Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c - Legge 662/96 - dci “PN” - In caso di mancato recapito restituire al mittente che si impegna a sostenere le tariffe previste
n. 20
2006
maggio-agosto
Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali
Rivista quadrimestrale della FENIARCO
Dossier
Rivista
quadrimestrale
della FENIA RCO
DAL POPOLARE AL POP
3
di Mauro Zuccante
UNA RIFLESSIONE
SUI NUOVI REPERTORI
Federazione Nazionale Italiana
A ssociazioni Regionali Corali
dossier
di Roberto Di Marino
IL POPOLARE DEL DUEMILA
Presidente: Sante Fornasier
6
7
d i A l e s s a n d ro C a d a r i o
IL CANTO EMPIRICO
DI GIOVANNA MARINI
Foto di copertina:
Suonatore di ghironda con cappello, G. de La Tour
8
intervista di Alvaro Vatri
CANTARE LA FATICA DI VIVERE 11
intervista di Sandro Bergamo
nova et vetera
TRA “COLTO” E “POPOLARE” 13
di Renato Miani
IL PROGETTO “EN CLAVE NEGRA” 15
di Carlo Frascà
Nova et Vetera
LORENZO PEROSI (1872-1956) 17
attività
dell’associazione
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Attività dell’Associazione
QUATTRO PROGETTI FENIARCO 20
Comitato di redazione:
Giorgio Morandi
Puccio Pucci
Alvaro Vatri
Mauro Zuccante
Segretario di redazione:
Pier Filippo Rendina
“DIGNARE ME”, PER CORO MISTO A SEI VOCI
WYC, CORO MONDIALE GIOVANILE 2006
PER ASPERA AD ASTRA! 22
di Giorgio Morandi
scheda regione
COMPORRE PER CORO OGGI 24
di Andrea Venturini
Cronache
SEGHIZZI 2006 26
intervista di Rossana Paliaga
notizie
dalle regioni
LO STUDIO DELLA DIREZIONE CORALE 28
AL CONSERVATORIO DI TRIESTE
intervista di Rossana Paliaga
IL MASTER CLASS 29
DI ALESSANDRO CADARIO A RIGA
di Gunta Malevica
A VITTORIO VENETO 30
IL 41° CONCORSO NAZIONALE CORALE
di Giuseppe Calliari
rubriche
VINICIO CARRARA IN MEMORIAM 31
FOSCO CORTI 32
di Arcangela Greco
Scheda Regione
ASSOCIAZIONE GRUPPI CORALI LIGURI 33
Notizie dalle Regioni 35
Rubriche
DISCOGRAFIA 42
a c u r a d i A l v a ro Va t r i
SCAFFALE 43
a c u r a d i S a n d ro B e r g a m o
MONDOCORO 44
a cura di Giorgio Morandi
CONCORSI 48
dossier
DA L POPOLA RE A L POP
SEGNA LI DI RINNOVA MENTO
NEL REPERTORIO DEI CORI
di Mauro Zuccante
“
P
remetto che le mie riflessioni in merito a questo
tema si basano su interessi e competenze maturate come compositore, arrangiatore e appassionato osservatore del mondo corale. Non è mia intenzione,
quindi, esporre parole che hanno carattere di sentenza, in
quanto (me ne rendo ben conto) l’argomento andrebbe
analizzato e approfondito anche dai punti di vista della
sociologia, della semiologia e dell’etnomusicologia (per
citarne solo alcuni)1.
Con “l’etichetta” di cori popolari si definiscono in Italia
quei complessi vocali che praticano un repertorio costituito preferibilmente da semplici armonizzazioni o elaborazioni più articolate di brani di genere popolare e popolaresco. Tra questi non escluderei, però, quelle formazioni corali, le quali inseriscono nei loro programmi anche
canti d’autore che, per contenuto e forma, ricalcano i temi e lo stile melodico della tradizione popolare2.
Questa constatazione solleva, innanzitutto, la delicata,
complessa e mai risolta questione sui generi musicali che
studiosi di vario orientamento disciplinare ed ideologico
hanno affrontato in passato e tuttora affrontano con grande impegno, ma alterno successo.
Lungi da me l’intenzione di esaminare e valutare una ad
una le categorie, i modi e gli stili musicali, i quali, soprattutto ai giorni nostri, sembrano intrecciarsi in un gro-
viglio inestricabile3. Preferisco, più semplicemente, aprire il dizionario della lingua italiana e leggere alla parola
popolare: “che trae origine dal popolo, che ne esprime
idee e sentimenti” … “che è molto noto o diffuso tra il
popolo, che ne gode le simpatie” … “che appartiene alle
classi meno abbienti e socialmente meno elevate”4. Applicando queste definizioni all’ambito musicale si deduce che il concetto di musica popolare va ricondotto al
campo del folklore5.
I canti e i balli popolari (mi riferisco soprattutto a quelli
raccolti all’interno delle comunità rurali) sono il risultato
di un prodotto collettivo tramandatosi secondo modalità
orali. Si tratta di canti che sintetizzano in forme poetiche
primitive sentimenti, aspirazioni e valori della collettività
in funzione delle principali tappe dell’esistenza individuale e dei momenti salienti della vita comunitaria. Questa tradizione ha resistito finché l’avvento della Rivoluzione industriale ha decretato il superamento e la fine
della civiltà contadina6. Da questo momento la musica
popolare diventa materia di studio dell’etnomusicologia,
sorta di “archeologia musicale”, unica disciplina in grado
di leggere a livello strutturale e di interpretare il valore rituale autentico dei documenti orali primitivi.
L’affermarsi della civiltà borghese urbana, quindi, ha
prodotto una rivisitazione di tradizione e cultura popola-
1 Dice Luciano Berio: “Il mio interesse per il folklore è di vecchia data se penso che da ragazzo scrivevo delle false canzoni popolari.
Recentemente questo interesse ha messo radici più profonde e ho cercato di capire, in maniera più specifica, più tecnica, i processi
che governano certi stili popolari ai quali mi sento attratto perché, detto semplicemente ed egoisticamente, ci trovo qualcosa da imparare e di utile per me. Penso soprattutto al folklore siciliano, a quello serbo-croato e alle eterofonie dell’Africa centrale. Non sono
un etnomusicologo, sono un egoista pragmatico: infatti tendo ad interessarmi solo a quelle espressioni, a quelle tecniche popolari
che, in un modo o nell’altro, possono essere assimilate da me senza frattura e che mi permettono di esercitarmi a fare qualche passo in avanti nella ricerca di una unità soggiacente fra mondi musicali apparentemente estranei uno all’altro”, L. BERIO, Intervista
sulla musica, a cura di R. Dalmonte, LATERZA, Bari, 1981.
Che gli interessi del compositore non sempre coincidano con quelli del cultore della musica popolare lo testimonia anche György Ligeti: “La musica popolare rumena è più complessa: ha una ritmica così intricata! Bartók era il modello, e bisognava essere precisi come lui o come Lajtha, che era un genio della trascrizione. Io non ero abbastanza bravo, e ai primi di settembre del 1950 dissi a Kodály
che quel lavoro non faceva per me. Mi sembrava di collezionare coleotteri. – Se non lo fa, non diventerà mai un compositore – fu la
risposta” [sic!], G. LIGETI, Lei sogna a colori?, G. Ligeti a colloquio con E. Roelcke, ALET Ediz., Padova, 2004.
2 I “musicisti-equilibristi” che si dedicano alla creazione (testo e musica) di canzoni popolari “taroccate” (mi si conceda il termine!),
si muovono come sulla superficie di un campo minato e agiscono in corridoi di libertà alquanto ristretti; per loro più che l’invenzione, conta l’adesione ad un cliché, alla logica delle formule e degli stilemi e ad una retorica molto rigida. Per essi un eccesso di complessità e di creatività può essere pericoloso, perché rischiano di andare incontro al rifiuto del brano da parte dei direttori di coro più
conservatori.
3 Decidere quale categoria assegnare ad un brano MP3 scaricato nell’iPod è alle volte piuttosto imbarazzante: dovendo, infatti, scegliere un solo genere per Esti Dal di Z. Kodály, conviene selezionare Folk, Vocal, A Cappella, Classic, Ethnic, o Chorus? … ognuno
si arrangia come meglio gli comoda!
4 Dizionario di Italiano, UTET, Torino, 2003.
5 Termine “coniato con l’unione di due antiche voci sassoni, folk = popolo, e lore = sapere: significa dunque «cultura popolare»”, M.L.
STRANIERO, Manuale di musica popolare, RIZZOLI, Milano, 1991.
6 In ambito musicale non va dimenticato che l’innovazione più sconvolgente portata con sé dalla Rivoluzione industriale è stata la diffusione delle tecnologie di riproduzione meccanica della musica.
3
dossier
4
re, rispondente ad una nuova logica. Nella musica, in particolare, la partecipazione collettiva alla produzione si è
trasformata in attività riservata a specialisti e si è consolidata una netta separazione tra esecutori ed ascoltatori (i
quali, come si dirà in seguito, assumeranno rapidamente
il comportamento di consumatori). È in questo contesto
che nascono i cosiddetti cori popolari, a proposito dei
quali c’è da chiedersi se l’esatta loro collocazione non sia
piuttosto da ascrivere all’ambito della “musica colta” (o
meglio, “semicolta”), in quanto i brani che costituiscono
il loro repertorio sono scrupolosamente scritti e frutto
dell’ingegno individuale di un compositore-arrangiatore
(spesso di formazione accademica), che ama altalenare la
sua produzione tra oggetti di genere “alto” e “basso”.
Inoltre, la prassi esecutiva e lo stile vocale di queste compagini (e mi riferisco in particolare ai cori di montagna,
o cori alpini, ancora largamente diffusi, soprattutto in
Italia del nord ad imitazione del Coro della SAT di Trento) non fanno riferimento a tipologie già presenti nella
musica popolare, ma discendono da modelli di canto
corale di tradizione austro-tedesca e dalla secolarizzazione delle Scholae cantorum parrocchiali di istituzione
ceciliana7.
Chiusasi la fase della civiltà contadina e sancita la perdita della memoria orale (ormai da tempo anche nelle zone
più remote ed emarginate), al popolo non è rimasto che
abbracciare le forme della “musica di consumo” e divenire a sua volta “cliente” di un prodotto musicale d’uso
“leggero” già largamente diffuso presso le élites sociali
dominanti8. L’imprinting musicale di chi appartiene alla
mia generazione (parlo di chi ha vissuto l’infanzia nel decennio 1960-1970) non è avvenuto attraverso il canto
materno delle ninne nanne e delle filastrocche, ma attraverso l’ascolto di jingles e canzonette emessi a ripetizione, ovunque e senza sosta, da radio, dischi e televisione.
Indipendentemente dai giudizi di valore (più spesso di
segno negativo: musica banale, mercificata, volgare, degradante, omologante), che vengono espressi sulla pop
music, è innegabile che essa costituisca per i nati negli ul-
timi 30-40 anni (compresi trasversalmente in tutte le fasce sociali) il vissuto musicale, il background sonoro, che
si lega ed accompagna indissolubilmente alle esperienze
e alle emozioni della vita passata e presente9.
Il ricambio generazionale che ben si nota all’interno delle formazioni corali (le quali d’ora in avanti preferisco
chiamare non più cori popolari, ma cori e basta!) sta producendo una graduale revisione dei repertori di canti proposti10. È del tutto naturale che i giovani cantori preferiscano confrontarsi con le canzoni più vicine al loro “sentire” quotidiano. Al graduale abbandono di ninne nanne,
stornelli, canti di guerra e canti di osteria fa da contraltare l’inserimento di arrangiamenti per coro di canzoni
italiane e straniere di successo.
Quindi, via via i cori si allontanano dai “canti di una volta”, in favore di un’apertura alle manifestazioni musicali
della cultura di massa contemporanea. Questo fenomeno
di trapasso dal Popolare al Pop trova resistenze nei “cori
conservatori”, i quali preferiscono insistere nella proposta nostalgica di vecchie solfe, in cui si rimpiangono i
“bei tempi andati” e si lamenta lo smarrimento di chissà
quali identità; e lo stesso fatto mette, altresì, in allarme i
“musici conservatori” (istruiti nei luoghi deputati alla
conservazione: i Conservatori!), preoccupati come sono
dal fatto che il virus delle canzonette possa contagiare le
auliche sfere dell’arte musicale. Eppure, sono passati più
di quarant’anni da quando Umberto Eco scriveva: “Sentir ripetere la famigerata battuta dell’ispettore Rock, fischiettare ogni mattina lo stesso motivo o rileggersi ogni
giorno la stessa storia di Arcibaldo e Petronilla (che cambia quanto al pretesto esteriore, ma radicalmente è la
stessa e piace per questo), non costituisce degenerazione
della sensibilità e intorpidimento dell’intelligenza. Costituisce un sano esercizio di normalità. […] Mettere in discussione come radicalmente negativa la meccanica dell’evasione episodica può costituire un pericoloso esempio di ybris intellettualistica e aristocratica (quasi sempre
professata solo in pubblico, perché in privato il moralista
arcigno di solito appare il più prono e silenzioso adepto
7 Un testo che contribuisce a fare ampia luce sul fenomeno di mistificazione della musica popolare operato dai cori alpini (e similari,
aggiungo io), nel quale si sostiene in modo assai documentato la tesi de “l’invenzione della tradizione” è: P.G. RAUZI, C. MARTINELLI, M. ORSI, La coralità alpina del Trentino, ARCA Ediz., Trento, 2000.
8 È noto che la “musica leggera” – pop(ular) per gli anglosassoni – trae lontana origine in ambito europeo dalla semplificazione di forme e stili della musica colta: il Lied, la romanza d’opera, le forme della danza.
9 A questo proposito vorrei citare quanto scrive Roberto Cotroneo (il quale, oltre ad essere un bravo scrittore, è un ottimo intenditore di musica): “Ricordo che in quei giorni, quando stavi ancora alla nursery, io andavo e venivo dalla clinica, e ogni volta che tornavo a casa ascoltavo la radio in macchina.
In quel periodo per radio davano molto spesso una canzone che si intitola Jesus to a child, di George Michael, un cantante che non
ho mai amato che fa musica molto commerciale.
Ancora oggi quando mi accade di risentire quella canzone penso al giorno in cui sei nato. Non c’è nulla di strano, accade a tutto il
mondo, fa parte della vita. Ma voglio farti capire che accade quasi soltanto con la musica. La musica è come la luce che impressiona
la pellicola della tua vita come una macchina per fare le fotografie. Non puoi scegliere: nel bene e nel male”, R. COTRONEO, Chiedimi chi erano i Beatles – lettera a mio figlio sull’amore per la musica, MONDADORI, Milano, 2003.
10 Questo processo di aggiornamento dei repertori, che in Italia stenta ad essere digerito e perciò va più a rilento, ha preso piede da
tempo in Europa e si è già consolidato in importanti iniziative editoriali, tra le quali va segnalata la pregevole collana tedesca denominata Chor aktuell, GUSTAV BOSSE VERLAG, KASSEL, che contiene al suo interno un coraggioso volume che porta il titolo
di Rock & Song aktuell.
dossier
delle evasioni che in pubblico bolla per professione)”11.
Questo cambiamento, come si è visto per nulla indolore,
implica l’insorgere di una serie di nuove, oggettive problematiche.
1. Difficoltà a reperire trascrizioni per coro convincenti di
canzoni pop. La formazione dei compositori che si dedicano ai repertori dei cori è in Italia ancora di tipo accademico, per cui la concezione di base della loro scrittura per coro tende preferibilmente verso i modelli storici appresi presso il Conservatorio: il Corale, il Mottetto e il Madrigale. L’arrangiamento di una canzone
pop richiede, invece, un approccio e competenze diverse, apre nuove sfide, specie là dove si tratta di tradurre
una musica a forte impronta solistica e ritmico-percussiva per un organico collettivo (il coro), formato da voci che, per loro natura, tendono a melodizzare12.
2. Difficoltà per i cantori nel padroneggiare l’inglese, la
“lingua madre” del pop.
3. Difficoltà dei direttori nel comunicare i tratti più specifici dello stile vocale della musica pop: dall’impostazione delle voci, alla cura di un modo diverso di fraseggiare. In particolare si nota l’imbarazzo con cui essi cercano di barcamenarsi tra la concezione del solfeggio scolastico e la flessibilità ritmica richiesta dalle
oscillazioni dello swing.
4. Difficoltà nell’individuare modelli di riferimento nell’ambito della nostra realtà corale13.
5. Difficoltà a trovare luoghi idonei all’esecuzione di un
programma di pop songs. Le tradizionali sale e piccoli
teatri14 non sempre si prestano ad accogliere questo tipo di performances. Vanno presi in considerazione
nuovi spazi, tra cui anche quelli all’aperto (con i dovuti accorgimenti, s’intende!15), siti in cui si celebra di
preferenza il rito del consumo live della musica pop.
I punti appena elencati credo sintetizzino alcune delle
problematiche che nei prossimi tempi dovranno essere
superate. La richiesta di formazione in questo genere di
arrangiamento corale da parte dei giovani musicisti (direttori di coro, compositori, cantori) va crescendo16. At-
tendiamo con fiducia che anche in Italia emergano gruppi che sappiano proporre il pop in veste corale “come Dio
comanda”!
Personalmente, considero questa evoluzione una nuova
opportunità che va a ravvivare repertori sclerotizzati e a
scuotere il torpore del pubblico. Penso alle possibilità di
incursione nei generi collaterali del pop: dal jazz, al rock,
alla musica etnica; alla facoltà di sviluppare progetti di
contaminazione tra i diversi stili, ma anche tra “alto”
(colto) e “basso” (di evasione); alle occasioni di superamento dello schema rigido delle 4 voci a cappella, facendo ricorso ad organici più flessibili e all’innesto di parti
strumentali; alla libertà di sperimentare nuove forme di
elaborazione corale, utilizzando tecniche derivate dalla
musica sperimentale d’avanguardia.
E se per ora intimorisce metter mano alle songs straniere, si prendano in considerazione le canzoni italiane; fra
i mille prodotti “usa e getta” emergono qua e là validi
motivi da confezionare per bene, i quali, per intensità
espressiva e valore poetico, hanno il potere di evocare
emozioni vere: basta saperli scovare17!
11 U. ECO, Apocalittici e Integrati, BOMPIANI, Milano, 1964.
12 Impresa ardua, si dirà, ma ci sono esiti felici. Si ascolti ad esempio la bravura con cui Reza Aghamir (direttore del gruppo norvegese denominato Gli Scapoli) è riuscito, con notevole perizia, ad arrangiare per voci virili e percussioni una canzone così fortemente
connotata timbricamente come Come together di Lennon-McCartney. Il brano è contenuto in un Album dal titolo, a dir poco, “profetico”: Everything Must Change, CD PHILIPS (Universal), 1998, 462 448-2
13 Ancora una volta i cori italiani pagano un certo provincialismo e il ritardo con cui la lezione degli Swingle Singers e dei King’s Singers è già stata metabolizzata dalle formazioni giovanili delle altre nazioni europee.
14 Per non parlare delle chiese, dove, ahimè, si esibiscono più frequentemente i cori italiani, cantandovi di tutto, anche musiche assolutamente fuori luogo; non parlo da bigotto (anzi!), ma con la convinzione che il rispetto delle regole che richiamano alle opportune collocazioni storico-ambientali e alle opportune condizioni acustiche debba costituire una sorta di imperativo categorico per ogni
musicista.
15 L’amplificazione delle voci è pressoché d’obbligo, allorché (soprattutto all’aperto) è necessario ottenere il giusto livello ed equilibrio
sonoro. Purtroppo, per molti direttori di coro di formazione chiesastico-accademica essa costituisce ancora un tabu (o meglio, un babau!) irremovibile; è evidente che dietro a questo rifiuto si cela una mancanza di competenze, là dove, invece, è richiesta una padronanza nell’uso delle tecnologie di tipo professionale.
16 La FENIARCO ha inserito tra le offerte del Seminario europeo per giovani compositori di Aosta 2006 un atelier con Jonathan Rathbone, arrangiatore di buona parte delle canzoni degli Swingle Singers.
17 “…dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”, F. DE ANDRÈ, Via del Campo, BLUEBELL RECORDS, 1967.
5
dossier
UNA RIFLESSIONE
SUI NUOVI REPERTORI
di Roberto Di Marino
D
6
a tempo vi è un desiderio
diffuso di arricchire l’esperienza corale con elementi di
novità che favoriscano l’incontro
con un pubblico più vasto, meno
specialistico, soprattutto giovane. Ed
emerge la sensazione di non riuscire
a superare i confini di due generi per
così dire “egemoni” del repertorio
corale: il grande repertorio “colto”,
dal Rinascimento ai nostri giorni,
e la rivisitazione dotta del genere
“popolare”.
Nemmeno la vastità e ricchezza di
questi due mondi sembrano cancellare la sensazione di far parte di una
nicchia musicale, ai margini dell’immenso universo musicale che percorre i media. È argomento spinoso,
che ha già prodotto ampie analisi e
discussioni. Difficile decifrarne appieno la complessità.
Nel biasimare l’immobilismo corale
c’è chi parla di arroccamento dei cori su posizioni conservatrici, chiuse
alle sollecitazioni e ai compromessi
che la modernità sembra richiedere.
C’è del vero ma non è un elemento
centrale. Se l’apertura ai nuovi generi fosse tecnicamente facile questa
sarebbe già avvenuta, e in modo
inarrestabile. Qualcosa di simile è
successo nel mondo delle bande.
Mi riferisco in particolare alla realtà
che conosco direttamente, quella
trentina, che però non rappresenta
un’eccezione. Quindici o vent’anni
fa il repertorio bandistico è cambiato
rapidamente in modo radicale. Non
più trascrizioni di musica operistica,
fantasie, potpourri di temi celebri o
musica originale strettamente funzionale, marce, ballabili, ma arrangiamenti di musica di consumo o
musica originale che di certa musica
di consumo conserva tuttavia tracce
evidenti.
Naturalmente la realtà è più variegata di questa sintetica descrizione, ma
è indubbio che il mutamento di gusti
delle nuove generazioni di strumentisti ha imposto un cambiamento radicale nella scelta dei programmi dei
concerti. L’omaggio alla tradizione
spesso non manca, ma è sentito più
come momento nostalgico o come
gesto di attenzione verso l’affezionato pubblico di “una certa età”. Le case editrici, per lo più nordeuropee,
hanno cavalcato l’ondata e in parte
l’hanno prodotta diffondendo accattivanti cataloghi con supporti sonori,
prima musicassette e poi cd. Dal confronto fra i repertori bandistici del
passato e del presente nascono, inevitabili, le valutazioni di ordine estetico
e culturale. Se un certo scadimento
della musica vi può essere stato è anche vero che la nuova musica originale per complessi di fiati, anche se
non regge il confronto con la tradizione classico-romantica colta, ha
emancipato la banda dal quel ruolo
sostanzialmente imitatore dell’orchestra che aveva prodotto, più o meno
nello stesso periodo, anche l’organo
sinfonico.
Possiamo quindi chiederci perché
nelle bande ci sia stato un incontro
con la musica di consumo che nei cori è sotanzialmente mancato. Dopo
tutto il veicolo principale di questa
musica è la canzone, cioè un testo
cantato, esattamente come nella musica corale e a differenza della musica strumentale. Certamente un elemento che ha giocato un ruolo cruciale è il ritmo. Intendo il ritmo sincopato, di lontana ascendenza africana, trapiantato dagli schiavi in America, fiorito con il jazz, passato poi nella musica leggera in forme più o meno semplificate e quindi arrivato in
Europa contaminando il genere leggero e colto.
Questo tipo di ritmo è forse l’elemento più problematico da accogliere nel
coro a cappella. La duttilità della voce è enorme ma il peso della tradizione vocale è forte e, d’altra parte, l’or-
gano vocale non è uno strumento a
percussione. Vi sono poi le esigenze
poste dall’ambiente d’elezione che
accoglie il coro, la chiesa, da sempre
propensa a moderare la corporeità
sollecitata dal ritmo per favorire una
piana cantabilità, più consona all’elevazione spirituale. L’eccezione del
canto spiritual, che con la propria vitalità ritmica attrae molti giovani, è
significativa. Esiste però anche il coro accompagnato da strumenti, spesso nella forma semplice e immediata
del coro liturgico che canta, per lo
più all’unisono, col supporto ritmico
di una chitarra.
Nella sua semplicità, questo modo di
cantare in coro accoglie il ritmo sincopato ed è, in fondo, l’analogo di
ciò che è avvenuto recentemente nelle bande, nelle quali però si sono
prodotti gradi diversi di complessità
e ricchezza, fruibile anche nel contesto silenzioso e attento della sala da
concerto.
In passato è accaduto più volte che
generi considerati minori sopravanzassero i generi più nobili. L’opera
buffa e l’opera seria sono un esempio
fra i tanti. A volte le forme minori
contengono elementi di modernità
che germoglieranno in un secondo
momento in forme più complesse. È
il caso della modernità armonica della frottola rispetto al coevo madrigale. È possibile che dal semplice canto, “ritmato” dalla chitarra, funzionale ad una liturgia che vuole avvicinare i giovani, si emancipi un genere da
concerto? Il percorso e le difficoltà
sembrano grandi ma non si può
escludere che questo avvenga.
Certamente la maggior parte dei concorsi di composizione ed elaborazione corale orientano la creatività dei
compositori verso una sorta di purismo corale, lontano da contaminazioni strumentali o linguistiche. Non
sarebbe più interessante far crescere
i generi minori?
dossier
IL POPOLA RE DEL DUEMILA
L’A RTE DI A RRA NGIA RE E DI A RRA NGIA RSI
di Alessandro Cadario
L
a prima volta che ho ascoltato dal vivo i “King’s
Singers” sono rimasto senza parole.
Non è stato solamente il repertorio
accattivante (che per altro conteneva anche brani di elevata fattura
compositiva e di non immediato
ascolto) ma soprattutto la meraviglia nel sentire fino a che punto la
voce umana potesse arrivare nella
sua potenza espressiva. In che modo anche una canzone dei Beatles
con chitarre e batteria si adattasse
magicamente alla sola voce umana.
Oggi molti cori hanno preso questo
stile eclettico dei “King’s Singers”
con programmi musicali dall’antico alla canzone moderna che suscitano interesse sia per cantori sia per
pubblico. In particolare questo modo di affrontare il repertorio corale
funziona per i cori giovanili dove la
diversità degli stimoli musicali è
fondamentale non solo per tenere
viva la partecipazione e l’interesse
ma anche per una completa formazione e informazione.
Occorre comunque sottolineare che
un coro non dovrebbe avere solo
questo tipo di programmi; affrontare però un balletto del Cinquecento
o la polifonia del madrigale dopo
aver risolto la flessibilità ritmica di
una canzone dei Real Group o di un
arrangiamento di Ward Swingle
apre nuove finestre e lascia nuove
suggestioni.
La tradizione delle bande dell’inizio del secolo scorso si è appropriata del repertorio operistico che
sentiva “popolare” ed affine così
come oggi si sta appropriando di
numerose canzoni di musica leggera. Il canto popolare, in modo analogo, ha attinto ad un contesto cul-
turale e sociale ben preciso trattando tematiche che nella sublimazione dell’arrangiamento d’autore
avessero per il cantore-ascoltatore
una funzione catartico-liberatoria.
Oggi in gran parte quel contesto ed
il mondo che più ci permea è quello
della canzone.
Il canto popolare resta comunque di
fondamentale importanza e la sua
diffusione resta uno degli obblighi
di un buon maestro di coro. Ci sono
almeno tre nodi fondamentali nella
relazione tra musica pop e musica
corale. In primis questo repertorio è
arrivato a noi principalmente negli
arrangiamenti (spesso complessi)
dei gruppi vocali. Sappiamo benissimo che un gruppo vocale è ben diverso da un coro non solo per il numero di parti reali o per le complessità armoniche ma anche per la
scrittura delle singole parti e le
estensioni.
Questo primo aspetto di certo frena
molti cori nell’affrontare questo repertorio. Una seconda considerazione va ricercata nel fatto che la musica popolare nasce già come canto
collettivo e l’arrangiamento è plasmato su questo solco già ben delineato mentre la canzone nasce come
canto solistico e adattarlo al coro
non è sempre un passo immediato.
Un ultimo aspetto in particolare per
la nostra coralità è la quasi totale
mancanza di valorizzazione della
canzone italiana, così ricca di momenti elevatissimi tanto quanto assente dal repertorio. In questo caso
non vi è colpa però perché reperire
materiale a tal proposito è davvero
difficile. Non esistono, a parte qualche volenteroso direttore-compositore che ad hoc abbia arrangiato per
il proprio coro questa o quella can-
zone, raccolte sistematiche sulla
musica pop italiana.
Nel parlare di questo mondo non si
può tralasciare la forza dirompente
e il fascino dei gruppi vocali a cappella che ormai, con l’ausilio dei
microfoni, sono delle vere e proprie
rock band. Tra questi straordinari,
sia per gli arrangiamenti sia per le
canzoni originali, sono gli “m.pact”
di Los Angeles. Fondamentale, per
questi arrangiamenti e per il genere,
l’utilizzo della percussione vocale e
delle varie tecniche per imitare tutti i tipi di basso elettrico, chitarre,
tastiere ecc… Questo mondo però è
poco trasportabile sulla massa del
coro. Infatti l’assenza del microfono, l’elevato numero di cantori rendono inutilizzabili questi arrangiamenti. Arrangiare una canzone pop
per coro tenendo conto di tutti gli
aspetti non è cosa facile: intanto c’è
da risolvere il grosso problema del
continuum ritmico, di come si tratta la “lead voice”, il basso e poi della varietà dei suoni. Da questo punto di vista J. Rathbone (famoso arrangiatore e direttore degli Swingle
Singers) sostiene che l’utilizzo della batteria vocale e dell’imitazione
degli strumenti della rock band
spesso impoverisce un arrangiamento perché si relega la funzione
ritmica solo alla percussione e non
alle singole parti articolate con perizia dal compositore. In questo
usare il ritmo delle parole come
“motore” dell’arrangiamento è
spesso una scelta vincente. Augurandoci presto di vedere pubblicata
da FENIARCO una bella raccolta
sulla canzone pop italiana, buone
canzoni a tutti.
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dossier
IL CA NTO EMPIRICO
DI GIOVA NNA MA RINI
Intervista di Alvaro Vatri
G
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iovanna Marini, abbinata alla musica tradizionale, definita cultrice dei canti antichi, spesso
anche etnomusicologa.
Tale abbinamento è un cruccio per me perché si offendono
gli altri che sentono attribuire a me delle competenze che
non ho. Non sono etnomusicologa perché l’etnomusicologia è una materia, inventata dalle Università, che mette insieme antropologia e musica. Non ho quella competenza.
Ho una competenza di tipo empirico, da musicista. Io sono
una musicista, i miei titoli sono tutti di musicista. Esco dal
Conservatorio, ho fatto lì i miei studi. La mia competenza
è quella di scrivere sia i testi che le musiche di composizioni mie, poi di unire a queste una grande passione per il
canto di tradizione orale. Gli studiosi mi hanno detto di
chiamarlo così, perché “popolare” in italiano ha preso la
stessa accezione di “popular” in America, che vuol dire tutto, dal cantautore fino al canto popolare, passando attraverso Sanremo e il vaudville… Quello che non è classico è popolare. Quello che a me interessa è il canto di tradizione
orale, che io, per fare prima, per essere meno dotta, chiamo
canto contadino, che poi è canto pastorale perché in Italia
eravamo tutti pastori prima. Quello mi interessa molto, perché trovo che sia una forma di musica preesistente alla musica classica e comunica, ascoltandola, le stesse emozioni
che hai ascoltando la musica classica; ed è un canto che ha
nutrito… è la placenta della musica classica, perché la musica classica origina e si sviluppa da lì, poi va avanti, mentre il canto contadino è rimasto fermo perché è un canto rituale, e come tale non si può muovere perché poi viene a
mancare la sua funzione… Io sono quindi una musicista
appassionata di musica contadina, di tradizione orale.
Si può parlare di un “modello popolare”?
Ma certo, ci sono tanti modi popolari… “modello” lo trasformiamo in modi e allora si può dire benissimo, perché
non sono né i modi gregoriani, né i modi greci o latini, ma
sono un riassunto di tutti questi tre. Il canto contadino di
tradizione orale prende le mosse da scale molto brevi, fatte
di toni non temperati, non è la scala diatonica quella in cui
si canta. E in questo interviene anche l’istinto… Per esempio: con i cori abbiamo sempre da lottare contro le “calate”, ma le “calate” sono fisiologiche, sono giuste, perché se
uno fa una scala discendente col corpo e non con lo strumento la fa calante… Così pure la differenza tra tono e semitono è diversa da quella che abbiamo nella nostra mente: il semitono, nel canto contadino, è a volte un tono un
po’ più piccolo, a volte invece è un accenno, un abbellimento quasi, una piccola inflessione, ma non un semitono
“vero”. Nessun tono o semitono ha nel canto contadino
quella divisione precisa che si richiede in musica classica.
