dell`allegato

annuncio pubblicitario
CHARLES
MESSIER
25/02/2011
MEZZO INTERSTELLARE –NEBULOSE
Il mezzo interstellare è l'insieme dei materiali che si trovano tra le stelle
all'interno di una galassia ed è composto per il 99% da gas (del quale
principalmente idrogeno) e per il restante 1% da polveri.
Charles Messier
MEZZO INTERSTELLARE
Durante la prima serata dedicata al Catalogo di Messier abbiamo visto
come gli oggetti appartenenti alla lista dell’astronomo francese, sebbene
fossero all’epoca considerati per lo più nebulae, hanno in realtà una natura
estremamente diversificata e sono raggruppabili in categorie di corpi celesti
molto distinte, legate molto spesso al ciclo di vita stellare.
Durante la seconda serata abbiamo visto invece che le stelle nascono in
gruppi, chiamati ammassi aperti, a partire da una stessa gigantesca nube
che si contrae per qualche motivo.
Questa serata del ciclo di Messier sarà dedicata proprio alle nebulose dalle quali nascono
queste stelle, ma non solo. Vedremo come le nebulose siano legate a nodo doppio a tutta la fase di
vita stellare, dalla nascita alla morte e oltre.
Esattamente come abbiamo fatto a fine gennaio per gli ammassi aperti, non esiste una scaletta
scientifica che ci induce a parlare del mezzo interstellare alla seconda lezione, ma questo mese ci
sono più oggetti nel cielo appartenenti alla categoria delle nebulose piuttosto che alle altre. In
realtà con oggi non esauriremo il discorso sulle nebulose dal momento che le più famose e le più
affascinanti sono osservabili nei mesi estivi nelle costellazioni di Sagittario e Serpente, ma
dedicheremo una seconda serata alla pura osservazione di questi oggetti.
Iniziamo, quindi, il nostro viaggio nel mezzo interstellare proseguendo sulla falsa linea che
stiamo tracciando durante questo corso: faremo quindi riferimento a nozioni teoriche che
consentiranno di apprezzare e capire sempre meglio la natura degli oggetti che poi andremo ad
osservare.
Pagina 1
Charles Messier
IL MEZZO INTERSTELLARE
Il Catalogo di Messier prevede dodici nebulose. Per parlare di nebulose, tuttavia, occorre dapprima
inquadrarle in un ambito più
generale, e per questo
anziché iniziare a parlare di
nebulose iniziamo con il
mezzo interstellare.
Quando alziamo gli occhi al
cielo ci è immediato
guardare le stelle, la Luna, i
pianeti che passano anche
se magari non sappiamo
riconoscerli. Quando ci dice
bene possiamo vedere
qualche meteora, mentre se
possediamo
una
strumentazione
anche
piccola riusciamo a vedere
comete, asteroidi e satelliti
artificiali. Se siamo fortunati
e viviamo in una zona dove
FIGURA 1: CONCENTRAZIONE DELL'IDROGENO IONIZZATO NELLA GALASSIA
l'inquinamento luminoso non è
catastrofico, possiamo vedere anche la galassia di Andromeda da unire all’ammasso aperto delle
Pleiadi tra gli oggetti del Catalogo di Messier osservabili ad occhio nudo.
Tra noi ed i punti luminosi che vediamo in cielo non sembra esserci nulla, se non l'atmosfera terrestre
che fa scintillare le stelle. Ma se questi punti luminosi si sono formati, da qualche parte devono aver
tratto il materiale. Se vediamo delle case, sappiamo che, affinché queste possano esistere, da
qualche parte devono per forza esistere produttori di mattoni.
Questo ragionamento ha fatto nascere il dubbio: qualcosa deve esistere tra noi e le stelle, qualcosa
che c'è ma che non possiamo vedere se non indirettamente.
E quel qualcosa è lo stesso elemento che - senza che noi possiamo accorgercene - a volte diminuisce
la brillantezza di una stella facendoci pensare che sia più lontana di quanto invece non lo sia in
realtà, oppure ce ne blocca totalmente la luce. Quel qualcosa viene chiamato mezzo interstellare.
Il mezzo interstellare è l'insieme dei materiali che si trovano tra le stelle all'interno di una galassia
ed è composto per il 99% da gas (del quale principalmente idrogeno) e per il restante 1% da
polveri. Il 90% del materiale è rappresentato da idrogeno, il resto da elio con tracce di elementi
più pesanti, chiamati metalli.
La polvere non è quella che comunemente intendiamo a terra, ma è data da elementi come
carbonio, silicio ed i loro legami. Si presume che le polveri siano formate a partire dalle giganti
rosse che, sul finire della loro vita, iniziano ad espellere gli strati più esterni. Gli strati di gas più
esterni, nelle zone fredde, danno luogo a minutissime particelle di materiale solido. La composizione
Pagina 2
Charles Messier
dipende dalla zona di universo, ma in generale si stima che le polveri siamo formate da grafite e
silicati vari, e che occupino l'1% della materia interstellare.
Il mezzo interstellare non occupa lo spazio in maniera uniforme: ci sono regioni in cui è più denso ed
altre nelle quali è quasi o totalmente assente. Allo stesso modo, esistono aree di mezzo
interstellare che sono calde ed altre che sono più fredde. Questi due parametri sono proprio quelli
che consentono di identificare il mezzo interstellare: temperatura e densità.
Pagina 3
Charles Messier
DENSITA' E TEMPERATURA
La densità del mezzo interstellare indica il numero di particelle per unità di volume (metro cubo) e
prende in esame idrogeno (90%), atomi neutri (calcio, potassio, sodio) ioni (ferro, titanio) e alcune
molecole composte. Tuttavia, la maggior parte delle particelle del mezzo interstellare è data, come
detto, dall’idrogeno, quindi spesso si approssima il tutto dicendo che la densità del mezzo
interstellare è data dal numero di atomi di idrogeno per metro cubo, e viene indicata con NH.
Il diagramma pone in
relazione la densità sull’asse
verticale e la temperatura
sull’asse orizzontale.
Generalmente la densità
del mezzo
interstellare è
molto bassa, nell'ordine di
atomi da 1 a 100 in un
centimetro cubo, il che
comunque è sempre un
milione di volte più denso
rispetto
alla
materia
intergalattica, che è il
materiale presente tra le
galassie e che quindi viene
detto mezzo intergalattico.
Il range è comunque molto
ampio, passando da un
FIGURA 2: RELAZIONE TRA DENSITÀ E CALORE
centinaio di particelle per
metro cubo a circa 10 con
17 zeri particelle per metro cubo. Allo stesso modo, le temperature possono andare da 10 Kelvin a
pochi milioni di K. In base ai diversi incroci di temperatura e densità rintracciabili dal grafico, è stato
assegnato un nome alle differenti tipologie di regione passando dalle regioni circumstellari interne,
fredde e densissime (poste in alto a sinistra), al mezzo internebulare caldissimo ai resti di supernova,
passando per le regioni HII, le nebulose diffuse e le nebulose planetarie.
Solitamente, in termini di temperatura, il mezzo interstellare si suddivide in tre categorie: caldo se la
temperatura raggiunge milioni di gradi, temperato se la temperatura raggiunge migliaia di gradi,
freddo se la temperatura raggiunge poche decine di gradi Kelvin.
