le ville del palladio - Passeggiando in bicicletta

LE VILLE DEL PALLADIO
Elenco
Le 24 ville palladiane del Veneto, che tra il 1994 e il 1996 sono state
inserite nella lista Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO:
Villa Almerico Capra, detta La Rotonda (Vicenza)
Villa Gazzotti Grimani (Vicenza località Bertesina)
Villa Angarano, conosciuta anche come Villa Bianchi Michiel
(Bassano del Grappa, provincia di Vicenza)
4. Villa Caldogno (Caldogno, provincia di Vicenza)
5. Villa Chiericati (Vancimuglio di Grumolo delle Abbadesse, provincia di
Vicenza)
6. Villa Forni Cerato (Montecchio Precalcino, provincia di Vicenza)
7. Villa Godi (Lonedo di Lugo di Vicenza, provincia di Vicenza)
8. Villa Pisani (Bagnolo di Lonigo, provincia di Vicenza)
9. Villa Pojana (Pojana Maggiore, provincia di Vicenza)
10. Villa Saraceno (Agugliaro, provincia di Vicenza)
11. Villa Thiene (Quinto Vicentino, provincia di Vicenza)
12. Villa Trissino (Meledo di Sarego, provincia di Vicenza)
13. Villa Trissino (Vicenza, località Cricoli) non è attualmente attribuita a
Palladio, ma rimane legata tradizionalmente al suo nome
14. Villa Valmarana (Lisiera di Bolzano Vicentino, provincia di Vicenza)
15. Villa Valmarana (Vigardolo di Monticello Conte Otto, prov. di Vicenza)
16. Villa Piovene (Lugo di Vicenza, provincia di Vicenza)
17. Villa Badoer, detta La Badoera (Fratta Polesine, provincia di Rovigo)
18. Villa Barbaro (Maser, provincia di Treviso)
19. Villa Emo (Vedelago, provincia di Treviso)
20. Villa Zeno (Cessalto, provincia di Treviso)
21. Villa Foscari, detta La Malcontenta (Mira, provincia di Venezia)
22. Villa Pisani (Montagnana, provincia di Padova)
23. Villa Cornaro (Piombino Dese, provincia di Padova)
24. Villa Serego (Santa Sofia di Pedemonte di San Pietro in Cariano,
provincia di Verona)
1.
2.
3.
Altre ville palladiane non comprese nell'elenco UNESCO:
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•
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Villa Thiene (Cicogna di Villafranca Padovana), incompiuta, costruita solo
una barchessa
Villa Repeta (Campiglia dei Berici), distrutta da un incendio e ricostruita
in altra foggia
Villa Porto (Molina di Malo), incompiuta
Villa Porto (Vivaro di Dueville), di incerta attribuzione anche se
tradizionalmente attribuita a Palladio
Villa Contarini (Piazzola sul Brenta), il cui primo nucleo è probabilmente
di Palladio
Villa Arnaldi (Sarego), incompiuta.
fonti :
http://it.wikipedia.org - http://www.villevenete.net/portalVV/ - http://www.irvv.net/ - http://www.cisapalladio.org/ http://www.enrosadira.it/
1. Villa Almerico Capra detta La Rotonda (conosciuta anche come
Villa Capra o Villa Capra Valmarana) è una villa veneta a pianta centrale
costruita da Andrea Palladio a partire dal 1566 a ridosso della città di
Vicenza per Paolo Almerico.
"Capra" era il cognome dei due fratelli che
completarono l'edificio dopo che fu ceduto loro nel 1591.
Villa più famosa del Palladio e probabilmente di tutte le ville venete, la
Rotonda è uno dei più celebrati edifici della storia dell'architettura dell'epoca
moderna.
Quando nel 1565 il canonico e conte Paolo Almerico, ritiratosi dalla Curia
Romana dopo essere stato referendario apostolico sotto i papi Pio IV e Pio
V, decise di tornare alla sua città natale Vicenza e costruirsi una residenza
di campagna, non avrebbe potuto immaginare che la casa da lui
commissionata all'architetto Andrea Palladio sarebbe divenuta uno dei
prototipi architettonici più studiati e imitati per i successivi cinque secoli.
Malgrado Villa Almerico Capra abbia ispirato in seguito migliaia di edifici,
essa stessa è senza dubbio ispirata al Pantheon di Roma. Nel corso della
sua vita, Palladio progettò più di venti ville in terra veneta. Questa
residenza, più tardi nota come "La Rotonda", sarebbe divenuta una
delle sue più celebri.
Il sito prescelto fu la cima tondeggiante di un piccolo colle appena fuori le mura di Vicenza. A
quel tempo il fascino per i valori arcadici iniziava a spingere molti nobili possidenti a misurarsi
con le gioie della vita semplice, malgrado gli aspetti piacevoli della vita a contatto con la natura
rimanessero ancora in secondo piano rispetto alla scelta, tutta economica, di orientare gli
investimenti verso un'agricoltura di tipo intensivo. Essendo celibe, il prelato Almerico non
aveva bisogno di un vasto palazzo (vendette anzi quello che la sua famiglia aveva in centro
città) ma desiderava una sofisticata villa, e fu esattamente questo che Palladio ideò per lui: una
residenza suburbana con funzioni di rappresentanza, ma anche tranquillo rifugio di meditazione
e studio. Isolata sulla cima del colle, questa sorta di originale "villa-tempio" in origine era priva
di annessi agricoli. L'architetto la incluse, significativamente, nell'elenco dei palazzi e non tra le
ville nei suoi Quattro libri dell'architettura pubblicati a Venezia nel 1570.
