MATRIMONIO E FAMIGLIA IN UNA ANTROPOLOGIA TRINITARIA ... Matrimonio e famiglia: questo è piti che un tema particolare fra i molti di una antropologia cristiana. Il messaggio sul matrimo­ nio e sulla famiglia, quale lo articola un pensiero nato dalla fede cristiana o - considerato nell'altra dimensione - plasmato dalla fede cristiana stessa, è la sintesi teoretica e il pratico «caso serio» della risposta cristiana alla domanda: chi è l'uomo? In relazione a tale messaggio, divengono visibili tanto l'affinità di questa risposta con ciò che gli uomini alla ricerca di se stessi, del proprio essere-uomini, hanno esperito e domandato, quanto an­ che l'elemento provocatorio, l'elemento differenziante del Vange­ lo. Questo messaggio si situa - vi abbiamo già accennato ­ tanto sulla linea di un pensiero che ascendendo dalle datità immediate si trascende verso la luce del Dio che si rivela, quanto sulla linea di un pensiero che muove dalla rivelazione di Dio e che si esprime nell'orizzonte dell'umano vivere, esperire, pensare. Se vogliamo considerare matrimonio e famiglia nel contesto di una antropologia trinitaria, il titolo stesso contiene in sé l'opzione per il secondo punto di partenza, per muovere cioè dalla rivelazione. Donde potrebbe altrimenti essere giustificato il discorso sulla Trinità, sul Dio trinitario? In effetti, mi sembra necessario che ai grandiosi tentativi della tradizione cristiana di muovere passando da una filosofia naturale, di sviluppare oltre * Conferenza tenuta il 25 maggio 1983 a Tomianki (Varsavia) presso !'Istituto per la famiglia della Conferenza episcopale polacca. 4 Matrimonio e famiglia In un'antropologia trlnltaria se stessi i pensieri già pensati dell'umanità e di condurli entro il fuoco trasformante della fede cristiana, a tali tentativi noi dobbiamo associare, in maniera piu radicale di quanto sia avvenu­ to finora, il contrappunto: muovere dal Dio che si rivela, perché, dalla novità e dalla irraggiungibilità dall'esterno dell'amore che Egli è in Se stesso e quale si comunica fuori di Sé, riguardiamo con occhi nuovi il mondo e gli uomini e la stessa rivelazione. Proprio il prendere le mosse da questo amore che Dio è in Se stesso, partendo dall'amore trinitario e dalla sua autocomunicazioc ne gratuita non predeterminabile, non esclude il procedimento apparentemente contrario, ma lo include, non distrugge ma custo­ disce, eleva e salva tutto ciò che l'uomo è per se stesso, tutto ciò che egli è in grado da sé di sapere e di pensare. Può sembrare una in congruenza rispetto al titolo se nel seguito verrà tentato dapprima un approccio fenomenologico, ossia un approccio a quanto la riflessione immediata dell'uomo su se stesso ha da offrire quale contributo alla problematica di matrimonio e famiglia. La seconda parte della conferenza, che capovolge la prospettiva, dovrà invece inserire questo modo di procedere nella visione trinitaria che lo comprende e lo fonda. La convergenza di un pensiero che procede fenomenologicamente con il pensiero trinitario qui postulato potrà, come spero, secondo questa disposizione diventare piu chiara. Devo premettere alla mia argomentazione due osservazioni preliminari, in certo modo a mia giustificazione. La prima: per presentare nello spazio ristretto di questa relazione il pensiero come tale, debbo necessariamente omettere quei contatti vitali i quali soltanto propriamente traggono fuori tale pensiero dall'aria rarefatta di un'astratta riflessione. Proprio questi contesti rappre­ sentano per un vescovo la motivazione che mi consente il lusso o addirittura esige da me lo sviluppare' un siffatto pensiero. Anche fra gente di buona volontà - e questo non solo fra i giovani - manca in larga parte la consapevolezza che l'esercizio della sessualità e il matrimonio si coappartengono intrinsecamen­ te; che, al di là di un legame intensamente sentito con un partner, l'unità e la stabilità corrispondono alla essenza dell'unione matri­ moniale; che perfino la duplice finalizzazione del matrimonio al Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinltaria 5 partner ed alla prole è in intimo rapporto di reciproca implicazio­ ne in ogni singolo atto. Alle basi di una tale difettosa comprensione non stanno soltanto, e tanto meno in primo luogo, egoismo, esaltazione dell'istinto, rifiuto del magistero ecclesiale e del suo insegnamen­ to. Le esperienze fondamentali del proprio essere-uomo si sono cosi profondamente spostate nel corso del pensiero contempora­ neo, da rendere estremamente difficile l'accesso vitale e teoretico ai dati fondamentali dell'antropologia cristiana. Il recupero di questa antropologia risulta compito prioritario anche sotto il profilo pastorale. Esso può essere intrapreso in quello che seguirà soltanto in maniera indiretta. Si tratta piuttosto del tentativo di una fondazione teoretica senza la quale - questa è la mia esperienza - la mediazione pratica termina spesso in una aporia. A mio avviso il solo argomento persuasivo adducibile contro questa posizione suona: Dove sono vissute e comunicate esperien­ ze cristiane autentiche, lf si apre anche nella maniera pili semplice l'accesso al comprendere. Questa controargomentazione, tuttavia, non dispensa dalla fatica della fondazione teoretica e al termine delle nostre riflessioni otterrà giustizia proprio dal punto di 'vista teoretico. La seconda osservazione preliminare: quello che ho in animo di compiere qui potrebbe costituire il programma di un'intera serie' di lezioni, e stralciarne una certamente gioverebbe a poco. Presumo pertanto di avervene presentato per cosi dire soltanto i punti programmatici, soltanto il progetto generale, che da una parte potrebbe fare un maggior effetto di quanto riuscirebbe a procacciarsene la concreta realizzazione, e che dall'altra parte resta insoddisfacente, poiché vengono esposte tesi e sollevate questioni che qui non possono essere trattate in maniera esaustiva e attendibile. I. ACCESSO FENOMENOLOGICO 1. È possibile considerare da diversi punti di vista la storia dello spirito dell'età moderna, cioè dell'epoca il cui intrinseco 6 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinltaria inlZlO è segnato dal profondo cambiamento avvenuto con il passaggio dal nominalismo al razionalismo e dal contemporaneo destarsi delle scienze sperimentali. Uno di essi segue la storia dell'autocomprensione umana. Un'essenza data all'uomo, il quale come singolo per cosi dire la attua, viene man mano sostituita dall'idea fondamentale del soggetto che pone se stesso e media sé con se medesimo, dell'ego, cioè, che il piu possibile determina continuamente se stesso. Tutto ciò che sono lo sono da me, grazie al mio porre e determinare: questa è la linea fondamentale di un tale sviluppo, certo variamente attuata e intesa, ma divenuta dominante fin dentro la mentalità quotidiana. Questa autocomprensione ha una fondamentale implicazione anche con la comprensione del mondo e con il rapporto con il mondo. Il mondo diviene sempre piu un materiale a disposizione dell'uomo, non è piu amministrato dall'uomo stesso come un bene affidatogli, ma è cosi radicalmente sottomesso a lui, al suo conoscere e plasmare, che l'uomo può fare di esso tutto, come dal punto zero, può in esso attuare e realizzare se stesso. Anche l'idea di un soggetto collettivo resta legata a questo principio moderno. Non è qui il luogo di esplicitare le molteplici problema­ tiche e aporie; ci limitiamo a indicare soltanto un punto decisivo per il nostro discorso: gli orientamenti dati, che nel contesto della creazione, ma anche all'interno dell'essere-uomo, sarebbero da rispettare, vengono consumati dall'idea di una libertà del soggetto che pone se stesso e ha potere su di sé e su tutto. Le leggi intrinseche determinanti il processo di autorealizzazione e di formazione del mondo vengono limitate alle successioni funzio­ nali descrivibili, che sono immediatamente e semplicemente plau­ sibili in base alla loro razionalità finalistica. Non si può natural­ mente non menzionare che non mancano considerazioni contrarie a queste, che le relativizzano, né sono assenti tentativi seri di salvare l'etica. Tuttavia, per la razionalità divenuta universale alla fine dell'età moderna ciò non conta, in quanto che la natura dell'uomo e delle cose è stata smarrita come fonte conoscitiva per l'obbligazione etica, e l'uomo sempre piu dipende da se stesso, soltanto dalla sua propria soggettività. Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinitaria 7 In questo ambito, un'argomentazione etica edificata sulla base di una legge morale naturale viene sentita estranea e priva di una impostazione vitale. Cosi sembra almeno al principio. E tuttavia, deve essere osata una controdomanda con la quale potrebbe forse avviarsi un recupero della natura hominis e della natura rerum. La domanda in questione suona: che cosa resta all'uomo che dipende a tal punto da se stesso? Risposta: la sua attuazione, il suo atto. Questo atto, tuttavia, ha una struttura determinata in cui risiede una legge intrinseca che non si limita alla razionalità pragmatica. Per quanto aperto, per quanto all'ini­ zio indeterminato, per quanto suscettibile di diverse conformazio­ ni possa essere l'atto dell'autoattuazione umana, persiste tuttavia in tutte le figure che assume una fenomenalità ineludibile. In breve e quasi a modo di anticipazione, possiamo asserire: esiste una natura actus. 2. Di nuovo, tralasciando una trattazione dettagliata, possia­ mo, per offrire una prospettiva su questa natura dell'atto, delinea­ re la seguente struttura: nell' atto umano, colui che lo pone, l'io, parte da se stesso. lo pongo il mio atto, attuo me stesso, mi rapporto con me stesso. Ma proprio nel rapportarmi a me, sono già dato a me stesso. lo non posso iniziare altrimenti da qualche altro luogo, ma inizio con me e da me, mi assumo come colui che io sono. L'atto non è soltanto punto di partenza, ma anche risposta, non è soltanto posizione, ma anche plasmazione di una datità. lo sono, partendo da me, nello stesso tempo dato a me stesso nel mio atto. E contemporaneamente il mio atto va oltre me stesso, mi pone in relazione. La mia relazione a me è relazione ad altro, si spinge in uno spazio di comunicazione possibile. Nel mio atto mi comunico almeno a me stesso, formulo a me in esso almeno qualcosa come una parola, ed è proprio di questa parola spingere alla comunicabilità, inserirmi in uno spazio aperto della relazione-a ... Sviluppando ulteriormente queste linee e insie­ me schematizzando gli elementi, possiamo asserire che in ogni atto si danno tre momenti ad esso connaturati: essere-sé, essere­ dato, con-essere o, sotto altro profilo: libertà, dato, comunica­ zione. 8 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinltarla In questa struttura fondamentale dell'atto umano, delineata con i tre punti menzionati, ha luogo tuttavia, come si può facilmente osservare, una ripetizione di tutti e tre i poli in ogni singolo polo. lo sono dato a me stesso, la struttura del mio atto gli è data, mi è data. Ma che cosa è ciò che è qui dato? Proprio il nesso dinamico di questi tre momenti: che io accolgo me stesso, che mi attuo, che mi apro e mi comunico. E ancora: allorché io da me stesso mi attuo, come avviene tale attuazione? Essa accoglie il dato che io sono, lo plasma, lo fa essere qualcosa di nuovo, lo fa essere nuovo - e lo introduce cosi all'aperto, nello spazio della comunicazione, Che io lo voglia volere o meno, io, ponendomi, in un modo o nell'altro voglio me, il dato a me stesso, ed esprimo me come colui che si rapporta a se stesso. , Lo stesso accade nel con-essere, nella comunicazione, Questa ­ non sarebbe se io, come colui che parla, che spontaneamente si impegna in essa, non mi inserissi in essa, portandovi me come datità. Un puro flusso senza posizione di partenza, oppure sempli­ ci posizioni senza un movimento verso l'altro non danno alcuna · comunicazione. Ma nel suo principio, tale comunicazione con i tre momenti menzionati è intrinsecamente presente, anzi fonda­ mentalmente già attuata in ogni atto dell'uomo. I tre momenti pertanto si includono reciprocamente, né sono separabili l'uno dall'altro. Questa inclusione vicendevole non significa tuttavia un livellamento dell'un momento all'altro, ma ogni momento detiene la sua propria eccedenza rispetto all'altro. L'atto umano non può sottrarsi alla propria natura; proprio per questo non può sottrarsi alla relazione con la propria natura, ossia con la propria libertà e indeducibilità dalla sola natura, né all'essere relazionato al rispettivo contesto, a quella situazione dialogica che esso inaugura e che contemporaneamente incontra rispondendo. 3. Dai tre momenti dell'essere-dato, dell'essere-sé e del con­ essere, deriva un triplice carattere dell'atto umano. Questo caratte­ re triplice appartiene ad ogni singolo atto umano e nella sua sintesi, sempre data, è come la manifestazione di un atto fonda­ mentale dell'esser-uomo in generale.Tuttavia, e nello stesso tempo, Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinltaria 9 nei molti atti che di fatto appartengono all'orizzonte dell'esistere umano, tali caratteri possono assumere pesi diversi: talora è l'un carattere ad apparire in primo piano, talaltra l'altro carattere. I tre caratteri dell'atto umano o, sotto altro profilo, i tre atti fondamentali dell'uomo, fra loro connessi, si chiamano: porre o dire - dare form a - collegare. Mi attuo, parto da me, do inizio a qualcosa (porre, dire). Compio pertanto qualcosa, muto qualcosa o me stesso, pongo qualcosa in un'altra o in una nuova posizione (dare forma) . Ma in questo modo non do forma soltanto a me e a ciò che io elaboro, produco, distruggo, trasformo. lo modifico con ciò anche una costellazione, intesso, per cosi dire, in modo nuovo, il filo del rapporto, del dialogo con i partners attuali o con altri potenziali partners. Creo una nuova situazione fra le e gli altri (collegare). 4. La struttura dell'atto e dell'essere-sé finora esposta è valida per la dimensione dell'essere personale in generale. Per cogliere lo specifico umano, è necessario operare una duplice precisazione tramite la riflessione sulle due determinazioni: tempo e corpo. L'uomo è un essere temporale e corporeo. Ciò si esprime anche nei suoi atti. L'atto umano e l'esistenza umana insieme hanno la loro particolare temporalità. In breve e sotto il profilo formale : tutte le tre ek-stasi temporali - passato, futuro e presente - sono sempre con-incluse tanto in una fondamentale provenienza quan­ to in un fondamentale futuro quanto anche in un fondamentale presente. L'uomo non può scegliere di essere in ogni momento solo adesso. Può solo accettare il fatto che egli è inserito in queste tre ek-stasi temporali. Non può eludere l'adesso, il futuro, la provenienza. Essi gli sono dati. Essi sono pertanto insieme: la sua provenienza. Ma in quanto, in ogni attimo, è inserito nell'intreccio di provenienza futuro e presente, l'uomo progetta se stesso. In senso proprio, l'uomo non progetta in ciò soltanto il suo futuro, non anticipa solo ciò che egli sarà nel suo porre e dire, ma nel protendersi verso il suo futuro gli diventa nuova la sua provenienza, il suo passato - e come l'uomo assume e trasforma il suo passato e lo fa contesto del futuro che egli osa, 10 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinltaria cerca, vuole, cosi egli esiste in ogni momento adesso, cosi è il suo presente. E infine, il presente in senso pieno accade proprio nella comunicazione, nel con-essere. Qui l'uomo diventa presente ad altri, diventa altro, e altri diventano presenti a lui. Ora, l'aspetto sollecitante di questo presente è che in esso la scaturigine della provenienza si allarga: io non vivo soltanto a partire da me, ma a partire dalla eredità comune dei partners della comunica­ zione. E insieme, il futuro proprio si intreccia con quello degli altri, i futuri entrano in interdipendenza, il futuro diviene futuro comune nella reciprocità del presente. I momenti dell'essere-dato, dell'essere-sé, del