L’intercloud medium (mezzo internebulare), caldo o torrido e consistente principalmente di idrogeno
ionizzato, attualmente rappresenta la componente maggiore del mezzo interstellare e tutte le altre
regioni sono localizzate al suo interno. Fortunatamente per gli amanti del cielo, questa regione più
grande non oscura la visuale dello spazio ed è attraversato facilmente dalla nostra vista. Si dice che
è trasparente, visto che lascia passare la luce dei corpi celesti retrostanti. In generale, il ruolo che il
mezzo interstellare gioca sull’osservazione è riassumibile come:
Pagina 4
Charles Messier
1. ESTINZIONE: la luce della stella viene assorbita dai grani, che si riscaldano, oppure deviata
dalla nostra vista. In tal caso la zona di cielo ci appare priva di stelle soltanto perché il
banco di mezzo interstellare più denso si interpone tra le stelle stesse e noi;
2. ARROSSAMENTO: la luce che maggiormente viene sottoposta ad estinzione è quella
blu/ultravioletto, che ha una lunghezza d’onda minore, quindi le polveri possono lasciar
passare soltanto le lunghezze d’onda maggiori, corrispondenti alla luce più rossa. E' lo stesso
processo per il quale il cielo è
blu ed il tramonto è rosso sulla
Terra.
Le
altre
regioni
del
diagramma possono essere
suddivise in due gruppi:
1. le regioni che portano
alla formazione
stellare,
chiamate nebulose dense,
nebulose diffuse (le uniche tra
queste che lasciano passare la
luce) e regioni HII;
FIGURA 3: CICLO STELLARE E MEZZO INTERSTELLARE
2. le regioni che hanno a che
fare con la morte delle stelle,
come le nebulose planetarie,
i resti di supernova ed i gas
circumstellari.
In pratica, il ciclo di vita stellare
segue il detto “polvere siamo e polvere torneremo”: da un addensamento di mezzo interstellare
prendono vita le stelle tramite collasso gravitazionale di gas e polveri, che poi vengono restituite al
mezzo interstellare stesso nelle ultime fasi della vita della stella, tramite espulsione degli strati più
esterni nel caso più tranquillo e tramite esplosioni di supernovae nel caso più violento.
L’addensamento di mezzo interstellare dà vita a zone di cielo in cui polveri e gas sono più compatti:
le nebulose.
Una nebulosa è definita come una nube di gas e/o polveri interstellare, più densa della media, che
si presenta sottoforma di macchie offuscate nel cielo notturno
Pagina 5
Charles Messier
MEZZO INTERSTELLARE E NASCITA STELLARE: NEBULOSE DIFFUSE E REGIONI HII
Le nebulose legate alla formazione stellare sono le più fredde. Sono presenti maggiormente
all'interno dei bracci della galassia, più ricchi di materiale interstellare e sede di creazione di nuove
stelle.
L’immagine mostra la galassia di Andromeda
all’infrarosso, lunghezza d’onda che riesce a
immortalare le zone più fredde, e si nota
chiaramente come queste siano disposte nei
bracci galattici.
Le nebulose possono essere classificate in base
alla modalità di brillamento. Lo studio principale
è dovuto a Edward Barnard, che per primo si
interessò a queste nubi, le studiò e le catalogò
nel 1919.
FIGURA 4: M31 ALL'INFRAROSSO
Le nebulose sono raggruppate solitamente in tre
distinti insiemi: emissione, riflessione ed oscure.
a. Nebulose ad emissione
Le nebulose ad emissione sono nubi di gas e polveri che si trovano nelle vicinanze di stelle giovani e
brillanti, solitamente associate a stelle di classe O e B e quindi molto calde e dalla luce azzurrina,
che producono una immensa quantità di radiazione ultravioletta, quindi molto energetica.
Tipicamente le nebulose ad emissione hanno una massa compresa tra le 100 e le 10.000 masse
solari, solitamente racchiusa in un'area molto vasta che arriva ad abbracciare una zona di qualche
anno luce. La densità, quindi, risulta molto bassa, toccando poche centinaia di atomi di idrogeno per
centimetro cubico.
Tipicamente, le giovani stelle sono nate all'interno
della nebulosa e proprio a partire dal materiale
che la compone, con il risultato che molte nebulose
ad emissione sono delle nursery stellari.
Proprio la radiazione ultravioletta della stella
giovane e calda eccita gli atomi delle nubi: l'atomo
di idrogeno della nube, assorbita la radiazione
ultravioletta, vede il distaccamento del suo unico
elettrone (ionizzazione: l'atomo viene ad avere
carica positiva). Successivamente, lo ione e
l'elettrone si legano di nuovo creando l'atomo
completo di partenza, emettendo l'eccesso di
energia assorbito in precedenza sottoforma di luce visibile (lunghezza d'onda appartenente alla
parte visibile dello spettro elettromagnetico), il cui colore dipende dalla quantità di energia riFIGURA 5:IONIZZAZIONE E RICOMBINAZIONE
Pagina 6
Charles Messier
emessa. In ogni caso, qualunque colore sia, questa emissione si traduce in una luminosità propria
della nube interstellare. Il fenomeno luminoso è detto fluorescenza.
Gli elementi neutri sono indicati con il simbolo I (primo romano), mentre quelli ionizzati vengono
contrassegnati con numeri romani superiori in base a quante volte vengono ionizzati. L'idrogeno può
essere ionizzato soltanto una volta dal momento che ha un solo elettrone. Ne segue che le nubi di
idrogeno neutro si indicano con HI mentre le nubi di idrogeno ionizzato si indicano con HII (acca
secondo).
La temperatura di una regione HII è molto alta (10.000 °K) e le dimensioni si estendono per
centinaia di anni luce.
La forma delle Regioni HII è solitamente sferica,
ma in realtà la forma dipende da vari fattori
quali la quantità di radiazione disponibile, la
densità della nebulosa e la quantità di gas
disponibile per la radiazione. Se la radiazione è
molto energetica e la nebulosa è piccola e poco
densa, tutta la nebulosa risulterà ionizzata ed il
risultato sarà una Regione HII dalla forma
irregolare, data dalla forma della nube stessa.
Se la nebulosa è invece ampia e poco densa,
invece, allora la radiazione può penetrare al suo
interno soltanto fino ad un certo punto, prima di
venire utilizzata tutta. Ne segue che in questo caso
la regione HII sarà una sfera spesso circondata
dal gas rimanente, non fluorescente.
Gli elettroni che si liberano dal processo di
ionizzazione emettono onde radio. Gli elettroni
liberi tendono a ricombinarsi (è il procedimento visto per le nebulose ad emissione), ma mentre si
ricombinano altri nuclei di idrogeno vengono ionizzati. In pratica esiste sempre una zona di elettroni
liberi in attesa di ricombinazione, e
FIGURA 6: REGIONE HII IC 1396B NEL CEFEO
Un famoso esempio di nebulosa ad emissione è la M42, la Nebulosa di Orione. Un altro è la
Nebulosa Laguna. Spesso le nubi ad emissione presentano delle aree di polveri che non emettono
luce, ma che consentono alla nebulosa di assumere forme che ricordano oggetti conosciuti. Da qui
nascono i nomi delle nebulose stesse (es. Testa di Cavallo, Cono, ecc.).
Pagina 7
Charles Messier
b. Nebulose a riflessione
Le nebulose a riflessione sono nubi fredde di gas e polvere che non emettono luce propria, ma
riflettono quella degli oggetti vicini o contenuti in esse.
La composizione è simile a quella delle nebulose precedenti, comprendendo gas e polveri, ma
contrariamente alle nebulose ad emissione la concentrazione di materiale nelle nebulose a riflessione
è molto minore.