Anche perché il cantore ha musicalità, quindi se canta una
nota in posizione di sensibile la farà altissima per essere vi-
Giovanna Marini
cina alla chiusura, e non sarà mai com’è su una tastiera. Infatti c’è uno iato enorme, molto percepibile, tra il “suonato” e il “cantato”. Quindi il canto contadino è un canto arcaico che a me piace molto perché copre tutto un settore
della musica classica che si dà per disperso, come una certa parte del gregoriano… come il “Mater Dei” che si è perso e che si diceva che era un “gregoriano polifonico”…
Secondo me invece lo abbiamo ancora, c’è nel canto
contadino.
Nella tua produzione musicale a quale area geografica
ti riferisci?
Ho esaminato prevalentemente il territorio da Roma a Napoli, il Mezzogiorno, perché ci vivo… e poi perché nel sud
si trovano ancora canti polifonici “sorprendenti”. Al nord
(a parte la Val di Resia dove ci sono intervalli molto strani… quarte parallele, proprio come a Barcellona Pozzo di
Gotto in Sicilia) è arrivato presto l’organo in uso nelle
chiese, prima coi valdesi ecc., si è sviluppato un tipo di
canto molto consonante, il canto di montagna, il canto alpino, che è molto bello, a me piace, però per noi è poco
sorprendente, mentre quando vai al sud resti esterrefatto,
se senti i siciliani, i napoletani, soprattutto dell’interno, …
tutti i riti del maggio fatti a Somma Vesuviana, a Pomigliano d’Arco… tutte le “Madonne” attorno, fino ad arrivare a Sorrento… sono polifonie straordinariamente nuove per noi… e poi la Sardegna, e anche la Corsica…
Quanto c’è di questo “linguaggio” nelle tue composizioni?
C’è molto nella esecuzione… Se vedi una mia partitura è
la cosa più banale di questo mondo… sembra non avere
molto senso, poi invece quando la eseguiamo aggiungiamo
tantissime cose che non sono scritte e non puoi scrivere…
i quarti di tono, per esempio. Quando indico un accordo di
do maggiore che poi diventa mi maggiore la cosa sembra
dossier
assolutamente banale, e invece non si sa che quel mi, che
sta fermo tra il do e il mi maggiore, cambia moltissime
volte mentre si fa tutto il passaggio, ed è su quello che ci
concentriamo e ci divertiamo… poi prendiamo il sol diesis
del mi dove eravamo arrivate e lo consideriamo la bemolle: in partitura niente di particolare, un semplice passaggio
enarmonico, e invece nell’esecuzione è particolare perché
il sol diesis si abbassa per diventare la bemolle e quindi diventa un canto per quarti di tono che dà quella sensazione
di “moderno”… che poi vuol dire “antico”…
Il carattere “popolare” nelle tue composizioni riguarda
il testo, la musica, l’ambiente?
Mah,… a me piacerebbe moltissimo scrivere dei testi alla
De Gregori perché riescono ad essere poesia… è molto
criptico ma non è mai arbitrario… è veramente un poeta.
Allo stesso tempo però a me piace raccontare dei fatti,
mentre Francesco (lo dice lui stesso) è pieno di letteratura.
A lui viene per prima cosa di citare Achab… Moby Dick…
A me viene per prima cosa di raccontare quello che ho appena visto, perché facendo ricerca si vedono facce, luoghi… L’ultimo luogo di ricerca adesso è stato Monte S.
Angelo in Puglia sul Gargano… questa gente è sorprendente come i suoi suoni, cantano con una facilità e una disinvoltura delle cose assolutamente incantabili, come la
Tarantella del Gargano, per esempio, che sembra una
sciocchezza… non lo sembra nemmeno… insomma può
essere presa per un semplice saltarello, mentre è ricchissima di “regole”, è composta in un modo preciso oralmente
e per tradizione si deve eseguire così.
Nelle mie composizioni a me non interessa la copia esatta
di quello che è il documento, mi interessa che si prendano
gli specifici del documento, cioè quegli elementi che sono
diversi dalla musica leggera e classica: quelli sono uniche
e non si devono cancellare. Ad esempio nel saltarello si
trovano cose particolari come la partenza sempre in levare
e in dominante, quindi una diversità sia ritmica che armonica, e poi il saltarello si chiude con due accordi che sembrano non avere alcuna relazione con tutto il resto… A un
certo punto si passa in un altro tono e si fanno due accordi
in quel tono senza la voce sopra, non si sa perché… è una
specie di firma del suonatore, e tutti i tarantellisti sul Gargano la fanno così… Io credo fosse un passaggio per aggiungere un canto “a fijole”, che vuol dire un canto “a voce spiegata”, che si è perso. Credo che sia così perché altrimenti non si giustifica quella caratteristica funzione come di “introduzione”… Dunque se si tolgono quegli elementi non va bene, non mi piace più. Mentre assorbendoli
e inserendoli anche in misura maggiore si può realizzare
un lavoro rispettabilissimo: è un lavoro di invenzione su
materiale dato, fornito da questo stesso luogo.
Per esempio nell’armonia le voci parallele non sono ben
viste, mentre nel canto contadino si usano in modo specifico. Allora io mi diverto a scrivere molti passaggi per voci parallele, che sono divertenti e “pagano”, come si dice,
sono efficaci perché sembrano di grande bravura e invece
poi sono facilissime. Mi piace scrivere per le voci in questo modo.
Il canto contadino è “facile”?
Non mi sono mai posta il problema… Ci sono dei canti
contadini facilissimi… ma più sono semplici e più è difficile rendere il loro carattere. Il ritmo ad esempio: un brano
nell’originale può sembrare un 6/8 (e noi rieseguendolo gli
diamo immediatamente questo tipo di scansione), mentre
non c’è mai un “andazzo ritmico”, è sempre con una cadenza, non è con un ritmo preciso binario o ternario… E
allora rendere questo è difficile sempre, anche perché noi
abbiamo un orecchio viziato che corregge… come ti entra
dentro la melodia l’hai già corretta, come i correttori ortografici del computer. Questa problematica è costante nella
mia produzione musicale.
La musica di Giovanna Marini può essere eseguita da
altri che non siano Giovanna Marini?
Mica tanto… me ne rendo conto. Io scrivo delle cose minimaliste… ad esempio il “Lamento per la morte di Pasolini”… parte in mi minore, se parte in maggiore è un’altra
cosa… Sai quanti, anche amici intimi, lo eseguono e lo
fanno partire in maggiore? Per queste piccole cose non è
facile, come non è facile poi la successione delle sillabe
perché io affido, secondo la tradizione contadina, il ritmo
del pezzo alle sillabe e non a un ritmo pre-scritto e quindi
se uno non mette le sillabe esattamente come le metto io…
non va bene.
Ci sono esecutori della tua musica che ti soddisfano?
Non ne sento tanti veramente, c’è qualcuno che ha rifatto
il “Lamento per Pasolini”… Francesca Breschi, per esempio, l’ha fatto bene… ma lei canta con me nel quartetto,
quindi mi sente insistere su certi punti e ha colto l’insistenza sul “prendi lo specifico e magari esageralo e poi
cambia quello che vuoi…”
E la canzone “Addio, addio amore” che “ingannò” Domenico Modugno?
All’inizio della mia attività, quando ero giovane, stavo nell’orchestra Rinascimentale [il “Concentus Antiqui” del
maestro Quaranta, nel quale suona il liuto. N.d.r.], ho conosciuto i cultori del canto popolare solo perché contrabbandavo per canti popolari dei pezzi che mi inventavo io
per poter cantare al Folkstudio, a Roma. Era un posto in
cui mi divertiva suonare. Le prime due o tre volte che ci
sono andata ho suonato rigorosamente Bach (che era l’unica cosa che sapevo fare). Visto che tutti cantavano canti
popolari, canti irlandesi, americani… mi sono detta: perché io non devo cantare dei canti italiani? Allora ho raccolto insieme quello che mi ricordavo dalle cantate nei
pulman quando si andava a sciare e mi sono inventata due
o tre canzoni “popolari”. Ma le contrabbandavo per popolari anche perché essendo io la terza generazione in una famiglia di musicisti “classici” che mi avevano fatto studiare armonia, contrappunto ecc... se avessi detto che avevo
composto: “Lu cacciatore Gaetano” o “Addio, addio amore” avrei provocato crisi cardiache in famiglia… e allora
dicevo: è popolare.
Scrivevo però in maniera “non popolare”: ad esempio l’inizio di “Addio, addio amore” [nebbia alla valle…] è un
arpeggio sull’accordo perfetto minore: un canto contadino
non inizia così, ma allora non lo sapevo, e quindi avevo
scritto un “canto classico”, un’“aria”. Non ero iscritta alla
SIAE, non ci pensavo a depositare i miei lavori. Modugno
l’ha trovata indicata dunque come canto popolare e l’ha
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dossier
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presa, legittimamente, per rielaborarla nella sua canzone.
Successivamente, avendo amici comuni, Modugno stesso
ha sentito dire che in realtà quel canto era mio. Io avevo
una venerazione per lui. Un giorno l’ho incontrato nella
sede della SIAE ed è stato divertente perché, davanti all’espressione stupita dell’impiegata della SIAE, anch’essa in
adorazione di Modugno, mi chiese: “Ma insomma chi l’ha
fatta questa canzone, tu o io?” Da parte mia, oltre al non
aver preso le dovute cautele sul diritto d’autore, non c’era
nemmeno tanta voglia di rivendicare la scrittura di un canto “popolare” che iniziava con un arpeggio… quindi lasciai che Modugno decidesse come meglio credeva, se attribuirsi la composizione o la semplice trascrizione del
brano.
Secondo me, però, questa confusione è molto frequente: tu
prendi un pezzo contadino, quello piano piano si trasforma, diventa canzone, canzonetta, e diventa d’autore. Ma
anche restando nel mondo contadino, secondo me, dei pezzi sono d’autore, perché se in un posto c’è un cantore bravo, in virtù della sua valentia, deve firmarsi, deve cantare
in un modo tale che sia riconoscibile la sua esecuzione e
quindi diventa veramente autore di quel pezzo.
Ero “falsaria”, anche nel “Concentus Antiqui” (un gruppo
di musiciste tutte donne). Avevo il compito di procurare repertorio, date le mie frequentazioni con il Conservatorio e
la biblioteca – allora diretta dalla Zanetti – e poi avevo studiato tablatura… Ma io non avevo voglia di mettermi lì a
fare ricerche e trascrizioni… allora mi inventavo dei pezzi, dicendo invece che li avevo trovati. Portavo una “pavana” scritta da me e la spacciavo per una pavana di Luis Milan... ne ha fatte talmente tante che una più, una meno… e
anche in quel caso non pensavo di andare a depositare alla
SIAE la “Pavana di Milan”, correndo il rischio che venisse recentemente pubblicata tra quelle autentiche (per fortuna non si è verificato)… quindi ho fatto un po’ di confusione qua e là…
“Maschile” e “femminile” nel canto contadino.
A cantare, nei vari posti da me studiati (compresa la conca di Genova), sono sempre gruppi di uomini. Il modo “valente” di cantare è dell’uomo, la polifonia più forte con gli
accordi in posizione lata è sempre degli uomini. Le donne
hanno come loro privilegio i canti devozionali, però non di
confraternita perché quelli li cantano gli uomini: dove c’è
gerarchia ci sono sempre uomini.
Dove non c’è gerarchia (ninne nanne, canti di lavandaie,
canti del lavoro, le “carciofare”, le cantatrici delle olive,
del frantoio) lì si uniscono uomini e donne… Alle donne è
lasciato poco, però è lasciato un ampio spazio nel cantastorie, nel racconto. Il vero cantastorie è dell’uomo, però
poi la donna prende il sopravvento, la donna è più precisa
nel modo di raccontare, deve mettere le date… non tutti gli
uomini stanno attenti a queste cose, non se le ricordano…
C’è una cosa interessante... le Passioni ad esempio: al sud
sono sempre cantate dagli uomini, ma il giorno precedente il Venerdì Santo, c’è una “Passione delle donne”, in ogni
paese sempre, che viene volutamente trascurata da tutti,
però loro testardamente continuano a cantarla…
A Melfi, a Barile, a Sessa Aurunca, dove c’è tutta la settimana fatta dagli uomini e le donne eseguono una Passione
fatta da loro in una chiesetta ai limiti di Sessa Aurunca (lo
chiamano Borgata San Castrense)… Il canto a carrettiere è
solo degli uomini. La cosa interessante è che sempre quando cantano gli uomini c’è una forma gerarchica, cioè il primo (il priore, il capo della confraternita oppure il cantore
eletto dalla confraternita) intona e sulla sua nota tutti gli altri costruiscono l’accordo. Non esiste, per esempio che si
canti tutti insieme: deve precedere lui, gli altri vengono dopo. Iniziare tutti insieme è “maleducato”.
Ci sono concetti molto diversi di esecuzione. Il melisma,
per esempio, quando le voci sono in polifonia ognuno fa il
suo melisma, ma guai a farlo tutti insieme, perché non si
distinguerebbe chi è più bravo, quindi si aspetta che il capo faccia il suo melisma, poi dopo tutti gli altri fanno il loro. Quindi c’è un procedere lento dello spartito che tutti
hanno in mente. Le donne vanno più svelte, più insieme,
più categoriche perché da loro non c’è questo bisogno di
mettersi in vista. Ed è legato anche alla forma musicale. È
interessante perché è un fatto di carattere, di ruolo sociale
e di forma musicale che vanno assolutamente insieme.
Continueranno ad esserci autori di canto popolare?
Moltissimi. I canti popolari non si stanno perdendo affatto, anzi, visto che abbiamo più mezzi, si ricordano di più..
ci sono le cassette… Quando un cantore canta c’è sempre
la moglie vicino con il registratore che lo registra… e la
gente si ricorda di più e canta di più… Non sul lavoro,
però. Ecco, i canti di lavoro scompaiono, quelli che restano però son tutti gli altri canti, moltissimo i canti devozionali… Un impulso e un cambiamento importante è venuto
dalle cattedre di etnomusicologia, perché adesso gli studiosi etnomusicologi sono molti, spesso vengono proprio
da paesini, molti sono figli di famiglia contadina… intelligenti, preparati, diplomati in musica.
Spessissimo nei piccoli paesi suonano in banda… Ed anche il settore industriale segue tutto ciò, perché porta soldi. Da quando Peter Gabriel ha fatto la World Music (secondo me ha fatto una gran confusione perché non ha citato mai le fonti e questo è gravissimo per cui diventa tutta
musica veramente anonima mentre invece è musica che rivela caratteristiche antropologiche e sociologiche fondamentali) però si è anche ampliato il raggio di conoscenza
e di vendita.
Si continuerà quindi ad eseguire e a produrre musica
contadina?
Secondo me c’è nuova produzione interessante… Ci sono
gruppi qua e là… Quando interviene poi qualcuno dotato,
con capacità creative, allora succedono cose interessanti. A
Piadena sono migliaia i giovani cantori che si ritrovano e
ci son cose molto belle. Intanto è ritornata la satira, come
si faceva sempre nel meridione, poi è tornato l’amore per
alcuni canti che si erano persi: sono stati ritirati fuori e ricantati da giovani…
Il canto contadino gode buona salute, però si è leggermente spostato… non si trova più la donna che battendo i panni canta, (usa l’aspirapolvere e tutti quelli che hanno a che
fare con le macchine sono handicappati), si è spostato sul
piano dell’intrattenimento, devozionale… certe volte lo
cantano allo stadio, si tratta comunque di un canto che ha
una funzione, una liturgia…
dossier
CA NTA RE LA
FA TICA
DI VIVERE
Intervista a 4 mani (3 di Bepi De Marzi, 1 di Sandro Bergamo)
S
i definisce un melodista, un
organista di campagna. Poi,
entrando nei particolari, si
capisce che ha sempre studiato tanto
e tanto cercato. Allora la sua caratteristica, come dicono gli amici, è
l’inquietudine; ma che qualcuno, più
severamente, classifica invece come
eterna insoddisfazione.
Da ragazzo ha suonato nei locali
notturni in Germania, poi ha insegnato Educazione Musicale nelle
scuole medie a tempo pieno. A Vicenza ha insegnato Organo e Composizione Organistica. A Padova è stato
docente di Didattica e di Solfeggio.
Ha fondato e diretto il primo Coro
Polifonico Vicentino. Ha suonato per
vent’anni il clavicembalo e l’organo
nei Solisti Veneti. Ha fatto il collaboratore pianistico nelle classi di Canto. Ha vinto tanti premi, ma non li ricorda. Ha ricevuto riconoscimenti
vari, ma non ricorda nemmeno quelli. Vive in collina, in una casa d’affitto molto isolata. La sua passione più
grande è scrivere articoli di costume
e di critica musicale. Gira a far conferenze sui dialetti veneti e, naturalmente, sulla musica. “Ormai sono
tutte autocommemorazioni”, dice. È
credente, ma non bigotto, e non sopporta le gerarchie. Ha lavorato per
anni con padre Turoldo nella speranza di rinnovare la liturgia cattolica,
ma in questo campo si considera
Bepi De Marzi
“uno sconfitto”. Gli abbiamo posto
qualche domanda pertinente e… impertinente.
Alle spalle della scelta compiuta di
farti autore per il tuo coro, quale
rapporto e quali esperienze ci sono
con la tradizione corale “popolare”
italiana e veneta?
Venivo, anche se ero molto giovane,
da profonde ricerche nelle tradizioni
della mia terra vicentino-occidentale,
con particolare attenzione alla letteratura popolare per l’infanzia. Avevo
assimilato bene le formule e le forme.
Mi avevano sedotto i modi minore di
certe filastrocche di chiara provenienza tosco-appenninica. I miei
primi canti hanno proseguito da quel
filone.
In che senso i canti di Bepi De
Marzi sono popolari?
Almeno la metà delle mie composizioni (e assicuro che non so quante
siano in totale) sono uscite dall’ambito corale per entrare nelle esecuzioni
spontanee, quasi da foglio volante, da
cantastorie, insomma. E pochi sanno
che si tratta di canti d’autore. E, a
parte Signore delle cime, cito alcuni
titoli: La contrà de l’acqua ciara, Fiore di Manuela, La Teresina, Joska la
rossa… Nell’adunata degli alpini a
Vicenza c’erano dei manifesti molto
belli sui luoghi vicentini della Prima
Guerra Mondiale: l’Ortigara, il Monte Fior, il Monte Verena, il Campomolon, il Grappa… e in
ciascuno venivano
riportati alcuni versi
dei canti che li celebravano, con il nome
dell’origine, o dell’autore. In quello
del Monte Pasubio,
sotto due versi miei,
con il riconoscibile
Bonborombon, c’era
scritto “Autore anonimo del 1917”.
E quelli meno popolari?
Quelli pensati per un
effetto esclusivamente polivocale.
Anche qui posso dire alcuni titoli: Jola, Le voci di Nikolajewka, L’acqua
ze morta, Scapa oseleto… Sono eseguibili solo da gruppi organizzati e
non c’è una melodia chiusa, come
non c’è un testo strofico. Io le chiamo
confezioni, dove l’ispirazione è al
servizio dell’effetto corale.
Il carattere popolare dei tuoi canti
riguarda il testo, la musica, l’ambiente descritto?
Come dicevo, il primo aspetto che li
fa avvicinare al mondo della musica
spontanea è la melodia che mi permetto di definire di ispirazione tradizionale, fortemente tonale, come tutto l’impianto armonico. I testi raccontano sempre qualcosa di preciso
e, a differenza delle invenzioni autenticamente popolari, hanno qualche
pretesa poetica. Ho sempre cercato di
cantare la mia terra e la mia gente; ho
perfino inventato fiabe, come quelle
di Maranina, di Licabella, o quella di
Resténa per salvare una piccola valle,
vicino al mio paese, da una terribile
cava di basalto.
Come accolgono i tuoi coristi le
composizioni che via via proponi
loro? E hanno accettato facilmente
fin dall’inizio l’idea di farsi interpreti unicamente delle composizioni del loro maestro o la novità ha
incontrato resistenze?
Il mio coro è stato fondato e impostato subito sul repertorio della Sat, da
alcuni appartenenti al Cai di Arzignano. Avevo già cominciato a scrivere
canti, ma i ragazzi nemmeno lo sapevano, o quasi. Il direttore del coro
Amici dell’Obante di Valdagno,
Gianni De Toni, ne ha incisi alcuni
fin dai primi anni Sessanta nei dischi
“Cante nostre”, dove venivano proposte anche delle ottime elaborazioni
corali di Vere Paiola su canti tradizionali vicentini. Il mio gruppo, da “Coro del Cai” era diventato “I Crodaioli” su proposta di Carlo Geminiani,
l’autore dei testi di alcuni dei miei
primi canti. Il primo presidente, il notaio Mario Pagani, un generoso alpino della Divisione Monterosa, ha
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dossier
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suggerito ai coristi l’idea di abbandonare il repertorio Sat per cantare soprattutto le mie storie. Ne avevo già
composte una trentina. La proposta è
stata accolta e a nessuno è mai venuto in mente di discuterla. Qualcuno
dell’ambiente corale amatoriale mi
ha accusato “di non saper interpretare altro che me stesso”. Ma non si era
accorto forse che c’erano già altri
gruppi che avevano impostato il repertorio esclusivamente sulle elaborazioni dei loro direttori, basti pensare a Gianni Malatesta con il Coro Tre
Pini e a Paolo Bon con il Coro Monte Cesen.
Nei tuoi concerti, ora proponi soprattutto le composizioni più recenti, quelle degli ultimi vent’anni,
dedicando poco spazio a quelle
precedenti. Perché questa scelta,
che immagino non voglia rinnegare
il lavoro iniziale?
I ricambi nei Crodaioli sono stati
piuttosto frequenti, con il sacrificio
generoso e intelligente di quelli che
diventavano “anziani”. Attualmente,
l’età media dei coristi è piuttosto giovane, e le voci sono molto brillanti.
Sono loro che mi chiedono una sempre maggiore attualizzazione dei contenuti, come dire la massima attenzione anche ai problemi che ci circondano. Ma per loro, per le loro
possibilità, ho anche rielaborato canti del mio primo periodo. Nel nono
CD ho perfino proposto vecchi canti
miei, ma all’unisono, o con accompagnamento della chitarra e della fisarmonica, nella speranza che il mondo
degli alpini ritorni a cantare liberamente, con la spontaneità dei tempi
felici, senza delegare ai cori il cantare ufficiale, come purtroppo accade
in chiesa, dove le assemblee sono
sempre più mute, mortificate dall’invasione dei gruppuscoli che intonano
cose orrende, scritte da pessimi dilettanti o da professionisti, preti e frati,
senza poesia, senza umiltà e soprattutto senza fede.
Ma non hai chiarito il perché dell’abbandono di certi canti lontani.
Non li sconfesso, certo, ma alcuni argomenti li ho proprio dimenticati.
Non posso mettere La Teresina e Mama Piero me toca accanto a Improvviso o a Cantare che dice così: “So
dove l’erba nasconde la rugiada, so
dove i grilli accordano i violini, so
dove il vento si ferma quando trema,
so dove nasce la voglia di cantare”.
L’ho fatto dopo che per otto mesi
avevo sospeso l’attività del coro per
protestare contro il Veneto divenuto
xenofobo e razzista, oltre che vergognosamente volgare.
Ma insisto nel sottolineare come i
cori che cantano De Marzi sembrano molto più attaccati, dell’autore,
al suo consolidato repertorio.
Lo sto cercando da qualche tempo
anch’io, il vero perché. Talvolta si
tratta di poca voglia di rinnovamento;
altre volte, magari, di attaccamento,
di affetto profondo per un tempo che
non c’è più. Mi accade spesso che
dopo un concerto qualcuno venga a
rimproverarmi perché ho cambiato
gli andamenti, perché ho stravolto
l’espressività, anche, e qui non so cosa pensare, perché ho fatto le presentazioni “diverse dall’altra volta”.
Ti ritrovi nei tuoi “interpreti”?
Le interpretazioni più interessanti e
più aggiornate vengono dai cori misti. C’è, dalle mie parti, un docente di
conservatorio, Lorenzo Signorini,
che ha realizzato delle sapienti trascrizioni per piccola orchestra con il
coro I Polifonici Vicentini di Pierluigi Comparin. Quando posso vado a
presentare i concerti che diventano
soprattutto un ampio racconto di vita.
Versioni per grandi orchestre sinfoniche e grossi cori sono state proposte
un po’ ovunque, come in Polonia, in
Bulgaria, in Australia, in Russia, in
Giappone. Gli adattamenti nelle diverse lingue non si contano più, perfino in finlandese, a opera del maestro Heikki Vaananen di Helsinki. Discuto molto raramente le interpretazioni che mi vengono proposte dagli
altri cori. L’unica raccomandazione
che mi permetto è che non si ceda alla tentazione di rallentare gli andamenti. Il corso sull’interpretazione
dei miei canti, organizzato nello scorso autunno da Ilario Sedrani con il
Coro Plose di Bressanone, ha visto
una notevole partecipazione di direttori e di coristi. Io ero perfino imbarazzato, oltre che felice.
Come giudichi il tuo successo?
Credo che i miei canti vengono accettati per la loro semplicità, per la
loro cantabilità, magari anche per la
convinzione dei testi. C’è un maestro,
in Val Camonica, Francesco Gheza,
che scrive cose sublimi sulle mie
composizioni. E talvolta esagera. So
di essere considerato, qua e là, un autore troppo facile, poco moderno, un
decadente, un sentimentale, un postromantico, addirittura, come è stato
detto in un convegno corale, “un freno per l’evoluzione della coralità”.
Del resto, usare le dissonanze, o giocare nel suggestivo spazio di un cluster, è abbastanza facile, perfino comodo. Io punto sempre sulla cantabilità. E sulle concatenazioni tonali. I
miei coristi sono degli amatori,
com’è per la grande maggioranza dei
cori. A me non interessa più di tanto
passare alla storia. Mi basta che ogni
giorno sia possibilmente diverso dal
precedente. Ho sempre il timore di
annoiare, e di annoiarmi. Mi basta
convincere chi mi conosce che ho
sempre lavorato tanto e che non sono
stato al servizio di nessuno: sono un
uomo libero e sto con i poveri del
mondo.
Corollario della domanda precedente: quanto c’è di “esportabile”
nel modello Crodaioli/De Marzi e
quanto è invece insito nel suo essere coro veneto a voci virili nato negli anni Sessanta?
Il Veneto, che si crede libero nel cosiddetto Nordest, non esiste quasi
più, tanto è stato snaturato dalla corsa al denaro e dalle volgarità della
nuova politica.
Io non ho mai pensato, o preteso, di
diventare “esportabile”. Vocalmente
parlando, la mia caratteristica principale è una certa forza spontanea con
la marcata ricerca dei contrasti dinamici. I miei coristi, cantando, si muovono liberamente, quasi a comunicare anche visivamente la passionalità.
Ricevo delle critiche, per questo, ma
a noi viene così. Ci criticano anche
perché cambiamo quasi ogni anno la
divisa corale, che indossiamo cinque
secondi prima di cantare e che togliamo subito dopo il concerto. Ma il cosiddetto “modello Crodaioli/De Marzi”, qualora ci sia, è soprattutto la
consapevolezza che cantare in coro
non è un divertimento, che costa fatica e sacrificio. Nei nostri viaggi non
portiamo mai parenti o accompagnatori. E anche questo è un fatto che
può sorprendere. Ma non vogliamo
che gli impegni si trasformino in gite
di piacere. Si va per raccontare, per
far pensare, magari per protestare
contro le molte ingiustizie. Si torna
stanchi, sempre, addirittura sfiniti,
ma con la consapevolezza di avere
cantato la fatica di vivere, magari anche la fede e le piccole felicità.
dossier
TRA
“COLTO” E “POPOLA RE”
A PPUNTI SUL COMPORRE
di Renato Miani
I
l canto popolare ha affascinato ed ispirato compositori
di tutte le epoche. Mi vengono in mente situazioni più o meno
note: le messe rinascimentali su
L’homme armé, alcuni lavori bachiani come la Fuga in Sol minore BWV
542 o la Variatio 30 (Quodlibet) delle Goldberg-Variationen. Nell’Ottocento, la riscoperta del patrimonio
popolare diventa uno dei fondamenti dell’estetica romantica: tra i lavori
più noti, si annoverano i Volkslieder
e il Geistliches Wiegenlied di
Brahms. Soprattutto nell’area slava,
tale orientamento ha determinato
una svolta significativa, che si è
identificata nelle cosiddette “scuole
nazionali”, entro le quali spiccano
le personalità di Dvořák e soprattutto di Musorgskij. La personalità
di quest’ultimo si riflette poi sull’opera di Debussy, il quale si lascia sedurre anche dalle musiche popolari
giavanesi.
Parallelamente nell’area tedesca incontriamo lavori come la Prima
Sinfonia di Mahler ed ancora il II
Quartetto di Schönberg, e più tardi il
Violinkonzert di Berg.
Ancora nell’area slava, appaiono
emblematiche le figure di Bartók e
Kodály, allo stesso tempo compositori ed etnomusicologi.
Nel secondo Novecento, ricordiamo
i Folksongs di Berio o gli Études
pour piano di Ligeti (dove ha un rilievo particolare il fenomeno ritmico, influenzato dalle musiche del
Centro-Africa) …
Ma naturalmente, ciò che ci interessa in modo particolare in questa sede è l’ambito della musica corale,
veicolo primario e privilegiato, dove
è sicuramente incalcolabile il numero dei lavori che in qualche modo
gravita attorno al mondo popolare,
tra armonizzazioni, elaborazioni e
brani originali.
Lo stesso concetto di (canto) popolare può infatti essere inteso in due
modi: da un lato un brano di origine
ignota, che, proprio grazie alla sua
“anonimità”, diventa “espressione”
di un popolo; dall’altro una composizione d’autore che volutamente riprende gli elementi caratteristici tipici del caso precedente.
Gli esempi che ho citato all’inizio
offrono una panoramica abbastanza
ampia su quello che può essere l’atteggiamento del compositore di
fronte a questo materiale (mi viene
in mente un’affermazione del “nostro” Verdi: “tornate all’antico e troverete il nuovo”).
Nel caso più “semplice”, l’intervento del compositore si limita (e certo
sapersi “limitare”, non è cosa di poco conto) ad armonizzare o a creare
una determinata trama sonora sotto
od attorno alla linea melodica: è il
caso di lavori come i Volkslieder
(destinati anche al coro) di Johannes
Brahms. L’intervento di Brahms è
assolutamente straordinario nel
creare un perfetto equilibrio tra la
personalità del compositore e la
semplicità dei canti utilizzati (tutto
appare assolutamente brahmsiano, il
che è testimone di quanto la produzione di quest’autore sia intrisa di
elementi popolari). Economia e delicatezza sembrano essere tra i fattori
determinanti di questa operazione.
Del tutto particolare l’operazione
condotta da Gustav Mahler nel III
Movimento della Prima Sinfonia,
dove riecheggia la melodia del noto
canone “Fra’ Martino campanaro”,
trasposta in minore. Siamo in una situazione opposta rispetto a Brahms:
il compositore si impossessa di
un’immagine comune e la distorce,
nell’intento di creare nuovi significati espressivi. Lo stesso autore ebbe a dire a proposito di questo passo: “…davanti al nostro eroe passa
un funerale, e lo afferrano tutta la
miseria e lo strazio del mondo con i
suoi stridenti contrasti e la sua atroce ironia…”.
Nell’ultima delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach e nel
II Movimento del Violinkonzert di
Alban Berg, il materiale popolare
viene utilizzato, con intenti diversi
“solo” come citazione. Nel primo
caso si trattava di chiudere in maniera scherzosa il ciclo delle 30 variazioni mescolando le melodie di due
canti popolari di argomento diverso
(“Cavoli e rape mi hanno
scocciato…” e “Da lungo tempo non
sto insieme a te…”) com’è tipico del
Quodlibet, assecondando le aspettative del committente; nel secondo,
invece, il clima essenzialmente
drammatico dell’opera viene come
sospeso, alla fine di un “fantastico
girotondo”, dall’irrompere di un
canto popolare carinziano (che si intromette arditamente in un clima sonoro a metà strada fra dodecafonia e
tonalità).
Per quanto riguarda Bartók e, di riflesso, Kodály, basterebbe citare il
titolo di un articolo che avevo letto
anni fa su Das Orchester, che suonava più o meno così: “La musica dei
contadini: il paradiso di Bartók?”
Il rapporto di Claude Debussy con
l’arte popolare è quanto mai particolare: un ambiente di estrema raffinatezza sembra escludere quasi a priori la possibilità di un utilizzo diretto.
Tuttavia anche se mediato, questo
repertorio ha avuto un certo rilievo
soprattutto sul piano tecnico: già si è
detto dell’influsso esercitato su Debussy da Musorgskij, che ha agito su
alcuni aspetti fondamentali della
tecnica compositiva: armonia - melodia - ritmo (in questo caso è il russo a “fungere” da filtro); rimane da
sottolineare come la tecnica della
composizione “a strati” che nel francese riveste un ruolo talvolta fondamentale, venga mutuata proprio dalle tecniche e dalle particolarità strutturali delle musiche giavanesi.
