestre e lascia nuove suggestioni. La tradizione delle bande dell’inizio del secolo scorso si è appropriata del repertorio operistico che sentiva “popolare” ed affine così come oggi si sta appropriando di numerose canzoni di musica leggera. Il canto popolare, in modo analogo, ha attinto ad un contesto cul- turale e sociale ben preciso trattando tematiche che nella sublimazione dell’arrangiamento d’autore avessero per il cantore-ascoltatore una funzione catartico-liberatoria. Oggi in gran parte quel contesto ed il mondo che più ci permea è quello della canzone. Il canto popolare resta comunque di fondamentale importanza e la sua diffusione resta uno degli obblighi di un buon maestro di coro. Ci sono almeno tre nodi fondamentali nella relazione tra musica pop e musica corale. In primis questo repertorio è arrivato a noi principalmente negli arrangiamenti (spesso complessi) dei gruppi vocali. Sappiamo benissimo che un gruppo vocale è ben diverso da un coro non solo per il numero di parti reali o per le complessità armoniche ma anche per la scrittura delle singole parti e le estensioni. Questo primo aspetto di certo frena molti cori nell’affrontare questo repertorio. Una seconda considerazione va ricercata nel fatto che la musica popolare nasce già come canto collettivo e l’arrangiamento è plasmato su questo solco già ben delineato mentre la canzone nasce come canto solistico e adattarlo al coro non è sempre un passo immediato. Un ultimo aspetto in particolare per la nostra coralità è la quasi totale mancanza di valorizzazione della canzone italiana, così ricca di momenti elevatissimi tanto quanto assente dal repertorio. In questo caso non vi è colpa però perché reperire materiale a tal proposito è davvero difficile. Non esistono, a parte qualche volenteroso direttore-compositore che ad hoc abbia arrangiato per il proprio coro questa o quella can- zone, raccolte sistematiche sulla musica pop italiana. Nel parlare di questo mondo non si può tralasciare la forza dirompente e il fascino dei gruppi vocali a cappella che ormai, con l’ausilio dei microfoni, sono delle vere e proprie rock band. Tra questi straordinari, sia per gli arrangiamenti sia per le canzoni originali, sono gli “m.pact” di Los Angeles. Fondamentale, per questi arrangiamenti e per il genere, l’utilizzo della percussione vocale e delle varie tecniche per imitare tutti i tipi di basso elettrico, chitarre, tastiere ecc… Questo mondo però è poco trasportabile sulla massa del coro. Infatti l’assenza del microfono, l’elevato numero di cantori rendono inutilizzabili questi arrangiamenti. Arrangiare una canzone pop per coro tenendo conto di tutti gli aspetti non è cosa facile: intanto c’è da risolvere il grosso problema del continuum ritmico, di come si tratta la “lead voice”, il basso e poi della varietà dei suoni. Da questo punto di vista J. Rathbone (famoso arrangiatore e direttore degli Swingle Singers) sostiene che l’utilizzo della batteria vocale e dell’imitazione degli strumenti della rock band spesso impoverisce un arrangiamento perché si relega la funzione ritmica solo alla percussione e non alle singole parti articolate con perizia dal compositore. In questo usare il ritmo delle parole come “motore” dell’arrangiamento è spesso una scelta vincente. Augurandoci presto di vedere pubblicata da FENIARCO una bella raccolta sulla canzone pop italiana, buone canzoni a tutti. 7 dossier IL CA NTO EMPIRICO DI GIOVA NNA MA RINI Intervista di Alvaro Vatri G 8 iovanna Marini, abbinata alla musica tradizionale, definita cultrice dei canti antichi, spesso anche etnomusicologa. Tale abbinamento è un cruccio per me perché si offendono gli altri che sentono attribuire a me delle competenze che non ho. Non sono etnomusicologa perché l’etnomusicologia è una materia, inventata dalle Università, che mette insieme antropologia e musica. Non ho quella competenza. Ho una competenza di tipo empirico, da musicista. Io sono una musicista, i miei titoli sono tutti di musicista. Esco dal Conservatorio, ho fatto lì i miei studi. La mia competenza è quella di scrivere sia i testi che le musiche di composizioni mie, poi di unire a queste una grande passione per il canto di tradizione orale. Gli studiosi mi hanno detto di chiamarlo così, perché “popolare” in italiano ha preso la stessa accezione di “popular” in America, che vuol dire tutto, dal cantautore fino al canto popolare, passando attraverso Sanremo e il vaudville… Quello che non è classico è popolare. Quello che a me interessa è il canto di tradizione orale, che io, per fare prima, per essere meno dotta, chiamo canto contadino, che poi è canto pastorale perché in Italia eravamo tutti pastori prima. Quello mi interessa molto, perché trovo che sia una forma di musica preesistente alla musica classica e comunica, ascoltandola, le stesse emozioni che hai ascoltando la musica classica; ed è un canto che ha nutrito… è la placenta della musica classica, perché la musica classica origina e si sviluppa da lì, poi va avanti, mentre il canto contadino è rimasto fermo perché è un canto rituale, e come tale non si può muovere perché poi viene a mancare la sua funzione… Io sono quindi una musicista appassionata di musica contadina, di tradizione orale. Si può parlare di un “modello popolare”? Ma certo, ci sono tanti modi popolari… “modello” lo trasformiamo in modi e allora si può dire benissimo, perché non sono né i modi gregoriani, né i modi greci o latini, ma sono un riassunto di tutti questi tre. Il canto contadino di tradizione orale prende le mosse da scale molto brevi, fatte di toni non temperati, non è la scala diatonica quella in cui si canta. E in questo interviene anche l’istinto… Per esempio: con i cori abbiamo sempre da lottare contro le “calate”, ma le “calate” sono fisiologiche, sono giuste, perché se uno fa una scala discendente col corpo e non con lo strumento la fa calante… Così pure la differenza tra tono e semitono è diversa da quella che abbiamo nella nostra mente: il semitono, nel canto contadino, è a volte un tono un po’ più piccolo, a volte invece è un accenno, un abbellimento quasi, una piccola inflessione, ma non un semitono “vero”. Nessun tono o semitono ha nel canto contadino quella divisione precisa che si richiede in musica classica. Anche perché il cantore ha musicalità, quindi se canta una nota in posizione di sensibile la farà altissima per essere vi- Giovanna Marini cina alla chiusura, e non sarà mai com’è su una tastiera. Infatti c’è uno iato enorme, molto percepibile, tra il “suonato” e il “cantato”. Quindi il canto contadino è un canto arcaico che a me piace molto perché copre tutto un settore della musica classica che si dà per disperso, come una certa parte del gregoriano… come il “Mater Dei” che si è perso e che si diceva che era un “gregoriano polifonico”… Secondo me invece lo abbiamo ancora, c’è nel canto contadino. Nella tua produzione musicale a quale area geografica ti riferisci? Ho esaminato prevalentemente il territorio da Roma a Napoli, il Mezzogiorno, perché ci vivo… e poi perché nel sud si trovano ancora canti polifonici “sorprendenti”. Al nord (a parte la Val di Resia dove ci sono intervalli molto strani… quarte parallele, proprio come a Barcellona Pozzo di Gotto in Sicilia) è arrivato presto l’organo in uso nelle chiese, prima coi valdesi ecc., si è sviluppato un tipo di canto molto consonante, il canto di montagna, il canto alpino, che è molto bello, a me piace, però per noi è poco sorprendente, mentre quando vai al sud resti esterrefatto, se senti i siciliani, i napoletani, soprattutto dell’interno, … tutti i riti del maggio fatti a Somma Vesuviana, a Pomigliano d’Arco… tutte le “Madonne” attorno, fino ad arrivare a Sorrento… sono polifonie straordinariamente nuove per noi… e poi la Sardegna, e anche la Corsica… Quanto c’è di questo “linguaggio” nelle tue composizioni? C’è molto nella esecuzione… Se vedi una mia partitura è la cosa più banale di questo mondo… sembra non avere molto senso, poi invece quando la eseguiamo aggiungiamo tantissime cose che non sono scritte e non puoi scrivere… i quarti di tono, per esempio. Quando indico un accordo di do maggiore che poi diventa mi maggiore la cosa sembra dossier assolutamente banale, e invece non si sa che quel mi, che sta fermo tra il do e il mi maggiore, cambia moltissime volte mentre si fa tutto il passaggio, ed è su quello che ci concentriamo e ci divertiamo… poi prendiamo il sol diesis del mi dove eravamo arrivate e lo consideriamo la bemolle: in partitura niente di particolare, un semplice passaggio enarmonico, e invece nell’esecuzione è particolare perché il sol diesis si abbassa per diventare la bemolle e quindi diventa un canto per quarti di tono che dà quella sensazione di “moderno”… che poi vuol dire “antico”… Il carattere “popolare” nelle tue composizioni riguarda il testo, la musica, l’ambiente? Mah,… a me piacerebbe moltissimo scrivere dei testi alla De Gregori perché riescono ad essere poesia… è molto criptico ma non è mai arbitrario… è veramente un poeta. Allo stesso tempo però a me piace raccontare dei fatti, mentre Francesco (lo dice lui stesso) è pieno di letteratura. A lui viene per prima cosa di citare Achab… Moby Dick… A me viene per prima cosa di raccontare quello che ho appena visto, perché facendo ricerca si vedono facce, luoghi… L’ultimo luogo di ricerca adesso è stato Monte S. Angelo in Puglia sul Gargano… questa gente è sorprendente come i suoi suoni, cantano con una facilità e una disinvoltura delle cose assolutamente incantabili, come la Tarantella del Gargano, per esempio, che sembra una sciocchezza… non lo sembra nemmeno… insomma può essere presa per un semplice saltarello, mentre è ricchissima di “regole”, è composta in un modo preciso oralmente e per tradizione si deve eseguire così. Nelle mie composizioni a me non interessa la copia esatta di quello che è il documento, mi interessa che si prendano gli specifici del documento, cioè quegli elementi che sono diversi dalla musica leggera e classica: quelli sono uniche e non si devono cancellare. Ad esempio nel saltarello si trovano cose particolari come la partenza sempre in levare e in dominante, quindi una diversità sia ritmica che armonica, e poi il saltarello si chiude con due accordi che sembrano non avere alcuna relazione con tutto il resto… A un certo punto si passa in un altro tono e si fanno due accordi in quel tono senza la voce sopra, non si sa perché… è una specie di firma del suonatore, e tutti i tarantellisti sul Gargano la fanno così… Io credo fosse un passaggio per aggiungere un canto “a fijole”, che vuol dire un canto “a voce spiegata”, che si è perso. Credo che sia così perché altrimenti non si giustifica quella caratteristica funzione come di “introduzione”… Dunque se si tolgono quegli elementi non va bene, non mi piace più. Mentre assorbendoli e inserendoli anche in misura maggiore si può realizzare un lavoro rispettabilissimo: è un lavoro di invenzione su materiale dato, fornito da questo stesso luogo. Per esempio nell’armonia le voci parallele non sono ben viste, mentre nel canto contadino si usano in modo specifico. Allora io mi diverto a scrivere molti passaggi per voci parallele, che sono divertenti e “pagano”, come si dice, sono efficaci perché sembrano di grande bravura e invece poi sono facilissime. Mi piace scrivere per le voci in questo modo. Il canto contadino è “facile”? Non mi sono mai posta il problema… Ci sono dei canti contadini facilissimi… ma più sono semplici e più è difficile rendere il loro carattere. Il ritmo ad esempio: un brano nell’originale può sembrare un 6/8 (e noi rieseguendolo gli diamo immediatamente questo tipo di scansione), mentre non c’è mai un “andazzo ritmico”, è sempre con una cadenza, non è con un ritmo preciso binario o ternario… E allora rendere questo è difficile sempre, anche perché noi abbiamo un orecchio viziato che corregge… come ti entra dentro la melodia l’hai già corretta, come i correttori ortografici del computer. Questa problematica è costante nella mia produzione musicale. La musica di Giovanna Marini può essere eseguita da altri che non siano Giovanna Marini? Mica tanto… me ne rendo conto. Io scrivo delle cose minimaliste… ad esempio il “Lamento per la morte di Pasolini”… parte in mi minore, se parte in maggiore è un’altra cosa… Sai quanti, anche amici intimi, lo eseguono e lo fanno partire in maggiore? Per queste piccole cose non è facile, come non è facile poi la successione delle sillabe perché io affido, secondo la tradizione contadina, il ritmo del pezzo alle sillabe e non a un ritmo pre-scritto e quindi se uno non mette le sillabe esattamente come le metto io… non va bene. Ci sono esecutori della tua musica che ti soddisfano? Non ne sento tanti veramente, c’è qualcuno che ha rifatto il “Lamento per Pasolini”… Francesca Breschi, per esempio, l’ha fatto bene… ma lei canta con me nel quartetto, quindi mi sente insistere su certi punti e ha colto l’insistenza sul “prendi lo specifico e magari esageralo e poi cambia quello che vuoi…” E la canzone “Addio, addio amore” che “ingannò” Domenico Modugno? All’inizio della mia attività, quando ero giovane, stavo nell’orchestra Rinascimentale [il “Concentus Antiqui” del maestro Quaranta, nel quale suona il liuto. N.d.r.], ho conosciuto i cultori del canto popolare solo perché contrabbandavo per canti popolari dei pezzi che mi inventavo io per poter cantare al Folkstudio, a Roma. Era un posto in cui mi divertiva suonare. Le prime due o tre volte che ci sono andata ho suonato rigorosamente Bach (che era l’unica cosa che sapevo fare). Visto che tutti cantavano canti popolari, canti irlandesi, americani… mi sono detta: perché io non devo cantare dei canti italiani? Allora ho raccolto insieme quello che mi ricordavo dalle cantate nei pulman quando si andava a sciare e mi sono inventata due o tre canzoni “popolari”. Ma le contrabbandavo per popolari anche perché essendo io la terza generazione in una famiglia di musicisti “classici” che mi avevano fatto studiare armonia, contrappunto ecc... se avessi detto che avevo composto: “Lu cacciatore Gaetano” o “Addio, addio amore” avrei provocato crisi cardiache in famiglia… e allora dicevo: è popolare. Scrivevo però in maniera “non popolare”: ad esempio l’inizio di “Addio, addio amore” [nebbia alla valle…] è un arpeggio sull’accordo perfetto minore: un canto contadino non inizia così, ma allora non lo sapevo, e quindi avevo scritto un “canto classico”, un’“aria”. Non ero iscritta alla SIAE, non ci pensavo a depositare i miei lavori. Modugno l’ha trovata indicata dunque come canto popolare e l’ha 9 dossier 10 presa, legittimamente, per rielaborarla nella sua canzone. Successivamente, avendo amici comuni, Modugno stesso ha sentito dire che in realtà quel canto era mio. Io avevo una venerazione per lui. Un giorno l’ho incontrato nella sede della SIAE ed è stato divertente perché, davanti all’espressione stupita dell’impiegata della SIAE, anch’essa in adorazione di Modugno, mi chiese: “Ma insomma chi l’ha fatta questa canzone, tu o io?” Da parte mia, oltre al non aver preso le dovute cautele sul diritto d’autore, non c’era nemmeno tanta voglia di rivendicare la scrittura di un canto “popolare” che iniziava con un arpeggio… quindi lasciai che Modugno decidesse come meglio credeva, se attribuirsi la composizione o la semplice trascrizione del brano. Secondo me, però, questa confusione è molto frequente: tu prendi un pezzo contadino, quello piano piano si trasforma, diventa canzone, canzonetta, e diventa d’autore. Ma anche restando nel mondo contadino, secondo me, dei pezzi sono d’autore, perché se in un posto c’è un cantore bravo, in virtù della sua valentia, deve firmarsi, deve cantare in un modo tale che sia riconoscibile la sua esecuzione e quindi diventa veramente autore di quel pezzo. Ero “falsaria”, anche nel “Concentus Antiqui” (un gruppo di musiciste tutte donne). Avevo il compito di procurare repertorio, date le mie frequentazioni con il Conservatorio e la biblioteca – allora diretta dalla Zanetti – e poi avevo studiato tablatura… Ma io non avevo voglia di mettermi lì a fare ricerche e trascrizioni… allora mi inventavo dei pezzi, dicendo invece che li avevo trovati. Portavo una “pavana” scritta da me e la spacciavo per una pavana di Luis Milan... ne ha fatte talmente tante che una più, una meno… e anche in quel caso non pensavo di andare a depositare alla SIAE la “Pavana di Milan”, correndo il rischio che venisse recentemente pubblicata tra quelle autentiche (per fortuna non si è verificato)… quindi ho fatto un po’ di confusione qua e là… “Maschile” e “femminile” nel canto contadino. A cantare, nei vari posti da me studiati (compresa la conca di Genova), sono sempre gruppi di uomini. Il modo “valente” di cantare è dell’uomo, la polifonia più forte con gli accordi in posizione lata è sempre degli uomini. Le donne hanno come loro privilegio i canti devozionali, però non di confraternita perché quelli li cantano gli uomini: dove c’è gerarchia ci sono sempre uomini. Dove non c’è gerarchia (ninne nanne, canti di lavandaie, canti del lavoro, le “carciofare”, le cantatrici delle olive, del frantoio) lì si uniscono uomini e donne… Alle donne è lasciato poco, però è lasciato un ampio spazio nel cantastorie, nel racconto. Il vero cantastorie è dell’uomo, però poi la donna prende il sopravvento, la donna è più precisa nel modo di raccontare, deve mettere le date… non tutti gli uomini stanno attenti a queste cose, non se le ricordano… C’è una cosa interessante... le Passioni ad esempio: al sud sono sempre cantate dagli uomini, ma il giorno precedente il Venerdì Santo, c’è una “Passione delle donne”, in ogni paese sempre, che viene volutamente trascurata da tutti, però loro testardamente continuano a cantarla… A Melfi, a Barile, a Sessa Aurunca, dove c’è tutta la settimana fatta dagli uomini e le donne eseguono una Passione fatta da loro in una chiesetta ai limiti di Sessa Aurunca (lo chiamano Borgata San Castrense)… Il canto a carrettiere è solo degli uomini. La cosa interessante è che sempre quando cantano gli uomini c’è una forma gerarchica, cioè il primo (il priore, il capo della confraternita oppure il cantore eletto dalla confraternita) intona e sulla sua nota tutti gli altri costruiscono l’accordo. Non esiste, per esempio che si canti tutti insieme: deve precedere lui, gli altri vengono dopo. Iniziare tutti insieme è “maleducato”. Ci sono concetti molto diversi di esecuzione. Il melisma, per esempio, quando le voci sono in polifonia ognuno fa il suo melisma, ma guai a farlo tutti insieme, perché non si distinguerebbe chi è più bravo, quindi si aspetta che il capo faccia il suo melisma, poi dopo tutti gli altri fanno il loro. Quindi c’è un procedere lento dello spartito che tutti hanno in mente. Le donne vanno più svelte, più insieme, più categoriche perché da loro non c’è questo bisogno di mettersi in vista. Ed è legato anche alla forma musicale. È interessante perché è un fatto di carattere, di ruolo sociale e di forma musicale che vanno assolutamente insieme. Continueranno ad esserci autori di canto popolare? Moltissimi. I canti popolari non si stanno perdendo affatto, anzi, visto che abbiamo più mezzi, si ricordano di più.. ci sono le cassette… Quando un cantore canta c’è sempre la moglie vicino con il registratore che lo registra… e la gente si ricorda di più e canta di più… Non sul lavoro, però. Ecco, i canti di lavoro scompaiono, quelli che restano però son tutti gli altri canti, moltissimo i canti devozionali… Un impulso e un cambiamento importante è venuto dalle cattedre di etnomusicologia, perché adesso gli studiosi etnomusicologi sono molti, spesso vengono proprio da paesini, molti sono figli di famiglia contadina… intelligenti, preparati, diplomati in musica. Spessissimo nei piccoli paesi suonano in banda… Ed anche il settore industriale segue tutto ciò, perché porta soldi. Da quando Peter Gabriel ha fatto la World Music (secondo me ha fatto una gran confusione perché non ha citato mai le fonti e questo è gravissimo per cui diventa tutta musica veramente anonima mentre invece è musica che rivela caratteristiche antropologiche e sociologiche fondamentali) però si è anche ampliato il raggio di conoscenza e di vendita. Si continuerà quindi ad eseguire e a produrre musica contadina? Secondo me c’è nuova produzione interessante… Ci sono gruppi qua e là… Quando interviene poi qualcuno dotato, con capacità creative, allora succedono cose interessanti. A Piadena sono migliaia i giovani cantori che si ritrovano e ci son cose molto belle. Intanto è ritornata la satira, come si faceva sempre nel meridione, poi è tornato l’amore per alcuni canti che si erano persi: sono stati ritirati fuori e ricantati da giovani… Il canto contadino gode buona salute, però si è leggermente spostato… non si trova più la donna che battendo i panni canta, (usa l’aspirapolvere e tutti quelli che hanno a che fare con le macchine sono handicappati), si è spostato sul piano dell’intrattenimento, devozionale… certe volte lo cantano allo stadio, si tratta comunque di un canto che ha una funzione, una liturgia… dossier CA NTA RE LA FA TICA DI VIVERE Intervista a 4 mani (3 di Bepi De Marzi, 1 di Sandro Bergamo) S i definisce un melodista, un organista di campagna. Poi, entrando nei particolari, si capisce che ha sempre studiato tanto e tanto cercato. Allora la sua caratteristica, come dicono gli amici, è l’inquietudine; ma che qualcuno, più severamente, classifica invece come eterna insoddisfazione. Da ragazzo ha suonato nei locali notturni in Germania, poi ha insegnato Educazione Musicale nelle scuole medie a tempo pieno. A Vicenza ha insegnato Organo e Composizione Organistica. A Padova è stato docente di Didattica e di Solfeggio. Ha fondato e diretto il primo Coro Polifonico Vicentino. Ha suonato per vent’anni il clavicembalo e l’organo nei Solisti Veneti. Ha fatto il collaboratore pianistico nelle classi di Canto. Ha vinto tanti premi, ma non li ricorda. Ha ricevuto riconoscimenti vari, ma non ricorda nemmeno quelli. Vive in collina, in una casa d’affitto molto isolata. La sua passione più grande è scrivere articoli di costume e di critica musicale. Gira a far conferenze sui dialetti veneti e, naturalmente, sulla musica. “Ormai sono tutte autocommemorazioni”, dice. È credente, ma non bigotto, e non sopporta le gerarchie. Ha lavorato per anni con padre Turoldo nella speranza di rinnovare la liturgia cattolica, ma in questo campo si considera Bepi De Marzi “uno sconfitto”. Gli abbiamo posto qualche domanda pertinente e… impertinente. Alle spalle della scelta compiuta di farti autore per il tuo coro, quale rapporto e quali esperienze ci sono con la tradizione corale “popolare” italiana e veneta? Venivo, anche se ero molto giovane, da profonde ricerche nelle tradizioni della mia terra vicentino-occidentale, con particolare attenzione alla letteratura popolare per l’infanzia. Avevo assimilato bene le formule e le forme. Mi avevano sedotto i modi minore di certe filastrocche di chiara provenienza tosco-appenninica. I miei primi canti hanno proseguito da quel filone. In che senso i canti di Bepi De Marzi sono popolari? Almeno la metà delle mie composizioni (e assicuro che non so quante siano in totale) sono uscite dall’ambito corale per entrare nelle esecuzioni spontanee, quasi da foglio volante, da cantastorie, insomma. E pochi sanno che si tratta di canti d’autore. E, a parte Signore delle cime, cito alcuni titoli: La contrà de l’acqua ciara, Fiore di Manuela, La Teresina, Joska la rossa… Nell’adunata degli alpini a Vicenza c’erano dei manifesti molto belli sui luoghi vicentini della Prima Guerra Mondiale: l’Ortigara, il Monte Fior, il Monte Verena, il Campomolon, il Grappa… e in ciascuno venivano riportati alcuni versi dei canti che li celebravano, con il nome dell’origine, o dell’autore. In quello del Monte Pasubio, sotto due versi miei, con il riconoscibile Bonborombon, c’era scritto “Autore anonimo del 1917”. E quelli meno popolari? Quelli pensati per un effetto esclusivamente polivocale. Anche qui posso dire alcuni titoli: Jola, Le voci di Nikolajewka, L’acqua ze morta, Scapa oseleto… Sono eseguibili solo da gruppi organizzati e non c’è una melodia chiusa, come non c’è un testo strofico. Io le chiamo confezioni, dove l’ispirazione è al servizio dell’effetto corale. Il carattere popolare dei tuoi canti riguarda il testo, la musica, l’ambiente descritto? Come dicevo, il primo aspetto che li fa avvicinare al mondo della musica spontanea è la melodia che mi permetto di definire di ispirazione tradizionale, fortemente tonale, come tutto l’impianto armonico. I testi raccontano sempre qualcosa di preciso e, a differenza delle invenzioni autenticamente popolari, hanno qualche pretesa poetica. Ho sempre cercato di cantare la mia terra e la mia gente; ho perfino inventato fiabe, come quelle di Maranina, di Licabella, o quella di Resténa per salvare una piccola valle, vicino al mio paese, da una terribile cava di basalto. Come accolgono i tuoi coristi le composizioni che via via proponi loro? E hanno accettato facilmente fin dall’inizio l’idea di farsi interpreti unicamente delle composizioni del loro maestro o la novità ha incontrato resistenze? Il mio coro è stato fondato e impostato subito sul repertorio della Sat, da alcuni appartenenti al Cai di Arzignano. Avevo già cominciato a scrivere canti, ma i ragazzi nemmeno lo sapevano, o quasi. Il direttore del coro Amici dell’Obante di Valdagno, Gianni De Toni, ne ha incisi alcuni fin dai primi anni Sessanta nei dischi “Cante nostre”, dove venivano proposte anche delle ottime elaborazioni corali di Vere Paiola su canti tradizionali vicentini. Il mio gruppo, da “Coro del Cai” era diventato “I Crodaioli” su proposta di Carlo Geminiani, l’autore dei testi di alcuni dei miei primi canti. Il primo presidente, il notaio Mario Pagani, un generoso alpino della Divisione Monterosa, ha 11 dossier 12 suggerito ai coristi l’idea di abbandonare il repertorio Sat per cantare soprattutto le mie storie. Ne avevo già composte una trentina. La proposta è stata accolta e a nessuno è mai venuto in mente di discuterla. Qualcuno dell’ambiente corale amatoriale mi ha accusato “di non saper interpretare altro che me stesso”. Ma non si era accorto forse che c’erano già altri gruppi che avevano impostato il repertorio esclusivamente sulle elaborazioni dei loro direttori, basti pensare a Gianni Malatesta con il Coro Tre Pini e a Paolo Bon con il Coro Monte Cesen. Nei tuoi concerti, ora proponi soprattutto le composizioni più recenti, quelle degli ultimi vent’anni, dedicando poco spazio a quelle precedenti. Perché questa scelta, che immagino non voglia rinnegare il lavoro iniziale? I ricambi nei Crodaioli sono stati piuttosto frequenti, con il sacrificio generoso e intelligente di quelli che diventavano “anziani”. Attualmente, l’età media dei coristi è piuttosto giovane, e le voci sono molto brillanti. Sono loro che mi chiedono una sempre maggiore attualizzazione dei contenuti, come dire la massima attenzione anche ai problemi che ci circondano. Ma per loro, per le loro possibilità, ho anche rielaborato canti del mio primo periodo. Nel nono CD ho perfino proposto vecchi canti miei, ma all’unisono, o con accompagnamento della chitarra e della fisarmonica, nella speranza che il mondo degli alpini ritorni a cantare liberamente, con la spontaneità dei tempi felici, senza delegare ai cori il cantare ufficiale, come purtroppo accade in chiesa, dove le assemblee sono sempre più mute, mortificate dall’invasione dei gruppuscoli che intonano cose orrende, scritte da pessimi dilettanti o da professionisti, preti e frati, senza poesia, senza umiltà e soprattutto senza fede. Ma non hai chiarito il perché dell’abbandono di certi canti lontani. Non li sconfesso, certo, ma alcuni argomenti li ho proprio dimenticati. Non posso mettere La Teresina e Mama Piero me toca accanto a Improvviso o a Cantare che dice così: “So dove l’erba nasconde la rugiada, so dove i grilli accordano i violini, so dove il vento si ferma quando trema, so dove nasce la voglia di cantare”. L’ho fatto dopo che per otto mesi avevo sospeso l’attività del coro per protestare contro il Veneto divenuto xenofobo e razzista, oltre che vergognosamente