Le stelle vicine non sono abbastanza luminose da generare la ionizzazione del gas come nelle
nebulose ad emissione, e riescono soltanto a farsi riflettere, accendendo la luce attraverso il
fenomeno di scattering che è lo stesso che rende blu il cielo ed il tramonto rosso.
In altre parole, una delle caratteristiche
delle particelle è la proprietà di limitare
lo scattering a determinate lunghezze
d'onda. Se un fascio di luce bianca
risplende su una nube che contiene questi
grani, la luce blu viene sparsa in tutte le
direzioni come accade nell'atmosfera
terrestre (per questo il cielo ci appare
blu) ed è per questo motivo che molte
nebulose a riflessione ci appaiono di
colore blu nelle fotografie. Ad essere
precisi, queste nebulose dovrebbero
essere chiamate nebulose a scattering, e
non a riflessione.
FIGURA 7: LA NEBULOSA A RIFLESSIONE TESTA DI STREGA CON LA
STELLA RIGEL, IN ORIONE
Se si osserva una stella posta prospetticamente
dietro una nebulosa a riflessione, alcuni dei suoi "raggi"
blu vengono rimossi dal processo descritto sopra e la
stella appare più rossa di quanto non sia in realtà.
Questo fenomeno è noto come "interstellar reddening"
(arrossamento interstellare). Questo fenomeno porta alla
migliore comprensione del fenomeno noto come
estinzione interstellare: la presenza di polveri attenua la
luce proveniente da corpi distanti e porta a sottostimare
la loro luminosità oppure a sovrastimare la loro
distanza.
FIGURA 8: NEBULOSA M20, TRIFIDA
Molte nebulose a riflessione risiedono nelle stesse nubi
che danno vita a nebulose ad emissione. La nebulosa
Trifida è un esempio perfetto: le parti interne rossicce indicano il processo di ionizzazione tipico
dell'emissione mentre più lontani dal centro i bordi si fanno blu, a segnalare la nebulosa a
riflessione.
Pagina 8
Charles Messier
c. Nebulose oscure
Le nebulose oscure, anche note come dark nebulae, si differenziano dagli altri tipi per la
caratteristica di non brillare né di luce propria né di luce riflessa. Infatti riusciamo a vederle soltanto
per la loro abilità di bloccare la luce
proveniente da corpi celesti posti dietro di esse.
Nell'immagine posta a sinistra, si nota
distintamente una regione priva di stelle che, in
realtà, dovrebbe essere piena di astri come le
regioni adiacenti. Tuttavia tra questi astri ed i
nostri occhi c'è un banco fitto di polveri che ci
impedisce di vederli: una nebulosa oscura.
Si tratta di vaste nubi di molecole di gas nonché
di
grani
di
polveri.
Date le loro grandi dimensioni, le nebulose
appaiono scure e riescono quindi molto bene a
FIGURA 9: IC 1396, NEBULOSA OSCURA
determinare lo scattering (deviazione) di tutta la
luce proveniente dalle loro "spalle", con il risultato
che nulla raggiunge il nostro occhio nudo. Il processo di dispersione della luce è così efficace che,
ad esempio, la luce emessa dal centro della nostra Galassia è quasi totalmente spenta dalle nubi di
polveri presenti tra noi ed il centro galattico stesso.
FIGURA 10: B33, LA FAMOSA TESTA DI CAVALLO IN ORIONE
Il fenomeno di dispersione (scattering) ed
assorbimento della luce è noto come
estinzione. Non si commetta l'errore di
pensare che questi oggetti siano davvero
molto densi, perché non lo sono affatto. La
maggior parte del materiale nella nube è
idrogeno molecolare insieme a monossido di
carbonio, responsabile della loro emissione
radio, e la densità è davvero bassa. Ci sono
evidenze empiriche che dimostrano inoltre
come i grani di polvere presenti nelle
nebulose oscure siano diversi per proprietà
da quelli che formano il comune mezzo
interstellare.
Molte nebulose oscure si trovano in fase di
interazione con il loro ambiente circostante, come testimoniato da spettacolari immagini riprese
dall'Hubble Space Telescope nella costellazione del Serpente. Ad esempio, la famosissima nebulosa
oscura Barnard 33, nota come Testa di Cavallo, in Orione presenta l'interazione della radiazione
delle stelle supergiganti che formano la cintura di Orione (Mintaka, Alnilam e Alnitak) sottoforma di
materiale ionizzato e scie che partono dalla nube stessa.
Diverse ragioni comportano differenti forme per queste nubi. Le nubi potrebbero nascere con forma
sferica per poi modellarsi proprio per l'interazione con le stelle calde ed i loro forti venti stellari.
Pagina 9
Charles Messier
Fronti d'urto di supernovae vicine potrebbero averne modificato le sembianze, nonché effetti
gravitazionali di altre nubi, stelle, e della Via Lattea stessa. Anche i campi magnetici possono avere
effetti sulla forma di queste nubi. Infine, dal momento che molte di queste nebulose fanno parte di
più ampie regioni di formazione stellare, anche le nuove stelle potrebbero influenzarne la forma.
L'opacità di una nebulosa viene valutata in base ad una scala di valori che va da 1 a 6. Un valore
pari ad 1 indica una nebulosa poco opaca mentre un valore pari a 6 indica una nebulosa quasi
completamente buia.
MEZZO INTERSTELLARE E MORTE STELLARE
Parlando di nascita stellare e mezzo interstellare
abbiamo visto, con l’immagine ultravioletta della
galassia di Andromeda, come le regioni di formazione
stellare si dispongano lungo i bracci delle spirali della
galassia stessa. Ora, la stessa galassia è stata
osservata nell’infrarosso, alla ricerca delle zone più
calde che mostrano gli addensamenti interstellari
dovuti alla morte stellare.
Come si nota dall’immagine, stavolta le stelle morte
sono evidenziate soprattutto nelle regioni centrali di
M31, con rari e sporadici casi nelle zone più
FIGURA 11: LA GALASSIA M31 IN INFRAROSSO, CON I
LUOGHI DI MORTE STELLARE
periferiche.
Alcune regioni del mezzo interstellare, quindi, nascono
dalla materia espulsa dalle stelle negli ultimi stadi della loro vita. Questi addensamenti del mezzo
interstellare, e quindi queste nebulose, sono rappresentati dalle nebulose planetarie e dai resti di
supernovae.
a. Le nebulose planetarie
Quando una stella esaurisce il proprio combustibile, cessano le reazioni nucleari e viene a mancare
la forza che si contrappone alla caduta gravitazionale degli strati più esterni. Questi strati, quindi,
dal momento che non sono più tenuti sollevati dalle reazioni nucleari, sprofondano come se mancasse
loro il pavimento sotto ai piedi. Se la stella è di piccola massa, questi strati esterni rimbalzano sul
nucleo stellare, che viene condensato in uno spazio sempre più piccolo in cui la materia è compressa
in modo che le particelle diventano degeneri, non “normali” per come siamo abituati a pensare. Alla
fine della vita di una stella di piccola massa, quindi, tutto ciò che resta è il nucleo degenere di
carbonio ed ossigeno, circondato da un'area nella quale avviene la reazione nucleare dell'idrogeno.
