CHARLES MESSIER 25/02/2011 MEZZO INTERSTELLARE –NEBULOSE Il mezzo interstellare è l'insieme dei materiali che si trovano tra le stelle all'interno di una galassia ed è composto per il 99% da gas (del quale principalmente idrogeno) e per il restante 1% da polveri. Charles Messier MEZZO INTERSTELLARE Durante la prima serata dedicata al Catalogo di Messier abbiamo visto come gli oggetti appartenenti alla lista dell’astronomo francese, sebbene fossero all’epoca considerati per lo più nebulae, hanno in realtà una natura estremamente diversificata e sono raggruppabili in categorie di corpi celesti molto distinte, legate molto spesso al ciclo di vita stellare. Durante la seconda serata abbiamo visto invece che le stelle nascono in gruppi, chiamati ammassi aperti, a partire da una stessa gigantesca nube che si contrae per qualche motivo. Questa serata del ciclo di Messier sarà dedicata proprio alle nebulose dalle quali nascono queste stelle, ma non solo. Vedremo come le nebulose siano legate a nodo doppio a tutta la fase di vita stellare, dalla nascita alla morte e oltre. Esattamente come abbiamo fatto a fine gennaio per gli ammassi aperti, non esiste una scaletta scientifica che ci induce a parlare del mezzo interstellare alla seconda lezione, ma questo mese ci sono più oggetti nel cielo appartenenti alla categoria delle nebulose piuttosto che alle altre. In realtà con oggi non esauriremo il discorso sulle nebulose dal momento che le più famose e le più affascinanti sono osservabili nei mesi estivi nelle costellazioni di Sagittario e Serpente, ma dedicheremo una seconda serata alla pura osservazione di questi oggetti. Iniziamo, quindi, il nostro viaggio nel mezzo interstellare proseguendo sulla falsa linea che stiamo tracciando durante questo corso: faremo quindi riferimento a nozioni teoriche che consentiranno di apprezzare e capire sempre meglio la natura degli oggetti che poi andremo ad osservare. Pagina 1 Charles Messier IL MEZZO INTERSTELLARE Il Catalogo di Messier prevede dodici nebulose. Per parlare di nebulose, tuttavia, occorre dapprima inquadrarle in un ambito più generale, e per questo anziché iniziare a parlare di nebulose iniziamo con il mezzo interstellare. Quando alziamo gli occhi al cielo ci è immediato guardare le stelle, la Luna, i pianeti che passano anche se magari non sappiamo riconoscerli. Quando ci dice bene possiamo vedere qualche meteora, mentre se possediamo una strumentazione anche piccola riusciamo a vedere comete, asteroidi e satelliti artificiali. Se siamo fortunati e viviamo in una zona dove FIGURA 1: CONCENTRAZIONE DELL'IDROGENO IONIZZATO NELLA GALASSIA l'inquinamento luminoso non è catastrofico, possiamo vedere anche la galassia di Andromeda da unire all’ammasso aperto delle Pleiadi tra gli oggetti del Catalogo di Messier osservabili ad occhio nudo. Tra noi ed i punti luminosi che vediamo in cielo non sembra esserci nulla, se non l'atmosfera terrestre che fa scintillare le stelle. Ma se questi punti luminosi si sono formati, da qualche parte devono aver tratto il materiale. Se vediamo delle case, sappiamo che, affinché queste possano esistere, da qualche parte devono per forza esistere produttori di mattoni. Questo ragionamento ha fatto nascere il dubbio: qualcosa deve esistere tra noi e le stelle, qualcosa che c'è ma che non possiamo vedere se non indirettamente. E quel qualcosa è lo stesso elemento che - senza che noi possiamo accorgercene - a volte diminuisce la brillantezza di una stella facendoci pensare che sia più lontana di quanto invece non lo sia in realtà, oppure ce ne blocca totalmente la luce. Quel qualcosa viene chiamato mezzo interstellare. Il mezzo interstellare è l'insieme dei materiali che si trovano