Analoghe considerazioni si possono
fare attorno ai lavori di Ligeti: anche
qui i materiali etnomusicali costituiscono solo uno degli aspetti - pur
fondanti - di una struttura assai variegata e complessa (ma simili considerazioni si potrebbero fare anche,
ad esempio su una qualsiasi forma di
danza tolta da una Suite bachiana).
Infine, abbiamo composizioni in cui
13
dossier
il canto popolare rappresenta una
sorta di pretesto che dà origine a
strutture di particolare complessità,
in cui lo stesso materiale viene “inghiottito” dalla trama sonora.
Un caso è quello delle composizioni
su cantus firmus, come ad esempio
le messe che hanno come tenor la
melodia profana L’homme armé.
Molti i compositori che hanno utilizzato questo materiale per i loro
edifici polifonici: Dufay, Ockeghem, Despréz, Obrecht, Brumel,
Palestrina…
In queste composizioni il materiale
tematico serve allo stesso tempo da
base strutturale per la costruzione
ed allo stesso tempo garantisce l’unità di una struttura così ampia e articolata.
Interessante pure l’esempio della
Fuga in Sol minore BWV 542 di Bach, il cui soggetto è stato modellato
sulla melodia popolare olandese
“Ick ben gegroet”. Pur in un contesto essenzialmente diverso, la funzione del materiale è simile al caso
precedente.
14
Parallelamente ai problemi strutturali si pone la questione del linguaggio, che nel caso della musica destinata al coro è particolarmente delicata. Questo non significa che il
compositore debba modificare il suo
mondo sonoro a seconda del destinatario; significa semplicemente entrare in un certo ordine di problemi.
È da premettere che la proliferazione di linguaggi e stili è uno degli
aspetti più interessanti ed allo stesso
tempo più problematici della musica
del Novecento. Se fino all’epoca di
Mozart non è legittimo parlare di
linguaggio di un determinato autore
ma di linguaggio dell’epoca, a partire da Beethoven, la convergenza di
più fattori ha determinato una crescente tendenza all’individualismo.
L’esigenza di essere originali ha
raggiunto livelli esasperati nel secolo scorso, al punto che per molti addetti ai lavori questo sembrava essere l’epicentro di tutte le questioni.
L’effetto di alcuni “diktat” emanati
da personaggi che in qualche modo
hanno assunto un ruolo da protagonisti, è stato poi ulteriormente appesantito da quella categoria di persone che, piuttosto di pensare con la
propria testa, preferiscono fungere
da amplificatori, sigillando senza di-
scernimento ma “autorevolmente”
le ragioni di chi ha assunto una posizione determinante.
Si è voluto far tabula rasa del passato e sul passato nell’utopia di una
palingenesi (ma Tabula rasa è anche il significativo titolo di una
composizione di Arvo Pärt, che a
sua volta aveva fatto, appunto, tabula rasa di tutto ciò che, per motivi
spesso estranei alla musica, ci si
sentiva obbligati a fare a partire dagli anni ’50…).
Comunque, concludendo questo discorso, non ritengo che quello del
linguaggio sia aprioristicamente un
problema: la questione è sempre legata all’uso che se ne fa e alle motivazioni, che devono essere sempre
profonde e non di circostanza (per
me sono capolavori sia Super flumina Babylonis di Palestrina, che Lux
Aeterna di Ligeti.
Tornando al mondo della coralità, si
può affermare che, sinteticamente,
esistano due categorie di compositori che si dedicano al coro: in primis i
compositori-direttori che vivendo
quotidianamente le problematiche
dello “strumento-coro” sono in grado di affrontare la situazione nella
maniera spesso più efficace. Poi
vengono quelli come il sottoscritto,
che hanno un rapporto occasionale
con i cori e quindi tendono ad avere
una visione più astratta.
Queste due categorie sono spesso in
conflitto ma entrambe hanno i propri limiti: da una parte il tecnico tende a piegare le esigenze compositive
alla resa “strumentale”, il che limita
spesso e in maniera significativa il
potenziale escursus del brano; d’altro canto il rischio di chi opera in
maniera più astratta è di creare un
prodotto poco funzionale (nei casi
estremi si parla di “musica sulla
carta”).
Certo le potenzialità spesso “represse” delle compagini corali, possono
“irritare” la sensibilità dei compositori, ma a me pare che in Italia ci sia
ben altro di cui lamentarsi e tutto
sommato il mondo della coralità si
dimostra molto più vivace di quello
istituzionale (la cui logica gestionale
– se mai esistesse – parrebbe tendenzialmente improntata alla (auto) distruzione).
La mia idea è che bisogna convivere
con i mezzi che abbiamo a disposi-
zione, senza accondiscendere eccessivamente ed allo stesso tempo senza forzare troppo. Ostacoli troppo
grandi creano situazioni infruttuose
ma anche il totale adeguamento è
tutto sommato abbastanza sterile.
Riprendendo il discorso sul rapporto
compositore-canto popolare, che comunque è sempre il filo che lega tutte queste digressioni, vengo a parlare brevemente delle mie esperienze
dirette.
Un primo lavoro che vorrei citare è
Un fil di vous per coro virile, su testo di P.P. Pasolini, dove ho utilizzato un materiale di impronta popolare
nell’intento di ricreare un clima analogo a certi lavori pasoliniani in dialetto casarsese.
Poi è stata la volta di due arrangiamenti di altrettanti canti popolari
della Val Resia, sempre destinati al
coro virile: Dolüs te biske jasane e
Da lipa mö ma Solbiza.
Nel caso di Dolüs te biske jasane il
problema principale era costruire
una arcata molto ampia, dovuta alla
lunghezza del testo, con un materiale sonoro che non esiterei a definire
minimale (la melodia era formata da
due frasi quasi identiche basate su
sole quattro note): la soluzione l’ho
trovata – tanto per cambiare – nella
letteratura, e in particolare in un lavoro di Bach: la Passacaglia in Do
minore per Organo. Il problema di
Bach era molto simile al mio: anche
nella struttura della passacaglia vi è
il pericolo della frammentarietà (ad
es. non completamente superato nel
finale della IV Sinfonia di Brahms).
Il Kantor aveva risolto la cosa regolando le 20 ripetizioni del basso ostinato attraverso una sovra-struttura
speculare:
Tema // variazioni 1 2 // 3- 4 - 5 //
6 7 8 // 9 // 10 11// 12 // 13 14 15
// 16 - 17 - 18 // 19 20
caratterizzata dalla presenza di 14
gruppi (dove il 14 rappresenta una
specie di firma).
Nel mio brano ho creato quattro
grandi sezioni caratterizzate da altrettante scelte compositive, che
vanno dal graduale passaggio dall’omofonia ad una compiuta accordalità della prima parte (soluzione che
tra l’altro mi ha permesso di risolvere anche eventuali problemi mnemonici dovuti alla lunghezza del bra-
dossier
no), alla svolta timbrica e tonale
della seconda parte, alla rilettura
ancora più inaspettata della terza
parte, contrassegnata dall’uso del
modo eolio e da effetti pedale; nel
finale si segnala il ritorno alle sonorità iniziali arricchite da nuove
soluzioni contrappuntistiche.
Nel caso di Da lipa mö ma Solbiza, a fronte di una melodia più interessante e di un’estensione del
testo più contenuta, ho addottato
soluzioni più semplici, quali l’eterofonia e la semplice armonizzazione (ma non sono del tutto soddisfatto del risultato): in sintesi ho
lasciato che la linea melodica in
un certo senso si “proiettasse” nella dimensione verticale, intervenendo contrappuntisticamente o
variando l’armonia solo laddove
era necessario inserire elementi di
novità.
In nessun caso sarei ricorso ad un
certo tipo di sofisticazioni armoniche, del tutto estranee alla linea
melodica, che determinerebbero
una frattura tra la dimensione verticale e quella orizzontale.
Recentemente ho composto un
trittico (Rosaianskä Düsä / Anima
resiana) su testi in resiano di Sergio Chinese.
Si tratta di tre brevi pezzi che rappresentano altrettante sfaccettature della gente e della vallata resiana, dove sia il testo che la musica
sono originali, pur rifacendosi in
parte alle ambientazioni tipiche
(musicali e poetiche) della cultura
locale.
In particolare si va dal descrittivismo di Plänynä (tavolo), più vicino al folklore locale, a Matë (madre), dove la ricerca degli “affetti”
è caratterizzata da un utilizzo intensivo dell’appoggiatura, elemento che incide in modo significativo sul tessuto armonico. A
conclusione Rosajanskë Sluvëk
(gente resiana), riflette sul passato e sul presente della vallata, segnato dalla svolta post-terremoto,
che ha decretato una profonda rivoluzione sociale ed economica.
Musicalmente si caratterizza per
una certa frenesia ritmica che, rispetto ai brani precedenti, rappresenta simbolicamente “la fretta
che ci accompagna” nella vita di
oggi.
IL PROGETTO
“EN CLA VE NEGRA ”
di Carlo Frascà
Q
uesto scritto è la descrizione di un progetto musicale denominato “En Clave Negra” basato sulla transculturazione storica avvenuta nel
’500/’600 tra l’Europa e l’Africa
Nera nei “limiti” geografico-culturali dell’isola di Cuba. Tale progetto è stato ideato e realizzato da ArlesianaChorus, un complesso vocale strumentale costituito da un ensemble vocale di 6 elementi (Paola
Agrippa, Manuela Dimasi, Manuela Cricelli, Stefania Murdocca,
Claudio Figliomeni, Antonio Mazzuca), un ensemble percussivo di 6
elementi caratterizzato dall’utilizzo dei tradizionali tamburi batà
(Fabrizio Bigioni, Andrea Di Pierro, Daniel Chavarria, Franco Frascà, Antonio Nigro), e un ensemble
strumentale (Domenico Gervasi al
flauto, Daniela Bonvento alla viola
e lira calabrese, Francesco Loccisano alla chitarra) diretti da Humberto “Pelicula” Oviedo, santero
cubano responsabile della parte
percussiva, e da Carlo Frascà autore/arrangiatore dei brani.
I materiali musicali, utilizzati per
la realizzazione di una riscrittura
unitaria, sono brani tratti dalla
tradizione rituale della Santeria cubana e rituale-processionale calabrese.
La musica in funzione rituale è il
comune denominatore a cui si fa riferimento in questo lavoro.
Il materiale calabrese è costituito
da canti religiosi a una o due voci,
in forma di discanto, che servono
di fatto a segnare il passo dei pellegrini durante i lunghi spostamenti
verso particolari luoghi di culto.
Sono caratterizzati da moduli
ritmico-melodici ricorrenti nel sud
Italia, con spiccata prevalenza
modale.
La musica rituale della Santeria cubana è basata precipuamente su un
organico percussivo composto da
tre suonatori di tamburi a doppie
bocche asimmetriche, denominati
“batà”; un “brano” in effetti è una
sequenza di “toques”, moduli ritmici molto complessi risultanti
dall’incastro dei ritmi realizzati dai
tre “bateros”. Su questi ritmi si innesta solitamente un canto monodico in genere di carattere antifonale, il tutto in una progressione co-
15
dossier
16
stante ed inesorabilmente mirata al
raggiungimento della trance, battutta dalla “clave”.
La “Clave Negra” è il sistema metrico di base della musica afro-cubana esportata a Cuba dagli schiavi
negri deportati dagli spagnoli.
Un sistema incredibilmente “instabile”, per il nostro quadrato undue-tre-quattro, che annovera in sé
il 3:2 in una sorta di “tao ritmico”
dal perfetto “equilibrio dinamico”,
escludendo di fatto la possibilità
della stasi.
Savrapponendo, come in un gioco
di veline, questa entità metrica ai
motivi ritmico-melodici della nostra tradizione musicale questi ultimi sembrano assumere una energia
nuova, inaspettata. Il disallineamento metrico-ritmico permette
una sorta di comparazione estemporanea del materiale ritmico-melodico che di fatto permette ai moduli formali stabiliti dalla tradizione di risorgere dalle tenebre della
previsione stereotipica.
A fronte di un iniziale disorientamento, l’attenzione continua alla
ricerca dell’arsi e della tesi pone
l’ascoltatore in una condizione
ideale per ri-conoscere ciò che la
presunzione del noto aveva affatto
obliterato.
Tale sovrapposizione è già avvenuta quando i ritmi africani esportati
si sono fusi con la tradizione musicale europea indotta dalla dominazione spagnola. Ne è nato quello
straordinario fenomeno culturale
che è la musica cubana che a fronte di una sorgente di irradiazione di
poche migliaia di kilometri quadrati si è diffusa in tutto il modo contemporaneo come prototipo ed archetipo stesso della musica popolare per danza. Ma a ben guardare
l’influenza ritmica di Cuba non è
certo cominciata ora, uno dei brani
più noti della Carmen di Bizet
è scritta in forma di Habanera (dove Habana è proprio la capitale
cubana).
Cosa è avvenuto in quest’isola caraibica? La tradizione musicale ancestrale dell’“ombelico del mondo”
Le componenti femminili dell’ArlesianaChorus
africano si è reincontrata con la sua
progenie europea. Due filoni diversi, la stessa esigenza espressiva. Da
un lato l’apparentemente grossolanità dei tamburi e la prevalenza
della fisicità ritmica, dall’altro la
tendenza al melodismo e alla determinazione armonica.
È esattamente questo che tentiamo
di fare nel nostro disco, ricreare
una miscela fatta di energia ritmica
ed elaborazione melodico-contrappuntistica, per dare la giusta luce
nelle sale da concerto ed anche all’ascolto discografico al materiale
musicale popolare.
La musica popolare ha infatti bisogno del suo ambiente, dei suoi colori, dei suoi sapori e forse anche
della sua gente. La decontestualizzazione depaupera, spesso fatalmente, la portata estetico-espressiva della musica etnica ed un ascolto “fuori luogo” rischia addirittura
di rendere incomprensibili gli
aspetti semantici e la carica emotiva che la accompagnano. Riprodurre o utilizzare del materiale musicale popolare comporta il dover
tenere presente questo dato fondamentale. La nostra chiave reinterpretativa-rigenerativa si basa, piuttosto che sulla modernizzazione,
sulla fusione di elementi puri ma
differenti, i “toques” ritmici sono
originali, le melodie popolari sono
riportate integralmente, la “sofisticazione” armonica che qualcuno
potrebbe leggere è il frutto di un
filtro contrappuntistico che è stato
applicato nella riscrittura del materiale, contrappunto che fioriva nella musica “colta” occidentale proprio nel periodo storico teatro dei
fenomeni trasculturanti sopra descritti.
Il ritmo, per noi, è stata la vera scoperta. Ciò da cui il percorso estetico-culturale europeo si è in qualche
modo allontanato nel tentativo di
raffinarsi elevandosi dalla “terra”,
ritorna, forte, a rivitalizzare e a
rimettere in luce le sorgenti emozionali uniche dell’espressione
musicale.
L’ultimo brano del disco “En Clave
Negra” vol. 1 è un po’ una provocazione ma non è nata da una forzatura e incarna in sé, forse meglio
di tutti gli altri brani, lo spirito del
nostro lavoro pur essendo l’unico
brano con “sorgenti” non popolari.
L’Ave Maria di L. Da Victoria
splendido esempio di raffinato contrappunto melodico si sposa, nelle
nostre intenzioni e per il nostro
sentire, con quattro differenti “toques” batà, tracciando a contorni
netti “la terra” su cui si svolge la
danza dell’intuizione melodica armonica, dell’intelletto, e che restituisce all’arte il suo profondo
senso e-motivo.
nova et vetera
LORENZO PEROSI (1872-1956)
“DIGNA RE ME”, PER CORO MISTO A
SEI VOCI
di Walter Marzilli
L
a scelta di Perosi da parte della redazione di Choraliter è stata fortemente influenzata dai festeggiamenti che si svolgono in tutta Italia in occasione
della ricorrenza del cinquantesimo anniversario
della morte di Mons. Lorenzo Perosi. Il brano “Dignare
me” mi fu invece segnalato alcuni anni fa dal preside del
Pontificio Istituto di Musica Sacra, Mons. Valentino Miserachs Grau, in occasione di una tournée all’estero del Coro
Polifonico dell’istituto stesso. Si tratta di un lavoro di grande fascino sonoro a sei voci miste (SCTTBB), che conta 43
battute in tempo di 4/2, il cui spartito è conservato nella Biblioteca Vaticana.1 Il brano suona con la massima invadenza emotiva se lo si esegue nei grandi spazi chiusi nei quali
è stato concepito.2
Il testo, brevissimo, è molto significativo:
“Dignare me laudare te, Virgo sacrata.
Da mihi virtutem contra hostes tuos.”3
È ovvio che, per quanto riguarda i due versanti della presente rubrica Nova et Vetera, il brano di cui parliamo appartiene al secondo dei due: vetera. E questo non tanto per
l’età del brano stesso - che pure risale ormai al “secolo scorso”4 - quanto per alcuni stilemi compositivi che sottostanno
alla scrittura musicale che lo ha generato.
Primo fra tutti: l’accuratissima attenzione alla parola e al rispetto del peso delle diverse sillabe che la compongono. Si
tratta di una antica consapevolezza interna all’atto compositivo stesso, che nacque insieme con la musica corale stessa e che raggiunse il suo apice all’epoca d’oro della polifonia rinascimentale. Essa è così imprescindibile dalla composizione al punto che anche oggi, dopo tanti secoli, un
compositore che si ponga di fronte a un testo da musicare
senza voler anteporre la voglia di sperimentare alla sostanza indiscussa e indiscutibile della parola, non può ancora
farne a meno. Sotto questo aspetto possiamo riconoscere
come Mons. Perosi sia profondamente un uomo del passato. È sufficiente scorrere appena le prime parole del brano
(Fig. 1) all’interno di una delle sei voci che lo compongono
per capire come la melodia si sia manifestata nella mente di
Perosi dopo che egli aveva avuto il tempo di soffermarsi sul
testo e di assaporare l’intima musicalità delle parole che
1
2
3
4
aveva davanti. Il resto viene da solo; basta non opporsi allo
scorrere dei suoni all’interno della propria mente, dopo aver
respirato a lungo tanta musica corale e tante parole musicate. Poi tutto diventa naturale.5
Fig. 1
Si noterà la grande attenzione del compositore nell’assecondare il peso delle diverse sillabe e nell’evidenziarne il
ruolo all’interno della parola. Quelle accentate sono infatti
sempre fatte oggetto di una cura particolare, e rivestite di
un’attenzione che accredita loro una lunghezza maggiore o
un melisma che le metta in evidenza (può bastare un pes o
una clivis), oppure una elevazione melodica che le distingua
o la coincidenza con il battere piuttosto che con il levare.
Può capitare che la disposizione della melodia non permetta che la sillaba accentata possa contare su una elevazione
melodica, la qual cosa costituisce la soluzione migliore per
sottolineare l’accento che essa possiede: in quel caso Perosi non manca di utilizzare una della altre soluzioni, o più di
una contemporaneamente, come mostrato in fig. 2.
Fig. 2
In altre occasioni il compositore è attento a non far coincidere l’ultima sillaba atona di parola con un tempo forte e/o
una elevazione melodica. Si noti a questo proposito come
egli ponga diversamente le sillabe sulla nota più acuta della
stessa scala ascendente affidata ai Soprani prima alle battu-
Gli esempi riportati in questo lavoro sono tratti dalla trascrizione su computer operata da P. Aurelio Zorzi.
Il brano risale agli anni in cui Mons. Perosi lavorava in S. Pietro a Roma, come direttore del coro della Cappella Sistina.
“Degnati di accogliere le mie lodi, Vergine consacrata. Dammi forza contro i tuoi nemici.”
Il brano è registrato negli archivi della SIAE, dove è stato depositato in data “1938-11-22” (sic). Per pura curiosità, non sfuggirà agli
appassionati di enigmistica il fatto che la data del deposito in SIAE mostri curiose assonanze e singolari allitterazioni con la data di nascita e quella di morte di Perosi, rispettivamente 21-12 e 12-12…
5 Eseguendo musica di alcuni autori moderni anche molto famosi, può facilmente capitare di imbattersi in sillabazioni improbabili o in
accenti di parola non in sintonia con quelli della battuta, o viceversa. In questi casi certamente stento a credere che si tratti di superficialità (sto pensando veramente a grandi nomi…), quanto della mancanza di frequentazione con la materia corale ed il costrutto verbale. Nella musica strumentale, infatti, questi compositori eccellono. Un caso diverso è quello dei compositori francesi i quali, per la
particolare condizione lessicale della propria lingua, così tanto legata allo spostamento dell’accento sull’ultima sillaba della parola, finiscono per “sentire” nello stesso modo anche le lingue estere, compreso il latino della loro musica sacra, e “sbagliano” continuamente gli accenti della melodia.
17
nova et vetera
te 6-7 (fig. 3) e subito dopo alle battute 8 e 9 (fig. 4).
Fig. 3
Fig. 4
18
Nell’immaginario collettivo anche di chi non fa musica in
modo diretto e magari non è più giovanissimo,6 il nome di
Lorenzo Perosi è immediatamente associato alla Missa Pontificalis e alla Missa Secunda Pontificalis. La prima fu scritta addirittura nel 1897, la seconda nel 1906: stando strettamente ai secoli, rispettivamente due secoli fa e il secolo scorso! È quindi assolutamente giustificato pensare a Perosi come ad un compositore del passato, soprattutto se pensiamo
che negli anni in cui egli scriveva (o depositava alla SIAE) il
suo Dignare me, Goffredo Petrassi stava scrivendo il suo Coro di morti, e Dallapiccola aveva già scritto da due anni i suoi
Cori di Michelangelo Buonarroti il Giovane.
Anche la scelta di utilizzare il tempo di 4/2 può essere collegata con la prassi polifonica antica, abituata alla scrittura con
le note bianche e larghe. Ottime in questo caso per infondere anche all’occhio il senso di sereno abbandono necessario
per pronunciare le belle parole del testo alla “Vergine consacrata”. Aggiungiamo il trattamento del Sib in chiave, che diventa bequadro quando si trova all’interno di una scala
ascendente. Questa ambiguità, seppure calata in un impianto
armonico di stampo tonale, tanto ricorda la mobilità del SibSi bequadro del protus in RE nella prassi polifonica rinascimentale.
Perosi è quindi profondamente figlio del suo tempo, ma con
lo sguardo rivolto tendenzialmente al passato, soprattutto dal
punto di vista contrappuntistico. La sua continua frequentazione con la polifonia antica durante l’espletamento delle sue
funzioni di maestro di cappella prima nell’Abbazia di Montecassino, poi nel Duomo di Imola, quindi nella Basilica di S.
Marco a Venezia e infine alla Cappella Sistina in Roma lo dovette certamente formare in modo saldo entro i principi del
movimento canonico delle parti e del contrappunto più severo.7 Questa formazione lo accompagnerà per tutta la vita, privandolo delle possibilità espressive legate alle soluzioni
compositive più moderne e spregiudicate dei suoi contemporanei. D’altra parte Perosi non è figlio del suo tempo solo dal
punto di vista strettamente compositivo e contrappuntistico,
ma in senso lato. Egli è figlio della Chiesa Cattolica Romana, del conservatorismo respirato durante il soggiorno a Ratisbona, della coabitazione a Roma a fianco di ben cinque
pontefici durante il magistero in Cappella Sistina,8 senza dimenticare inoltre la contemporaneità con la Prima Guerra
mondiale, il Ventennio fascista e anche la Seconda Guerra
mondiale. Se si pensa infine che al tempo della sua nomina
come direttore perpetuo della Cappella Sistina il coro comprendeva tra i cantori di ruolo ancora numerosi castrati, allora si ha subito un’idea della collocazione non solo temporale
ma soprattutto stilistica ed estetica del suo agire musicale…
Oltretutto il suo lungo magistero alla guida delle più importanti cappelle musicali italiane si protrasse attraverso un lunghissimo periodo, durante il quale la Chiesa era immersa in
solenni liturgie intrise di un profondissimo senso del sacro.
Le sperimentazioni audaci e le novità travolgenti erano guardate con estremo sospetto, per non dire che fossero assolutamente vietate. A questo proposito occorre ricordare la potente sferzata che l’allora pontefice Pio X volle dare a tutto
l’ambiente della musica sacra con la promulgazione del suo
famoso Motu Proprio Inter sollicitudines del 22 novembre
1903, festa di S. Cecilia. Ci si doveva difendere dall’invasione della musica di stampo teatrale, lirico e operistico all’interno della Liturgia, e dai tanti abusi che i compositori e i direttori operavano contro la sacralità dei luoghi di culto durante le liturgie.9 E fu proprio in quell’anno che Perosi fu nominato Direttore Perpetuo della Cappella Musicale Pontificia
(Cappella Sistina), dopo averne condiviso la direzione per alcuni anni con il castrato Domenico Mustafà. Si può quindi
ben immaginare in quale severo clima di conservatorismo si
sia trovato a vivere e ad operare Mons. Perosi.10 Si deve sapere infatti che, appena nominato direttore perpetuo, fece
espellere tutti i castrati dal coro della Cappella Sistina, interrompendo bruscamente una tradizione che andava avanti con
continuità dal XVI secolo.11
A questo punto, però, stabilita e ribadita l’appartenenza di
Perosi alla produzione musicale del passato, è doveroso sot-
6 Nel caso dei giovani ci pensano i responsabili delle parrocchie a descrivere come “sorpassata e improponibile” la musica sacra di Lorenzo Perosi. Certamente sarebbe esagerato proporre correntemente le sue musiche nelle liturgie attuali, soprattutto per quanto riguarda le lunghe parti fisse dell’Ordinarium (Kyrie-Gloria-Sanctus-Benedictus-Agnus). Ma bisognerebbe avere il coraggio di ammettere
che alcuni suoi mottetti sarebbero ancora in grado di accompagnare molto efficacemente i momenti liturgici del Proprium.
7 Questa preparazione lo condurrà verso un atteggiamento compositivo più attento alla parola e alla musica vocale-corale di quanto non lo
sia stato nei confronti del trattamento dell’orchestra. Le sue orchestrazioni sono accattivanti, ma molti le considerano piuttosto semplici.
8 Nell’ordine: Leone XIII, S. Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII.
9 Solo per nominare la portata degli effetti che il motu proprio di S. Pio X ebbe sul panorama mondiale della musica sacra, è opportuno
menzionare l’esistenza di due particolari documenti: la White List e la Black List. Si trattava di due elenchi pubblicati dalla St. Gregory
Society of America rispettivamente nel 1919 e nel 1922, con i quali la chiesa americana stabiliva perentoriamente quali fossero gli autori e i brani che, rispettando i dettami del motu proprio di S. Pio X, potevano entrare di diritto nelle celebrazioni liturgiche.
Ovviamente nel secondo elenco, la Black list del 1922, si enunciavano i brani che, non rispettando i le indicazioni contenute nel motu
proprio, erano vietati. Curiosamente (ma nemmeno tanto) tra gli autori proibiti figuravano Mozart, Haydn, Schubert e Rossini. Evidentemente la decontaminazione dallo stile teatrale investiva anche le composizioni di questi autori che apparivano troppo vicine a questo genere.
Può essere utile in questo contesto ricordare che il fondatore della St. Gregory Society of America, Nicola Montani, musicista ed editore di origini italiane nato a New York, aveva studiato al Conservatorio S. Cecilia di Roma proprio nel 1903, anno della promulgazione del motu proprio di S. Pio X. È interessante anche sapere che questi due elenchi in America circolano tuttora, e che nell’ambiente
cattolico se ne parla come di un aiuto nella scelta attuale dei brani da usare nelle liturgie…
nova et vetera
tolineare alcune situazioni interessanti che avvengono all’interno del brano, e che sembrano mantenerlo meno collegato
alla tradizione. Intanto la brevità del testo non permette al
compositore di impostare la costruzione musicale secondo i
canoni del mottetto classico. Il testo letterario, infatti, viene
esposto tutto in una volta continuativamente dai Soprani e
dai Tenori I, che in otto battute ne esauriscono la completa
esposizione. Diversamente, le altre quattro sezioni - ma anche le precedenti due, a tratti - cospargono a macchia le loro frasi incomplete. Citano un tema per lasciarlo senza conclusione, appaiono per una breve citazione e spariscono nel
silenzio.
Quindi, insieme alla grande attenzione alla singola parola e
ai rapporti tra le sue componenti sillabiche e quelle accentuative di cui abbiamo parlato in apertura di queste riflessioni, è facile cogliere una certa qual libertà nel trattare l’intero impianto testuale. Le frasi si interrompono, appaiono
incomplete, i concetti testuali sono frammentati e la loro
successione non è continuativa né consequenziale. La frammentazione maggiore è patita dai Tenori II, ai quali è affidato ripetutamente lo stesso breve frammento melodico, a
cui vengono di volta in volta sottoposte le parole del contesto fraseologico nel quale si trovano ad operare le altre sezioni. Una volta assicurata l’esposizione completa ed efficace del testo da parte delle sezioni più acute (e quindi fonicamente più esposte), Perosi sembra indirizzare il suo interesse verso la ricerca delle macchie di colore, delle sfumature timbriche, del fascino puro del suono in se stesso,
anticipando così i tempi di un impressionismo sonoro più
moderno, molto vicino all’omonima arte pittorica francese.
Accade pure più di una volta che alcune sezioni interrompano improvvisamente una melodia, che viene subito lasciata defluire in un’altra voce, alla quale è affidato il compito di portare a compimento la frase. Forzando forse un po’
la mano (ma nemmeno tanto) possiamo riconoscere in questo atteggiamento compositivo l’embrione di quello che,
dalla frammentazione della frase nelle singole parole affidate a sezioni diverse, porterà alla disgregazione della parola nelle sue sillabe unitarie, tipica di molta produzione moderna.
A proposito del fatto che i Soprani espongano con cura ed
esattezza tutto il testo, si fa notare al termine una strana ripetizione della parola iniziale “Dignare” alla battuta 8, senza apparente motivo, ingiustificata e staccata dal contesto.
La situazione è ripetuta con coerenza dopo la ripresa del tema, a battuta 32, ma si spiega poco dopo, allorquando a
quattro battute dalla fine del brano tutte le sei sezioni pronunciano e ribadiscono omoritmicamente “Dignare me”. A
questo punto le inspiegate ripetizioni alle battute 8 e 32 si rivelano come due citazioni anticipate di ciò che verrà chiarito e confermato soltanto alla fine. “In fine judicabis” solevano dire gli antichi musicisti per capire la modalità di un brano rinascimentale: anche qui occorre attendere la fine del
brano per fugare ogni dubbio e qualunque precedente ambiguità. E così si può ristabilire di nuovo un certo equilibrio tra
passato e futuro nell’approccio del compositore con questo
brano così seducente. In effetti potremmo andare avanti ancora a lungo apportando argomenti a favore dell’uno o dell’altro versante, del nova o del vetera.
Vogliamo però chiudere questi pensieri con un’ultima considerazione relativa al concetto di sezione aurea. Come si sa,
le strutture che al loro interno contengono in qualche modo
le proporzioni della sezione aurea12 risultano alquanto gradite alla percezione sensoriale (in natura sono moltissime le situazioni, gli oggetti, le forme e le figure che rispettano la sezione aurea, come pure nelle creazioni architettoniche, pittoriche, scultoree ecc.). Osservando il sistema da un altro
punto di vista, possiamo affermare che la verifica dell’esistenza della sezione aurea in una costruzione (che può essere appunto architettonica come pure musicale) può costituire la prova dell’avvenuta ricerca da parte del compositore di
un consolidato formalismo canonico di tipo strutturale-compositivo che era molto ben conosciuto già in epoca rinascimentale. Ebbene, il calcolo della sezione aurea nel brano Dignare me fornisce come risultato che il punto di divisione
della sezione aurea (punto C; cfr. nota 11) cade all’interno
della battuta 26, cioè proprio nel bel mezzo di un episodio
estremamente significativo in una composizione: la ripresa
del tema. Dobbiamo anche aggiungere che, a differenza della prima apparizione del tema stesso in apertura del brano,
questa volta le due sezioni dei Bassi tengono lunga la prima
sillaba in modo da cadere “stranamente” sulla battuta 26
proprio con l’accento principale della parola “Dignare”… In
più tale ripresa risulta particolarmente preziosa in conseguenza del fatto che il tema appare la prima volta su un bellissimo accordo profondo di FA maggiore (avvalendosi della rotondità dei Bassi che cantano il Fa sotto al rigo), mentre si mostra alla battuta 13 in SOL maggiore (con i Bassi
stavolta sul Sol nel quarto spazio), destabilizzando in questo
modo la regalità della sua prima apparizione, che invece torna appunto alla nobiltà e alla fierezza del FA maggiore proprio in coincidenza della sezione aurea.13
10 Senza volerci addentrare nel delicato campo della psicologia, ci si può però chiedere se tutti i disturbi del comportamento e i numerosi problemi di carattere psichico che afflissero Perosi durante i lunghi anni romani non siano in qualche modo da collegare con questa
particolare situazione.