volgare. Ma insisto nel sottolineare come i cori che cantano De Marzi sembrano molto più attaccati, dell’autore, al suo consolidato repertorio. Lo sto cercando da qualche tempo anch’io, il vero perché. Talvolta si tratta di poca voglia di rinnovamento; altre volte, magari, di attaccamento, di affetto profondo per un tempo che non c’è più. Mi accade spesso che dopo un concerto qualcuno venga a rimproverarmi perché ho cambiato gli andamenti, perché ho stravolto l’espressività, anche, e qui non so cosa pensare, perché ho fatto le presentazioni “diverse dall’altra volta”. Ti ritrovi nei tuoi “interpreti”? Le interpretazioni più interessanti e più aggiornate vengono dai cori misti. C’è, dalle mie parti, un docente di conservatorio, Lorenzo Signorini, che ha realizzato delle sapienti trascrizioni per piccola orchestra con il coro I Polifonici Vicentini di Pierluigi Comparin. Quando posso vado a presentare i concerti che diventano soprattutto un ampio racconto di vita. Versioni per grandi orchestre sinfoniche e grossi cori sono state proposte un po’ ovunque, come in Polonia, in Bulgaria, in Australia, in Russia, in Giappone. Gli adattamenti nelle diverse lingue non si contano più, perfino in finlandese, a opera del maestro Heikki Vaananen di Helsinki. Discuto molto raramente le interpretazioni che mi vengono proposte dagli altri cori. L’unica raccomandazione che mi permetto è che non si ceda alla tentazione di rallentare gli andamenti. Il corso sull’interpretazione dei miei canti, organizzato nello scorso autunno da Ilario Sedrani con il Coro Plose di Bressanone, ha visto una notevole partecipazione di direttori e di coristi. Io ero perfino imbarazzato, oltre che felice. Come giudichi il tuo successo? Credo che i miei canti vengono accettati per la loro semplicità, per la loro cantabilità, magari anche per la convinzione dei testi. C’è un maestro, in Val Camonica, Francesco Gheza, che scrive cose sublimi sulle mie composizioni. E talvolta esagera. So di essere considerato, qua e là, un autore troppo facile, poco moderno, un decadente, un sentimentale, un postromantico, addirittura, come è stato detto in un convegno corale, “un freno per l’evoluzione della coralità”. Del resto, usare le dissonanze, o giocare nel suggestivo spazio di un cluster, è abbastanza facile, perfino comodo. Io punto sempre sulla cantabilità. E sulle concatenazioni tonali. I miei coristi sono degli amatori, com’è per la grande maggioranza dei cori. A me non interessa più di tanto passare alla storia. Mi basta che ogni giorno sia possibilmente diverso dal precedente. Ho sempre il timore di annoiare, e di annoiarmi. Mi basta convincere chi mi conosce che ho sempre lavorato tanto e che non sono stato al servizio di nessuno: sono un uomo libero e sto con i poveri del mondo. Corollario della domanda precedente: quanto c’è di “esportabile” nel modello Crodaioli/De Marzi e quanto è invece insito nel suo essere coro veneto a voci virili nato negli anni Sessanta? Il Veneto, che si crede libero nel cosiddetto Nordest, non esiste quasi più, tanto è stato snaturato dalla corsa al denaro e dalle volgarità della nuova politica. Io non ho mai pensato, o preteso, di diventare “esportabile”. Vocalmente parlando, la mia caratteristica principale è una certa forza spontanea con la marcata ricerca dei contrasti dinamici. I miei coristi, cantando, si muovono liberamente, quasi a comunicare anche visivamente la passionalità. Ricevo delle critiche, per questo, ma a noi viene così. Ci criticano anche perché cambiamo quasi ogni anno la divisa corale, che indossiamo cinque secondi prima di cantare e che togliamo subito dopo il concerto. Ma il cosiddetto “modello Crodaioli/De Marzi”, qualora ci sia, è soprattutto la consapevolezza che cantare in coro non è un divertimento, che costa fatica e sacrificio. Nei nostri viaggi non portiamo mai parenti o accompagnatori. E anche questo è un fatto che può sorprendere. Ma non vogliamo che gli impegni si trasformino in gite di piacere. Si va per raccontare, per far pensare, magari per protestare contro le molte ingiustizie. Si torna stanchi, sempre, addirittura sfiniti, ma con la consapevolezza di avere cantato la fatica di vivere, magari anche la fede e le piccole felicità. dossier TRA “COLTO” E “POPOLA RE” A PPUNTI SUL COMPORRE di Renato Miani I l canto popolare ha affascinato ed ispirato compositori di tutte le epoche. Mi vengono in mente situazioni più o meno note: le messe rinascimentali su L’homme armé, alcuni lavori bachiani come la Fuga in Sol minore BWV 542 o la Variatio 30 (Quodlibet) delle Goldberg-Variationen. Nell’Ottocento, la riscoperta del patrimonio popolare diventa uno dei fondamenti dell’estetica romantica: tra i lavori più noti, si annoverano i Volkslieder e il Geistliches Wiegenlied di Brahms. Soprattutto nell’area slava, tale orientamento ha determinato una svolta significativa, che si è identificata nelle cosiddette “scuole nazionali”, entro le quali spiccano le personalità di Dvořák e soprattutto di Musorgskij. La personalità di quest’ultimo si riflette poi sull’opera di Debussy, il quale si lascia sedurre anche dalle musiche popolari giavanesi. Parallelamente nell’area tedesca incontriamo lavori come la Prima Sinfonia di Mahler ed ancora il II Quartetto di Schönberg, e più tardi il Violinkonzert di Berg. Ancora nell’area slava, appaiono emblematiche le figure di Bartók e Kodály, allo stesso tempo compositori ed etnomusicologi. Nel secondo Novecento, ricordiamo i Folksongs di Berio o gli Études pour piano di Ligeti (dove ha un rilievo particolare il fenomeno ritmico, influenzato dalle musiche del Centro-Africa) … Ma naturalmente, ciò che ci interessa in modo particolare in questa sede è l’ambito della musica corale, veicolo primario e privilegiato, dove è sicuramente incalcolabile il numero dei lavori che in qualche modo gravita attorno al mondo popolare, tra armonizzazioni, elaborazioni e brani originali. Lo stesso concetto di (canto) popolare può infatti essere inteso in due modi: da un lato un brano di origine ignota, che, proprio grazie alla sua “anonimità”, diventa “espressione” di un popolo; dall’altro una composizione d’autore che volutamente riprende gli elementi caratteristici tipici del caso precedente. Gli esempi che ho citato all’inizio offrono una panoramica abbastanza ampia su quello che può essere l’atteggiamento del compositore di fronte a questo materiale (mi viene in mente un’affermazione del “nostro” Verdi: “tornate all’antico e troverete il nuovo”). Nel caso più “semplice”, l’intervento del compositore si limita (e certo sapersi “limitare”, non è cosa di poco conto) ad armonizzare o a creare una determinata trama sonora sotto od attorno alla linea melodica: è il caso di lavori come i Volkslieder (destinati anche al coro) di Johannes Brahms. L’intervento di Brahms è assolutamente straordinario nel creare un perfetto equilibrio tra la personalità del compositore e la semplicità dei canti utilizzati (tutto appare assolutamente brahmsiano, il che è testimone di quanto la produzione di quest’autore sia intrisa di elementi popolari). Economia e delicatezza sembrano essere tra i fattori determinanti di questa operazione. Del tutto particolare l’operazione condotta da Gustav Mahler nel III Movimento della Prima Sinfonia, dove riecheggia la melodia del noto canone “Fra’ Martino campanaro”, trasposta in minore. Siamo in una situazione opposta rispetto a Brahms: il compositore si impossessa di un’immagine comune e la distorce, nell’intento di creare nuovi significati espressivi. Lo stesso autore ebbe a dire a proposito di questo passo: “…davanti al nostro eroe passa un funerale, e lo afferrano tutta la miseria e lo strazio del mondo con i suoi stridenti contrasti e la sua atroce ironia…”. Nell’ultima delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach e nel II Movimento del Violinkonzert di Alban Berg, il materiale popolare viene utilizzato, con intenti diversi “solo” come citazione. Nel primo caso si trattava di chiudere in maniera scherzosa il ciclo delle 30 variazioni mescolando le melodie di due canti popolari di argomento diverso (“Cavoli e rape mi hanno scocciato…” e “Da lungo tempo non sto insieme a te…”) com’è tipico del Quodlibet, assecondando le aspettative del committente; nel secondo, invece, il clima essenzialmente drammatico dell’opera viene come sospeso, alla fine di un “fantastico girotondo”, dall’irrompere di un canto popolare carinziano (che si intromette arditamente in un clima sonoro a metà strada fra dodecafonia e tonalità). Per quanto riguarda Bartók e, di riflesso, Kodály, basterebbe citare il titolo di un articolo che avevo letto anni fa su Das Orchester, che suonava più o meno così: “La musica dei contadini: il paradiso di Bartók?” Il rapporto di Claude Debussy con l’arte popolare è quanto mai particolare: un ambiente di estrema raffinatezza sembra escludere quasi a priori la possibilità di un utilizzo diretto. Tuttavia anche se mediato, questo repertorio ha avuto un certo rilievo soprattutto sul piano tecnico: già si è detto dell’influsso esercitato su Debussy da Musorgskij, che ha agito su alcuni aspetti fondamentali della tecnica compositiva: armonia - melodia - ritmo (in questo caso è il russo a “fungere” da filtro); rimane da sottolineare come la tecnica della composizione “a strati” che nel francese riveste un ruolo talvolta fondamentale, venga mutuata proprio dalle tecniche e dalle particolarità strutturali delle musiche giavanesi. Analoghe considerazioni si possono fare attorno ai lavori di Ligeti: anche qui i materiali etnomusicali costituiscono solo uno degli aspetti - pur fondanti - di una struttura assai variegata e complessa (ma simili considerazioni si potrebbero fare anche, ad esempio su una qualsiasi forma di danza tolta da una Suite bachiana). Infine, abbiamo composizioni in cui 13 dossier il canto popolare rappresenta una sorta di pretesto che dà origine a strutture di particolare complessità, in cui lo stesso materiale viene “inghiottito” dalla trama sonora. Un caso è quello delle composizioni su cantus firmus, come ad esempio le messe che hanno come tenor la melodia profana L’homme armé. Molti i compositori che hanno utilizzato questo materiale per i loro edifici polifonici: Dufay, Ockeghem, Despréz, Obrecht, Brumel, Palestrina… In queste composizioni il materiale tematico serve allo stesso tempo da base strutturale per la costruzione ed allo stesso tempo garantisce l’unità di una struttura così ampia e articolata. Interessante pure l’esempio della Fuga in Sol minore BWV 542 di Bach, il cui soggetto è stato modellato sulla melodia popolare olandese “Ick ben gegroet”. Pur in un contesto essenzialmente diverso, la funzione del materiale è simile al caso precedente. 14 Parallelamente ai problemi strutturali si pone la questione del linguaggio, che nel caso della musica destinata al coro è particolarmente delicata. Questo non significa che il compositore debba modificare il suo mondo sonoro a seconda del destinatario; significa semplicemente entrare in un certo ordine di problemi. È da premettere che la proliferazione di linguaggi e stili è uno degli aspetti più interessanti ed allo stesso tempo più problematici della musica del Novecento. Se fino all’epoca di Mozart non è legittimo parlare di linguaggio di un determinato autore ma di linguaggio dell’epoca, a partire da Beethoven, la convergenza di più fattori ha determinato una crescente tendenza all’individualismo. L’esigenza di essere originali ha raggiunto livelli esasperati nel secolo scorso, al punto che per molti addetti ai lavori questo sembrava essere l’epicentro di tutte le questioni. L’effetto di alcuni “diktat” emanati da personaggi che in qualche modo hanno assunto un ruolo da protagonisti, è stato poi ulteriormente appesantito da quella categoria di persone che, piuttosto di pensare con la propria testa, preferiscono fungere da amplificatori, sigillando senza di- scernimento ma “autorevolmente” le ragioni di chi ha assunto una posizione determinante. Si è voluto far tabula rasa del passato e sul passato nell’utopia di una palingenesi (ma Tabula rasa è anche il significativo titolo di una composizione di Arvo Pärt, che a sua volta aveva fatto, appunto, tabula rasa di tutto ciò che, per motivi spesso estranei alla musica, ci si sentiva obbligati a fare a partire dagli anni ’50…). Comunque, concludendo questo discorso, non ritengo che quello del linguaggio sia aprioristicamente un problema: la questione è sempre legata all’uso che se ne fa e alle motivazioni, che devono essere sempre profonde e non di circostanza (per me sono capolavori sia Super flumina Babylonis di Palestrina, che Lux Aeterna di Ligeti. Tornando al mondo della coralità, si può affermare che, sinteticamente, esistano due categorie di compositori che si dedicano al coro: in primis i compositori-direttori che vivendo quotidianamente le problematiche dello “strumento-coro” sono in grado di affrontare la situazione nella maniera spesso più efficace. Poi vengono quelli come il sottoscritto, che hanno un rapporto occasionale con i cori e quindi tendono ad avere una visione più astratta. Queste due categorie sono spesso in conflitto ma entrambe hanno i propri limiti: da una parte il tecnico tende a piegare le esigenze compositive alla resa “strumentale”, il che limita spesso e in maniera significativa il potenziale escursus del brano; d’altro canto il rischio di chi opera in maniera più astratta è di creare un prodotto poco funzionale (nei casi estremi si parla di “musica sulla carta”). Certo le potenzialità spesso “represse” delle compagini corali, possono “irritare” la sensibilità dei compositori, ma a me pare che in Italia ci sia ben altro di cui lamentarsi e tutto sommato il mondo della coralità si dimostra molto più vivace di quello istituzionale (la cui logica gestionale – se mai esistesse – parrebbe tendenzialmente improntata alla (auto) distruzione). La mia idea è che bisogna convivere con i mezzi che abbiamo a disposi- zione, senza accondiscendere eccessivamente ed allo stesso tempo senza forzare troppo. Ostacoli troppo grandi creano situazioni infruttuose ma anche il totale adeguamento è tutto sommato abbastanza sterile. Riprendendo il discorso sul rapporto compositore-canto popolare, che comunque è sempre il filo che lega tutte queste digressioni, vengo a parlare brevemente delle mie esperienze dirette. Un primo lavoro che vorrei citare è Un fil di vous per coro virile, su testo di P.P. Pasolini, dove ho utilizzato un materiale di impronta popolare nell’intento di ricreare un clima analogo a certi lavori pasoliniani in dialetto casarsese. Poi è stata la volta di due arrangiamenti di altrettanti canti popolari della Val Resia, sempre destinati al coro virile: Dolüs te biske jasane e Da lipa mö ma Solbiza. Nel caso di Dolüs te biske jasane il problema principale era costruire una arcata molto ampia, dovuta alla lunghezza del testo, con un materiale sonoro che non esiterei a definire minimale (la melodia era formata da due frasi quasi identiche basate su sole quattro note): la soluzione l’ho trovata – tanto per cambiare – nella letteratura, e in particolare in un lavoro di Bach: la Passacaglia in Do minore per Organo. Il problema di Bach era molto simile al mio: anche nella struttura della passacaglia vi è il pericolo della frammentarietà (ad es. non completamente superato nel finale della IV Sinfonia di Brahms). Il Kantor aveva risolto la cosa regolando le 20 ripetizioni del basso ostinato attraverso una sovra-struttura speculare: Tema // variazioni 1 2 // 3- 4 - 5 // 6 7 8 // 9 // 10 11// 12 // 13 14 15 // 16 - 17 - 18 // 19 20 caratterizzata dalla presenza di 14 gruppi (dove il 14 rappresenta una specie di firma). Nel mio brano ho creato quattro grandi sezioni caratterizzate da altrettante scelte compositive, che vanno dal graduale passaggio dall’omofonia ad una compiuta accordalità della prima parte (soluzione che tra l’altro mi ha permesso di risolvere anche eventuali problemi mnemonici dovuti alla lunghezza del bra- dossier no), alla svolta timbrica e tonale della seconda parte, alla rilettura ancora più inaspettata della terza parte, contrassegnata dall’uso del modo eolio e da effetti pedale; nel finale si segnala il ritorno alle sonorità iniziali arricchite da nuove soluzioni contrappuntistiche. Nel caso di Da lipa mö ma Solbiza, a fronte di una melodia più interessante e di un’estensione del testo più contenuta, ho addottato soluzioni più semplici, quali l’eterofonia e la semplice armonizzazione (ma non sono del tutto soddisfatto del risultato): in sintesi ho lasciato che la linea melodica in un certo senso si “proiettasse” nella dimensione verticale, intervenendo contrappuntisticamente o variando l’armonia solo laddove era necessario inserire elementi di novità. In nessun caso sarei ricorso ad un certo tipo di sofisticazioni armoniche, del tutto estranee alla linea melodica, che determinerebbero una frattura tra la dimensione verticale e quella orizzontale. Recentemente ho composto un trittico (Rosaianskä Düsä / Anima resiana) su testi in resiano di Sergio Chinese. Si tratta di tre brevi pezzi che rappresentano altrettante sfaccettature della gente e della vallata resiana, dove sia il testo che la musica sono originali, pur rifacendosi in parte alle ambientazioni tipiche (musicali e poetiche) della cultura locale. In particolare si va dal descrittivismo di Plänynä (tavolo), più vicino al folklore locale, a Matë (madre), dove la ricerca degli “affetti” è caratterizzata da un utilizzo intensivo dell’appoggiatura, elemento che incide in modo significativo sul tessuto armonico. A conclusione Rosajanskë Sluvëk (gente resiana), riflette sul passato e sul presente della vallata, segnato dalla svolta post-terremoto, che ha decretato una profonda rivoluzione sociale ed economica. Musicalmente si caratterizza per una certa frenesia ritmica che, rispetto ai brani precedenti, rappresenta simbolicamente “la fretta che ci accompagna” nella vita di oggi. IL PROGETTO “EN CLA VE NEGRA ” di Carlo Frascà Q uesto scritto è la descrizione di un progetto musicale denominato “En Clave Negra” basato sulla transculturazione storica avvenuta nel ’500/’600 tra l’Europa e l’Africa Nera nei “limiti” geografico-culturali dell’isola di Cuba. Tale progetto è stato ideato e realizzato da ArlesianaChorus, un complesso vocale strumentale costituito da un ensemble vocale di 6 elementi (Paola Agrippa, Manuela Dimasi, Manuela Cricelli, Stefania Murdocca, Claudio Figliomeni, Antonio Mazzuca), un ensemble percussivo di 6 elementi caratterizzato dall’utilizzo dei tradizionali tamburi batà (Fabrizio Bigioni, Andrea Di Pierro, Daniel Chavarria, Franco Frascà, Antonio Nigro), e un ensemble strumentale (Domenico Gervasi al flauto, Daniela Bonvento alla viola e lira calabrese, Francesco Loccisano alla chitarra) diretti da Humberto “Pelicula” Oviedo, santero cubano responsabile della parte percussiva, e da Carlo Frascà autore/arrangiatore dei brani. I materiali musicali, utilizzati per la realizzazione di una riscrittura unitaria, sono brani tratti dalla tradizione rituale della Santeria cubana e rituale-processionale calabrese. La musica in funzione rituale è il comune denominatore a cui si fa riferimento in questo lavoro. Il materiale calabrese è costituito da canti religiosi a una o due voci, in forma di discanto, che servono di fatto a segnare il passo dei pellegrini durante i lunghi spostamenti verso particolari luoghi di culto. Sono caratterizzati da moduli ritmico-melodici ricorrenti nel sud Italia, con spiccata prevalenza modale. La musica rituale della Santeria cubana è basata precipuamente su un organico percussivo composto da tre suonatori di tamburi a doppie bocche asimmetriche, denominati “batà”; un “brano” in effetti è una sequenza di “toques”, moduli ritmici molto complessi risultanti dall’incastro dei ritmi realizzati dai tre “bateros”. Su questi ritmi si innesta solitamente un canto monodico in genere di carattere antifonale, il tutto in una progressione co- 15 dossier 16 stante ed inesorabilmente mirata al raggiungimento della trance, battutta dalla “clave”. La “Clave Negra” è il sistema metrico di base della musica afro-cubana esportata a Cuba dagli schiavi negri deportati dagli spagnoli. Un sistema incredibilmente “instabile”, per il nostro quadrato undue-tre-quattro, che annovera in sé il 3:2 in una sorta di “tao ritmico” dal perfetto “equilibrio dinamico”, escludendo di fatto la possibilità della stasi. Savrapponendo, come in un gioco di veline, questa entità metrica ai motivi ritmico-melodici della nostra tradizione musicale questi ultimi sembrano assumere una energia nuova, inaspettata. Il disallineamento metrico-ritmico permette una sorta di comparazione estemporanea del materiale ritmico-melodico che di fatto permette ai moduli formali stabiliti dalla tradizione di risorgere dalle tenebre della previsione stereotipica. A fronte di un iniziale disorientamento, l’attenzione continua alla ricerca dell’arsi e della tesi pone l’ascoltatore in una condizione ideale per ri-conoscere ciò che la presunzione del noto aveva affatto obliterato. Tale sovrapposizione è già avvenuta quando i ritmi africani esportati si sono fusi con la tradizione musicale europea indotta dalla dominazione spagnola. Ne è nato quello straordinario fenomeno culturale che è la musica cubana che a fronte di una sorgente di irradiazione di poche migliaia di kilometri quadrati si è diffusa in tutto il modo contemporaneo come prototipo ed archetipo stesso della musica popolare per danza. Ma a ben guardare l’influenza ritmica di Cuba non è certo cominciata ora, uno dei brani più noti della Carmen di Bizet è scritta in forma di Habanera (dove Habana è proprio la capitale cubana). Cosa è avvenuto in quest’isola caraibica? La tradizione musicale ancestrale dell’“ombelico del mondo” Le componenti femminili dell’ArlesianaChorus africano si è reincontrata con la sua progenie europea. Due filoni diversi, la stessa esigenza espressiva. Da un lato l’apparentemente grossolanità dei tamburi e la prevalenza della fisicità ritmica, dall’altro la tendenza al melodismo e alla determinazione armonica. È esattamente questo che tentiamo di fare nel nostro disco, ricreare una miscela fatta di energia ritmica ed elaborazione melodico-contrappuntistica, per dare la giusta luce nelle sale da concerto ed anche all’ascolto discografico al materiale musicale popolare. La musica popolare ha infatti bisogno del suo ambiente, dei suoi colori, dei suoi sapori e forse anche della sua gente. La decontestualizzazione depaupera, spesso fatalmente, la portata estetico-espressiva della musica etnica ed un ascolto “fuori luogo” rischia addirittura di rendere incomprensibili gli aspetti semantici e la carica emotiva che la accompagnano. Riprodurre o utilizzare del materiale musicale popolare comporta il dover tenere presente questo dato fondamentale. La nostra chiave reinterpretativa-rigenerativa si basa, piuttosto che sulla modernizzazione, sulla fusione di elementi puri ma differenti, i “toques” ritmici sono originali, le melodie popolari sono riportate integralmente, la “sofisticazione” armonica che qualcuno potrebbe leggere è il frutto di un filtro contrappuntistico che è stato applicato nella riscrittura del materiale, contrappunto che fioriva nella musica “colta” occidentale proprio nel periodo storico teatro dei fenomeni trasculturanti sopra descritti. Il ritmo, per noi, è stata la vera scoperta. Ciò da cui il percorso estetico-culturale europeo si è in qualche modo allontanato nel tentativo di raffinarsi elevandosi dalla “terra”, ritorna, forte, a rivitalizzare e a rimettere in luce le sorgenti emozionali uniche dell’espressione musicale. L’ultimo brano del disco “En Clave Negra” vol. 1 è un po’ una provocazione ma non è nata da una forzatura e incarna in sé, forse meglio di tutti gli altri brani, lo spirito del nostro lavoro pur essendo l’unico brano con “sorgenti” non popolari. L’Ave Maria di L. Da Victoria splendido esempio di raffinato contrappunto melodico si sposa, nelle nostre intenzioni e per il nostro sentire, con quattro differenti “toques” batà, tracciando a contorni netti “la terra” su cui si svolge la danza dell’intuizione melodica armonica, dell’intelletto, e che restituisce all’arte il suo profondo senso e-motivo. nova et vetera LORENZO PEROSI (1872-1956) “DIGNA RE ME”, PER CORO MISTO A SEI VOCI di Walter Marzilli L a scelta di Perosi da parte della redazione di Choraliter è stata fortemente influenzata dai festeggiamenti che si svolgono in tutta Italia in occasione della ricorrenza del cinquantesimo anniversario della morte di Mons. Lorenzo Perosi. Il brano “Dignare me” mi fu invece segnalato alcuni anni fa dal preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra, Mons. Valentino Miserachs Grau, in occasione di una tournée all’estero del Coro Polifonico dell’istituto stesso. Si tratta di un lavoro di grande fascino sonoro a sei voci miste (SCTTBB), che conta 43 battute in tempo di 4/2, il cui spartito è conservato nella Biblioteca Vaticana.1 Il brano suona con la massima invadenza emotiva se lo si esegue nei grandi spazi chiusi nei quali è stato concepito.2 Il testo, brevissimo, è molto significativo: “Dignare me laudare te, Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos.”3 È ovvio che, per quanto riguarda i due versanti della presente rubrica Nova et Vetera, il brano di cui parliamo appartiene al secondo dei due: vetera. E questo non tanto per l’età del brano stesso - che pure risale ormai al “secolo scorso”4 - quanto per alcuni stilemi compositivi che sottostanno alla scrittura musicale che lo ha generato. Primo fra tutti: l’accuratissima attenzione alla parola e al rispetto del peso delle diverse sillabe che la compongono. Si tratta di una antica consapevolezza interna all’atto compositivo stesso, che nacque insieme con la musica corale stessa e che raggiunse il suo apice all’epoca d’oro della polifonia rinascimentale. Essa è così imprescindibile dalla composizione al punto che anche oggi, dopo tanti secoli, un compositore che si ponga di fronte a un testo da musicare senza voler anteporre la voglia di sperimentare alla sostanza indiscussa e indiscutibile della parola, non può ancora farne a meno. Sotto questo aspetto possiamo riconoscere come Mons. Perosi sia profondamente un uomo del passato. È sufficiente scorrere appena le prime parole del brano (Fig. 1) all’interno di una delle sei voci che lo compongono per capire come la melodia si sia manifestata nella mente di Perosi dopo che egli aveva avuto il tempo di soffermarsi sul testo e di assaporare l’intima musicalità delle parole che 1 2 3 4 aveva davanti. Il resto viene da solo; basta non opporsi allo scorrere dei suoni all’interno della propria mente, dopo aver respirato a lungo tanta musica corale e tante parole musicate. Poi tutto diventa naturale.5 Fig. 1 Si noterà la grande attenzione del compositore nell’assecondare il peso delle diverse sillabe e nell’evidenziarne il ruolo all’interno della parola. Quelle accentate sono infatti sempre fatte oggetto di una cura particolare, e rivestite di un’attenzione che accredita loro una lunghezza maggiore o un melisma che le metta in evidenza (può bastare un pes o una clivis), oppure una elevazione melodica che le distingua o la coincidenza con il battere piuttosto che con il levare. Può capitare che la disposizione della melodia non permetta che la sillaba accentata possa contare su una elevazione melodica, la qual cosa costituisce la soluzione migliore per sottolineare l’accento che essa possiede: in quel caso Perosi non manca di utilizzare una della altre soluzioni, o più di una contemporaneamente, come mostrato in fig. 2. Fig. 2 In altre occasioni il compositore è attento a non far coincidere l’ultima sillaba atona di parola con un tempo forte e/o una elevazione melodica. Si noti a questo proposito come egli ponga diversamente le sillabe sulla nota più acuta della stessa scala ascendente affidata ai Soprani prima alle battu- Gli esempi riportati in questo lavoro sono tratti dalla trascrizione su computer operata da P. Aurelio Zorzi. Il brano risale agli anni in cui Mons. Perosi lavorava in S. Pietro a Roma, come direttore del coro della Cappella Sistina. “Degnati di accogliere le mie lodi, Vergine consacrata. Dammi forza contro i tuoi nemici.” Il brano è registrato negli archivi della SIAE, dove è stato depositato in data “1938-11-22” (sic). Per pura curiosità, non sfuggirà agli appassionati di enigmistica il fatto che la data del deposito in SIAE mostri curiose assonanze e singolari allitterazioni con la data di nascita e quella di morte di Perosi, rispettivamente 21-12 e 12-12… 5 Eseguendo musica di alcuni autori moderni anche molto famosi, può facilmente capitare di imbattersi in sillabazioni improbabili o in accenti di parola non in sintonia con quelli della battuta, o viceversa. In questi casi certamente stento a credere che si tratti di superficialità (sto pensando veramente a grandi nomi…), quanto della mancanza di frequentazione con la materia corale ed il costrutto verbale. Nella musica strumentale, infatti, questi compositori eccellono. Un caso diverso è quello dei compositori francesi i quali, per la particolare condizione lessicale della propria lingua, così tanto legata allo spostamento dell’accento sull’ultima sillaba della parola, finiscono per “sentire” nello stesso modo anche le lingue estere, compreso il latino della loro musica sacra, e “sbagliano” continuamente gli accenti della melodia. 