con-essere acquistano tutta la loro radicale potenzialità storica per il fatto che allo stesso tempo essi rappre­ sentano per l'uomo i costituenti della sua temporalità, potremmo dire della sua storicità. Se cerchiamo di rileggere la natura umana a partire dai momenti strutturali del suo atto, la staticità non appare in contrasto con la natura, ma appartiene intrinsecamente ad essa. Corporeità: non meno costitutiva, anzi, in un senso ancora pm rigoroso, caratterizzante per l'humanum, è la corporeità dell'uomo, la quale opera dentro ogni suo atto. Si può riconoscere senza difficoltà che la corporeità e il corpo sono tanto un dato indisponibile quanto espressione del proprio porre e dire, quanto, infine, legame dell'essere-con nel dono o nel rifiuto, nel dare o nel ricusare, e questo lo sono a partire dalla parola, lo sguardo, il gesto, fino alla sessualità, anzi fino alla dimensione del dono della propria vita. Ciò che è peculiare nella corporeità, ciò che la fa essere piti che la periferia semplicemente racchiudente, confermante e limitante il centro personale, si può esprimere in una parola: traduzione. Traduzione: il mondo, le cose, la materia divengono nel corpo parola, testo dello spirito. Ciò che è puro dato diviene linguaggio, l'uomo è la bocca della creazione. E viceversa, nel corpo e attraverso il corpo avviene la corrispettiva trascendenza dell'atto personale nel mondo della datità, della cosalità, la inser­ zione del personale nell'insieme di tutto ciò che è. Nel corpo, l'uomo e il mondo, la provenienza e il futuro divengono reciproca­ Matrimonio e famiglia In un'antropologia trinltarla 11 mente e inclusivamente presenti ed entrano nella solidarietà di un con-essere che comprende tutto il creato. Ci è consentito e possibile leggere nella corporeità il rappor­ to fra uomo e mondo alla luce dei tre momenti dell'essere-sé, dell'essere-dato, del con-essere; e proprio per questa funzione della corporeità di traduzione fra uomo e mondo, il corpo è anche medium dell'attuazione personale e legame del con-essere personale. Si può qui osservare che le classiche definizioni dell'uo­ mo come animale che ha la ratio o illogos, si rifanno precisamente a questa funzione di traduzione propria del corpo, ossia concepi­ scono ed esprimono l'uomo a partire dalla mondanità della sua esistenza. Sarebbe interessante, ma travalicherebbe il nostro ambi­ to, applicare le caratteristiche fin qui acquisite a questa descrizio­ ne della natura umana e leggere le due concezioni rispettivamente ciascuna come commento dell'altra. 5. Finora abbiamo parlato soltanto di atti umani in generale. La multiformità dei rapporti cui l'uomo perviene attraverso il suo porre, dare forma e collegare, ma anche la dimensione temporale dell'essere-uomo, che domanda all'uomo di attuare sempre nuovamente e sempre di nuovo e sempre solo nell'adesso la sua esistenza, porta ad una ricchezza di atti diversi, che mostrano a loro volta differenti configurazioni fondamentali. Non possiamo qui sviluppare una teoria dei diversi tipi fonda­ mentali di atti umani. Prima di applicare le determinazioni acquisite all'ambito di matrimonio e famiglia, mi sta a cuore ­ e proprio al fine della problematica etica ad esso connessa ­ esporre la seguente considerazione di carattere generale. Se è data all'uomo la struttura del suo atto, se il suo agire progettante e ponente non può svincolarsi dalla costituzione fondamentale dell'atto umano prima indicata, allora in ciò non è contenuto soltanto un dato di fatto, ma è inclusa anche una sfida, un compito per l'uomo. Questi può essere solo nell'equili­ brio di essere-dato, essere-sé e con-essere. Questo equilibrio, poiché l'uomo è precisamente dato a se stesso in vista della propria attuazione, necessita però di essere accettato, attuato, realizzato da lui. Il suo dire e porre deve essere risposta a ciò 12 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinitaria che gli è assegnato come struttura fondamentale in ogni singolo atto , Importa che egli comprenda il linguaggio del suo essere, il linguaggio dell'essere nella sua totalità. Egli può anche mutilare, travisare, livellare questo linguaggio. In tal caso, l'uomo entra in quella dissonanza con l'essere che perturba e persino distrugge lui stesso e il mondo. Diviene cosi compito etico, che l'uomo articoli la struttura del suo atto secondo i momenti dell'essere­ dato, dell'essere-sé, del con-essere e di sveli quel linguaggio dell'es­ sere che vuole, in lui, nel suo agire, farsi sempre di nuovo parola. La natura actus si manifesta a questo punto come misura dell'agi­ re etico. Non possiamo neppure sfiorare l'intera problematica del rinvenimento e della fondazione delle norme etiche che occorre­ rebbe discutere a questo punto. Solleviamo una sola domanda: la domanda sullo spazio lasciato all'umano «dar forma» nella scelta degli scopi e delle vie all'interno delle diverse sfere di atti. E nell'orizzonte di questa domanda vogliamo soltanto avanzare una osservazione, un criterio: quanto piti un atto per la sua essenza è strettamente e immediatamente collegato con l'essere-sé dell'uomo, quanto meno lo si può disgiungere dall'«io stesso», tanto piti «letteralmente» l'uomo è legato alla natura dell'atto, all'essere-dato di essa. Questo risulta piti facilmente chiaro dalla considerazione inversa: quanto piti allentato è il nesso fra il contenuto, la materia intrinseca all'atto e l'essere-sé dell'uomo, tanto piti variabile può essere la sua concretizzazione. Se ad esempio si tratta dell'elaborazione di un materiale come il legno o la pietra, è praticamente impossibile dedurre dalla natura dell'atto ciò che è lecito nasca da tale elaborazione e come tale elaborazione debba avvenire. Ma quanto piti centralmente è coinvolto nel contenuto e nell'attuazione dell'atto l'essere-sé del­ l'uomo, tanto piti strettamente l'uomo è legato alla «parola» che questo atto dice di sé. Non si può assolutamente prescindere dal fatto che il parlare è porre un segno per un contenuto, è espressione di un pensiero e di una disposizione intima, ed è appello a un partner ascoltante. Per quanto ,possa essere ,vasta l'ampiezza di variazioni delle possibili situazioni del parlare, tuttavia il carattere proprio di questo esige sempre che venga Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinltaria 13 rispettata la struttura qui rapidamente accennata, Ancora di piti: il parlare richiede che si tenga conto della situazione, del tempo in cui esso accade, affinché il legame del parlare con la struttura propria del suo atto sia dovutamente rispettato. Il tempo di una rappresentazione teatrale non è il tempo della comunicazione personale, il tempo della confessione non è il tempo dei pubblici comunicati. In relazione alla prossimità dell'atto con l'essere-sé dell'uomo possiamo dire: a partire dalla struttura dell'atto, l'uomo mai impe­ gna se stesso COSI tanto come quando egli si dice nel linguaggio della parola o nel linguaggio della corporeità. La critica, talora sollevata, che è sorprendente come un'etica orientata secondo l'ordine naturale incontri le sue massime complicazioni nell'ambito dell'ottavo e del sesto comandamento, indica contro la sua stessa intenzione qualcosa di importante: che l'«io stesso» impegna se stesso interamente proprio nella parola e nell'amore fedele attuato nella concretezza corporea. Certamente, alla natura di ogni atto appartiene la sintesi di essere-dato, essere-sé e con-essere e talvolta, nella riflessione etica sulla natura degli atti, i momenti dell'essere-sé e del con-essere possono essere troppo poco considerati. È necessa­ rio un nuovo accurato impegno - che d'altra parte può riallacciarsi alle antiche cognizioni piti di quanto si potrebbe presumere ­ al fine di enucleare con attenzione rispettosa e completezza la specifica struttura fondamentale di un atto. Resta ancora una correzione da apportare al nostro modo di esprimerci fino ad ora. Certamente, lo spazio diviene piti «stretto» quanto j:>iti la persona deve impegnare se stessa in un atto. Laddove la libertà è massimamente richiesta, li è esigita nella maniera piti radicale l'obbedienza, l'accettazione del proprio sé. Ma insieme - e questa è la correzione - proprio in una tale obbedienza cresce una superiore, nuova libertà, la libertà del «come». La libertà dell'interprete fedele di un'opera d'arte è, ove essa sia correttamente intesa, piti grande della libertà di una persona la quale nell'interpretazione dell'opera esprima solo se stessa. Ciò vale in maniera analoga per la libertà della parola o anche dell'eros, ove questi vengano attuati in fedeltà alla loro essenza, in obbedienza alla loro ordinazione naturale. 