11 Questo fatto suscitò le ire degli evirati cantori, che arrivarono a inviare minacce di morte nei suoi confronti. La Santa Sede non mancò
in seguito di assicurare loro un vitalizio. D’altra parte si verificherà una situazione simile alla morte di Perosi, nel 1956: con la nomina di Mons. Domenico Bartolucci terminerà questa volta la storia dei falsettisti in Sistina. Non mancheranno anche in questo caso tumulti e minacce al neo direttore, incolpato di interrompere, insieme agli emolumenti, un’altra lunghissima tradizione rinascimentale.
12 Tale per cui, indicato con AB un segmento intero e stabilito un punto C al suo interno, si possa ottenere la proporzione AB:AC = AC:CB.
13 Un eventuale sviluppo delle riflessioni sulla sezione aurea potrebbe diventare estremamente interessante, ma ci porterebbe molto lontano. Ci limitiamo a fugare il dubbio sulla presenza o meno di una consapevolezza squisitamente matematica che dovrebbero avere i
musicisti nei confronti di questa particolarissima proporzione numerica, peraltro strettamente collegata con la serie dei numeri di Fibonacci. In effetti può essere plausibile immaginare molta dimestichezza con l’aritmetica da parte di un compositore del Cinquecento,
a causa del famoso Quadrivium medievale Astronomia-Aritmetica-Geometria-Musica, che non smetteva di proiettare una particolare
visione scientifica della Musica anche su un compositore del Rinascimento. Ma questo non esclude affatto che un compositore di qualunque epoca successiva possa avvertire come esista un particolare punto della composizione - e uno solo - in cui si renda necessario
inserire un evento particolarmente significativo perché la costruzione possa risultare architettonicamente ma anche espressivamente
ineccepibile. E poco importa se esigenze di varia natura, sillabica, agogica o dinamica, possano far slittare la posizione di questo particolare momento di una battuta o anche due, come spesso accade. Questo particolarissimo punto è stato nominato in tanti modi nel
corso della storia della composizione. Altro non è che la sezione aurea.
19
attività dell’Associazione
QUA TTRO PROGETTI FENIA RCO
PER UNA CORA LITÀ
FORTE E SOLIDA LE
L
20
a musica corale, innanzituto,
è qualcosa che arricchisce la
vita personale e sociale e di
conseguenza la coralità amatoriale italiana è una forza viva, capace di mettersi al servizio di tutta la società e in
grado di esprimere le competenze del
professionista unite alla disponibilità
del volontario. Queste due affermazioni riassumono la base del pensiero al
quale si è ispirata, in questi anni, l’azione di FENIARCO.
I progetti APS (Associazioni di Promozione Sociale), presentati da FENIARCO al Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali, ora di competenza del Ministero della Solidarietà
sociale, in base a specifici bandi previsti dalla legge 7 dicembre 2000 n.
383, si muovono su questa strada: il
loro accoglimento e finanziamento
rappresentano il riconoscimento, da
parte degli organismi ministeriali, di
questo ruolo rivendicato dalla coralità
italiana.
Quattro i progetti presentati da Feniarco, due in relazione al bando 2004 e
altri due a quello 2005.
Per il 2004 sono stati presentati i progetti “Coralmente” e “Cori solidali”.
Il primo progetto è un servizio rivolto
alla coralità stessa, per rendere più efficace l’insieme delle iniziative promosse dalla FENIARCO e dalle associazioni aderenti. Il progetto ha come
obiettivo quello di realizzare una banca dati virtuale dedicata e modulata
sulle esigenze e sulle attività compiute da tutte le realtà periferiche della
FENIARCO, in modo da portare alla
realizzazione di una organica piattaforma NAZIONALE. Sarà una Banca Dati direttamente rivolta alle proprie sedi periferiche con una veste
grafica lineare, semplice, chiara, comprensibile e veloce da utilizzare, per-
ché si opterà per la massima dinamicità ed aggiornabilità: il fine ultimo è
quello di attivare meccanismi di ricerca e approfondimento, di studio che
rendano sempre più consapevole ogni
intervento.
La realizzazione del progetto vedrà innanzitutto una sensibilizzazione di
tutte le associazioni locali della coralità, per consentire, con la collaborazione di tutti, un’efficace raccolta dei
dati. Questi riguarderanno il censimento dei più importanti cori, la loro
attività, i repertori eseguiti, l’elenco
delle partiture possedute, il censimento delle manifestazioni corali presenti
su tutto il territorio nazionale. Una
volta raccolte, queste informazioni
verranno inserite nella Banca Dati e
messe a disposizione dell’utenza, che
potrà accedervi previa registrazione.
Per realizzare la Banca Dati sarà elaborato un apposito software che verrà
messo a disposizione delle associazioni regionali. Non mancherà il collegamento con altre utili e sinergiche banche dati.
Si tratterà in definitiva di un fondamentale strumento di informazione e
di collegamento, che, sviluppando le
iniziative fin qui attuate da FENIARCO, renda un efficace servizio a tutta
la realtà corale e ne aumenti il senso di
appartenenza.
Il secondo progetto relativo al bando
2004 si rivolge all’esterno ed esalta il
ruolo sociale della coralità basato proprio sulla convinzione che il canto corale può contribuire a migliorare la comunicazione ed il rapporto tra le persone, comprese quelle, per diverse ragioni, svantaggiate.
Esso parte dalla constatazione che
(Rapporto Annuale 2003 dell’Istat
sulla realtà italiana) ci sono 295.000
persone ospitate in più di 8.000 strut-
ture residenziali operanti sul territorio
nazionale. Questa popolazione è costituita in grande parte, da persone anziane (autosufficienti e non) e da disabili adulti: persone, dunque, per le
quali è si è determinata la necessità di
allontanamento dal contesto socio-familiare in ragione dell’età e/o per la
presenza di particolari problematiche
psichiche e fisiche. In particolare, si
rilevavano, in quel rapporto, quasi
28.000 disabili ospiti in presidi residenziali socio-assistenziali e circa
140.000 anziani non autosufficienti.
Il coinvolgimento di anziani e disabili
in attività musicali di tipo corale, in
particolare, aiuta a mantenere una socialità viva e positiva, a migliorare e
conservare capacità cognitive, sensoriali e funzionali, a mantenere capacità residue anche in caso di soggetti
affetti da patologie psichiche.
In generale, ogni persona, pur non
avendo mai ricevuto un’educazione
musicale, ha un substrato naturale di
conoscenze relative a quest’ambito:
conosce canti e canzoni, ricorda momenti collegati a musiche particolari,
ha memoria di alcune pratiche sociali
collegate alla musica come balli, serenate… In pratica, il bagaglio musicale
anche inconscio che un soggetto porta
dentro, può essere usato come stimolo
e strumento per interventi positivi nei
suoi confronti.
A queste persone si rivolge il progetto
“Cori Solidali”, non solo nella forma
più semplice e più ovvia di concerti
offerti dai cori agli ospiti di queste
strutture residenziali, ma anche coinvolgendoli direttamente, fino ad ipotizzare una vera e propria attività corale svolta direttamente da essi. I cori,
infatti, oltre a non presentarsi come
meri esecutori davanti ad un pubblico
in ascolto, in virtù di un puro e semplice intrattenimento, svilupperanno
attività dell’Associazione
percorsi psico-educativi volti ad usare
il canto corale come stimolo alla creatività, sollievo in patologie depressive,
metodo di aiuto e supporto in pazienti
ansiosi o catatonici, supporto psicologico in anziani demotivati, conforto in
situazioni di instabilità emotiva,
ecc…, secondo i basilari principi della disciplina musicoterapica. L’attività
corale non sarà vissuta solo passivamente dai destinatari del progetto, ma
questi potranno partecipare in modo
attivo all’attività del coro, riuscendo,
attraverso la musica, a trovare una valvola di sfogo o una via d’uscita a particolari situazioni di sofferenza fisica,
morale o psichica.
Conclusasi, rispetto a questi due progetti, la fase burocratica (la convenzione col ministero è già stata firmata)
è avviata quella operativa: i responsabili regionali si sono già incontrati lo
scorso luglio e in autunno si potranno
già avere le prime iniziative concrete.
Anche per il 2005 FENIARCO ha presentato al ministero due progetti.
Il primo concerne il Bilancio Sociale.
Il bilancio sociale è uno strumento di
rendicontazione molto particolare che,
in sintesi, può definirsi come l’indicatore della responsabilità sociale di un
ente che descrive la relazione tra questo e tutti i portatori di interesse in termini di quantità e di qualità al fine di
elaborare un quadro omogeneo e trasparente dell’interdipendenza tra i fattori economico-finanziario, ambientale, etico sociale e sulla base di un modello di rendicontazione.
Il bilancio sociale viene redatto, dunque, con lo scopo principale di calcolare il valore aggiunto prodotto dall’associazione, e di definire come questo viene ridistribuito tra i moltissimi
portatori d’interesse: questo presuppone un lungo lavoro di reperimento,
rielaborazione e interpretazione dei
dati necessari alla sua redazione, che
confluisce nell’organizzazione di un
documento che renda i risultati raggiunti dall’ente espliciti e comprensibili per tutti coloro che vantino un in-
teresse nei confronti dell’associazione. Il compito si rivela arduo se si considera lo scopo peculiare della Feniarco: un modello di bilancio sociale costruito sull’identità di un’associazione
dedita alla diffusione della musica corale è un fatto senza precedenti che
implica un lavoro di ricerca ed analisi
di tutti gli aspetti culturali e sociali
dell’attività dell’organizzazione.
Per un’associazione di promozione
sociale il bilancio sociale rappresenta
una forma di rendicontazione autonoma e completa e non solo un accessorio al bilancio economico-finanziario,
e questo nonostante oggi sembri piuttosto solo uno strumento indispensabile nella politica di marketing di molte imprese.
La necessità di rendicontare la propria
attività tramite il bilancio sociale, nasce, per un ente non profit, innanzitutto dal dovere civile e morale di rendere conto delle risorse utilizzate (lavoro volontario, finanziamenti pubblici,
sottoscrizioni, quote dei soci…) in
base alle quali l’organizzazione stabilisce un tacito patto di scambio con la
collettività che, avendo riposto la propria fiducia nell’attività di promozione sociale dell’ente, si aspetta di vedere se questa fiducia è stata ben riposta e quali ne sono stati i benefici in
termini di benessere sociale prodotto.
Per un’associazione di promozione
sociale di ampie dimensioni e di rilevanza nazionale come la Feniarco, diventa dunque indispensabile gestire in
modo trasparente attività, denaro e lavoro, facendo partecipi i cittadini tutti dei metodi e degli strumenti adoperati per il raggiungimento delle proprie finalità e rendendo di dominio
pubblico i risultati raggiunti e l’utile
sociale prodotto.
Pure questo progetto si attuerà grazie
ad un’organica raccolta di dati che andranno poi inseriti in uno schema di
bilancio da elaborare appositamente.
Il tutto troverà sbocco nella pubblicazione di un volume.
Anche la coppia di progetti 2005 prevede una iniziativa rivolta all’esterno
della coralità. L’ambito è, questa volta, il mondo giovanile ed, in particolare, quello della scuola. Perno dell’iniziativa, per quanto riguarda le scuole
secondarie superiori, il Coro Giovanile Italiano, compagine costituita nel
2003 da FENIARCO, che riunisce 35
giovani tra i 18 e i 28 anni, selezionati da tutta Italia. Il coro coadiuverà i
direttori di due cori delle scuole secondarie di secondo grado, individuati su tutto il territorio nazionale, attraverso seminari, incontri e lezioni sulla musica corale. I cori delle scuole
secondarie di primo grado saranno invece invitati ad affrontare brani proposti dalla FENIARCO ed invitati a
partecipare al Festival di Primavera,
manifestazione a loro dedicata espressamente. In quell’occasione potranno
entrare in contatto con cori scolastici
di altri paesi europei, arricchendo l’esperienza corale con il contatto internazionale.
È un progetto che sottolinea la valenza culturale e formativa del canto corale, di cui le nostre istituzioni scolastiche non sfruttano ancora abbastanza le potenzialità, nonostante esse siano raccomandate dalle ultime riforme
scolastiche, tanto del ministro Berlinguer come del ministro Moratti.
Anche questi progetti sono stati accolti e finanziati dal ministero. La firma della convenzione avverrà al più
presto e poi inizierà la fase attuativa.
In sintesi, possiamo dire che i quattro
progetti APS che FENIARCO sta realizzando rappresentano un salto di
qualità destinato a lasciare il segno di
una coralità consapevole del proprio
ruolo culturale e per niente disponibile a lasciarsi trascurare come fenomeno marginale.
Le risorse utilizzate e gli strumenti
che ne scaturiranno, se riusciranno
nell’intento di aumentare i mezzi a
nostra disposizione e a far crescere la
consapevolezza e il senso di appartenenza, potranno tradursi in altre risorse e in altri strumenti, dando anche in
Italia alla musica corale il posto che le
compete.
21
attività dell’Associazione
WYC, CORO MONDIA LE GIOVA NILE 2006
PER A SPERA
A D A STRA !
di Giorgio Morandi
N
22
o, tre lingue (inglese, italiano e latino) per lo stesso
avvenimento non è una
esagerazione.
Sì, visti i primi risultati credo si
possa dire con tutta tranquillità: attraverso un notevole sforzo 74 giovani sono giunti alle stelle, portandoci anche noi del pubblico italiano, in quattro notti della calda estate 2006.
Il loro sforzo è iniziato lo scorso
mese di febbraio con una prima selezione nel proprio paese di residenza seguito da una seconda selezione all’ICCM, il Centro Internazionale della Musica Corale di
Namur (B).
S’è trattato di una selezione fra
quei giovani – e sono giovani in
gamba, ve l’assicuro – che per l’estate 2006 sono stati attratti dall’idea di una vacanza diversa, una vacanza musicale di alto livello e…
più ancora: una vacanza corale con
un’ottantina di coetanei, in un paese niente male, come l’Italia.
Una trentina i paesi “giovanil-coralmente” coinvolti: Argentina, Au-
stria, Belgio, Bolivia, Canada, Colombia, Danimarca, Estonia, Filippine, Francia, Germania, Giappone, Indonesia, Israele, Italia, Malaysia, Messico, Norvegia, Paesi
Bassi, Perù, Portogallo, SerbiaMontenegro, Slovenia, Spagna, Sudafrica, Svezia, Taiwan (China),
Ungheria, USA, Venezuela.
Sei i nostri giovani italiani presenti:
Fabio Biagio La Torre di Barcellona (ME), Irina Dragoti di Roma,
Davide Fior di Varese, Alberto Folino di Vergiate (VA), Adriano Gaglianello di Castagneto (TO) e Giuseppe Pennisi di Riposto (CT). La
loro prima selezione è avvenuta a
Verona, Roma e Reggio Calabria
quattro mesi fa grazie alle audizioni organizzate per i giovani italiani
dalla Feniarco.
“Ambasciatori di pace” ha riconosciuto ufficialmente l’UNESCO!
E a ragion veduta!
Tutti assieme questi giovani di tutto
il mondo, organizzati dal citato
ICCM e sostenuti dalla Federazione Internazionale per la Musica Corale (IFCM) e da Jeunesses Musi-
Nelle foto, il Coro Mondiale Giovanile in concerto
cales International (JMI) il 9 luglio
si sono trovati a Gazzada (Varese) e
studiando circa 7 ore al giorno per
dieci giorni con due insegnanti bravi come l’inglese Mr Peter Broadbent e lo svedese Mr Gunnar Eriksson, guardati a vista dagli attenti
Mr JeanMarc Poncelet, Mr Vladimir Opacic e la signora Chiara Bartolozzi (responsabili del Progetto)
sono diventati WYC 2006 (fuori
dall’ermetismo delle sigle: World
Youth Choir ossia Coro Mondiale
Giovanile).
In dieci giorni essi hanno preparato
un doppio repertorio: una prima
parte dedicata al repertorio a cappella, con musica del XIX e XX secolo, ed una seconda parte che contempla il repertorio sinfonico corale con rielaborazioni libere di canti
o ritmi popolari folk.
Chi scrive non è un colto musicista,
ma ha seguito il Coro Mondiale
Giovanile 2006 in una prova aperta
al pubblico a Gazzada e nei tre concerti di Como, Lecco e Chiavenna.
La sensazione di quotidiana crescita stupenda nel fare musica e nel-
attività dell’Associazione
l’affiatamento fra tutti i membri del
grande gruppo è così netta e precisa, da far rincrescere di essere mancato nei concerti in Svizzera, Francia e Belgio e soprattutto nel concerto finale di Mainz il 30 luglio.
Oggi, 31 luglio, il WYC 2006 si è
sciolto, ha terminato la sua esistenza. A me che soltanto lo ho seguito
per “un momento” nella sua fase
italiana viene un po’ di groppo in
gola. Sentimentalismo? Senz’altro,
in buona parte, ma anche grande
gioia nell’aver visto 74 giovani incontrarsi, coordinarsi, integrarsi,
crescere in arte e in umanità… anche ansia, attesa per la sessione invernale e poi per il nuovo Coro
Mondiale Giovanile 2007 in Sudafrica! (Sì caratteristica del WYC è
anche la “mobilità” nel mondo: lo
scorso anno in un Kibbutz Israeliano; quest’anno a Gazzada e in
Lombardia; il prossimo anno in Sudafrica! Sono solo esempi nell’ormai ventennale storia di questa Istituzione).
Che altro dire? I commenti/complimenti che ho raccolto dal pubblico
a Como, a Lecco e a Chiavenna in
tarda notte dopo i concerti? Perché
no… almeno un accenno? Non potranno che far pensare a quali sono
stati i commenti già nel Teatro Mario Apollonio di Varese dopo la prima serata del 20 Luglio!
Ecco il primo, da parte di un docente del Conservatorio “G. Verdi”
di Milano, con esperienza corale
ventennale: “Ti volevo ringraziare
per lo splendido concerto di ieri
sera. La qualità dell’esecuzioni è
stata veramente eccezionale considerando l’esiguo tempo di preparazione del programma. I brani,
poi, veramente belli e difficili, anche se loro li hanno eseguiti con
una facilità disarmante che denota
una preparazione di base alta. Speriamo che questo evento sia il primo di una lunga serie e che negli
anni a venire si possa nuovamente
godere della loro musica”. Ed ecco
quello di una direttrice di coro: “un
grazie sincero per aver portato a
Lecco il coro mondiale giovanile.
So e immagino quanto lavoro…, ne
valeva la pena e per questo credo
che un ringraziamento sia dovu-
to… Le emozioni accumulate sabato sera rimarranno con noi per parecchio tempo”. E una giovane che
non pratica il canto corale… forse
era presente “per caso”: “volevo
dirti che il concerto di sabato sera
era una favola, se pur io di musica
ne capisca poco...; la prima parte
mi è piaciuta un sacco, la seconda
è stata bella ma come genere non
mi piaceva molto, però direi che il
coro era da rimanere a bocca
aperta”.
E… non è il caso, ma potrei procedere con i giudizi di tante persone
che avendo mancato i concerti di
Varese e di Como hanno seguito il
Coro Mondiale Giovanile a Lecco
o mancando anche Lecco… le ho
incontrate nella prestigiosa Collegiata di Chiavenna…
È stato scritto: “Il Coro Mondiale
Giovanile per la prima volta in
Italia”.
No, non è vero. Precedenti edizioni
del Coro Mondiale Giovanile si sono già esibite più volte in Italia…
in Calabria e Sicilia, a Bergamo nel
2002… Ma credo sia vero che per
la prima volta il Coro è nato in Italia, ed in Lombardia ha posto la sua
sede di studio e di crescita prima di
iniziare la tournée internazionale
attraverso la Svizzera, la Francia, il
Belgio (dove era prevista anche
l’incisione in CD di tutto il reperto-
rio) e in Germania.
Non conosco i contatti e gli accordi
a monte di questa scelta italiana ma
conosco con precisione l’opera, la
decisione con cui la FENIARCO e
l’USCI Lombardia, attraverso i rispettivi Presidenti Sante Fornasier
e Tonino Chiodo, hanno voluto e
sostenuto la tournée italiana del
Coro Mondiale Giovanile, in particolare coi concerti gestiti dalle delegazioni di Como, Lecco, Sondrio
e Varese. Ai due Presidenti va un
particolare ringraziamento che li
accomuna comunque a tutti quanti
hanno in qualsiasi modo contribuito alla realizzazione del Progetto
“WYC 2006” di cui abbiamo davvero goduto in questo caldo luglio
2006.
Con i ringraziamenti più CORdiALI, a tutti i giovani ormai ex WYC
2006 pervengano i migliori auguri
per un futuro più sereno, più umano
di quello che anche in questi giorni
si prospetta a livello mondiale. Che
il loro mandato di “Ambasciatori di
pace” ricevuto dall’UNESCO trovi
la realizzazione più completa e più
sollecita.
Per me… se non ci fosse il Coro
Mondiale Giovanile bisognerebbe
inventarlo!
Chissà che un giorno non siano
possibili molti cori giovanili
mondiali.
23
attività dell’Associazione
COMPORRE PER CORO OGGI
IV EDIZIONE DEL SEMINA RIO PER GIOVA NI COMPOSITORI A D A OSTA
di Andrea Venturini
S
24
compositori viventi di musica corale, ha
seguito con estrema competenza, disponibilità e gentilezza la bottega di composizione. Legato al gruppo degli Swingle Singers, che ha diretto dal 1987 al 1996 e per
il quale ha scritto gran parte del repertorio,
Jonathan Rathbone ha coinvolto numerosi
studenti nella bottega di arrangiamento vocal-jazz, dimostrandosi didatta molto preparato nonché persona di rara simpatia.
Compositore i cui lavori sinfonici, cameristici e corali hanno ricevuto significativi riconoscimenti, impegnato nella ricerca musicologica con all’attivo numerosi importanti trattati tecnici, nonchè insegnante di
composizione al Conservatorio “G. Verdi”
di Milano, il maestro Bruno Zanolini ha
condotto, con sapienza, la bottega di elaborazione. Fondamentale per la buona riuscita del seminario si è rivelata la bottega di
sperimentazione-esecuzione, formata dai
coristi che hanno dato vita al coro laboratorio; venti musicisti di altissimo taglio
professionale e culturale, tra cui valenti
strumentisti, cantanti e compositori (vorrei
ricordare la presenza nel coro dei compositori Corrado Margutti e Marcella Tessarin),
che si sono prestati ad interminabili sedute
di prove e sperimentazione, dimostrando
capacità non comuni. A dirigerli il maestro
torinese Carlo Pavese, raffinato musicista
specializzato nel repertorio contemporaneo, già assistente di Gary Graden a Stoccolma, che con estrema intelligenza e capacità, ha svolto un lavoro ciclopico, consentendo la realizzazione di obiettivi inimmaginabili.
Fin dal primo giorno di seminario i compositori-corsisti si sono sottoposti ad un
duro impegno, frequentando le botteghe
(quest’anno è stata data la possibilità ad
ogni corsista di essere
presente a due laboratori) e trovando il
tempo per elaborare la
propria composizione, sacrificando in
molti casi anche le ore
di sonno. I docenti
hanno saputo indirizzare, con sapienza, gli
allievi verso una scrittura attenta alla specificità dello strumento
coro, senza stravolgere lo stile proprio di
ciascun compositore
bensì guidando gli
stessi alla ricerca delCorsisti al lavoro nel Laboratorio di Jonathan Rathbone
la miglior resa sonora.
i è svolto ad Aosta, dal 23 al 29
luglio, il Seminario europeo per
giovani compositori “Comporre
per coro oggi”. L’iniziativa biennale, ideata da FENIARCO e divenuta, da due edizioni, europea sotto l’egida di EUROPA
CANTAT, mantiene l’intento di creare una
nuova generazione di compositori cosciente delle esigenze e dei bisogni del
mondo corale.
Ho avuto la fortuna di partecipare a tre
delle quattro edizioni finora realizzate e di
constatare di persona il favorevole “clima”
che la settimana di Aosta sa offrire, capace di stimolare i corsisti alla realizzazione
di composizioni ed elaborazioni nella
maggior parte dei casi tutt’altro che affrettate e superficiali, come la brevità del tempo a disposizione lascerebbe supporre. Il
merito va sicuramente ai docenti che si sono succeduti negli anni, Mauro Zuccante,
Giovanni Bonato, Pierpaolo Scattolin,
Jaakko Mäntyjärvi, alla disponibilità costante del coro laboratorio ma anche alla
città di Aosta ed al suo Istituto Musicale
che, attorniati dagli splendidi panorami alpini, offrono accogliente e generosa ospitalità.
Nell’edizione 2006 si è ripetuta questa
fortunata alchimia che ha consentito lo
svolgimento di una settimana intensa ed
estremamente fruttuosa. Veramente internazionale il clima che si è respirato nella
quarta edizione di “Comporre per coro
oggi”: ventuno corsisti provenienti, oltre
che dall’Italia, dalla Turchia, dalla Romania, dalla Francia, dalla Germania, dal
Belgio e dalla Norvegia.
Completamente rinnovato anche il corpo
docente che ha guidato i tre laboratori. Il
maestro belga Vic Nees, uno dei maggiori
La costante disponibilità del coro laboratorio ha poi consentito la verifica sul campo,
fornendo uno strumento importantissimo
per comprendere la bontà degli effetti e
delle soluzioni adottate.
Non è mancato il tempo per due seminari
serali, dedicati all’ascolto ed all’analisi di
alcuni importanti esempi di letteratura corale contemporanea, condotti dal maestro
Zanolini.
Un pomeriggio di svago è stato dedicato,
giovedì, alla visita del laghetto d’Arpy, a
quota 2100 metri s.l.m., dove le bellezze
della natura ed il fresco clima montano
hanno consentito a tutti un provvidenziale
momento di ristoro.
Alternando duro lavoro a piacevoli momenti conviviali si è giunti, sabato sera, al
concerto finale programmato nella storica
Collegiata di St. Orso d’Aosta. Nella chiesa gremita di ascoltatori, il coro laboratorio, diretto da Carlo Pavese, ha eseguito
ben quindici brani composti nel corso della settimana, tra i quali l’intero ordinarium
della messa, altri tre brani sacri, cinque elaborazioni di canti popolari e due arrangiamenti negro spiritual. Il coro ha saputo affrontare l’impegnativa letteratura in modo
esemplare, fornendo prova della sua abilità
nell’interpretazione dei vari generi e stili,
trovando spazio anche per tre composizioni di L. Donati, E. Camoletto, A. Cadario e
dando dimostrazione anche della propria
capacità d’improvvisazione corale.
Dopo la consegna degli attestati, stanchi
ma estremamente soddisfatti corsisti, coristi ed insegnanti si sono ritrovati al rinfresco organizzato dall’ARCOVA (Associazione Regionale Cori della Valle d’Aosta),
la cui preziosa collaborazione ha consentito il perfetto svolgimento del Seminario;
un sentito ringraziamento va a Marinella
Viola, Presidente ARCOVA, e ad Efisio
Blanc per la rassicurante presenza.
Il sempre maggior numero di corsisti provenienti da tutt’Europa ed i risultati ottenuti non possono che confermare la validità
dell’iniziativa FENIARCO che in pochi
anni ha saputo fare del seminario “Comporre per coro oggi” un vero punto di riferimento europeo nel quale i compositori
possono conoscersi, confrontarsi ed aggiornarsi sulle nuove tendenze della musica corale, dando vita ad un sempre più consistente fervore compositivo al servizio
della coralità.
Il gradimento per il Seminario appena concluso è riscontrabile anche nelle testimonianze che alcuni corsisti hanno voluto inviarmi e che qui riporto con piacere.
attività dell’Associazione
Un’esperienza che sicuramente rimarrà nel
cuore. Ottimi gli insegnanti, sia dal punto di
vista dell’insegnamento e sia dal punto di vista umano. Eccellente il coro: è difficile trovare un corso di questo genere dove si può
sperimentare ciò che si è scritto e ciò che si è
appreso. Anche l’organizzazione mi ha stupito molto. Ho frequentato molti corsi e questa
esperienza la reputo senza dubbio la migliore in qualità di organizzazione, tempistica e
logistica.(…)
Un grosso plauso e tanta riconoscenza per
aver passato una splendida settimana tra la
musica. Un grazie anche all’ARCOVA e a
FENIARCO.
Michele Paccagnella
Direi che si è evidenziato come il corso sia
stato organizzato da persone che conoscono
bene le esigenze di chi intende partecipare ad
appuntamenti del genere: elevatissimo il livello di esperienza dei docenti, ma anche notevole la loro capacità di entrare in rapporto
diretto con gli allievi, riuscendo in pochi
giorni a stabilire un dialogo efficace.
Del coro non si può riuscire a dire abbastanza: delle capacità di lettura a prima vista, del
suono, della professionalità dimostrata sottoponendosi a lunghe sessioni di lettura, senza
mai un segnale di stanchezza, di disappunto,
di criticità verso scritture talvolta anche
molto ardue.
Lo sforzo di Carlo Pavese è stato veramente
grande ed encomiabile: ha realmente cercato
di soddisfare i “desiderata” di tutti, con una
sensibilità, un rispetto, una disponibilità ed
una competenza che non hanno eguali. Impressionante il repertorio che è riuscito a
presentare nel concerto conclusivo, in una
sola settimana di studio.
Un lungo elenco di meriti può riflettere gli
appunti presi in questa settimana di lezioni e
sessioni di prova, ma il vero carico col quale
torniamo a casa è - credo per tutti - un altro
ancora: l’esempio di modestia, di rispetto e
di amicizia che ha onorato ogni momento di
questa esperienza.
Il clima instauratosi tra i corsisti non può che
definirsi stupendo: di simpatia, di grande generosità ed apertura al confronto con gli altri.
Per questo spesso sono state molto importanti le lunghe chiacchierate notturne, magari di
ritorno dai seminari serali, in camera o a tavola: tra corsisti, docenti, coristi (eccellenti
strumentisti, compositori, musicisti, estremamente disponibili con tutti) si sono ricavate
indicazioni e consigli utilissimi per continuare il proprio percorso di formazione.
Una settimana poteva sembrare poco, ma è
stata sufficiente a lasciare il segno positivamente - da un punto di vista umano e artistico
- per il percorso formativo di ciascuno di noi.
Carlo Senatore
Feniarco e Arcova sono riuscite ad organizzare una meravigliosa settimana.
Gli insegnanti sono stati molto competenti e a
noi vicini, il coro ed il suo direttore eccellenti e tutti gli studenti molto piacevoli ed interessanti. L’organizzazione è stata fatta bene e
si è presa cura di tutti noi. È stata una grande esperienza musicale ed umana. Molta la
Un meritato momento di svago per corsisti e docenti,
tra le bellezze della Valle d’Aosta
collaborazione reciproca e molta la compartecipazione. I compositori, come pure il coro,
hanno avuto una notevole mole di lavoro, il
che probabilmente ha aiutato a far crescere i
legami tra tutti: nessuna gelosia né superbia
ma solamente incoraggiamento ed aiuto reciproco; solo persone sincere desiderose di vivere un’esperienza umana rara incentrata sul
linguaggio della musica contemporanea. Mi
è molto piaciuto. Grazie di tutto.
Stephan Nicolay (Francia)
Per me è stata un’esperienza fantastica sotto
ogni punto di vista!!
Condividere con gli altri studenti lo stesso lavoro, gli stessi sforzi, ci ha resi molto uniti..
È stato molto stimolante per me, che sono
una matricola nello studio della composizione, ascoltare i lavori degli altri ragazzi. Insomma, è stata una settimana dedicata interamente alla musica, spalla a spalla con ragazzi che hanno i miei stessi sogni, guidati da
Maestri che non avrei mai immaginato di conoscere…
Il ricordo di questa esperienza resterà uno
dei più belli che ho… almeno fino al 2008!!!
Grazie di tutto! A presto!
Riccardo Bianchi
L’esperienza di Aosta mi ha permesso di tradurre in pratica ciò che prima potevo per lo
più concepire solo nella teoria, incentivando
così la mia autostima compositiva e stimolandomi a proseguire con gioia nel percorso
di studi che ho intrapreso. Tutto questo è stato possibile grazie alle relazioni umane che
ne sono state veicolo: il M° Vic Nees, che mi
ha seguito con genuina disponibilità e autentica professionalità; il M° Carlo Pavese e il
Coro, che mi hanno dato la possibilità rara di
riscontrare immediatamente i risultati dei
miei sforzi, e di capire quali problematiche
siano insite nell’interpretazione della notazione contemporanea, aiutandomi quindi a
trovare le soluzioni grafiche più chiare ed
efficaci.
Grazie ai maestri Jonathan Rathbone e Bruno Zanolini, a tutti i compositori e gli organizzatori del seminario, per il clima solare
di partecipazione e di sostegno reciproco,
che mi ha permesso di conoscere realtà mu-
sicali e umane con cui non ero ancora venuto a contatto e che hanno dato nuovi stimoli
e contributi significativi al mio percorso
musicale.