tra le stelle all'interno di una galassia ed è composto per il 99% da gas (del quale principalmente idrogeno) e per il restante 1% da polveri. Il 90% del materiale è rappresentato da idrogeno, il resto da elio con tracce di elementi più pesanti, chiamati metalli. La polvere non è quella che comunemente intendiamo a terra, ma è data da elementi come carbonio, silicio ed i loro legami. Si presume che le polveri siano formate a partire dalle giganti rosse che, sul finire della loro vita, iniziano ad espellere gli strati più esterni. Gli strati di gas più esterni, nelle zone fredde, danno luogo a minutissime particelle di materiale solido. La composizione Pagina 2 Charles Messier dipende dalla zona di universo, ma in generale si stima che le polveri siamo formate da grafite e silicati vari, e che occupino l'1% della materia interstellare. Il mezzo interstellare non occupa lo spazio in maniera uniforme: ci sono regioni in cui è più denso ed altre nelle quali è quasi o totalmente assente. Allo stesso modo, esistono aree di mezzo interstellare che sono calde ed altre che sono più fredde. Questi due parametri sono proprio quelli che consentono di identificare il mezzo interstellare: temperatura e densità. Pagina 3 Charles Messier DENSITA' E TEMPERATURA La densità del mezzo interstellare indica il numero di particelle per unità di volume (metro cubo) e prende in esame idrogeno (90%), atomi neutri (calcio, potassio, sodio) ioni (ferro, titanio) e alcune molecole composte. Tuttavia, la maggior parte delle particelle del mezzo interstellare è data, come detto, dall’idrogeno, quindi spesso si approssima il tutto dicendo che la densità del mezzo interstellare è data dal numero di atomi di idrogeno per metro cubo, e viene indicata con NH. Il diagramma pone in relazione la densità sull’asse verticale e la temperatura sull’asse orizzontale. Generalmente la densità del mezzo interstellare è molto bassa, nell'ordine di atomi da 1 a 100 in un centimetro cubo, il che comunque è sempre un milione di volte più denso rispetto alla materia intergalattica, che è il materiale presente tra le galassie e che quindi viene detto mezzo intergalattico. Il range è comunque molto ampio, passando da un FIGURA 2: RELAZIONE TRA DENSITÀ E CALORE centinaio di particelle per metro cubo a circa 10 con 17 zeri particelle per metro cubo. Allo stesso modo, le temperature possono andare da 10 Kelvin a pochi milioni di K. In base ai diversi incroci di temperatura e densità rintracciabili dal grafico, è stato assegnato un nome alle differenti tipologie di regione passando dalle regioni circumstellari interne, fredde e densissime (poste in alto a sinistra), al mezzo internebulare caldissimo ai resti di supernova, passando per le regioni HII, le nebulose diffuse e le nebulose planetarie. Solitamente, in termini di temperatura, il mezzo interstellare si suddivide in tre categorie: caldo se la temperatura raggiunge milioni di gradi, temperato se la temperatura raggiunge migliaia di gradi, freddo se la temperatura raggiunge poche decine di gradi Kelvin. L’intercloud medium (mezzo internebulare), caldo o torrido e consistente principalmente di idrogeno ionizzato, attualmente rappresenta la componente maggiore del mezzo interstellare e tutte le altre regioni sono localizzate al suo interno. Fortunatamente per gli amanti del cielo, questa regione più grande non oscura la visuale dello spazio ed è attraversato facilmente dalla nostra vista. Si dice che è trasparente, visto che lascia passare la luce dei corpi celesti retrostanti. In generale, il ruolo che il mezzo interstellare gioca sull’osservazione è riassumibile come: Pagina 4 Charles Messier 1. ESTINZIONE: la luce della stella viene assorbita dai