SCHEDE SULLA MATEMATICA ATTUARIALE
Cenni sul ramo vita
Le assicurazioni distinguono la loro attività in due rami: il ramo vita e il ramo danni.
Il ramo vita tratta soltanto di eventi che riguardano la vita umana, cioè morte e sopravvivenza.
Il ramo vita tratta di tutto il resto: responsabilità civile, danni, incendio, infortuni, malattia...
La matematica attuariale è la matematica che le assicurazioni usano per calcolare i rapporti fra le loro prestazioni (capitali e
rendite) e le prestazioni dei clienti (premi unici o annui).
Il termine “cliente” è generico; in realtà riassume tre parti di un contratto vita.
Il contraente: la persona che firma il contratto (ed è tenuto a pagare il premio).
L’assicurato: la persona sulla cui sopravvivenza o morte si scommette (bisogna sempre ricordare che la struttura di un
contratto assicurativo è uguale a quella di una scommessa), senza il cui assenso il contratto non vale.
Il beneficiario: la persona che riceve la prestazione della compagnia se capita l’evento su cui si è scommesso.
Le tre persone possono benissimo essere distinte: ad esempio (tipico), un padre è contraente, da solo, in una polizza
temporanea morte in cui gli assicurati sono entrambi i genitori e i beneficiari sono i figli.
Le coperture assicurative tipiche del ramo vita sono le seguenti.
Temporanea morte: si ha quando la compagnia paga (non importa se un capitale o una rendita) alla morte dell’assicurato, ma
soltanto se la morte capita entro una data scadenza (motivo per cui è chiamata temporanea).
A vita intera: si ha quando la compagnia paga (non importa se un capitale o una rendita) alla morte dell’assicurato, senza
alcuna scadenza (il motivo del nome). È una copertura rara, tanto che non verrà ripresa nel seguito.
A capitale differito: si ha quando la compagnia paga un capitale se l’assicurato sopravvive oltre una certa scadenza.
Mista: si ha quando la compagnia paga un capitale sia se l’assicurato sopravvive oltre una certa scadenza sia se muore entro la
stessa scadenza.
Rendita vitalizia (pensione integrativa, pensione privata): si ha quando la compagnia paga una rendita a vita se l’assicurato
sopravvive oltre una certa scadenza.
Le tavole di mortalità
Per trattare matematicamente di questi concetti, bisogna conoscere uno strumento fondamentale, le tavole di mortalità.
Queste tavole sono statistiche elaborate dall’Istat, in cui viene dato, per ogni età x compiuta e per i due sessi, il numero di
sopravviventi lx , fatti 100.000 i nati.
L’Istat aggiunge poi altre colonne di elaborazioni numeriche, che oggi, grazie ai fogli elettronici, non servono più e di cui
non tratteremo, ma che comunque si potrebbero ottenere facilmente proprio con un foglio elettronico.
Le tavole vengono rivedute spesso, ma vengono rifatte ogni 10 anni, in occasione dei censimenti; il prossimo sarà nel 2011.
Ecco un esempio di tavola.
Età x
lx maschi
lx femmine
Età x
lx maschi lx femmine Età x lx maschi lx femmine Età x lx maschi lx femmine
0
100.000
100.000
26
96.847
98.049
52
90.574
94.849
78
38.048
61.041
1
98.467
98.796
27
96.752
98.008
53
89.841
94.519
79
34.595
57.554
2
98.391
98.726
28
96.657
97.967
54
89.032
94.151
80
31.178
53.872
3
98.339
98.678
29
96.563
97.924
55
88.141
93.745
81
27.824
50.026
4
98.300
98.646
30
96.468
97.880
56
87.165
93.306
82
24.550
46.049
5
98.267
98.621
31
96.373
97.832
57
86.095
92.830
83
21.411
41.974
6
98.235
98.598
32
96.273
97.781
58
84.940
92.311
84
18.438
37.848
7
98.205
98.577
33
96.170
97.728
59
83.705
91.752
85
15.661
33.722
8
98.176
98.555
34
96.066
97.673
60
82.345
91.127
86
13.105
29.650
9
98.147
98.535
35
95.954
97.610
61
80.899
90.441
87
10.789
25.692
10
98.120
98.518
36
95.837