14 Matrimonio e famiglia In un'antropologia trlnltaria 6, Come è possibile, sulla base della fenomenologia dell'atto ora abbozzata, conseguire un accesso alla comprensione di matri­ monio e famiglia? Certamente, questo accesso appare ristretto, quando, come è naturale, questo viene tentato a partire dall'actus specifico dei coniugi, costitutivo per il matrimonio e la famiglia, Ma se tale actus è inserito nel piu comprensivo contesto che è dischiuso proprio dalla fenomenologia dell'atto ora tratteggiata, allora tale accesso è giustificato - ed esso è di particolare rilevanza in rapporto all'attuale discussione etica e teologico­ morale, A questo punto, la domanda che ci apre l'accesso all'ambito matrimonio-famiglia si profila come domanda sull'interpretazione antropologica e sulla struttura immanente della sessualità umana . Nel nostro . discorso dobbiamo omettere di svolgere un'accurata ricognizione fenomenologica dei vari momenti, e dobbiamo limi­ tarci a riferirne il risultato formalizzato, che però non è conseguito deduttiva mente dagli elementi già predisposti del discorso fin qui svolto, ma vengono letti a posteriori alla luce di questo. Cerchiamo di considerare la fenomenalità della sessualità umana sotto tre «tagli» per rendere percepibile da diversi punti di partenza la «parola» dell'essere in essi contenuta. Tralasciamo, a questo proposito, di evidenziare la fondamentale trasformazione che la sessualità conosce nell'uomo, negli esseri corporei che sono persona, rispetto al mondo animale, Parimenti, può esser soltanto accennato che una tale fenomenalità della sessualità dischiude un accesso per rendere plausibile il senso antropologico della verginità, della rinuncia all'esercizio della propria energia sessuale: la verginità non è asessualità, ma è un positivo vivere la sessualità nel quale l'uomo impegna se stesso nel suo trascen­ dente rapportarsi oltre il mondo e dentro il mondo. Primo taglio: compimento - donazione - apertura. Il deside­ no sessuale e l'atto sessuale sono immediatamente improntati dal protendersi dell'uomo verso il compimento. Compimento significa un presente che non resta vuoto, che non è soltanto una stazione di passaggio verso il successivo presente, ma che Matrimonio e famiglia in un'antropologia trlnitarla 15 significa pienezza, permanenza, significa «si» e «bene». Un tale compimento supera l'esser-solo, lo riempie precisamente mediante l'altro che nel suo essere mi corrisponde e che perciò è uguale a me e insieme non è identico a me e come un raddoppiamento, ma esiste, in questa eguaglianza, secondo una piena differenza. Il compimento avviene in un completamento «polare». Il compi­ mento però è compimento di ciò che io sono, di ciò che porto con me; non corrisponde soltanto al piacere e all'umore dell'atti­ mo, per quanto questo attimo si strugga per questo compimento; io impegno me stesso essendo già io questo desiderio, essendo fatto per questo compimento. Dove il compimento si compie, esso afferma: Si, tu sei mio partner, te ho atteso, per te sono stato fatto. Il compimento è tale perché in esso io impegno e dono me stesso. Impegno la mia datità, l'esistere che mi è dato, in ciò che lo compie. Compimento richiede donazione. Donazio­ ne è fare e porre, ma un fare e un porre che perfeziona me, la mia datità, ossia li compie. In questa espressione abbiamo già evidenziato l'eccedenza del dono sulla pura datità, abbiamo neces­ sariamente coinvolto l'essere-sé, il porre e dire; questo donare il proprio io nel compimento ne svela un ulteriore tratto fonda­ mentale, lo trascende in se stesso in avanti: apertura. La donazio­ ne, che porta al compimento, afferma: con te voglio restare, con te voglio proseguire, con te voglio andare avanti. La donazione compiuta è per se stessa promessa, non è soltanto termine o tappa intermedia, ma inizio. Nella triade compimento, donazione, apertura (promessa) sono pertanto presenti e operanti le tre ekastasi temporali e, corrispondentemente, i tre momenti dell'essere-dato, dell'essere­ sé, e del con-essere, e questo in maniera tale che reciprocamente si includono l'uno nell'altro. Il compimento, la presenza, avviene come con-essere. Questa presenza conferma, plasma, compie pro­ prio l'essere-dato, la provenienza, la quale nella donazione è condotta nell'adesso del compimento. L'atto, il porre, il dire, che avvengono in un tale essere-per-l'altro-e-con-l'altro, la parola im­ plicita in tale donarsi e compiersi apre il futuro nel quale si incamminano coloro che reciprocamente si compiono, coloro che vicendevolmente si donano. 16 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinltaria Quale è però la novità, la peculiarità che caratterizza l'atto fondamentale della sessualità? In esso, la reciprocità dell'io e del tu e l'insieme dell'io e del tu sono il «soggetto» dell'atto fonda­ mentale; in esso, l'io, il tu e il noi sono - insieme e indisgiungi­ bilmente - inseriti all'interno della struttura dell'atto umano in generale. Le caratteristiche rilevate nel dato immediato, corporeo, rinviano oltre se stesse, indicano si che in una tale attuazione corporea esse si condensano e si compiono, ma anche che, oltre a ciò, impregnano e determinano il rapporto delle persone nella sua interezza. Infatti, deve essere consentita la domanda ulteriore: non diviene qui manifesto che l'esistere umano, l'atto umano in generale mostra la seguente struttura: io pervengo a me soltanto se pervengo a te, pervengo a te soltanto se perveniamo a noi? Secondo taglio: sessualità come presenza del futuro nel presente, come azione «profetica» e «creativa». Se volessimo riportare a una formula semplice le molteplici relazioni che già ci si sono rivelate nella sessualità, una formula che rappresenti al tempo stesso l'espressione di una osservazione immediata, di un immediato ascolto della «parola» della sessualità, potremmo dire: la sessualità è anticipazione del futuro presente, è «sacramen­ to», segno efficace del futuro nel presente. Interpretiamo in forma condensata la parola che la donazio­ ne sessuale dice di se stessa, della collocazione di valore che le è propria nell'esistere umano. Nella donazione al partner non si possono scindere le seguenti parole: io scelgo te come mio futuro - io mi do a te come futuro: noi vogliamo essere l'un per l'altro futuro. E in queste ultime parole: noi vogliamo essere l'un per l'altro futuro è ancora asserito: vogliamo non soltanto avere un futuro assieme, ma donarci l'un l'altro il futuro e insieme donare futuro. Il si che è pronunciato nella relazione all'altro, consegue la sua intera misura nel fatto che l'io non soltanto si trascende nel tu, ma assieme al tu si trascende nel comune futuro, nell'unica, medesima, identica per i partners, e tuttavia nuova realtà del comune futuro, del futuro del genere umano in una nuova generazione. La connessione del compimento e della dona­ zione con la promessa, l'apertura, il nuovo futuro, la connessione Matrimonio e famiglia In un'antropologia trinitarla 17 dei due classici «fini del matrimonio» non è un addittivo, ma scaturisce dalla logica intrinseca della parola del dono. lo ti voglio per intero solo se sono pronto ad attendere da te e per mezzo tuo il mio futuro che mi supera, il mio futuro che comprende te e me, un futuro cui possiamo dire tu e che possa dire tu a noi. Terzo