17 nova et vetera te 6-7 (fig. 3) e subito dopo alle battute 8 e 9 (fig. 4). Fig. 3 Fig. 4 18 Nell’immaginario collettivo anche di chi non fa musica in modo diretto e magari non è più giovanissimo,6 il nome di Lorenzo Perosi è immediatamente associato alla Missa Pontificalis e alla Missa Secunda Pontificalis. La prima fu scritta addirittura nel 1897, la seconda nel 1906: stando strettamente ai secoli, rispettivamente due secoli fa e il secolo scorso! È quindi assolutamente giustificato pensare a Perosi come ad un compositore del passato, soprattutto se pensiamo che negli anni in cui egli scriveva (o depositava alla SIAE) il suo Dignare me, Goffredo Petrassi stava scrivendo il suo Coro di morti, e Dallapiccola aveva già scritto da due anni i suoi Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane. Anche la scelta di utilizzare il tempo di 4/2 può essere collegata con la prassi polifonica antica, abituata alla scrittura con le note bianche e larghe. Ottime in questo caso per infondere anche all’occhio il senso di sereno abbandono necessario per pronunciare le belle parole del testo alla “Vergine consacrata”. Aggiungiamo il trattamento del Sib in chiave, che diventa bequadro quando si trova all’interno di una scala ascendente. Questa ambiguità, seppure calata in un impianto armonico di stampo tonale, tanto ricorda la mobilità del SibSi bequadro del protus in RE nella prassi polifonica rinascimentale. Perosi è quindi profondamente figlio del suo tempo, ma con lo sguardo rivolto tendenzialmente al passato, soprattutto dal punto di vista contrappuntistico. La sua continua frequentazione con la polifonia antica durante l’espletamento delle sue funzioni di maestro di cappella prima nell’Abbazia di Montecassino, poi nel Duomo di Imola, quindi nella Basilica di S. Marco a Venezia e infine alla Cappella Sistina in Roma lo dovette certamente formare in modo saldo entro i principi del movimento canonico delle parti e del contrappunto più severo.7 Questa formazione lo accompagnerà per tutta la vita, privandolo delle possibilità espressive legate alle soluzioni compositive più moderne e spregiudicate dei suoi contemporanei. D’altra parte Perosi non è figlio del suo tempo solo dal punto di vista strettamente compositivo e contrappuntistico, ma in senso lato. Egli è figlio della Chiesa Cattolica Romana, del conservatorismo respirato durante il soggiorno a Ratisbona, della coabitazione a Roma a fianco di ben cinque pontefici durante il magistero in Cappella Sistina,8 senza dimenticare inoltre la contemporaneità con la Prima Guerra mondiale, il Ventennio fascista e anche la Seconda Guerra mondiale. Se si pensa infine che al tempo della sua nomina come direttore perpetuo della Cappella Sistina il coro comprendeva tra i cantori di ruolo ancora numerosi castrati, allora si ha subito un’idea della collocazione non solo temporale ma soprattutto stilistica ed estetica del suo agire musicale… Oltretutto il suo lungo magistero alla guida delle più importanti cappelle musicali italiane si protrasse attraverso un lunghissimo periodo, durante il quale la Chiesa era immersa in solenni liturgie intrise di un profondissimo senso del sacro. Le sperimentazioni audaci e le novità travolgenti erano guardate con estremo sospetto, per non dire che fossero assolutamente vietate. A questo proposito occorre ricordare la potente sferzata che l’allora pontefice Pio X volle dare a tutto l’ambiente della musica sacra con la promulgazione del suo famoso Motu Proprio Inter sollicitudines del 22 novembre 1903, festa di S. Cecilia. Ci si doveva difendere dall’invasione della musica di stampo teatrale, lirico e operistico all’interno della Liturgia, e dai tanti abusi che i compositori e i direttori operavano contro la sacralità dei luoghi di culto durante le liturgie.9 E fu proprio in quell’anno che Perosi fu nominato Direttore Perpetuo della Cappella Musicale Pontificia (Cappella Sistina), dopo averne condiviso la direzione per alcuni anni con il castrato Domenico Mustafà. Si può quindi ben immaginare in quale severo clima di conservatorismo si sia trovato a vivere e ad operare Mons. Perosi.10 Si deve sapere infatti che, appena nominato direttore perpetuo, fece espellere tutti i castrati dal coro della Cappella Sistina, interrompendo bruscamente una tradizione che andava avanti con continuità dal XVI secolo.11 A questo punto, però, stabilita e ribadita l’appartenenza di Perosi alla produzione musicale del passato, è doveroso sot- 6 Nel caso dei giovani ci pensano i responsabili delle parrocchie a descrivere come “sorpassata e improponibile” la musica sacra di Lorenzo Perosi. Certamente sarebbe esagerato proporre correntemente le sue musiche nelle liturgie attuali, soprattutto per quanto riguarda le lunghe parti fisse dell’Ordinarium (Kyrie-Gloria-Sanctus-Benedictus-Agnus). Ma bisognerebbe avere il coraggio di ammettere che alcuni suoi mottetti sarebbero ancora in grado di accompagnare molto efficacemente i momenti liturgici del Proprium. 7 Questa preparazione lo condurrà verso un atteggiamento compositivo più attento alla parola e alla musica vocale-corale di quanto non lo sia stato nei confronti del trattamento dell’orchestra. Le sue orchestrazioni sono accattivanti, ma molti le considerano piuttosto semplici. 8 Nell’ordine: Leone XIII, S. Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII. 9 Solo per nominare la portata degli effetti che il motu proprio di S. Pio X ebbe sul panorama mondiale della musica sacra, è opportuno menzionare l’esistenza di due particolari documenti: la White List e la Black List. Si trattava di due elenchi pubblicati dalla St. Gregory Society of America rispettivamente nel 1919 e nel 1922, con i quali la chiesa americana stabiliva perentoriamente quali fossero gli autori e i brani che, rispettando i dettami del motu proprio di S. Pio X, potevano entrare di diritto nelle celebrazioni liturgiche. Ovviamente nel secondo elenco, la Black list del 1922, si enunciavano i brani che, non rispettando i le indicazioni contenute nel motu proprio, erano vietati. Curiosamente (ma nemmeno tanto) tra gli autori proibiti figuravano Mozart, Haydn, Schubert e Rossini. Evidentemente la decontaminazione dallo stile teatrale investiva anche le composizioni di questi autori che apparivano troppo vicine a questo genere. Può essere utile in questo contesto ricordare che il fondatore della St. Gregory Society of America, Nicola Montani, musicista ed editore di origini italiane nato a New York, aveva studiato al Conservatorio S. Cecilia di Roma proprio nel 1903, anno della promulgazione del motu proprio di S. Pio X. È interessante anche sapere che questi due elenchi in America circolano tuttora, e che nell’ambiente cattolico se ne parla come di un aiuto nella scelta attuale dei brani da usare nelle liturgie… nova et vetera tolineare alcune situazioni interessanti che avvengono all’interno del brano, e che sembrano mantenerlo meno collegato alla tradizione. Intanto la brevità del testo non permette al compositore di impostare la costruzione musicale secondo i canoni del mottetto classico. Il testo letterario, infatti, viene esposto tutto in una volta continuativamente dai Soprani e dai Tenori I, che in otto battute ne esauriscono la completa esposizione. Diversamente, le altre quattro sezioni - ma anche le precedenti due, a tratti - cospargono a macchia le loro frasi incomplete. Citano un tema per lasciarlo senza conclusione, appaiono per una breve citazione e spariscono nel silenzio. Quindi, insieme alla grande attenzione alla singola parola e ai rapporti tra le sue componenti sillabiche e quelle accentuative di cui abbiamo parlato in apertura di queste riflessioni, è facile cogliere una certa qual libertà nel trattare l’intero impianto testuale. Le frasi si interrompono, appaiono incomplete, i concetti testuali sono frammentati e la loro successione non è continuativa né consequenziale. La frammentazione maggiore è patita dai Tenori II, ai quali è affidato ripetutamente lo stesso breve frammento melodico, a cui vengono di volta in volta sottoposte le parole del contesto fraseologico nel quale si trovano ad operare le altre sezioni. Una volta assicurata l’esposizione completa ed efficace del testo da parte delle sezioni più acute (e quindi fonicamente più esposte), Perosi sembra indirizzare il suo interesse verso la ricerca delle macchie di colore, delle sfumature timbriche, del fascino puro del suono in se stesso, anticipando così i tempi di un impressionismo sonoro più moderno, molto vicino all’omonima arte pittorica francese. Accade pure più di una volta che alcune sezioni interrompano improvvisamente una melodia, che viene subito lasciata defluire in un’altra voce, alla quale è affidato il compito di portare a compimento la frase. Forzando forse un po’ la mano (ma nemmeno tanto) possiamo riconoscere in questo atteggiamento compositivo l’embrione di quello che, dalla frammentazione della frase nelle singole parole affidate a sezioni diverse, porterà alla disgregazione della parola nelle sue sillabe unitarie, tipica di molta produzione moderna. A proposito del fatto che i Soprani espongano con cura ed esattezza tutto il testo, si fa notare al termine una strana ripetizione della parola iniziale “Dignare” alla battuta 8, senza apparente motivo, ingiustificata e staccata dal contesto. La situazione è ripetuta con coerenza dopo la ripresa del tema, a battuta 32, ma si spiega poco dopo, allorquando a quattro battute dalla fine del brano tutte le sei sezioni pronunciano e ribadiscono omoritmicamente “Dignare me”. A questo punto le inspiegate ripetizioni alle battute 8 e 32 si rivelano come due citazioni anticipate di ciò che verrà chiarito e confermato soltanto alla fine. “In fine judicabis” solevano dire gli antichi musicisti per capire la modalità di un brano rinascimentale: anche qui occorre attendere la fine del brano per fugare ogni dubbio e qualunque precedente ambiguità. E così si può ristabilire di nuovo un certo equilibrio tra passato e futuro nell’approccio del compositore con questo brano così seducente. In effetti potremmo andare avanti ancora a lungo apportando argomenti a favore dell’uno o dell’altro versante, del nova o del vetera. Vogliamo però chiudere questi pensieri con un’ultima considerazione relativa al concetto di sezione aurea. Come si sa, le strutture che al loro interno contengono in qualche modo le proporzioni della sezione aurea12 risultano alquanto gradite alla percezione sensoriale (in natura sono moltissime le situazioni, gli oggetti, le forme e le figure che rispettano la sezione aurea, come pure nelle creazioni architettoniche, pittoriche, scultoree ecc.). Osservando il sistema da un altro punto di vista, possiamo affermare che la verifica dell’esistenza della sezione aurea in una costruzione (che può essere appunto architettonica come pure musicale) può costituire la prova dell’avvenuta ricerca da parte del compositore di un consolidato formalismo canonico di tipo strutturale-compositivo che era molto ben conosciuto già in epoca rinascimentale. Ebbene, il calcolo della sezione aurea nel brano Dignare me fornisce come risultato che il punto di divisione della sezione aurea (punto C; cfr. nota 11) cade all’interno della battuta 26, cioè proprio nel bel mezzo di un episodio estremamente significativo in una composizione: la ripresa del tema. Dobbiamo anche aggiungere che, a differenza della prima apparizione del tema stesso in apertura del brano, questa volta le due sezioni dei Bassi tengono lunga la prima sillaba in modo da cadere “stranamente” sulla battuta 26 proprio con l’accento principale della parola “Dignare”… In più tale ripresa risulta particolarmente preziosa in conseguenza del fatto che il tema appare la prima volta su un bellissimo accordo profondo di FA maggiore (avvalendosi della rotondità dei Bassi che cantano il Fa sotto al rigo), mentre si mostra alla battuta 13 in SOL maggiore (con i Bassi stavolta sul Sol nel quarto spazio), destabilizzando in questo modo la regalità della sua prima apparizione, che invece torna appunto alla nobiltà e alla fierezza del FA maggiore proprio in coincidenza della sezione aurea.13 10 Senza volerci addentrare nel delicato campo della psicologia, ci si può però chiedere se tutti i disturbi del comportamento e i numerosi problemi di carattere psichico che afflissero Perosi durante i lunghi anni romani non siano in qualche modo da collegare con questa particolare situazione. 11 Questo fatto suscitò le ire degli evirati cantori, che arrivarono a inviare minacce di morte nei suoi confronti. La Santa Sede non mancò in seguito di assicurare loro un vitalizio. D’altra parte si verificherà una situazione simile alla morte di Perosi, nel 1956: con la nomina di Mons. Domenico Bartolucci terminerà questa volta la storia dei falsettisti in Sistina. Non mancheranno anche in questo caso tumulti e minacce al neo direttore, incolpato di interrompere, insieme agli emolumenti, un’altra lunghissima tradizione rinascimentale. 12 Tale per cui, indicato con AB un segmento intero e stabilito un punto C al suo interno, si possa ottenere la proporzione AB:AC = AC:CB. 13 Un eventuale sviluppo delle riflessioni sulla sezione aurea potrebbe diventare estremamente interessante, ma ci porterebbe molto lontano. Ci limitiamo a fugare il dubbio sulla presenza o meno di una consapevolezza squisitamente matematica che dovrebbero avere i musicisti nei confronti di questa particolarissima proporzione numerica, peraltro strettamente collegata con la serie dei numeri di Fibonacci. In effetti può essere plausibile immaginare molta dimestichezza con l’aritmetica da parte di un compositore del Cinquecento, a causa del famoso Quadrivium medievale Astronomia-Aritmetica-Geometria-Musica, che non smetteva di proiettare una particolare visione scientifica della Musica anche su un compositore del Rinascimento. Ma questo non esclude affatto che un compositore di qualunque epoca successiva possa avvertire come esista un particolare punto della composizione - e uno solo - in cui si renda necessario inserire un evento particolarmente significativo perché la costruzione possa risultare architettonicamente ma anche espressivamente ineccepibile. E poco importa se esigenze di varia natura, sillabica, agogica o dinamica, possano far slittare la posizione di questo particolare momento di una battuta o anche due, come spesso accade. Questo particolarissimo punto è stato nominato in tanti modi nel corso della storia della composizione. Altro non è che la sezione aurea. 19 attività dell’Associazione QUA TTRO PROGETTI FENIA RCO PER UNA CORA LITÀ FORTE E SOLIDA LE L 20 a musica corale, innanzituto, è qualcosa che arricchisce la vita personale e sociale e di conseguenza la coralità amatoriale italiana è una forza viva, capace di mettersi al servizio di tutta la società e in grado di esprimere le competenze del professionista unite alla disponibilità del volontario. Queste due affermazioni riassumono la base del pensiero al quale si è ispirata, in questi anni, l’azione di FENIARCO. I progetti APS (Associazioni di Promozione Sociale), presentati da FENIARCO al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ora di competenza del Ministero della Solidarietà sociale, in base a specifici bandi previsti dalla legge 7 dicembre 2000 n. 383, si muovono su questa strada: il loro accoglimento e finanziamento rappresentano il riconoscimento, da parte degli organismi ministeriali, di questo ruolo rivendicato dalla coralità italiana. Quattro i progetti presentati da Feniarco, due in relazione al bando 2004 e altri due a quello 2005. Per il 2004 sono stati presentati i progetti “Coralmente” e “Cori solidali”. Il primo progetto è un servizio rivolto alla coralità stessa, per rendere più efficace l’insieme delle iniziative promosse dalla FENIARCO e dalle associazioni aderenti. Il progetto ha come obiettivo quello di realizzare una banca dati virtuale dedicata e modulata sulle esigenze e sulle attività compiute da tutte le realtà periferiche della FENIARCO, in modo da portare alla realizzazione di una organica piattaforma NAZIONALE. Sarà una Banca Dati direttamente rivolta alle proprie sedi periferiche con una veste grafica lineare, semplice, chiara, comprensibile e veloce da utilizzare, per- ché si opterà per la massima dinamicità ed aggiornabilità: il fine ultimo è quello di attivare meccanismi di ricerca e approfondimento, di studio che rendano sempre più consapevole ogni intervento. La realizzazione del progetto vedrà innanzitutto una sensibilizzazione di tutte le associazioni locali della coralità, per consentire, con la collaborazione di tutti, un’efficace raccolta dei dati. Questi riguarderanno il censimento dei più importanti cori, la loro attività, i repertori eseguiti, l’elenco delle partiture possedute, il censimento delle manifestazioni corali presenti su tutto il territorio nazionale. Una volta raccolte, queste informazioni verranno inserite nella Banca Dati e messe a disposizione dell’utenza, che potrà accedervi previa registrazione. Per realizzare la Banca Dati sarà elaborato un apposito software che verrà messo a disposizione delle associazioni regionali. Non mancherà il collegamento con altre utili e sinergiche banche dati. Si tratterà in definitiva di un fondamentale strumento di informazione e di collegamento, che, sviluppando le iniziative fin qui attuate da FENIARCO, renda un efficace servizio a tutta la realtà corale e ne aumenti il senso di appartenenza. Il secondo progetto relativo al bando 2004 si rivolge all’esterno ed esalta il ruolo sociale della coralità basato proprio sulla convinzione che il canto corale può contribuire a migliorare la comunicazione ed il rapporto tra le persone, comprese quelle, per diverse ragioni, svantaggiate. Esso parte dalla constatazione che (Rapporto Annuale 2003 dell’Istat sulla realtà italiana) ci sono 295.000 persone ospitate in più di 8.000 strut- ture residenziali operanti sul territorio nazionale. Questa popolazione è costituita in grande parte, da persone anziane (autosufficienti e non) e da disabili adulti: persone, dunque, per le quali è si è determinata la necessità di allontanamento dal contesto socio-familiare in ragione dell’età e/o per la presenza di particolari problematiche psichiche e fisiche. In particolare, si rilevavano, in quel rapporto, quasi 28.000 disabili ospiti in presidi residenziali socio-assistenziali e circa 140.000 anziani non autosufficienti. Il coinvolgimento di anziani e disabili in attività musicali di tipo corale, in particolare, aiuta a mantenere una socialità viva e positiva, a migliorare e conservare capacità cognitive, sensoriali e funzionali, a mantenere capacità residue anche in caso di soggetti affetti da patologie psichiche. In generale, ogni persona, pur non avendo mai ricevuto un’educazione musicale, ha un substrato naturale di conoscenze relative a quest’ambito: conosce canti e canzoni, ricorda momenti collegati a musiche particolari, ha memoria di alcune pratiche sociali collegate alla musica come balli, serenate… In pratica, il bagaglio musicale anche inconscio che un soggetto porta dentro, può essere usato come stimolo e strumento per interventi positivi nei suoi confronti. A queste persone si rivolge il progetto “Cori Solidali”, non solo nella forma più semplice e più ovvia di concerti offerti dai cori agli ospiti di queste strutture residenziali, ma anche coinvolgendoli direttamente, fino ad ipotizzare una vera e propria attività corale svolta direttamente da essi. I cori, infatti, oltre a non presentarsi come meri esecutori davanti ad un pubblico in ascolto, in virtù di un puro e semplice intrattenimento, svilupperanno attività dell’Associazione percorsi psico-educativi volti ad usare il canto corale come stimolo alla creatività, sollievo in patologie depressive, metodo di aiuto e supporto in pazienti ansiosi o catatonici, supporto psicologico in anziani demotivati, conforto in situazioni di instabilità emotiva, ecc…, secondo i basilari principi della disciplina musicoterapica. L’attività corale non sarà vissuta solo passivamente dai destinatari del progetto, ma questi potranno partecipare in modo attivo all’attività del coro, riuscendo, attraverso la musica, a trovare una valvola di sfogo o una via d’uscita a particolari situazioni di sofferenza fisica, morale o psichica. Conclusasi, rispetto a questi due progetti, la fase burocratica (la convenzione col ministero è già stata firmata) è avviata quella operativa: i responsabili regionali si sono già incontrati lo scorso luglio e in autunno si potranno già avere le prime iniziative concrete. Anche per il 2005 FENIARCO ha presentato al ministero due progetti. Il primo concerne il Bilancio Sociale. Il bilancio sociale è uno strumento di rendicontazione molto particolare che, in sintesi, può definirsi come l’indicatore della responsabilità sociale di un ente che descrive la relazione tra questo e tutti i portatori di interesse in termini di quantità e di qualità al fine di elaborare un quadro omogeneo e trasparente dell’interdipendenza tra i fattori economico-finanziario, ambientale, etico sociale e sulla base di un modello di rendicontazione. Il bilancio sociale viene redatto, dunque, con lo scopo principale di calcolare il valore aggiunto prodotto dall’associazione, e di definire come questo viene ridistribuito tra i moltissimi portatori d’interesse: questo presuppone un lungo lavoro di reperimento, rielaborazione e interpretazione dei dati necessari alla sua redazione, che confluisce nell’organizzazione di un documento che renda i risultati raggiunti dall’ente espliciti e comprensibili per tutti coloro che vantino un in- teresse nei confronti dell’associazione. Il compito si rivela arduo se si considera lo scopo peculiare della Feniarco: un modello di bilancio sociale costruito sull’identità di un’associazione dedita alla diffusione della musica corale è un fatto senza precedenti che implica un lavoro di ricerca ed analisi di tutti gli aspetti culturali e sociali dell’attività dell’organizzazione. Per un’associazione di promozione sociale il bilancio sociale rappresenta una forma di rendicontazione autonoma e completa e non solo un accessorio al bilancio economico-finanziario, e questo nonostante oggi sembri piuttosto solo uno strumento indispensabile nella politica di marketing di molte imprese. La necessità di rendicontare la propria attività tramite il bilancio sociale, nasce, per un ente non profit, innanzitutto dal dovere civile e morale di rendere conto delle risorse utilizzate (lavoro volontario, finanziamenti pubblici, sottoscrizioni, quote dei soci…) in base alle quali l’organizzazione stabilisce un tacito patto di scambio con la collettività che, avendo riposto la propria fiducia nell’attività di promozione sociale dell’ente, si aspetta di vedere se questa fiducia è stata ben riposta e quali ne sono stati i benefici in termini di benessere sociale prodotto. Per un’associazione di promozione sociale di ampie dimensioni e di rilevanza nazionale come la Feniarco, diventa dunque indispensabile gestire in modo trasparente attività, denaro e lavoro, facendo partecipi i cittadini tutti dei metodi e degli strumenti adoperati per il raggiungimento delle proprie finalità e rendendo di dominio pubblico i risultati raggiunti e l’utile sociale prodotto. Pure questo progetto si attuerà grazie ad un’organica raccolta di dati che andranno poi inseriti in uno schema di bilancio da elaborare appositamente. Il tutto troverà sbocco nella pubblicazione di un volume. Anche la coppia di progetti 2005 prevede una iniziativa rivolta all’esterno della coralità. L’ambito è, questa volta, il mondo giovanile ed, in particolare, quello della scuola. Perno dell’iniziativa, per quanto riguarda le scuole secondarie superiori, il Coro Giovanile Italiano, compagine costituita nel 2003 da FENIARCO, che riunisce 35 giovani tra i 18 e i 28 anni, selezionati da tutta Italia. Il coro coadiuverà i direttori di due cori delle scuole secondarie di secondo grado, individuati su tutto il territorio nazionale, attraverso seminari, incontri e lezioni sulla musica corale. I cori delle scuole secondarie di primo grado saranno invece invitati ad affrontare brani proposti dalla FENIARCO ed invitati a partecipare al Festival di Primavera, manifestazione a loro dedicata espressamente. In quell’occasione potranno entrare in contatto con cori scolastici di altri paesi europei, arricchendo l’esperienza corale con il contatto internazionale. È un progetto che sottolinea la valenza culturale e formativa del canto corale, di cui le nostre istituzioni scolastiche non sfruttano ancora abbastanza le potenzialità, nonostante esse siano raccomandate dalle ultime riforme scolastiche, tanto del ministro Berlinguer come del ministro Moratti. Anche questi progetti sono stati accolti e finanziati dal ministero. La firma della convenzione avverrà al più presto e poi inizierà la fase attuativa. In sintesi, possiamo dire che i quattro progetti APS che FENIARCO sta realizzando rappresentano un salto di qualità destinato a lasciare il segno di una coralità consapevole del proprio ruolo culturale e per niente disponibile a lasciarsi trascurare come fenomeno marginale. Le risorse utilizzate e gli strumenti che ne scaturiranno, se riusciranno nell’intento di aumentare i mezzi a nostra disposizione e a far crescere la consapevolezza e il senso di appartenenza, potranno tradursi in altre risorse e in altri strumenti, dando anche in Italia alla musica corale il posto che le compete. 