La costruzione, iniziata nel 1566 circa, consiste di un edificio quadrato, completamente
simmetrico ed inscrivibile in un cerchio perfetto (vedi figura).
Descrivere la villa come "rotonda" è tuttavia tecnicamente inesatto, dato che la pianta
dell'edificio non è circolare ma rappresenta piuttosto l'intersezione di un quadrato con una croce
greca. Ognuna delle quattro facciate era dotata di un avancorpo con una loggia che si poteva
raggiungere salendo una gradinata; ciascuno dei quattro ingressi principali conduceva,
attraverso un breve vestibolo o corridoio, alla sala centrale sormontata da una cupola. L'aula
centrale e tutte le altre stanze erano proporzionate con precisione matematica in base alle regole
proprie dell'architettura di Palladio che egli elaborò nei suoi Quattro libri. Proprio la sala
centrale rotonda è il centro nevralgico della composizione, alla quale il Palladio imprime slancio
centrifugo allargandola verso l'esterno, nei quattro pronai ionici e nelle scalinate. La villa risulta
così un'architettura aperta, che guarda la città e la campagna.
Il progetto riflette gli ideali umanistici dell'architettura del Rinascimento. Per consentire ad
ogni stanza un'analoga esposizione al sole, la pianta fu ruotata di 45 gradi rispetto ai punti
cardinali. Ognuna delle quattro logge presentava un pronao con il frontone ornato di statue di
divinità dell'antichità classica. Ognuno dei frontoni era sorretto da sei colonne ioniche. Ogni
loggia era fiancheggiata da una singola finestra. Tutte le stanze principali erano poste sul piano
nobile. Con l'uso della cupola, applicata per la prima volta ad un edificio di abitazione, Palladio
affronta il tema della pianta centrale, riservata fino a quel momento all'architettura religiosa.
Malgrado vi fossero già stati alcuni esempi per un edificio residenziale a pianta centrale, la
Rotonda resta un unicum nell'architettura di ogni tempo, come se, costruendo una villa
perfettamente corrispondente a se stessa, Palladio avesse voluto costruire un modello ideale
della propria architettura.
L'interno avrebbe dovuto essere splendido non meno dell'esterno. Tra i quattro principali saloni
del piano nobile vi sono la sala ovest (con affreschi di tema religioso) e il salone est, che ospita
un'allegoria della vita del primo proprietario conte Paolo Almerico, con le sue numerose ed
ammirevoli qualità ritratte in affresco.
Il luogo più notevole dello spazio interno è senza dubbio la sala centrale circolare, dotata di
balconate, che si sviluppa a tutt'altezza fino alla cupola; il soffitto semisferico è decorato da
affreschi di Alessandro Maganza; anche qui troviamo allegorie legate alla vita religiosa ed alle
Virtù ad essa collegate, dove sono raffigurate accanto alla Fama la Religione, la Benignità, la
Temperanza e la Castità. La parte inferiore della sala, alle pareti, è invece adornata con finte
colonne dipinte in trompe l'oeil e gigantesche figure della mitologia greca
Scorci degli interni
fonti :
http://it.wikipedia.org
- http://www.villevenete.net/portalVV/ - http://www.irvv.net/ - http://www.cisapalladio.org/ - http://www.enrosadira.it/
2. Villa Gazzotti (chiamata anche Gazzotti Grimani), sita a Vicenza in località Bertésina, fu
progettata da Andrea Palladio fra il 1542 e il 1543. Soggetta nel tempo a diverse manomissioni
legate all'uso agricolo ed attualmente disabitata, quest'opera appare in stato di degrado e
necessita di un complessivo restauro.
Taddeo Gazzotti, il committente di Palladio, non è di nascita aristocratica, ma è un uomo colto,
appassionato di musica e legato da vincoli di parentela acquisita ad Antenore Pagello, elemento
di spicco della nobiltà vicentina, e infine fautore — insieme a Giangiorgio Trissino — del
rinnovamento architettonico della città. Una speculazione sbagliata sul dazio del sale porta
Gazzotti alla rovina e nel 1550 è costretto a vendere la villa, ancora in costruzione, al patrizio
veneziano Girolamo Grimani che la completa nel giro di alcuni anni.
Nel progettare la villa, Palladio deve innanzi tutto fare i conti con la necessità di assorbire in un
insieme aggiornato e coerente una casa a torre preesistente, citata nei documenti e ancora ben
visibile all’angolo destro dell'edificio realizzato. Palladio la raddoppia all’altra estremità della
pianta, creando due appartamenti simmetrici di tre stanze ciascuno, collegati da una loggia
voltata a botte alla grande sala coperta a crociera.
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3. Villa Angarano, situata a Bassano del Grappa (Provincia di Vicenza). Originariamente
concepita da Andrea Palladio intorno al 1548, solo le ali laterali furono costruite su progetto del
celebre architetto. Il corpo centrale è opera di Baldassare Longhena nel Seicento.
Della villa che Palladio progettò per il suo grande amico Giacomo Angarano nei dintorni di
Bassano del Grappa esiste ben poco: solamente due barchesse che affiancano un corpo
padronale dall’aspetto chiaramente seicentesco.