Quest’area è dovuta al fatto che gli strati più esterni, cadendo verso il nucleo, si riscaldano
raggiungendo temperature in grado da innescare di nuovo alcune reazioni. La polvere espulsa
durante l’ultima fase viene spazzata via da venti stellari a decine di chilometri per secondo e, man
mano che questi detriti vengono allontanati, il denso e caldo cuore della stella inizia a diventare
visibile.
Pagina 10
Charles Messier
La stella va incontro ad esplosioni di
luminosità e durante ciascuna di queste
esplosioni espelle materiale, che riversa
nello spazio interstellare. La stella, a
fronte di una luminosità pressoché
costante, inizia a riscaldarsi decisamente.
Poche migliaia di anni consentiranno alla
superficie stellare di raggiungere i
30.000 K (alcune stelle raggiungono
addirittura i 100.000 K). A queste alte
temperature, il nucleo stellare - ormai
esposto - emette sempre più a lunghezze
d'onda ultraviolette, più energetiche, che
eccitano e ionizzano il gas in espansione
intorno al nucleo stellare stesso. L'area di
FIGURA 12: LA NEBULOSA PLANETARIA “OCCHIO DI GATTO”
gas ionizzato e riscaldato inizia a crescere ed
a produrre ciò che viene chiamato nebulosa planetaria.
La nebulosa plenetaria è una nebulosità a forma di guscio che circonda una stella molto calda e
piccola, il cui irraggiamento ultravioletto ionizza il gas espulso dagli strati superficiali della stella
centrale stessa nel corso delle fasi avanzate della sua evoluzione.
Si è detto che la stella mantiene la propria luminosità pur aumentando la temperatura. La
conseguenza è che la stella sta diventando più piccola, altrimenti una temperatura maggiore
porterebbe a brillare di più. La riduzione della dimensione della stella determina quindi l’aumento
di temperatura che porta ad un nuovo impeto di combustione di idrogeno. Si crea, quindi, ulteriore
elio e la stella si espande di nuovo, fino a quando anche la nuova scorta di idrogeno termina e la
stella torna a comprimersi. Questo fenomeno di rimbalzo viene chiamato “pulsazione termica” e può
essere reiterato più volte. Nel momento del flash dell’idrogeno, la luminosità della stella aumenta,
anche se per poco tempo. Durante ogni pulsazione la massa del nucleo stellare aumenta: ad ogni
pulsazione il tempo intercorrente è sempre minore mentre la luminosità della stella varia sempre di
più. Durante la pulsazione, inoltre, la stella perde molta massa e gli strati più esterni, espulsi prima,
possono staccarsi del tutto dalla stella fino a che la stella stessa non perde completamente il proprio
involucro. Ancora di più, la radiazione espulsa dalla stella, ormai spogliata del suo rivestimento,
investe il gas la polvere espulsa. Proprio questa pulsazione termica è in grado di spiegare
l’apparenza di cerchi concentrici nelle nebulose planetarie.
Le nebulose planetarie sono tra gli oggetti più belli ed interessanti del cielo, tanto da essere definiti
“farfalle cosmiche”, ed hanno molto da offrire agli amatori. Le spettacolari forme che assumono
questi oggetti sono dovute anche ai forti venti stellari ed ai campi magnetici della stella. Questi
spettacoli sono temporanei: dopo decine di migliaia di anni, infatti, il loro destino è quello di
dissiparsi nello spazio interstellare: questo ci rende certi del fatto che le nebulose planetarie che
oggi osserviamo non sono più anziane di 60.000 anni. Si tratta però di eventi comuni, se è vero che
nella nostra Galassia se ne contano più di 1400.
Visualmente, le nebulose planetarie sono tra i pochi oggetti ad apparire colorate. Circa il 90%
della loro luce proviene dall'ossigeno due volte ionizzato, noto come OIII. Queste linee
caratterizzano il colore blu-verde degli oggetti.
Esiste una classificazione chiamata Vorontsoz-Vellyaminov Classification System che è in grado di
descrivere l'apparenza delle nebulose planetarie, sebbene sia di uso limitato. In base a questa
classificazione, la morfologia delle nebulose è riassunta come segue:
Pagina 11
Charles Messier






1. Puntiforme
2. Piccolo disco
o a. centro brillante
o b. brillantezza uniforme
o c. possibile struttura ad anelli
3. Disco irregolare
o a. brillantezza distribuita irregolarmente
o b. possibile struttura ad anelli
4. Struttura ad anelli definita
5. Forma irregolare
6. Forma non classificata (possibile combinazione delle precedenti)
b. Resti di supernova
Le stelle di piccola massa, quindi, perdono il proprio materiale con rilasci successivi relativamente
tranquilli, dando vita a nebulose planetarie. Le stelle di grande massa, invece, sono più devastanti.
Terminate le scorte di combustibili nucleari gli strati più esterni crollano sotto il loro stesso peso e la
velocità del collasso è talmente forte da determinare l’evento più catastrofico dell’universo,
l’esplosione di supernova. Una supernova che esplode non passa inosservata, né al momento
dell'esplosione né dopo. Durante l'esplosione, la luminosità è tale da raggiungere quella dell'intera
galassia in cui la stella esplode.
Dopo l'esplosione restano nebulose in espansione tali da essere uno degli spettacoli più belli di tutto
l'universo. Si tratta dei resti di supernova, abbreviati con SNR.
Studiando queste nebulose, il loro spettro e le loro righe, le temperature, e tutto il resto si riesce a
capire molto sulla stella esplosa. A volte al centro di questa nebulosa c'è una stellina molto
compatta, una stella di neutroni che a volte dirige il proprio fascio di radiazione polare verso di noi,
ruotando velocemente. In tal caso si parla di pulsar.
Il resto di supernova è il resto di una esplosione di una stella di grande massa, formato dagli strati
esterni della stella che sono stati espulsi nello spazio, e dal resto del cuore della stella esplosa (stella
di neutroni o buco nero).
Il materiale spazzato dall'esplosione
subisce un ciclo di vita particolare, che
può essere raccontato in fasi. Nella
prima fase, il materiale appena
espulso tende a rarefarsi a causa del
fatto che la nube è in espansione a
grande velocità. Gli strati più esterni,
invece, entrano a contatto con il mezzo
interstellare un po' spazzandolo via
ed un po' assumendone il gas, che ne
aumenta quindi la densità. Durante
questa fase, nota come espansione
libera, il gas del mezzo interstellare è
talmente meno denso del materiale
espulso dalla stella che l'espansione
FIGURA 13: RESTO DI SUPERNOVA IC1018
Pagina 12
Charles Messier
procede senza perdita di velocità e senza intoppi.
Dopo più o meno 200 anni, quando l’espansione ha raggiunto qualche parsec di raggio, il materiale
della nebulosa in espansione ha perso di densità e la densità del mezzo interstellare diventa
maggiore. La conseguenza è che il fronte d’urto della nebulosa è maggiore, quindi l’espansione
diminuisce. E’ un po’ come far passare dell’acqua in uno scolapasta: più grandi sono i fori e più
acqua passa, ma se stringiamo i fori ne passa sempre meno perché aumenta il fronte d’urto che si
oppone al materiale. Si parla di espansione adiabatica ad indicare questa fase: il gas in
espansione, trovando un tappo, diventa più compresso e la temperatura aumenta fino a qualche
milione di gradi, facendo ionizzare gli atomi. Questa fase dura un migliaio di anni. Per altri
100.000 anni circa, la nube irradia la propria energia attraverso dei processi fisici, in gradi di
rendere i resti di supernova delle sorgenti radio. Questo è dovuto al moto degli elettroni nel campo
magnetico residuo. Tale moto ha una velocità simile a quella della lue e genera una radiazione di
sincrotone. Questa fase è detta radiativa.
