25/09/2010 INDICE CATEGORIA DATA ARTICOLO TITOLO PAGINA Festival del Diritto La Cronaca ed Piacenza 25/09/2010 Applausi e commozione per la "Piccola Butterfly" 1 La Cronaca ed Piacenza 25/09/2010 Quarta Parete racconta "Ebano e altre stori 2 La Cronaca ed Piacenza 25/09/2010 Brecht fra genialità e follia 3 PAGINA AD USO ESCLUSIVO DEL DESTINATARIO PAG 0 25/09/2010 - PAG. 27 25/09/2010 ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| Festival del Diritto FESTIVAL DEL DIRITTO - GLI SPETTACOLI Applausi e commozione per la “Piccola Butterfly” Ai Teatini uno spettacolo sugli orrori dell’Olocausto tratto dal romanzo della Fenelon U n pubblico foltissimo, l’altra sera, è accorso con largo anticipo alla Sala dei Teatini, desideroso di assistere alla performance teatrale della compagnia “Zeroteatro”, “C’era una piccola Butterfly a Birkenau”, liberamente tratta dal romanzo “Playing for time” di Fania Fenelon, adattato da Arthur Miller. L’evento, che si colloca nel cuore del “Festival del Diritto”, che quest’anno affronta il delicato tema delle disuguaglianze, è stato organizzato dal Centro Culturale Italo Tedesco, presieduto da Milena Tibaldi. Ma in che modo lo spettacolo rientra nel tema della disuguaglianza? Basta conoscerne la storia per capirlo: “C’era una piccola Butterfly a Birkenau” racconta di due ragazze deportate ad Auschwitz - Birkenau perché “mezze ebree”, Alma Rosé e Fania Fenelon, la prima violinista di successo, nipote di Gustav Mahler, determinata e rigorosa, la seconda cantante e pianista, carismatica ma più sognatrice e dolce, che si incontrano a Birkenau, dove vengono scelte come musiciste nell’orchestra femminile del campo di concentramento, costituita per volontà della capo Lager Mandel, per “scandire la gioia del lavoro” e per “rinfrancare lo spirito delle SS”. Il sacrificio delle due giovani è grande: loro, le vittime, si servono della musica, simbolo di libertà che dovrebbe accomunare popoli, per allietare i loro assassini, i loro carnefici. La loro fine è diversa: Alma, in salute fino all’ultimo giorno, muore all’improvviso nel campo, in circostanze misteriose, mentre Fania viene liberata a Bergen Belsen, dove è stata deportata successivamente. E’ molto interessante analizzare il diverso approccio che queste due ragazze hanno nei confronti della deportazione: entrambe utilizzano la musica come schermo per ripararsi dagli orrori (primo fra tutti le Sopra, alcune scene di “C’era una piccola Butterfly a Birkenau” violenze sessuali che subiscono dal comandante del campo) che sono costrette a vivere, tuttavia mentre Alma cerca di mantenere la propria dignità, in un luogo dove la legge è disumanizzare, Fania vuole esprimere attraverso la musica tutta la sua indignazione (ad esempio si rifiuta di pronunciare bene, cantando di fronte alle SS, “lachen”, che significa sorridere). Lo spettacolo si apre con il celebre coro a bocca chiusa che è alla fine del secondo atto di “Madama Butterfly”; non è difficile fare un paragone tra la performance teatrale e l’opera pucciniana: la povera Cio - Cio San aspetta “con sicura PAGINA AD USO ESCLUSIVO DEL DESTINATARIO fede” il suo amato Pinkerton, che arriverà sì, ma con una moglie americana al seguito, così Fania, la piccola Butterfly del campo, attende la liberazione, che giungerà solo il 15 aprile 1945. In ultima analisi la musica è uno strumento di salvezza, non permette la “cosificazione” delle persone, proprio come tutte le arti: come dimenticare la struggente testimonianza di Primo Levi, che nell’ undicesimo capitolo di “Se questo è un uomo”, “Il canto di Ulisse”, per spiegare l’italiano a Jean, deportato come lui, inizia a recitare il XXVI canto dell’Inferno: “Per un momento ho dimenticato chi sono e dove sono”, scrive dopo aver ricordato Dante. La riduzione scenica del testo originale della Fenelon, ad opera di Silvana Trucchi, anche regista dello spettacolo, è molto convincente: si avvicina alla storia di Alma e Fania con occhi straordinariamente umani, del tutto lontani dalla vuota retorica e dai luoghi comuni che, purtroppo, parlando di genocidi, sono sempre alle porte. Altresì convincenti sono state le protagoniste Francesca Poggi (Fania Fenelon), Paola Quagliata (Alma Rosé), Bibiana Maffi, Valentina Pacella, Valentina Elmiger, Ilaria Bernazzani e Tarita Libé. Da ricordare anche i musicisti Gian Andrea Guerra (violino), Valentina Soncini (voce e viola), Stefano Mingardi (percussioni), Corrado Pozzoli e Ilaria Bernazzani (entrambi al pianoforte), che hanno accompagnato arie come “Un bel dì vedremo” e “Vissi d’ arte”, interpretate da Paola Quagliata, e canzoni (Stormy weather, eseguita da Tarita Libé e “Hava naguila”, cantata da Valentina Soncini). Lasciamo l’ultima parola ad Elie Wiesel: “Davanti a noi, quelle fiamme. Nell’aria, quell’odore di carne bruciata. Doveva