21 attività dell’Associazione WYC, CORO MONDIA LE GIOVA NILE 2006 PER A SPERA A D A STRA ! di Giorgio Morandi N 22 o, tre lingue (inglese, italiano e latino) per lo stesso avvenimento non è una esagerazione. Sì, visti i primi risultati credo si possa dire con tutta tranquillità: attraverso un notevole sforzo 74 giovani sono giunti alle stelle, portandoci anche noi del pubblico italiano, in quattro notti della calda estate 2006. Il loro sforzo è iniziato lo scorso mese di febbraio con una prima selezione nel proprio paese di residenza seguito da una seconda selezione all’ICCM, il Centro Internazionale della Musica Corale di Namur (B). S’è trattato di una selezione fra quei giovani – e sono giovani in gamba, ve l’assicuro – che per l’estate 2006 sono stati attratti dall’idea di una vacanza diversa, una vacanza musicale di alto livello e… più ancora: una vacanza corale con un’ottantina di coetanei, in un paese niente male, come l’Italia. Una trentina i paesi “giovanil-coralmente” coinvolti: Argentina, Au- stria, Belgio, Bolivia, Canada, Colombia, Danimarca, Estonia, Filippine, Francia, Germania, Giappone, Indonesia, Israele, Italia, Malaysia, Messico, Norvegia, Paesi Bassi, Perù, Portogallo, SerbiaMontenegro, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Svezia, Taiwan (China), Ungheria, USA, Venezuela. Sei i nostri giovani italiani presenti: Fabio Biagio La Torre di Barcellona (ME), Irina Dragoti di Roma, Davide Fior di Varese, Alberto Folino di Vergiate (VA), Adriano Gaglianello di Castagneto (TO) e Giuseppe Pennisi di Riposto (CT). La loro prima selezione è avvenuta a Verona, Roma e Reggio Calabria quattro mesi fa grazie alle audizioni organizzate per i giovani italiani dalla Feniarco. “Ambasciatori di pace” ha riconosciuto ufficialmente l’UNESCO! E a ragion veduta! Tutti assieme questi giovani di tutto il mondo, organizzati dal citato ICCM e sostenuti dalla Federazione Internazionale per la Musica Corale (IFCM) e da Jeunesses Musi- Nelle foto, il Coro Mondiale Giovanile in concerto cales International (JMI) il 9 luglio si sono trovati a Gazzada (Varese) e studiando circa 7 ore al giorno per dieci giorni con due insegnanti bravi come l’inglese Mr Peter Broadbent e lo svedese Mr Gunnar Eriksson, guardati a vista dagli attenti Mr JeanMarc Poncelet, Mr Vladimir Opacic e la signora Chiara Bartolozzi (responsabili del Progetto) sono diventati WYC 2006 (fuori dall’ermetismo delle sigle: World Youth Choir ossia Coro Mondiale Giovanile). In dieci giorni essi hanno preparato un doppio repertorio: una prima parte dedicata al repertorio a cappella, con musica del XIX e XX secolo, ed una seconda parte che contempla il repertorio sinfonico corale con rielaborazioni libere di canti o ritmi popolari folk. Chi scrive non è un colto musicista, ma ha seguito il Coro Mondiale Giovanile 2006 in una prova aperta al pubblico a Gazzada e nei tre concerti di Como, Lecco e Chiavenna. La sensazione di quotidiana crescita stupenda nel fare musica e nel- attività dell’Associazione l’affiatamento fra tutti i membri del grande gruppo è così netta e precisa, da far rincrescere di essere mancato nei concerti in Svizzera, Francia e Belgio e soprattutto nel concerto finale di Mainz il 30 luglio. Oggi, 31 luglio, il WYC 2006 si è sciolto, ha terminato la sua esistenza. A me che soltanto lo ho seguito per “un momento” nella sua fase italiana viene un po’ di groppo in gola. Sentimentalismo? Senz’altro, in buona parte, ma anche grande gioia nell’aver visto 74 giovani incontrarsi, coordinarsi, integrarsi, crescere in arte e in umanità… anche ansia, attesa per la sessione invernale e poi per il nuovo Coro Mondiale Giovanile 2007 in Sudafrica! (Sì caratteristica del WYC è anche la “mobilità” nel mondo: lo scorso anno in un Kibbutz Israeliano; quest’anno a Gazzada e in Lombardia; il prossimo anno in Sudafrica! Sono solo esempi nell’ormai ventennale storia di questa Istituzione). Che altro dire? I commenti/complimenti che ho raccolto dal pubblico a Como, a Lecco e a Chiavenna in tarda notte dopo i concerti? Perché no… almeno un accenno? Non potranno che far pensare a quali sono stati i commenti già nel Teatro Mario Apollonio di Varese dopo la prima serata del 20 Luglio! Ecco il primo, da parte di un docente del Conservatorio “G. Verdi” di Milano, con esperienza corale ventennale: “Ti volevo ringraziare per lo splendido concerto di ieri sera. La qualità dell’esecuzioni è stata veramente eccezionale considerando l’esiguo tempo di preparazione del programma. I brani, poi, veramente belli e difficili, anche se loro li hanno eseguiti con una facilità disarmante che denota una preparazione di base alta. Speriamo che questo evento sia il primo di una lunga serie e che negli anni a venire si possa nuovamente godere della loro musica”. Ed ecco quello di una direttrice di coro: “un grazie sincero per aver portato a Lecco il coro mondiale giovanile. So e immagino quanto lavoro…, ne valeva la pena e per questo credo che un ringraziamento sia dovu- to… Le emozioni accumulate sabato sera rimarranno con noi per parecchio tempo”. E una giovane che non pratica il canto corale… forse era presente “per caso”: “volevo dirti che il concerto di sabato sera era una favola, se pur io di musica ne capisca poco...; la prima parte mi è piaciuta un sacco, la seconda è stata bella ma come genere non mi piaceva molto, però direi che il coro era da rimanere a bocca aperta”. E… non è il caso, ma potrei procedere con i giudizi di tante persone che avendo mancato i concerti di Varese e di Como hanno seguito il Coro Mondiale Giovanile a Lecco o mancando anche Lecco… le ho incontrate nella prestigiosa Collegiata di Chiavenna… È stato scritto: “Il Coro Mondiale Giovanile per la prima volta in Italia”. No, non è vero. Precedenti edizioni del Coro Mondiale Giovanile si sono già esibite più volte in Italia… in Calabria e Sicilia, a Bergamo nel 2002… Ma credo sia vero che per la prima volta il Coro è nato in Italia, ed in Lombardia ha posto la sua sede di studio e di crescita prima di iniziare la tournée internazionale attraverso la Svizzera, la Francia, il Belgio (dove era prevista anche l’incisione in CD di tutto il reperto- rio) e in Germania. Non conosco i contatti e gli accordi a monte di questa scelta italiana ma conosco con precisione l’opera, la decisione con cui la FENIARCO e l’USCI Lombardia, attraverso i rispettivi Presidenti Sante Fornasier e Tonino Chiodo, hanno voluto e sostenuto la tournée italiana del Coro Mondiale Giovanile, in particolare coi concerti gestiti dalle delegazioni di Como, Lecco, Sondrio e Varese. Ai due Presidenti va un particolare ringraziamento che li accomuna comunque a tutti quanti hanno in qualsiasi modo contribuito alla realizzazione del Progetto “WYC 2006” di cui abbiamo davvero goduto in questo caldo luglio 2006. Con i ringraziamenti più CORdiALI, a tutti i giovani ormai ex WYC 2006 pervengano i migliori auguri per un futuro più sereno, più umano di quello che anche in questi giorni si prospetta a livello mondiale. Che il loro mandato di “Ambasciatori di pace” ricevuto dall’UNESCO trovi la realizzazione più completa e più sollecita. Per me… se non ci fosse il Coro Mondiale Giovanile bisognerebbe inventarlo! Chissà che un giorno non siano possibili molti cori giovanili mondiali. 23 attività dell’Associazione COMPORRE PER CORO OGGI IV EDIZIONE DEL SEMINA RIO PER GIOVA NI COMPOSITORI A D A OSTA di Andrea Venturini S 24 compositori viventi di musica corale, ha seguito con estrema competenza, disponibilità e gentilezza la bottega di composizione. Legato al gruppo degli Swingle Singers, che ha diretto dal 1987 al 1996 e per il quale ha scritto gran parte del repertorio, Jonathan Rathbone ha coinvolto numerosi studenti nella bottega di arrangiamento vocal-jazz, dimostrandosi didatta molto preparato nonché persona di rara simpatia. Compositore i cui lavori sinfonici, cameristici e corali hanno ricevuto significativi riconoscimenti, impegnato nella ricerca musicologica con all’attivo numerosi importanti trattati tecnici, nonchè insegnante di composizione al Conservatorio “G. Verdi” di Milano, il maestro Bruno Zanolini ha condotto, con sapienza, la bottega di elaborazione. Fondamentale per la buona riuscita del seminario si è rivelata la bottega di sperimentazione-esecuzione, formata dai coristi che hanno dato vita al coro laboratorio; venti musicisti di altissimo taglio professionale e culturale, tra cui valenti strumentisti, cantanti e compositori (vorrei ricordare la presenza nel coro dei compositori Corrado Margutti e Marcella Tessarin), che si sono prestati ad interminabili sedute di prove e sperimentazione, dimostrando capacità non comuni. A dirigerli il maestro torinese Carlo Pavese, raffinato musicista specializzato nel repertorio contemporaneo, già assistente di Gary Graden a Stoccolma, che con estrema intelligenza e capacità, ha svolto un lavoro ciclopico, consentendo la realizzazione di obiettivi inimmaginabili. Fin dal primo giorno di seminario i compositori-corsisti si sono sottoposti ad un duro impegno, frequentando le botteghe (quest’anno è stata data la possibilità ad ogni corsista di essere presente a due laboratori) e trovando il tempo per elaborare la propria composizione, sacrificando in molti casi anche le ore di sonno. I docenti hanno saputo indirizzare, con sapienza, gli allievi verso una scrittura attenta alla specificità dello strumento coro, senza stravolgere lo stile proprio di ciascun compositore bensì guidando gli stessi alla ricerca delCorsisti al lavoro nel Laboratorio di Jonathan Rathbone la miglior resa sonora. i è svolto ad Aosta, dal 23 al 29 luglio, il Seminario europeo per giovani compositori “Comporre per coro oggi”. L’iniziativa biennale, ideata da FENIARCO e divenuta, da due edizioni, europea sotto l’egida di EUROPA CANTAT, mantiene l’intento di creare una nuova generazione di compositori cosciente delle esigenze e dei bisogni del mondo corale. Ho avuto la fortuna di partecipare a tre delle quattro edizioni finora realizzate e di constatare di persona il favorevole “clima” che la settimana di Aosta sa offrire, capace di stimolare i corsisti alla realizzazione di composizioni ed elaborazioni nella maggior parte dei casi tutt’altro che affrettate e superficiali, come la brevità del tempo a disposizione lascerebbe supporre. Il merito va sicuramente ai docenti che si sono succeduti negli anni, Mauro Zuccante, Giovanni Bonato, Pierpaolo Scattolin, Jaakko Mäntyjärvi, alla disponibilità costante del coro laboratorio ma anche alla città di Aosta ed al suo Istituto Musicale che, attorniati dagli splendidi panorami alpini, offrono accogliente e generosa ospitalità. Nell’edizione 2006 si è ripetuta questa fortunata alchimia che ha consentito lo svolgimento di una settimana intensa ed estremamente fruttuosa. Veramente internazionale il clima che si è respirato nella quarta edizione di “Comporre per coro oggi”: ventuno corsisti provenienti, oltre che dall’Italia, dalla Turchia, dalla Romania, dalla Francia, dalla Germania, dal Belgio e dalla Norvegia. Completamente rinnovato anche il corpo docente che ha guidato i tre laboratori. Il maestro belga Vic Nees, uno dei maggiori La costante disponibilità del coro laboratorio ha poi consentito la verifica sul campo, fornendo uno strumento importantissimo per comprendere la bontà degli effetti e delle soluzioni adottate. Non è mancato il tempo per due seminari serali, dedicati all’ascolto ed all’analisi di alcuni importanti esempi di letteratura corale contemporanea, condotti dal maestro Zanolini. Un pomeriggio di svago è stato dedicato, giovedì, alla visita del laghetto d’Arpy, a quota 2100 metri s.l.m., dove le bellezze della natura ed il fresco clima montano hanno consentito a tutti un provvidenziale momento di ristoro. Alternando duro lavoro a piacevoli momenti conviviali si è giunti, sabato sera, al concerto finale programmato nella storica Collegiata di St. Orso d’Aosta. Nella chiesa gremita di ascoltatori, il coro laboratorio, diretto da Carlo Pavese, ha eseguito ben quindici brani composti nel corso della settimana, tra i quali l’intero ordinarium della messa, altri tre brani sacri, cinque elaborazioni di canti popolari e due arrangiamenti negro spiritual. Il coro ha saputo affrontare l’impegnativa letteratura in modo esemplare, fornendo prova della sua abilità nell’interpretazione dei vari generi e stili, trovando spazio anche per tre composizioni di L. Donati, E. Camoletto, A. Cadario e dando dimostrazione anche della propria capacità d’improvvisazione corale. Dopo la consegna degli attestati, stanchi ma estremamente soddisfatti corsisti, coristi ed insegnanti si sono ritrovati al rinfresco organizzato dall’ARCOVA (Associazione Regionale Cori della Valle d’Aosta), la cui preziosa collaborazione ha consentito il perfetto svolgimento del Seminario; un sentito ringraziamento va a Marinella Viola, Presidente ARCOVA, e ad Efisio Blanc per la rassicurante presenza. Il sempre maggior numero di corsisti provenienti da tutt’Europa ed i risultati ottenuti non possono che confermare la validità dell’iniziativa FENIARCO che in pochi anni ha saputo fare del seminario “Comporre per coro oggi” un vero punto di riferimento europeo nel quale i compositori possono conoscersi, confrontarsi ed aggiornarsi sulle nuove tendenze della musica corale, dando vita ad un sempre più consistente fervore compositivo al servizio della coralità. Il gradimento per il Seminario appena concluso è riscontrabile anche nelle testimonianze che alcuni corsisti hanno voluto inviarmi e che qui riporto con piacere. attività dell’Associazione Un’esperienza che sicuramente rimarrà nel cuore. Ottimi gli insegnanti, sia dal punto di vista dell’insegnamento e sia dal punto di vista umano. Eccellente il coro: è difficile trovare un corso di questo genere dove si può sperimentare ciò che si è scritto e ciò che si è appreso. Anche l’organizzazione mi ha stupito molto. Ho frequentato molti corsi e questa esperienza la reputo senza dubbio la migliore in qualità di organizzazione, tempistica e logistica.(…) Un grosso plauso e tanta riconoscenza per aver passato una splendida settimana tra la musica. Un grazie anche all’ARCOVA e a FENIARCO. Michele Paccagnella Direi che si è evidenziato come il corso sia stato organizzato da persone che conoscono bene le esigenze di chi intende partecipare ad appuntamenti del genere: elevatissimo il livello di esperienza dei docenti, ma anche notevole la loro capacità di entrare in rapporto diretto con gli allievi, riuscendo in pochi giorni a stabilire un dialogo efficace. Del coro non si può riuscire a dire abbastanza: delle capacità di lettura a prima vista, del suono, della professionalità dimostrata sottoponendosi a lunghe sessioni di lettura, senza mai un segnale di stanchezza, di disappunto, di criticità verso scritture talvolta anche molto ardue. Lo sforzo di Carlo Pavese è stato veramente grande ed encomiabile: ha realmente cercato di soddisfare i “desiderata” di tutti, con una sensibilità, un rispetto, una disponibilità ed una competenza che non hanno eguali. Impressionante il repertorio che è riuscito a presentare nel concerto conclusivo, in una sola settimana di studio. Un lungo elenco di meriti può riflettere gli appunti presi in questa settimana di lezioni e sessioni di prova, ma il vero carico col quale torniamo a casa è - credo per tutti - un altro ancora: l’esempio di modestia, di rispetto e di amicizia che ha onorato ogni momento di questa esperienza. Il clima instauratosi tra i corsisti non può che definirsi stupendo: di simpatia, di grande generosità ed apertura al confronto con gli altri. Per questo spesso sono state molto importanti le lunghe chiacchierate notturne, magari di ritorno dai seminari serali, in camera o a tavola: tra corsisti, docenti, coristi (eccellenti strumentisti, compositori, musicisti, estremamente disponibili con tutti) si sono ricavate indicazioni e consigli utilissimi per continuare il proprio percorso di formazione. Una settimana poteva sembrare poco, ma è stata sufficiente a lasciare il segno positivamente - da un punto di vista umano e artistico - per il percorso formativo di ciascuno di noi. Carlo Senatore Feniarco e Arcova sono riuscite ad organizzare una meravigliosa settimana. Gli insegnanti sono stati molto competenti e a noi vicini, il coro ed il suo direttore eccellenti e tutti gli studenti molto piacevoli ed interessanti. L’organizzazione è stata fatta bene e si è presa cura di tutti noi. È stata una grande esperienza musicale ed umana. Molta la Un meritato momento di svago per corsisti e docenti, tra le bellezze della Valle d’Aosta collaborazione reciproca e molta la compartecipazione. I compositori, come pure il coro, hanno avuto una notevole mole di lavoro, il che probabilmente ha aiutato a far crescere i legami tra tutti: nessuna gelosia né superbia ma solamente incoraggiamento ed aiuto reciproco; solo persone sincere desiderose di vivere un’esperienza umana rara incentrata sul linguaggio della musica contemporanea. Mi è molto piaciuto. Grazie di tutto. Stephan Nicolay (Francia) Per me è stata un’esperienza fantastica sotto ogni punto di vista!! Condividere con gli altri studenti lo stesso lavoro, gli stessi sforzi, ci ha resi molto uniti.. È stato molto stimolante per me, che sono una matricola nello studio della composizione, ascoltare i lavori degli altri ragazzi. Insomma, è stata una settimana dedicata interamente alla musica, spalla a spalla con ragazzi che hanno i miei stessi sogni, guidati da Maestri che non avrei mai immaginato di conoscere… Il ricordo di questa esperienza resterà uno dei più belli che ho… almeno fino al 2008!!! Grazie di tutto! A presto! Riccardo Bianchi L’esperienza di Aosta mi ha permesso di tradurre in pratica ciò che prima potevo per lo più concepire solo nella teoria, incentivando così la mia autostima compositiva e stimolandomi a proseguire con gioia nel percorso di studi che ho intrapreso. Tutto questo è stato possibile grazie alle relazioni umane che ne sono state veicolo: il M° Vic Nees, che mi ha seguito con genuina disponibilità e autentica professionalità; il M° Carlo Pavese e il Coro, che mi hanno dato la possibilità rara di riscontrare immediatamente i risultati dei miei sforzi, e di capire quali problematiche siano insite nell’interpretazione della notazione contemporanea, aiutandomi quindi a trovare le soluzioni grafiche più chiare ed efficaci. Grazie ai maestri Jonathan Rathbone e Bruno Zanolini, a tutti i compositori e gli organizzatori del seminario, per il clima solare di partecipazione e di sostegno reciproco, che mi ha permesso di conoscere realtà mu- sicali e umane con cui non ero ancora venuto a contatto e che hanno dato nuovi stimoli e contributi significativi al mio percorso musicale. Mauro Marenghi Per quanto mi riguarda, il corso “Comporre per coro oggi” mi è servito da stimolo per ripartire con entusiasmo dopo le recenti fatiche del diploma in Conservatorio. Inoltre, il fatto di partecipare come allievo cinquantacinquenne ad un seminario per giovani compositori mi ha fatto sentire ancora giovane, oltre all’avermi dato l’opportunità di ammirare le grandi capacità di musicisti che giovani lo sono davvero: la loro presenza ha portato una ventata di musica e di idee nuove nell’Istituto Musicale di Aosta, che io amo perché qui ho studiato. È stata dunque un’esperienza molto positiva, che senz’altro desidero ripetere la prossima volta. Giancarlo Muzzolon Personalmente è la seconda volta che partecipo. Ogni volta lo stimolo a creare e a confrontarsi con i colleghi è sempre altissimo. La scorsa edizione è stata nel 2004, dove ho composto “Gorgée”, il quale ha appena guadagnato il III Trofeo di Composizione “Seghizzi” di Gorizia; penso che un brano del genere sia proprio il frutto di un’apertura mentale che è scaturita grazie al confronto con i colleghi, gli insegnanti e il coro laboratorio, il quale offre una eccellente possibilità di ascolto delle proprie idee, unica nel suo genere, essendo composto per la maggior parte da musicisti, compositori e direttori di coro.(…) Si può affermare che “Comporre per coro oggi” sia una vera e propria fucina di studio e creazione sulla composizione corale contemporanea. In questo armonioso clima musicale la settimana “vola” letteralmente tra una prova del coro, un pranzo e lo studio personale nelle aule dell’Istituto Musicale della Valle d’Aosta. Grazie veramente a Feniarco e all’Arcova per questa grande opportunità per i giovani compositori di far conoscere la propria musica e allargare i propri orizzonti musicali. Arrivederci quindi alla prossima edizione nel 2008! Paolo La Rosa cronache SEGHIZZI 2006 BILA NCIO CON IL PRESIDENTE ITA LO MONTIGLIO Intervista di Rossana Paliaga G 26 li affezionati che si danno appuntamento ogni anno tra il pubblico del Concorso Internazionale di Canto Corale “Seghizzi” sono unanimi nel considerare che la qualità delle esecuzioni e delle scelte artistiche dei cori partecipanti abbia raggiunto livelli considerevoli che costituiscono ormai la condizione discriminante per poter progettare una partecipazione. Insieme alle competizioni di Arezzo, Debrecen, Tolosa, Tours e Varna, il Seghizzi di Gorizia è uno dei sei grandi appuntamenti europei dedicati agli appassionati di canto corale di tutto il mondo. La fama internazionale della competizione è confermata dall’entusiasmo dei partecipanti provenienti dal lontano Oriente o da oltre oceano che dichiarano la propria soddisfazione di poter prendere parte alla prestigiosa manifestazione nella speranza di raccogliere i frutti di una preparazione rigorosa e impegnativa, e dall’altra parte dall’atteggiamento costruttivo di coloro che si cimentano pur essendo consci di alcuni limiti rispetto alla media dei partecipanti, convinti di poter trarre beneficio e nuovi stimoli al miglioramento anche dal confronto. La rivelazione di quest’anno è stato il coro virile svedese Svanholm Singers, vincitore del primo premio in entrambe le categorie di maggior prestigio (programma storico e monografico), del premio al miglior direttore e del premio della giuria nel repertorio popolare. Ottima anche la prestazione del coro misto ungherese Cantemus, primo premio nella categoria policorale e nel programma obbligatorio, ma soprattutto vincitore del Gran Premio Seghizzi che gli permetterà di partecipare al 19° Gran Premio Europeo di Canto Corale 2007. Da alcuni anni il Seghizzi non è solo un programma competitivo aperto all’ascolto di addetti ai lavori, ma si è arricchito con eventi concertistici e categorie che portano la musica corale in sedi diverse della provincia di Gorizia, estendendosi dalla splendida cornice dell’antica basilica di Aquileia al moderno Palacongressi di Grado. Il presidente dell’associazione Seghizzi Italo Montiglio è l’anima del concorso e il promotore della sua immagine in continua evoluzione: Da parecchi anni siamo presenti in vario modo sul territorio, a volte non in modo così macroscopico e visibile come con i grandi concerti. Ad esempio i 39 cori che hanno partecipato quest’anno erano dislocati nelle sedi concertistiche citate, ma anche nelle altre tappe del ciclo di concerti “Seghizzi in regione”. Non vanno dimenticate nemmeno sedi logisticamente importanti quali gli alberghi in cui i coristi alloggiano da Trieste a Udine, da Lignano a Gorizia e alla Slovenia. Per motivi pratici e artistici occupiamo il territorio con una presenza capillare, legata all’ospitalità di oltre duemila persone tra esecutori e accompagnatori. Il Seghizzi provoca ogni anno un notevole movimento di persone che ha tra i vari benefici anche quello di promuovere la nostra regione a livello turistico. Le sembra che il Seghizzi, con una presenza costante di ormai 45 anni consecutivi, venga riconosciuto dalla città che lo ospita come un’opportunità a più livelli e che Gorizia effettivamente viva un’atmosfera diversa nel periodo del concorso? Gorizia è una città del tutto particolare, la cui reazione a diversi stimoli culturali risulta tutto sommato imponderabile. Tuttavia nella nostra particolare struttura non ci attendiamo una risposta specificamente da Gorizia, perché il nostro è un pubblico di diversa provenienza, fatto di persone capaci di percorrere ogni anno 300 chilometri per ascoltare un coro, un repertorio, un programma. Noi puntiamo su questo, su coloro che sono attenti e interessati alle nostre proposte. È passato il tempo in cui l’attenzione si concentrava su un solo luogo. Il senso del tempo e delle distanze è cambiato; bisogna concepire la possibilità che la gente si muova per sentire buona musica e occorre sfruttare questa carta unendo l’aspetto turistico a quello artistico. Il concorso si evolve nelle forme e nei contenuti adattandosi alle esigenze di pubblico e coristi. C’è una tendenza reale alla spettacolarizzazione dell’evento competitivo? È un dato scontato, non solo per problemi di attrazione dei mass-media. Da questo punto di vista non basta fare spettacoli di alta qualità, ma eventi che abbiano un che di spettacolare. Il repertorio corale è infinito in questo senso e fortunatamente non mancano proposte da offrire. Oltretutto non è solo un fatto di attenzione riservata dai media a ciò che avviene, ma gli stessi esecutori desiderano partecipare a eventi un po’ speciali. Il corista non disdegna accanto al repertorio più o meno impegnativo e diversificato che si trova ad affrontare nelle varie categorie a prendere parte ad un evento concertistico più ampio. La coralità non è solo canto a cappella, ma abbraccia un ampio panorama di repertorio e la storia della musica lo conferma. Per decenni abbiamo trascurato questo aspetto. Perché un buon coro dovrebbe precludersi l’esperienza emozionante di confrontarsi con altri gruppi e di collaborare ad un progetto comune assieme a solisti professionisti e musicisti? L’edizione di quest’anno ha visto anche l’introduzione della nuova categoria “Musica all’incrocio” che è stata ideata proprio per offrire performances che vanno al di là del puro ambito corale. Spesso dimentichiamo che il mondo corale non vive in una torre eburnea ed è legato per molti aspetti allo sviluppo e alla storia della società e della cultura. Con la nuova categoria ci siamo posti l’obiettivo di illuminare alcuni degli aspetti più autentici della tradizione mu- L’Estremo Oriente, rappresentato dal coro Brilliant Harmony del Giappone cronache sicale con percorsi nella dimensione popolare che sta alle radici di ogni nazione. Ho ritenuto opportuno inaugurare il ciclo con la Serbia, uno stato vicino a noi geograficamente e che merita una particolare attenzione per le situazioni storiche, politiche, geografiche e culturali che lo caratterizzano in un momento estremamente delicato della sua storia. Nei prossimi anni continueremo, ogni volta con un approfondimento specifico dedicato ad un popolo. La vivace serata dedicata alla tradizione serba con i gruppi giovanili Talija e Novi Beograd ha offerto un’interessante panoramica non solo sul canto, ma anche su musiche e danze della Serbia. La coralità è solo una parte del folclore. Il progetto proposto quest’anno in forma di abbozzo va ancora perfezionato; avendo tempo e denaro a disposizione, progettiamo di sviluppare una panoramica su ciò che si muove intorno alla coralità e influisce su di essa. Torniamo a monte della sezione competitiva tradizionale con un interrogativo che è stato senza dubbio analizzato con più chiarezza in questi ultimi anni dalla commissione artistica del concorso nel momento della valutazione delle domande di iscrizione. A cosa è dovuta l’assenza prolungata dei cori italiani nella sezione A? I cori italiani sono sempre stati rari e ritengo positivo ora affrontino il concorso con cautela attraverso la partecipazione alla sezione B, che comunque prevede una valutazione per fasce di livello. Eppure non possiamo dimenticare gruppi vocali e cori italiani che si sono distinti nelle edizioni passate con ottime esibizioni… Si tratta di mosche bianche. I risultati che vediamo sono frutti di un lavoro di generazioni, di un modo serio di intendere il tempo libero della coralità che è figlio di generazioni di lavoro, non di un singolo coro. Ad esempio i cori di Slovenia, anche provenienti da località meno note, sono capaci di raggiungere alti livelli perché figli di una cultura dove la coralità è parte integrante e non secondaria. Noi abbiamo perso quell’idea della coralità che è stata relegata in una dimensione marginale della cultura musicale. Forse in futuro possiamo aspettarci cambiamenti e vedo in questo senso un’attenzione da parte delle organizzazioni corali, ma si tratta di un problema culturale più che organizzativo. Organizzare un concorso del genere in un paese dove la coralità è qualcosa di marginale non è certamente fa- Il Messiah di Haendel al Palacongressi di Grado (Go) cile. Riscontrate tuttavia una crescita di interesse da parte delle istituzioni? Certamente rileviamo un certo livello di attenzione ma l’Italia vive in una situazione perenne di difficoltà finanziaria in cui chi ci rimette è sempre la cultura in generale e la musica in particolare. Proprio per questo bisogna trasmettere l’idea dell’importanza di manifestazioni del genere con iniziative concrete che dimostrino come la coralità sia marginale solo se considerata superficialmente. Ecco il motivo per cui creiamo eventi che portano alla ribalta situazioni in cui la coralità è protagonista. Sarà in un certo senso scontato presentare il Messiah di Haendel, ma anche il più sprovveduto degli ascoltatori percepisce in quel momento il collegamento della coralità con una grande storia della musica. È anche un problema di immagine in cui certamente deve avere un peso forte l’aumento della qualità delle esibizioni. Si tratta di impegnarsi in un lavoro importante nei confronti del grande pubblico che deve poter identificare la coralità con una realtà musicale di tutto rispetto. Dopo aver analizzato i percorsi sempre più complessi della struttura del concorso, sorge spontanea una domanda di natura più personale: da appassionato di musica corale non è una privazione assumersi il peso sempre più consistente dell’organizzazione e non poter ascoltare fino in fondo tutte le esibizioni? È lo scotto che si paga, ma il buon risultato è ugualmente gratificante e per fortuna esistono le registrazioni che permettono di elaborare a cose avvenute ciò che è avvenuto sul palco. Vorrei comunque precisare che siamo in tanti a lavorare per il Seghizzi e a privarci del piacere dell’ascolto immediato. Quello che conta alla fine è il successo della manifestazione, la soddisfazione del lavoro d’équipe, la gratificazione di vedere centinaia di persone che aderiscono a questo progetto e ci credono, dedicando giornate intere delle proprie ferie a dare un aiuto volontario gratuito. Tutto questo non sarebbe altrimenti possibile. Chi ha assistito al concorso quest’anno credo abbia avuto l’impressione che ne valesse la pena. Non si tratta di fatti epocali, ma l’esserci è a volte discriminante per la possibilità di ascoltare qualcosa di speciale in termini di repertorio e di qualità. Anche il rinnovarsi della formula evita lo stereotipo della noia, della calendarizzazione degli eventi e questo crea complicazioni continue, perché si tratta di una situazione in qualche modo perennemente sperimentale, ma che ti permette di non riposare sugli allori. Quando le formule funzionano c’è il rischio di ripeterle, ma fortunatamente non abbiamo mai sfruttato la situazione consolidata. Testimonianza ne è il regolamento, che presenta un visibile cambiamento a ogni edizione. La novità è una necessità per gli altri e per noi. Quindi dobbiamo aspettarci nuove sorprese in futuro… Certamente, anche se il supporto finanziario si sta drasticamente riducendo e occorre fare sempre di più con sempre meno. La nostra oltretutto non è un’operazione commerciale; i cori non sono una fonte di guadagno, ma soggetti cui è destinato un premio o un rimborso spese. Contraendosi sensibilmente ogni anno il contributo, dovremo impegnarci a produrre schemi e idee a costi ridotti, ma c’è sempre una soglia oltre la quale non si può andare. La musica corale per la sua poca visibilità rischia di pagare per prima. 