La tavola dei Quattro libri dell'architettura di Palladio (II, p. 63) ci restituisce la planimetria del
complesso nelle intenzioni dell’architetto: due barchesse piegate a “U” che serrano un corpo
padronale fortemente sporgente.
fonti :
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4. Villa Caldogno è una villa veneta attribuita all'architetto Andrea Palladio (1542) che sorge
nel comune di Caldogno (provincia di Vicenza, alle porte del capoluogo), nei pressi del centro
del paese. Palladio, amico di famiglia dei Caldogno, operò su una struttura preesistente, forse
della prima metà del Quattrocento, ben visibile nel seminterrato che ospita attualmente la
biblioteca comunale.
Il committente Losco Caldogno, aristocratico vicentino e attivo commerciante di seta, aveva
ricevuto in eredità una corte agricola e numerosi campi a Caldogno nel 1541. Legato da stretti
vincoli di parentela a committenti palladiani come i Muzani e successivamente i Godi di Lugo
di Vicenza (Villa Godi), con buona probabilità commissionò a Palladio la ristrutturazione della
corte agricola. Non si hanno elementi precisi circa la datazione dell’intervento: è possibile
fissare l’inizio dei lavori al 1542, la casa è certamente abitabile nel 1567 e la data “1570” incisa
sulla facciata indica probabilmente la fine delle opere di decorazione.
La facciata principale è caratterizzata da tre grandi archi della loggia dell'atrio d'ingresso, messi
in evidenza da una cornice in bugnato rustico di mattoni. Al di sopra si colloca il frontone
triangolare.
La planimetria è molto semplice e le stanze non sono perfettamente proporzionate, ma molto
probabilmente ciò deriva dal riutilizzo di murature preesistenti. In ogni caso, determinanti per
un’attribuzione a Palladio risultano le analogie, soprattutto nel prospetto anteriore a tre fornici,
con opere come villa Saraceno o la distrutta villa Muzani.
Sontuosa la decorazione interna: le due stanze più grandi di sinistra furono affrescate, intorno
a quell'anno, da Giovanni Antonio Fasolo e Giovanni Battista Zelotti, e presentano le vicende di
Scipione e Sofonisba. Il salone venne affrescato ricreando un'architettura illusoria all'interno
della quale si svolgono momenti tipici della vita in villa dell'aristocrazia del tempo (il gioco
delle carte, la danza, il concerto, la merenda).
In seguito Giulio Carpioni, qui nella sua prima opera in affresco, realizzò la decorazione di parte
di una saletta nel lato occidentale che era stata ricavata dalla demolizione di una scala nel 1646.
Lo stanzino del Carpioni mostra episodi ispirati al poema pastorale Il Pastor fido di Giovanni
Battista Guarini, a testimonianza che i temi bucolici e pastorali, tanto in voga alla fine del
Cinquecento, erano ancora apprezzati nel Seicento.
5. Villa Chiericati è una villa sita a Vancimuglio di Grumolo delle Abbadesse (Provincia di
Vicenza) progettata da Andrea Palladio nel 1550 e ultimata postuma nel 1584.
Villa Chiericati a Vancimuglio segna una tappa fondamentale nell'evoluzione del linguaggio
palladiano perché per la prima volta un vero e proprio pronao di tempio antico viene applicato al
corpo di una villa, dando origine a un motivo che diventerà una soluzione classica nei progetti
successivi (per esempio nel caso della Rotonda e della Malcontenta).
Il committente della villa è Giovanni Chiericati, fratello di Girolamo, per il quale negli stessi
anni Palladio sta realizzando il palazzo all’Isola di Vicenza. Con buona probabilità il progetto
per la villa è pressoché contestuale a quello per palazzo Chiericati, e quindi da far risalire ai
primi anni cinquanta, anche se nel 1554 il cantiere non risulta ancora aperto. Nel 1557, un anno
prima della morte del committente, la villa è largamente incompiuta, tanto che nel 1564 risulta
coperta ma ancora priva di solai e finestre, e non abitata. Acquistata da Ludovico Porto nel 1574,
la villa è ultimata nel 1584 (quattro anni dopo la morte dell'architetto), ad opera di Domenico
Groppino, abituale collaboratore palladiano.
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6. Villa Forni Cerato è una villa veneta situata a Montecchio Precalcino, in provincia di
Vicenza, la cui costruzione è attribuita all'architetto Andrea Palladio nel 1565 circa. La
conservazione di questo bene architettonico, pur essendo nella lista dei patrimoni dell'umanità
dell'UNESCO è a repentaglio in quanto versa in stato di abbandono.
Villa Forni Cerato, come già casa Cogollo, rappresenta un caso esemplare di intervento
palladiano su un edificio preesistente, trasformato pur con mezzi modesti in un significativo
episodio monumentale. Come l’abitazione del notaio Cogollo, anche questa villa è l’unica
progettata da Palladio per un proprietario certo ricco, ma non nobile: Girolamo Forni, agiato
mercante di legnami (fornitore di numerosi cantieri palladiani, a cominciare da quello di palazzo
Chiericati), amico di artisti come il Vittoria e pittore egli stesso, collezionista di antichità e
membro dell'Accademia Olimpica di Vicenza. È possibile che l’asciutto minimalismo di questo
calibrato edificio sia in armonia con lo status sociale borghese del proprietario.
fonti :
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7. Villa Godi è una villa veneta situata a Lonedo di Lugo di Vicenza. È una delle prime
opere di Andrea Palladio, la prima documentata con sicurezza, in quanto riportata dallo stesso
architetto veneto nel suo trattato I quattro libri dell'architettura (1570). La progettazione
dell'edificio, commissionato dai fratelli Girolamo, Pietro e Marcantonio Godi, iniziò nel 1537
per concludersi nel 1542, con modifiche successive sull'ingresso e sui giardini sul retro.