taglio: corporeità della sessualità come rapporto al mondo. Torniamo alla nostra riflessione sulla corporeità, al fine di inscrivere il rapporto al mondo in essa rilevato nella compren­ sione della sessualità. Se conferma e promessa hanno il loro luogo nel compimento proprio della comunione sessuale, questa comunione necessita dell'inserimento custodente e proteggente nell'intreccio del tutto, dei molteplici rapporti fra gli uomini, le cose e le circostanze. Il reciproco e comune futuro, fondato e aperto nel presente, richiede consistenza. Pertanto, attraverso la costituzione corporea dell'uomo, ciò che è piu personale ed intimo è ordinato a uno statuto istituzionale. Davanti agli altri e di fronte al tutto, il legame del noi vuole avere consistenza. Vi è un interesse del tutto a questo legame, poiché esso è il luogo del futuro per il genere umano. Questa non è però solo un'aggiunta estrinseca ma scaturisce dall'interno del rapporto corporeo. Senza restringere il senso di matrimonio e famiglia solo sul figlio, possiamo tuttavia, partendo dalla finalizzazione della ses­ sualità al figlio, mettere in evidenza il rapporto al mondo fondato nella comunione coniugale: i coniugi hanno l'uno attraverso l'altro e per l'altro il loro futuro dentro il mondo. Nel loro reciproco diventare-uno aperto al figlio, avviene contemporanea­ mente l'incontro e la compenetrazione dell'uomo e del mondo. A questo punto, aggiungo una nota bisognosa di discussione e di elaborazione: non potrebbe vedersi in un tale rapporto fra l'uomo e il mondo il fulcro del contributo specificatamente maschile nel farsi mondo dell'uomo, il fulcro dell'apporto specifi­ catamente femminile nell'umanizzarsi del mondo? Il «luogo» per questi due movimenti è però in senso eminente la donna, che accoglie e comprende l'uomo orientato al mondo, è per lui 18 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinitaria essenza e parlante figura ongmaria del mondo - in lei egli trova il mondo come parlante, il mondo come uguale a sé, il mondo precisamente come: fatto uomo. Sono consapevole della fraintendibilità di siffatto accenno, ma non di meno lo ritengo dal punto di vista fenomenologico degno di riflessione non soltanto per via del secondo capitolo del Genesi. li corpo come incontro fra il mondo e l'uomo: ciò rimanda al «rivestimento» dell'essere-insieme degli uomini in cui questo essere-insieme si protegge e si autodice entro il mondo e insieme lascia entrare il mondo in sé: la casa. Il comune cammino di entrambi l'uno verso l'altro e insieme verso il futuro che li supera, si esprime nella parola che i coniugi si pronunciano attraverso il loro fare, il loro atto: la tua casa è la mia casa - la mia casa è la tua - noi costruiamo e l'uno per l'altro e assieme una casa. Sarebbe interessante verificare dal fenomeno della casa tutte le determinazioni fondamentali che sono emerse lungo la via della nostra comprensione dell'actus di matrimonio e famiglia e nel suo sviluppo. Chiediamo infine, al termine di questa parte decisiva per le nostre riflessioni fenomenologiche, quale potrebbe essere una formula breve che raccolga l'acquisito dei nostri tre tagli attraver­ so l'atto costitutivo fondamentale di matrimonio e famiglia. Essa potrebbe suonare: inseparabilità della triplice trascendenza dell'io al tu, dell'io e del tu al futuro, alla generazione nuova, dell'io e del tu e del noi insieme al mondo. Tu - futuro - mondo: questi tre poli sono inscindibili, intimità e apertura al futuro e al tutto si co-appartengono nell'umano profilo della sessualità, che di conseguenza spinge da se stessa al matrimonio e alla famiglia come spazio che inalienabilmente le appartiene. Tu, futuro, mon­ do: tali poli appartengono soltanto alla comunione sessuale? Come molte altre delle nostre considerazioni, non potremmo riferirli anche in generale all'amicizia? Ciò che è inconfondibil­ mente proprio della comunione sessuale è la relazione dell'io e del tu come uguali fra loro e insieme polarmente rapportati l'uno all'altro, orientata a un dono personale: questo dono è, in quanto Matrimonio e famiglia in un'antropologia trlnitaria 19 personale, l'assolutamente altro e insieme uguale ad entrambi, ed è, in quanto dono, dono reciproco dei partners e inalienabile dono ad essi. 7. Da una tale costituzione fondamentale dell' atto della sessualità umana, come atto personale (interpersonale), corporeo e mondano, derivano i tratti essenziali di matrimonio e famiglia . Nella donazione coniugale non viene donato qualcosa, l'uomo dona se stesso. Si dona a un altro. Questa intima totalitarietà, che si suggella nella concretezza corporea, afferma: soltanto tu, tu per sempre! Con te, soltanto con te voglio avere il mio e il tuo intero futuro. E questo futuro ci conduce oltre noi stessi nella generazione ventura, ci conduce dentro l'unico e identico dono reciproco, che è come noi e che è tuttavia nuovo. All'unità e all'indissolubilità si aggiunge essenzialmente l'apertura al figlio . Che un tale futuro nel figlio non sia a nostra disposizione si ripercuote certamente e necessariamente sulla inalienabilità della fedeltà, sulla disponibilità al comune futuro. Esso è futuro anche quando conduce su vie altre da quelle che si possono prevedere e pianificare, cioè quando il figlio come espressione e garante di tale futuro non è possibile. Solo tu - con te per sempre - , con te oltre noi stessi: queste dimensioni contraddistinguono un'intimità protetta e da proteggere e insieme una dimensione di apertura, anzi una dimen­ sione pubblica. Infatti, questo essere-insieme, che viene mantenu­ to e che supera se stesso è un dato e un fatto per il mondo, è un contributo al mondo, è in reciprocità con il mondo. L'introdu­ zione della generazione futura nel mondo, la comune partecipazio­ ne dei partners e dell'intera famiglia al mondo, la casa, che è spazio in cui la famiglia prende forma e che insieme dà forma al volto del mondo - tutto questo rinvia a matrimonio e famiglia come istituzione, come portatori di diritti e doveri nella società. La famiglia come totalità ha bisogno dello spazio per «porsi», per pronunciare la sua parola al mondo; ha bisogno dello spazio per darsi forma, spazio che la sottrae alla presa dell'esterno e che nello stesso tempo la incorpora nell'insieme della società; essa non è soltanto coesione all'interno, che sottrae il singolo 20 Matrimonio e famiglia In un'antropologia trlnltarla io al suo isolamento, ma anche nodo nella rete che collega tutti all'universale esistere con gli altri e per gli altri. 8. Le linee, dalla natura dell'atto della persona umana come essere sessuato alla totalità del matrimonio e della famiglia, si sono svolte come da sé. Ma ora, ci troviamo dinanzi alla domanda inversa: è egualmente possibile trarre da questa natura actus, conseguenze per il singolo atto? È necessario rispondere positiva­ mente a questa domanda proprio perché nella sessualità l'uomo si dice e si dà come tutto. Egli, nell'esercizio della sua sessualità, non può mai prescindere dall'affermazione «soltanto tu e tu per sempre», senza far diventare un tale prescindere una menzogna. E con la terza dimensione, quella dell'apertura al figlio? Sembra evidente: non avere come scopo positivamente un figlio in ogni atto coniugale non contraddice affatto la fondamentale orientazio­ ne della sessualità al futuro, al figlio. È incontestabilmente vero che una sospensione della consapevole volontà di prole deve essere una sospensione responsabilmente assunta. Altrimenti, sarebbero travisati lo specifico dell'atto sessuale, la sua natura, la sua parola, che, precisamente, affermano: io ti dico tu in modo tale che sono pronto con te ad andare oltre te, e vorrei andare oltre me in modo tale da non usarti mai in ciò soltanto come strumento, ma da dire a te un si d'amore. Vi sono molte ed importanti voci che limitano il legame etico della realizzazione del singolo atto solo alla fedeltà, all'onestà e alla donazione reciproca dei partners e che nel singolo atto vogliono