27 cronache LO STUDIO DELLA DIREZIONE CORA LE A L CONSERVA TORIO DI TRIESTE INTERVISTA CON IL PROF. A DRIA NO MA RTINOLLI D’A RCY di Rossana Paliaga U 28 n buon coro è il prodotto del lavoro di un valido direttore. Al conservatorio “G. Tartini” di Trieste gli aspiranti direttori di coro hanno a disposizione due percorsi formativi per acquisire le competenze professionali necessarie ad intraprendere un’attività direttoriale ad alto livello: il corso superiore di musica corale e direzione di coro e il nuovo triennio superiore sperimentale - Scuola di composizione corale e direzione di coro. Per accedere al primo è richiesto il compimento inferiore di composizione o il diploma di organo e composizione organistica, per l’ammissione al secondo occorre invece superare una verifica con prove d’orecchio, intonazione, al pianoforte e compositive. Il maestro Adriano Martinolli D’Arcy ci ha fatto da guida in questa esplorazione delle possibilità di studio offerte dal conservatorio triestino: Il corso tradizionale è rivolto a chi voglia continuare uno studio di composizione e perfezionarsi nella direzione di coro, il triennio è invece adatto a chi ha già un diploma o comunque una preparazione di base in campo strumentale. Nel caso del triennio viene richiesta una certa conoscenza dell’armonia e viene effettuata una verifica. A questo proposito vorrei sottolineare che l’esame d’ammissione prevede prove semplici, ma va tuttavia preparato; ho visto persone che affidandosi alle proprie competenze si sono rivelate impreparate su alcuni punti, compromettendo per leggerezza un miglior esito della verifica. Quali sono i principali obiettivi formativi del piano di studi triennale? La direzione corale viene considerata a più livelli e soprattutto si cerca di portare l’allievo ad un livello più possibile professionale in modo da permettergli di ottenere il meglio dal suo coro. Viene approfondito l’aspetto stilistico del repertorio nelle varie epoche e prassi esecutive, da quello antico a quello contemporaneo ed acquisita una gestualità standard, largamente comprensibile. La parte compositiva e analitica Il prof. Adriano Martinolli insegna ad avere un atteggiamento attivo nei confronti della partitura, che non va meramente riprodotta, ma capita. Essendo obbligati a scrivere, gli allievi si appropriano delle tecniche e comprendono una serie di problematiche che stanno a monte della composizione. Quando riconoscono un linguaggio e uno stile, individuano i propri obiettivi come direttori. In parallelo viene effettuato un ripasso biennale di armonia e contrappunto per approfondire e cementare conoscenze acquisite nel proprio percorso formativo. Ci sono poi tutta una serie di materie complementari, dalla psicoacustica ai nuovi linguaggi della musica, all’educazione dell’orecchio, laboratori di informatica musicale, lingua straniera. Particolarmente utile il corso di metrica, forme poetiche e figure retoriche che non è previsto nel percorso tradizionale, e offre la possibilità di approfondire gli aspetti stilistici alla base di un testo (nella musica corale il testo è così fortemente legato alla musica che non si può prescindere dal conoscere i meccanismi testuali). È strutturato come un piano di studi universitari, una laurea breve. Si può parlare di vantaggi del triennio rispetto al corso tradizionale? Io sono un convintissimo sostenitore del triennio, è sicuramente la nuova strada sulla quale il ministero si sta orientando, ma sono anche legato affettivamente al tradizionale e mi dispiacerà quando non ci sarà più. Rico- nosco tuttavia che il triennio rappresenta il futuro. In media gli iscritti hanno già un proprio coro? Chi si iscrive prevalentemente non ha un coro, ma ha già militato nei cori, ne conosce i meccanismi e vorrebbe sviluppare una propria conoscenza per poter dirigere. Una minoranza ha già diretto o dirige allo stato attuale. Ci sono maggiori difficoltà nell’approccio alla direzione per chi non ha esperienze precedenti di direzione? Penso che la difficoltà sia piuttosto quella di chi si è trovato precedentemente a dover dirigere in situazioni non ideali e ha dovuto arrangiarsi senza averne le basi. Togliere certi difetti mi risulta più difficile che costruire un direttore da zero. L’ideale di un direttore spesso differisce dal risultato. Come si realizza un’efficace comunicazione tra direttore e coristi? Il fatto di domandare e ottenere dipende dall’idea che il direttore sviluppa studiando una partitura. Avendo un progetto, una Klangvorstellung alla base, l’idea si concretizza nel suono. Come docente di direzione posso fornire i mezzi per arrivare all’obiettivo prima possibile, ma se l’allievo non sa cosa domandare al coro, occorre che questo diventi il suo primo oggetto di studio. Bisogna imparare a indagare su una partitura e porsi delle domande nella maniera più obiettiva e critica possibile. Spesso gli allievi vengono spontaneamente attirati da impostazioni romantiche e coinvolti da un atteggiamento molto soggettivo che purtroppo ha una giustificazione fine a se stessa. Gli allievi hanno la possibilità di lavorare su un coro-laboratorio composto da colleghi volontari provenienti anche da altri corsi di studio interni al conservatorio oppure esterni. Come reagiscono i coristi a questa esperienza? Il coro laboratorio da poco è diventato un ente istituzionalizzato dove confluiscono gli allievi della classe e borsisti che prestano la loro opera vocale. Il risultato è un coro da camera di alto livello. Solitamente chi partecipa alle le- cronache zioni pratiche di direzione ne viene colpito. Chi proviene dallo studio di uno strumento vede la musica ribaltata dall’altra parte, diventa egli stesso strumento. Nella classe c’è una bella atmosfera di entusiasmo e spesso i collaboratori esterni vengono attratti dall’esperienza e chiedono informazioni ulteriori. Gli unici ad avere un obbligo di frequenza sono gli allievi del corso di organo, il cui piano di studi prevede obbligatoriamente un transito biennale nella classe di coro. Il coro-laboratorio viene impiegato in maniera diversa nei vari livelli di esame, a volte anche in progetti importanti e coerenti come è stata l’esecuzione in sede d’esame conclusivo del ciclo “Zigeunerlieder” di Brahms. Il repertorio lo scelgo di concerto con l’allievo. Mentre per un saggio è previsto un florilegio di brani che è il frutto di quanto studiato durante l’anno per parlare di stili, epoche e situazioni musicali, gli esami prevedono opere più compatte. L’esame finale del triennio prevede ad esempio l’esecuzione di un programma di venti minuti ed è naturale in questo caso cercare di scegliere un corpus di composizioni compatto. L’esecuzione in sede d’esame può essere sostituita dalla discussione di una tesi, ma solitamente gli allievi scelgono di dirigere. Il piano di studi regolare viene integrato anche da interessanti proposte di approfondimento. Nell’ambito del diritto universitario con il triennio siamo entrati in un altro mondo e siamo già da diversi anni, all’avanguardia rispetto ad altri conservatori italiani. Abbiamo ad esempio già attivato gli scambi Erasmus per allievi e docenti. Quest’anno sono stato ospite della Hochschule di Mannheim dove ho tenuto un seminario sul rapporto tra suono e parola nei madrigali di Marenzio e Monteverdi, seguito dalla loro classe di direzione d’orchestra e di coro. Lo scambio prevede che il docente dell’istituto ospitante ricambi la visita tenendo a sua volta un seminario nella sede della scuola ospite. Nella fattispecie avremo la soddisfazione di ospitare Georg Grün, grande didatta a livello internazionale nell’ambito corale europeo. Il seminario di tre giorni, dedicato alla prassi esecutiva del romanticismo tedesco, è previsto dal 16 al 18 di ottobre e sarà aperto a tutti gli allievi del conservatorio. Abbiamo scelto una rosa di brani che verranno esposti dal docente a livello teorico e con il lavoro pratico del coro laboratorio sotto la direzione dei vari allievi. Anche Grün è alla sua prima esperienza di scambio Erasmus e ne è entusiasta. Lo scambio è positivo e stimolante per docenti e ragazzi, come anche lo studio intensivo all’interno di un seminario. Ho in previsione di sviluppare questo percorso chiedendo ad altri colleghi, anche interni del conservatorio di tenere corsi monografici. È una maniera buona per i ragazzi di essere stimolati. Della presenza di Grün potranno tuttavia beneficiare nello stesso periodo anche i soci dell’USCI. L’USCI Friuli Venezia Giulia, approfittando della presenza di Grün in regione ha organizzato per i suoi direttori un seminario che si terrà a Cividale tra il 19 e il 22 ottobre. Per informazione ci si può rivolgere alla segreteria dell’Associazione (0434 875167). Per informazione sul triennio superiore sperimentale-Scuola di composizione corale e direzione di coro: www.conservatorio.trieste.it mail: [email protected] Il termine per la presentazione delle domande d’ammissione scade il 31 agosto. 29 IL MA STER CLA SS DI A LESSA NDRO CA DA RIO A RIGA (LETTONIA ) di Gunta Malevica (trad. di G. Morandi) Grazie alla FENIARCO e al direttore di coro lettone Gunta Malevica, dal 14 al 21 marzo scorso Alessandro Cadario è stato in visita a Riga (Lettonia) dove è stato docente di Master Class riservato al Coro delle Ragazze e al Coro da Camera Femminile di Riga. La settimana è stata davvero ricca di nuove esperienze. Le prove di coro sono state interessanti ed eccitanti. Alessandro Cadario con le ragazze dei due cori ha lavorato a livello professionale molto alto e allo stesso tempo con ispirazione e simpatia, arrivando davvero a riscaldare i loro cuori con la sua gioia di vivere ed il suo charm italiano. Ai cori sono stati proposti brani di compositori italiani del Rinascimento (L. Marenzio, A. Lotti, G. P. L. da Palestrina, J. Gallus-Handl), brani tutt’altro che facili, dai quali le ragazze hanno appreso molte cose nuove che hanno permesso loro di goderne profondamente. Parte importante del programma è stata anche quella riservata a pezzi di compositori italiani contemporanei fra cui lo stesso Alessandro Cadario, Carlo Berlese e “Stetit Angelus” di Giovanni Bonato. Piacevole eccezione nel programma, una sorpresa anche per le ragazze che ne hanno cominciato lo studio soltanto dopo l’arrivo a Riga di Alessandro, è stato il canto in lingua inglese “Halleluja” tratto dal cartoon “Shrek”. Il 20 Marzo Alessandro Cadario si è presentato al concerto in una chiesa anglicana di Riga con tre gruppi mettendo in evidenza soprattutto la musica italiana Contemporanea e del Rinascimento. Ad alcune delle ragazze i canti studiati in questa occasione hanno dato tanto piacere ed entusiasmo da farli scegliere loro per la successiva presentazione al Concorso per Giovani Talenti riservato a ragazze impegnate nei cori. Queste ragazze hanno vinto il concorso. Alessandro Cadario ha tenuto anche una conferenza ed un laboratorio pratico con il Coro dell’Università di Riga per la Preparazione degli Insegnanti, Facoltà di Musica. È stata davvero un’esperienza interessante e valida sia per gli studenti sia per gli insegnanti dell’Università. Noi ci auguriamo che Cadario possa tornare in Lettonia la prossima estate in occasione del V Festival Internazionale di Cori Giovanili. I giovani musicisti lettoni potrebbero trarne ulteriore e nuova esperienza e conoscenza della musica italiana dei nostri giorni. cronache A VITTORIO VENETO IL 41° CONCORSO NA ZIONA LE CORA LE di Giuseppe Calliari N 30 ella città di Lorenzo Da Ponte, Vittorio Veneto, si saggia la qualità della vita corale italiana? Un concorso può essere rappresentativo del movimento della realtà? Insieme con le altre competizioni nazionali, dal Friuli alla Toscana, è da molti anni riferimento per le formazioni che non intendono evitare i confronti e i giudizi. Concorrere è confrontarsi, ascoltare gli altri cori, abituarsi a pensare in più modi. È anche sottoporsi alla valutazione di una commissione e accettarne il responso. In ogni strada di crescita i momenti di uscita da sé sono ineludibili. Dunque rassegne e concorsi rappresentano per la crescita di un’identità corale dei passaggi cruciali, intorno ai quali costruire capacità di lavoro e prospettive di sviluppo musicale. Vittorio Veneto da 41 anni è per la coralità italiana un incrocio. Ma come vanno le cose oggi, nel 2006? di quali esperienze musicali dei cori il concorso è stato indicatore? L’impostazione recente del Vittorio Veneto chiede la presentazione di programmi monografici, di “progettiprogramma”, e dunque i cori ammessi sono cori ben disposti verso l’approfondimento tematico. Non è cosa da tutti, specialmente nel settore popolare, e proprio la scarsa adesione quantitativa ma anche qualitativa dei cori di tradizione si è fatta notare in questa edizione del concorso: è la crisi del settore? La formula a tema è imbarazzante? Scarseggia la ricerca di qualità? Ben orientati, in vari modi, alla ricerca, sono invece le formazioni più giovani, quelle a voci bianche, numerose e capaci di esprimere una varietà di approcci. Gradi diversi di competenza mostrano gli ensembles polifonici adulti, tra momenti di nitida professionalizzazione e progetti meno centrati, non ben misurati sulle proprie forze. Insomma il consuntivo di questa sezione è non del tutto appagante. Il concorso è anche una vetrina di vocalità, aldilà dei contenuti tematici coltivati: dei valori tecnici e estetici legati alla vocalità i risultati finali devono tenere naturalmente conto, e qui le cose mostrano alti e bassi. Veniamo dunque agli esiti, per tracciare in digressioni a ritroso le tappe intermedie. I bergamaschi del Coro Polifonico “Calycanthus” di Pedrengo, si sono portati via il primo premio nel polifonico d’autore, la “Corale zumellese” di Mel, Belluno, ha meritato di vincere nel repertorio di tradizione popolare, le molisane del “Coeli Lilia”, espressione di un istituto comprensivo di Campobasso, si sono aggiudicate il premio tra le voci bianche. Di non piccolo significato è la matrice istituzionale, scolastica, di quest’ultima formazione, un incoraggiante indizio che anche nel nostro Paese qualcosa si sta muovendo. In generale in un concorso nazionale è ovvio che vengano premiate esperienze corali appartenenti a più realtà territoriali: non è solo strategia, naturalmente, è obiettivo segno che la coralità vive un po’ dappertutto e che i concorsi sono capaci di attrarre a sé anche realtà lontane. Per la giuria non è stato compito troppo difficile scegliere i cori da mandare al concerto finale, accanto alla formazione vincitrice del “Guido d’Arezzo” 2005, l’Ensemble Vocale “Calycanthus” di Parabiago, nel milanese, e al coro ospite dell’Asac, il “Valcavasia” del trevigiano. Dall’incontro di domenica 7 maggio, in chiusura dei due giorni di competizione, in un teatro “Da Ponte” affollato, è uscito anche il coro meritevole del Gran Premio “Efrem Casagrande”, alla 14ª edizione: del “Calycanthus” di Parabiago, alle prese con pagine ardite e fascinose del suo stesso direttore Pietro Ferrario, o altre di Cayabyab e Myskinis, tutte sacre, non c’è che constatare che si tratta di un gruppo cameristico di professionisti, capace di vitalizzare efficacemente anche la scrittura meno immediata. Dunque non poteva che andare a loro il “Casagrande”. Di diritto al “Guido d’Arezzo” va di converso il “Calycanthus” di Pedrengo, primo premio per le “musiche originali d’autore”. Questo “Calycanthus”, diretto da Flavio Ranica, ha buone risorse – precisione, controllo, fraseggio ricercato – non del tutto risolte però in gioco corale, in buon rapporto tra le parti, in fluidità del pensiero musicale: restano lodevoli le prestazione, per intonazione e messa a fuoco del repertorio, novecentesco e sacro, precisamente legato al tema della Passione, tra Bardos, Molfino, Bettinelli e Duruflé. Quanto alla “Corale zumellese”, una trentina di voci miste, per scioltezza e buona vocalità si era da subito distinta come la sola formazione popolare degna: le elaborazioni presentate nel progetto, firmate da “autori contemporanei” – Filippi e Zuccante, Da Rold, Pradal e Camoletto – erano centrate sulla tradizione dell’Italia settentrionale. Tra le voci bianche la competizione era più aperta. Oltre le vincitrici, eclettiche nella loro “storia della polifonia” preparata e diretta da Giovanna Consiglio, la “Piccola Harmonia” di Marghera con il progetto “Cantafiaba” ha portato una lodevole esperienza di ricerca con una ventina di giovanissimi, selezionando brani narrativi arguti di ben individuata vocalità e spessore musicale, a cappella, attinti a “Girogirocanto”. “Audite nova” di Staranzano, Gorizia, coro che puntava all’ordinario della messa, in Delibes, spinge la vocalità verso un colore quasi femminile, meno limpido del desiderabile. Di tutt’altra pasta, voci naturali e immediate, e repertori su misura – anche sloveni e dedicati al tema degli animali – le voci bianche di cronache Domjo, “Fran Venturini”, a spaziare tra generi e in forme di polifonia minimale. E così, alla buona e con spontaneità, le voci bianche slovene di Trebiciano, dirette da una religiosa per creare nel canto popolare un clima di musicale simpatia tra le culture. E di interesse si sono dimostrate anche le due monografie novecentesche in concorso tra le “bianche”: il Faurè un po’ esitante del coro di Fontanafredda, Pordenone, e il Britten con altri autori della grande e promettente formazione di Riva del Garda, entrambe sostenute dal pianoforte. Nella sezione delle voci bianche si mescola dunque un po’ di tutto, all’insegna di una varietà di percorsi educativi, non sempre strettamente musicali, ma di notevole interesse. Resta da dire qualcosa sullo svolgimento della competizione nella prima categoria, la polifonia in “musiche originali d’autore”, ovvero la grande letteratura. Sufficienti i “Giovani del Contrà” di Fontanafredda in contrappunti sacri, meno validi “S. Antonio Abate” di Cordenons nel difficile sacro di Dipiazza e Donati, e così “Ecclesia nova” del veronese in un programma madrigalistico, e il “Città di Erba” in un programma maschile a cappella. Molto interessante il “Mortalisatis” padovano, 25 voci dirette da Alessandro Kirschner, poi segnalato dalla giuria come concertatore, nel programma mariano di originale scelta tra il minimal di Dubra e l’etnico di Sisask, l’atmosfera di Grieg e la vivezza di Dalla Vecchia: la giuria gli ha attribuito il secondo premio. Meritevole di lode, per il progetto – temi e autori del Romanticismo tedesco – e per la qualità del lavoro, il “San Giorgio” di Verona, con la raffinata presenza pianistica di Gabriele Prodi: il complesso vocale, diretto dal trentino Sandro Filippi in Schubert, Wolf e Brahms, ha meritato il secondo premio. I motivi di interesse in questa edizione del concorso non sono dunque mancati, ma ciò non toglie che il “Vittorio Veneto” debba ricercare nel futuro il modo di assicurarsi un maggior numero di presenze qualificate, che possano fare della competizione un più obiettivo specchio della realtà musicale in divenire. VINICIO CA RRA RA IN MEMORIA M Il 12 giugno è mancato Vinicio Carrara, figura storica della omonima casa editrice musicale. Si avvicinava agli 86 anni, ben portati e sostenuti da una forza lavorativa che lo ha visto fino all’ultimo seduto alla sua scrivania. In ufficio, tra redazione e rotative, c’è stato per 70 anni, salendo dal più basso dei gradini fino alla conduzione dell’azienda divenuta totalmente sua, guida assunta proprio negli anni più difficili della musica sacra quando il vento dell’estetica postconciliare rischiava di far cadere i bastioni di una azienda che si era mossa, dal 1912 in poi, nell’ambito della più stretta osservanza liturgica. Vinicio Carrara fu determinato e avveduto in quel periodo: non abbandonò le sue riviste storiche anzi cercò la strada per conferire alle pubblicazioni un più alto pregio artistico; implementò i volumi di musica corale e organistica (sua l’invenzione delle raccolte organistiche affidate alla cura di Alessandro Esposito e alle riviste corali affidate a Luciano Migliavacca); aprì l’editrice all’esperienza della scolastica il cui successo consentì al suo gruppo di lavoro di rimanere fedele al solco della tradizione continuando a sostenere il viaggio nella musica sacra e lasciando poi al figlio Vittorio Carrara jr. il compito di allargare i confini del proprio operare nel più largo ambito europeo. Vinicio Carrara ha lavorato in silenzio, sobrio nell’agire come era nel suo costume, fuori dalle polemiche o soffrendole nell’intimo senza però dimostrare all’esterno il benché minimo risentimento. Regalava la sua affettuosità a pochi intimi e a pochi amici spesso giovani musicisti e giovani collaboratori. In essi vedeva una sorta di prosecuzione del lungo viaggio della storia musicale, quasi fossero custodi di un lavoro meraviglioso nei sentimenti ma irto di difficoltà nell’evolversi dell’esperienza quotidiana. Pur cosciente di ciò non si è fermato. Fino all’ultimo. Parlava spesso del centenario di Casa Carrara: il 2012 era così vicino e tuttavia cosi lontano... Non era un insperato anelito di vita. Era lo stupore di vedere ormai prossimi i 5000 numeri d’opus della casa editrice, era guardare ad una data che l’avrebbe reso non orgoglioso ma certo di aver fatto il suo dovere nei confronti del fondatore che gli aveva consegnato un marchio fondamentale per la storia della musica sacra in Italia e di grande immagine per la sua Bergamo. Quel marchio si è comunque costruito con il contributo di decine e decine di musicisti che a fianco di Vinicio hanno consentito il non disperdersi di valori artistici, la conservazione della buona musica corale, della buona musica d’organo, della buona musica che egli interpretava come il linguaggio della concordia. Queste cose Vinicio Carrara non le ha dette in vita. Le ha fatte. A chi gli è stato vicino il dovere di comunicarlo ai musicisti di buona volontà. VENCELIUS 31 cronache FOSCO CORTI VENTI A NNI DOPO di Arcangela Greco A 32 quali riflessioni porta la celebrazione di un anniversario? Certo una ricorrenza eclatante (com’è quella che quest’anno, ad esempio, ricorda i 250 anni della nascita di Mozart) genera in modo immediato un’esplosione d’idee in tutti gli organismi preposti a veicolare cultura e a favorire tutte le iniziative atte a renderla accessibile; spesso, infatti nel brulichio di manifestazioni che naturalmente seguono, la ricorrenza ha il grande merito, fra i tanti, di rendere fruibili le esperienze musicali più diverse a quegli appassionati che, vivendo in piccole realtà, non hanno abitualmente la possibilità di gustare eventi di qualità. Ma al di là di un generico e spesso pretestuoso carattere celebrativo, il voler commemorare la figura di un artista, specialmente se scomparso da poco, afferisce sempre ad un’intenzione più profonda: il bisogno di continuare a pensare collettivamente l’uomo, l’amico e l’urgenza di riaffermare il musicista nell’accezione più completa del termine. Con tale spirito sono stati organizzati dall’Associazione Cori della Toscana gli eventi musicali che durante i mesi di aprile, maggio e giugno hanno riproposto alla platea dei musicofili di Arezzo e provincia la figura del M° Fosco Corti, indimenticato fondatore del Gruppo Polifonico “Francesco Coradini” (di cui fu direttore dal 1968 al 1986, anno della morte). Raffinato esecutore, colto didatta, appassionato compositore, Fosco Corti ha molto seminato durante gli anni della sua intensa attività: molti dei suoi coristi, innamoratisi grazie a lui della polifonia, militano tutt’ora nelle compagini corali della provincia; alcuni suoi allievi, incalzati dal suo rigore di preparatore e sostenuti con tenacia nella loro convinzione di riuscita, sono adesso direttori di compagini affermate o solisti di chiara fama. Tutti hanno accettato con slancio l’invito che l’Associazione Cori della Toscana, nella persona del suo Presidente Fernando Catacchini, ha loro rivolto col desiderio di riunirli nel nome dell’a- mico scomparso. E così è stato possibile riascoltare integralmente quell’opera che valse a Fosco Corti nel 1976 il premio della critica discografica, la "Passione secondo Giovanni" per coro virile e voce recitante di Francesco Corteccia eseguita, sotto la direzione del M° Lorenzo Donati, dalle sezioni maschili riunite dell’Insieme Vocale “Vox Cordis”, del Gruppo Polifonico “F. Coradini” e di altri gruppi aretini; mentre il soprano Eva Mei ha cantato il commosso ricordo del suo primo maestro nelle note purissime di Schubert; ed il baritono Alfredo Grandini, nel riproporre un sensualissimo Monteverdi dal VII Libro dei Madrigali, ha voluto rendere omaggio anche al fondatore del complesso vocale “I Solisti del Madrigale Italiano”. Nelle più antiche e conosciute Pievi e Basiliche di Arezzo, Cortona, Monte San Savino, Anghiari, Bibbiena e Montevarchi, si sono dunque levati ed intrecciati i suoni di tanti esecutori, amici ed allievi di Fosco Corti; e nella riproposta del severo Bruckner da parte del M° Fabio Lombardo col maestoso Coro della Scuola di Musica di Fiesole e del raffinato Palestrina del M° Francesco Rizzi col solido Coro della Scuola Normale Superiore di Pisa, si è avvertito quanto straordinaria sia stata l’esperienza di chi ha potuto lavorare con un tale Maestro. Vent’anni dopo celebrare significa dunque voler riaffermare il musicista soprattutto come operatore culturale: il percorso tracciato dal M° Corti è quello che hanno intrapreso (come si è potuto constatare nei concerti di Arezzo) i preparatori ed i direttori delle migliori compagini corali italiane. Nel famoso articolo “Dalla radice in su: riflessioni sullo stato della coralità italiana e toscana” scritto