97.541
62
79.358
89.686
88
8.728
21.906
11
98.093
98.501
37
95.709
97.463
63
77.730
88.866
89
6.927
18.348
12
98.067
98.483
38
95.565
97.375
64
76.018
87.973
90
5.384
15.068
13
98.037
98.465
39
95.403
97.282
65
74.195
87.009
91
4.091
12.108
14
97.998
98.443
40
95.224
97.180
66
72.224
85.958
92
3.034
9.498
1
15
97.947
98.418
41
95.025
97.068
67
70.130
84.802
93
2.191
7.256
16
97.879
98.392
42
94.807
96.949
68
67.904
83.535
94
1.537
5.383
17
97.791
98.364
43
94.567
96.819
69
65.558
82.152
95
1.045
3.866
18
97.690
98.334
44
94.303
96.675
70
63.075
80.629
96
686
2.679
19
97.579
98.301
45
94.003
96.519
71
60.417
78.927
97
434
1.784
20
97.467
98.265
46
93.662
96.339
72
57.600
77.036
98
264
1.138
21
97.360
98.227
47
93.274
96.141
73
54.618
74.937
99
154
691
22
97.254
98.189
48
92.837
95.923
74
51.496
72.624
100
85
398
23
97.148
98.155
49
92.352
95.684
75
48.260
70.086
101
45
216
24
97.046
98.121
50
91.822
95.425
76
44.936
67.323
102
22
110
25
96.945
98.087
51
91.232
95.152
77
41.508
64.303
103
11
52
104
5
23
Ad esempio, su 100.000 nati, arrivano a compiere 50 anni l50 = 91.822 maschi o l50 = 95.425 femmine.
L’ultima età presente in una tavola di mortalità (in questo caso è 104), chiamata età terminale, può essere diversa da tavola a
tavola, perciò nelle formule spesso la si indica con il simbolo generico .
Le probabilità nel ramo vita
Conviene introdurre l’argomento con alcuni esempi.
Esempio: qual è la probabilità per un neonato femmina di arrivare a 90 anni?
Si consideri la probabilità in senso frequentistico, come numero dei casi osservati a favore dell’evento sul totale dei casi
osservati.
I casi osservati totali sono tutti i neonati femmine, cioè l0 = 100.000.
I casi osservati a favore della sopravvivenza sono tutte le femmine che compiono 90 anni, cioè l90 = 15.068.
La probabilità cercata, che si scrive 90p0 , è l90/l0 = 15.068/100.000 = 0,15068.
In generale, npx = lx+n/lx è la probabilità che una persona di età x viva almeno altri n anni.
Esempio: qual è la probabilità che un trentenne maschio muoia senza compiere i cinquant’anni?
I casi osservati totali sono tutti i trentenni maschi, cioè l30 = 96.468.
I casi osservati a favore della morte sono tutti i maschi trentenni che non compiono cinquant’anni (bisogna togliere quelli
che compiono 50 anni), cioè l30l50 = 96.46891.822 = 4.646.
La probabilità cercata è (l30l50)/l30 = 4.646/96.468 = 0,048161.
Questo calcolo serve soltanto come esercizio; le probabilità di morte utili per i calcoli attuariali sono di un altro genere,
illustrato dall’esempio che segue.
Esempio: qual è la probabilità che un trentenne maschio muoia l’anno prima di compiere cinquant’anni?
Questo caso è diverso dal precedente, perché la morte dell’assicurato qui ha un solo anno per capitare, mentre là ne aveva
20.
I casi osservati totali sono tutti i trentenni maschi, cioè l30 = 96.468.
I casi osservati a favore della morte sono tutti i maschi quarantanovenni (non più trentenni) che non compiono cinquant’anni,
cioè l49l50 = 92.35291.822 = 530.
La probabilità cercata è (l49l50)/l30 = 530/96.468 = 0,005494.
Per questa probabilità, il simbolo comune è 19|1q30 , ma qui si userà il simbolo più semplice 19q30 .
In generale quindi la probabilità di morire durante l’anno che comincia fra n anni è nqx = (lx+nlx+n+1)/lx .
Premesse generali ai calcoli seguenti
* I calcoli attuariali vengono fatti soltanto su base annua, non mensile o semestrale o altro, per motivi che risalgono a quando i
computer non c’erano e quindi i conti dovevano essere per quanto possibile pochi e semplici. Si possono pagare anche rate
mensili o semestrali di un premio, ma il loro valore non è determinato con la matematica attuariale.