Mauro Marenghi
Per quanto mi riguarda, il corso “Comporre
per coro oggi” mi è servito da stimolo per ripartire con entusiasmo dopo le recenti fatiche
del diploma in Conservatorio. Inoltre, il fatto
di partecipare come allievo cinquantacinquenne ad un seminario per giovani compositori mi ha fatto sentire ancora giovane, oltre all’avermi dato l’opportunità di ammirare
le grandi capacità di musicisti che giovani lo
sono davvero: la loro presenza ha portato
una ventata di musica e di idee nuove nell’Istituto Musicale di Aosta, che io amo perché
qui ho studiato. È stata dunque un’esperienza molto positiva, che senz’altro desidero ripetere la prossima volta.
Giancarlo Muzzolon
Personalmente è la seconda volta che partecipo. Ogni volta lo stimolo a creare e a confrontarsi con i colleghi è sempre altissimo. La
scorsa edizione è stata nel 2004, dove ho
composto “Gorgée”, il quale ha appena guadagnato il III Trofeo di Composizione “Seghizzi” di Gorizia; penso che un brano del
genere sia proprio il frutto di un’apertura
mentale che è scaturita grazie al confronto
con i colleghi, gli insegnanti e il coro laboratorio, il quale offre una eccellente possibilità
di ascolto delle proprie idee, unica nel suo
genere, essendo composto per la maggior
parte da musicisti, compositori e direttori di
coro.(…) Si può affermare che “Comporre
per coro oggi” sia una vera e propria fucina
di studio e creazione sulla composizione corale contemporanea. In questo armonioso clima musicale la settimana “vola” letteralmente tra una prova del coro, un pranzo e lo
studio personale nelle aule dell’Istituto Musicale della Valle d’Aosta. Grazie veramente a
Feniarco e all’Arcova per questa grande opportunità per i giovani compositori di far conoscere la propria musica e allargare i propri
orizzonti musicali. Arrivederci quindi alla
prossima edizione nel 2008!
Paolo La Rosa
cronache
SEGHIZZI 2006
BILA NCIO CON IL PRESIDENTE ITA LO MONTIGLIO
Intervista di Rossana Paliaga
G
26
li affezionati che si danno appuntamento ogni anno tra il
pubblico del Concorso Internazionale di Canto Corale “Seghizzi”
sono unanimi nel considerare che la
qualità delle esecuzioni e delle scelte
artistiche dei cori partecipanti abbia
raggiunto livelli considerevoli che costituiscono ormai la condizione discriminante per poter progettare una partecipazione. Insieme alle competizioni di
Arezzo, Debrecen, Tolosa, Tours e Varna, il Seghizzi di Gorizia è uno dei sei
grandi appuntamenti europei dedicati
agli appassionati di canto corale di tutto il mondo.
La fama internazionale della competizione è confermata dall’entusiasmo dei
partecipanti provenienti dal lontano
Oriente o da oltre oceano che dichiarano la propria soddisfazione di poter
prendere parte alla prestigiosa manifestazione nella speranza di raccogliere i
frutti di una preparazione rigorosa e
impegnativa, e dall’altra parte dall’atteggiamento costruttivo di coloro che si
cimentano pur essendo consci di alcuni
limiti rispetto alla media dei partecipanti, convinti di poter trarre beneficio
e nuovi stimoli al miglioramento anche
dal confronto.
La rivelazione di quest’anno è stato il
coro virile svedese Svanholm Singers,
vincitore del primo premio in entrambe
le categorie di maggior prestigio (programma storico e monografico), del
premio al miglior direttore e del premio
della giuria nel repertorio popolare. Ottima anche la prestazione del coro misto
ungherese Cantemus, primo premio nella categoria policorale e nel programma obbligatorio, ma soprattutto vincitore del Gran Premio Seghizzi che gli permetterà di partecipare al 19° Gran Premio Europeo di Canto Corale 2007.
Da alcuni anni il Seghizzi non è solo
un programma competitivo aperto
all’ascolto di addetti ai lavori, ma si è
arricchito con eventi concertistici e
categorie che portano la musica corale in sedi diverse della provincia di
Gorizia, estendendosi dalla splendida
cornice dell’antica basilica di Aquileia al moderno Palacongressi di
Grado. Il presidente dell’associazione Seghizzi Italo Montiglio è l’anima
del concorso e il promotore della sua
immagine in continua evoluzione:
Da parecchi anni siamo presenti in vario modo sul territorio, a volte non in
modo così macroscopico e visibile come con i grandi concerti. Ad esempio i
39 cori che hanno partecipato quest’anno erano dislocati nelle sedi concertistiche citate, ma anche nelle altre tappe
del ciclo di concerti “Seghizzi in regione”. Non vanno dimenticate nemmeno
sedi logisticamente importanti quali gli
alberghi in cui i coristi alloggiano da
Trieste a Udine, da Lignano a Gorizia e
alla Slovenia. Per motivi pratici e artistici occupiamo il territorio con una
presenza capillare, legata all’ospitalità
di oltre duemila persone tra esecutori e
accompagnatori. Il Seghizzi provoca
ogni anno un notevole movimento di
persone che ha tra i vari benefici anche
quello di promuovere la nostra regione
a livello turistico.
Le sembra che il Seghizzi, con una
presenza costante di ormai 45 anni
consecutivi, venga riconosciuto dalla
città che lo ospita come un’opportunità a più livelli e che Gorizia effettivamente viva un’atmosfera diversa
nel periodo del concorso?
Gorizia è una città del tutto particolare,
la cui reazione a diversi stimoli culturali risulta tutto sommato imponderabile.
Tuttavia nella nostra particolare struttura non ci attendiamo una risposta specificamente da Gorizia, perché il nostro è
un pubblico di diversa provenienza, fatto di persone capaci di percorrere ogni
anno 300 chilometri per ascoltare un
coro, un repertorio, un programma. Noi
puntiamo su questo, su coloro che sono
attenti e interessati alle nostre proposte.
È passato il tempo in cui l’attenzione si
concentrava su un solo luogo. Il senso
del tempo e delle distanze è cambiato;
bisogna concepire la possibilità che la
gente si muova per sentire buona musica e occorre sfruttare questa carta unendo l’aspetto turistico a quello artistico.
Il concorso si evolve nelle forme e nei
contenuti adattandosi alle esigenze di
pubblico e coristi. C’è una tendenza
reale alla spettacolarizzazione dell’evento competitivo?
È un dato scontato, non solo per problemi di attrazione dei mass-media. Da
questo punto di vista non basta fare
spettacoli di alta qualità, ma eventi che
abbiano un che di spettacolare. Il repertorio corale è infinito in questo senso e
fortunatamente non mancano proposte
da offrire. Oltretutto non è solo un fatto
di attenzione riservata dai media a ciò
che avviene, ma gli stessi esecutori desiderano partecipare a eventi un po’ speciali. Il corista non disdegna accanto al
repertorio più o meno impegnativo e diversificato che si trova ad affrontare nelle varie categorie a prendere parte ad un
evento concertistico più ampio. La coralità non è solo canto a cappella, ma abbraccia un ampio panorama di repertorio e la storia della musica lo conferma.
Per decenni abbiamo trascurato questo
aspetto. Perché un buon coro dovrebbe
precludersi l’esperienza emozionante di
confrontarsi con altri gruppi e di collaborare ad un progetto comune assieme a
solisti professionisti e musicisti?
L’edizione di quest’anno ha visto anche l’introduzione della nuova categoria “Musica all’incrocio” che è stata
ideata proprio per offrire performances che vanno al di là del puro ambito
corale.
Spesso dimentichiamo che il mondo corale non vive in una torre eburnea ed è
legato per molti aspetti allo sviluppo e
alla storia della società e della cultura.
Con la nuova categoria ci siamo posti
l’obiettivo di illuminare alcuni degli
aspetti più autentici della tradizione mu-
L’Estremo Oriente, rappresentato
dal coro Brilliant Harmony
del Giappone
cronache
sicale con percorsi nella dimensione
popolare che sta alle radici di ogni nazione. Ho ritenuto opportuno inaugurare il ciclo con la Serbia, uno stato vicino a noi geograficamente e che merita
una particolare attenzione per le situazioni storiche, politiche, geografiche e
culturali che lo caratterizzano in un momento estremamente delicato della sua
storia. Nei prossimi anni continueremo,
ogni volta con un approfondimento specifico dedicato ad un popolo.
La vivace serata dedicata alla tradizione serba con i gruppi giovanili Talija e Novi Beograd ha offerto un’interessante panoramica non solo sul
canto, ma anche su musiche e danze
della Serbia.
La coralità è solo una parte del folclore.
Il progetto proposto quest’anno in forma di abbozzo va ancora perfezionato;
avendo tempo e denaro a disposizione,
progettiamo di sviluppare una panoramica su ciò che si muove intorno alla
coralità e influisce su di essa.
Torniamo a monte della sezione competitiva tradizionale con un interrogativo che è stato senza dubbio analizzato con più chiarezza in questi ultimi anni dalla commissione artistica
del concorso nel momento della valutazione delle domande di iscrizione.
A cosa è dovuta l’assenza prolungata
dei cori italiani nella sezione A?
I cori italiani sono sempre stati rari e ritengo positivo ora affrontino il concorso con cautela attraverso la partecipazione alla sezione B, che comunque
prevede una valutazione per fasce di
livello.
Eppure non possiamo dimenticare
gruppi vocali e cori italiani che si sono distinti nelle edizioni passate con
ottime esibizioni…
Si tratta di mosche bianche. I risultati
che vediamo sono frutti di un lavoro di
generazioni, di un modo serio di intendere il tempo libero della coralità che è
figlio di generazioni di lavoro, non di
un singolo coro. Ad esempio i cori di
Slovenia, anche provenienti da località
meno note, sono capaci di raggiungere
alti livelli perché figli di una cultura dove la coralità è parte integrante e non
secondaria. Noi abbiamo perso quell’idea della coralità che è stata relegata in
una dimensione marginale della cultura
musicale. Forse in futuro possiamo
aspettarci cambiamenti e vedo in questo
senso un’attenzione da parte delle organizzazioni corali, ma si tratta di un problema culturale più che organizzativo.
Organizzare un concorso del genere
in un paese dove la coralità è qualcosa di marginale non è certamente fa-
Il Messiah di Haendel al Palacongressi di Grado (Go)
cile. Riscontrate tuttavia una crescita
di interesse da parte delle istituzioni?
Certamente rileviamo un certo livello di
attenzione ma l’Italia vive in una situazione perenne di difficoltà finanziaria in
cui chi ci rimette è sempre la cultura in
generale e la musica in particolare. Proprio per questo bisogna trasmettere l’idea dell’importanza di manifestazioni
del genere con iniziative concrete che
dimostrino come la coralità sia marginale solo se considerata superficialmente. Ecco il motivo per cui creiamo eventi che portano alla ribalta situazioni in
cui la coralità è protagonista. Sarà in un
certo senso scontato presentare il Messiah di Haendel, ma anche il più sprovveduto degli ascoltatori percepisce in
quel momento il collegamento della coralità con una grande storia della musica. È anche un problema di immagine
in cui certamente deve avere un peso
forte l’aumento della qualità delle esibizioni. Si tratta di impegnarsi in un lavoro importante nei confronti del grande
pubblico che deve poter identificare la
coralità con una realtà musicale di tutto
rispetto.
Dopo aver analizzato i percorsi sempre più complessi della struttura del
concorso, sorge spontanea una domanda di natura più personale: da
appassionato di musica corale non è
una privazione assumersi il peso
sempre più consistente dell’organizzazione e non poter ascoltare fino in
fondo tutte le esibizioni?
È lo scotto che si paga, ma il buon risultato è ugualmente gratificante e per
fortuna esistono le registrazioni che
permettono di elaborare a cose avvenute ciò che è avvenuto sul palco. Vorrei
comunque precisare che siamo in tanti a
lavorare per il Seghizzi e a privarci del
piacere dell’ascolto immediato. Quello
che conta alla fine è il successo della
manifestazione, la soddisfazione del lavoro d’équipe, la gratificazione di vedere centinaia di persone che aderiscono a
questo progetto e ci credono, dedicando
giornate intere delle proprie ferie a dare
un aiuto volontario gratuito. Tutto questo non sarebbe altrimenti possibile.
Chi ha assistito al concorso quest’anno
credo abbia avuto l’impressione che ne
valesse la pena. Non si tratta di fatti
epocali, ma l’esserci è a volte discriminante per la possibilità di ascoltare
qualcosa di speciale in termini di repertorio e di qualità. Anche il rinnovarsi della formula evita lo stereotipo della
noia, della calendarizzazione degli
eventi e questo crea complicazioni continue, perché si tratta di una situazione
in qualche modo perennemente sperimentale, ma che ti permette di non riposare sugli allori. Quando le formule
funzionano c’è il rischio di ripeterle, ma
fortunatamente non abbiamo mai sfruttato la situazione consolidata. Testimonianza ne è il regolamento, che presenta un visibile cambiamento a ogni edizione. La novità è una necessità per gli
altri e per noi.
Quindi dobbiamo aspettarci nuove
sorprese in futuro…
Certamente, anche se il supporto finanziario si sta drasticamente riducendo e
occorre fare sempre di più con sempre
meno. La nostra oltretutto non è un’operazione commerciale; i cori non sono
una fonte di guadagno, ma soggetti cui
è destinato un premio o un rimborso
spese. Contraendosi sensibilmente ogni
anno il contributo, dovremo impegnarci
a produrre schemi e idee a costi ridotti,
ma c’è sempre una soglia oltre la quale
non si può andare. La musica corale per
la sua poca visibilità rischia di pagare
per prima.
27
cronache
LO STUDIO DELLA DIREZIONE CORA LE
A L CONSERVA TORIO DI TRIESTE
INTERVISTA
CON IL PROF. A DRIA NO MA RTINOLLI D’A RCY
di Rossana Paliaga
U
28
n buon coro è il prodotto del
lavoro di un valido direttore. Al conservatorio “G.
Tartini” di Trieste gli aspiranti direttori di coro hanno a disposizione due
percorsi formativi per acquisire le
competenze professionali necessarie
ad intraprendere un’attività direttoriale ad alto livello: il corso superiore di musica corale e direzione di coro e il nuovo triennio superiore sperimentale - Scuola di composizione
corale e direzione di coro.
Per accedere al primo è richiesto il
compimento inferiore di composizione o il diploma di organo e composizione organistica, per l’ammissione al
secondo occorre invece superare una
verifica con prove d’orecchio, intonazione, al pianoforte e compositive.
Il maestro Adriano Martinolli
D’Arcy ci ha fatto da guida in questa
esplorazione delle possibilità di
studio offerte dal conservatorio
triestino:
Il corso tradizionale è rivolto a chi voglia continuare uno studio di composizione e perfezionarsi nella direzione di
coro, il triennio è invece adatto a chi
ha già un diploma o comunque una
preparazione di base in campo strumentale. Nel caso del triennio viene richiesta una certa conoscenza dell’armonia e viene effettuata una verifica.
A questo proposito vorrei sottolineare
che l’esame d’ammissione prevede
prove semplici, ma va tuttavia preparato; ho visto persone che affidandosi
alle proprie competenze si sono rivelate impreparate su alcuni punti, compromettendo per leggerezza un miglior esito della verifica.
Quali sono i principali obiettivi formativi del piano di studi triennale?
La direzione corale viene considerata a
più livelli e soprattutto si cerca di portare l’allievo ad un livello più possibile
professionale in modo da permettergli
di ottenere il meglio dal suo coro. Viene approfondito l’aspetto stilistico del
repertorio nelle varie epoche e prassi
esecutive, da quello antico a quello
contemporaneo ed acquisita una gestualità standard, largamente comprensibile. La parte compositiva e analitica
Il prof. Adriano Martinolli
insegna ad avere un atteggiamento attivo nei confronti della partitura, che non
va meramente riprodotta, ma capita.
Essendo obbligati a scrivere, gli allievi
si appropriano delle tecniche e comprendono una serie di problematiche
che stanno a monte della composizione. Quando riconoscono un linguaggio
e uno stile, individuano i propri obiettivi come direttori. In parallelo viene effettuato un ripasso biennale di armonia
e contrappunto per approfondire e cementare conoscenze acquisite nel proprio percorso formativo. Ci sono poi
tutta una serie di materie complementari, dalla psicoacustica ai nuovi linguaggi della musica, all’educazione dell’orecchio, laboratori di informatica musicale, lingua straniera. Particolarmente
utile il corso di metrica, forme poetiche
e figure retoriche che non è previsto nel
percorso tradizionale, e offre la possibilità di approfondire gli aspetti stilistici alla base di un testo (nella musica
corale il testo è così fortemente legato
alla musica che non si può prescindere
dal conoscere i meccanismi testuali). È
strutturato come un piano di studi universitari, una laurea breve.
Si può parlare di vantaggi del triennio rispetto al corso tradizionale?
Io sono un convintissimo sostenitore
del triennio, è sicuramente la nuova
strada sulla quale il ministero si sta
orientando, ma sono anche legato affettivamente al tradizionale e mi dispiacerà quando non ci sarà più. Rico-
nosco tuttavia che il triennio rappresenta il futuro.
In media gli iscritti hanno già un
proprio coro?
Chi si iscrive prevalentemente non ha
un coro, ma ha già militato nei cori, ne
conosce i meccanismi e vorrebbe sviluppare una propria conoscenza per poter dirigere. Una minoranza ha già diretto o dirige allo stato attuale.
Ci sono maggiori difficoltà nell’approccio alla direzione per chi non ha
esperienze precedenti di direzione?
Penso che la difficoltà sia piuttosto
quella di chi si è trovato precedentemente a dover dirigere in situazioni non
ideali e ha dovuto arrangiarsi senza
averne le basi. Togliere certi difetti mi
risulta più difficile che costruire un direttore da zero.
L’ideale di un direttore spesso differisce dal risultato. Come si realizza
un’efficace comunicazione tra direttore e coristi?
Il fatto di domandare e ottenere dipende dall’idea che il direttore sviluppa
studiando una partitura. Avendo un
progetto, una Klangvorstellung alla base, l’idea si concretizza nel suono. Come docente di direzione posso fornire i
mezzi per arrivare all’obiettivo prima
possibile, ma se l’allievo non sa cosa
domandare al coro, occorre che questo
diventi il suo primo oggetto di studio.
Bisogna imparare a indagare su una
partitura e porsi delle domande nella
maniera più obiettiva e critica possibile. Spesso gli allievi vengono spontaneamente attirati da impostazioni romantiche e coinvolti da un atteggiamento molto soggettivo che purtroppo
ha una giustificazione fine a se stessa.
Gli allievi hanno la possibilità di lavorare su un coro-laboratorio composto da colleghi volontari provenienti anche da altri corsi di studio
interni al conservatorio oppure
esterni. Come reagiscono i coristi a
questa esperienza?
Il coro laboratorio da poco è diventato
un ente istituzionalizzato dove confluiscono gli allievi della classe e borsisti
che prestano la loro opera vocale. Il risultato è un coro da camera di alto livello. Solitamente chi partecipa alle le-
cronache
zioni pratiche di direzione ne viene colpito. Chi proviene dallo studio di uno
strumento vede la musica ribaltata dall’altra parte, diventa egli stesso strumento.
Nella classe c’è una bella atmosfera di
entusiasmo e spesso i collaboratori
esterni vengono attratti dall’esperienza
e chiedono informazioni ulteriori. Gli
unici ad avere un obbligo di frequenza
sono gli allievi del corso di organo, il
cui piano di studi prevede obbligatoriamente un transito biennale nella classe
di coro.
Il coro-laboratorio viene impiegato
in maniera diversa nei vari livelli di
esame, a volte anche in progetti importanti e coerenti come è stata l’esecuzione in sede d’esame conclusivo
del ciclo “Zigeunerlieder” di
Brahms.
Il repertorio lo scelgo di concerto con
l’allievo. Mentre per un saggio è previsto un florilegio di brani che è il frutto
di quanto studiato durante l’anno per
parlare di stili, epoche e situazioni musicali, gli esami prevedono opere più
compatte.
L’esame finale del triennio prevede ad
esempio l’esecuzione di un programma
di venti minuti ed è naturale in questo
caso cercare di scegliere un corpus di
composizioni compatto. L’esecuzione
in sede d’esame può essere sostituita
dalla discussione di una tesi, ma solitamente gli allievi scelgono di dirigere.
Il piano di studi regolare viene integrato anche da interessanti proposte
di approfondimento.
Nell’ambito del diritto universitario
con il triennio siamo entrati in un altro
mondo e siamo già da diversi anni, all’avanguardia rispetto ad altri conservatori italiani. Abbiamo ad esempio già
attivato gli scambi Erasmus per allievi
e docenti.
Quest’anno sono stato ospite della Hochschule di Mannheim dove ho tenuto
un seminario sul rapporto tra suono e
parola nei madrigali di Marenzio e
Monteverdi, seguito dalla loro classe di
direzione d’orchestra e di coro. Lo
scambio prevede che il docente dell’istituto ospitante ricambi la visita tenendo a sua volta un seminario nella sede
della scuola ospite. Nella fattispecie
avremo la soddisfazione di ospitare
Georg Grün, grande didatta a livello internazionale nell’ambito corale europeo. Il seminario di tre giorni, dedicato
alla prassi esecutiva del romanticismo
tedesco, è previsto dal 16 al 18 di ottobre e sarà aperto a tutti gli allievi del
conservatorio. Abbiamo scelto una rosa
di brani che verranno esposti dal docente a livello teorico e con il lavoro
pratico del coro laboratorio sotto la direzione dei vari allievi.
Anche Grün è alla sua prima esperienza
di scambio Erasmus e ne è entusiasta.
Lo scambio è positivo e stimolante per
docenti e ragazzi, come anche lo studio
intensivo all’interno di un seminario.
Ho in previsione di sviluppare questo
percorso chiedendo ad altri colleghi,
anche interni del conservatorio di tenere corsi monografici. È una maniera
buona per i ragazzi di essere stimolati.
Della presenza di Grün potranno
tuttavia beneficiare nello stesso periodo anche i soci dell’USCI.
L’USCI Friuli Venezia Giulia, approfittando della presenza di Grün in regione
ha organizzato per i suoi direttori un seminario che si terrà a Cividale tra il 19
e il 22 ottobre. Per informazione ci si
può rivolgere alla segreteria dell’Associazione (0434 875167).
Per informazione sul triennio superiore
sperimentale-Scuola di composizione
corale e direzione di coro:
www.conservatorio.trieste.it
mail: [email protected]
Il termine per la presentazione delle
domande d’ammissione scade il 31
agosto.
29
IL MA STER CLA SS DI A LESSA NDRO CA DA RIO
A RIGA (LETTONIA )
di Gunta Malevica (trad. di G. Morandi)
Grazie alla FENIARCO e al direttore di coro lettone
Gunta Malevica, dal 14 al 21 marzo scorso Alessandro
Cadario è stato in visita a Riga (Lettonia) dove è stato docente di Master Class riservato al Coro delle Ragazze e al
Coro da Camera Femminile di Riga.
La settimana è stata davvero ricca di nuove esperienze.
Le prove di coro sono state interessanti ed eccitanti. Alessandro Cadario con le ragazze dei due cori ha lavorato a
livello professionale molto alto e allo stesso tempo con
ispirazione e simpatia, arrivando davvero a riscaldare
i loro cuori con la sua gioia di vivere ed il suo charm
italiano.
Ai cori sono stati proposti brani di compositori italiani
del Rinascimento (L. Marenzio, A. Lotti, G. P. L. da Palestrina, J. Gallus-Handl), brani tutt’altro che facili, dai
quali le ragazze hanno appreso molte cose nuove che
hanno permesso loro di goderne profondamente.
Parte importante del programma è stata anche quella riservata a pezzi di compositori italiani contemporanei fra
cui lo stesso Alessandro Cadario, Carlo Berlese e “Stetit
Angelus” di Giovanni Bonato.
Piacevole eccezione nel programma, una sorpresa anche
per le ragazze che ne hanno cominciato lo studio soltanto dopo l’arrivo a Riga di Alessandro, è stato il canto in
lingua inglese “Halleluja” tratto dal cartoon “Shrek”.
Il 20 Marzo Alessandro Cadario si è presentato al concerto in una chiesa anglicana di Riga con tre gruppi mettendo in evidenza soprattutto la musica italiana Contemporanea e del Rinascimento.
Ad alcune delle ragazze i canti studiati in questa occasione hanno dato tanto piacere ed entusiasmo da farli scegliere loro per la successiva presentazione al Concorso
per Giovani Talenti riservato a ragazze impegnate nei cori. Queste ragazze hanno vinto il concorso.
Alessandro Cadario ha tenuto anche una conferenza ed
un laboratorio pratico con il Coro dell’Università di Riga
per la Preparazione degli Insegnanti, Facoltà di Musica.
È stata davvero un’esperienza interessante e valida sia
per gli studenti sia per gli insegnanti dell’Università.
Noi ci auguriamo che Cadario possa tornare in Lettonia
la prossima estate in occasione del V Festival Internazionale di Cori Giovanili. I giovani musicisti lettoni potrebbero trarne ulteriore e nuova esperienza e conoscenza
della musica italiana dei nostri giorni.
cronache
A
VITTORIO VENETO
IL 41° CONCORSO NA ZIONA LE CORA LE
di Giuseppe Calliari
N
30
ella città di Lorenzo Da
Ponte, Vittorio Veneto, si
saggia la qualità della vita
corale italiana? Un concorso può
essere rappresentativo del movimento della realtà? Insieme con le
altre competizioni nazionali, dal
Friuli alla Toscana, è da molti anni
riferimento per le formazioni che
non intendono evitare i confronti e i
giudizi.
Concorrere è confrontarsi, ascoltare
gli altri cori, abituarsi a pensare in
più modi. È anche sottoporsi alla
valutazione di una commissione e
accettarne il responso. In ogni strada di crescita i momenti di uscita da
sé sono ineludibili.
Dunque rassegne e concorsi rappresentano per la crescita di un’identità
corale dei passaggi cruciali, intorno
ai quali costruire capacità di lavoro
e prospettive di sviluppo musicale.
Vittorio Veneto da 41 anni è per la
coralità italiana un incrocio. Ma come vanno le cose oggi, nel 2006? di
quali esperienze musicali dei cori il
concorso è stato indicatore? L’impostazione recente del Vittorio Veneto chiede la presentazione di programmi monografici, di “progettiprogramma”, e dunque i cori ammessi sono cori ben disposti verso
l’approfondimento tematico. Non è
cosa da tutti, specialmente nel settore popolare, e proprio la scarsa adesione quantitativa ma anche qualitativa dei cori di tradizione si è fatta
notare in questa edizione del concorso: è la crisi del settore? La formula a tema è imbarazzante? Scarseggia la ricerca di qualità?
Ben orientati, in vari modi, alla ricerca, sono invece le formazioni più
giovani, quelle a voci bianche, numerose e capaci di esprimere una
varietà di approcci. Gradi diversi di
competenza mostrano gli ensembles polifonici adulti, tra momenti
di nitida professionalizzazione e
progetti meno centrati, non ben misurati sulle proprie forze. Insomma
il consuntivo di questa sezione è
non del tutto appagante. Il concorso
è anche una vetrina di vocalità, aldilà dei contenuti tematici coltivati:
dei valori tecnici e estetici legati alla vocalità i risultati finali devono
tenere naturalmente conto, e qui le
cose mostrano alti e bassi.
Veniamo dunque agli esiti, per tracciare in digressioni a ritroso le tappe intermedie. I bergamaschi del
Coro Polifonico “Calycanthus” di
Pedrengo, si sono portati via il primo premio nel polifonico d’autore,
la “Corale zumellese” di Mel, Belluno, ha meritato di vincere nel repertorio di tradizione popolare, le
molisane del “Coeli Lilia”, espressione di un istituto comprensivo di
Campobasso, si sono aggiudicate il
premio tra le voci bianche. Di non
piccolo significato è la matrice istituzionale, scolastica, di quest’ultima formazione, un incoraggiante
indizio che anche nel nostro Paese
qualcosa si sta muovendo.
In generale in un concorso nazionale è ovvio che vengano premiate
esperienze corali appartenenti a più
realtà territoriali: non è solo strategia, naturalmente, è obiettivo segno
che la coralità vive un po’ dappertutto e che i concorsi sono capaci di attrarre a sé anche realtà lontane. Per
la giuria non è stato compito troppo
difficile scegliere i cori da mandare
al concerto finale, accanto alla formazione vincitrice del “Guido d’Arezzo” 2005, l’Ensemble Vocale
“Calycanthus” di Parabiago, nel milanese, e al coro ospite dell’Asac, il
“Valcavasia” del trevigiano.
Dall’incontro di domenica 7 maggio, in chiusura dei due giorni di
competizione, in un teatro “Da
Ponte” affollato, è uscito anche il
coro meritevole del Gran Premio
“Efrem Casagrande”, alla 14ª edizione: del “Calycanthus” di Parabiago, alle prese con pagine ardite e
fascinose del suo stesso direttore
Pietro Ferrario, o altre di Cayabyab
e Myskinis, tutte sacre, non c’è che
constatare che si tratta di un gruppo
cameristico di professionisti, capace di vitalizzare efficacemente anche la scrittura meno immediata.
Dunque non poteva che andare a loro il “Casagrande”. Di diritto al
“Guido d’Arezzo” va di converso il
“Calycanthus” di Pedrengo, primo
premio per le “musiche originali
d’autore”.
Questo “Calycanthus”, diretto da
Flavio Ranica, ha buone risorse –
precisione, controllo, fraseggio ricercato – non del tutto risolte però
in gioco corale, in buon rapporto tra
le parti, in fluidità del pensiero musicale: restano lodevoli le prestazione, per intonazione e messa a fuoco
del repertorio, novecentesco e sacro, precisamente legato al tema
della Passione, tra Bardos, Molfino,
Bettinelli e Duruflé. Quanto alla
“Corale zumellese”, una trentina di
voci miste, per scioltezza e buona
vocalità si era da subito distinta come la sola formazione popolare degna: le elaborazioni presentate nel
progetto, firmate da “autori contemporanei” – Filippi e Zuccante, Da
Rold, Pradal e Camoletto – erano
centrate sulla tradizione dell’Italia
settentrionale.
Tra le voci bianche la competizione
era più aperta. Oltre le vincitrici,
eclettiche nella loro “storia della
polifonia” preparata e diretta da
Giovanna Consiglio, la “Piccola
Harmonia” di Marghera con il progetto “Cantafiaba” ha portato una
lodevole esperienza di ricerca con
una ventina di giovanissimi, selezionando brani narrativi arguti di
ben individuata vocalità e spessore
musicale, a cappella, attinti a “Girogirocanto”. “Audite nova” di Staranzano, Gorizia, coro che puntava
all’ordinario della messa, in Delibes, spinge la vocalità verso un colore quasi femminile, meno limpido
del desiderabile.
Di tutt’altra pasta, voci naturali e
immediate, e repertori su misura –
anche sloveni e dedicati al tema degli animali – le voci bianche di
cronache
Domjo, “Fran Venturini”, a spaziare
tra generi e in forme di polifonia
minimale. E così, alla buona e con
spontaneità, le voci bianche slovene
di Trebiciano, dirette da una religiosa per creare nel canto popolare un
clima di musicale simpatia tra le
culture. E di interesse si sono dimostrate anche le due monografie novecentesche in concorso tra le
“bianche”: il Faurè un po’ esitante
del coro di Fontanafredda, Pordenone, e il Britten con altri autori della
grande e promettente formazione di
Riva del Garda, entrambe sostenute
dal pianoforte.
Nella sezione delle voci bianche si
mescola dunque un po’ di tutto, all’insegna di una varietà di percorsi
educativi, non sempre strettamente
musicali, ma di notevole interesse.
Resta da dire qualcosa sullo svolgimento della competizione nella prima categoria, la polifonia in “musiche originali d’autore”, ovvero la
grande letteratura. Sufficienti i
“Giovani del Contrà” di Fontanafredda in contrappunti sacri, meno
validi “S. Antonio Abate” di Cordenons nel difficile sacro di Dipiazza
e Donati, e così “Ecclesia nova” del
veronese in un programma madrigalistico, e il “Città di Erba” in un
programma maschile a cappella.
Molto interessante il “Mortalisatis”
padovano, 25 voci dirette da Alessandro Kirschner, poi segnalato dalla giuria come concertatore, nel programma mariano di originale scelta
tra il minimal di Dubra e l’etnico di
Sisask, l’atmosfera di Grieg e la vivezza di Dalla Vecchia: la giuria gli
ha attribuito il secondo premio.
Meritevole di lode, per il progetto –
temi e autori del Romanticismo tedesco – e per la qualità del lavoro, il
“San Giorgio” di Verona, con la raffinata presenza pianistica di Gabriele Prodi: il complesso vocale, diretto dal trentino Sandro Filippi in
Schubert, Wolf e Brahms, ha meritato il secondo premio.