nel 1982 per il 1° numero del periodico dell’Associazione Cori della Toscana “Diapason” (e ripubblicato sull’ultimo numero della rivista proprio in occasione di questo anniversario), Fosco Corti traccia i mali che affliggono il mondo corale italiano e ne individua i rimedi. Il direttore di coro non sarà più considerato un musi- cista di serie B se, lui per primo, abbandonerà “...una certa mentalità dilettantesca...” per assumere “...una nuova coscienza professionale...” che si dovrà affermare indipendentemente dal tipo di coro che egli si troverà a dover dirigere. Piena dignità alla coralità amatoriale dunque: il direttore ha il ruolo chiave in questo processo di trasformazione e deve utilizzare tutti gli strumenti necessari (corsi d’aggiornamento e formazione, seminari d’approfondimento, ecc.) affinché la sua preparazione in “...studio della composizione, vocalità, gestualità direttoriale, della concertazione oltre, ovviamente, dell’analisi e dell’interpretazione...” sia pari a quella di tanti direttori di cori del Nord ed Est Europa. La lezione più grande però che il M° Corti ci ha trasmessa è stata senz’altro quella della passione per il suo lavoro e della gratitudine verso tutti coloro che lo hanno aiutato a svolgerlo al meglio: far musica bene, con gioia e soprattutto insieme a coloro che sono vicini nell’affetto e nelle intenzioni ripaga di ogni singolo momento di duro impegno. E questo grande slancio, che in tutti questi anni è passato attraverso tante esperienze diverse, varcando anche i confini della polifonia più classica (come non essere trascinati dalle atmosfere etniche e jazzistiche del concerto finale dei “Jubilee Shouters” di Gianna Grazzini, una delle allieve più entusiaste) è l’impressione più viva che ha recepito chi scrive, e che non ha mai conosciuto il Maestro. scheda regione A .CO.L. A SSOCIA ZIONE GRUPPI CORA LI LIGURI RECAPITI La necessità di raggruppare le realtà corali esistenti ed operanti nel territorio ligure è stata una naturale ossessione per Mauro Ottobrini, dopo aver constatato, a seguito della cattiva interpretazione dell’Enciclica riguardante la Musica Sacra (1970), che i gruppi corali (in particolare quelli al servizio della Liturgia) rischiavano di cessare la loro attività per volere di alcuni nuovi “curati” che arrivavano nella Parrocchia loro assegnata con la chitarra tracolla... Dal 1970 al ’74 furonno anni bui per la coralità italiana ed in particolare per quella ligure e solo pochi, ma veramente pochi (non più di 9) furono i gruppi che riuscirono a sopravvivere grazie ad un’attenta lettura riportata nelle norme dove citava testualmente che “è auspicabile la funzionalità di un Coro nelle Chiese maggiori” e che “nelle Messe Solenni venga eseguita almeno la Messa degli Angeli”. Forse fu proprio questa “molla” che scattò nella testa di Mauro Ottobrini, e con l’aiuto dei 9 Maestri degli unici Cori operanti in Liguria, incominciò a radunare e a censire le realtà corali Coordinamento Operativo Presidente: Cav. Mauro Ottobrini Rappresentanti: Antonella Bignardi, Daniela Cerulli, Armando Corso, Manuelita De Simoni, Gianmario Faveto, Giovanni Mangione, Claudio Martini, Angelo Mulè, Walter Parodi, Claudio Penco, Paolo Petralia, Adriano Rocchi, Domenico Sorrenti, Giuseppe Tassi, Elena Toscano, Pino Zucchetti, che svolgono in coordinamento le mansioni di segreteria, archivio, ufficio corsi, programmazione, logistica cori, assistenza gestionale, consulenza tecnica, pianificazione eventi, PR, Web Master. Sede Legale: Via Cuneo 16/6 – 16032 Camogli (Ge) Tel. e Fax: 0039 0185 770195 [email protected] - www.acol.it pregando loro di perseguire l’opera divulgativa del canto corale, nell’intento di salvaguardare quel patrimonio artistico che ancor oggi la Chiesa vanta. Iniziò così la ricerca in tutta la regione e nel ’73 si svolse il 1° Convegno delle Corali Liguri, che, in breve tempo, diede forza a quanti, titubanti e pressati dall’indisponibilità dei nuovi Parroci, di proseguire l’attività. Parallelamente si sviluppò l’idea dell’internazionalità della musica, con la fioritura di gemellaggi musicali (più tardi anche amministrativi) fra realtà corali europee. Nel novembre del ’75 nacque l’International Song Meeting, “l’universalità della musica”, che vide la compagine corale di M.me Fizet e l’indimenticabile M.o E. E. BokenKamp col Coro della Grimmelshausen Gymnasium di Offenburg, che successivamente diventerà il Kammerchor di Offenburg. La manifestazione, variando i soggetti, viene mantenuta tutt’ora, in programma nel periodo autunnale (ottobre – novembre). I dati necessari per stilare un primo censimento sono stati raccolti durante il biennio ’76/’77, tanto che nel ’78 la manifestazione ligure, sempre con le premesse sopra citate, si amplificò a tre giorni, con l’inserimento dei gruppi corali non prettamente liturgici che con forza spronavano la nostra azione divulgativa e conservatrice (Armando Corso – Coro Monte Cauriol). Trentun cori alla 7ª Edizione (1980), mentre sconfinava in altre Regioni; fu necessario variare il nome da Convegno delle Corali Liguri a Convegno Ligure delle Corali. Nel 1981 ben 51 adesioni: ebbe così inizio il “decentramento”, atto a valorizzare l’operato dei Cori locali. Ma il massimo degli sforzi arrivò col decennale della manifestazione: 105 cori in 2 mesi di programmazione. La notorietà di tale evento (grazie anche alle riprese RAI) arrivò presso la nascente FENIARCO, mentre, da parte nostra, avevamo censito oltre 170 gruppi corali eterogenei, che sentivano la nostra stessa necessità: unire gli intenti nel difendere l’indefesso operato del singolo corista. Senza troppe pretese, ma consapevoli della forza morale che il coro può esprimere, facevamo nostre le riflessioni di Roberto Goitre nel suo fondamentale saggio “Validità del Canto Corale”: “Non è forse questo il migliore specchio della realtà in cui viviamo, dove tutti dovrebbero tendere a dare il meglio di se stessi per il bene comune mentre la mancanza di un singolo individuo può essere delitto contro l’intera comunità entro cui egli vive? E allora perchè non dare al Coro e a chi lo pratica il giusto posto nella graduatoria dei mezzi educativi, degli svaghi, della partecipazione ecclesiale?” Queste acute domande, questa attenta analisi sulla preziosa funzione svolta dalla Coralità – che educa alla tolleranza verso gli altri, all’umiltà, alla perseveranza – aiutano a ricordare nel variegato panorama dell’attività amatoriale i Cori non professionisti, che formano un mondo a parte, con connotazioni e motivazioni specifiche: un mondo in cui amatoriale non sottolinea tanto l’aspetto non professionale quanto piuttosto l’impegno soggettivo di passione per l’attività corale, strumento di una particolare e preziosa forma di comunicazione sociale. Era maturato il tempo di unire gli intenti con quanti, in altre Regioni, perseguivano lo stesso scopo. Dopo alcuni approcci con Dino Stella, allora Presidente Feniarco, la coralità ligure approdò alla Federazione Nazionale e nel 15 gennaio 1988 sottoscrisse lo Statuto della già esistente A.CO.L. Liguria, grazie alla preziosa collaborazione di una commissione composta da Armando Corso, Luigi Porro, Emilia Barbagelata, Fabrizio Fancello, Mario Faveto, Lorenzina Massa. Le attività prodotte nel tempo sono numerose, sia nell’ambito gestionale che formativo. 33 scheda regione Convegno ligure delle corali festival nazionale della polifonia e del folklore Cori Partecipanti 34 Consapevoli della necessità di indirizzare i nostri Cori ad una migliore interpretazione, la Commissione artistica ha effettuato corsi e stages rivolti ai coristi, ai maestri e organisti per l’accompagnamento della Sacra Liturgia. Onde approfondire e proporre seminari tematici oggi dispone di una adeguata struttura: il Centro Congressi Alta Val di Vara Villa Croce è adibito ad ospitare anche corsi permanenti quali Didattica Musicale e corale infantile, Direzione di Coro, Tecnica interpretativa della Polifonia, Prassi esecutiva vocale per Coristi, La Funzione dell’Organo. La verifica ed i riscontri al Convegno Ligure delle Corali che, nel tempo, ha raggiunto una programmazione a tema ed è diventato Festival Nazionale della Polifonia e del Folklore in quanto ospita rappresentanti di tutte le regioni italiane ed intercontinentali (USA, Europa). Quest’anno (33ª Edizione) 24 sono stati gli appuntamenti tematici decentrati in tutta l’area ligure da Sanremo a La Spezia, da Rossiglione a Maissana grazie alla preziosa collaborazione della Regione Liguria Assessorato allo Sport e tempo libero, degli Enti Locali e di Promozione Turistica dislocati in tutta la Regione. I 75 cori partecipanti hanno ricevuto, oltre ai premi di rappresentanza di tutti i Comuni ospitanti, il “Premio Panarello – la tradizione Ligure” mentre l’Agenzia di Promozione Turistica Regionale Liguria In e l’APT Tigullio si sono distinte per la divulgazione della Manifestazione nel Territorio. “La vera essenza della musica è da ricercare nell’universalità del suo liguaggio ed ecco che ogni suo segreto si manifesta nell’intimità degli animi di chiunque la voglia percepire” è il tema conduttore che il coordinatore ed ideatore Mauro Ottobrini ha introdotto durante la serata conclusiva, presentando il gruppo americano Second Presbyterian Church Chapel Choir (Illinois). CORALI RIUNITE DI BAGNASCO E CEVA AMIXI DE BOGGIASCO CORALE SANTA MARIA CORO SISTRO SCHOLA CANTORUM MONS. G.B.TROFELLO CORALE G. D'AREZZO CORO MORA VOCIS GRUPPO CORALE L. PEROSI CORALE POLIFONICA CELLESE CORALE COLLECCHIESE M.DELLAPINA CORO ANA COLLEGNO CORO NOI CANTANDO CORO CLAUDIO MONTEVERDI CORO C.A.T. GRUPPO FOLK "O CASTELLO" MILLELIRE GOSPEL CHOIR SPIRITUALS AND FOLK CORO FEMM. GOOD NEWS CORO IL CERCHIO ARMONICO CORO POLIFONICO ALBARO JINGLE JAM SINGERS LA COMBRICCOLA GENOVA VOCAL ENSEMBLE CORO POL. S. M. IMMACOLATA CORO N. S. DEL CARMINE CORO MONTI LIGURI CORO MUSICA NOVA GRUPPO FOLK RAGAZZE GAU CORO POLIFONICO ALCMANE OPERA FESTIVAL CYCNUS GRUPPO NEW STARS CORO SHALOM NUGAE - CLASSICO CORO DANEO PICCOLI CANTORI DELL'ACCADEMIA CORO LA FILASTROCCA CORALE LIRICA SESTRESE SECOND PRESBYTERIAN CHURCH CHAPEL CHOIR CORALE CASTELVECCHIO S.M.MAGGIORE CANTORES BORMANI GRUPPO NUOVO CACCIUCCO C.T.G. FOLK LOANO CORO SAN DONATO CORO PARR. G.B.CAMPODONICO AMICI DEL CANTO CORALE L.PEROSI CORALE DON T.CARAZZONE ARS MUSICAE CORO IL GRAPPOLO CORO MONT ROSE LAETI CANTORES CONCENTO ARMONICO CORALE N.S. DELLE GRAZIE PICCOLO CORO G.CARDUCCI CORO ANA ROCCE NERE CORO VOCI D'ALPE CORALE ALFIERINA I GIOVANI CANTERINI DI S.OLCESE CORO S.MARTINO FUORI TEMPO COMPLESSO VOC MERCEDE CORO LA CONTRADA CORO VOCI BIANCHE CORO DEI LUNEDI' MUSICALI CORO LA GINESTRA MUSICA D'INSIEME FLAUTI DOLCI CORO JUBILAEUM A.S.A.M. CHORUS CORO LA MIMOSA CORO LA MIMOSA sez. VOCI BIANCHE GRUPPO VOCALE TIGLIETESE CORO SANT'AMBROGIO GRUPPO VOCALE KANTOR BAGNASCO - CN BOGLIASCO - GE BOGLIASCO - GE BOLOGNA - BO CAMOGLI- GE CARCARE - SV CASTELNUOVO M. - SP CASTELNUOVO M. - SP CELLE LIGURE - SV COLLECCHIO - PR COLLEGNO - TO COSSATO - BI COSSERIA - SV CUTIGLIANO - PT FAVALE DI MALVARO - GE GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA NERVI GENOVA Sestri Pon. ILLINOIS (USA) IMPERIA IMPERIA LIVORNO LOANO - SV LUCCA MAISSANA - SP MALLARE - SV MONTECATINI - PT MURIALDO - SV PIETRABISSARA - GE PIOBESI TORINESE - TO PONT SAINT MARTIN - AO QUILIANO- SV QUILIANO - SV RECCO - GE ROMA ROSSIGLIONE - GE S.MARGHERITA LIGURE - GE S.MARTINO ALFIERI - AT S.OLCESE - GE SALVIANO di LIVORNO - LI SAN REMO - IM SAN REMO - IM SANTO STEFANO D'AVETO - GE SAVIGNONE - GE SAVIGNONE - GE SAVONA SESTA GODANO - SP SORI - GE STAZZANO - AL TAVAGNASCO - TO TAVAGNASCO - TO TIGLIETO - GE USCIO - GE VITINIA - RM notizie dalle Regioni L A.CO.M. Associazione Cori del Molise Via Appennini 86023 Montagano (Cb) Presidente: Guido Messore ’Associazione “Cori del Molise” dal mese di dicembre 2005 al mese di maggio 2006 ha vissuto un susseguirsi di numerose e importanti iniziative nel campo concertistico e nel campo didattico. Nel periodo natalizio, su invito della Giunta Regionale del Molise, in occasione del 42° anniversario della Istituzione della Regione Molise, l’Acom ha realizzato la manifestazione corale intitolata “Moliseincoro” con tre concerti nelle città di Termoli, Venafro, Trivento. In ogni concerto si sono esibiti tre cori per volta. L’iniziativa ha dato modo di far conoscere ed apprezzare la pregevole attività di volontariato sociale svolto dalla nostra Associazione. Per la prima volta, su sollecitazione della Commissione Artistica, è stato attivato un Corso di Vocalità tenuto dalla esperta personalità del docente Steve Woodbury. Il corso ha avuto luogo a Campobasso articolato in tre stage: 14 e 15 gennaio, 28 e 29 gennaio, 11 e 12 febbraio. Si è avuta una notevole frequenza da parte di Maestri direttori e coristi che hanno recepito con entusiasmo le varie fasi della pratica vocale. Il corso ha avuto la durata di 28 ore nelle quali sono stati trattati argomenti riguardanti gli aspetti fondamentali dell’educazione funzionale della voce. A conclusione c’è stata la richiesta di ripetere il corso anche nell’anno successivo. Altro momento importante è stato il Laboratorio di Concertazione e Direzione di Coro tenuto, per il terzo anno consecutivo, dal M° Pier Paolo Scattolin. Il corso, articolato in tre stage, ha avuto la durata di 40 ore distribuite in lezioni di parte teorica e in laboratorio di concertazione pratica. Hanno dato un grande apporto ben cinque cori associati che, in funzione di cori-laboratorio, si sono alternati a seconda del repertorio trattato che andava dal rinascimento ai contemporanei. Il corso si è concluso con un “Gran concerto Corale” in cui i cinque cori si sono alternati sotto la direzione degli allievi del corso. Il 18 febbraio si è tenuta a Montagano l’Assemblea Ordinaria dei Cori associati con all’ordine del giorno il rinnovo delle cariche sociali. Il nuovo organo statutario è il seguente: Consiglio Direttivo: Guido Messore (Presidente), Donato Barone (Vicepresidente), Elisabetta Scarano (Segretario), Pasquale Minadeo (Membro), Donato De Cerce (Membro), Concetta Lisi (Membro), Michele Petti (Membro) Collegio dei Probiviri: Gerardo Marino, Saverio Pascucci, Antonio Laurelli Collegio dei Sidaci: Elio Vocaturo, Sergio Baranello, Ermanno Petti Commissione Artistica: Michele Gennarelli, Guido Messore, Vincenzo Lombardi, Giovanna Consiglio, Guido Padano, Tiziano Albanese, Don Luigi Marcangione, Agostino Trotta, Giuliano Mariano 35 Nei giorni 20 e 21 maggio si è svolta a Campobasso l’annuale Rassegna Corale Regionale giunta alla 12a edizione. A testimonianza della vitalità della nostra Associazione corale, vanno messe in risalto alcune affermazioni artistiche ottenute in campo nazionale: - 1° premio conseguito dal Coro di voci bianche “Coeli Lilia” della Scuola Media “A. Colozza” di Campobasso al Concorso Corale di Vittorio Veneto 2006; - vincita del Concorso di Composizione Corale “Cantar Trieste” 2005 da parte del compositore e attuale presidente dell’Associazione Guido Messore con la composizione per coro a 4 voci femminili “Il filo dell’autunno” su poesia della poetessa triestina Lina Galli. Dopo la pausa estiva, in autunno si riparte con spirito rinfrancato. notizie dalle Regioni È A.S.A.C. Associazione per lo Sviluppo delle Attività Corali Via Castellana, 44 30174 Mestre (Ve) Presidente: Alessandro Raschi 36 partito con piglio deciso e voglia di rinnovamento e sempre crescente sviluppo dell’attività corale il nuovo corso dell’Asac, l’organismo che raggruppa oltre 350 cori del Veneto. Dall’assemblea annuale della primavera scorsa, infatti, è uscito un nuovo Consiglio direttivo che ha eletto presidente Alessandro Raschi (“Corale Zumellese” di Mel, Belluno), primo bellunese e primo non musicista a ricoprire tale incarico dopo i maestri Efrem Casagrande, Bruno Pasut (scomparso di recente) e Gastone Zotto. Alla vicepresidenza è stato chiamato Giorgio Ferrari (Coro “Monte Pasubio” di Rovigo), mentre la segreteria è stata affidata a Giorgio Penzo (“I Cantori di Santomio” di Malo, Vicenza). Già nelle prime settimane del nuovo corso non sono mancati provvedimenti e impostazioni di future attività. È stata rinnovata la Commissione artistica regionale, ora articolata in un organismo ristretto centrale (Maestri Giorgio Mazzucato, Mauro Zuccante, Maria Dal Bianco, Alessandro Kirschner e Stefano Da Ros) che coordinerà il lavoro degli altri commissari vicini alle varie realtà provinciali. Si è deciso di dare nuovo impulso anche alla rivista quadrimestrale “Musica insieme” razionalizzando al massimo gli spazi cronachistici a favore di più ampi approfondimenti di carattere tecnico-musicale, artistico e filologico. Il direttore responsabile della rivista, il giornalista Dino Bridda (Coro “Voci in valle” di Belluno), è stato confermato nell’incarico ed è stato nominato un direttore artistico nella persona del prof. Piervito Malusà, docente di conservatorio. Nel settore della formazione spicca il corso residenziale per direttori che si terrà a Mel (BL) dal 22 al 28 agosto prossimi sotto la direzione dei maestri Pavese e Petersen: si tratta di un’iniziativa ormai ricorrente che ha sempre dato ottimi frutti per rinsaldare la preparazione tecnica dei maestri di coro. Sempre nel medesimo settore si sta rivelando di estremo interesse e profitto il laboratorio corale allestito, nella sede decentrata di Feltre (BL), in collaborazione con il Conservatorio di Vicenza e diretto dal prof. Piervito Malusà. In esso allievi direttori di coro, frequentanti i corsi conservatoriali, maestri di coro e coristi hanno così occasione di sperimentare un percorso comune di vicendevole crescita artistica. L’Asac Veneto sarà poi impegnata, assieme alla Feniarco nei giorni 8/9/10 settembre a Lignano Sabbiadoro (UD), nell’organizzazione e nella partecipazione del Festival Nazionale “Alpe Adria”. La domenica successiva 17 settembre si svolgerà la tradizionale manifestazione “Venezia in coro”, giornata nella quale decine e decine di complessi corali “invaderanno” pacificamente la città lagunare cantando in chiese, campi, campielli, case di riposo per poi confluire nel grande concerto finale con accompagnamento strumentale nella suggestiva cornice di piazza S. Marco. Altro appuntamento importante sarà quello d’autunno con la quarta edizione del Festival della Coralità Veneta, manifestazione rinnovata nella formula che si terrà nella sola domenica 29 ottobre a Belluno alla presenza di una qualificata giuria di illustri musicisti provenienti da fuori regione. Infine, non va dimenticato il progetto “Coralità per fini sociali” che, su finanziamento della Regione del Veneto, mette i cori veneti al servizio di varie comunità locali (case di riposo, residenze sanitarie assistite, ospedali, ecc.) per una lodevole iniziativa culturale di assoluta valenza sociale. “È una sfida non di poco conto - sostiene il neo presidente Raschi - ma siamo partiti con il piede giusto e con tanto entusiasmo per ridare smalto e vigore alla coralità veneta che ha estremo bisogno di essere sollecitata in tal senso e stimolata, con opportuni strumenti e iniziative, a migliorare sul piano qualitativo tecnico-musicale e su quello, non meno importante, delle scelte repertoriali”. È una sfida impegnativa, quella che attende, pertanto, l’Asac Veneto e sempre in un’unica direzione: fare buona musica corale. notizie dalle Regioni LA NUOVA DIRIGENZA AERCO DOPO L’ASSEMBLEA 2006 M A.E.R.CO Associazione Emiliano-Romagnola Cori Via San Carlo, 25/F 40121 BOLOGNA Presidente: Fedele Fantuzzi olto importante si presentava l’appuntamento annuale dell’Assemblea dell’Associazione, perché il Presidente Scattolin aveva annunciato da tempo che nuovi impegni professionali non gli avrebbero permesso di accettare un nuovo mandato triennale. La sua relazione introduttiva dei lavori è stata pertanto un’ampia analisi sullo stato associativo dell’AERCO e sulle tematiche che la nuova presidenza si troverà ad affrontare. Ha ricordato innanzi tutto che l’impegno e l’energia profusa in tanti anni di lavoro in AERCO hanno tratto origine dalla fedeltà alle finalità dello Statuto. Di qui la volontà di far crescere sempre di più l’Associazione sia sotto il profilo musicale, allargando i repertori e recuperando e valorizzando quel grandissimo patrimonio culturale che è il canto popolare della nostra regione, sia stimolando la cultura del “Coro” come luogo di aggregazione sociale, perché tanto più il coro è forte ed unito e tanto più durerà nel tempo. In particolare per quanto riguarda i repertori, è importante sostenere la pluralità di essi poiché il canto popolare ha la stessa dignità del repertorio classico, anche se in Europa non la pensano così. È stata sottolineata anche l’importanza della collaborazione e progettazione di percorsi musicali con le scuole, atti ad avvicinare i bambini alla coralità. Per quanto riguarda il rapporto di AERCO coi singoli Cori associati il Presidente Scattolin ha ricordato che AERCO è una grande realtà distribuita su un territorio molto vasto, ma l’essere Presidente significa lavorare per tenere unita l’Associazione al di là delle distanze, non solo geografiche, ma anche culturali, e l’essere tutti parte della stessa Associazione, significa pensare ad AERCO come ad un punto di riferimento non solo musicale ma anche tecnico, economico e fiscale. È per questa ragione che l’Associazione ha sempre cercato di sostenere tutte le iniziative ed i progetti che nascono dalla fantasia e dalla passione per il canto, in particolare quelli che puntano alla formazione sia dei coristi e sia dei direttori di coro. Infatti la coralità non è fatta da professionisti, ma da dilettanti, ed è quindi di primaria importanza cercare di sconfiggere l’analfabetismo musicale che ha da sempre rallentato il lavoro dei Cori. In questa ottica allora anche la Rassegna regionale deve essere pensata come un momento formativo e non come una competizione tra cori: ciascuno ha la possibilità di raccontare agli altri la propria esperienza e questo confronto diventa occasione e stimolo per una crescita qualitativa per tutta l’Associazione. Anche i “Quaderni” di Farcoro, la raccolta musicale giunta al settimo volume, si inquadrano in questa ottica in quanto sono stati pensati come uno strumento utile per condividere repertori corali che già appartengono e sono frequentati da alcuni dei nostri cori. Infine, in considerazione del fatto che il numero dei Cori associati è in continua crescita, la figura del Presidente da sola non è in grado di assicurare un rapporto diretto con ciascun Coro; si è augurato pertanto che anche i membri della Commissione Artistica si possano sobbarcare l’onere, e l’onore, di mantenere vivi i contatti con tutti. Per il futuro dell’Associazione, a conclusione del proprio intervento, il Presidente ha augurato che venga mantenuto l’attuale clima di collaborazione e dialogo, che è la condizione prima per continuare a lavorare e crescere insieme,riconoscendo che in fondo ciò che ci accomuna tutti è la stessa passione per il canto, e per il canto corale. Un dibattito serrato ed avvincente, caratterizzato da numerosi interventi tra i quali segnaliamo quelli di Marco Borelli, Puccio Pucci, Elisabetta Vincenti, Giovanni Torre, Mino Monica, Silvia Vacchi, Andrea Angelini, Mario Diemmi, Fedele Fantuzzi, Francesco Zerbano, Giorgio Bertolani, ha preceduto la fase delle votazioni che, oltre ad approvare la relazione del presidente uscente e quella di bilancio del Segretario Pucci, ha provveduto a designare per elezione il nuovo staff dirigenziale. Sono risultati eletti il Maestro Fedele Fantuzzi di Reggio Emilia nella carica di Presidente, il Maestro Mino Monica di Parma nella carica di vice Presidente e Puccio Pucci nella carica di Segretario. Nella successiva riunione del Consiglio Direttivo è stato anche nominata la nuova Commissione Artistica: ne fanno parte oltre al Presidente neo eletto e ai tre past Presidenti, Vacchi, Torre e Scattolin, il vice Presidente Mino Monica e i Maestri Andrea Angelini di Rimini, Mario Pigazzini di Piacenza, Matteo Unich di Ravenna, Enzo Rossi di Ferrara e la Maestra Elide Melchioni di Bologna. 