Durante le prime due fasi, i resti di supernova sono fonti di raggi X. Proprio dall'analisi dei raggi X
è stato possibile verificare l'esistenza di righe legate a silicio, zolfo, argon.
Il nome dei resti di supernovae prevede una G (iniziale di Green, che ha elaborato il catalogo) ed
una serie di cifre rappresentanti le coordinate galattiche. Tuttavia, essendo alcuni resti stati scoperti
da radiastronomi, alcuni hanno ancora il nome che queste persone hanno loro assegnato.
Solitamente, i resti di supernova sono oggetti giovani, al massimo di qualche decina di migliaia di
anni. E' difficile stimarne l'età precisa. Nel caso in cui al centro della nebulosa ci sia una pulsar, una
indicazione può essere data dal periodo
di pulsazione e dalla sua variazione nel
tempo, ma negli altri casi risulta difficile.
Tuttavia la giovane età è accertata dal
fatto che dopo un certo numero di anni la
nebulosa interagisce troppo con il mezzo
interstellare e non è più visibile. Dal
momento che quelle che vediamo sono
visibili (ovviamente), si deduce che non
sono più vecchie di qualche decina di
migliaia di anni.
La visibilità del resto di supernova
dipende da vari fattori, quindi, quali l'età,
la presenza di una fonte di energia che li
alimenta ed il tipo di supernova dal quale
hanno avuto origine.
FIGURA 14: RESTO DI SUPERNOVA DELLA 1987A
Pagina 13
Charles Messier
Classificazione dei resti di supernova in base alla forma
Tipologia
Descrizione
RESTI A GUSCIO
Sono i resti più giovani, di forma prevalentemente circolare più densa ai
bordi che all'interno
PLERIONI
Sono anch'essi resti giovani, ma è presente una pulsar e la luminosità è
maggiore al centro della nebulosa. Tale luminosità, inoltre, è rafforzata
dalla stessa pulsar
IRREGOLARI
Non si intravede più neanche la sembianza del guscio a causa della forte
interazione con il mezzo interstellare
Pagina 14
Charles Messier
NEBULOSE DI MESSIER
Le nebulose, quindi, sono di diversa
tipologia riconoscibile spesso per
forma e colore. Una forma sferica
lascia pensare ad una nebulosa
planetaria mentre una struttura
filamentosa ad un resto di
supernova. Le nebulose diffuse,
invece, sono ad emissione se
appaiono di colore rosso e di
colore azzurrino se ad emissione.
Quelle scure che si stagliano contro
sfondi più chiari sono nebulose
oscure.
FIGURA 15: TIPOLOGIE DI NEBULOSE
A questo punto possiamo passare
in rassegna le nebulose del catalogo di
Messier.
M1 – NEBULOSA DEL GRANCHIO
FIGURA 16: M1, RESTO DI SUPERNOVA NEL TORO
Il primo oggetto del Catalogo di Messier è un
resto di supernova nella costellazione del
Toro, anche noto come Nebulosa del
Granchio o Crab Nebula. Si tratta di ciò che
resta della supernova osservata nel 1054,
talmente brillante da risultare visibile anche
in pieno giorno. La scoperta di M1 è
attribuita a John Bevis nel 1731, mentre
Messier la riscoprì nel 1758. Soltanto Lord
Rosse tuttavia si accorse dei filamenti rosati
presenti al suo interno, intorno alla zona più
densa. Proprio questi filamenti portarono al
nome di Nebulosa del Granchio.
Proprio grazie a M1gli astronomi sono stati
in grado di comprendere le ultime fasi di una stella di grande massa, ed ancora oggi la nebulosa
fornisce spunti molto interessanti per nuove scoperte e nuove teorie.
Al suo interno è presente la pulsar, la stella di neutroni a rapida rotazione che resta della stella
esplosa. La sua rotazione ha un ritmo di 33 millisecondi. La pulsar è stata trovata da Jocelyn Bell ed
è stata la prima ad essere stata scoperta, aprendo la strada anche all’accettazione teorica dei
buchi neri. All’inizio, il ritmo precisissimo della sua rotazione fu scambiato per un segnale proveniente
da una civiltà intelligente, tanto che la conferenza che ospitò la rivelazione della scoperta fu
Pagina 15
Charles Messier
chiamata per gioco LGM, Little Green Man, a ricordare i piccoli omini verdi che abitavano non si sa
quale pianeta. Ben presto si scoprì ovviamente che nessuna civiltà evoluta si sarebbe limitata a
mandare un segnale sempre uguale, perché in tal caso più che di segnale intelligente si sarebbe
avuta la sensazione di una civiltà abbastanza stupida. Tuttavia, nonostante la paternità della
scoperta sia da attribuire alla Bell, il nobel andò a due astronomi dell’università di Tucson, Hewish e
Ryle. Il diametro della stella residua dovrebbe aggirarsi sui 30 chilometri. In vita, la stella aveva
una massa compresa tra le 9 e le 11 masse solari, anche se la somma della massa della pulsar e
quella della nebulosa non arrivano a questo totale. Si presume, quindi, che molta massa sia stata
espulsa prima dell’esplosione sottoforma di vento solare.
La dimensione apparente di 6x4 primi d’arco corrisponde a 11,7 anni luce, dati i 6.000 anni luce di
distanza.
L’analisi fotografica dell’oggetto ha consentito di studiarne, nel tempo, l’evoluzione e l’espansione.
Nel 1921 fu Lundmark a stimare la velocità di espansione in 1500 chilometri per secondo. Tornando
indietro nel tempo come con una moviola, si è risaliti quindi al 1054 come data di “inizio”
dell’espansione e quindi della supernova, perfettamente in linea con le osservazioni dei cinesi che
riportarono di una magnitudine compresa tra -7 e -4.5 fino ad aprile del 1056.
A testimonianza di quanto abbiamo detto per il calore, la temperatura nella zone più calda è
intorno ai 15.000 °K. Si compone di filamenti disposti ad ovale intorno al nucleo più denso, composti
da carbonio, ossigeno, azoto, ferro e zolfo. M1 si trova a 1.5° dall’eclittica quindi può essere in
congiunzione o può venir occultata dai corpi del Sistema Solare. Nel 2003 è stato infatti Saturno a
transitare sulla nebulosa, con il prossimo passaggio fissato per il 2267. Proprio a gennaio 2011 il
satellite italiano Agile ha scoperto invece una forte emissione gamma proveniente da M1: tra il 19
ed il 22 settembre 2010, infatti, è stato registrato un picco inaspettato ad energie elevatissime. M1
è famosa per essere una sorgente molto importante nello spettro dei raggi X e gamma, ma finora
non c’erano mai stati segni di variabilità nel segnale tanto da essere presa a riferimento per il
calcolo delle distanze dei segnali. E’ stata subito esclusa la pulsar come possibile sorgente, puntando
l’indice sulla parte più interna della nebulosa, dove le particelle vengono accelerate proprio dal
forte vento proveniente dalla stella centrale creando onde d’urto instabili. Un evento simile si era
già verificato nel 2007 ma per iniziare a prenderlo con metodo scientifico occorre una ripetizione.
M8 – Nebulosa Laguna
La nebulosa Laguna, oggetto numero 8 del
Catalogo di Messier, è una nebulosa diffusa ad
emissione, intuibile dal colore rosso che appare
nelle immagini telescopiche, ed una delle regioni HII
più brillanti del cielo.