Il progetto palladiano di una villa per i fratelli Girolamo, Pietro e Marcantonio Godi a Lonedo
iniziò nel 1537 per concludersi nel 1542. Con ogni probabilità non si trattò di un incarico
autonomo, ma piuttosto di una commissione ottenuta dalla bottega di Gerolamo Pittoni e
Giacomo da Porlezza, all’interno della quale il giovane Andrea rivestiva il ruolo di specialista
per l’architettura. In realtà i lavori di ristrutturazione della tenuta di famiglia cominciarono già
nel 1533, per volontà del padre Enrico Antonio Godi, con la costruzione di una barchessa dorica
nel cortile di sinistra.
Prima opera certa di Andrea, che ne dichiara la paternità nei Quattro Libri, villa Godi segna la
tappa iniziale del tentativo di costruire una nuova tipologia di residenza in campagna, dove è
evidente la volontà di intrecciare temi derivanti dalla tradizione costruttiva locale con le nuove
conoscenze che Palladio stava via via acquisendo grazie all’aiuto di Giangiorgio Trissino.
L’esito è quello di un edificio severo, in cui è bandito ogni preziosismo decorativo tipico della
tradizione quattrocentesca. Chiaramente simmetrico, l’edificio è impostato su una netta
definizione dei volumi, ottenuta arretrando la parte centrale della facciata, aperta da tre arcate in
una loggia. La stessa forte simmetria organizza la planimetria dell’edificio, impostata lungo
l’asse centrale costituito da loggia e salone, al quale si affiancano gerarchicamente due
appartamenti di quattro sale ciascuno.
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8. Villa Pisani, ubicata nella frazione di Bagnolo del comune di Lonigo, è una villa veneta
progettata dall'architetto Andrea Palladio nel 1542 su commissione dei fratelli Pisani di
Venezia.
Ideata come villa di campagna, il cui scopo si può verificare dalla presenza di barchesse ad essa
adiacenti, probabilmente solo una parte di quelle in origine, presenta un parco che si colloca
posteriormente all'edificio. Essa sorge in prossimità del fiume Guà in un punto strategico
affacciandosi inoltre sulla strada che collega la frazione direttamente alla vicina Spessa.
Si tratta, tuttavia, di una costruzione incompiuta, sebbene fosse una delle prime del Palladio,
poiché è priva del cortile a porticati probabilmente anteposto alla villa. L'interno presenta un
maestoso salone centrale affrescato.
La realizzazione di villa Pisani a Bagnolo, a partire dal 1542, costituisce per la carriera del
giovane Palladio un vero punto di svolta. I fratelli Vettore, Marco e Daniele Pisani fanno infatti
parte dell'élite aristocratica veneziana, con conseguente netto salto di scala nella committenza
palladiana sino ad allora soprattutto vicentina. La vasta tenuta agricola di oltre 1200 campi era
di proprietà Pisani sin dal 1523, e su di essa insisteva una casa dei precedenti proprietari, i
vicentini Nogarola, probabilmente assorbita nella nuova costruzione. Nel 1545 il corpo
padronale risulta realizzato, e in una mappa del 1562 è visibile sul fondo del cortile una grande
barchessa conclusa da due colombare, ammirata dal Vasari ma successivamente distrutta e
sostituita dall’attuale struttura ottocentesca localizzata sul lato lungo, estranea al progetto
palladiano.
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9. Villa Pojana è una villa veneta situata a Pojana Maggiore (Provincia di Vicenza),
progettata da Andrea Palladio nel 1546 per la famiglia Pojana.
Di antichissima nobiltà, i Pojana fin dal Medioevo furono veri signori del luogo e
successivamente vennero infeudati dalla Serenissima del territorio di Pojana "cum omnibus
juribus et juridictionibus ad castellarium spectantibus" ("con tutti i diritti e le giurisdizioni
spettanti al castellano").
L'edificio è specchio della committenza di origine militare, legata all'arte della guerra, anche se
in parte convertitasi all'attività agricola, tanto che il "cavalier" Bonifacio Pojana richiese al
Palladio una villa che nella sua composta eleganza rievocasse la sobrietà e l'austerità della vita
militare. Anche negli interni si riprendono tematiche legate all'arte della guerra attraverso le
decorazioni.
Per altro, nell’area dove sorgerà la villa esisteva già una corte quattrocentesca dominata da una
torre, dove campeggia tuttora l’insegna familiare.
Palladio probabilmente progetta la villa sul finire degli anni 1540; il cantiere procede a rilento e
in ogni caso i lavori sono terminati entro il 1563, quando è compiuta la decorazione interna
eseguita per mano dei pittori Bernardino India e Anselmo Canera e dello scultore Bartolomeo
Ridolfi.
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10. Villa Saraceno, sita a Finale di Agugliaro (Vicenza), progettata dall'architetto Andrea
Palladio nel 1543 e costruita intorno al 1548.