saper preso in considerazione l'orizzonte della responsa­ bilità per il futuro soltanto come un orizzonte generico. Secondo l'impostazione fenomenologica da noi scelta, non possiamo certa­ mente ritenerci soddisfatti di ciò. L'atto coniugale ha in se stesso la duplice finalizzazione al tu presente e al comune frutto futuro. Questo legame non è un'addizione, ma, in questo atto, ognuno dei poli qualifica nello stesso tempo l'altro polo. Questo non porta certo per principio le due finalizzazioni a coincidere ­ la fecondità senza amore è certamente senza senso, ma non l'amore senza la fecondità attuale - ; tuttavia, l'intima connessi 0­ Matrimonio e famiglia In un'antropologia trinltaria 21 ne delle dimensioni richiede da se stessa, dalla natura stessa dell'atto, la sua presenza in ogni atto. Il trascurare con leggerezza e a lungo questa connessione, si ripercuote - come mostra l'esperienza - anche sulla intima struttura della reciproca e vicendevole donazione dei partners. Come può, tuttavia, aver luogo un tale rispetto dell'apertura al figlio, laddove questa non è realizzabile per decisione responsa­ bile o in seguito ai dati fisiologici? La parola decisiva si chiama: tempo. Abbiamo già brevemente trattato la connessione di tempo e natura. Sembra essere una proposizione banale: se una causa ha, per sua essenza, due effetti, ma non si può volere in modo responsabile uno degli effetti, allora è lecito porre questa causa solo quando e nella misura in cui essa non produca l'effetto non responsabilmente assumibile. Conosciamo l'ulteriore domanda: esiste una essenziale differenza fra un intervento qualsiasi, che esclude il secondo effetto, e la scelta di un momento nel tempo che abbia la stessa conseguenza? Secondo il nostro principio, che quanto piti un atto è da vicino connesso all'essere-sé dell'uo­ mo tanto piti ha da essere fedele alla sua intrinseca struttura fondamentale, scaturisce la risposta: non è indifferente se l'effetto non voluto è escluso per intervento o per la scelta del tempo. Infatti, l'intrinseca struttura dell'atto, per l'uomo che lo pone, rimane la stessa nel caso di una scelta del tempo corrispondente, ma non lo rimane nel caso di interventi di altro tipo sulla corporeità di questo atto. Ulteriore controdomanda: intervento sulla corporeità e scelta del tempo non hanno gli stessi effetti sullà disposizione spirituale, sul rapporto dei partners? Questo deve essere ammesso se la scelta del tempo è intesa soltanto come una tecnica. Ma la scelta del tempo può essere piti che una causa tecnica, ed essa lo è per sua essenza. Ciò per un duplice motivo: in primo luogo, perché, in una parola comprensi­ va, la scelta del tempo non può riferirsi soltanto all'esclusione o all'accoglienza del «fine matrimoniale» della fecondità, ma anche dell'altra dimensione, quella della reciproca apertura e onestà, della condizione e della disponibilità dell'altro. Pertanto, la scelta del tempo deve aver luogo in una duplice direzione per far avvenire in maniera volta a volta responsabile l'atto coniugale. 22 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinitaria Ma qui esiste ancora un secondo motivo, piu profondo. La scelta del tempo è contrassegno dell'agire responsabile non solo in rapporto al problema dell'atto coniugale, ma - vi abbiamo già accennato - in maniera fondamentale e universale. La situazione fondamentale dell'uomo è quella della risposta. Prima di potersi porre ed attuare, egli deve accogliere se stesso, ascoltare, lasciarsi dare. Il tempo è principalmente il segno che l'uomo è dato a se stesso. La sua parola riesce soltanto nell'ascolto del dato, nel rispondere. Anche il futuro che egli vuole è dapprima suggellato nel mistero che egli non può produrlo da sé, ma può soltanto lasciarselo donare. Il protendersi del volere verso il futuro trova la propria giustificazione solo nell'orizzonte dello stare in ascolto, dell' attendere, dell'essere disponibile. Infine, anche il presente del con-essere, del dialogo, riesce soltanto nella reciprocità del­ l'ascolto, del tacere di fronte alla parola dell'altro, che significa rispondere. Parlare senza tacere diviene chiacchiera. Fare senza lasciare non approda a niente. Soltanto nel ritmo di ascoltare e parlare, di lasciare e fare, di rinuncia e azione, viene soddisfatta la costituzione fondamentale dell'uomo. Come abbiamo detto, questo vale in linea di prinCIpIO, e vale nei diversi atti fondamentali dell'uomo, secondo un modo conforme alla struttura di essi. Ma proprio in quell'atto che come nessun altro è il fare di un futuro che si dona, in quell'atto che è insieme ordinato sia al partner sia al divenire di un nuovo uomo, questo profondo rispetto che consiste in un agire che viene dall'ascoltare, in un fare che viene dall'attendere, assume il suo rilievo specifico. La scelta del tempo deve avvenire secondo un duplice, anzi un triplice senso: l'atto è ordinato al tempo proprio di colui che lo pone, alla sua disponibilità per l'altro, alla personale donazione; ancora, è ordinato al tempo dell'altro, al suo si al proprio sf, alla sua capacità e al suo bisogno; infine, è ordinato da entrambi insieme a quel tempo che spinge a osare o non osare il futuro di un figlio. Pertanto, non sono equivalenti i diversi metodi per conse­ guire un fine precedentemente voluto: l'atto, per la sua interna Matrimonio e famiglia In un'antropologia trinitarla 23 struttura in forza della sua unica e complessa relazionalità al futuro, richiede che sia accolto e preso sul serio il suo tempo, Una tale esigenza è intrinseca con la natura actus stessa. Senza dubbio, il diventare capaci di una tale triplice scelta del tempo richiede un'elevata maturità personale, ma insieme anche contri­ buisce ad essa. Quanto sia difficile apprendere questa logica dell'atto in un tempo improntato da circostanze e costrizioni molto distar:ti da essa, quanta pazienza sia necessaria per accom­ pagnare e percorrere il cammino che fa giungere a questa cono­ scenza e a tradurla in vita, tutto ciò può sperimentarlo chiunque - e qui debbo uscire fuori dalla considerazione fenomenologica - , come pastore e maestro, accompagni spiritualmente e pastoral­ mente gli uomini specialmente in un ambiente caratterizzato dai ritmi e dalle possibilità della tecnica. Imparziale e chiara risolutez­ za, paziente e cauta saggezza sono due facce di un unico e medesimo atteggiamento. Anche gli interventi pedagogici, spiri­ tuali e pastorali richiedono una scelta di tempo che guardi insieme al comandàmento sempre valido e interpellante di Dio e al luogo in cui l'altro si trova nel suo cammino. Che cosa dicono queste nostre riflessioni in merito a un matrimonio o a una fase della vita matrimoniale che non possa di fatto essere o non possa essere piu orientata al figlio? Il reciproco mettersi in via come mettersi nella via del comune futuro resta anche qui contrassegnato dall'atteggiamento di un amore che si abbandona e si supera. Questo amore possiede il suo «simbolo reale» nell'atto coniugale che, nella forma che gli è intrinseca, si svòlge proprio nella inscindibile duplice sua finalizzazione. II . ACCESSO TEOLOGICO Cambiamo il modo del nostro procedere, rivedendo ciò che finora è stato rilevato nel fenomeno, dal suo fondamento teologi­ co e ad esso ancorandolo. Narriamo, per cosi dire, la preistoria teologica di matrimonio e famiglia, percorrendola a rapidi passi. 