FIGURA 17: M8 NEL SAGITTARIO, LA NEBULOSA LAGUNA
La scoperta è attribuita a Le Gentil, nel 1747, che
ne comprese la natura non stellare. Nel 1764 fu
Messier a fornirne, invece, la prima descrizione
completa parlando di un “piccolo ammasso di stelle
che si osserva sottoforma di nebulosa… nei pressi
di questo ammasso si trova una stella abbastanza
brillante circondata da una luce molto debole: è la
Pagina 16
Charles Messier
nona stella di Sagittarius”. Messier quindi si concentrò più sull’ammasso aperto, mentre William e
John Herschel notarono i chiaroscuri della nebulosa.
Al suo interno, come notò Messier, è presente un ammasso aperto ben visibile, noto come NGC 6530.
Nei cieli più puliti con declinazioni australiani si rende visibile anche ad occhio nudo, rivaleggiando
con la più famosa nebulosa di Orione.
Il suo nucleo centrale è infatti molto brillante, solcato da un canale scuro che si estende da Nord
Ovest a Sud Ovest passando per la parte più
orientale. E’ dominata da due stelle brillanti, divise da
3 primi d’arco. La prima è più a sud ed è 9 Sagittarii,
blu e caldissime di magnitudine 6 e classe spettrale
O6.
Foto dettagliate di Hubble mostrano numerosi globuli
di Bok, macchie scure che spiccano sullo sfondo
illuminato e che rappresentano stelle in formazione. La
distanza della nebulosa è incerta, ma si stima compresa
tra 2.500 e 5.100 anni luce. Prendendo una distanza
media intorno ai 4.000 anni luce, quindi, il suo diametro
apparente di 90x40 primi d’arco corrisponde a
110x50 anni luce reali
FIGURA 18: DETTAGLIO DI M8 RIPRESO DA HUBBLE
M16 – Nebulosa Aquila
L’oggetto numero 16 del Catalogo di
Messier è noto come Nebulosa Aquila
dalla forma della struttura centrale che
appare nelle immagini. Si tratta di una
nebulosa ad emissione nella costellazione
del Serpente.
E’ un oggetto altamente spettacolare ma
molto controverso. Scoperto da Philippe
Loys de Chéseaux nel 1746, fu descritto
come un insieme di stelle mentre nel 1764
Messier aggiunse alla descrizione una
nebulosità ad avvolgere l’ammasso.
William Herschel non si sbilanciò, mentre
FIGURA 19: M16, LA NEBULOSA AQUILA NEL SERPENTE
suo figlio John parlò di una nube con un
ammasso al suo interno. Alla luce dei fatti,
quindi, con M16 si tende a comprendere sia la nebulosità (nota come IC 4703) sia l’ammasso aperto
(anche noto come NGC 6611). L’ammasso contiene molte stelle giovani di classe O e B, quindi
caldissime, in grado di ionizzare il gas della nebulosa, distante circa 5.700 anni luce dalla Terra.
Proprio queste stelle sono state in grado di modellare la forma dei gas attraverso il loro vento
stellare, dando vita a strutture bellissime rese note dalle immagini dettagliate dell’Hubble Space
Telescope. L’età delle stelle dell’ammasso si aggira intorno ai 2 o 3 milioni di anni, con magnitudine
massima di 8,24.
Pagina 17
Charles Messier
Le strutture presenti all’interno della nebulosa Aquila sono chiamate Proboscidi di Elefante o meglio
Pilastri della Creazione. Si tratta di strutture
molto dense di gas e polveri al bordo
sudorientale della nebulosa, che prendono vita
dal vento stellare delle stelle dell’ammasso, in
grado di dar loro una forma. La radiazione
delle stelle ionizza il gas e lo comprime,
aumentandone la pressione superficiale e
generando un flusso di materiale che si estende
in direzione opposta a quella della provenienza
del vento.
Le singole strutture sono state battezzate con
numeri romani, dalla Colonna I alla colonna V.
FIGURA 20: I PILASTRI DELLA CREAZIONE
Oltre a queste strutture, la nebulosa Aquila
presenta molti oggetti di Herbig-Haro, fronti
d’urto creati dall’espulsione di vento proveniente da stelle in formazione. Come se non bastasse, la
nebulosa contiene anche due associazioni OB, gruppi di stelle molto calde. La prima è nota come
Serpentis OB-1 e contiene una ventina di elementi supergiganti blu, la seconda è Serpentis OB-2 e
presenta un centinaio di stelle giganti blu, tra le quali una binaria di tipo Wolf-Rayet nota come CV
Serpentis, gigante e potentissima.
M17 – Omega Nebula
Scoperta da Philippe Loys de Cheseaux nel
1746, Charles Messier la riscoprì in maniera
indipendente parlando di una nebulosa molto
allungata simile a M31. John Herschel ed il figlio
John parlarono invece di una scia luminosa con
nodo separato mentre il nome di Nebulosa
Omega o anche Ferro di Cavallo è dovuto
all’ammiraglio Smyth.
Dai cieli più limpidi di declinazione australe la
nebulosa può addirittura essere scorta ad occhio
nudo. Si tratta di una nebulosa ad emissione, il
cui gas è quindi ionizzato dalla presenza della
radiazione di calde stelle di classe spettrale B
FIGURA 21: M17, NELLA COSTELLAZIONE DEL SAGITTARIO
adiacenti. Una regione HII quindi, in cui la
formazione stellare è attiva. Alcune delle stelle
che ionizzano la nebulosa fanno parte di un ammasso aperto di 35 stelle. La distanza è stimata in
6.000 anni luce, che rende la dimensione apparente di 11 primi d’arco pari a circa 15 anni luce
reali.
Pagina 18
Charles Messier
La nebulosa è posta all’interno del Braccio del Sagittario della nostra Galassia, quindi un altro
braccio rispetto al nostro il che rende la visuale
parzialmente oscurata dalla grande condensazione
di polveri e gas. E’ molto vicina alla nebulosa
Aquila, dalla quale dista soltanto 2,5° di cielo ed
alla quale sembra legata da una debole fascia di
nebulosità. Oltre a queste nubi si aggiunge un altro
complesso noto come Sh2-54, cui è connesso
l’ammasso aperto NGC 6604. Dalle immagini, gli
astronomi hanno elaborato addirittura una mappa
temporale di formazione stellare: i processi
sarebbero iniziati nella parte più settentrionale di
Sh2-54 circa 4 milioni di anni fa, per poi estendersi
circa 2,5 milioni di anni fa alla Nebulosa Aquila e
solo 1 milione di anni fa alla nebulosa Omega.
L’espansione della formazione stellare potrebbe
FIGURA 22: IMMAGINE A GRANDE CAMPO DI M17
essere dovuta ai venti solari delle stelle nascenti, che
come in un domino si sono propagati all’interno del
mezzo interstellare comprimendo il gas e dando vita ad ulteriori stelle.
M20 – Nebulosa Trifida
Scoperta da Guillaume Le Gentil nel 1747, la
Nebulosa Trifida, oggetto 20 del catalogo di
Messier, fu aggiunta proprio a questo catalogo nel
1764 dopo la descrizione di Messier. Le bande scure
che la attraversano furono scorte per la prima volta
soltanto da William Herschel, che proprio per questo
ritenne di aver osservato quattro oggetti differenti
che enumerò quindi in maniera sequenziale. Il nome
Trifida è dovuto, invece, a John Herschel, quando la
osservò meglio dal Capo di Buona Speranza.