I motivi di interesse in questa edizione del concorso non sono dunque mancati, ma ciò non toglie che
il “Vittorio Veneto” debba ricercare
nel futuro il modo di assicurarsi un
maggior numero di presenze qualificate, che possano fare della competizione un più obiettivo specchio
della realtà musicale in divenire.
VINICIO CA RRA RA
IN MEMORIA M
Il 12 giugno è mancato Vinicio Carrara, figura storica della omonima casa editrice musicale.
Si avvicinava agli 86 anni, ben portati e sostenuti da una forza lavorativa
che lo ha visto fino all’ultimo seduto alla sua scrivania.
In ufficio, tra redazione e rotative, c’è stato per 70 anni, salendo dal più
basso dei gradini fino alla conduzione dell’azienda divenuta totalmente
sua, guida assunta proprio negli anni più difficili della musica sacra
quando il vento dell’estetica postconciliare rischiava di far cadere i bastioni di una azienda che si era mossa, dal 1912 in poi, nell’ambito della
più stretta osservanza liturgica.
Vinicio Carrara fu determinato e avveduto in quel periodo: non abbandonò le sue riviste storiche anzi cercò la strada per conferire alle pubblicazioni un più alto pregio artistico; implementò i volumi di musica corale e organistica (sua l’invenzione delle raccolte organistiche affidate alla cura di Alessandro Esposito e alle riviste corali affidate a Luciano Migliavacca); aprì l’editrice all’esperienza della scolastica il cui successo
consentì al suo gruppo di lavoro di rimanere fedele al solco della tradizione continuando a sostenere il viaggio nella musica sacra e lasciando
poi al figlio Vittorio Carrara jr. il compito di allargare i confini del proprio operare nel più largo ambito europeo.
Vinicio Carrara ha lavorato in silenzio, sobrio nell’agire come era nel suo
costume, fuori dalle polemiche o soffrendole nell’intimo senza però dimostrare all’esterno il benché minimo risentimento.
Regalava la sua affettuosità a pochi intimi e a pochi amici spesso giovani musicisti e giovani collaboratori. In essi vedeva una sorta di prosecuzione del lungo viaggio della storia musicale, quasi fossero custodi di un
lavoro meraviglioso nei sentimenti ma irto di difficoltà nell’evolversi dell’esperienza quotidiana.
Pur cosciente di ciò non si è fermato. Fino all’ultimo.
Parlava spesso del centenario di Casa Carrara: il 2012 era così vicino e
tuttavia cosi lontano...
Non era un insperato anelito di vita. Era lo stupore di vedere ormai prossimi i 5000 numeri d’opus della casa editrice, era guardare ad una data
che l’avrebbe reso non orgoglioso ma certo di aver fatto il suo dovere nei
confronti del fondatore che gli aveva consegnato un marchio fondamentale per la storia della musica sacra in Italia e di grande immagine per la
sua Bergamo.
Quel marchio si è comunque costruito con il contributo di decine e decine di musicisti che a fianco di Vinicio hanno consentito il non disperdersi di valori artistici, la conservazione della buona musica corale, della
buona musica d’organo, della buona musica che egli interpretava come il
linguaggio della concordia. Queste cose Vinicio Carrara non le ha dette
in vita. Le ha fatte.
A chi gli è stato vicino il dovere di comunicarlo ai musicisti di buona
volontà.
VENCELIUS
31
cronache
FOSCO CORTI
VENTI A NNI DOPO
di Arcangela Greco
A
32
quali riflessioni porta la
celebrazione di un anniversario?
Certo una ricorrenza eclatante (com’è quella che quest’anno,
ad esempio, ricorda i 250 anni della
nascita di Mozart) genera in modo
immediato un’esplosione d’idee in
tutti gli organismi preposti a veicolare cultura e a favorire tutte le iniziative atte a renderla accessibile; spesso, infatti nel brulichio di manifestazioni che naturalmente seguono, la
ricorrenza ha il grande merito, fra i
tanti, di rendere fruibili le esperienze
musicali più diverse a quegli appassionati che, vivendo in piccole realtà,
non hanno abitualmente la possibilità di gustare eventi di qualità.
Ma al di là di un generico e spesso
pretestuoso carattere celebrativo, il
voler commemorare la figura di un
artista, specialmente se scomparso
da poco, afferisce sempre ad un’intenzione più profonda: il bisogno di
continuare a pensare collettivamente
l’uomo, l’amico e l’urgenza di riaffermare il musicista nell’accezione
più completa del termine.
Con tale spirito sono stati organizzati dall’Associazione Cori della Toscana gli eventi musicali che durante
i mesi di aprile, maggio e giugno
hanno riproposto alla platea dei musicofili di Arezzo e provincia la figura del M° Fosco Corti, indimenticato
fondatore del Gruppo Polifonico
“Francesco Coradini” (di cui fu direttore dal 1968 al 1986, anno della
morte).
Raffinato esecutore, colto didatta,
appassionato compositore, Fosco
Corti ha molto seminato durante gli
anni della sua intensa attività: molti
dei suoi coristi, innamoratisi grazie
a lui della polifonia, militano tutt’ora nelle compagini corali della provincia; alcuni suoi allievi, incalzati
dal suo rigore di preparatore e sostenuti con tenacia nella loro convinzione di riuscita, sono adesso direttori di compagini affermate o solisti di chiara fama. Tutti hanno accettato con slancio l’invito che l’Associazione Cori della Toscana, nella
persona del suo Presidente Fernando Catacchini, ha loro rivolto col
desiderio di riunirli nel nome dell’a-
mico scomparso.
E così è stato possibile riascoltare integralmente quell’opera che valse a
Fosco Corti nel 1976 il premio della
critica discografica, la "Passione secondo Giovanni" per coro virile e
voce recitante di Francesco Corteccia eseguita, sotto la direzione del
M° Lorenzo Donati, dalle sezioni
maschili riunite dell’Insieme Vocale
“Vox Cordis”, del Gruppo Polifonico
“F. Coradini” e di altri gruppi aretini;
mentre il soprano Eva Mei ha cantato il commosso ricordo del suo primo maestro nelle note purissime di
Schubert; ed il baritono Alfredo
Grandini, nel riproporre un sensualissimo Monteverdi dal VII Libro dei
Madrigali, ha voluto rendere omaggio anche al fondatore del complesso vocale “I Solisti del Madrigale
Italiano”.
Nelle più antiche e conosciute Pievi
e Basiliche di Arezzo, Cortona,
Monte San Savino, Anghiari, Bibbiena e Montevarchi, si sono dunque
levati ed intrecciati i suoni di tanti
esecutori, amici ed allievi di Fosco
Corti; e nella riproposta del severo
Bruckner da parte del M° Fabio
Lombardo col maestoso Coro della
Scuola di Musica di Fiesole e del
raffinato Palestrina del M° Francesco Rizzi col solido Coro della Scuola Normale Superiore di Pisa, si è avvertito quanto straordinaria sia stata
l’esperienza di chi ha potuto lavorare con un tale Maestro.
Vent’anni dopo celebrare significa
dunque voler riaffermare il musicista
soprattutto come operatore culturale:
il percorso tracciato dal M° Corti è
quello che hanno intrapreso (come si è
potuto constatare nei concerti di Arezzo) i preparatori ed i direttori delle migliori compagini corali italiane.
Nel famoso articolo “Dalla radice in
su: riflessioni sullo stato della coralità italiana e toscana” scritto nel
1982 per il 1° numero del periodico
dell’Associazione Cori della Toscana “Diapason” (e ripubblicato sull’ultimo numero della rivista proprio
in occasione di questo anniversario),
Fosco Corti traccia i mali che affliggono il mondo corale italiano e ne
individua i rimedi. Il direttore di coro non sarà più considerato un musi-
cista di serie B se, lui per primo, abbandonerà “...una certa mentalità dilettantesca...” per assumere “...una
nuova coscienza professionale...”
che si dovrà affermare indipendentemente dal tipo di coro che egli si troverà a dover dirigere.
Piena dignità alla coralità amatoriale
dunque: il direttore ha il ruolo chiave in questo processo di trasformazione e deve utilizzare tutti gli strumenti necessari (corsi d’aggiornamento e formazione, seminari d’approfondimento, ecc.) affinché la sua
preparazione in “...studio della composizione, vocalità, gestualità direttoriale, della concertazione oltre, ovviamente, dell’analisi e dell’interpretazione...” sia pari a quella di tanti direttori di cori del Nord ed Est
Europa.
La lezione più grande però che il M°
Corti ci ha trasmessa è stata senz’altro quella della passione per il suo
lavoro e della gratitudine verso tutti
coloro che lo hanno aiutato a svolgerlo al meglio: far musica bene, con
gioia e soprattutto insieme a coloro
che sono vicini nell’affetto e nelle
intenzioni ripaga di ogni singolo momento di duro impegno.
E questo grande slancio, che in tutti
questi anni è passato attraverso tante
esperienze diverse, varcando anche i
confini della polifonia più classica
(come non essere trascinati dalle atmosfere etniche e jazzistiche del
concerto finale dei “Jubilee Shouters” di Gianna Grazzini, una delle
allieve più entusiaste) è l’impressione più viva che ha recepito chi scrive, e che non ha mai conosciuto il
Maestro.
scheda regione
A .CO.L.
A SSOCIA ZIONE GRUPPI CORA LI LIGURI
RECAPITI
La necessità di raggruppare le realtà
corali esistenti ed operanti nel territorio ligure è stata una naturale ossessione per Mauro Ottobrini, dopo aver
constatato, a seguito della cattiva interpretazione dell’Enciclica riguardante la Musica Sacra (1970), che i
gruppi corali (in particolare quelli al
servizio della Liturgia) rischiavano di
cessare la loro attività per volere di alcuni nuovi “curati” che arrivavano
nella Parrocchia loro assegnata con la
chitarra tracolla...
Dal 1970 al ’74 furonno anni bui per
la coralità italiana ed in particolare
per quella ligure e solo pochi, ma veramente pochi (non più di 9) furono i
gruppi che riuscirono a sopravvivere
grazie ad un’attenta lettura riportata
nelle norme dove citava testualmente
che “è auspicabile la funzionalità di
un Coro nelle Chiese maggiori” e che
“nelle Messe Solenni venga eseguita
almeno la Messa degli Angeli”.
Forse fu proprio questa “molla” che
scattò nella testa di Mauro Ottobrini,
e con l’aiuto dei 9 Maestri degli unici
Cori operanti in Liguria, incominciò a
radunare e a censire le realtà corali
Coordinamento Operativo
Presidente:
Cav. Mauro Ottobrini
Rappresentanti:
Antonella Bignardi, Daniela Cerulli, Armando Corso, Manuelita
De Simoni, Gianmario Faveto,
Giovanni Mangione, Claudio Martini, Angelo Mulè, Walter Parodi,
Claudio Penco, Paolo Petralia,
Adriano Rocchi, Domenico Sorrenti, Giuseppe Tassi, Elena Toscano, Pino Zucchetti, che svolgono in coordinamento le mansioni
di segreteria, archivio, ufficio corsi, programmazione, logistica cori, assistenza gestionale, consulenza tecnica, pianificazione eventi,
PR, Web Master.
Sede Legale: Via Cuneo 16/6 – 16032 Camogli (Ge)
Tel. e Fax: 0039 0185 770195
[email protected] - www.acol.it
pregando loro di perseguire l’opera
divulgativa del canto corale, nell’intento di salvaguardare quel patrimonio artistico che ancor oggi la Chiesa
vanta.
Iniziò così la ricerca in tutta la regione e nel ’73 si svolse il 1° Convegno
delle Corali Liguri, che, in breve
tempo, diede forza a quanti, titubanti
e pressati dall’indisponibilità dei
nuovi Parroci, di proseguire l’attività.
Parallelamente si sviluppò l’idea dell’internazionalità della musica, con la
fioritura di gemellaggi musicali (più
tardi anche amministrativi) fra realtà
corali europee.
Nel novembre del ’75 nacque l’International Song Meeting, “l’universalità della musica”, che vide la compagine corale di M.me Fizet e l’indimenticabile M.o E. E. BokenKamp
col Coro della Grimmelshausen
Gymnasium di Offenburg, che successivamente diventerà il Kammerchor di Offenburg. La manifestazione, variando i soggetti, viene mantenuta tutt’ora, in programma nel periodo autunnale (ottobre – novembre).
I dati necessari per stilare un primo
censimento sono stati raccolti durante il biennio ’76/’77, tanto che nel ’78
la manifestazione ligure, sempre
con le premesse sopra citate, si amplificò a tre giorni, con l’inserimento
dei gruppi corali non prettamente liturgici che con forza spronavano la
nostra azione divulgativa e conservatrice (Armando Corso – Coro Monte
Cauriol).
Trentun cori alla 7ª Edizione (1980),
mentre sconfinava in altre Regioni; fu
necessario variare il nome da Convegno delle Corali Liguri a Convegno
Ligure delle Corali. Nel 1981 ben 51
adesioni: ebbe così inizio il “decentramento”, atto a valorizzare l’operato dei Cori locali. Ma il massimo degli sforzi arrivò col decennale della
manifestazione: 105 cori in 2 mesi di
programmazione.
La notorietà di tale evento (grazie anche alle riprese RAI) arrivò presso la
nascente FENIARCO, mentre, da
parte nostra, avevamo censito oltre
170 gruppi corali eterogenei, che sentivano la nostra stessa necessità: unire
gli intenti nel difendere l’indefesso
operato del singolo corista.
Senza troppe pretese, ma consapevoli
della forza morale che il coro può
esprimere, facevamo nostre le riflessioni di Roberto Goitre nel suo fondamentale saggio “Validità del Canto
Corale”: “Non è forse questo il migliore specchio della realtà in cui viviamo, dove tutti dovrebbero tendere
a dare il meglio di se stessi per il bene comune mentre la mancanza di un
singolo individuo può essere delitto
contro l’intera comunità entro cui
egli vive? E allora perchè non dare al
Coro e a chi lo pratica il giusto posto
nella graduatoria dei mezzi educativi,
degli svaghi, della partecipazione ecclesiale?”
Queste acute domande, questa attenta analisi sulla preziosa funzione
svolta dalla Coralità – che educa alla
tolleranza verso gli altri, all’umiltà,
alla perseveranza – aiutano a ricordare nel variegato panorama dell’attività amatoriale i Cori non professionisti, che formano un mondo a parte,
con connotazioni e motivazioni specifiche: un mondo in cui amatoriale
non sottolinea tanto l’aspetto non
professionale quanto piuttosto l’impegno soggettivo di passione per l’attività corale, strumento di una particolare e preziosa forma di comunicazione sociale.
Era maturato il tempo di unire gli intenti con quanti, in altre Regioni, perseguivano lo stesso scopo.
Dopo alcuni approcci con Dino Stella, allora Presidente Feniarco, la coralità ligure approdò alla Federazione
Nazionale e nel 15 gennaio 1988 sottoscrisse lo Statuto della già esistente
A.CO.L. Liguria, grazie alla preziosa
collaborazione di una commissione
composta da Armando Corso, Luigi
Porro, Emilia Barbagelata, Fabrizio
Fancello, Mario Faveto, Lorenzina
Massa.
Le attività prodotte nel tempo sono
numerose, sia nell’ambito gestionale
che formativo.
33
scheda regione
Convegno ligure delle corali
festival nazionale della polifonia e del folklore
Cori Partecipanti
34
Consapevoli della necessità di indirizzare i nostri Cori ad una migliore
interpretazione, la Commissione artistica ha effettuato corsi e stages rivolti ai coristi, ai maestri e organisti
per l’accompagnamento della Sacra
Liturgia.
Onde approfondire e proporre seminari tematici oggi dispone di una
adeguata struttura: il Centro Congressi Alta Val di Vara Villa Croce è
adibito ad ospitare anche corsi permanenti quali Didattica Musicale e
corale infantile, Direzione di Coro,
Tecnica interpretativa della Polifonia, Prassi esecutiva vocale per Coristi, La Funzione dell’Organo.
La verifica ed i riscontri al Convegno
Ligure delle Corali che, nel tempo,
ha raggiunto una programmazione a
tema ed è diventato Festival Nazionale della Polifonia e del Folklore in
quanto ospita rappresentanti di tutte
le regioni italiane ed intercontinentali (USA, Europa).
Quest’anno (33ª Edizione) 24 sono
stati gli appuntamenti tematici decentrati in tutta l’area ligure da Sanremo a La Spezia, da Rossiglione a
Maissana grazie alla preziosa collaborazione della Regione Liguria Assessorato allo Sport e tempo libero, degli Enti Locali e di Promozione
Turistica dislocati in tutta la Regione.
I 75 cori partecipanti hanno ricevuto,
oltre ai premi di rappresentanza di
tutti i Comuni ospitanti, il “Premio
Panarello – la tradizione Ligure”
mentre l’Agenzia di Promozione Turistica Regionale Liguria In e l’APT
Tigullio si sono distinte per la divulgazione della Manifestazione nel
Territorio.
“La vera essenza della musica è da
ricercare nell’universalità del suo liguaggio ed ecco che ogni suo segreto si manifesta nell’intimità degli
animi di chiunque la voglia percepire” è il tema conduttore che il coordinatore ed ideatore Mauro Ottobrini
ha introdotto durante la serata conclusiva, presentando il gruppo americano Second Presbyterian Church
Chapel Choir (Illinois).
CORALI RIUNITE DI BAGNASCO E CEVA
AMIXI DE BOGGIASCO
CORALE SANTA MARIA
CORO SISTRO
SCHOLA CANTORUM MONS. G.B.TROFELLO
CORALE G. D'AREZZO
CORO MORA VOCIS
GRUPPO CORALE L. PEROSI
CORALE POLIFONICA CELLESE
CORALE COLLECCHIESE M.DELLAPINA
CORO ANA COLLEGNO
CORO NOI CANTANDO
CORO CLAUDIO MONTEVERDI
CORO C.A.T.
GRUPPO FOLK "O CASTELLO"
MILLELIRE GOSPEL CHOIR
SPIRITUALS AND FOLK
CORO FEMM. GOOD NEWS
CORO IL CERCHIO ARMONICO
CORO POLIFONICO ALBARO
JINGLE JAM SINGERS
LA COMBRICCOLA
GENOVA VOCAL ENSEMBLE
CORO POL. S. M. IMMACOLATA
CORO N. S. DEL CARMINE
CORO MONTI LIGURI
CORO MUSICA NOVA
GRUPPO FOLK RAGAZZE GAU
CORO POLIFONICO ALCMANE
OPERA FESTIVAL CYCNUS
GRUPPO NEW STARS
CORO SHALOM
NUGAE - CLASSICO
CORO DANEO
PICCOLI CANTORI DELL'ACCADEMIA
CORO LA FILASTROCCA
CORALE LIRICA SESTRESE
SECOND PRESBYTERIAN CHURCH CHAPEL CHOIR
CORALE CASTELVECCHIO S.M.MAGGIORE
CANTORES BORMANI
GRUPPO NUOVO CACCIUCCO
C.T.G. FOLK LOANO
CORO SAN DONATO
CORO PARR. G.B.CAMPODONICO
AMICI DEL CANTO
CORALE L.PEROSI
CORALE DON T.CARAZZONE
ARS MUSICAE
CORO IL GRAPPOLO
CORO MONT ROSE
LAETI CANTORES
CONCENTO ARMONICO
CORALE N.S. DELLE GRAZIE
PICCOLO CORO G.CARDUCCI
CORO ANA ROCCE NERE
CORO VOCI D'ALPE
CORALE ALFIERINA
I GIOVANI CANTERINI DI S.OLCESE
CORO S.MARTINO
FUORI TEMPO
COMPLESSO VOC MERCEDE
CORO LA CONTRADA
CORO VOCI BIANCHE
CORO DEI LUNEDI' MUSICALI
CORO LA GINESTRA
MUSICA D'INSIEME FLAUTI DOLCI
CORO JUBILAEUM
A.S.A.M. CHORUS
CORO LA MIMOSA
CORO LA MIMOSA sez. VOCI BIANCHE
GRUPPO VOCALE TIGLIETESE
CORO SANT'AMBROGIO
GRUPPO VOCALE KANTOR
BAGNASCO - CN
BOGLIASCO - GE
BOGLIASCO - GE
BOLOGNA - BO
CAMOGLI- GE
CARCARE - SV
CASTELNUOVO M. - SP
CASTELNUOVO M. - SP
CELLE LIGURE - SV
COLLECCHIO - PR
COLLEGNO - TO
COSSATO - BI
COSSERIA - SV
CUTIGLIANO - PT
FAVALE DI MALVARO - GE
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA
GENOVA NERVI
GENOVA Sestri Pon.
ILLINOIS (USA)
IMPERIA
IMPERIA
LIVORNO
LOANO - SV
LUCCA
MAISSANA - SP
MALLARE - SV
MONTECATINI - PT
MURIALDO - SV
PIETRABISSARA - GE
PIOBESI TORINESE - TO
PONT SAINT MARTIN - AO
QUILIANO- SV
QUILIANO - SV
RECCO - GE
ROMA
ROSSIGLIONE - GE
S.MARGHERITA LIGURE - GE
S.MARTINO ALFIERI - AT
S.OLCESE - GE
SALVIANO di LIVORNO - LI
SAN REMO - IM
SAN REMO - IM
SANTO STEFANO D'AVETO - GE
SAVIGNONE - GE
SAVIGNONE - GE
SAVONA
SESTA GODANO - SP
SORI - GE
STAZZANO - AL
TAVAGNASCO - TO
TAVAGNASCO - TO
TIGLIETO - GE
USCIO - GE
VITINIA - RM
notizie dalle Regioni
L
A.CO.M.
Associazione
Cori del Molise
Via Appennini
86023 Montagano (Cb)
Presidente:
Guido Messore
’Associazione “Cori del Molise” dal mese di dicembre 2005 al mese di maggio 2006 ha vissuto un
susseguirsi di numerose e importanti iniziative nel campo concertistico e nel campo didattico.
Nel periodo natalizio, su invito della Giunta Regionale del Molise, in occasione del 42° anniversario della Istituzione della Regione Molise, l’Acom ha realizzato la manifestazione corale intitolata “Moliseincoro” con tre concerti nelle città di Termoli, Venafro, Trivento. In ogni concerto si sono esibiti tre cori per
volta. L’iniziativa ha dato modo di far conoscere ed apprezzare la pregevole attività di volontariato sociale svolto dalla nostra Associazione.
Per la prima volta, su sollecitazione della Commissione Artistica, è stato attivato un Corso di Vocalità tenuto dalla esperta personalità del docente Steve Woodbury. Il corso ha avuto luogo a Campobasso articolato in tre stage: 14 e 15 gennaio, 28 e 29 gennaio, 11 e 12 febbraio. Si è avuta una notevole frequenza da parte di Maestri direttori e coristi che hanno recepito con entusiasmo le varie fasi della pratica vocale. Il corso ha avuto la durata di 28 ore nelle quali sono stati trattati argomenti riguardanti gli aspetti
fondamentali dell’educazione funzionale della voce. A conclusione c’è stata la richiesta di ripetere il corso anche nell’anno successivo.
Altro momento importante è stato il Laboratorio di Concertazione e Direzione di Coro tenuto, per il terzo anno consecutivo, dal M° Pier Paolo Scattolin. Il corso, articolato in tre stage, ha avuto la durata di 40
ore distribuite in lezioni di parte teorica e in laboratorio di concertazione pratica. Hanno dato un grande
apporto ben cinque cori associati che, in funzione di cori-laboratorio, si sono alternati a seconda del repertorio trattato che andava dal rinascimento ai contemporanei. Il corso si è concluso con un “Gran concerto Corale” in cui i cinque cori si sono alternati sotto la direzione degli allievi del corso.
Il 18 febbraio si è tenuta a Montagano l’Assemblea Ordinaria dei Cori associati con all’ordine del giorno il rinnovo delle cariche sociali. Il nuovo organo statutario è il seguente:
Consiglio Direttivo: Guido Messore (Presidente), Donato Barone (Vicepresidente), Elisabetta Scarano
(Segretario), Pasquale Minadeo (Membro), Donato De Cerce (Membro), Concetta Lisi (Membro), Michele Petti (Membro)
Collegio dei Probiviri: Gerardo Marino, Saverio Pascucci, Antonio Laurelli
Collegio dei Sidaci: Elio Vocaturo, Sergio Baranello, Ermanno Petti
Commissione Artistica: Michele Gennarelli, Guido Messore, Vincenzo Lombardi, Giovanna Consiglio,
Guido Padano, Tiziano Albanese, Don Luigi Marcangione,
Agostino Trotta, Giuliano Mariano
35
Nei giorni 20 e 21 maggio si è svolta a Campobasso l’annuale Rassegna Corale Regionale giunta alla 12a
edizione.
A testimonianza della vitalità della nostra Associazione corale, vanno messe in risalto alcune affermazioni artistiche ottenute in campo nazionale:
- 1° premio conseguito dal Coro di voci bianche “Coeli Lilia” della Scuola Media “A. Colozza” di Campobasso al Concorso Corale di Vittorio Veneto 2006;
- vincita del Concorso di Composizione Corale “Cantar Trieste” 2005 da parte del compositore e attuale presidente dell’Associazione Guido Messore con la composizione per coro a 4 voci femminili “Il filo dell’autunno” su poesia della poetessa triestina Lina Galli.
Dopo la pausa estiva, in autunno si riparte con spirito rinfrancato.
notizie dalle Regioni
È
A.S.A.C.
Associazione per lo
Sviluppo delle
Attività Corali
Via Castellana, 44
30174 Mestre (Ve)
Presidente:
Alessandro Raschi
36
partito con piglio deciso e voglia di rinnovamento e sempre crescente sviluppo dell’attività corale il nuovo corso dell’Asac, l’organismo che raggruppa oltre 350 cori del Veneto.
Dall’assemblea annuale della primavera scorsa, infatti, è uscito un nuovo Consiglio direttivo che
ha eletto presidente Alessandro Raschi (“Corale Zumellese” di Mel, Belluno), primo bellunese e
primo non musicista a ricoprire tale incarico dopo i maestri Efrem Casagrande, Bruno Pasut (scomparso di recente) e Gastone Zotto. Alla vicepresidenza è stato chiamato Giorgio Ferrari (Coro
“Monte Pasubio” di Rovigo), mentre la segreteria è stata affidata a Giorgio Penzo (“I Cantori di
Santomio” di Malo, Vicenza).
Già nelle prime settimane del nuovo corso non sono mancati provvedimenti e impostazioni di future attività. È stata rinnovata la Commissione artistica regionale, ora articolata in un organismo ristretto centrale (Maestri Giorgio Mazzucato, Mauro Zuccante, Maria Dal Bianco, Alessandro Kirschner e Stefano Da Ros) che coordinerà il lavoro degli altri commissari vicini alle varie realtà provinciali.
Si è deciso di dare nuovo impulso anche alla rivista quadrimestrale “Musica insieme” razionalizzando al massimo gli spazi cronachistici a favore di più ampi approfondimenti di carattere tecnico-musicale, artistico e filologico. Il direttore responsabile della rivista, il giornalista Dino Bridda
(Coro “Voci in valle” di Belluno), è stato confermato nell’incarico ed è stato nominato un direttore artistico nella persona del prof. Piervito Malusà, docente di conservatorio.
Nel settore della formazione spicca il corso residenziale per direttori che si terrà a Mel (BL) dal 22
al 28 agosto prossimi sotto la direzione dei maestri Pavese e Petersen: si tratta di un’iniziativa ormai ricorrente che ha sempre dato ottimi frutti per rinsaldare la preparazione tecnica dei maestri di
coro.
Sempre nel medesimo settore si sta rivelando di estremo interesse e profitto il laboratorio corale
allestito, nella sede decentrata di Feltre (BL), in collaborazione con il Conservatorio di Vicenza e
diretto dal prof. Piervito Malusà. In esso allievi direttori di coro, frequentanti i corsi conservatoriali, maestri di coro e coristi hanno così occasione di sperimentare un percorso comune di vicendevole crescita artistica.
L’Asac Veneto sarà poi impegnata, assieme alla Feniarco nei giorni 8/9/10 settembre a Lignano
Sabbiadoro (UD), nell’organizzazione e nella partecipazione del Festival Nazionale “Alpe Adria”.
La domenica successiva 17 settembre si svolgerà la tradizionale manifestazione “Venezia in coro”,
giornata nella quale decine e decine di complessi corali “invaderanno” pacificamente la città lagunare cantando in chiese, campi, campielli, case di riposo per poi confluire nel grande concerto finale con accompagnamento strumentale nella suggestiva cornice di piazza S. Marco.
Altro appuntamento importante sarà quello d’autunno con la quarta edizione del Festival della Coralità Veneta, manifestazione rinnovata nella formula che si terrà nella sola domenica 29 ottobre a
Belluno alla presenza di una qualificata giuria di illustri musicisti provenienti da fuori regione.
Infine, non va dimenticato il progetto “Coralità per fini sociali” che, su finanziamento della Regione del Veneto, mette i cori veneti al servizio di varie comunità locali (case di riposo, residenze
sanitarie assistite, ospedali, ecc.) per una lodevole iniziativa culturale di assoluta valenza sociale.
“È una sfida non di poco conto - sostiene il neo presidente Raschi - ma siamo partiti con il piede
giusto e con tanto entusiasmo per ridare smalto e vigore alla coralità veneta che ha estremo bisogno di essere sollecitata in tal senso e stimolata, con opportuni strumenti e iniziative, a migliorare
sul piano qualitativo tecnico-musicale e su quello, non meno importante, delle scelte repertoriali”.
È una sfida impegnativa, quella che attende, pertanto, l’Asac Veneto e sempre in un’unica direzione: fare buona musica corale.
notizie dalle Regioni
LA NUOVA DIRIGENZA AERCO DOPO L’ASSEMBLEA 2006
M
A.E.R.CO
Associazione
Emiliano-Romagnola
Cori
Via San Carlo, 25/F
40121 BOLOGNA
Presidente:
Fedele Fantuzzi
olto importante si presentava l’appuntamento annuale dell’Assemblea dell’Associazione,
perché il Presidente Scattolin aveva annunciato da tempo che nuovi impegni professionali
non gli avrebbero permesso di accettare un nuovo mandato triennale. La sua relazione introduttiva
dei lavori è stata pertanto un’ampia analisi sullo stato associativo dell’AERCO e sulle tematiche
che la nuova presidenza si troverà ad affrontare.
Ha ricordato innanzi tutto che l’impegno e l’energia profusa in tanti anni di lavoro in AERCO hanno tratto origine dalla fedeltà alle finalità dello Statuto. Di qui la volontà di far crescere sempre di
più l’Associazione sia sotto il profilo musicale, allargando i repertori e recuperando e valorizzando quel grandissimo patrimonio culturale che è il canto popolare della nostra regione, sia stimolando la cultura del “Coro” come luogo di aggregazione sociale, perché tanto più il coro è forte ed
unito e tanto più durerà nel tempo. In particolare per quanto riguarda i repertori, è importante sostenere la pluralità di essi poiché il canto popolare ha la stessa dignità del repertorio classico, anche se in Europa non la pensano così. È stata sottolineata anche l’importanza della collaborazione
e progettazione di percorsi musicali con le scuole, atti ad avvicinare i bambini alla coralità. Per
quanto riguarda il rapporto di AERCO coi singoli Cori associati il Presidente Scattolin ha ricordato che AERCO è una grande realtà distribuita su un territorio molto vasto, ma l’essere Presidente
significa lavorare per tenere unita l’Associazione al di là delle distanze, non solo geografiche, ma
anche culturali, e l’essere tutti parte della stessa Associazione, significa pensare ad AERCO come
ad un punto di riferimento non solo musicale ma anche tecnico, economico e fiscale. È per questa
ragione che l’Associazione ha sempre cercato di sostenere tutte le iniziative ed i progetti che nascono dalla fantasia e dalla passione per il canto, in particolare quelli che puntano alla formazione
sia dei coristi e sia dei direttori di coro. Infatti la coralità non è fatta da professionisti, ma da dilettanti, ed è quindi di primaria importanza cercare di sconfiggere l’analfabetismo musicale che ha da
sempre rallentato il lavoro dei Cori. In questa ottica allora anche la Rassegna regionale deve essere pensata come un momento formativo e non come una competizione tra cori: ciascuno ha la possibilità di raccontare agli altri la propria esperienza e questo confronto diventa occasione e stimolo per una crescita qualitativa per tutta l’Associazione. Anche i “Quaderni” di Farcoro, la raccolta
musicale giunta al settimo volume, si inquadrano in questa ottica in quanto sono stati pensati come uno strumento utile per condividere repertori corali che già appartengono e sono frequentati da
alcuni dei nostri cori. Infine, in considerazione del fatto che il numero dei Cori associati è in continua crescita, la figura del Presidente da sola non è in grado di assicurare un rapporto diretto con
ciascun Coro; si è augurato pertanto che anche i membri della Commissione Artistica si possano
sobbarcare l’onere, e l’onore, di mantenere vivi i contatti con tutti. Per il futuro dell’Associazione,
a conclusione del proprio intervento, il Presidente ha augurato che venga mantenuto l’attuale clima di collaborazione e dialogo, che è la condizione prima per continuare a lavorare e crescere insieme,riconoscendo che in fondo ciò che ci accomuna tutti è la stessa passione per il canto, e per
il canto corale.