grani, che si riscaldano, oppure deviata dalla nostra vista. In tal caso la zona di cielo ci appare priva di stelle soltanto perché il banco di mezzo interstellare più denso si interpone tra le stelle stesse e noi; 2. ARROSSAMENTO: la luce che maggiormente viene sottoposta ad estinzione è quella blu/ultravioletto, che ha una lunghezza d’onda minore, quindi le polveri possono lasciar passare soltanto le lunghezze d’onda maggiori, corrispondenti alla luce più rossa. E' lo stesso processo per il quale il cielo è blu ed il tramonto è rosso sulla Terra. Le altre regioni del diagramma possono essere suddivise in due gruppi: 1. le regioni che portano alla formazione stellare, chiamate nebulose dense, nebulose diffuse (le uniche tra queste che lasciano passare la luce) e regioni HII; FIGURA 3: CICLO STELLARE E MEZZO INTERSTELLARE 2. le regioni che hanno a che fare con la morte delle stelle, come le nebulose planetarie, i resti di supernova ed i gas circumstellari. In pratica, il ciclo di vita stellare segue il detto “polvere siamo e polvere torneremo”: da un addensamento di mezzo interstellare prendono vita le stelle tramite collasso gravitazionale di gas e polveri, che poi vengono restituite al mezzo interstellare stesso nelle ultime fasi della vita della stella, tramite espulsione degli strati più esterni nel caso più tranquillo e tramite esplosioni di supernovae nel caso più violento. L’addensamento di mezzo interstellare dà vita a zone di cielo in cui polveri e gas sono più compatti: le nebulose. Una nebulosa è definita come una nube di gas e/o polveri interstellare, più densa della media, che si presenta sottoforma di macchie offuscate nel cielo notturno Pagina 5 Charles Messier MEZZO INTERSTELLARE E NASCITA STELLARE: NEBULOSE DIFFUSE E REGIONI HII Le nebulose legate alla formazione stellare sono le più fredde. Sono presenti maggiormente all'interno dei bracci della galassia, più ricchi di materiale interstellare e sede di creazione di nuove stelle. L’immagine mostra la galassia di Andromeda all’infrarosso, lunghezza d’onda che riesce a immortalare le zone più fredde, e si nota chiaramente come queste siano disposte nei bracci galattici. Le nebulose possono essere classificate in base alla modalità di brillamento. Lo studio principale è dovuto a Edward Barnard, che per primo si interessò a queste nubi, le studiò e le catalogò nel 1919. FIGURA 4: M31 ALL'INFRAROSSO Le nebulose sono raggruppate solitamente in tre distinti insiemi: emissione, riflessione ed oscure. a. Nebulose ad emissione Le nebulose ad emissione sono nubi di gas e polveri che si trovano nelle vicinanze di stelle giovani e brillanti, solitamente associate a stelle di classe O e B e quindi molto calde e dalla luce azzurrina, che producono una immensa quantità di radiazione ultravioletta, quindi molto energetica. Tipicamente le nebulose ad emissione hanno una massa compresa tra le 100 e le 10.000 masse solari, solitamente racchiusa in un'area molto vasta che arriva ad abbracciare una zona di qualche anno luce. La densità, quindi, risulta molto bassa, toccando poche centinaia di atomi di idrogeno per centimetro cubico. Tipicamente, le giovani stelle sono nate all'interno della nebulosa e proprio a partire dal materiale che la compone, con il risultato che molte nebulose ad emissione sono delle nursery stellari. Proprio la radiazione ultravioletta della stella giovane e calda eccita gli atomi delle nubi: l'atomo di idrogeno della nube, assorbita la radiazione ultravioletta, vede il distaccamento del suo unico elettrone (ionizzazione: l'atomo viene ad avere carica positiva). Successivamente, lo ione e l'elettrone si legano di nuovo creando l'atomo completo di partenza, emettendo l'eccesso