essere mezzanotte. Eravamo arrivati. A Birkenau” (da “La notte”). Luca Malvermi PAG 1 25/09/2010 - PAG. 27 25/09/2010 ||| ||| ||| Festival del Diritto STASERA ALLA FILO Quarta Parete racconta “Ebano e altre storie” Questa sera alle 21.30 al Teatro comunale Filodrammatici di Piacenza anche la compagnia teatrale piacentina Quarta Parete dirà la sua sul tema delle disuguaglianze nell’ambito di questo Festival del Diritto 2010. In scena lo spettacolo “Ebano e altre storie”. Protagonisti della serata saranno gli attori Elvino Barazzoni, Luana Bolzoni, Fabio Camoni, Lorelle Carini, Ilaria Egeste, Chiara Feccia, Anna Gallazzi, Stefania Gennari, Luca Isidori, Sara Massimiliani, Elisa Piovesana, Daniele Righi, Tino Rossi, Salvatore Savignano, Lorenzo Segalini, Giuseppe Sorrentino, Paola Vincini, Stefania Zanfrisco. Luci, musiche e organizzazione sono a cura di Paolo Muzio, Guglielmo Pozzi e Mino Zilocchi, per la regia di Tino Rossi. “Ebano e altre storie” si compone di diversi flash che finiscono per tratteggiare alcune ipotesi di disuguaglianza: il rapporto uomo/donna, in cui spesso la donna è (stata) costretta a vivere un ruolo di subordinazione; la disuguaglianza sociale, evidenziata da un’intervista di una giornalista invisa ai potenti o dalle testimonianze di un operaio, un homeless e un immigrato; la disuguaglianza rievocata attraverso il ricordo di una violenza subita. Così Quarta Parete, attraverso una rapida carrellata, tocca diversi elementi che rimandano a forme di disuguaglianza. PAGINA AD USO ESCLUSIVO DEL DESTINATARIO PAG 2 25/09/2010 - PAG. 27 25/09/2010 ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| ||| Festival del Diritto Brecht fra genialità e follia Alla Filo riuscita rivisitazione de “L’Opera da tre soldi” Alcuni momenti dello spettacolo “Dell’opera buffa” ispirato a Brecht portato in scena dalla compagnia “Diurni e Notturni” alla Filo Immaginate una colorata e scalcinata compagnia teatrale impegnata, il giorno prima della Prima, nella prova generale sulle tavole del palco del Teatro Comunale dei Filodrammatici. Nervosismo e agitazione serpeggiano, c’è attesa per i costumi che tardano ad arrivare dal Piccolo Teatro di Milano, ci sono le scene da provare e molte battute ancora da imparare. Si va a rappresentare nientemeno che “L’opera da tre soldi” di Bertold Brecht e Kurt Weill, o meglio, una versione contaminata e molto pop del testo che celebra mendicanti, prostitute, gangster e derelitti, rappresentato per la prima volta a Berlino nel 1928. Da questo fertile humus drammaturgico Lucia Vasini e la Compagnia Diurni e Notturni hanno costruito lo spettacolo “Dell’opera buffa” rappresentato in anteprima giovedì sera al Teatro dei Filodrammatici nell’ambito delle iniziative promosse per il Festival del Diritto. Per chi ancora non conoscesse la strana storia della Compagnia Diurni e Notturni vale la pena ricordare che il gruppo teatrale nasce da un progetto nato nell’ormai lontano 2004, diretto da Diego Maj e Lucia Vasini, che ha visto coinvolti gli ospiti e gli operatori dei Centri Diurni e delle Comunità dell’Unità di Riabilitazione del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze dell’Azienda Usl di Piacenza. Dall’iniziale percorso laboratoriale, la compagnia negli anni è riuscita a consolidarsi e a trovare una propria identità artistica. Un risultato che appare straordinario, come straordinario è lo spettacolo che partendo da Brecht indaga diversità e disuguaglianze e si guadagna un giusto spazio nel festival del Diritto. Sulla scena il regista, interpretato dal bravo Rino Bertoni, si dà da fare per mettere in piedi la prova generale che prende forma grazie alle irresistibili arie del maestro concertatore Diego Bragonzi Bignami (affermato attore e tenore cui si deve la regia musicale della rappresentazione), alle musiche interpretate dalla band “Il grumo” diretto da Federico Ulivi e alle performance del nutrito gruppo di attori. Grande il favore dello straripante pubblico per i bravi interpreti, da Ivo Pizzoni, che con stile impeccabile regala un’irresistibile interpretazione di Mackie Messer, alla docile signora Peachum, interpretata da Eloise Braghieri, fino alla grande Greta Giavedoni, reduce del successo ottenuto nello spettacolo dedicato alle canzoni di Bertold Brecht, che offre tutta la sua meravigliosa vocalità e la sua potente fisicità vestendo i miseri panni di Jenny. Abbiamo accolto le nostre diversità, apprezzandone non solo i contenuti, ma anche le forme, considerate ricchezze preziosissime, dalle quali partire per agire teatralmente scrive Diego Bragonzi Bignami nelle sue note di regia. Ecco, forse è questo il segreto di un percorso partito con impegno e fatica anni fa e giunto davvero molto lontano. Complimenti a tutti. Carla Fellegara PAGINA AD USO ESCLUSIVO DEL DESTINATARIO PAG 3