Un dibattito serrato ed avvincente, caratterizzato da numerosi interventi tra i quali segnaliamo
quelli di Marco Borelli, Puccio Pucci, Elisabetta Vincenti, Giovanni Torre, Mino Monica, Silvia
Vacchi, Andrea Angelini, Mario Diemmi, Fedele Fantuzzi, Francesco Zerbano, Giorgio Bertolani,
ha preceduto la fase delle votazioni che, oltre ad approvare la relazione del presidente uscente e
quella di bilancio del Segretario Pucci, ha provveduto a designare per elezione il nuovo staff dirigenziale. Sono risultati eletti il Maestro Fedele Fantuzzi di Reggio Emilia nella carica di Presidente, il Maestro Mino Monica di Parma nella carica di vice Presidente e Puccio Pucci nella carica di Segretario.
Nella successiva riunione del Consiglio Direttivo è stato anche nominata la nuova Commissione
Artistica: ne fanno parte oltre al Presidente neo eletto e ai tre past Presidenti, Vacchi, Torre e Scattolin, il vice Presidente Mino Monica e i Maestri Andrea Angelini di Rimini, Mario Pigazzini
di Piacenza, Matteo Unich di Ravenna, Enzo Rossi di Ferrara e la Maestra Elide Melchioni di
Bologna.
37
notizie dalle Regioni
A
A.R.C.UM.
Associazione
Regionale
Cori Umbria
via G. Santini, 4
06123 PERUGIA
Presidente:
Mauro Chiocci
38
ppare decisamente positivo ad una rapida ricognizione delle varie iniziative il bilancio della attività corale regionale di questo primo semestre del 2006, sia sul piano quantitativo, che
qualitativo, per mobilitazione di soggetti amatoriali, forze istituzionali, pubblico interessato.
Occorre citare in primo luogo il salto qualitativo della principale rassegna corale regionale, l’incontro polifonico In Coro 2006, svoltosi il 17 e 18 giugno ad Acquasparta, il 24 e 25 giugno a
Città di Castello con la partecipazione di 16 cori umbri distribuiti nei quattro appuntamenti.
La novità positiva che ha segnato tutta la manifestazione, oltre al numero dei partecipanti e al folto pubblico, è stata la presenza qualificata in ciascuna serata di un coro proveniente da altre regioni italiane. All’esibizione questo coro è stato riservato uno spazio privilegiato, ma soprattutto
il compito di fare da “pietra di paragone”, cioè di tenere alto il livello qualitativo delle esecuzioni con la necessità, sentita da ciascun soggetto corale regionale, di fare ogni sforzo per adeguarsi al livello degli ospiti.
I cori esterni erano i seguenti: la Società Corale “G. Puccini” di Grosseto, il Coro di Voci Bianche “La Corolla” di Ascoli Piceno, il “Concentus Foveanus” dell’Università di Foggia, il Coro
Femminile EOS di Roma.
Lo stratagemma ha decisamente funzionato, anche in considerazione che tutte le esibizioni erano sottoposte all’ascolto e alla valutazione professionale di una commissione composta da musicisti prestigiosi: Piero Caraba, Carlo Pedini, Pierpaolo Scattolin, Bruno Zagni.
Un’altra manifestazione merita veramente una menzione speciale: il progetto biennale Idee di Libertà, una serie di manifestazioni celebrative per il 60° anniversario della nascita della Repubblica Italiana e della sua Carta Costituzionale, per le quali l’ente promotore, la Provincia di Perugia, ha chiesto la collaborazione dell’ARCUM. In questa prima fase (giugno 2006), il progetto si è articolato in due grandi manifestazioni corali, entrambe organizzate dalla nostra associazione regionale, tenutesi il 1 e il 27 giugno con una vasta, entusiastica partecipazione di pubblico e un sincero riconoscimento delle autorità.
Il primo straordinario concerto è stato tenuto nella sala più prestigiosa del capoluogo, la Sala dei
Notari di Perugia, davanti a un pubblico di professori universitari e studiosi della storia recente
del nostro paese, da un grande organico di circa duecento studenti selezionati tra i cori delle scuole secondarie di primo e secondo grado, con la direzione del maestro Mauro Chiocci ed un emozionante programma di canti commemorativi.
Lo spettacolo di tanti giovani ordinatamente impegnati a cantare sentitamente l’inno nazionale ed
altri brani già consunti dal tempo e rimossi dalla memoria ha diffuso fiducia e speranza tra i presenti, seminando brividi di commozione.
Lo speciale evento del 27 si è tenuto invece all’aperto, nella splendida cornice del parco della Villa Fidelia di Spello, una proprietà della Provincia dove si esibiscono nel corso dell’estate numerosi e celebri complessi per un pubblico anche giovanile.
Il vasto organico corale, principalmente costituito dal Coro Lirico dell’Umbria e dai suoi solisti,
diretto dal maestro Alessandro Nisio e accompagnato da pianoforte e dal complesso bandistico
di Costano del maestro Cecchetti, ha interpretato brani operistici tradizionalmente legati ai nostri
eventi risorgimentali e canti di lotta e resistenza italiani e stranieri di grande suggestione evocativa, oltre che di rara esecuzione e notevole pregio musicale. Anche in questo caso il principale
risultato è stata la commossa partecipazione del pubblico ed il convinto plauso delle autorità, premessa e garanzia per il futuro impegno a favore della coralità umbra.
notizie dalle Regioni
U
A.R.C.L.
Associazione
Regionale Cori
del Lazio
Via V. della Storta, 5
00123 ROMA
Presidente:
Alvaro Vatri
na primavera caratterizzata da tante iniziative, con qualche sovrapposizione di appuntamenti,
che ha visto una A.R.C.L. vivace, propositiva e in espansione, come dimostrano le 27 nuove
iscrizioni registrate a fine giugno, e altre sono annunciate, che consentono di prevedere un incremento dei cori associati del 30% circa. Gli eventi: a maggio si sono tenuti i Concorsi “scolastici”
“E. Macchi” e “G.L. Tocchi” (il 2, 4, 5 e 11) presso il Liceo “Morgagni” con una adesione di circa 30 cori. Importanti innovazioni: il patrocinio della FENIARCO come riconoscimento di un impegno esemplare della nostra Associazione nei confronti della promozione corale nelle scuole, e
l’istituzione di una nuova Categoria di Concorso, la A, per i Cori “Continuità” fra l’ultimo anno di
Scuola dell’Infanzia e la prima classe della Scuola Primaria. Tale articolazione aderisce alla nuova suddivisione della Scuola Primaria, ma soprattutto stimola e offre l’occasione per progetti di
continuità tra questa e la Scuola dell’Infanzia di cui si è constatata sperimentalmente la validità
proprio nella scorsa edizione dei nostri concorsi.
Domenica 7 maggio si è svolta la prima Rassegna “Terrapontina in…canto” a Latina, con la partecipazione di 15 cori della provincia. Il 13 e il 14 appuntamento con la III giornata di Studi in onore del M° Cieri, dedicata al “Canto popolare nel XXI secolo”, e con le relazioni di Andrea Horvath
(Budapest) su “Fare coro a scuola: metodo ed esperienze dall’Ungheria”; Sandro Biagiola (Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma): “Tradizioni polivocali nell’Italia centro-meridionale”; Antonio Rostagno (Università "La Sapienza" di Roma): “Le categorie di popolo, popolare e populismo:
un intreccio inestricabile nella recezione del coro verdiano”; Piero Gizzi (Conservatorio “V. Bellini” di Palermo): “Il canto popolare nella didattica e nella formazione musicale. Esperienze a Palermo”; la testimonianza di Ermanno Testi (Direttore di coro, Commissione Artistica A.R.C.L.):
“Identità popolare nel canto corale” e le comunicazioni di Francesco Milita (Direttore di Coro,
Conservatorio “L. Canepa” di Sassari): “Il caso Coro ANA di Latina” e di Maddalena Della Valle
(Gorizia) che ha presentato la Tesi di Laurea “Domenico Cieri, una vita per la musica corale”. La
manifestazione è stata anche l’occasione per sperimentare una sinergia in termini di “complementarietà” tra il mondo corale amatoriale, quello delle istituzioni accademiche (Università e Conservatori) e delle “realtà” musicali locali (la Scuola di Musica di Testaccio), con buon successo e interessanti prospettive che ha dimostrato ulteriormente l’infondatezza e la sterilità di un atteggiamento di scetticismo e di riserva su una tale interazione. Importanti anche le manifestazioni patrocinate dall’A.R.C.L., tra le quali la II Rassegna “Mille voci per la Basilica” a San Nicola in Carcere (maggio, giugno e primi di luglio), e “L’incontro con il M° Domenico Bartolucci” a Viterbo,
il 21, organizzato dall’Ensemble Vocale il Contrappunto e dalla Camerata Polifonica Viterbese,
presente l’autore.
In giugno (l’11) si è svolto il “Concorso Corale Regionale Città di Formello” (e il relativo “Festival” il 24) a cui hanno aderito 11 cori, attivando 2 categorie di Concorso: F) Musica Corale del sec.
XX e XXI e H) Elaborazione corale di negro spiritual. La giuria: Andrea Angelini (Rimini), Fabio
Pettarin (Gorizia), Ida Maini (Roma). I vincitori della Cat F: I premio - Coro “Noteblu di S. Ponziano” diretto da Marina Mungai, II premio - Coro “Iride” diretto da Fabrizio Barchi, III premio Coro “Meridies dell’Aureliano” diretto da Carmelina Sorace. Cat H: I premio - Coro “Iride” diretto da Fabrizio Barchi, II premio - Coro “Noteblu di S. Ponziano” diretto da Marina Mungai, III
premio - Gruppo Vocale “Cristallo” diretto da Piero Melfa.
L’immancabile Rassegna “Corinfesta” per la “Festa Europea della Musica” (18, 19, 21 giugno,
presso la Chiesa Valdese in piazza Cavour) con la presenza complessiva di 22 cori, e a Sezze (LT)
una Rassegna per i vivacissimi cori della provincia pontina hanno concluso la stagione 2006
dell’ARCL.
39
notizie dalle Regioni
Presentazione Pubblicazione CD - A LODE DELLA TUA GLORIA
D
A.BA.CO.
Associazione
Basilicata Cori
Corso Carlo Alberto, 21
75023 Montalbano
Jonico (MT)
Presidente:
Rocco Pontevolpe
40
omenica 2 Luglio 2006 presso la Chiesa “Buon Pastore” di Policoro (Matera) alla Presenza
di Sua Eccellenza Mons. Francesco Nolé (Vescovo della Diocesi di Tursi-Lagonegro), del
Sindaco di Policoro Dr. Serafino Di Sanza e del Presidente A.Ba.Co. (Associazione Basilicata
Cori) Rocco Pontevolpe, è stata presentata la pubblicazione del CD inciso dal Coro Polifonico
“Esperia” di Policoro diretto dal M° Mario Demitolo.
Nella collana La Nuova Evangelizzazione vengono pubblicati “Fascicoli monografici di canti per
la liturgia” di Mario Curione. Loro scopo è favorire la partecipazione dei fedeli ai divini misteri che si celebrano nella liturgia, sensibilizzando, come affermava Mons. Luciano Migliavacca
nella relazione finale al XXVI Convegno nazionale di musica sacra, l’animo di ognuno all’esigenza della bellezza e del sacro in tutti i segni liturgici (in particolare nel “segno sonoro”) perché divengano, con compito di missionarietà e di attrazione alla Chiesa, segni rivelatori del mistero salvifico voluto e preordinato da Cristo, “splendore della gloria del Padre” e della comunità
raccolta nel suo nome. Importanza primaria è riservata ai testi perché in ogni atto liturgico il canto esalta, nella sua forma propria, sia la parola che viene da Dio sia la parola che a Dio s’innalza dalla comunità dei credenti. Tale parola deve garantire precisione teologica, proprietà di linguaggio ed eleganza di stile.
Quando poi la parola, meditata, gustata e assaporata nei suoi reconditi significati che dischiudono all’insondabile mistero di Dio che è “pura luce: luce intellettual, piena d’amore; / amor di vero ben, pien di letizia; / letizia che trascende ogni dolore” (Dante), viene trasfigurata in melodia,
deve allora come d’incanto illuminarsi di “grazia, bellezza e di soavità” (S. Ambrogio), perché
canta la dolcezza della ineffabile esperienza di Dio e proclama le indescrivibili emozioni che ogni
incontro con Dio suscita nel cuore di chi da Dio con amore sponsale da sempre è corteggiato.
L’intento che ci si è proposti, è stato alto, ma coincide esattamente con quell’ideale che il concilio vaticano II ha ripresentato a tutta la Chiesa e che Paolo VI, con la consueta sua nitida incisività, così riassumeva: “Nella liturgia il sacro deve congiungersi col bello in un’armoniosa e devota sintesi, che permetta alla capacità delle varie assemblee di esprimere pienamente la loro fede, per la gloria di Dio e per l’edificazione del corpo mistico”.
Quanto ci siamo avvicinati a questo ideale, lo giudicherà il benevolo lettore – cantore – ascoltatore cui consegniamo con simpatia il frutto della nostra gioiosa fatica.
Questo Fascicolo (ottavo) e interamente dedicato a S. E. Mons. Francesco NOLÈ Vescovo di Tursi – Lagonegro in occasione della Sua nomina.
L’incisione del CD dell’VIII° Fascicolo della collana La Nuova Evangelizzazione affidata dall’autore Padre Mario Curione al Coro Polifonico “Esperia” di Policoro (Matera) diretto dal M°
Mario Demitolo.
È stato un lavoro portato a termine in circa 2 anni suddiviso in quattro sedute d’incisione: Dicembre 2003, Giugno e Dicembre 2004, Maggio 2005 tenutesi presso la Chiesa Madre di
Sant’Arcangelo (Pz). Il CD è composto da 32 brani di cui 5 espressamente dedicati a S. E. Mons.
Francesco Nolé Vescovo di Tursi-Lagonegro. All’incisione hanno partecipato l’organista Francesco Muscolino di Tursi (Mt); il soprano
solista Brunetta Forte di Pisticci (Mt); il
tenore solista Mario Demitolo che ha
curato anche la Direzione del Coro
Polifonico “Esperia” di Policoro (Mt).
La registrazione è stata curata dal
Sound Engineer Francesco Altieri di
Matera, Mastering Lab Sonic.
L’edizione a cura di una grande e pregiata casa editrice: Edizioni Carrara di
Bergamo.
notizie dalle Regioni
L
ARCOVA
Associazione
Regionale
Cori Valle d’Aosta
Via San Giocondo, 8
11020 QUART (AO)
Presidente:
Viola Marinella
’assemblea generale dell’Associazione si è riunita il 6 giugno scorso avendo all’ordine del
giorno diversi punti tra cui l’elezione degli organi sociali per il triennio 2006-2009.
All’interno delle nostre associazioni, si sa, non è mai facile trovare le persone disponibili ad entrare nel Consiglio Direttivo, soprattutto quando c’è la necessità di rinnovarne la maggior parte
dei componenti.
In questo caso si trattava di trovare tra le candidature anche il nuovo Presidente in quanto Efisio
Blanc, che aveva condotto con estrema professionalità e competenza l’ARCOVA per i due ultimi trienni, era giunto al termine della sua Presidenza.
Uno solo, su tutta l’assemblea, si era dato disponibile per l’eventuale elezione, ma i più, consapevoli di doversi assumere compiti e responsabilità che necessitano di tempo ed energia, speravano in cuor loro di non avere il favore dei voti.
La votazione ha decretato alla fine i 7 eletti e fra questi si sono poi definite le seguenti cariche
sociali: Marinella Viola, Presidente; Diego Favre, Vice-presidente; Massimo Arcaro, Segretario;
Myriam Brocard, tesoriere; Albert Lanièce, Antonella Trippini e Daniela Denarier, Consiglieri.
Nonostante le evidenti difficoltà, a ben considerare i fatti, questa votazione assolutamente casuale ha decretato una presenza delle quote rosa mai registrata prima.
Ne siamo tutti assolutamente orgogliosi e, anche se si dovrà affrontare una bella mole di lavoro
(ma in questo abbiamo l’appoggio reale dei nostri predecessori) sappiamo di essere convinti, seri ed appassionati e, soprattutto, crediamo fortemente in questa esperienza.
Il nuovo Direttivo, inoltre, rappresenta davvero bene sia dal punto di vista strettamente geografico, sia da quello più squisitamente musicale, la nostra Regione.
Tra i cori rappresentati ci sono cori di esperienza e tradizione, vere colonne della coralità valdostana, cori di bambini (finalmente!) e cori che si affacciano ora all’esperienza musicale e provengono sia dalla valle centrale che dalle varie vallate laterali e da Aosta, il nostro piccolo capoluogo.
Ci sembrano questi i migliori auspici per continuare nel solco tracciato dai precedenti Consigli
direttivi, in primo luogo portando a termine gli importanti progetti già intrapresi come, ad esempio, il prestigioso “Seminario Europeo per giovani compositori”, ma anche trovando nuove proposte e idee per rendere l’Associazione sempre vitale.
Grazie perciò ai Direttivi precedenti e… buon lavoro a noi.
41
rubriche
DISCOGRA FIA
a c u r a d i A l v a r o Va t r i
U
n “grande” coro in un “piccolo”
paese, così potremmo definire il Coro Polifonico di Ruda. “Grande” per
il livello tecnico e artistico (basta scorrere i
numeri che riassumono l’attività e il nutrito
elenco dei successi in ambito nazionale e internazionale) della compagine corale nata
negli anni Trenta e rifondata nel 1945 a Ruda, paese “piccolo” – circa 3000 abitanti –
in provincia di Udine.
Dal 2003 è diretto dalla Mª Fabiana Noro.
Negli oltre 60 anni di attività il Coro Polifonico di Ruda è venuto mutando e perfezionando la propria realtà. Oggi non è solo una
Associazione culturale, con particolare riferimento al canto corale, ma un vero e proprio operatore culturale. Ciò significa che il
Coro coordina, organizza e gestisce l’attività di almeno altri venti cori del Friuli Venezia Giulia, di una decina tra complessi
strumentali e diversi solisti diplomati nei
conservatori di Udine e Trieste.
Annualmente organizza stagioni divenute
ormai tradizionali nel panorama regionale:
“Concerti aperitivo”, “Quaresima in musica”, “Sacre meditazioni”, “Cororgano”,
“Note d’estate”. Collabora con le principali
orchestre del Friuli Venezia Giulia per particolari ed esclusive produzioni sinfonico-corali e registra per la RAI e per altre emittenti nazionali ed estere. Attivo nel campo dell’editoria, per la casa editrice Pizzicato ha
pubblicato diverse monografie sui più importanti autori regionali del Settecento e
42
dell’Ottocento. Sta ora pubblicando la collana “Organi e tradizioni organarie nel Friuli
Venezia Giulia” che ha come obbiettivo la
catalogazione di tutti gli organi esistenti nella regione.
Riconosciuto dalla regione Friuli Venezia
Giulia “ente di particolare rilevanza artistico-musicale”, il Coro Polifonico di Ruda ha
proposto al pubblico programmi esclusivi, di
rara esecuzione, spesso frutto di approfondite ricerche d’archivio alle quali collabora
uno staff di docenti del Conservatorio “Jacopo Tomadini” e dell’Università di Udine.
In occasione del sessantennale (1945–2005)
il coro ha pubblicato un cofanetto contenente 6 CD.
“Sei cd per raccontare sessant'anni di storia
della musica in Friuli Venezia Giulia” si legge nella presentazione. “È il nuovo lavoro
curato dal coro con materiale d'archivio e
prodotto da Arte & Studio nell’anno del sessantennale. Si tratta di un lavoro di inestimabile importanza in quanto molti dei brani
contenuti nei cd sono ormai fuori dai repertori dei cori italiani e del Friuli Venezia Giulia. Il cofanetto – che viene messo in vendita a € 40,00 – rappresenta un insostituibile
strumento di lavoro per tutti gli amanti della
musica corale oltre ad essere un gioiello per
quanto riguarda la qualità e la vastità del repertorio presentato.
All’interno un coloratissimo booklet, curato
da David Giovanni Leonardi, ripercorre le
tappe del coro e riassume la storia della musica corale in Friuli Venezia Giulia”.
Impossibile, in questa sede, entrare nei dettagli di un’opera di indubbio interesse culturale, ma che è soprattutto testimonianza di
una tenacia ed una passione per il canto corale davvero esemplare, e che ci fa formulare con sincera ammirazione gli auguri per
tanti altri decenni di attività nel segno dei valori affermati e riconosciuti fino ad ora.
Coloro che sono interessati alla pubblicazione possono chiedere informazioni alla presidenza e alla direzione artistica del Coro:
Il Coro Polifonico di Ruda
www.coropolifonicoruda.it/contattaci.php
tel. +39 0431 998621
rubriche
SCA FFA LE
a cura di Sandro Bergamo
E
passato più di un secolo e mezzo da
quando, con la nascita della congregazione benedettina di Solesmes, si è avviata una poderosa opera di restauro del canto
gregoriano. Un restauro che è passato per due
fasi: dapprima quella del recupero testuale
(dom Guéranger) e melodico (dom Pothier e
dom Mocquereau), poi, nella seconda metà del
XX secolo, con dom Cardine, lo studio dei codici adiastematici e la riscoperta del significato
dei neumi in campo aperto. Due ambiti sui
quali, ovviamente, non si dirà mai l’ultima parola, ma che ormai offrono una base sicura per
vivere oggi il canto gregoriano e proseguirne la
restaurazione.
Di centocinquant’anni di studio e soprattutto
delle prospettive che si aprono traccia un bilancio Fulvio Rampi nella sua ultima opera (F.
Rampi, Del canto gregoriano: dialoghi sul
canto proprio della Chiesa a cura di Maurizio
Cariani e Fabrizio Lonardi, Milano, Rugginenti editore, 2006, 269 p., € 20).
Redatto sotto forma di dialogo tra “un maestro… e due discepoli inquieti e stupiti, che si
sono appassionati alla freschezza, alla attualità e alla grandiosità della ragione gregoriana” il volume è altra cosa da un manuale per
apprendere il canto proprio della Chiesa, accessibile a chi del gregoriano ancora non conosce nello specifico il linguaggio, e qui ne trova
una illustrazione chiara e profonda a un tempo,
e a chi invece lo conosce e lo pratica, e qui può
trovare il raccordo tra tutte le sue conoscenze
musicali e semiologiche, coglierne il senso più
profondo e prepararsi ad andare oltre. Perché la
domanda di fondo cui i dialoghi tra il maestro
Rampi e i due discepoli rispondono è proprio
quella del dopo: se vi sia altro, dopo la melodia, dopo la semiologia, e in che direzione proseguire nella comprensione e nella restaurazione del canto gregoriano.
E la risposta è un ritorno alle origini, a quel testo che fu la prima preoccupazione di dom
Guéranger, senza il quale non possiamo comprendere il canto, ma dal quale, ora che disponiamo di una melodia restaurata e della conoscenza semiologica, viene illuminato da una
luce piena. Perché alla fine la domanda di fondo è questa: perché si canta? E viene in mente
il noto passo di Agostino (Enarr. in Ps. 32) dove l’ineffabilità di Dio viene espressa dallo jubilus, “gaudio del cuore senza parole, sconfinata ampiezza del gaudio che non conosce i
confini delle sillabe”. Meno noto ma ancora
più bello il passo di Ildegarda di Bingen secondo la quale “come la parola designa il corpo, la
sinfonia manifesta lo spirito; infatti l’armonia
celeste testimonia la divinità del Figlio di Dio e
la parola la sua umanità”.
Il canto non contrapposto alla parola, ma mezzo per cogliere la Parola in tutta la sua profondità. È questo che Rampi insegna nei suoi dialoghi: che il canto è esegesi del testo e che la
musica, i neumi, i modi, sono retorica a servizio dell’esegesi. Nulla nel canto gregoriano (come peraltro in ogni forma espressiva medievale, dall’architettura alle arti figurative) è lasciato al caso: incisi melodici che ritornano a collegare momenti diversi dell’anno liturgico, neumi
che dando rilievo ad una parola la pongono al
centro della frase e ne illuminano il senso, e
perfino il gusto di aprire l’anno liturgico con
l’introito della prima domenica d’Avvento, Ad
te Domine levavi, con la grande A che campeggiava nei codici e pure nel Graduale Triplex, a
ricordare Cristo, Alpha, origine di tutte le cose.
E sarà pur vero che questa sensibilità oggi è in
gran parte perduta, ma il restauro del gregoriano attraverso il recupero di questo modo di
comprendere la Parola non è ritorno al passato,
non è nostalgia tradizionalista (di un tradizionalismo che peraltro spesso ignora il gregoriano restaurato) ma il più efficace modo di riproporre all’uomo moderno la novità sconvolgente
del Vangelo.
43
MONDOCORO
MONDOCORO
Curiosità, navigazioni, spigolature su Internet, riviste, libri
a cura di Giorgio Morandi
B
eh, forse sì, l’attinenza
tra la citazione scelta e
il nostro argomento
non è rigidamente diretta… ma quanto passa dal
ballare al cantare? Non è forse
anche il cuore di chi canta luogo della presenza di Dio? Con il
canto non perdiamo forse tutti
i punti di riferimento terrestri
per elevarci e tendere alla fusione con Dio? Forse non è “fantastico” cantare? Certo d’avervi
convinti… procediamo, continuiamo la nostra ancor giovane
estate con le fresche flash news
che ho trovato per voi e che traducono il mio “Buona Estate
per tutti”.
44
…In un villaggio di montagna ci siamo
fermati.
“Sono felice, Momo. Ci sei tu e so quel che
c’è nel mio Corano. Ora ti voglio portare a
ballare”.
“Ballare, monsieur Ibrahim?”
“Dobbiamo assolutamente. Il cuore dell’uomo è come un uccello rinchiuso nella
gabbia del corpo. Quando danzi il cuore
canta come un uccello che aspetta di fondersi con Dio. Vieni, andiamo al tekké”.
“Al che?” …“Curiosa questa discoteca!”
ho detto varcando la soglia.
“Il tekké non è una discoteca, Momo, è un
monastero. Togliti le scarpe”.
Lì per la prima volta ho visto gli uomini che
giravano. I Dervisci indossavano ampi vestiti chiari, pesanti e morbidi. Un tamburo cominciava a suonare. Allora i monaci si
25 ANNI di IFCM
I 25 anni di attività della Federazione Mondiale per
la Musica Corale scadranno l’anno prossimo, nel
2007. Il Presidente in carica signor Lupwishi
Mbuyamba ha già presieduto una riunione in cui si è
dato avvio al processo di verifica e di autovalutazione della “mission” fondamentale, degli obiettivi, dei
programmi e dei risultati ottenuti, come del resto anche delle strutture e delle procedure. Sono state create due Commissioni che si occuperanno rispettivamente una di Programmi e la seconda di Strutture.
Le riflessioni sono state in linea con le tendenze generali che si stanno sviluppando in campo musicale,
artistico e culturale nel mondo d’oggi: gli effetti della globalizzazione, la necessità di promuovere le diversità culturali, l’apertura al rinnovamento, ai giovani e ai ragazzi. A questo proposito in particolare si
può facilmente prevedere una revisione dell’approccio di IFCM ai giovani e l’istituzione di una apposita
Commissione. Di fatto è diventata impellente la necessità di una revisione della visione che IFCM ha
del futuro. Lettori e membri di IFCM sono invitati a
dare il loro contributo a questo dibattito fondamentale.
SCHOLA CANTORUM DE VENEZUELA
La “Schola Cantorum de Caracas” è diventata “Schola
Cantorum de Venezuela” e fa grandi progetti per il
2006. Attraverso joint ventures con Istituzioni pub-
trasformavano in trottole.
“Vedi, Momo, girano su se stessi, girano
intorno al loro cuore, che è il luogo della
presenza di Dio. È come una preghiera”.
“La chiama una preghiera questa?”
“Altrochè, Momo! Perdono tutti i punti di
riferimento terrestri, perdono quella pesantezza che noi chiamiamo equilibrio.
Diventano fiaccole che si consumano in un
grande fuoco. Prova, Momo, prova! Seguimi!”
Così io e monsieur Ibrahim ci siamo messi
a girare…
…“Allora, Momo, hai sentito belle cose?”
“Sì, era fantastico!…"
(da “Monsieur Ibrahim e i fiori
del Corano” di Eric Emanuel Schmit)
bliche e private amplia i suoi scopi ed espande i suoi
progetti coinvolgendo conseguentemente molte più
persone. “Construir Cantando” è il grande progetto
per il quale si prevede la creazione di 10 nuove sezioni nelle zone culturalmente meno attive del Venezuela e nel quale con il supporto e la supervisione
della Fondazione verranno formati 150 nuovi direttori di Coro. (www.fscholacc.com)
SIMPOSIO MONDIALE
SULLA MUSICA CORALE
VII Symposium Mondiale, Kyoto 2005. È ora possibile ascoltare e guardare le migliori esecuzioni corali dei più bei cori che hanno partecipato al Symposium di Kyoto dal 28 luglio al 3 agosto 2005. Un CD e
un DVD con frammenti della manifestazione sono
stati registrati nella Kyoto Concert Hall.
(www.panamusica.co.ip/index-e.html)
VIII Symposium Mondiale, Copenhagen 19-26 Luglio 2008: “…Noi lottiamo costantemente per perfezionare la nostra arte, cerchiamo con ogni mezzo vie
nuove che ci permettano la connessione diretta con
i nostri ascoltatori attraverso il comportamento sul
palco e la nostra gioia di cantare”. La Commissione
Artistica vuole che tutti i concerti, i laboratori e le
conferenze di Copenhagen 2008 si svolgano secondo
questo motto. La parola chiave è “interazione”. Gli organizzatori vogliono che tutti i delegati, tutti i partecipanti siano direttamente coinvolti negli eventi di
MONDOCORO
Copenhagen. Nessuno deve semplicemente sedersi,
guardare e ascoltare. È ora, per i cori, di cominciare a
pensare alla adesione.
Dettagli e condizioni per la partecipazione sono disponibili in www.choraldenmark.org (NB.: il modulo
di adesione cartaceo è già disponibile anche nell’ultimo numero di “ICB International Choral Bulletin”).
linguaggio non verbale che parla direttamente all’attività corale e parla direttamente all’artisticità
del singolo cantore. Attraverso il movimento, meglio
che attraverso le parole, comunichiamo musicalità
ai cantori…” (ICB N. 2/2006 – pgg. 7–14).
CHOIR OF THE GREATER REGION
…Intervistati da Kathy Salzman Romey nell’ambito
del progetto di ricerca su dieci compositori di fama
internazionale a cui per il “VI Symposium Mondiale
della Musica Corale” era stato commissionata la
composizione di un brano.
Alberto Grau (nato 1937), compositore, direttore di
coro e insegnante è uno dei migliori musicisti venezuelani contemporanei.
Ha scritto musica prevalentemente per cori di bambini, cori femminile e cori di voci miste. La sua pubblicazione più recente “La Fucina del Direttore”
(GGM Editors) è un nuovo libro sulla direzione corale. A. Grau nel 1967 è stato fondatore del prestigioso
coro Schola Cantorum di Caracas che ha largamente
influenzato lo sviluppo del canto corale in Venezuela. Attualmente è Direttore Ospite, Membro di Giuria
e Docente di musica corale in Europa, Asia, America
nord e sud e dirige diversi programmi corali nel suo
paese e in tutta la Regione Andina.
Da 30 anni ama scrivere musica per tutti i tipi di coro trovando nel coro lo strumento migliore per sperimentare e verificare nuove idee. Interrogato sull’argomento dice che per la composizione egli parte
dal testo e dopo averne trovato il punto culminante
fissa l’attenzione sui modelli ritmici connessi agli
accenti e ai ritmi poetici appropriati secondo il suono delle parole.
Maria Guinand è Professore d’Università e Leader di
progetti corali in tutto il mondo. Ha sviluppato a livello mondiale una carriera musicale molto prestigiosa ed è vice Presidente di IFCM. Come direttrice
di coro a voci femminili ha collaborato intensamente con Alberto Grau perché dice che era necessario
per lei avere nuovo repertorio a voci femminili. Secondo lei nel 1980 A. Grau ha cominciato a scrivere
le cose più difficili.
“Amo cantare attraverso le mie idee e quando sono
certo che funzionano le scrivo. Talvolta scrivo molte
idee e poì lentamente arrivo all’essenziale”. Di A.
Grau Maria Guinand dice che egli mentre compone
ha sempre in mente il coro e allo stesso tempo sfida
il coro.
“Quando viene allo prove con il manoscritto e noi
facciamo prova sul manoscritto, egli è sempre pronto ad intervenire e cambiare le cose… Il coro diventa parte del processo creativo e questo è meraviglioso. Alla fine il pezzo è ben conosciuto da tutti, tanto
che compositore, brano, direttore, tutti sono come
un corpo solo”.