* Bisogna anche ricordare un altro fondamentale aspetto del mondo assicurativo: le compagnie si fanno pagare sempre in anticipo,
cioè alla firma del contratto o anche a inizio anno, mentre pagano in posticipo, cioè a scadenza o anche a fine anno.
* Il tasso a cui si scontano le prestazioni nei contratti assicurativi è chiamato tecnico ed è unico per ogni compagnia; di solito
vale 2% o 3%.
2
* Per ogni possibile prestazione della compagnia bisogna trovare il valore attuale, cioè moltiplicare per il fattore di sconto
(perché è un pagamento futuro), e atteso, cioè moltiplicare per la probabilità che capiti (perché non è un pagamento certo),
parziale; poi bisogna sommare questi valori, per trovare il valore attuale e atteso totale; infine bisogna uguagliare questa
somma al premio unico.
Quindi, in generale, si troverà che il premio unico pagato dal contraente deve equivalere al valore atteso (totale) delle prestazioni attualizzate
pagate della compagnia.
* Nel seguito supponiamo che la scommessa con la compagnia sia equa, cioè che il valore atteso sia uguale per tutte le parti.
Eventuali scostamenti dall’equità vengono introdotti in una fase successiva ai calcoli strettamente attuariali.
Dal premio unico al premio annuo
Quanto deve valere un premio annuo A per essere sostituibile ad un premio unico U?
Il premio unico U dovrà equivalere alla somma dei premi annui A, una volta che siano stati resi attuali, cioè moltiplicati per
il fattore di sconto (perché sono pagamenti futuri), e resi attesi (parziali), cioè moltiplicati per la probabilità che capitino
(perché non sono pagamenti certi).
Il primo premio annuo viene pagato subito, perciò è immediato e sicuro; non va moltiplicato per alcun fattore di sconto o
alcuna probabilità, perché è già un valore sia attuale sia atteso.
Il secondo premio annuo viene pagato all’inizio del secondo anno, cioè dopo un anno dalla firma, perciò va sia attualizzato
per 1 anno sia moltiplicato per la probabilità che l’assicurato sia ancora in vita a 1 anno dalla firma; indicando con v =
1/(1+r) il fattore di sconto, si ha dunque 1pxvA.
Il terzo premio annuo viene pagato all’inizio del terzo anno, cioè dopo due anni dalla firma, perciò va sia attualizzato per 2
anni sia moltiplicato per la probabilità che l’assicurato sia ancora in vita a 2 anni dalla firma; si ha dunque 2pxv2A.
Si continua così fino all’ultimo premio annuo, che viene pagato all’inizio dell’anno n, cioè dopo n1 anni dalla firma, perciò
va sia attualizzato per n1 anni sia moltplicato per la probabilità che l’assicurato sia ancora in vita a n1 anni dalla firma; si
ha dunque n1pxvn1A.
In sintesi, sommando i vari valori attuali attesi parziali dei premi annui e raccogliendo A a fattor comune, si ha l’uguaglianza
seguente.
U = A(1+1pxv+2pxv2+...+n1pxvn1).
Esempio: si vuole sapere qual è il premio annuo che equivale ad un premio unico di 3.000 euro, con un tasso tecnico del
2%, per un assicurato maschio di 40 anni, con durata 5 anni.
Anzitutto, si calcola v = 1/(1+0,02) = 0,9804.
Poi si compila la formula come 3.000 = A(1+1p400,9804+2p400,98042+...+4p400,98044).
Poi si calcolano le singole probabilità: 1p40 = 95.025/95.224 = 0,99791, 2p40 = 94.807/95.224 = 0,99562, ..., 4p40 =
94.303/95.224 = 0,99033.
Quindi si calcola il coefficiente fra parentesi, che è 1+0,997910,9804+0,995620,98042+...+0,990330,98044.
Questa impostazione di calcolo, che mostra la capacità dello studente di ottenere i primi coefficienti e l’ultimo, è più che
sufficiente per le verifiche in classe.
Per andare oltre e ottenere il risultato, conviene usare Excel in laboratorio o a casa; si trova così il coefficiente 4,78603.
Resta da risolvere l’equazione 3.000 = 4,78603A, che dà il premio annuo A = 626,82.
Il premio unico conviene a chi non vuole aspettare per ottenere la prestazione, il premio annuo conviene a chi non può
pagare un premio unico tutto in una volta.
Copertura temporanea morte
Come sono legati il premio unico e il capitale in caso di morte entro una certa scadenza?