di energia assorbito in precedenza sottoforma di luce visibile (lunghezza d'onda appartenente alla parte visibile dello spettro elettromagnetico), il cui colore dipende dalla quantità di energia riFIGURA 5:IONIZZAZIONE E RICOMBINAZIONE Pagina 6 Charles Messier emessa. In ogni caso, qualunque colore sia, questa emissione si traduce in una luminosità propria della nube interstellare. Il fenomeno luminoso è detto fluorescenza. Gli elementi neutri sono indicati con il simbolo I (primo romano), mentre quelli ionizzati vengono contrassegnati con numeri romani superiori in base a quante volte vengono ionizzati. L'idrogeno può essere ionizzato soltanto una volta dal momento che ha un solo elettrone. Ne segue che le nubi di idrogeno neutro si indicano con HI mentre le nubi di idrogeno ionizzato si indicano con HII (acca secondo). La temperatura di una regione HII è molto alta (10.000 °K) e le dimensioni si estendono per centinaia di anni luce. La forma delle Regioni HII è solitamente sferica, ma in realtà la forma dipende da vari fattori quali la quantità di radiazione disponibile, la densità della nebulosa e la quantità di gas disponibile per la radiazione. Se la radiazione è molto energetica e la nebulosa è piccola e poco densa, tutta la nebulosa risulterà ionizzata ed il risultato sarà una Regione HII dalla forma irregolare, data dalla forma della nube stessa. Se la nebulosa è invece ampia e poco densa, invece, allora la radiazione può penetrare al suo interno soltanto fino ad un certo punto, prima di venire utilizzata tutta. Ne segue che in questo caso la regione HII sarà una sfera spesso circondata dal gas rimanente, non fluorescente. Gli elettroni che si liberano dal processo di ionizzazione emettono onde radio. Gli elettroni liberi tendono a ricombinarsi (è il procedimento visto per le nebulose ad emissione), ma mentre si ricombinano altri nuclei di idrogeno vengono ionizzati. In pratica esiste sempre una zona di elettroni liberi in attesa di ricombinazione, e FIGURA 6: REGIONE HII IC 1396B NEL CEFEO Un famoso esempio di nebulosa ad emissione è la M42, la Nebulosa di Orione. Un altro è la Nebulosa Laguna. Spesso le nubi ad emissione presentano delle aree di polveri che non emettono luce, ma che consentono alla nebulosa di assumere forme che ricordano oggetti conosciuti. Da qui nascono i nomi delle nebulose stesse (es. Testa di Cavallo, Cono, ecc.). Pagina 7 Charles Messier b. Nebulose a riflessione Le nebulose a riflessione sono nubi fredde di gas e polvere che non emettono luce propria, ma riflettono quella degli oggetti vicini o contenuti in esse. La composizione è simile a quella delle nebulose precedenti, comprendendo gas e polveri, ma contrariamente alle nebulose ad emissione la concentrazione di materiale nelle nebulose a riflessione è molto minore. Le stelle vicine non sono abbastanza luminose da generare la ionizzazione del gas come nelle nebulose ad emissione, e riescono soltanto a farsi riflettere, accendendo la luce attraverso il fenomeno di scattering che è lo stesso che rende blu il cielo ed il tramonto rosso. In altre parole, una delle caratteristiche delle particelle è la proprietà di limitare lo scattering a determinate lunghezze d'onda. Se un fascio di luce bianca risplende su una nube che contiene questi grani, la luce blu viene sparsa in tutte le direzioni come accade nell'atmosfera terrestre (per questo il cielo ci appare blu) ed è per questo motivo che molte nebulose a riflessione ci appaiono di colore blu nelle fotografie. Ad essere precisi, queste nebulose dovrebbero essere chiamate nebulose a scattering, e non a riflessione. FIGURA 7: LA NEBULOSA A RIFLESSIONE TESTA DI STREGA CON LA STELLA RIGEL, IN ORIONE Se si osserva una