I suoi 20 primi d’arco apparenti sono dovuti alla
distanza di circa 5.200 anni luce che la separa da
FIGURA 23: NEBULOSA M20, TRIFIDA, NEL SAGITTARIO
noi e che la fa appartenere al Braccio del
Sagittario, più interno rispetto al nostro Braccio di Orione..
Si compone di due parti: la parte più a Nord è una giovane nebulosa a riflessione, illuminata dalla
luce di alcune stelle molto brillanti. Si riconosce dal colore rosso ed il gas è ionizzato principalmente
dalla potente stella che occupa la parte centrale. L’età è stimata in 300.000 anni luce, quindi
dovrebbe trattarsi della regione di formazione stellare più giovane. Le stelle che determinano la
ionizzazione del gas sono giganti blu di spettro O, con età stimata intorno ai 7 milioni di anni.
La zona blu della nebulosa è invece formata da una nebulosa a riflessione. E' chiamata Trifida a
causa della caratteristica forma della zona più brillante che sembra dividere la nebulosa in tre parti
da parte di tre scie radiali di polvere.
Pagina 19
Charles Messier
Le stelle al centro della nebulosa sono la
Si pone a soli 1°,5 rispetto alla Nebulosa Laguna.
sorgente
della
radiazione
ultravioletta.
Anche stavolta, il telescopio spaziale Hubble è sceso in
profondità mostrando strutture e dettagli spettacolari.
Si notano infatti strutture simili a quelle che rappresentano i
Pilastri della Creazione nella nebulosa Aquila: una culla
stellare piena di astri in formazione. La nube dell’immagine si
trova a circa 8 anni luce dalla stella centrale che ionizza la
nebulosa ed il getto posto nella parte superiore, che sembra
creare corna sulla nube stessa, è originato dal vento di una
stella nascosta dentro la nube. Più a sinistra la foto evidenzia
una struttura verticale del tutto simile a quella della nebulosa
Aquila: si tratta di materiale gassoso in evaporazione che
resiste grazie alla densità della sua parte più superiore.
FIGURA 24: DETTAGLI DELLA NEBULOSA TRIFIDA
M27 – Nebulosa della Volpetta
M27 è conosciuta anche con il nome Dumbbell
Nebula (Nebulosa Manubrio o Batacchio di
Campana), ed è una nebulosa planetaria nella
costellazione della Volpetta, tra le più belle di
tutto il cielo. La caratteristica di nebulosa
planetaria è riconoscibile già dalla sua forma
circolare con la quale si presenta ai nostri occhi.
Scoperta nel 1764 da Messier, è una delle più
facili nebulose da osservare. E’ stata la prima
nebulosa planetaria ad essere stata scoperta. La
sua natura e la sovrapposizione ad un ampio
campo stellare fece pensare a William Herschel
ad un ammasso di stelle, anche se con la sua strumentazione non riuscì a risolverlo. Suo figliò John
non cadde nello stesso errore e ne riconobbe la natura nebulare.
FIGURA 25: NEBULOSA PLANETARIA M27 NELLA VOLPETTA
Attraverso uno strumento con apertura da 20 centimetri, la nebulosa rivela la tipica forma a
clessidra. La stella centrale ha una magnitudine di 13,5 ma riesce ad eccitare il gas in fuga grazie a
potenti radiazioni ultraviolette. La nebulosa assorbe questa radiazione e la riemette nello spettro
visibile. La temperatura superficiale della stella è stimata in 85.000 Kelvin.
Storicamente, si tratta della prima nebulosa planetaria ad essere stata scoperta, ha un diametro
angolare di quasi 6' ed un alone molto debole esteso per più di 15'.
La forma della nebulosa non è simmetrica. L'espansione avviene alla velocità di 31 km/s, il che
riporta l'esplosione a circa 48 mila anni fa quando sulla Terra c'era l'uomo di Neanderthal. Altre
stime parlano invece di circa 15.000 anni a testimonianza della aleatorietà delle valutazioni e dei
parametri.
Pagina 20
Charles Messier
M42 – Grande Nebulosa di Orione
M42 è conosciuta meglio con il nome di 'Nebulosa di Orione', chiaramente visibile anche ad occhio
nudo come una nebulosità diffusa che si estende
dalla cintura di Orione in giù, a formare la
spada del cacciatore.
La sua distanza di circa 1.270 anni luce rende
M42 la regione di formazione stellare a noi più
vicina, estesa per circa 24 anni luce che noi
percepiamo come circa 60 primi d’arco, quindi
superiore alla Luna piena.
La scoperta di un oggetto così grande e
brillante è di sicuro una cosa molto antica, e
sempre che lo stesso Tolomeo la scorse anche
se la indicò come una stella di magnitudine 3
nella spada di Orione. Nonostante questo, la prima indicazione chiara della nebulosa è datata
soltanto 1610 ad opera di Nicolas-Claude Fabri de Peiresc mentre Charles Messier la annotò per la
prima volta nel 1769 insieme a tre stelle del Trapezio. Nel 1880 ci fu la prima astrofotografia
dell’oggetto, ad opera di Henry Draper. Si è giunti infine al 1993, anno in cui sulla nebulosa è stato
puntato l’occhio di Hubble e da allora i dati sono stati sempre più numerosi e precisi, fino a scorgere
dischi proto planetari intorno alle stelle dell’ammasso del Trapezio.
FIGURA 26: M42, LA GRANDE NEBULOSA DI ORIONE
La forma è quella di un'aquila in volo, o di un pipistrello, verso Nord-Est e la parte più brillante
della nebulosa contiene un gruppo di stelle tra la magnitudine 5 e la 8, chiamato 'Trapezio' e noto
come Theta Orionis. Si tratta di una nebulosa mista di riflessione e di emissione. Proprio la luce delle
stelle del Trapezio non solo illumina la nebulosa, ma fa sì che la nebulosa stessa emetta luce a
testimonianza del fatto che si tratta di una nebulosa ad emissione o regione HII. Intorno, una luce
verdina tradisce un fenomeno che invece è di riflessione e non di ionizzazione del gas.
Una zona scura, invece, si sovrappone alla nebulosa da est fino al trapezio ed è chiamata 'Bocca di
Pesce'. Due brillanti archi si estendono intorno alla parte più brillante della nebulosa, divenendo più
piccoli verso Sud.
Il gas che compone la nebulosa è estremamente rarefatto, nella misura di molti milioni di volte
rispetto alla nostra aria terrestre. Si dice, e sembra vero, che una 'carota' con diametro di 2,5
centimentri presa dalla nebulosa M42, da parte a parte, pesi come una moneta da due euro. La
massa della nebulosa, però, è davvero enorme date le dimensioni.
M42 rappresenta la parte più brillante di una immensa nube molecolare che abbraccia gran parte
della costellazione di Orione e che comprende anche la Nebulosa Fiamma e la famosa Testa di
Cavallo.
Pagina 21
Charles Messier
M43
M43 è una nebulosa presente nella parte più a Nord
della più estesa nebulosa di Orione M42.
Le due nebulose sono divise da una striscia scura. Nel
centro di M43 brilla una stellina blu di magnitudine 7.
Anche questa, come la sorella più grande M42, unisce
una parte ad emissione affiancata da una zona di pura
riflessione di luce.