37 notizie dalle Regioni A A.R.C.UM. Associazione Regionale Cori Umbria via G. Santini, 4 06123 PERUGIA Presidente: Mauro Chiocci 38 ppare decisamente positivo ad una rapida ricognizione delle varie iniziative il bilancio della attività corale regionale di questo primo semestre del 2006, sia sul piano quantitativo, che qualitativo, per mobilitazione di soggetti amatoriali, forze istituzionali, pubblico interessato. Occorre citare in primo luogo il salto qualitativo della principale rassegna corale regionale, l’incontro polifonico In Coro 2006, svoltosi il 17 e 18 giugno ad Acquasparta, il 24 e 25 giugno a Città di Castello con la partecipazione di 16 cori umbri distribuiti nei quattro appuntamenti. La novità positiva che ha segnato tutta la manifestazione, oltre al numero dei partecipanti e al folto pubblico, è stata la presenza qualificata in ciascuna serata di un coro proveniente da altre regioni italiane. All’esibizione questo coro è stato riservato uno spazio privilegiato, ma soprattutto il compito di fare da “pietra di paragone”, cioè di tenere alto il livello qualitativo delle esecuzioni con la necessità, sentita da ciascun soggetto corale regionale, di fare ogni sforzo per adeguarsi al livello degli ospiti. I cori esterni erano i seguenti: la Società Corale “G. Puccini” di Grosseto, il Coro di Voci Bianche “La Corolla” di Ascoli Piceno, il “Concentus Foveanus” dell’Università di Foggia, il Coro Femminile EOS di Roma. Lo stratagemma ha decisamente funzionato, anche in considerazione che tutte le esibizioni erano sottoposte all’ascolto e alla valutazione professionale di una commissione composta da musicisti prestigiosi: Piero Caraba, Carlo Pedini, Pierpaolo Scattolin, Bruno Zagni. Un’altra manifestazione merita veramente una menzione speciale: il progetto biennale Idee di Libertà, una serie di manifestazioni celebrative per il 60° anniversario della nascita della Repubblica Italiana e della sua Carta Costituzionale, per le quali l’ente promotore, la Provincia di Perugia, ha chiesto la collaborazione dell’ARCUM. In questa prima fase (giugno 2006), il progetto si è articolato in due grandi manifestazioni corali, entrambe organizzate dalla nostra associazione regionale, tenutesi il 1 e il 27 giugno con una vasta, entusiastica partecipazione di pubblico e un sincero riconoscimento delle autorità. Il primo straordinario concerto è stato tenuto nella sala più prestigiosa del capoluogo, la Sala dei Notari di Perugia, davanti a un pubblico di professori universitari e studiosi della storia recente del nostro paese, da un grande organico di circa duecento studenti selezionati tra i cori delle scuole secondarie di primo e secondo grado, con la direzione del maestro Mauro Chiocci ed un emozionante programma di canti commemorativi. Lo spettacolo di tanti giovani ordinatamente impegnati a cantare sentitamente l’inno nazionale ed altri brani già consunti dal tempo e rimossi dalla memoria ha diffuso fiducia e speranza tra i presenti, seminando brividi di commozione. Lo speciale evento del 27 si è tenuto invece all’aperto, nella splendida cornice del parco della Villa Fidelia di Spello, una proprietà della Provincia dove si esibiscono nel corso dell’estate numerosi e celebri complessi per un pubblico anche giovanile. Il vasto organico corale, principalmente costituito dal Coro Lirico dell’Umbria e dai suoi solisti, diretto dal maestro Alessandro Nisio e accompagnato da pianoforte e dal complesso bandistico di Costano del maestro Cecchetti, ha interpretato brani operistici tradizionalmente legati ai nostri eventi risorgimentali e canti di lotta e resistenza italiani e stranieri di grande suggestione evocativa, oltre che di rara esecuzione e notevole pregio musicale. Anche in questo caso il principale risultato è stata la commossa partecipazione del pubblico ed il convinto plauso delle autorità, premessa e garanzia per il futuro impegno a favore della coralità umbra. notizie dalle Regioni U A.R.C.L. Associazione Regionale Cori del Lazio Via V. della Storta, 5 00123 ROMA Presidente: Alvaro Vatri na primavera caratterizzata da tante iniziative, con qualche sovrapposizione di appuntamenti, che ha visto una A.R.C.L. vivace, propositiva e in espansione, come dimostrano le 27 nuove iscrizioni registrate a fine giugno, e altre sono annunciate, che consentono di prevedere un incremento dei cori associati del 30% circa. Gli eventi: a maggio si sono tenuti i Concorsi “scolastici” “E. Macchi” e “G.L. Tocchi” (il 2, 4, 5 e 11) presso il Liceo “Morgagni” con una adesione di circa 30 cori. Importanti innovazioni: il patrocinio della FENIARCO come riconoscimento di un impegno esemplare della nostra Associazione nei confronti della promozione corale nelle scuole, e l’istituzione di una nuova Categoria di Concorso, la A, per i Cori “Continuità” fra l’ultimo anno di Scuola dell’Infanzia e la prima classe della Scuola Primaria. Tale articolazione aderisce alla nuova suddivisione della Scuola Primaria, ma soprattutto stimola e offre l’occasione per progetti di continuità tra questa e la Scuola dell’Infanzia di cui si è constatata sperimentalmente la validità proprio nella scorsa edizione dei nostri concorsi. Domenica 7 maggio si è svolta la prima Rassegna “Terrapontina in…canto” a Latina, con la partecipazione di 15 cori della provincia. Il 13 e il 14 appuntamento con la III giornata di Studi in onore del M° Cieri, dedicata al “Canto popolare nel XXI secolo”, e con le relazioni di Andrea Horvath (Budapest) su “Fare coro a scuola: metodo ed esperienze dall’Ungheria”; Sandro Biagiola (Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma): “Tradizioni polivocali nell’Italia centro-meridionale”; Antonio Rostagno (Università "La Sapienza" di Roma): “Le categorie di popolo, popolare e populismo: un intreccio inestricabile nella recezione del coro verdiano”; Piero Gizzi (Conservatorio “V. Bellini” di Palermo): “Il canto popolare nella didattica e nella formazione musicale. Esperienze a Palermo”; la testimonianza di Ermanno Testi (Direttore di coro, Commissione Artistica A.R.C.L.): “Identità popolare nel canto corale” e le comunicazioni di Francesco Milita (Direttore di Coro, Conservatorio “L. Canepa” di Sassari): “Il caso Coro ANA di Latina” e di Maddalena Della Valle (Gorizia) che ha presentato la Tesi di Laurea “Domenico Cieri, una vita per la musica corale”. La manifestazione è stata anche l’occasione per sperimentare una sinergia in termini di “complementarietà” tra il mondo corale amatoriale, quello delle istituzioni accademiche (Università e Conservatori) e delle “realtà” musicali locali (la Scuola di Musica di Testaccio), con buon successo e interessanti prospettive che ha dimostrato ulteriormente l’infondatezza e la sterilità di un atteggiamento di scetticismo e di riserva su una tale interazione. Importanti anche le manifestazioni patrocinate dall’A.R.C.L., tra le quali la II Rassegna “Mille voci per la Basilica” a San Nicola in Carcere (maggio, giugno e primi di luglio), e “L’incontro con il M° Domenico Bartolucci” a Viterbo, il 21, organizzato dall’Ensemble Vocale il Contrappunto e dalla Camerata Polifonica Viterbese, presente l’autore. In giugno (l’11) si è svolto il “Concorso Corale Regionale Città di Formello” (e il relativo “Festival” il 24) a cui hanno aderito 11 cori, attivando 2 categorie di Concorso: F) Musica Corale del sec. XX e XXI e H) Elaborazione corale di negro spiritual. La giuria: Andrea Angelini (Rimini), Fabio Pettarin (Gorizia), Ida Maini (Roma). I vincitori della Cat F: I premio - Coro “Noteblu di S. Ponziano” diretto da Marina Mungai, II premio - Coro “Iride” diretto da Fabrizio Barchi, III premio Coro “Meridies dell’Aureliano” diretto da Carmelina Sorace. Cat H: I premio - Coro “Iride” diretto da Fabrizio Barchi, II premio - Coro “Noteblu di S. Ponziano” diretto da Marina Mungai, III premio - Gruppo Vocale “Cristallo” diretto da Piero Melfa. L’immancabile Rassegna “Corinfesta” per la “Festa Europea della Musica” (18, 19, 21 giugno, presso la Chiesa Valdese in piazza Cavour) con la presenza complessiva di 22 cori, e a Sezze (LT) una Rassegna per i vivacissimi cori della provincia pontina hanno concluso la stagione 2006 dell’ARCL. 39 notizie dalle Regioni Presentazione Pubblicazione CD - A LODE DELLA TUA GLORIA D A.BA.CO. Associazione Basilicata Cori Corso Carlo Alberto, 21 75023 Montalbano Jonico (MT) Presidente: Rocco Pontevolpe 40 omenica 2 Luglio 2006 presso la Chiesa “Buon Pastore” di Policoro (Matera) alla Presenza di Sua Eccellenza Mons. Francesco Nolé (Vescovo della Diocesi di Tursi-Lagonegro), del Sindaco di Policoro Dr. Serafino Di Sanza e del Presidente A.Ba.Co. (Associazione Basilicata Cori) Rocco Pontevolpe, è stata presentata la pubblicazione del CD inciso dal Coro Polifonico “Esperia” di Policoro diretto dal M° Mario Demitolo. Nella collana La Nuova Evangelizzazione vengono pubblicati “Fascicoli monografici di canti per la liturgia” di Mario Curione. Loro scopo è favorire la partecipazione dei fedeli ai divini misteri che si celebrano nella liturgia, sensibilizzando, come affermava Mons. Luciano Migliavacca nella relazione finale al XXVI Convegno nazionale di musica sacra, l’animo di ognuno all’esigenza della bellezza e del sacro in tutti i segni liturgici (in particolare nel “segno sonoro”) perché divengano, con compito di missionarietà e di attrazione alla Chiesa, segni rivelatori del mistero salvifico voluto e preordinato da Cristo, “splendore della gloria del Padre” e della comunità raccolta nel suo nome. Importanza primaria è riservata ai testi perché in ogni atto liturgico il canto esalta, nella sua forma propria, sia la parola che viene da Dio sia la parola che a Dio s’innalza dalla comunità dei credenti. Tale parola deve garantire precisione teologica, proprietà di linguaggio ed eleganza di stile. Quando poi la parola, meditata, gustata e assaporata nei suoi reconditi significati che dischiudono all’insondabile mistero di Dio che è “pura luce: luce intellettual, piena d’amore; / amor di vero ben, pien di letizia; / letizia che trascende ogni dolore” (Dante), viene trasfigurata in melodia, deve allora come d’incanto illuminarsi di “grazia, bellezza e di soavità” (S. Ambrogio), perché canta la dolcezza della ineffabile esperienza di Dio e proclama le indescrivibili emozioni che ogni incontro con Dio suscita nel cuore di chi da Dio con amore sponsale da sempre è corteggiato. L’intento che ci si è proposti, è stato alto, ma coincide esattamente con quell’ideale che il concilio vaticano II ha ripresentato a tutta la Chiesa e che Paolo VI, con la consueta sua nitida incisività, così riassumeva: “Nella liturgia il sacro deve congiungersi col bello in un’armoniosa e devota sintesi, che permetta alla capacità delle varie assemblee di esprimere pienamente la loro fede, per la gloria di Dio e per l’edificazione del corpo mistico”. Quanto ci siamo avvicinati a questo ideale, lo giudicherà il benevolo lettore – cantore – ascoltatore cui consegniamo con simpatia il frutto della nostra gioiosa fatica. Questo Fascicolo (ottavo) e interamente dedicato a S. E. Mons. Francesco NOLÈ Vescovo di Tursi – Lagonegro in occasione della Sua nomina. L’incisione del CD dell’VIII° Fascicolo della collana La Nuova Evangelizzazione affidata dall’autore Padre Mario Curione al Coro Polifonico “Esperia” di Policoro (Matera) diretto dal M° Mario Demitolo. È stato un lavoro portato a termine in circa 2 anni suddiviso in quattro sedute d’incisione: Dicembre 2003, Giugno e Dicembre 2004, Maggio 2005 tenutesi presso la Chiesa Madre di Sant’Arcangelo (Pz). Il CD è composto da 32 brani di cui 5 espressamente dedicati a S. E. Mons. Francesco Nolé Vescovo di Tursi-Lagonegro. All’incisione hanno partecipato l’organista Francesco Muscolino di Tursi (Mt); il soprano solista Brunetta Forte di Pisticci (Mt); il tenore solista Mario Demitolo che ha curato anche la Direzione del Coro Polifonico “Esperia” di Policoro (Mt). La registrazione è stata curata dal Sound Engineer Francesco Altieri di Matera, Mastering Lab Sonic. L’edizione a cura di una grande e pregiata casa editrice: Edizioni Carrara di Bergamo. notizie dalle Regioni L ARCOVA Associazione Regionale Cori Valle d’Aosta Via San Giocondo, 8 11020 QUART (AO) Presidente: Viola Marinella ’assemblea generale dell’Associazione si è riunita il 6 giugno scorso avendo all’ordine del giorno diversi punti tra cui l’elezione degli organi sociali per il triennio 2006-2009. All’interno delle nostre associazioni, si sa, non è mai facile trovare le persone disponibili ad entrare nel Consiglio Direttivo, soprattutto quando c’è la necessità di rinnovarne la maggior parte dei componenti. In questo caso si trattava di trovare tra le candidature anche il nuovo Presidente in quanto Efisio Blanc, che aveva condotto con estrema professionalità e competenza l’ARCOVA per i due ultimi trienni, era giunto al termine della sua Presidenza. Uno solo, su tutta l’assemblea, si era dato disponibile per l’eventuale elezione, ma i più, consapevoli di doversi assumere compiti e responsabilità che necessitano di tempo ed energia, speravano in cuor loro di non avere il favore dei voti. La votazione ha decretato alla fine i 7 eletti e fra questi si sono poi definite le seguenti cariche sociali: Marinella Viola, Presidente; Diego Favre, Vice-presidente; Massimo Arcaro, Segretario; Myriam Brocard, tesoriere; Albert Lanièce, Antonella Trippini e Daniela Denarier, Consiglieri. Nonostante le evidenti difficoltà, a ben considerare i fatti, questa votazione assolutamente casuale ha decretato una presenza delle quote rosa mai registrata prima. Ne siamo tutti assolutamente orgogliosi e, anche se si dovrà affrontare una bella mole di lavoro (ma in questo abbiamo l’appoggio reale dei nostri predecessori) sappiamo di essere convinti, seri ed appassionati e, soprattutto, crediamo fortemente in questa esperienza. Il nuovo Direttivo, inoltre, rappresenta davvero bene sia dal punto di vista strettamente geografico, sia da quello più squisitamente musicale, la nostra Regione. Tra i cori rappresentati ci sono cori di esperienza e tradizione, vere colonne della coralità valdostana, cori di bambini (finalmente!) e cori che si affacciano ora all’esperienza musicale e provengono sia dalla valle centrale che dalle varie vallate laterali e da Aosta, il nostro piccolo capoluogo. Ci sembrano questi i migliori auspici per continuare nel solco tracciato dai precedenti Consigli direttivi, in primo luogo portando a termine gli importanti progetti già intrapresi come, ad esempio, il prestigioso “Seminario Europeo per giovani compositori”, ma anche trovando nuove proposte e idee per rendere l’Associazione sempre vitale. Grazie perciò ai Direttivi precedenti e… buon lavoro a noi. 41 rubriche DISCOGRA FIA a c u r a d i A l v a r o Va t r i U n “grande” coro in un “piccolo” paese, così potremmo definire il Coro Polifonico di Ruda. “Grande” per il livello tecnico e artistico (basta scorrere i numeri che riassumono l’attività e il nutrito elenco dei successi in ambito nazionale e internazionale) della compagine corale nata negli anni Trenta e rifondata nel 1945 a Ruda, paese “piccolo” – circa 3000 abitanti – in provincia di Udine. Dal 2003 è diretto dalla Mª Fabiana Noro. Negli oltre 60 anni di attività il Coro Polifonico di Ruda è venuto mutando e perfezionando la propria realtà. Oggi non è solo una Associazione culturale, con particolare riferimento al canto corale, ma un vero e proprio operatore culturale. Ciò significa che il Coro coordina, organizza e gestisce l’attività di almeno altri venti cori del Friuli Venezia Giulia, di una decina tra complessi strumentali e diversi solisti diplomati nei conservatori di Udine e Trieste. Annualmente organizza stagioni divenute ormai tradizionali nel panorama regionale: “Concerti aperitivo”, “Quaresima in musica”, “Sacre meditazioni”, “Cororgano”, “Note d’estate”. Collabora con le principali orchestre del Friuli Venezia Giulia per particolari ed esclusive produzioni sinfonico-corali e registra per la RAI e per altre emittenti nazionali ed estere. Attivo nel campo dell’editoria, per la casa editrice Pizzicato ha pubblicato diverse monografie sui più importanti autori regionali del Settecento e 42 dell’Ottocento. Sta ora pubblicando la collana “Organi e tradizioni organarie nel Friuli Venezia Giulia” che ha come obbiettivo la catalogazione di tutti gli organi esistenti nella regione. Riconosciuto dalla regione Friuli Venezia Giulia “ente di particolare rilevanza artistico-musicale”, il Coro Polifonico di Ruda ha proposto al pubblico programmi esclusivi, di rara esecuzione, spesso frutto di approfondite ricerche d’archivio alle quali collabora uno staff di docenti del Conservatorio “Jacopo Tomadini” e dell’Università di Udine. In occasione del sessantennale (1945–2005) il coro ha pubblicato un cofanetto contenente 6 CD. “Sei cd per raccontare sessant'anni di storia della musica in Friuli Venezia Giulia” si legge nella presentazione. “È il nuovo lavoro curato dal coro con materiale d'archivio e prodotto da Arte & Studio nell’anno del sessantennale. Si tratta di un lavoro di inestimabile importanza in quanto molti dei brani contenuti nei cd sono ormai fuori dai repertori dei cori italiani e del Friuli Venezia Giulia. Il cofanetto – che viene messo in vendita a € 40,00 – rappresenta un insostituibile strumento di lavoro per tutti gli amanti della musica corale oltre ad essere un gioiello per quanto riguarda la qualità e la vastità del repertorio presentato. All’interno un coloratissimo booklet, curato da David Giovanni Leonardi, ripercorre le tappe del coro e riassume la storia della musica corale in Friuli Venezia Giulia”. Impossibile, in questa sede, entrare nei dettagli di un’opera di indubbio interesse culturale, ma che è soprattutto testimonianza di una tenacia ed una passione per il canto corale davvero esemplare, e che ci fa formulare con sincera ammirazione gli auguri per tanti altri decenni di attività nel segno dei valori affermati e riconosciuti fino ad ora. Coloro che sono interessati alla pubblicazione possono chiedere informazioni alla presidenza e alla direzione artistica del Coro: Il Coro Polifonico di Ruda www.coropolifonicoruda.it/contattaci.php tel. +39 0431 998621 rubriche SCA FFA LE a cura di Sandro Bergamo E passato più di un secolo e mezzo da quando, con la nascita della congregazione benedettina di Solesmes, si è avviata una poderosa opera di restauro del canto gregoriano. Un restauro che è passato per due fasi: dapprima quella del recupero testuale (dom Guéranger) e melodico (dom Pothier e dom Mocquereau), poi, nella seconda metà del XX secolo, con dom Cardine, lo studio dei codici adiastematici e la riscoperta del significato dei neumi in campo aperto. Due ambiti sui quali, ovviamente, non si dirà mai l’ultima parola, ma che ormai offrono una base sicura per vivere oggi il canto gregoriano e proseguirne la restaurazione. Di centocinquant’anni di studio e soprattutto delle prospettive che si aprono traccia un bilancio Fulvio Rampi nella sua ultima opera (F. Rampi, Del canto gregoriano: dialoghi sul canto proprio della Chiesa a cura di Maurizio Cariani e Fabrizio Lonardi, Milano, Rugginenti editore, 2006, 269 p., € 20). Redatto sotto forma di dialogo tra “un maestro… e due discepoli inquieti e stupiti, che si sono appassionati alla freschezza, alla attualità e alla grandiosità della ragione gregoriana” il volume è altra cosa da un manuale per apprendere il canto proprio della Chiesa, accessibile a chi del gregoriano ancora non conosce nello specifico il linguaggio, e qui ne trova una illustrazione chiara e profonda a un tempo, e a chi invece lo conosce e lo pratica, e qui può trovare il raccordo tra tutte le sue conoscenze musicali e semiologiche, coglierne il senso più profondo e prepararsi ad andare oltre. Perché la domanda di fondo cui i dialoghi tra il maestro Rampi e i due discepoli rispondono è proprio quella del dopo: se vi sia altro, dopo la melodia, dopo la semiologia, e in che direzione proseguire nella comprensione e nella restaurazione del canto gregoriano. E la risposta è un ritorno alle origini, a quel testo che fu la prima preoccupazione di dom Guéranger, senza il quale non possiamo comprendere il canto, ma dal quale, ora che disponiamo di una melodia restaurata e della conoscenza semiologica, viene illuminato da una luce piena. Perché alla fine la domanda di fondo è questa: perché si canta? E viene in mente il noto passo di Agostino (Enarr. in Ps. 32) dove l’ineffabilità di Dio viene espressa dallo jubilus, “gaudio del cuore senza parole, sconfinata ampiezza del gaudio che non conosce i confini delle sillabe”. Meno noto ma ancora più bello il passo di Ildegarda di Bingen secondo la quale “come la parola designa il corpo, la sinfonia manifesta lo spirito; infatti l’armonia celeste testimonia la divinità del Figlio di Dio e la parola la sua umanità”. Il canto non contrapposto alla parola, ma mezzo per cogliere la Parola in tutta la sua profondità. È questo che Rampi insegna nei suoi dialoghi: che il canto è esegesi del testo e che la musica, i neumi, i modi, sono retorica a servizio dell’esegesi. Nulla nel canto gregoriano (come peraltro in ogni forma espressiva medievale, dall’architettura alle arti figurative) è lasciato al caso: incisi melodici che ritornano a collegare momenti diversi dell’anno liturgico, neumi che dando rilievo ad una parola la pongono al centro della frase e ne illuminano il senso, e perfino il gusto di aprire l’anno liturgico con l’introito della prima domenica d’Avvento, Ad te Domine levavi, con la grande A che campeggiava nei codici e pure nel Graduale Triplex, a ricordare Cristo, Alpha, origine di tutte le cose. E sarà pur vero che questa sensibilità oggi è in gran parte perduta, ma il restauro del gregoriano attraverso il recupero di questo modo di comprendere la Parola non è ritorno al passato, non è nostalgia tradizionalista (di un tradizionalismo che peraltro spesso ignora il gregoriano restaurato) ma il più efficace modo di riproporre all’uomo moderno la novità sconvolgente del Vangelo. 43 MONDOCORO MONDOCORO Curiosità, navigazioni, spigolature su Internet, riviste, libri a cura di Giorgio Morandi B eh, forse sì, l’attinenza tra la citazione scelta e il nostro argomento non è rigidamente diretta… ma quanto passa dal ballare al cantare? Non è forse anche il cuore di chi canta luogo della presenza di Dio? Con il canto non perdiamo forse tutti i punti di riferimento terrestri per elevarci e tendere alla fusione con Dio? Forse non è “fantastico” cantare? Certo d’avervi convinti… procediamo, continuiamo la nostra ancor giovane estate con le fresche flash news che ho trovato per voi e che traducono il mio “Buona Estate per tutti”. 44 …In un villaggio di montagna ci siamo fermati. “Sono felice, Momo. Ci sei tu e so quel che c’è nel mio Corano. Ora ti voglio portare a ballare”. “Ballare, monsieur Ibrahim?” “Dobbiamo assolutamente. Il cuore dell’uomo è come un uccello rinchiuso nella gabbia del corpo. Quando danzi il cuore canta come un uccello che aspetta di fondersi con Dio. Vieni, andiamo al tekké”. “Al che?” …“Curiosa questa discoteca!” ho detto varcando la soglia. “Il tekké non è una discoteca, Momo, è un monastero. Togliti le scarpe”. Lì per la prima volta ho visto gli uomini che giravano. I Dervisci indossavano ampi vestiti chiari, pesanti e morbidi. Un tamburo cominciava a suonare. Allora i monaci si 25 ANNI di IFCM I 25 anni di attività della Federazione Mondiale per la Musica Corale scadranno l’anno prossimo, nel 2007. Il Presidente in carica signor Lupwishi Mbuyamba ha già presieduto una riunione in cui si è dato avvio al processo di verifica e di autovalutazione della “mission” fondamentale, degli obiettivi, dei programmi e dei risultati ottenuti, come del resto anche delle strutture e delle procedure. Sono state create due Commissioni che si occuperanno rispettivamente una di Programmi e la seconda di Strutture. Le riflessioni sono state in linea con le tendenze generali che si stanno sviluppando in campo musicale, artistico e culturale nel mondo d’oggi: gli effetti della globalizzazione, la necessità di promuovere le diversità culturali, l’apertura al rinnovamento, ai giovani e ai ragazzi. A questo proposito in particolare si può facilmente prevedere una revisione dell’approccio di IFCM ai giovani e l’istituzione di una apposita Commissione. Di fatto è diventata impellente la necessità di una revisione della visione che IFCM ha del futuro. Lettori e membri di IFCM sono invitati a dare il loro contributo a questo dibattito fondamentale. SCHOLA CANTORUM DE VENEZUELA La “Schola Cantorum de Caracas” è diventata “Schola Cantorum de Venezuela” e fa grandi progetti per il 2006. Attraverso joint ventures con Istituzioni pub- trasformavano in trottole. “Vedi, Momo, girano su se stessi, girano intorno al loro cuore, che è il luogo della presenza di Dio. È come una preghiera”. “La chiama una preghiera questa?” “Altrochè, Momo! Perdono tutti i punti di riferimento terrestri, perdono quella pesantezza che noi chiamiamo equilibrio. Diventano fiaccole che si consumano in un grande fuoco. Prova, Momo, prova! Seguimi!” Così io e monsieur Ibrahim ci siamo messi a girare… …“Allora, Momo, hai sentito belle cose?” “Sì, era fantastico!…" (da “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” di Eric Emanuel Schmit) bliche e private amplia i suoi scopi ed espande i suoi progetti coinvolgendo conseguentemente molte più persone. “Construir Cantando” è il grande progetto per il quale si prevede la creazione di 10 nuove sezioni nelle zone culturalmente meno attive del Venezuela e nel quale con il supporto e la supervisione della Fondazione verranno formati 150 nuovi direttori di Coro. (www.fscholacc.com) SIMPOSIO MONDIALE SULLA MUSICA CORALE VII Symposium Mondiale, Kyoto 2005. È ora possibile ascoltare e guardare le migliori esecuzioni corali dei più bei cori che hanno partecipato al Symposium di Kyoto dal 28 luglio al 3 agosto 2005. Un CD e un DVD con frammenti della manifestazione sono stati registrati nella Kyoto Concert Hall. (www.panamusica.co.ip/index-e.html) VIII Symposium Mondiale, Copenhagen 19-26 Luglio 2008: “…Noi lottiamo costantemente per perfezionare la nostra arte, cerchiamo con ogni mezzo vie nuove che ci permettano la connessione diretta con i nostri ascoltatori attraverso il comportamento sul palco e la nostra gioia di cantare”. La Commissione Artistica vuole che tutti i concerti, i laboratori e le conferenze di Copenhagen 2008 si svolgano secondo questo motto. La parola chiave è “interazione”. Gli organizzatori vogliono che tutti i delegati, tutti i partecipanti siano direttamente coinvolti negli eventi di MONDOCORO Copenhagen. Nessuno deve semplicemente sedersi, guardare e ascoltare. È ora, per i cori, di cominciare a pensare alla adesione. Dettagli e condizioni per la partecipazione sono disponibili in www.choraldenmark.org (NB.: il modulo di adesione cartaceo è già disponibile anche nell’ultimo numero di “ICB International Choral Bulletin”). linguaggio non verbale che parla direttamente all’attività corale e parla direttamente all’artisticità del singolo cantore. Attraverso il movimento, meglio che attraverso le parole, comunichiamo musicalità ai cantori…” (ICB N. 2/2006 – pgg. 7–14). CHOIR OF THE GREATER REGION …Intervistati da Kathy Salzman Romey nell’ambito del progetto di ricerca su dieci compositori di fama internazionale a cui per il “VI Symposium Mondiale della Musica Corale” era stato commissionata la composizione di un brano. Alberto Grau (nato 1937), compositore, direttore di coro e insegnante è uno dei migliori musicisti venezuelani contemporanei. Ha scritto musica prevalentemente per cori di bambini, cori femminile e cori di voci miste. La sua pubblicazione più recente “La Fucina del Direttore” (GGM Editors) è un nuovo libro sulla direzione corale. A. Grau nel 1967 è stato fondatore del prestigioso coro Schola Cantorum di Caracas che ha largamente influenzato lo sviluppo del canto corale in Venezuela. Attualmente è Direttore Ospite, Membro di Giuria e Docente di musica corale in Europa, Asia, America nord e sud e dirige diversi programmi corali nel suo paese e in tutta la Regione Andina. Da 30 anni ama scrivere musica per tutti i tipi di coro trovando nel coro lo strumento migliore per sperimentare e verificare nuove idee. Interrogato sull’argomento dice che per la composizione egli parte dal testo e dopo averne trovato il punto culminante fissa l’attenzione sui modelli ritmici connessi agli accenti e ai ritmi poetici appropriati secondo il suono delle parole. Maria Guinand è Professore d’Università e Leader di progetti corali in tutto il mondo. Ha sviluppato a livello mondiale una carriera musicale molto prestigiosa ed è vice Presidente di IFCM. Come direttrice di coro a voci femminili ha collaborato intensamente con Alberto Grau perché dice che era necessario per lei avere nuovo repertorio a voci femminili. Secondo lei nel 1980 A. Grau ha cominciato a scrivere le cose più difficili. “Amo cantare attraverso le mie idee e quando sono certo che funzionano le scrivo. Talvolta scrivo molte idee e poì lentamente arrivo all’essenziale”. Di A. Grau Maria Guinand dice che egli mentre compone ha sempre in mente il coro e allo stesso tempo sfida il coro. “Quando viene allo prove con il manoscritto e noi facciamo prova sul manoscritto, egli è sempre pronto ad intervenire e cambiare le cose… Il coro diventa parte del processo creativo e questo è meraviglioso. Alla fine il pezzo è ben conosciuto da tutti, tanto che compositore, brano, direttore, tutti sono come un corpo solo”. Grau ha lavorato molto per i cori di ragazzi per i quali vuole un nuovo repertorio, un repertorio che deve essere gioioso, avere movimento ed euritmìa. È un progetto dell’UGDA (Unione Gran-Duca Adolfo), la Federazione Musicale Luxemburghese che nell’ambito del progetto “Luxembourg e Greater Region, Capitale Europea della Cultura” chiede collaborazione alle vicine Federazioni di Francia, Belgio e Germania per la costituzione del nuovo coro “Choir of the Greater Region”. Un centinaio di cantori, con l’Orchestra d’archi Giovanile della Greater Region dopo alcune sessioni di prova si esibiranno dal 13 al 15 aprile 2007 in alcune sale da concerto tra cui la Philarmonie Luxembourg. Sotto la direzione di Catherine Fender il coro eseguirà un programma per coro misto ed alcuni brani del “Candide” di Leonard Bernstein (maggiori informazioni in www.ugda.lu). COME RISVEGLIARE L’ABILITA’ ARTISTICA DURANTE LA PROVA DI CORO Un progetto della Choral Resource presso l’Università dell’Illinois a Chicago. “Sei a un concerto corale. L’intonazione è perfetta. Il Ritmo è corretto. Gli attacchi e gli stacchi sono impeccabili. Il suono è meraviglioso. Eppure l’esecuzione non ti muove dentro! Cos’è che manca? Cosa è che ispira l’esecuzione? Cos’è che porta vitalità all’esecuzione corale?