24 Matrimonio e famiglia In un'antropologia trlnltaria 1. All'inizio sta il Dio trinitario. In tutto ciò che la nostra fede ci dice, si tratta di Lui. Tutto prende da Lui il suo inizio, tutto tende a Lui, tutto è compreso dal suo agire che crea, salva, compie. Noi comprendiamo la rivelazione, ma anche il mondo e l'uomo, soltanto se li inseriamo nel loro contesto trinitario. Diamo fondamento a ciò molto in breve: il Figlio, che ci dà notizia del Padre e che dalla nostra carne nello Spirito Santo dice: «Abba, Padre», questo è il punto di partenza della nostra fede . e della prospettiva cristiana su Dio, l'uomo, il mondo. Questa è la struttura trinitaria: il Figlio proviene dal Padre e gli restituisce sé e in sé tutto nello Spirito Santo. Questo è l'ingresso nella nostra storia dell'originario evento trinitario, intradivino. Questa stessa storia, il mondo, la creazione, hanno l'evento trinitario originario quale presupposto. Soltanto perché il Padre e il Figlio sono uno nello Spirito, possono liberamente andare oltre se stessi e per amore gratuito lasciar essere il mondo. Il mondo è chiamato per cosi dire a ripetere le proposizioni dell'evento trinitario, certamente nel dislivello fra Creatore e creatura: ricevere se stesso da Dio e nell'obbedienza restituirglisi. Perciò, la volontà amorosa di Dio chiama questo mondo alla partecipazione alla vita divina attraverso la grazia. Alla relazione verticale, che si attua secondo la struttura trinitaria, corrisponde la consistenza del creato in se stesso, che deve rispecchiare in direzione orizzontale la struttura trinitaria rispettivamente in ogni singolo e nel tutto. Misura massima ed essenza di questa chiamata è la vocazione dell'uomo all'unità per grazia in Dio, nella quale, mediante l'amore vicendevole, l'uno deve donarsi all'altro, l'uno deve dovere se stesso all'altro, e cosi predisporre lo spazio in cui Dio stesso abita non soltanto nel singolo ma nella comunità. Questo è il fine della storia universale, la communio celeste in Dio è il senso della creazione. La disobbedienza del peccato distrugge il rapporto di grazia degli uomini con la vita di Dio e degli uomini fra loro. La storia della colpa dell'umanità è storia della disobbedienza a Dio, ma è anche storia della estraneazione degli uomini fra loro - si pensi alla vicenda di Caino e Abele e a quella della confusione delle lingue per via della superba costruzione della torre di Matrimonio e famiglia In un'antropologia trinitaria 25 Babele. Dio, tuttavia, non lascia solo l'uomo, ma gli offre la sua alleanza. In questa alleanza Dio vuole ripristinare la storia della fedeltà e dell'obbedienza, della donazione reciproca fra lui e il suo popolo come simbolo e principio di una nuova storia dell'umanità. L'alleanza detiene necessariamente una dimensione verticale e una orizzontale, che si esprime per noi nei dieci comandamenti, ossia nella legge dell'alleanza. La mutua relazione fra Dio e il suo popolo deve rappresentare la norma per le relazioni reciproche dei membri del popolo. Dentro la storia dell'alleanza si spiegano, per l'uomo, la storia e l'essenza della creazione, la quale deve se stessa come totalità a Dio e, nonostante la rottura penetrata in essa con il peccato, dopo il diluvio è sotto l'arcobaleno della pace, dell'ordine e della stabilità donati da Dio. L'uomo, però, viene sempre di nuovo meno all'alleanza stretta da Dio con il popolo d'Israele; nel puro stare di fronte a Dio, l'uomo non può adempiere le dimensioni trinitarie del suo rapporto con Lui e del suo rapporto con il prossimo. La soluzione di Dio : Egli invia suo Figlio, affinché questi, nel punto in cui la creazione e l'esistenza umana sono piti lontani da Dio, nell'abbandono della morte e della colpa, che egli assume su di sé, pronunci di nuovo nello Spirito Santo il suo «Abba, Padre» che oramai tutto abbraccia, e dal suo essersi offerto alla morte sia risuscitato nello Spirito Santo a una nuova vita, a un nuovo inizio, vita e inizio che debbono essere i nostri. In Lui sono una cosa sola tutti coloro che sono divisi, tutti i peccatori, coloro che sono caduti dal loro rapporto con Dio e con gli altri; in lui, in forza del suo Spirito, ci è possibile vivere in modo tale che siamo realmente uno tra noi ed Egli può essere in mezzo a noi. Con il Figlio possiamo dire «Abba, Padre» nello Spirito, possiamo accoglierci vicendevolmente come il Signore ci ha accolti; in forza del nuovo comandamento vissuto, deve crescere tra noi l'unità, unità come quella del Padre e del Figlio. 2. Questa storia è la storia del matrimonio e della famiglia, nostra e di Dio. Nella creazione dell'uomo sono poste le basi 26 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinitarla della relazione reciproca dell'uomo e della donna e della loro apertura a una nuova generazione come la sintesi di quella immagine «orizzontale» della Trinità cui la treazione nella sua totalità è chiamata. Separata da Dio, emancipata da Lui, questa immagine è offuscata, esposta a sempre nuove perturbazioni, anzi a distruzione. Dio stesso si assume questa storia del matrimo­ nio e della famiglia: il fatto che nell'Antico Testamento l'alleanza tra Jahvè e il suo popolo sia piti volte presentata come vincolo nuziale, non è soltanto un paragone a posteriori per designare tale alleanza, ma significa ricollegare l'immagine all'archetipo. Questa alleanza di Dio con l'umanità si compie, diviene definitiva, consegue la sua dimensione ultima in Gesti Cristo. Gli scritti del Nuovo Testamento parlano di ciò - e questo non ha qui bisogno di giustificazione. Nell'offrirsi di Gesti al Padre nella morte sulla croce per l'umanità, nella nascita di una nuova umanità da questo dono, viene risanato l'uomo, viene risanato anche il matrimonio dell'uomo e viene fondata in modo nuovo, sacramentale, la famiglia. 3. Per comporre dalle linee rapidamente schizzate il quadro di una antropologia trinitaria, è necessaria una riflessione interme­ dia che rinvia alla classica dottrina teologica delle appropriazioni. Per il fatto che Dio esiste in tre Persone, la sua unità non è meno forte ma piti densa, è la sola unità assoluta, San Bonaventura ha offerto su questo punto, nel suo Hexaemeron, considerazioni fino ad oggi insuperabili anche sotto il profilo fenomenologico. La rigorosa unità dell'essenza divina comporta che tutte le opere e gli effetti di Dio ad extra sono comuni a tutte e tre le Persone. Appartiene tuttavia a questa unità anche il fatto che nelle opere ad extra ogni Persona abbia una sua parte, o meglio che tutta l'opera ad extra sia sua in un modo a lei specifico. Cosi, il timbro dell'unità si imprime sulle opere, sul creato, sull'essente, su tutto ciò che è in quanto è. Lo unum è una delle determinazio­ ni trascendentali dell'essente. Ma all'essente in quanto è si addice la sua unità solo nella relazione all'Altro da cui e per cui è; quell'unità che considerata in se stessa è relazione delle parti ontiche o dei costituenti Matrimonio e famiglia in un'antropologia trinitaria 27 ontologici dai quali l'essente è composto come creaturalmente uno. Negli effetti ad extra che, come si è detto, sono da attribuirsi rispettivamente a tutte e tre le Persone divine, si rispecchiano anche - pur se leggibili in diversi modi secondo le rispettive prospettive - delle corrispondenze con le Relazioni divine costitutive: attributi, opere di Dio divengono appropriabili alle diverse Persone, e tali appropriazioni (di nuovo la teologia di Bonaventura potrebbe nel suo insieme venir addotta come teste principale) sono tutt'altro che un puro passatempo devoto. Per­ tanto, le relazioni costitutive dell'unità dell'essente creato in se stesso e oltre se stesso, riflettono, anche se leggibili in modi diversi, le relazioni intratrinitarie. Come potrebbe l'originato esser letto altrimenti che dalla sua origine? dove dovrebbe risiede­ re l'immagine originaria del creato se non nell'origine? A questo punto, vogliamo tematizzare in una duplice direzio­ ne l'evento trinitario fondamentale, per cogliere l'essente in gene­ rale e l'humanum in particolare come immagine della vita trini­ taria. Nel sesto capitolo del suo Itinerarium, san Bonaventura cerca di avvicinarsi a tastoni al mistero del Dio trinitario, pren­ dendo le mosse dalla determinazione classica del bene: bonum diffusivum sui. L'autocomunicazione radicale e in sé compiuta di Dio si realizza per il fatto che Egli non resta solo né rimane duplice. L'essere divino è pura Potenza originante. La Potenza originante, tuttavia, è assoluta solo là dove ripete in se stessa come origine tutto ciò che è in lei: l'incondizionata Origine personale pone in