La scoperta è dovuta a Jean-Jacques Dortous de Mairan
nel 1731, e solo in seguito fu osservata di nuovo da
Messier che la introdusse come oggetto numero 43 nel
FIGURA 27: M43 NELLA COSTELLAZIONE DI ORIONE
proprio catalogo. La nebulosa avvolge la stella variabile
NU Orionis, al suo centro, ed è proprio questa stella che dovrebbe eccitare gli atomi della nebulosa
determinando la riflessione.
La distanza è stimata in 1.600 anni luce ed ha un diametro apparente di 20’x15’.
M57 – Ring Nebula
M57 è la famosa 'Ring Nebula', la nebulosa ad anello scoperta da Antoine Darquier de Pellepoix
nel 1779 che la vide “larga come Giove e simile ad un
pianeta”.
Charles Messier la scoprì indipendentemente e la inserì nel
suo catalogo al numero 57, anche se in prima battuta
parlò di un ammasso stellare impossibili da risolvere con la
strumentazione a sua disposizione.
La sua forma è facilmente rintracciabile già con strumenti
da 10 centimetri di apertura, dove si mostra come una
ellisse sfumata con un buco nero (ovviamente soltanto
figurato e non in senso astrofisico) al centro.
FIGURA 28: M57, NEBULOSA PLANETARIA NELLA
LIRA
La stellina centrale che ionizza il gas in fuga ha una
magnitudine pari a 14 ed una massa di 1,2 masse solari,
che la rende difficilmente osservabile, ed è stata scoperta nel
1800 dal conte Friedrich von Han.
Per molti anni si è pensato che si trattasse di una nebulosa sferica che decresce in intensità
allontanandosi dal centro, mentre ora si pensa che sia un reale 'toro' (anello) di gas.
Posta circa a metà tra Gamma e Beta Lyrae, un po' più vicina a Beta, misura 80''x60'', circa un
trentesimo del disco apparente della Luna.
La bolla di plasma si espande alla velocità di 20 chilometri al secondo. Sebbene sembri un anello
per motivi prospettici, la sua struttura è molto complessa, con numerosi fronti di espansione
interagenti tra loro. Si trova a circa 2.300 anni luce da noi ed ha una magnitudine estesa di 8,8.
Pagina 22
Charles Messier
M76 – LITTLE DUMBBELL
M 76 è una nebulosa planetaria scoperta nella costellazione del Perseo da Hodierna nel 1754.
Messier la descrisse, nel 1764, come una nebulosa
molto debole che al minimo accenno di inquinamento
luminoso sparisce.
E' chiamata 'Piccola campana muta' (Little Dumbbell
Nebula) a causa della sua somiglianza con la più
grande M 27.
Appare formata da due distinti noduli, uniti in un alone
visibile soltanto sotto cieli molto scuri.
Nebulosa
planetaria,
si
trova
all'estremità
nordoccidentale del Perseo ed è tra gli oggetti di
Messier più difficili, date le dimensioni e la debolezza:
appare infatti come un anellino di 2,5 primi d’arco distante circa 3.400 anni luce da noi, per una
dimensione reale di soli 2.6 anni luce.
FIGURA 29: M76, NEBULOSA PLANETARIA NEL PERSEO
Tra gli altri nomi con cui è stata appellata, c'è anche quello di 'Butterfly Nebula', mentre nel
catalogo NGC le sono stati assegnati due numeri (650 e 651) proprio perché si riteneva che fossero
due nebulose a contatto.
L'espansione dell'anello centrale sembra avvenire a circa 42 Km/s, mentre il gas laterale si propaga
più rapidamente e va a formare le ali della farfalla. La stella centrale ha una temperatura di
140.000 °K ed una magnitudine di 16.6.
M78
Scoperta da Mechain nel 1780 nella costellazione di Orione e descritta come due nuclei brillanti
circondati da nebulosità, M78 si trova in pratica
sull'equatore celeste ed è la nebulosa a riflessione
più brillante del cielo. Messier la osservò sempre nel
1780 e la descrisse come “gruppo di poche stelle
circondate da molta nebulosità”.
FIGURA 30: NEBULOSA M78 IN ORIONE
Si estende intorno alla più famosa M42 ed ospita nei
suoi paraggi decine di stelle piccole in fase di
formazione. L'irraggiamento avviene soprattutto da
parte di due stelle blu di magnitudine 10, che
tuttavia non sono in grado di eccitarne gli atomi
determinando un processo di riflessione della luce e
non di emissione per ionizzazione.
Per poter essere vista, M78 ha bisogno di un cielo relativamente buio nel quale potrebbe apparire
come una piccola cometa. La parte nord possiede una nebulosa oscura sovraimpressa, battezzata
Barnard Loop, mentre la parte sud sfuma gradualmente, ed è proprio questa sfumatura che fa
assumere ad M78 le sembianze di una cometa.
Pagina 23
Charles Messier
Distante 1.600 anni luce, ci appare di dimensioni pari a 8 primi d’arco.
M97 – NEBULOSA GUFO
M97, più conosciuta come Nebulosa del Gufo o della Civetta, è stata scoperta da Mechain nel 1781
ed è una nebulosa planetaria presente nell'Orsa Maggiore,
posta vicino a Merak, la beta della costellazione.
Con una magnitudine integrata intorno alla dodicesima, la
nebulosa appare come una delle più larghe nebulose
planetarie, un soffice circoletto in grandi strumenti di circa 4
primi d’arco.
Soltanto con strumenti di almeno 15 centimetri di diametro si
riescono a vedere due macchie scure che ricordano gli occhi
FIGURA 31: NEBULOSA PLANETARIA M97 IN ORSA
MAGGIORE
di un gufo, con un po' di fantasia.
Il nome si deve a Lord Rosse oppure a William Parsons, che
la osservarono nel 1848 scorgendo in ciascuno dei due 'occhi' una piccola stellina.
La sua età è stimata in circa 6.000 anni, il diametro angolare fornisce una dimensione di almeno 3
anni luce, alla distanza di circa 3.000 anni luce, ma la distanza delle nebulose è sempre molto
incerta.
Si tratta di uno degli oggetti più difficili del catalogo di Messier, un ottimo test osservativo.
La stella collassata che ha dato origine alla nebulosa è di magnitudine 14, quindi fuori dalla
portata di strumenti amatoriali piccoli e medi. Si tratta di una caldissima nana bianca, con
temperatura di 85.000 gradi, con massa pari al 15% della massa solare e un diametro di circa
50.000 chilometri.
Pagina 24
Charles Messier
Il corso online “Speciale Messier” , viene trasmesso utilizzando il Network Skylive Telescopi
Remoti. Per poter accedere al Network Skylive, è necessario collegarsi al sito www.skylive.it e
scaricare il Client Skylive NG.
Per mezzo di questo è possibile osservare in diretta dai telescopi siti in Italia e in Australia,
nonché seguire eventi online.
Le fotografie utilizzate nelle lezioni e nelle dispense sono di proprietà della NASA e dell’ESA,
oppure sono di libero utilizzo su web.
Gli argomenti trattati nelle lezioni sono frutto di conoscenze personali nonché dell’utilizzo di
fonti varie: libri, dispense, internet.
Relatori lezioni online: Antonio De Pieri
Stefano Capretti
Grafica:
(acer_35)
(Algol)
Daniela Gozzi (dany)
Realizzazione dispense:
Antonio De Pieri
Daniela Gozzi
Stefano Capretti
Testi lezioni:
Antonio De Pieri
Stefano Capretti
Pagina 25
Scarica