Sul finire degli anni quaranta del XVI secolo Andrea Palladio è chiamato da Biagio Saraceno a
intervenire a Finale di Agugliaro su una corte agricola preesistente, da tempo di proprietà della
famiglia. È possibile che il progetto prevedesse una ristrutturazione complessiva dell’insieme:
nei Quattro libri dell'architettura Palladio presenta l’edificio serrato fra due grandi barchesse ad
angolo retto. Sta di fatto che una risistemazione globale non fu mai effettuata e l’intervento
palladiano è circoscritto al corpo padronale: sul lato destro della corte gli edifici sono ancora
quattrocenteschi, mentre la barchessa viene costruita all’inizio dell’Ottocento. In ogni caso, il
corpo della villa è uno degli esiti più felici fra le realizzazioni palladiane degli anni quaranta.
Di straordinaria semplicità, quasi ascetico, l’edificio è un puro volume costruito in mattoni e
intonaco, dove ogni elemento decorativo è bandito e il raro impiego di pietra lavorata è limitato
agli elementi architettonici più significativi (come finestre e portoni) e alle parti strutturali. È
solamente il disegno dell’architettura a infondere magnificenza all’edificio.
fonti :
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11. Villa Thiene, situata a Quinto Vicentino, è costruita dall'architetto Andrea Palladio a
partire dal 1542, probabilmente basandosi su un progetto di Giulio Romano, e ampiamente
rimaneggiata da Francesco Muttoni in anni anteriori al 1740, che conferì all'edificio l'aspetto
attuale.
La villa Thiene di Quinto, come il palazzo di famiglia a Vicenza, fu costruita per Marcantonio e
Adriano Thiene probabilmente in base a un progetto di Giulio Romano, poi modificato dal
direttore dei lavori, Palladio.
Affacciata sul fiume Tesina, essa era situata al centro di due grandi corti agricole dei Thiene. Il
progetto prevedeva una soluzione ben diversa da quella delle altre ville palladiane: la fabbrica è
dominata da una grande loggia voltata a botte, più alta del resto dell’edificio, mentre l’esterno è
articolato con lesene doriche, raddoppiate sui lati corti.
La struttura è eseguita in mattoni — in origine coperti da intonaco, ma ora a vista — con un uso
limitato di pietra bianca nelle basi, nei capitelli, nei davanzali delle finestre e agli angoli del
cornicione e del timpano. Il resto delle parti sagomate è eseguito in cotto. Il progetto venne
redatto fra il 1542 e il 1543, in contemporanea con quello del palazzo, e la costruzione
verosimilmente si arrestò negli anni cinquanta: la morte di Adriano (avvenuta alla corte di
Francia, al servizio di Francesco II) e lo spostamento degli interessi familiari nel Ferrarese, a
seguito dell’acquisizione del feudo e del titolo di conte di Scandiano da parte di Ottavio, figlio
di Marcantonio, sono probabilmente all’origine dell’incompletezza della fabbrica.
fonti :
http://it.wikipedia.org - http://www.villevenete.net/portalVV/ - http://www.irvv.net/ - http://www.cisapalladio.org/ - http://www.enrosadira.it/
12. Le Barchesse di villa Trissino, costruite nel 1567 circa, sono l'unica parte superstite
del progetto mai compiuto per una villa veneta di Andrea Palladio a Meledo di Sarego
(Vicenza), sulle rive del fiume Guà. Il complesso versa in pessimo stato di conservazione.
Probabile progetto dell’intero complesso mai costruito.
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13. Villa Trissino (Vicenza, località Cricoli) Questa villa non è sicuramente opera di
Palladio, ma è uno dei luoghi del suo mito, anzi ne è l’origine.
La tradizione vuole infatti che proprio qui, nella seconda metà degli anni 1530, il nobile
vicentino Giangiorgio Trissino (1478-1550) incontri il giovane scalpellino Andrea di Pietro
impegnato nel cantiere della villa. Intuendone in qualche modo le potenzialità e il talento,
Trissino ne cura la formazione, lo introduce all’aristocrazia vicentina e, nel giro di pochi anni, lo
trasforma in un architetto cui impone l’aulico nome di Palladio.
Giangiorgio Trissino era un letterato, autore di opere teatrali e di grammatica, e a Roma era
stato accolto nel ristretto circolo culturale di papa Leone X Medici, dove aveva conosciuto
Raffaello. Abile dilettante di architettura (si sono conservati i suoi disegni del proprio palazzo in
città e un abbozzo di trattato sull’architettura), è probabilmente responsabile in prima persona
della ristrutturazione della villa di famiglia a Cricoli, appena fuori Vicenza, ereditata dal padre.
fonti :
http://it.wikipedia.org - http://www.villevenete.net/portalVV/ - http://www.irvv.net/ - http://www.cisapalladio.org/ - http://www.enrosadira.it/
14. Villa Valmarana, situata nel centro di Lisiera di Bolzano Vicentino, è una villa veneta
originariamente progettata dall'architetto Andrea Palladio intorno al 1563. Il progetto di Palladio
fu realizzato, come successe anche in altri casi, solo parzialmente; l'edificio è stato in buona
parte ricostruito dopo le pesanti distruzioni della seconda guerra mondiale.