…” Colleghi Direttori di Coro in tutto il mondo stanno scoprendo che il movimento durante la prova di coro è capace di attivare la musicalità, costruisce l’abilità musicale, sviluppa la tecnica vocale e stimola l’energia nei cantori di tutte le età. “…Ogni sfumatura musicale può essere rappresentata nel movimento. Tutto ciò che è musicale può essere comunicato attraverso il movimento. Ogni movimento evoca stile, espressione ed amalgama. Noi possiamo far diventare più vivi i nostri cantori, possiamo far vivere la musica, possiamo far diventare viva l’esecuzione corale semplicemente impegnando nel movimento i cantori durante le prove di coro…”. Ancora solo poche citazioni per stimolarvi a prendere visione dell’interessante articolo (8 pagine piene) indicato nel titolo: “Il movimento è il miglior accompagnamento al canto corale. Invita i cantori e i direttori a interagire con l’energia del rigo musicale…; Il movimento risveglia la musicalità in cantori di ogni età e grado si preparazione…; Il movimento porta direttore e cantori a una intimità più grande fra loro e la musica, creando una comunità di musicisti…; Il movimento è un ALBERTO GRAU e MARIA GUINAND 45 MONDOCORO DIRIGERE… IN CHIESA 46 Questa discussione è molto interessante e una di quelle che ritengo di vitale importanza per noi tutti direttori di coro, ma specialmente per quelli fra noi che lavorano in chiesa. Io credo che questo sia un campo che è stato ignorato troppo a lungo. Naturalmente in molte chiese dove il Coro è allocato in una balconata retrostante o dietro a uno schermo, le persone non vedono l’espressione facciale, ma possiamo comunque ascoltare le inflessioni, i significati, le sfumature del canto se ce ne sono… Il solo scopo della tecnica per un cantore è quello di liberarsi in modo da puntare l’attenzione sulla parole, non sulla produzione del suono, ed “essere presente nel momento” col comunicare il messaggio del canto. “Quella libertà dovrebbe mettere in grado uno di colorare la propria voce e alterare l’inflessione o intenzionalmente/consciamente, o inconsapevolmente. È qui che la vera forza e il fare musica si realizzano. Ho cantato 16 anni nel NYC oratorio e musica colta e ho visto tonellate di esecuzioni. Le esecuzioni più potenti che abbia mai visto al Met e altrove sono state là dove i cantori non cercavano di focalizzare la tecnica o stare semplicemente intonati o semplicemente cercare di emulare qualche emozione ed essere nel momento…” Sono d’accordo. Nulla per me è più ridicolo del vedere un coro o una congregazione cantare un brano emozionante di preghiera che conoscono e amano tutti, e recepire null’altro che un certo numero di teste praticamente senza espressioni di vita sulle facce. È chiaro che i molti che non frequentano la chiesa non vedrebbero in costoro che la frequentano null’altro che un branco di ipocriti. Discorso molto attivo e sentito nelle chiese degli Stati Uniti, mentre da noi imperversano gli “allelù-allelujà”, i “Quando bùssero alla tua porta”, i canti della dormizione e certe schitarrate obbrobriose. “BALKAN SOUND” PRIMO FESTIVAL CORALE INTERNAZIONALE - BUCAREST Si è svolto a Bucarest (Romania) lo scorso mese di Novembre con 10 cori provenienti da Romania, Bulgaria e Moldavia su progetto sostenuto dal Consiglio Municipale e dal Centro Culturale “Mihai Eminescu”. La signora Theodora Pavlovitch, direttore del Coro “Vassil Arnaudov” nonché vice presidente di Europa Cantat e membro del Consiglio di IFCM così si è espressa: “Il primo Festival Internazionale “Balkan Sound” è stato uno dei momenti più indimenticabili della mia vita corale. La calda ospitalità e l’atmosfera amichevole del festival ci ha fatti sentire veramente felici. Dovete essere orgogliosi dell’alto livello artistico del risultato che avete ottenuto”. Il coinvolgimento dgli sponsors, dei Media e la collaborazione dell’Associazione Romena dei Cori inco- raggia gli organizzatori nello sforzo di sviluppare in futuro il progetto del Festival Corale Internazionale “Balkan Sound”. UN CORO DELLA SCUOLA: lo vogliamo perché… Wilma ten Wolde, Direttore del coro dei Ragazzi Olandesi afferma che i ragazzi amano cantare perché è divertente e rafforza legami sociali. Riconoscendo che dirigere un coro di ragazzi è stupendo, anche se comporta grande lavoro, la signora Wilma si chiede quale sia lo scopo principale di avere un coro scolastico e così vede alcune possibilità: “Divertirsi cantando insieme; rendere entusiasti i ragazzi attraverso il cantare insieme; migliorare il profilo della propria scuola; far acquisire ai ragazzi fiducia nelle proprie abilità vocali e musicali; offrire musica ai ragazzi che si fermano dopo la scuola; sviluppo generale vocale e musicale per i ragazzi; alzare il livello di un coro scolastico già esistente; portare al canto un sempre maggiore numero di ragazzi; offrire concerti; capire il ruolo della musica nella liturgia; tenere i ragazzi lontani dalla strada; conoscere attraverso il canto i diversi generi musicali”. L’estensore dell’articolo esamina quindi le conseguenze, l’opportunità di applicare tariffe di partecipazione o meno, si occupa del problema delle audizioni, dell’assenteismo, dello sviluppo generale vocale e musicale, del repertorio, delle motivazioni, del Direttore di Coro per arrivare a concludere che l’apertura e l’entusiasmo nell’apprendere di un ragazzo lascia senza fiato e dà una enorme quantità di energie. (NB.: Wilma ten Wolde, diplomata in Direzione di Coro e Musica da Chiesa a L’Aia e Rotterdam e Musicologia all’università di Utrecht, gode fama di eminente specialista di cori di ragazzi e giovani [dirige sia il coro dei Ragazzi Olandesi, sia il Coro Dei giovani Olandese], soprattutto per le tecniche didattiche da lei stessa studiate e applicate all’“aural and vocal training”, ICB – 2nd Quarter 2006, pag. 35). IL CANTO GREGORIANO “Il Canto Gregoriano ritorna dall’esilio. Forse”. Valentino Miserachs Grau, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra, ne invoca il ripristino. Papa Joseph Ratzinger lo vuole. Ma il cammino è pieno di ostacoli. ”Rinascita Gregoriana” di Dicembre 2005 ha pubblicato il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti alla Giornata mondiale di studio promosso dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti sul tema: “Musica Sacra: una sfida liturgica e pastorale”. “…Se si abitua il popolo a cantare un repertorio gregoriano che gli si confà, sarà allenato a imparare anche i canti nuovi nelle lingue vive, quei canti, si intende, degni di stare accanto al repertorio gregoriano che dovrebbe conservare sempre il primato”. MONDOCORO 1st CHORAL CRAWL Così la “Minnesota Chorale” ha chiamato la sua importante manifestazione con la quale ha organizzato una escursione nella archeologia musicale e industriale usando musica vocale per rianimare diversi spazi atmosferici del Minnesota Historical Society’s Mill City Museum, un antico mulino da farina trasformato in storico spazio urbano per mostre. Come in un Pub Crawl i visitatori si muoveranno a loro piacere attraverso il museo, dove stazionano cantori singoli della “Chorale” e piccoli ensemble. La musica sarà utilizzata per raccontare le storie degli immigrati che lavoravano negli antichi mulini, per descrivere i loro prodotti e le città che costruirono. Il primo “Coral Crawl” culminerà nelle esibizioni della tarda serata, nel Cortile delle rovine del Museo arrichite dall’artista multimediale Tony Brown e dalle esecuzioni della Chorale diretta da Kathy Saltzman Romey. LIBRI RECENTI Incuriosisce molto il perché cantori coerenti e significativi hanno un impatto così potente sul loro pubblico? Tom Carter tratta questi ed altri argomenti nel suo nuovo libro “Choral Carisma: Singing with expression” Pubblicato da Santa Barbara Music Publishing. L’esperienza di direttore di coro di Tom comprende anche lavoro con membri di Chorus America quali “The San Francisco Girls’ Chorus”, “WomenSing”, “Peninsula Women’s Chorus” e “Ragazzi”. Per saperne di più, vedi www.choralcharisma.com . “Singing in Style”, una storica supervisione della pratica esecutiva e dello stile vocale, è uscito presso la Yale University Press. Marta Elliot, autrice e membro della Princeton University Performance Faculty ha eseguito il repertorio più diverso in tutto il mondo. Brian Zeger, direttore artistico di Arti Vocali alla The Julliard School, lo ha definito “…una guida indispensabile per cantanti, pianisti ed insegnanti, scritto dal punto di vista del cantante…”. Per saperne di più vedasi [email protected] . PREPARARE UN DIRETTORE DI CORO La carriera di Direttore di Coro nel 21 secolo richiede un mix di istruzione, esercitazione sul podio, abilità amministrativa e senso pratico imprenditoriale. “…nel 2004, dopo dodici anni di insegnamento e quattro anni di diploma Thea Kano lanciò la sua carriera di Direttore di Coro professionista. Fresca di diploma si spostò ad est per accettare un posto di assistente del “The Washington Chorus” e poi del “The Gay Men’s Chorus” di Washington. Quindi divenne Direttore Artistico del “Capitol Hill Youth Chorus” e nel 2006 portò al debutto il suo neoformato ensemble di 90 voci, il “New York City Master Chora- le”. Ma il percorso carrieristico di Kano è oggigiorno relativamente anomalo nel campo corale…” L’articolo di Heidi Waleson è lungo ed articolato nei sottocapitoli “Programmi graduati sviluppano Musicisti”, “Incarichi nei cori dei College fanno Direttori di Coro”, “Abilità amministrative per un reale successo”. Una mezza dozzina di famosi Direttori di Coro americani racconta la sua esperienza. L’articolo è pubblicato da “The Voice of Chorus America”, la ricca rivista della grande associazione corale americana “Chorus America” che partendo dal principio che l’apprendimento non finisce mai, organizza anche Masterclasses per direttori di Coro, un Chorus Management Institute (un intenso programma interattivo che – con riferimento ai Cori e alla loro organizzazione – insegna le migliori pratiche di raccolta fondi, marketing, sviluppo del Consiglio Direttivo e pianificazione strategica), ha pubblicato “Gestire un Coro di Successo: una guida per Manager, Membri del Consiglio Direttivo e direttore Musicale” ed un “Direttori di Coro Oggi: Un Profilo”; organizza inoltre la sua Conferenza Annuale ed altre iniziative. Di tutte si possono vedere dettagli in: www.chorusamerica.org IL SUONO DEL SILENZIO Trovare quiete attraverso la meditazione come può migliorare il canto? “Un gruppo di persone se ne sta quieto. Insieme esse respirano profondamente e cominciano a ripetere certe frasi; le loro voci si mescolano e si fondono finché, all’unisono, esse ritornano a uno stato di quieto riposo. Questo potrebbe essere la descrizione sia di un gruppo di meditazione sia di un gruppo di canto – i due comportamenti possono avere in comune molto più di quanto uno possa aspettarsi...” E questo che cosa significa? “Ci sono molti modi per applicare le tecniche di meditazione ad una prova di coro o a una esecuzione definitiva” E allora? Cosa si deve fare? Si può saperne di più? Certamente, con l’articolo della cantante ed insegnante californiana Lisa Houston, la scheda di periodici, siti web, libri e CD da lei predisposta ed entrando in www.lisahoustonvoice.com !!! SAN ROCCO, PEREGRIN D’AMORE 10 brani di musica su testi devoti a questo Santo, uno dei santi taumaturghi più popolari in Occidente; un CD dallo scopo dichiarato: essere uno strumento genuino ed efficace per pregare. …Ma è molto più che un CD, è un gesto d’amore che un musicista, Luigi Quintieri, un Coro/Orchestra, I Cantori di San Rocco di Caccuri e molte persone in qualità di collaboratori offrono al mondo corale e al mondo religioso tradizionale trasformando devozione, sapere e musica in dedizione e aiuto a popolazioni sofferenti della Tanzania. 47 concorsi 42° CONCORSO NA ZIONA LE CORA LE Trofei "Città di Vittorio Veneto" 1° Concorso internazionale per gruppi vocali 1° Concorso internazionale di composizione su antiche melodie della tradizione popolare veneta Vitto r io Ve ne t o, 5 e 6 m aggi o 2007 REGOLAMENTO Art. 1 - Il 42° Concorso nazionale di canto corale per l’assegnazione dei Trofei “Città di Vittorio Veneto” avrà luogo a Vittorio Veneto nei giorni 5 e 6 maggio 2007. PARTECIPAZIONE Art. 2 – Le manifestazioni sono così articolate: 1) CONCORSO NAZIONALE CORALE Categoria A Progetto-programma: musiche originali d’autore Categoria B Progetto-programma: melodie di tradizione regionale Ciascun complesso corale potrà iscriversi ad entrambe le competizioni purché siano rispettate le modalità previste per ciascuna di esse. 2) CONCORSO INTERNAZIONALE PER GRUPPI VOCALI SOLISTICI 48 Art. 3 - Il Concorso è riservato a complessi corali che operano nello spirito amatoriale. Per le categorie A e B il numero dei coristi di ciascun complesso corale deve essere non inferiore a 16 e non superiore a 40, pena l’esclusione. Per i gruppi vocali solistici è consentito un numero massimo di 12 componenti, esclusi gli eventuali strumentisti. ISCRIZIONE E DOCUMENTI Art. 4 - Le domande di iscrizione dovranno essere inviate con lettera raccomandata alla Segreteria del “42° Concorso Nazionale Corale” – Comune di Vittorio Veneto – Piazza del Popolo, 14 – 31029 Vittorio Veneto (TV) entro il 25 gennaio 2007 (farà fede il timbro postale). Non sono ammesse iscrizioni via fax o e-mail. L’iscrizione al concorso comporta il versamento della tassa di Euro 55,00 (non rimborsabile) sul c/c postale n° 12208310 intestato a: Tesoreria Comunale - Comune di Vittorio Veneto (indicare la causale). È richiesta la seguente documentazione: a) domanda di iscrizione (il modulo può essere richiesto alla Segreteria del Concorso o scaricato dal sito www.comune.vittorioveneto.tv.it alla pagina “Città della musica”); b) breve curriculum del coro e del direttore, con particolare riferimento agli ultimi cinque anni; c) dettagliata relazione illustrativa del progetto-programma; d) breve presentazione del progetto-programma (massimo 800 caratteri) adatta ad essere inserita nel programma di sala e letta prima dell’esecuzione di ciascun coro; e) n. 8 copie delle partiture dei brani, chiaramente leggibili e ordinatamente rilegate, in formato A4 con indicazione della durata di ciascun brano; f) registrazione di buona qualità, su CD, di almeno tre brani eseguiti dal coro, di cui almeno due tra quelli indicati nel programma presentato; g) ricevuta del versamento di Euro 55,00 per ogni singola iscrizione. La documentazione inviata verrà acquisita dall’archivio della segreteria del concorso. AMMISSIONE Art. 5 - Il Comitato artistico ammetterà i cori alle competizioni in base a: a) valutazione del progetto-programma; b) ascolto della documentazione sonora; c) esame del curriculum del coro e del direttore. PROGRAMMI • Categoria A - Progetto-programma: musiche originali d’autore Art. 6 - I cori iscritti alla categoria A dovranno presentare un programma della durata massima di 20 minuti (pause comprese), impostato secondo un progetto (programma tematico, monografico, frutto di ricerca musicologica, di studi e/o di collaborazioni con compositori, ecc.) che andrà illustrato secondo quanto indicato alle lettere c) e d) dell’art. 4. È consentito l’impiego di strumenti se e come previsto dall’autore; l’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte. Non è permesso l’uso di basi musicali registrate. • Categoria B - Progetto-programma: melodie di tradizione regionale Art. 7 - I cori iscritti alla categoria B dovranno presentare un programma della durata massima di 20 minuti (pause comprese), impostato secondo un progetto (programma tematico, monografico, frutto di ricerca musicologica, di studi e/o di collaborazioni con compositori, ecc.) che andrà illustrato secondo quanto indicato alle lettere c) e d) dell’art. 4. Le elaborazioni corali devono essere basate su melodie di tradizione della regione di appartenenza del coro. Non sono ammesse composizioni originali d’autore. È consentito l’impiego di strumenti se e come previsto dall’elaboratore; l’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte. Non è permesso l’uso di basi musicali registrate. • Concorso internazionale per gruppi vocali solistici Art. 8 - I complessi iscritti alla categoria D dovranno presentare un programma della durata massima di 20 minuti (pause comprese), impostato secondo un progetto (programma tematico, monografico, frutto di ricerca musicologica, di studi e/o di collaborazioni con compositori, ecc.) che andrà illustrato secondo quanto indicato alle lettere c) e d) dell’art. 4. È ammessa l’esecuzione con il raddoppio delle parti per il repertorio sacro antico, per il repertorio contemporaneo valgono le indicazioni dell’autore. È consentito l’impiego di strumenti se e come previsto dall’autore o suggerito dalla prassi esecutiva; l’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte. Non è permesso l’uso di basi musicali registrate. CALENDARIO DELLE PROVE Art. 9 - Date e sedi delle prove, nonché l’orario e il programma d’esecuzione approvato dal Comitato artistico saranno comunica- concorsi ti con lettera entro i primi giorni del mese di marzo 2007. Per ciascuna categoria l’ordine d’esecuzione verrà stabilito in base all’ordine crescente delle distanze chilometriche tra località di provenienza del coro e Vittorio Veneto. Qualora un complesso non fosse presente all’orario previsto dall’ordine di esecuzione, potrà eseguire la prova entro un’ora dall’orario di convocazione, purché i motivi del ritardo siano ritenuti validi dall’Ente organizzatore, ma in ogni caso non oltre l’orario previsto per la chiusura delle audizioni della categoria d’appartenenza. COMMISSIONE GIUDICATRICE Art. 10 - La Commissione giudicatrice del Concorso sarà nominata dal Comune di Vittorio Veneto su indicazione del Comitato artistico. Il giudizio della Commissione giudicatrice è insindacabile e inappellabile. CLASSIFICHE - VALUTAZIONI FINALI Art. 11 - Al termine delle audizioni di ogni categoria potranno essere fissati eventuali riascolti supplementari. La Commissione giudicatrice formulerà un giudizio tenendo conto dei seguenti parametri: intonazione, qualità vocale, musicalità e interpretazione. I giudizi, che concorreranno a formare la valutazione globale della Commissione giudicatrice su ciascun complesso corale, saranno successivamente inviati al direttore del coro. La classifica di ogni categoria sarà stilata sulla base del punteggio medio conseguito, espresso in decimi. I risultati ufficiali saranno resi noti al termine delle audizioni di ciascuna categoria. Successivamente i direttori potranno avere un colloquio con la Commissione giudicatrice per una valutazione più approfondita della prova offerta. RIMBORSI Art. 12 - Ai primi dieci complessi iscritti (e successivamente ammessi) provenienti da località distanti più di 200 Km. da Vittorio Veneto sarà riconosciuto un rimborso spese viaggio di Euro 300,00. Farà fede la data di spedizione della raccomandata (a condizione che la domanda sia completa). La distanza fra la località di provenienza e Vittorio Veneto sarà calcolata per la via più breve, ad insindacabile giudizio dell’Ente organizzatore. Ai complessi corali sarà riconosciuto un solo rimborso spese viaggio, anche se partecipanti a più competizioni. PREMI Art. 13 - Per le categorie A e B del Concorso nazionale e per il Consorso internazionale per gruppi vocali sono previsti i seguenti premi (al lordo delle ritenute di legge): - primo premio Euro 1.500,00 - secondo premio Euro 1.000,00 - terzo premio Euro 500,00 Il coro vincitore del primo premio nella categoria A del Concorso Nazionale, inoltre, potrà accedere di diritto al Concorso Polifonico Internazionale “Guido d’Arezzo”, edizione 2008. In caso di assegnazione di premi ex-aequo l’importo sarà suddiviso. Ai complessi vincitori del secondo e del terzo premio, se ammessi al concerto finale, sarà riconosciuto un ulteriore rimborso di Euro 300,00. È facoltà dei complessi premiati esibire regolare giustificazione delle spese sostenute per la partecipazione al concorso (viaggio e/o soggiorno) fino alla concorrenza dell’ammontare del premio; la somma corrispondente al rimborso non sarà soggetta a ritenuta. I complessi premiati ammessi al concerto finale (domenica 6 maggio 2007 – ore 17) avranno diritto ai premi in denaro e al rimborso di cui sopra solo a condizione della loro partecipazione al concerto stesso. Art. 14 - I cori vincitori del primo premio nelle categorie A e B del Concorso nazionale e il complesso vincitore del primo premio nel Consorso internazionale per gruppi vocali riceveranno il Trofeo “Città di Vittorio Veneto” e il diploma di classifica; al direttore del coro sarà consegnata una targa offerta dall’A.S.A.C. (Associazione per lo Sviluppo delle Attività Corali – Veneto). Ai cori e ai complessi vocali che avranno ottenuto il secondo e il terzo premio saranno consegnati un oggetto ricordo e il diploma di classifica. GRAN PREMIO “EFREM CASAGRANDE” Art. 15 - Partecipano di diritto alla competizione per l’assegnazione del 15° Gran Premio “Efrem Casagrande” (domenica 6 maggio 2007 - ore 17): - i cori vincitori del primo premio nelle categorie A e B nella presente edizione del Concorso nazionale corale di Vittorio Veneto; - il coro vincitore del primo premio, nell’edizione 2006, del Concorso Polifonico Nazionale “Guido d’Arezzo”. Al concerto finale è tenuto ad esibirsi, pena la perdita del premio in denaro, fuori competizione, anche il complesso vincitore della presente edizione del Concorso internazionale per gruppi vocali. Art. 16 - I cori si esibiranno con un programma della durata complessiva non superiore ai 15 minuti (pause comprese). Il programma d’esecuzione verrà concordato con il Comitato artistico e la Commissione giudicatrice; il coro vincitore del Concorso Polifonico Nazionale “Guido d’Arezzo” presenterà il proprio programma all’atto dell’iscrizione, da effettuarsi con apposito modulo entro il 25 gennaio 2007. Art. 17 - Al vincitore del Gran Premio saranno assegnati un trofeo e un premio di Euro 1500,00 offerti dalla FE.N.I.A.R.CO. (Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali). Art. 18 - La Commissione giudicatrice potrà ammettere al concerto finale, fuori concorso, anche altri cori meritevoli; inoltre sarà invitato un coro veneto su proposta e in rappresentanza dell’A.S.A.C.. ALTRI PREMI (comuni ai due Concorsi, nazionale ed internazionale) Art. 19 - Al direttore di coro, anche non classificato, che avrà dimostrato particolari doti interpretative verrà assegnato un premio (buono acquisto) di Euro 300,00 offerto dal Coro A.N.A. e dalla Sezione A.N.A. di Vittorio Veneto in memoria del maestro Efrem Casagrande. Art. 20 - Al complesso veneto iscritto all’A.S.A.C. ritenuto migliore dalla Commissione giudicatrice sarà assegnato un premio (buono acquisto) di Euro 500,00 offerto dall’Associazione stessa, purché abbia ottenuto un punteggio medio superiore a 7/10. Art. 21 - In ognuna delle categorie (A, B e Gruppi vocali) verrà assegnato un premio di Euro 300,00 al coro che avrà presentato il programma più interessante. Art. 22 - La Commissione giudicatrice, inoltre, ha la facoltà di assegnare altri premi. DISPOSIZIONI FINALI Art. 23 - I complessi corali rinunciano sin d’ora a qualsiasi compenso per l’eventuale registrazione o per trasmissioni effettuate da enti radiotelevisivi pubblici o privati. Art. 24 - L’Ente organizzatore si riserva, per cause di forza maggiore, di apportare modifiche al presente regolamento o di revocare il Concorso o singole categorie dello stesso. Art. 25 – In caso di controversie farà fede il testo in italiano del regolamento pubblicato sul sito del Comune di Vittorio Veneto. 49 concorsi 6ª RA SSEGNA NA ZIONA LE DI CORI SCOLA STICI "ROBERTO GOITRE" Vittorio Veneto, sabato 28 aprile 2007 5° FESTIVA L NA ZIONA LE DI CORI GIOVA NILI E DI SCUOLE SUPERIORI Vittorio Veneto, domenica 29 aprile 2007 Manifestazioni istituite nell’ambito del Concorso nazionale corale - Trofei “Città di Vittorio Veneto” al fine di favorire la diffusione del canto corale nella Scuola e creare occasioni d’incontro per i giovani impegnati nell’attività corale. NORME COMUNI PARTECIPAZIONE Alla Rassegna nazionale di cori scolastici “Roberto Goitre” (sabato 28 aprile 2007) possono partecipare cori operanti nelle scuole elementari o medie inferiori. Al Festival nazionale di cori giovanili e di scuole superiori (domenica 29 aprile 2007) possono partecipare cori operanti nelle scuole e negli istituti di istruzione secondaria di II grado (sia statali che parificate) e cori giovanili i cui componenti non devono aver superato i 25 anni d’età. Non è previsto alcun limite di organico. Entrambe le manifestazioni non hanno carattere competitivo e si svolgeranno nell’arco di una giornata. 50 PROGRAMMA I cori iscritti dovranno presentare un programma libero della durata di circa 15 minuti, anche con accompagnamento di pianoforte e/o di altri strumenti, con esclusione di basi musicali registrate. L’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte. Le audizioni, aperte al pubblico, si terranno al mattino o nel primo pomeriggio, in relazione al numero dei cori partecipanti e alla loro provenienza. Nel pomeriggio presso i Giardini Pubblici, dalle ore 15.30 alle ore 17.30 circa, si svolgeranno la cerimonia di premiazione e il concerto finale al quale tutti i cori sono tenuti ad esibirsi con due o tre brani (allo scopo sarà predisposto un adeguato impianto di amplificazione e verrà messo a disposizione un pianoforte). Sede, orario e programma d’esecuzione saranno comunicati con lettera entro i primi giorni del mese di marzo 2007. ISCRIZIONE E DOCUMENTI Le domande di iscrizione dovranno essere inviate con lettera raccomandata alla Segreteria del “42° Concorso Nazionale Corale” – Comune di Vittorio Veneto – Piazza del Popolo, 14 – 31029 Vittorio Veneto (TV) entro il 25 gennaio 2007 (farà fede il timbro postale). Non sono ammesse iscrizioni via fax o e-mail. L’iscrizione comporta il versamento della tassa di Euro 30,00 (non rimborsabile) sul c/c postale n° 12208310 intestato a: Tesoreria Comunale - Comune di Vittorio Veneto (indicare la causale). È richiesta la seguente documentazione: a) domanda di iscrizione (il modulo può essere richiesto alla Segreteria del Concorso o scaricato dal sito www.comune.vittorio-veneto.tv.it alla pagina “Città della musica”); b) scheda di presentazione del coro e del direttore; c) n. 5 copie delle partiture dei brani, chiaramente leggibili e ordinatamente rilegate, in formato A4 con indicazione della durata di ciascun brano; d) (solo per il Festival) elenco nominativo dei componenti il coro e rispettiva data di nascita; tale documento dovrà essere sottoscritto, sotto la propria personale responsabilità, dal legale rappresentante del coro; e) ricevuta di versamento della tassa d’iscrizione. RIMBORSI I primi venti cori iscritti (dieci della Rassegna e dieci del Festival) avranno diritto a un rimborso fino a un massimo di Euro 400,00. Farà fede la data d’arrivo registrata dall’Ufficio Protocollo del Comune e non quella del timbro postale. Il legale rappresentante del coro dovrà presentare richiesta di rimborso delle spese sostenute per il viaggio con le modalità indicate dall’Ente organizzatore. I cori avranno diritto al rimborso in denaro solo a condizione della loro partecipazione al concerto finale presso i giardini pubblici. Ai cori di Vittorio Veneto sarà riconosciuto un contributo forfettario di Euro 200,00. COMMISSIONE D’ASCOLTO - VALUTAZIONE Visto il carattere propedeutico e didattico delle manifestazioni, non verrà stilata alcuna graduatoria. Una Commissione d’ascolto avrà il compito di formulare un giudizio in cui saranno evidenziati gli elementi qualificanti del coro ed espressi alcuni suggerimenti; tale giudizio verrà successivamente inviato al direttore. La Commissione d’ascolto sarà composta da tre musicisti: un compositore, un direttore di coro e un docente che opera nella scuola elementare, media o superiore dirigendo un coro scolastico o coordinando un laboratorio corale. A tutti i cori saranno consegnati un oggetto ricordo e un attestato di partecipazione con evidenziate le qualità del coro. Comitato artistico: Aldo Cicconofri, Stefano Da Ros, Francesco Luisi, Mario Mora, Mauro Zuccante. Coordinamento artistico: Stefano Da Ros Segreteria organizzativa: Ufficio Cultura del Comune di Vittorio Veneto Piazza del Popolo n. 14 - 31029 VITTORIO VENETO (TV) - tel. 0438-569.310 – fax 0438-53966 [email protected] www.comune.vittorio-veneto.tv.it Le manifestazioni sono realizzate con il contributo e la collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Veneto, della Provincia di Treviso, della FE.N.I.A.R.CO. (Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali), dell’A.S.A.C. (Associazione Sviluppo Attività Corali del Veneto), della Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane, della Sezione A.N.A. e del Coro A.N.A. di Vittorio Veneto. 1° CONCORSO INTERNAZIONALE DI COMPOSIZIONE SU ANTICHE MELODIE DELLA TRADIZIONE POPOLARE VENETA scadenza 25 febbraio 2007 scarica il bando dal sito www.comune.vittorio-veneto.tv.it Convegno Nazionale delle Commissioni Artistiche FIUGGI (FR) - 14 e 15 ottobre 2006 in collaborazione con ARCL Associazione Regionale Cori del Lazio Assemblea Nazionale Feniarco MESAGNE (BR) - 28 e 29 ottobre 2006 in collaborazione con ARCOPU Associazione Regionale Cori Puglia 51 FENIARCO Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI A.C.T. Associazione Cori Toscana PROVINCIA DI GROSSETO COMUNE DI FOLLONICA Festival di Primavera Incontro rivolto ai cori delle scuole medie superiori 22-25 marzo 2007 FOLLONICA (GR)