se stessa la altrettanto incondizionata personale Con-origine, e tale evento originante si compie nell'unico, assolu­ tamente identico all'origine e alla con-origine (ossia parimenti divino, originario, personale) Dono della Origine alla Con-origine e della Con-origine all'Origine, nel legame cioè della terza Persona divina. Proprio la terza Persona è decisiva per comprendere sino in fondo questo evento originante e per comprenderlo come evento dell'assoluta bontà di Dio. Un amore che vuole soltanto il proprio partner a sé uguale e non si apre con lui al di là di lui, non è quell'amore che si abbandona del tutto compiendosi 28 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trlnltarla proprio COSI In sé come amore (cf. Hexaemeron, XI, 12). Tale Potenza originante, tale bontà e amore, in sé radicalmente aperta e in ciò compiuta in se stessa, perfetta, è al tempo stesso libera di comunicarsi al di là di sé in modo gratuito, non necessario, e pertanto libera di creare altro, di rivelarsi ad altro, di comunicar­ si ad altro secondo il suo essere, di entrare nell'altro. Le peculiarità delle tre Persone, che sono costituite unica­ mente attraverso le relazioni che reciprocamente le distinguono, possono essere esplicitate come determinazioni? In senso rigoro­ so, ciò è possibile solo in quanto tali determinazioni null'altro esprimono che queste relazioni. Il Padre esprime l'unica e indivi­ sibile divinità nel modo della principialità che non deriva da alcun altro principio, della pura originarietà, di quella libertà amorosa che null'altro è che ascesa oltre se stessa, Nel Figlio è precisamente la stessa cosa - ma ricevuta, terminata, custodita, espressa: figlio, parola, immagine, figura. E nello Spirito, infine, vive l'unica, indivisibile divinità come vincolo e dono in se stesso. Ora, non basta constatare semplicemente la corrispondenza fra l'autocomunicazione trinitaria di Dio e quella duplice apertura dell'atto fondamentale dell'uomo che costituisce matrimonio e famiglia, e non basta neppure situare nella luce dell'originario evento trinitario i tre momenti dell'autoattuazione umana (essere­ sé, essere-dato, con-essere) e i tre caratteri fondamentali dell'atto umano (porre, dar forma, collegare). Dobbiamo considerare una cosa ulteriore: l'atto d'essere di ogni essente non può realizzarsi in sé e oltre sé se non in questo ritmo ternario, l'essente non può essere senza una tale triplice impronta. L'atto e la caratteristi­ ca dell'essere dell'essente sono posti, tramite la creaturalità, trami­ te la contingenza, in un altro piano e soggetti a una molteplicità di prospettive possibili, e tuttavia deve valere come costitutivo: l'essente è in quanto esso precisamente è: inizio, posizione, differenziazione dal nulla. Ma l'essente, con ciò, entra nella sua afferrabilità, nella sua forma, nella fenomenalità in cui esso è dato. Solo nell'unità tra essere e fenomenalità, soltanto nella corrispondenza fra atto d'essere e parola dell'essenza, l'essente è in sé e si trascende oltre sé nel tutto. Nell'essente stesso, i tratti e gli atti fondamentali sono dati nel modo e nella misura della Matrimonio e famiglia In un'antropologia trinltaria 29 rispettiva qualità d'essere - e le stesse proporzioni e tratti si inscrivono nelle relazioni fra gli essenti. Queste relazioni pervengono a se stesse, giungono a chiarez­ za e vengono attuate come tali là dove l'essere supera la datità nell'ambito dello spirituale, del personale. C'è però una insupera­ bile differenza: l'unità di esistenza ed essenza, e quindi la triperso­ nalità dell'Essere interiore a se stesso e l'assoluta unità dell'Essen­ za nell'autocomunicazione personale, sono inconciliabili con la costituzione fondamentale dell'essere creato: esse si addicono unicamente all'assoluto Essere divino. Ciononostante, sia l'essere­ sé della singola persona creata, sia il con-essere delle persone create hanno la loro «regola» nell'Essere di Dio : le strutture evidenziate e dedotte dal fenomeno dell'atto umano e dell'atto fondamentale della sessualità hanno il loro radicamento ultimo nell'Essere divino trinitario e sono comprese e illuminate da esso. 4. Dove il Dio trinitario comunica se stesso e dove gli uomini pongono se stessi e il loro con-essere nella luce e nella vita del Dio trinitario, della sua grazia, ivi acquistano nuova plausibilità e forza le determinazioni fenomenologicamente stabi­ lite, le «regole» intrinseche all'essere come tale. Già nell'«atrio» della rivelazione dell'evento trinitario, cioè già nella storia di Israele, che punta al risanamento della frattura della storia del mondo e dell'umanità intervenuta con il peccato, e alla nuova unione dell'umanità nella fede nel Dio vivente, si rafforzano i tre momenti strutturali descritti: Jahvè è il Dio che sarà presente in modo sempre nuovo (cf. Es. 3, 14), che sempre di nuovo si farà incontro al suo popolo e che esige, apre e sostiene il nuovo cammino della fede, il sempre nuovo avventurarsi, sulla sua Parola, in un futuro oscuro all'uomo. La sua fedeltà, la sua alleanza, il suo ordinamento, la sua promessa sono i dati che sostengono la storia e l'esistenza di Israele piu di ogni altra cosa, piu di tutto quanto è esternamente calcolabile e constatabile. In una tale alleanza, una sola cosa vale: con-essere con il Dio vivente e con-essere tra gli uomini nell'apertura per il futuro sempre nuovo di Dio. Parola, risposta e mettersi in cammino con Dio verso la nuova generazione, verso il futuro che da Lui in modo 30 Matrimonio e famiglia in un'antropologia trlnltaria sempre nuovo si dona: - è proprio cosi che la storia di Israele diventa vissuto vincolo nuziale, Ora, là dove, dal nostro vivere, dal nostro morire, dagli abissi della nostra distanza da Dio, il Figlio dice il suo si al Padre, e là dove nella risurrezione comunica il si del Padre a noi, ivi l'evento fondamentale di matrimonio e famiglia diviene attuazione e cellula vivente di ciò che significa essere Chiesa: popolo di Dio unito a immagine della Trinità. Ciò che è stato detto su unità e fedeltà, su attuazione e rinuncia, sulla molteplice scelta del tempo, ciò che è stato detto sul coraggio che nel figlio trascende se stesso nel comune futuro, tutto questo diviene trasparenza di quella vita di Dio che noi, nella nostra vita, nel nostro essere uno, possiamo sacramentalmente ripetere, riprodur­ re, testimoniare e anticipare nella condizione itinerante della vita terrena. Riprendiamo qui un'osservazione già fatta in apertura: non possiamo rinunciare a una fondazione e a una deduzione teoretica della dottrina cristiana sul matrimonio e la famiglia, che risulta nel nostro mondo spesso cosi estranea. La sola soluzione teoretica dei problemi non acquisisce però la sua vitale forza persuasiva se non dove la testimonianza della vita mostra dall'interno la plausibilità del messaggio cristiano. Questa affermazione non significa tuttavia, per cosi dire, una rassegnazione teologica, ma ha essa stessa un fondamento teologico: la elaborazione teoretica mostra il parallelo fra la misura divina e l'umana. La fenomenolo­ gia dischiude il vocabolario dell'esistenza umana, la teologia lo di svela come trinitario. Ma soltanto la con-attuazione con la vita del Dio trinitario a noi dischiusa rende Lui e noi stessi «parlanti» nella nostra vita. La trinitaria vita di Dio, che è sempre piti grande del nostro concepire, è lo spazio nel quale siamo inseriti mediante il Battesimo. Soltanto se noi partecipiamo nell'amore alla relazione trinitaria che è divenuta in Gesti Cristo il nostro spazio di vita, è possibile intuire e inizialmente esperire che la vita a misura della Trinità è la vita umana interamente realizzata. Attraverso il nostro essere uno come sono uno il Padre e il Matrimonio e famiglia In un'antropologia trinltaria 31 Figlio, il mondo deve pervenire alla fede (cf. Gv. 17, 21-23). Questa vocazione della Ecclesia è la vocazione di quella Ecclesiola che è la famiglia. vescovo di Aachen KLAUS HEMMERLE (nostra traduzione dal tedesco)