Il premio unico U deve equivalere alla somma di tutti i possibili pagamenti del capitale M, moltiplicati per il fattore di sconto
e per la probabilità che capitino, cioè che l’assicurato muoia in uno qualunque degli anni che precedono la scadenza del
contratto.
Il primo capitale viene pagato dopo 1 anno dalla firma, se l’assicurato muore, perciò va scontato per 1 anno e moltiplicato
per la probabilità di morte entro 1 anno; si ha dunque 0qxvM.
Il secondo capitale viene pagato dopo 2 anni dalla firma, se l’assicurato muore, perciò va scontato per 2 anni e moltiplicato
per la probabilità di morte entro 2 anni; si ha dunque 1qxv2M.
Continuando così, con una scadenza del contratto dopo n anni, si arriva all’ultimo capitale, che viene pagato dopo n anni
dalla firma, se l’assicurato muore, perciò va scontato per n anni e moltiplicato per la probabilità di morte entro n anni; si ha
dunque n1qxvnM.
In sintesi, sommando i vari contributi dei capitali e raccogliendo M a fattor comune, si ha l’uguaglianza seguente.
U = M(0qxv+1qxv2+...+n1qxvn).
Esempio: al tasso tecnico del 3%, qual è il capitale di temporanea morte che una femmina trentenne ottiene dietro
pagamento di un premio unico di 200 euro, se la scadenza è dopo 5 anni?
3
Anzitutto, si calcola v = 1/(1+0,03) = 0,970874.
Poi si compila la formula come 200 = M(0q300,970874+1q300,9708742+...+4q300,9708745).
Poi si calcolano le singole probabilità: 0q30 = (97.88097.832)/97.880 = 0,00049, 1q30 = (97.83297.781)/97.880 = 0,000521,
..., 4q30 = (97.67397.610)/97.880 = 0,000644.
Quindi si calcola il coefficiente fra parentesi, che è 0,000490,970874+0,0005210,9708742+...+0,0006440,9708745.
Il calcolo finale dà il coefficiente 0,002517 e quindi l’equazione 200 = 0,002517M, da cui si ottiene il capitale M =
200/0,002517 = 79.451,93 euro.
Una copertura di temporanea morte conviene a chi vuole garantire in caso di morte ad un beneficiario una somma ingente;
tipicamente, conviene ad un genitore con figli piccoli, che vuole garantire loro un buon tenore di vita fino al momento un
cui saranno autosufficienti.
Dato che le prestazioni della compagnia sono escluse dall’eredità, una copertura a vita intera conviene a chi voglia evitare
che dopo la sua morte si applichino le quote legittime stabilite nel codice civile; basta indicare come beneficiario qualcuno
che non avrebbe una quota legittima o ne avrebbe una minore di quanto voluto.
Copertura a capitale differito
Come sono legati il premio unico e il capitale in caso di sopravvivenza oltre una certa scadenza?
Il premio unico U deve equivalere al pagamento del capitale C, moltiplicato per il fattore di sconto e per la probabilità che il
capitale sia pagato, cioè che l’assicurato sopravviva oltre la scadenza del contratto.
Esiste quindi un solo momento in cui il pagamento è possibile, cioè alla fine dell’anno di scadenza del contratto. In questo
caso, il valore attuale atteso del capitale è npxvnC. Si ha subito l’uguaglianza seguente.
U = npxvnC.
Esempio: al tasso tecnico del 3%, qual è il capitale differito che una femmina trentenne ottiene dietro pagamento di un
premio unico di 200 euro, se la scadenza è dopo 5 anni?
Anzitutto, si calcola v = 1/(1+0,03) = 0,970874.
Poi si compila la formula come 200 = C5p300, 9708745.
Poi si calcola la probabilità: 5p30 = l35/l30 = 97.610/97.880 = 0,997242.
Quindi si calcola il coefficiente, che è 0,9972420, 9708745 = 0,860229.
L’equazione è 200 = 0,860229C, da cui si ha C = 200/0,860229 = 232,50.
In astratto, una copertura a capitale differito conviene a chi vuole investire il proprio denaro, dato che la probabilità che
l’assicurato muoia, e quindi che la compagnia eviti il pagamento, permette all’assicurazione di offrire più denaro di quanto ne
offrirebbe la banca con lo stesso tasso di rendimento.
In concreto, le banche offrono tassi maggiori, perciò il confronto va fatto di volta in volta e difficilmente favorisce le
assicurazioni. In ogni caso, l’età incide parecchio.