Grau ha lavorato molto per i cori di ragazzi per i
quali vuole un nuovo repertorio, un repertorio che
deve essere gioioso, avere movimento ed euritmìa.
È un progetto dell’UGDA (Unione Gran-Duca Adolfo),
la Federazione Musicale Luxemburghese che nell’ambito del progetto “Luxembourg e Greater Region, Capitale Europea della Cultura” chiede collaborazione
alle vicine Federazioni di Francia, Belgio e Germania
per la costituzione del nuovo coro “Choir of the Greater Region”.
Un centinaio di cantori, con l’Orchestra d’archi Giovanile della Greater Region dopo alcune sessioni di
prova si esibiranno dal 13 al 15 aprile 2007 in alcune
sale da concerto tra cui la Philarmonie Luxembourg.
Sotto la direzione di Catherine Fender il coro eseguirà
un programma per coro misto ed alcuni brani del
“Candide” di Leonard Bernstein (maggiori informazioni in www.ugda.lu).
COME RISVEGLIARE L’ABILITA’
ARTISTICA DURANTE LA PROVA DI CORO
Un progetto della Choral Resource presso l’Università dell’Illinois a Chicago.
“Sei a un concerto corale. L’intonazione è perfetta. Il
Ritmo è corretto. Gli attacchi e gli stacchi sono impeccabili. Il suono è meraviglioso. Eppure l’esecuzione non ti muove dentro! Cos’è che manca? Cosa è che
ispira l’esecuzione? Cos’è che porta vitalità all’esecuzione corale?…”
Colleghi Direttori di Coro in tutto il mondo stanno
scoprendo che il movimento durante la prova di coro
è capace di attivare la musicalità, costruisce l’abilità
musicale, sviluppa la tecnica vocale e stimola l’energia nei cantori di tutte le età. “…Ogni sfumatura musicale può essere rappresentata nel movimento. Tutto ciò che è musicale può essere comunicato attraverso il movimento. Ogni movimento evoca stile,
espressione ed amalgama. Noi possiamo far diventare più vivi i nostri cantori, possiamo far vivere la
musica, possiamo far diventare viva l’esecuzione corale semplicemente impegnando nel movimento i
cantori durante le prove di coro…”.
Ancora solo poche citazioni per stimolarvi a prendere visione dell’interessante articolo (8 pagine piene)
indicato nel titolo:
“Il movimento è il miglior accompagnamento al canto corale. Invita i cantori e i direttori a interagire con
l’energia del rigo musicale…; Il movimento risveglia
la musicalità in cantori di ogni età e grado si preparazione…; Il movimento porta direttore e cantori a
una intimità più grande fra loro e la musica, creando una comunità di musicisti…; Il movimento è un
ALBERTO GRAU e MARIA GUINAND
45
MONDOCORO
DIRIGERE… IN CHIESA
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Questa discussione è molto interessante e una di
quelle che ritengo di vitale importanza per noi tutti
direttori di coro, ma specialmente per quelli fra noi
che lavorano in chiesa. Io credo che questo sia un
campo che è stato ignorato troppo a lungo. Naturalmente in molte chiese dove il Coro è allocato in una
balconata retrostante o dietro a uno schermo, le persone non vedono l’espressione facciale, ma possiamo
comunque ascoltare le inflessioni, i significati, le
sfumature del canto se ce ne sono…
Il solo scopo della tecnica per un cantore è quello di
liberarsi in modo da puntare l’attenzione sulla parole, non sulla produzione del suono, ed “essere presente nel momento” col comunicare il messaggio del
canto.
“Quella libertà dovrebbe mettere in grado uno di colorare la propria voce e alterare l’inflessione o intenzionalmente/consciamente, o inconsapevolmente. È
qui che la vera forza e il fare musica si realizzano.
Ho cantato 16 anni nel NYC oratorio e musica colta
e ho visto tonellate di esecuzioni. Le esecuzioni più
potenti che abbia mai visto al Met e altrove sono state là dove i cantori non cercavano di focalizzare la
tecnica o stare semplicemente intonati o semplicemente cercare di emulare qualche emozione ed essere nel momento…”
Sono d’accordo. Nulla per me è più ridicolo del vedere un coro o una congregazione cantare un brano
emozionante di preghiera che conoscono e amano
tutti, e recepire null’altro che un certo numero di teste praticamente senza espressioni di vita sulle facce. È chiaro che i molti che non frequentano la chiesa non vedrebbero in costoro che la frequentano null’altro che un branco di ipocriti. Discorso molto attivo e sentito nelle chiese degli Stati Uniti, mentre da
noi imperversano gli “allelù-allelujà”, i “Quando bùssero alla tua porta”, i canti della dormizione e certe
schitarrate obbrobriose.
“BALKAN SOUND” PRIMO FESTIVAL
CORALE INTERNAZIONALE - BUCAREST
Si è svolto a Bucarest (Romania) lo scorso mese di
Novembre con 10 cori provenienti da Romania, Bulgaria e Moldavia su progetto sostenuto dal Consiglio
Municipale e dal Centro Culturale “Mihai Eminescu”.
La signora Theodora Pavlovitch, direttore del Coro
“Vassil Arnaudov” nonché vice presidente di Europa
Cantat e membro del Consiglio di IFCM così si è
espressa: “Il primo Festival Internazionale “Balkan
Sound” è stato uno dei momenti più indimenticabili della mia vita corale. La calda ospitalità e l’atmosfera amichevole del festival ci ha fatti sentire veramente felici.
Dovete essere orgogliosi dell’alto livello artistico del
risultato che avete ottenuto”.
Il coinvolgimento dgli sponsors, dei Media e la collaborazione dell’Associazione Romena dei Cori inco-
raggia gli organizzatori nello sforzo di sviluppare in
futuro il progetto del Festival Corale Internazionale
“Balkan Sound”.
UN CORO DELLA SCUOLA:
lo vogliamo perché…
Wilma ten Wolde, Direttore del coro dei Ragazzi
Olandesi afferma che i ragazzi amano cantare perché è divertente e rafforza legami sociali.
Riconoscendo che dirigere un coro di ragazzi è stupendo, anche se comporta grande lavoro, la signora
Wilma si chiede quale sia lo scopo principale di avere un coro scolastico e così vede alcune possibilità:
“Divertirsi cantando insieme; rendere entusiasti i
ragazzi attraverso il cantare insieme; migliorare il
profilo della propria scuola; far acquisire ai ragazzi
fiducia nelle proprie abilità vocali e musicali; offrire musica ai ragazzi che si fermano dopo la scuola;
sviluppo generale vocale e musicale per i ragazzi; alzare il livello di un coro scolastico già esistente; portare al canto un sempre maggiore numero di ragazzi; offrire concerti; capire il ruolo della musica nella
liturgia; tenere i ragazzi lontani dalla strada; conoscere attraverso il canto i diversi generi musicali”.
L’estensore dell’articolo esamina quindi le conseguenze, l’opportunità di applicare tariffe di partecipazione o meno, si occupa del problema delle audizioni, dell’assenteismo, dello sviluppo generale vocale e musicale, del repertorio, delle motivazioni, del
Direttore di Coro per arrivare a concludere che l’apertura e l’entusiasmo nell’apprendere di un ragazzo lascia senza fiato e dà una enorme quantità di
energie. (NB.: Wilma ten Wolde, diplomata in Direzione di Coro e Musica da Chiesa a L’Aia e Rotterdam e Musicologia all’università di Utrecht, gode
fama di eminente specialista di cori di ragazzi e
giovani [dirige sia il coro dei Ragazzi Olandesi, sia
il Coro Dei giovani Olandese], soprattutto per le tecniche didattiche da lei stessa studiate e applicate
all’“aural and vocal training”, ICB – 2nd Quarter
2006, pag. 35).
IL CANTO GREGORIANO
“Il Canto Gregoriano ritorna dall’esilio. Forse”. Valentino Miserachs Grau, Preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra, ne invoca il ripristino. Papa Joseph Ratzinger lo vuole. Ma il cammino è pieno di
ostacoli. ”Rinascita Gregoriana” di Dicembre 2005 ha
pubblicato il Messaggio del Santo Padre Benedetto
XVI ai partecipanti alla Giornata mondiale di studio
promosso dalla Congregazione per il culto divino e la
disciplina dei sacramenti sul tema: “Musica Sacra:
una sfida liturgica e pastorale”.
“…Se si abitua il popolo a cantare un repertorio gregoriano che gli si confà, sarà allenato a imparare
anche i canti nuovi nelle lingue vive, quei canti, si
intende, degni di stare accanto al repertorio gregoriano che dovrebbe conservare sempre il primato”.
MONDOCORO
1st CHORAL CRAWL
Così la “Minnesota Chorale” ha chiamato la sua importante manifestazione con la quale ha organizzato
una escursione nella archeologia musicale e industriale usando musica vocale per rianimare diversi
spazi atmosferici del Minnesota Historical Society’s
Mill City Museum, un antico mulino da farina trasformato in storico spazio urbano per mostre. Come
in un Pub Crawl i visitatori si muoveranno a loro piacere attraverso il museo, dove stazionano cantori
singoli della “Chorale” e piccoli ensemble. La musica
sarà utilizzata per raccontare le storie degli immigrati che lavoravano negli antichi mulini, per descrivere i loro prodotti e le città che costruirono. Il primo “Coral Crawl” culminerà nelle esibizioni della tarda serata, nel Cortile delle rovine del Museo arrichite dall’artista multimediale Tony Brown e dalle esecuzioni della Chorale diretta da Kathy Saltzman
Romey.
LIBRI RECENTI
Incuriosisce molto il perché cantori coerenti e significativi hanno un impatto così potente sul loro pubblico?
Tom Carter tratta questi ed altri argomenti nel
suo nuovo libro “Choral Carisma: Singing with
expression”
Pubblicato da Santa Barbara Music Publishing. L’esperienza di direttore di coro di Tom comprende anche lavoro con membri di Chorus America quali “The
San Francisco Girls’ Chorus”, “WomenSing”, “Peninsula Women’s Chorus” e “Ragazzi”. Per saperne di
più, vedi www.choralcharisma.com .
“Singing in Style”, una storica supervisione della
pratica esecutiva e dello stile vocale, è uscito presso
la Yale University Press. Marta Elliot, autrice e membro della Princeton University Performance Faculty
ha eseguito il repertorio più diverso in tutto il mondo. Brian Zeger, direttore artistico di Arti Vocali alla
The Julliard School, lo ha definito “…una guida indispensabile per cantanti, pianisti ed insegnanti,
scritto dal punto di vista del cantante…”. Per saperne di più vedasi [email protected] .
PREPARARE UN DIRETTORE DI CORO
La carriera di Direttore di Coro nel 21 secolo richiede un mix di istruzione, esercitazione sul podio, abilità amministrativa e senso pratico imprenditoriale.
“…nel 2004, dopo dodici anni di insegnamento e
quattro anni di diploma Thea Kano lanciò la sua
carriera di Direttore di Coro professionista. Fresca
di diploma si spostò ad est per accettare un posto di
assistente del “The Washington Chorus” e poi del
“The Gay Men’s Chorus” di Washington. Quindi divenne Direttore Artistico del “Capitol Hill Youth Chorus” e nel 2006 portò al debutto il suo neoformato
ensemble di 90 voci, il “New York City Master Chora-
le”. Ma il percorso carrieristico di Kano è oggigiorno
relativamente anomalo nel campo corale…”
L’articolo di Heidi Waleson è lungo ed articolato nei
sottocapitoli “Programmi graduati sviluppano Musicisti”, “Incarichi nei cori dei College fanno Direttori
di Coro”, “Abilità amministrative per un reale successo”. Una mezza dozzina di famosi Direttori di Coro
americani racconta la sua esperienza. L’articolo è
pubblicato da “The Voice of Chorus America”, la ricca rivista della grande associazione corale americana “Chorus America” che partendo dal principio che
l’apprendimento non finisce mai, organizza anche
Masterclasses per direttori di Coro, un Chorus Management Institute (un intenso programma interattivo che – con riferimento ai Cori e alla loro organizzazione – insegna le migliori pratiche di raccolta fondi, marketing, sviluppo del Consiglio Direttivo e pianificazione strategica), ha pubblicato “Gestire un
Coro di Successo: una guida per Manager, Membri
del Consiglio Direttivo e direttore Musicale” ed un
“Direttori di Coro Oggi: Un Profilo”; organizza inoltre la sua Conferenza Annuale ed altre iniziative.
Di tutte si possono vedere dettagli in:
www.chorusamerica.org
IL SUONO DEL SILENZIO
Trovare quiete attraverso la meditazione come può
migliorare il canto?
“Un gruppo di persone se ne sta quieto. Insieme esse
respirano profondamente e cominciano a ripetere
certe frasi; le loro voci si mescolano e si fondono finché, all’unisono, esse ritornano a uno stato di quieto riposo. Questo potrebbe essere la descrizione sia
di un gruppo di meditazione sia di un gruppo di
canto – i due comportamenti possono avere in comune molto più di quanto uno possa aspettarsi...” E
questo che cosa significa?
“Ci sono molti modi per applicare le tecniche di meditazione ad una prova di coro o a una esecuzione
definitiva”
E allora? Cosa si deve fare? Si può saperne di più?
Certamente, con l’articolo della cantante ed insegnante californiana Lisa Houston, la scheda di periodici, siti web, libri e CD da lei predisposta ed entrando in www.lisahoustonvoice.com !!!
SAN ROCCO, PEREGRIN D’AMORE
10 brani di musica su testi devoti a questo Santo, uno
dei santi taumaturghi più popolari in Occidente; un
CD dallo scopo dichiarato: essere uno strumento genuino ed efficace per pregare. …Ma è molto più che
un CD, è un gesto d’amore che un musicista, Luigi
Quintieri, un Coro/Orchestra, I Cantori di San Rocco
di Caccuri e molte persone in qualità di collaboratori offrono al mondo corale e al mondo religioso tradizionale trasformando devozione, sapere e musica
in dedizione e aiuto a popolazioni sofferenti della
Tanzania.
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concorsi
42° CONCORSO NA ZIONA LE CORA LE
Trofei "Città di Vittorio Veneto"
1° Concorso internazionale per gruppi vocali
1° Concorso internazionale di composizione
su antiche melodie della tradizione popolare veneta
Vitto r io Ve ne t o, 5 e 6 m aggi o 2007
REGOLAMENTO
Art. 1 - Il 42° Concorso nazionale di canto corale per l’assegnazione dei Trofei “Città di Vittorio Veneto” avrà luogo a Vittorio Veneto nei giorni 5 e 6 maggio 2007.
PARTECIPAZIONE
Art. 2 – Le manifestazioni sono così articolate:
1) CONCORSO NAZIONALE CORALE
Categoria A Progetto-programma: musiche originali d’autore
Categoria B Progetto-programma: melodie di tradizione
regionale
Ciascun complesso corale potrà iscriversi ad entrambe le competizioni purché siano rispettate le modalità previste per ciascuna di esse.
2) CONCORSO INTERNAZIONALE
PER GRUPPI VOCALI SOLISTICI
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Art. 3 - Il Concorso è riservato a complessi corali che operano nello spirito amatoriale.
Per le categorie A e B il numero dei coristi di ciascun complesso
corale deve essere non inferiore a 16 e non superiore a 40, pena
l’esclusione. Per i gruppi vocali solistici è consentito un numero
massimo di 12 componenti, esclusi gli eventuali strumentisti.
ISCRIZIONE E DOCUMENTI
Art. 4 - Le domande di iscrizione dovranno essere inviate con lettera raccomandata alla Segreteria del “42° Concorso Nazionale
Corale” – Comune di Vittorio Veneto – Piazza del Popolo, 14 –
31029 Vittorio Veneto (TV) entro il 25 gennaio 2007 (farà fede il
timbro postale). Non sono ammesse iscrizioni via fax o e-mail.
L’iscrizione al concorso comporta il versamento della tassa di Euro 55,00 (non rimborsabile) sul c/c postale n° 12208310 intestato
a: Tesoreria Comunale - Comune di Vittorio Veneto (indicare la
causale). È richiesta la seguente documentazione:
a) domanda di iscrizione (il modulo può essere richiesto alla Segreteria del Concorso o scaricato dal sito www.comune.vittorioveneto.tv.it alla pagina “Città della musica”);
b) breve curriculum del coro e del direttore, con particolare riferimento agli ultimi cinque anni;
c) dettagliata relazione illustrativa del progetto-programma;
d) breve presentazione del progetto-programma (massimo 800 caratteri) adatta ad essere inserita nel programma di sala e letta prima dell’esecuzione di ciascun coro;
e) n. 8 copie delle partiture dei brani, chiaramente leggibili e ordinatamente rilegate, in formato A4 con indicazione della durata di
ciascun brano;
f) registrazione di buona qualità, su CD, di almeno tre brani eseguiti dal coro, di cui almeno due tra quelli indicati nel programma
presentato;
g) ricevuta del versamento di Euro 55,00 per ogni singola iscrizione.
La documentazione inviata verrà acquisita dall’archivio della segreteria del concorso.
AMMISSIONE
Art. 5 - Il Comitato artistico ammetterà i cori alle competizioni in
base a:
a) valutazione del progetto-programma;
b) ascolto della documentazione sonora;
c) esame del curriculum del coro e del direttore.
PROGRAMMI
• Categoria A - Progetto-programma:
musiche originali d’autore
Art. 6 - I cori iscritti alla categoria A dovranno presentare un programma della durata massima di 20 minuti (pause comprese), impostato secondo un progetto (programma tematico, monografico,
frutto di ricerca musicologica, di studi e/o di collaborazioni con
compositori, ecc.) che andrà illustrato secondo quanto indicato alle lettere c) e d) dell’art. 4. È consentito l’impiego di strumenti se
e come previsto dall’autore; l’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte. Non è permesso l’uso di basi musicali registrate.
• Categoria B - Progetto-programma:
melodie di tradizione regionale
Art. 7 - I cori iscritti alla categoria B dovranno presentare un programma della durata massima di 20 minuti (pause comprese), impostato secondo un progetto (programma tematico, monografico,
frutto di ricerca musicologica, di studi e/o di collaborazioni con
compositori, ecc.) che andrà illustrato secondo quanto indicato alle lettere c) e d) dell’art. 4.
Le elaborazioni corali devono essere basate su melodie di tradizione della regione di appartenenza del coro. Non sono ammesse
composizioni originali d’autore.
È consentito l’impiego di strumenti se e come previsto dall’elaboratore; l’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte. Non
è permesso l’uso di basi musicali registrate.
• Concorso internazionale per gruppi vocali solistici
Art. 8 - I complessi iscritti alla categoria D dovranno presentare un
programma della durata massima di 20 minuti (pause comprese),
impostato secondo un progetto (programma tematico, monografico, frutto di ricerca musicologica, di studi e/o di collaborazioni
con compositori, ecc.) che andrà illustrato secondo quanto indicato alle lettere c) e d) dell’art. 4. È ammessa l’esecuzione con il raddoppio delle parti per il repertorio sacro antico, per il repertorio
contemporaneo valgono le indicazioni dell’autore.
È consentito l’impiego di strumenti se e come previsto dall’autore
o suggerito dalla prassi esecutiva; l’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte. Non è permesso l’uso di basi musicali registrate.
CALENDARIO DELLE PROVE
Art. 9 - Date e sedi delle prove, nonché l’orario e il programma
d’esecuzione approvato dal Comitato artistico saranno comunica-
concorsi
ti con lettera entro i primi giorni del mese di marzo 2007. Per ciascuna categoria l’ordine d’esecuzione verrà stabilito in base all’ordine crescente delle distanze chilometriche tra località di provenienza del coro e Vittorio Veneto. Qualora un complesso non
fosse presente all’orario previsto dall’ordine di esecuzione, potrà
eseguire la prova entro un’ora dall’orario di convocazione, purché
i motivi del ritardo siano ritenuti validi dall’Ente organizzatore,
ma in ogni caso non oltre l’orario previsto per la chiusura delle
audizioni della categoria d’appartenenza.
COMMISSIONE GIUDICATRICE
Art. 10 - La Commissione giudicatrice del Concorso sarà nominata dal Comune di Vittorio Veneto su indicazione del Comitato
artistico. Il giudizio della Commissione giudicatrice è insindacabile e inappellabile.
CLASSIFICHE - VALUTAZIONI FINALI
Art. 11 - Al termine delle audizioni di ogni categoria potranno essere fissati eventuali riascolti supplementari. La Commissione
giudicatrice formulerà un giudizio tenendo conto dei seguenti parametri: intonazione, qualità vocale, musicalità e interpretazione.
I giudizi, che concorreranno a formare la valutazione globale della Commissione giudicatrice su ciascun complesso corale, saranno successivamente inviati al direttore del coro. La classifica di
ogni categoria sarà stilata sulla base del punteggio medio conseguito, espresso in decimi.
I risultati ufficiali saranno resi noti al termine delle audizioni di
ciascuna categoria. Successivamente i direttori potranno avere un
colloquio con la Commissione giudicatrice per una valutazione
più approfondita della prova offerta.
RIMBORSI
Art. 12 - Ai primi dieci complessi iscritti (e successivamente ammessi) provenienti da località distanti più di 200 Km. da Vittorio
Veneto sarà riconosciuto un rimborso spese viaggio di Euro
300,00. Farà fede la data di spedizione della raccomandata (a condizione che la domanda sia completa). La distanza fra la località
di provenienza e Vittorio Veneto sarà calcolata per la via più breve, ad insindacabile giudizio dell’Ente organizzatore. Ai complessi corali sarà riconosciuto un solo rimborso spese viaggio, anche
se partecipanti a più competizioni.
PREMI
Art. 13 - Per le categorie A e B del Concorso nazionale e per il
Consorso internazionale per gruppi vocali sono previsti i seguenti premi (al lordo delle ritenute di legge):
- primo premio
Euro
1.500,00
- secondo premio
Euro
1.000,00
- terzo premio
Euro
500,00
Il coro vincitore del primo premio nella categoria A del Concorso
Nazionale, inoltre, potrà accedere di diritto al Concorso Polifonico Internazionale “Guido d’Arezzo”, edizione 2008.
In caso di assegnazione di premi ex-aequo l’importo sarà suddiviso. Ai complessi vincitori del secondo e del terzo premio, se ammessi al concerto finale, sarà riconosciuto un ulteriore rimborso di
Euro 300,00.
È facoltà dei complessi premiati esibire regolare giustificazione
delle spese sostenute per la partecipazione al concorso (viaggio e/o
soggiorno) fino alla concorrenza dell’ammontare del premio; la
somma corrispondente al rimborso non sarà soggetta a ritenuta.
I complessi premiati ammessi al concerto finale (domenica 6
maggio 2007 – ore 17) avranno diritto ai premi in denaro e al rimborso di cui sopra solo a condizione della loro partecipazione al
concerto stesso.
Art. 14 - I cori vincitori del primo premio nelle categorie A e B
del Concorso nazionale e il complesso vincitore del primo premio
nel Consorso internazionale per gruppi vocali riceveranno il Trofeo “Città di Vittorio Veneto” e il diploma di classifica; al direttore del coro sarà consegnata una targa offerta dall’A.S.A.C. (Associazione per lo Sviluppo delle Attività Corali – Veneto).
Ai cori e ai complessi vocali che avranno ottenuto il secondo e il
terzo premio saranno consegnati un oggetto ricordo e il diploma
di classifica.
GRAN PREMIO “EFREM CASAGRANDE”
Art. 15 - Partecipano di diritto alla competizione per l’assegnazione del 15° Gran Premio “Efrem Casagrande” (domenica 6
maggio 2007 - ore 17):
- i cori vincitori del primo premio nelle categorie A e B nella presente edizione del Concorso nazionale corale di Vittorio Veneto;
- il coro vincitore del primo premio, nell’edizione 2006, del Concorso Polifonico Nazionale “Guido d’Arezzo”.
Al concerto finale è tenuto ad esibirsi, pena la perdita del premio
in denaro, fuori competizione, anche il complesso vincitore della
presente edizione del Concorso internazionale per gruppi vocali.
Art. 16 - I cori si esibiranno con un programma della durata complessiva non superiore ai 15 minuti (pause comprese). Il programma d’esecuzione verrà concordato con il Comitato artistico e
la Commissione giudicatrice; il coro vincitore del Concorso Polifonico Nazionale “Guido d’Arezzo” presenterà il proprio programma all’atto dell’iscrizione, da effettuarsi con apposito modulo entro il 25 gennaio 2007.
Art. 17 - Al vincitore del Gran Premio saranno assegnati un trofeo e un premio di Euro 1500,00 offerti dalla FE.N.I.A.R.CO.
(Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali).
Art. 18 - La Commissione giudicatrice potrà ammettere al concerto finale, fuori concorso, anche altri cori meritevoli; inoltre
sarà invitato un coro veneto su proposta e in rappresentanza dell’A.S.A.C..
ALTRI PREMI (comuni ai due Concorsi, nazionale ed internazionale)
Art. 19 - Al direttore di coro, anche non classificato, che avrà dimostrato particolari doti interpretative verrà assegnato un premio
(buono acquisto) di Euro 300,00 offerto dal Coro A.N.A. e dalla
Sezione A.N.A. di Vittorio Veneto in memoria del maestro Efrem
Casagrande.
Art. 20 - Al complesso veneto iscritto all’A.S.A.C. ritenuto migliore dalla Commissione giudicatrice sarà assegnato un premio
(buono acquisto) di Euro 500,00 offerto dall’Associazione stessa,
purché abbia ottenuto un punteggio medio superiore a 7/10.
Art. 21 - In ognuna delle categorie (A, B e Gruppi vocali) verrà
assegnato un premio di Euro 300,00 al coro che avrà presentato il
programma più interessante.
Art. 22 - La Commissione giudicatrice, inoltre, ha la facoltà di assegnare altri premi.
DISPOSIZIONI FINALI
Art. 23 - I complessi corali rinunciano sin d’ora a qualsiasi compenso per l’eventuale registrazione o per trasmissioni effettuate da
enti radiotelevisivi pubblici o privati.
Art. 24 - L’Ente organizzatore si riserva, per cause di forza maggiore, di apportare modifiche al presente regolamento o di revocare il Concorso o singole categorie dello stesso.
Art. 25 – In caso di controversie farà fede il testo in italiano del
regolamento pubblicato sul sito del Comune di Vittorio Veneto.
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concorsi
6ª RA SSEGNA NA ZIONA LE DI CORI SCOLA STICI
"ROBERTO GOITRE"
Vittorio Veneto, sabato 28 aprile 2007
5° FESTIVA L NA ZIONA LE DI CORI GIOVA NILI
E DI SCUOLE SUPERIORI
Vittorio Veneto, domenica 29 aprile 2007
Manifestazioni istituite nell’ambito del Concorso nazionale corale - Trofei “Città di Vittorio Veneto” al fine di favorire
la diffusione del canto corale nella Scuola e creare occasioni d’incontro per i giovani impegnati nell’attività corale.
NORME COMUNI
PARTECIPAZIONE
Alla Rassegna nazionale di cori scolastici “Roberto Goitre” (sabato
28 aprile 2007) possono partecipare cori operanti nelle scuole elementari o medie inferiori.
Al Festival nazionale di cori giovanili e di scuole superiori (domenica 29 aprile 2007) possono partecipare cori operanti nelle scuole e negli istituti di istruzione secondaria di II grado (sia statali che parificate) e cori giovanili i cui componenti non devono aver superato i 25 anni d’età. Non è previsto alcun limite di organico.
Entrambe le manifestazioni non hanno carattere competitivo e si svolgeranno nell’arco di una giornata.
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PROGRAMMA
I cori iscritti dovranno presentare un programma libero della durata di
circa 15 minuti, anche con accompagnamento di pianoforte e/o di altri strumenti, con esclusione di basi musicali registrate. L’organizzazione metterà a disposizione il pianoforte.
Le audizioni, aperte al pubblico, si terranno al mattino o nel primo pomeriggio, in relazione al numero dei cori partecipanti e alla loro provenienza. Nel pomeriggio presso i Giardini Pubblici, dalle ore 15.30
alle ore 17.30 circa, si svolgeranno la cerimonia di premiazione e il
concerto finale al quale tutti i cori sono tenuti ad esibirsi con due o tre
brani (allo scopo sarà predisposto un adeguato impianto di amplificazione e verrà messo a disposizione un pianoforte).
Sede, orario e programma d’esecuzione saranno comunicati con lettera entro i primi giorni del mese di marzo 2007.
ISCRIZIONE E DOCUMENTI
Le domande di iscrizione dovranno essere inviate con lettera raccomandata alla Segreteria del “42° Concorso Nazionale Corale” – Comune di Vittorio Veneto – Piazza del Popolo, 14 – 31029 Vittorio Veneto (TV) entro il 25 gennaio 2007 (farà fede il timbro postale). Non
sono ammesse iscrizioni via fax o e-mail.
L’iscrizione comporta il versamento della tassa di Euro 30,00 (non
rimborsabile) sul c/c postale n° 12208310 intestato a: Tesoreria Comunale - Comune di Vittorio Veneto (indicare la causale).
È richiesta la seguente documentazione:
a) domanda di iscrizione (il modulo può essere richiesto alla Segreteria del Concorso o scaricato dal sito www.comune.vittorio-veneto.tv.it
alla pagina “Città della musica”);
b) scheda di presentazione del coro e del direttore;
c) n. 5 copie delle partiture dei brani, chiaramente leggibili e ordinatamente rilegate, in formato A4 con indicazione della durata di ciascun brano;
d) (solo per il Festival) elenco nominativo dei componenti il coro e rispettiva data di nascita; tale documento dovrà essere sottoscritto, sotto la propria personale responsabilità, dal legale rappresentante del
coro;
e) ricevuta di versamento della tassa d’iscrizione.
RIMBORSI
I primi venti cori iscritti (dieci della Rassegna e dieci del Festival)
avranno diritto a un rimborso fino a un massimo di Euro 400,00. Farà
fede la data d’arrivo registrata dall’Ufficio Protocollo del Comune e
non quella del timbro postale. Il legale rappresentante del coro dovrà
presentare richiesta di rimborso delle spese sostenute per il viaggio
con le modalità indicate dall’Ente organizzatore.
I cori avranno diritto al rimborso in denaro solo a condizione della loro partecipazione al concerto finale presso i giardini pubblici.
Ai cori di Vittorio Veneto sarà riconosciuto un contributo forfettario di
Euro 200,00.
COMMISSIONE D’ASCOLTO - VALUTAZIONE
Visto il carattere propedeutico e didattico delle manifestazioni, non
verrà stilata alcuna graduatoria. Una Commissione d’ascolto avrà il
compito di formulare un giudizio in cui saranno evidenziati gli elementi qualificanti del coro ed espressi alcuni suggerimenti; tale giudizio verrà successivamente inviato al direttore.
La Commissione d’ascolto sarà composta da tre musicisti: un compositore, un direttore di coro e un docente che opera nella scuola elementare, media o superiore dirigendo un coro scolastico o coordinando un laboratorio corale.
A tutti i cori saranno consegnati un oggetto ricordo e un attestato di
partecipazione con evidenziate le qualità del coro.
Comitato artistico: Aldo Cicconofri, Stefano Da Ros, Francesco Luisi, Mario Mora, Mauro Zuccante.
Coordinamento artistico: Stefano Da Ros
Segreteria organizzativa: Ufficio Cultura del Comune di Vittorio Veneto
Piazza del Popolo n. 14 - 31029 VITTORIO VENETO (TV) - tel. 0438-569.310 – fax 0438-53966
[email protected] www.comune.vittorio-veneto.tv.it
Le manifestazioni sono realizzate con il contributo e la collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Veneto, della Provincia di Treviso, della FE.N.I.A.R.CO. (Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali), dell’A.S.A.C. (Associazione
Sviluppo Attività Corali del Veneto), della Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane, della Sezione A.N.A. e del Coro A.N.A. di Vittorio Veneto.
1° CONCORSO INTERNAZIONALE DI COMPOSIZIONE SU ANTICHE MELODIE DELLA TRADIZIONE POPOLARE VENETA
scadenza 25 febbraio 2007
scarica il bando dal sito www.comune.vittorio-veneto.tv.it
Convegno Nazionale
delle Commissioni
Artistiche
FIUGGI (FR) - 14 e 15 ottobre 2006
in collaborazione con
ARCL
Associazione Regionale Cori del Lazio
Assemblea Nazionale
Feniarco
MESAGNE (BR) - 28 e 29 ottobre 2006
in collaborazione con
ARCOPU
Associazione Regionale Cori Puglia
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FENIARCO
Federazione Nazionale
Italiana delle Associazioni
Regionali Corali
MINISTERO PER I BENI
E LE ATTIVITÀ CULTURALI
A.C.T.
Associazione Cori Toscana
PROVINCIA DI GROSSETO
COMUNE DI FOLLONICA
Festival
di Primavera
Incontro rivolto ai cori delle
scuole medie superiori
22-25 marzo 2007
FOLLONICA (GR)