La villa che vediamo oggi è molto diversa da quella progettata da Palladio per Gianfrancesco
Valmarana. Un’idea del progetto palladiano è resa nell’incisione dei Quattro libri
dell'architettura (1570), che mostra una struttura con doppio ordine di logge serrate da torricelle
su entrambi i fronti (v.sotto).
In ogni caso il cantiere della villa si interrompe nel 1566 per la morte di Gianfrancesco e viene
probabilmente concluso in economia dal nipote Leonardo Valmarana (figlio di suo fratello
Giovanni Alvise), committente della cappella Valmarana in Santa Corona a Vicenza ed erede
del grande palazzo palladiano di famiglia in città, Palazzo Valmarana. Il secondo ordine delle
logge non venne mai costruito e il settore mediano fu concluso con una specie di attico.
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15. Villa Valmarana, sita a Vigardolo di Monticello Conte Otto in provincia di Vicenza, è
stata progettata da Andrea Palladio nel 1542, tra le prime opere autonome dell'architetto.
Nei primi anni 1540 Palladio progetta una piccola villa per i due cugini Giuseppe e Antonio
Valmarana nel fondo ereditato in comune a Vigardolo, pochi chilometri a nord di Vicenza. La
necessità di alloggiare nell’edificio due nuclei familiari potrebbe spiegare la particolare
disposizione delle stanze (v. progetto), organizzate in due appartamenti autonomi e simmetrici,
accessibili dal salone posteriore anziché dalla loggia frontale in comune fra i due cugini. La data
assai precoce colloca il progetto per villa Valmarana fra le prime prove autonome
dell’architetto.
fonti :
http://it.wikipedia.org - http://www.villevenete.net/portalVV/ - http://www.irvv.net/ - http://www.cisapalladio.org/ - http://www.enrosadira.it/
16. Villa Piovene a Lonedo di Lugo di Vicenza è una villa veneta del Cinquecento, per la
quale si è ipotizzato un intervento dell'architetto Andrea Palladio nel 1539 circa, con interventi
successivi di Francesco Muttoni.
Villa Piovene, costruita a partire dal 1539 - 1540 nell'immediata prossimità (a poche centinaia di
metri) di villa Godi Malinverni, è un progetto concorrente di quest'ultimo. Un certo
antagonismo e la concorrenza tra le due famiglie Piovene e Godi infatti può avere stimolò
l'ambizione di Battista Piovene in tal senso, ma il committente è probabilmente suo figlio
Tommaso. Piovene ha tuttavia voluto fare concorrenza meno nelle dimensioni della villa che
con la scelta dell'artigiano, il vicentino Giovanni di Giacomo da Porlezza, responsabile anche
dell'esecuzione di villa Godi, nonché ex datore di lavoro di Palladio.
Sono più i dubbi che le certezze in merito al coinvolgimento di Palladio nella realizzazione di
quest'opera. Innanzi tutto l’edificio non risulta inserito nei Quattro libri dell'architettura
pubblicati da Palladio nel 1570, anche se tale esclusione avviene per altre ville certamente
autografe come villa Gazzotti o villa Valmarana a Vigardolo. Ma sono soprattutto le
caratteristiche dell’edificio a destare le maggiori perplessità: la planimetria è poco significativa,
le finestre forano il prospetto senza un particolare ordine, il pronao si innesta con durezza sul
corpo dell’edificio.
fonti :
http://it.wikipedia.org - http://www.villevenete.net/portalVV/ - http://www.irvv.net/ - http://www.cisapalladio.org/ - http://www.enrosadira.it/
17. Villa Badoèr, detta La Badoera, è una villa veneta sita a Fratta Polesine (Rovigo),
progettata dall'architetto Andrea Palladio nel 1554 e costruita negli anni 1556-1563 su
commissione di Francesco Badoèr. È la prima villa in cui l'architetto vicentino utilizzò
pienamente un pronao con frontone in facciata, nonché l'unica realizzata in territorio polesano.
Le sale del piano nobile sono finemente decorate da "grottesche di bellissima inventione dal
Giallo Fiorentino".
La villa fu voluta nel 1554 dal "Magnifico Signor Francesco Badoero", un personaggio di
spicco modesto, privo di rilevanza pubblica ma discendente di un'illustre famiglia della
Serenissima, che a seguito del sodalizio con la famiglia Loredàn e del successivo matrimonio
con Lucetta, figlia di Francesco Loredan, aveva ricevuto in eredità l'ampio fondo della Vespara
nei pressi della Fratta.
Seguendo una tendenza molto diffusa nell'aristocrazia veneziana dopo la Lega di Cambrai, nel
rivolgere attenzioni all'entroterra per favorire i propri investimenti, sentiva la necessità di creare
un presidio dal quale amministrare la proprietà, ed allo stesso tempo di manifestare il prestigio
economico raggiunto attraverso una villa di adeguate caratteristiche. Procedette pertanto alla
bonifica della Vespara ed all'acquisizione di altri fondi in località Bragola, ove diede avvio alla
costruzione della villa progettata da Andrea Palladio con duplice valenza economica ed estetica.
Costruita e abitata nel 1556, la villa doveva essere pertanto funzionale alla conduzione dei
campi e insieme segno visibile della presenza, per così dire feudale, dei Badoer sul territorio:
non a caso l’edificio sorge sul sito di un antico castello medievale. Palladio riesce a unire in una
sintesi efficace entrambi i significati, collegando il maestoso corpo dominicale alle due
barchesse piegate a semicerchio che schermano le stalle e altri annessi agricoli.