Copertura mista
Esiste anche una copertura che garantisce un capitale sia in caso di morte entro una certa scadenza sia in caso di
sopravvivenza oltre quella scadenza, la copertura mista.
Il premio unico si trova sommando il valore attuale atteso delle due prestazioni della compagnia: U =
M(0qxv+1qxv2+...+n1qxvn)+npxvnC.
Di solito, il capitale è lo stesso, perciò è C = M. Quindi usando soltanto C e raccogliendolo a fattor comune, si ottiene
U = C(0qxv+1qxv2+...+n1qxvn+npxvn).
Esempio: si trovi il capitale per una mista ottenuta con i dati degli esempi sulla temporanea morte e il capitale differito.
Avendo già svolto gran parte dei calcoli con gli esempi precedenti, si può scrivere subito 200 = C(0,860229+0,002517), da
cui si ottiene C = 200/0,862747 = 231,82.
Il capitale in questo caso è di gran lunga minore di quello temporanea morte e leggermente minore di quello differito; la
differenza aumenterebbe, anche di parecchio, se l’assicurato fosse più anziano e se la durata fosse maggiore.
Dato che la prestazione della compagnia è più gravosa, si trova subito che, a parità di premio, il capitale è sensibilmente
minore. Ma un capitale ridotto in caso di morte non è di alcuna utilità, perché non garantisce un accettabile tenore di vita ai
beneficiari, che si suppone incapaci di ottenere un reddito per un certo numero di anni, mentre sottrae al capitale differito la
sua convenienza economica.
Pur molto vendute, le miste non hanno alcuna giustificazione razionale; vengono scelte soltanto per avere ogni possibile
copertura in ogni possibile direzione, obiettivo naturalmente irraggiungibile. Un po’ come farsi contemporaneamente
buddista, cristiano e ateo perché “non si sa mai...”.
Le miste sono una copertura da evitare.
4
Copertura con rendita vitalizia
Come sono legati il premio unico e la rendita vitalizia, in caso di sopravvivenza oltre una certa scadenza?
Il premio unico U deve equivalere alla somma di tutti i possibili pagamenti della rendita R, moltiplicati per il fattore di
sconto e per la probabilità che capitino, cioè che l’assicurato sopravviva in ogni anno di pagamento.
Qui c’è una difficoltà in più, che si poteva introdurre già con le altre coperture, ma che per una pensione integrativa è
inevitabile: molte persone si decidono per una pensione integrativa parecchi anni prima che questa sia versata, perciò
bisogna introdurre una nuova grandezza, cioè gli anni m che passano fra quando si firma il contratto e quando si riceve la
prima rendita (di solito intorno ai 60 o 65 anni).
I libri di testo chiamano questa copertura “rendita vitalizia differita illimitata anticipata”. Questo è di gran lunga il caso più
interessante nella realtà assicurativa, perciò è anche l’unico caso di rendita che trattiamo. Togliamo quindi gli attributi,
comunque impliciti, di differimento, di illimitatezza e di anticipo.
Il premio unico U deve equivalere alla somma di tutti i possibili pagamenti della rendita R, moltiplicati per il fattore di
sconto e per la probabilità che capitino, cioè che l’assicurato sopravviva in uno qualunque degli anni, fino all’età terminale .
La prima rendita viene pagata m anni dopo la firma, se l’assicurato è ancora vivo, perciò va scontata per m anni e moltiplicata
per la probabilità di essere ancora vivi dopo m anni dalla firma, perciò si ha mpxvmR.
La seconda rendita viene pagata m+1 anni dopo la firma, se l’assicurato è ancora vivo, perciò va scontata per m+1 anni e
moltiplicata per la probabilità di essere ancora vivi dopo m+1 anni dalla firma, perciò si ha m+1pxvm+1R.
Si continua così fino all’ultima rendita, che viene pagata dopo x anni dalla firma, perciò va sia attualizzato per x anni
sia moltiplicato per la probabilità che l’assicurato sia ancora in vita dopo x anni dalla firma, perciò si ha xpxvxR.
In sintesi, sommando i vari contributi delle rendite e raccogliendo R a fattor comune, si ha l’uguaglianza seguente.
U = R(mpxvm+m+1pxvm+1+...+xpxvx).
