La percezione dell`infanzia nei paesi scandinavi

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La percezione dell'infanzia nei paesi scandinavi
In questa conversazione Rossella Ragazzi ci parla di percezione dell'infanzia
in Scandinavia e in Norvegia (paese nel quale vive e lavora da diversi anni), di
immigrazione minorile, famiglia, pari opportunità e del suo lavoro come
antropologa visuale e regista.
16-09-2010
A colloquio con l'antropologa Rossella Ragazzi
Antropologa e regista, è professore associato in Museologia e Antropologia dei media al Dipartimento di
Scienze culturali dell'Università di Tromsø, in Norvegia. É tra gli organizzatori del simposio Perceiving
Children-The Visual Anthropology of Childhood (Percepire i bambini-L'antropologia visuale dell'infanzia)
che si è tenuto dal 28 al 30 agosto in Danimarca al Moesgård Museum di Århus in occasione del 30°
Festival Internazionale del Film Etnografico (NAFA).
É anche lettrice di Antropologia visuale e Crosscultural Filmmaking con vari film-documentari al suo attivo.
Tra questi: La memoire dure, At Home in the World e Firekeepers. Ha recentemente pubblicato il
libro Walking on Uneven Paths. The Transcultural Experience of Children entering Europe in the Years
2000 (Peter Lang editrice Bern-Berlin 2009).
In questa conversazione Rossella Ragazzi ci parla di percezione dell'infanzia in Scandinavia e in Norvegia
(paese nel quale vive e lavora da diversi anni), di immigrazione minorile, di famiglia, di pari opportunità e
del suo lavoro come antropologa visuale e regista.
Come è la percezione dell'infanzia e dell'adolescenza in Norvegia e in Scandinavia in generale secondo la
sua esperienza?
I Paesi scandinavi hanno portato il concetto di infanzia ai massimi livelli. Gli scandinavi sono stati i primi ad
elaborare concetti educativi molto liberatori e libertari per permettere al bambino di diventare una persona
non violenta, una persona che può agire nel mondo senza sopruso e senza trauma. In questo tipo di
educazione ci sono alcuni pro e alcuni contro e in genere c'è l'abitudine a un concetto di infanzia molto più
prolungato del nostro.
Ciò li porta anche ad avere un forte concetto di uguaglianza di genere: uomini e donne devono avere pari
opportunità. In quasi tutte le istituzioni il numero di donne e uomini è uguale il salario è praticamente
equiparato e avere figli porta punti e avanzamento di carriera. Il concetto di famiglia, di infanzia e di lavoro
vanno insieme. Difficile il paragone con l'Italia dove le donne che decidono di avere dei bambini perdono
quasi la possibilità di avere una carriera. Da questi paesi, ancora oggi, possiamo veramente imparare
tanto.
L'idea di organizzare il simposio Perceiving Children come nasce?
Personalmente mi occupo di antropologia e infanzia e di antropologia visuale. Volevo mettere insieme tutti i
miei temi favoriti oltre al lavoro nel museo universitario. Ho voluto unire il museo, la rappresentazione
dell'infanzia attraverso l'antropologia e la parte multimediale. Ho desiderato invitare gli intellettuali e i
colleghi che conosco ma anche qualcuno che non conoscevo attraverso un call for papers pubblicato sui
giornali. Tutto ciò allo scopo di creare un network e scambiarsi dei progetti e delle idee.
Come si comporta la Scandinavia con i minori migranti e con i suoi ragazzi?
Per quest'area del Nord Europa è importante che i bambini di classe sociale svantaggiata abbiano la
possibilità di andare a scuola e di avere un'educazione, è fondamentale che non subiscano il trauma della
violenza della polizia o dei sistemi di repressione come il carcere minorile (come accade in Italia).
In Scandinavia il massimo della pena sono 12 anni. Non parlo di pena per i minori. Anche per i maggiorenni
la pena massima è di 12 anni di prigione, perfino nel caso di un grosso crimine. In carcere viene fatta una
rieducazione psicologica che va di pari passo con la prigione e questo ci fa già capire la differenza con
paesi del Mediterraneo nei quali finire in prigione a 18 anni significa passarci tutta la vita in condizioni
comunque disumane per un crimine di cui non si era neanche troppo consapevoli.
Per contro, molti ragazzi scandinavi hanno tendenze depressive, non sono stati educati a lottare per
ottenere le cose e c'è un tasso di suicidi un po' più elevato di molti altri paesi. Negli ultimi anni c'è stato
anche un aumento del tasso di abbandono scolastico perché manca la motivazione a ad andare a scuola.
Da diversi anni si occupa di minoranze, di immigrazione e di infanzia. In Norvegia e Scandinavia come
sono vissuti questi temi?
È bene differenziare i paesi che appartengono all'unione europea (Danimarca, Svezia e Finlandia) dalla
Norvegia che non appartiene a Schengen. Quest'ultima ha molti accordi di convivenza con la comunità
europea ma non è parte della UE per cui le leggi di immigrazione sono molto diverse: è un'immigrazione
scelta, calcolata, controllatissima. Se non hai rinnovato il permesso di soggiorno, il giorno prima della
scadenza la polizia telefona a casa. Se il migrante ha lo status di persona che ha richiesto asilo politico,
mai verrà rimandata in paesi dove può venire sottoposta a tortura o a violenza.
In Norvegia ci sono delle politiche di immigrazione molto tolleranti però si entra su richiesta del paese. Così
è stato anche il mio percorso. Sono entrata in Norvegia come persona richiesta dall'Università di Tromsø.
In Norvegia mi sono innamorata del progetto di creare un dipartimento di Antropologia visuale che non
esisteva.
Non so se in Italia, come donna non affiliata politicamente a nessun partito e che non portava la borsa al
suo professore, avrei mai avuto la possibilità.
Ha girato diversi film. Quale ha dato maggiore soddisfazione?
La memoire dure (La memoria dura) è il lavoro che mi ha dato più soddisfazione. Il titolo è un gioco di
parole: vuol dire la memoria dura tosta e dolorosa; la memoria dura nel senso che continua nel tempo; e
anche il nome che, in francese, si dà all'hard disk.
É un film sulla migrazione di bambini clandestini dai 6 ai 12 anni di una classe elementare. Ho girato per un
anno guadagnandomi la loro fiducia, la fiducia dei loro genitori e dei loro insegnanti. Volevo raccontare la
storia di bambini che arrivano in Francia senza conoscere la lingua e vengono messi in classi speciali per
essere assimilati completamente nel mondo francese. Però hanno un bagaglio dietro esistenziale a cui
nessuno è interessato. Io volevo catturare il momento in cui avranno imparato abbastanza la lingua per
poter raccontare qualcosa di sé stessi. Il film ha vinto premi in vari festival e ha cominciato a girare in
diversi paesi. Alla fine ho scritto anche un libro e da quel giorno poi ho lavorato con tanti altri progetti sul
tema del bambino migrante.
Il film ha circolato anche in Italia?
Sì. Ha vinto anche il premio del festival etnografico di Nuoro, è stato presentato all'Università di Roma,
all'università di Bologna, all'università di Venezia. É stato acquistato da varie università che lo usano come
un libro di testo. Diciamo che è a disposizione degli studenti. Io comunque il mio film lo accompagno
sempre facendo la lezione universitaria che permette di capirne anche contenuti, discuto con gli studenti e i
professori su come utilizzarlo e ne faccio uno strumento didattico.
(Sandro Pintus)
http://www.istitutodeglinnocenti.it
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