Ancor oggi la presenza dello stemma di alleanza tra le due famiglie nella decorazione pittorica
resta a testimonianza del sodalizio Badoer-Loredan, che si può considerare alle origini delle
vicende che portarono alla costruzione della villa.
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18. Villa Barbaro a Maser (Treviso) è una villa veneta, costruita da Andrea Palladio tra il
1554 e il 1560 per l'umanista Daniele Barbaro e per suo fratello Marcantonio Barbaro,
ambasciatore della Repubblica di Venezia, trasformando il vecchio palazzo medievale di
proprietà della famiglia in una splendida abitazione di campagna consona allo studio delle arti e
alla contemplazione intellettuale, decorata con un ciclo di affreschi che rappresenta uno dei
capolavori di Paolo Veronese.
All’inizio degli anni 1550, la realizzazione della villa per i fratelli Barbaro a Maser costituisce
per Palladio un punto di arrivo importante nella definizione della nuova tipologia di edificio di
campagna. Per la prima volta infatti (anche se la soluzione ha precedenti in ville
quattrocentesche) la casa dominicale e le barchesse sono allineate in un’unità architettonica
compatta. A Maser ciò probabilmente è da collegarsi alla particolare localizzazione della villa
sulle pendici di un colle: la disposizione in linea garantiva una migliore visibilità dalla strada
sottostante, e del resto l’orografia del terreno avrebbe imposto costosi terrazzamenti a barchesse
disposte secondo l’andamento del declivio.
Se è vero che per molti versi la villa mostra marcate differenze rispetto alle altre realizzazioni
palladiane, ciò è senza dubbio frutto dell’interazione fra l’architetto e una committenza
d’eccezione. Daniele Barbaro è un uomo raffinato, profondo studioso d’architettura antica e
mentore di Palladio dopo la morte di Giangiorgio Trissino nel 1550.
Nella costruzione della villa Palladio interviene con abilità, riuscendo a trasformare una casa
preesistente agganciandola alle barchesse rettilinee e scavando sulla parete del colle un ninfeo
con una peschiera dalla quale, grazie a un sofisticato sistema idraulico, l’acqua viene trasportata
negli ambienti di servizio e quindi raggiunge giardini e brolo. Nella didascalia della pagina dei
Quattro Libri che riguarda la villa, Palladio mette in evidenza proprio questo exploit tecnologico
che si richiama all’idraulica romana antica.
Per via femminile, la villa passò dai Barbaro ai Trevisan, da questi ai Basadonna, quindi ai
Manin del ramo di Ludovico Manin, ultimo doge della Repubblica di Venezia. Questi ultimi la
vendettero nel 1838 a Gian Battista Colferai che l'aveva in affitto già da qualche anno, ma le
sue eredi, per non spendere sostanze in un bene indiviso con le sorelle, la lasciarono andare
completamente in rovina.
Fu l'industriale friulano Sante Giacomelli che l'acquistò nel 1850, la restaurò e rinnovò,
avvalendosi dell'opera di artisti come lo Zanotti e Eugenio Moretti Larese. Nel 1934 fu
acquisito da Giuseppe Volpi di Misurata, il quale l'affidò alle cure della figlia Marina, che se
ne innamorò, vi si stabilì e continuò negli anni l'opera di restauro. La villa è attualmente
abitata dalla figlia di lei e dalla sua famiglia
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19. Villa Emo è una villa veneta realizzata nei pressi di Fanzolo, a Vedelago, in provincia di
Treviso, dall'architetto Andrea Palladio. L'opera, costruita probabilmente a partire dal 1558, fu
commissionata dalla famiglia Emo di Venezia, famiglia di cui è rimasta nelle disponibilità fino
al 2004.
È una delle più compiute ville palladiane, costruita quando Palladio realizzava edifici simili già
da vent'anni. Nella progettazione della villa sono state utilizzate le stesse proporzioni
matematiche, sia in elevazione che nelle dimensioni delle stanze, impiegate da Palladio per il
resto della sua opera. Dal 1996 è stata inserita dall'UNESCO nella lista dei patrimoni
dell'umanità, assieme alle altre ville palladiane del Veneto e a Vicenza città del Palladio.
La villa è incorniciata da due lunghe barchesse colonnate che ospitavano originariamente le
strutture per le attività agricole, secondo un progetto di struttura produttiva analogo a quello di
Villa Badoer e di buona parte dei progetti palladiani di villa. L'ingresso si trova al termine di un
lungo percorso lastricato di grandi pietre squadrate.
Gli esterni sono essenziali, privi di decorazioni, mentre gli interni sono riccamente decorati con
affreschi di Giovanni Battista Zelotti, autore di opere analoghe in altre ville palladiane.
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20. Villa Zeno, sita a Donegal di Cessalto in provincia di Treviso, è una villa veneta
progettata dall'architetto Andrea Palladio probabilmente nel 1554.
Non è certa la datazione del progetto per la villa Zeno a Cessalto, una delle meno conosciute e
certo la più orientale (geograficamente parlando) fra le ville palladiane. Ipotesi recenti fissano il
progetto al 1554, vale a dire non appena Marco Zeno acquisisce la proprietà della tenuta di
Cessalto, e ciò è ben compatibile con le evidenti affinità formali con altre ville dello stesso
periodo come Villa Saraceno a Finale di Agugliaro e Villa Caldogno.