Esempio: al tasso tecnico del 2%, qual è il premio che deve pagare un maschio quarantacinquenne per avere una rendita
annua vitalizia di 6.000 euro, a partire da quando avrà compiuto 65 anni?
Anzitutto, si calcola v = 1/(1+0,02) = 0,9804.
Poi si trova m = 6545 = 20.
Quindi si trova , che con la nostra tavola è 104, e x = 10445 = 59.
Poi si compila la formula come U = 6.000(20p450,980420+21p450,980421+...+59p450,980459).
Bisogna ora calcolare le singole probabilità: 20p45 = 74.195/94.003 = 0,789283, 21p45 = 72.224/94.003 = 0,768316, ..., 59p45 =
5/94.003 = 0,000053.
Quindi si calcola il coefficiente fra parentesi, che è 0,7892830,980420+0,7683160,980421+...+0,0000530,980459 =
6,35297.
Il premio unico da pagare quindi è U = 6,352976.000 = 38.117,82 euro.
Una pensione integrativa rappresenta una quantità di denaro che non cesserà mai di arrivare finché si è in vita.
Può convenire a chi dispone di un certo capitale anche dopo aver firmato il contratto, in modo da avere abbastanza denaro
per le emergenze.
Paradossalmente, può convenire anche a chi dispone di un capitale abbastanza piccolo da rischiare di esaurirlo quando si è
ancora in vita e di finire i propri giorni nell’indigenza.
Naturalmente, le quantità esatte vanno valutate dalle singole persone, sulla base delle loro esigenze e delle loro aspettative.
Premi puri e caricati
Finora abbiamo calcolato il legame del premio unico con le altre grandezze usando la regola che la scommessa dev’essere
equa. I premi in questo caso si chiamano puri.
Tuttavia, se così fosse, il guadagno atteso per la compagnia sarebbe nullo e nessuno lavorerebbe in un’assicurazione. Le
compagnie dispongono di vari modi di generare un guadagno dai loro calcoli; il principale, più semplice e più antico è
aggiungere alcune spese, chiamate caricamenti, ai premi assicurativi, che a questo punto si chiamano caricati.
I caricamenti sono espressi in percentuale.
Esempio: dato il premio puro di 300 euro, determinare il premio caricato, se il caricamento è del 12%.
Si ha il premio caricato di 300(1+0,12) = 336 euro.
In alcuni casi, i caricamenti sono anche una percentuale della prestazione, ma non ci inoltreremo in questi calcoli.
Le gestioni separate
Oggigiorno le compagnie introducono nei contratti una rivalutazione delle loro prestazioni, in modo da garantire una certa
difesa contro l’inflazione.
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Per sostenere questa obbligazione, il capitale assicurato, che è sostanzialmente uguale al premio unico puro dei vari contratti,
viene investito (con criteri prudenziali, dato che un’assicurazione tutto può fare tranne rischiare) in un fondo, chiamato
gestione separata, legato alla compagnia stessa.
Tuttavia, non tutto il tasso di rendimento conseguito dal fondo, che si può chiamare g e varia di anno in anno, viene
aggiunto ai premi, anzi. Ecco come si fa il calcolo in concreto.
Prima di tutto, una quota del tasso di rendimento del fondo viene trattenuta dai gestori. Soltanto la quota rimanente a,
chiamata aliquota di retrocessione, viene applicata al tasso g. L’aliquota va dall’85% al 100%, ma quest’ultimo caso è poco
frequente.
Inoltre, anche il tasso tecnico interviene nel calcolo: dato che questo tasso è già un rendimento garantito, la compagnia lo
recupera escludendolo dal rendimento dei premi; ecco come: il rendimento effettivo dei premi è 1+ar; ma il rendimento
effettivo è anche (1+r)(1+x), dove x è la parte di rendimento che supera il tasso tecnico garantito. Confrontando, risulta
(1+x)(1+r) = 1+ag.
Isolando x, si ottiene
x
ag  r
.
1 r
Il tasso effettivo di rendimento che si ottiene grazie ad una gestione separata è quindi ridotto rispetto al tasso a cui si rivaluta
la gestione.
Esempio: con un tasso tecnico del 2% e un’aliquota di retrocessione del 90%, trovare qual tasso effettivo di rendimento
corrisponde ad un tasso di rivalutazione della gestione separata pari al 3%.
Si ha x = (0,90,030,02)/(1+0,02) = 0,0069 = 0,69%.
Morale: non vi fate incantare dai rendimenti di una gestione separata.
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