Sicuramente autografa, è pubblicata sui Quattro libri dell'architettura con grandi barchesse ad
angolo retto, in realtà non realizzate sino ai primi decenni del Seicento. Senza dubbio il progetto
palladiano interviene trasformando un edificio preesistente, e ciò potrebbe spiegare alcune
singolarità della pianta. Pesantemente modificata nel corso dei secoli, attualmente la villa non
mostra più la finestra termale originaria, tamponata nel Settecento.
Nel 1953 l'edificio fu vincolato e dal 1959 l'allora Ente per le Ville Venete iniziò ad occuparsi
dello stato di conservazione del complesso. Attualmente il complesso necessita di interventi di
restauro.
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21. Villa Foscari detta La Malcontenta è una villa veneta costruita da Andrea Palladio
nel 1559 a Malcontenta, località in prossimità di Mira (Italia), lungo il Naviglio del Brenta, per i
fratelli Nicolò e Alvise Foscari.
La villa che Palladio realizza per i fratelli Nicolò e Alvise Foscari intorno alla fine degli anni
1550 sorge come blocco isolato e privo di annessi agricoli ai margini della Laguna veneta, lungo
il Naviglio del Brenta. Più che come villa-fattoria si configura quindi come residenza
suburbana, raggiungibile rapidamente in barca dal centro di Venezia. La famiglia dei
committenti era una delle più potenti della città, tanto che la residenza ha un carattere maestoso,
quasi regale, sconosciuto a tutte le altre ville palladiane, cui contribuisce la splendida
decorazione interna, opera di Battista Franco e Gian Battista Zelotti.
Dal 1973 la villa è ritornata di proprietà, ed è tuttora abitata, dalla famiglia di Antonio "Tonci"
Foscari e, nel rispetto della tradizione, l'edificio è tuttora privo di illuminazione elettrica e
vengono utilizzate essenzialmente le candele
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22. Villa Pisani è una villa veneta progettata nel 1552 circa da Andrea Palladio sotto la
committenza di Francesco Pisani e realizzata tra il 1553 e il 1555 nel borgo di Montagnana.
I Pisani erano potenti e influenti patrizi veneziani. Il cardinale Francesco Pisani, vescovo di
Padova, era un mecenate e amico di artisti e letterati, da Paolo Veronese a Giovanni Battista
Maganza, ad Alessandro Vittoria e allo stesso Palladio, questi ultimi entrambi coinvolti nella
costruzione e decorazione della sua casa a Montagnana.
Il cantiere è sicuramente attivo durante il settembre 1553 e risulta concluso nel 1555, compresa
la decorazione plastica.
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23. Villa Cornaro è una villa veneta sita a Piombino Dese (Padova) progettata da Andrea
Palladio nel 1552.
Insieme alla pressoché contemporanea Pisani di Montagnana, la villa realizzata a Piombino
Dese per un altro potente patrizio veneziano, Giorgio Cornaro (fratello di Caterina Cornaro ex
regina di Cipro, poi Signora di Asolo), segna un netto salto di scala nel prestigio e nella capacità
di spesa della committenza palladiana, sino ad allora essenzialmente vicentina. Il cantiere è già
in piena attività nel marzo del 1553, e nell’aprile dell’anno seguente l’edificio — pur
incompleto — è abitabile, tanto da esservi documentato Palladio “la sera a zena” col padrone di
casa.
Quest’ultimo, con la novella sposa Elena, nel giugno dello stesso anno prende formalmente
possesso della villa, o meglio del suo cantiere: a questa data risulta infatti realizzato solamente il
blocco centrale, ma non le ali né il secondo ordine delle logge. A ciò si provvede in due
campagne successive, nel 1569 e nel 1588, la seconda condotta da Vincenzo Scamozzi,
probabilmente responsabile anche del coinvolgimento di Camillo Mariani nella realizzazione
delle statue del salone.
Le ville Pisani e Cornaro sono legate da molto più di una semplice coincidenza cronologica e
dall’alto status del committente. Infatti anche la Cornaro ha una struttura e un decoro molto
simili a un palazzo ed è più residenza di campagna che villa: isolata rispetto alla tenuta agricola
e alle dipendenze, la sua posizione preminente sulla strada pubblica ne rimarca il carattere
ambivalente. Del resto i camini presenti in tutte le stanze ne provano un uso non solo estivo.
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24. Villa Serego, sita in località Santa Sofia di Pedemonte in San Pietro in Cariano (provincia
di Verona) e per questo detta anche villa Santa Sofia, è una villa veneta progettata dall'architetto
Andrea Palladio nel 1565. È dal 1996 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO,
assieme alle altre ville palladiane del Veneto.
Isolata all’estremo occidente della “geografia palladiana” del Veneto e una delle ultime
fabbriche di villa progettate da Palladio, villa Serego a Santa Sofia rappresenta per molti versi
un episodio eccezionale. A differenza della villa-tipo palladiana, generalmente un organismo
fortemente gerarchizzato e dominato dal “pieno” della casa dominicale, Palladio preferisce qui
articolare lo spazio attorno al grande “vuoto” del cortile centrale, prendendo probabilmente a
modello le proprie ricostruzioni della villa romana antica.
fonti :
http://it.wikipedia.org - http://www.villevenete.net/portalVV/ - http://www.irvv.net/ - http://www.cisapalladio.org/ - http://www.enrosadira.it/