stella posta prospetticamente dietro una nebulosa a riflessione, alcuni dei suoi "raggi" blu vengono rimossi dal processo descritto sopra e la stella appare più rossa di quanto non sia in realtà. Questo fenomeno è noto come "interstellar reddening" (arrossamento interstellare). Questo fenomeno porta alla migliore comprensione del fenomeno noto come estinzione interstellare: la presenza di polveri attenua la luce proveniente da corpi distanti e porta a sottostimare la loro luminosità oppure a sovrastimare la loro distanza. FIGURA 8: NEBULOSA M20, TRIFIDA Molte nebulose a riflessione risiedono nelle stesse nubi che danno vita a nebulose ad emissione. La nebulosa Trifida è un esempio perfetto: le parti interne rossicce indicano il processo di ionizzazione tipico dell'emissione mentre più lontani dal centro i bordi si fanno blu, a segnalare la nebulosa a riflessione. Pagina 8 Charles Messier c. Nebulose oscure Le nebulose oscure, anche note come dark nebulae, si differenziano dagli altri tipi per la caratteristica di non brillare né di luce propria né di luce riflessa. Infatti riusciamo a vederle soltanto per la loro abilità di bloccare la luce proveniente da corpi celesti posti dietro di esse. Nell'immagine posta a sinistra, si nota distintamente una regione priva di stelle che, in realtà, dovrebbe essere piena di astri come le regioni adiacenti. Tuttavia tra questi astri ed i nostri occhi c'è un banco fitto di polveri che ci impedisce di vederli: una nebulosa oscura. Si tratta di vaste nubi di molecole di gas nonché di grani di polveri. Date le loro grandi dimensioni, le nebulose appaiono scure e riescono quindi molto bene a FIGURA 9: IC 1396, NEBULOSA OSCURA determinare lo scattering (deviazione) di tutta la luce proveniente dalle loro "spalle", con il risultato che nulla raggiunge il nostro occhio nudo. Il processo di dispersione della luce è così efficace che, ad esempio, la luce emessa dal centro della nostra Galassia è quasi totalmente spenta dalle nubi di polveri presenti tra noi ed il centro galattico stesso. FIGURA 10: B33, LA FAMOSA TESTA DI CAVALLO IN ORIONE Il fenomeno di dispersione (scattering) ed assorbimento della luce è noto come estinzione. Non si commetta l'errore di pensare che questi oggetti siano davvero molto densi, perché non lo sono affatto. La maggior parte del materiale nella nube è idrogeno molecolare insieme a monossido di carbonio, responsabile della loro emissione radio, e la densità è davvero bassa. Ci sono evidenze empiriche che dimostrano inoltre come i grani di polvere presenti nelle nebulose oscure siano diversi per proprietà da quelli che formano il comune mezzo interstellare. Molte nebulose oscure si trovano in fase di interazione con il loro ambiente circostante, come testimoniato da spettacolari immagini riprese dall'Hubble Space Telescope nella costellazione del Serpente. Ad esempio, la famosissima nebulosa oscura Barnard 33, nota come Testa di Cavallo, in Orione presenta l'interazione della radiazione delle stelle supergiganti che formano la cintura di Orione (Mintaka, Alnilam e Alnitak) sottoforma di materiale ionizzato e scie che partono dalla nube stessa. Diverse ragioni comportano differenti forme per queste nubi. Le nubi potrebbero nascere con forma sferica per poi modellarsi proprio per l'interazione con le stelle calde ed i loro forti venti stellari. Pagina 9 Charles Messier Fronti d'urto di supernovae vicine potrebbero averne modificato le sembianze, nonché effetti gravitazionali di altre nubi, stelle, e della Via Lattea stessa. Anche i campi magnetici possono avere effetti sulla forma di queste nubi. Infine, dal momento che molte di queste nebulose fanno parte di più ampie regioni di formazione stellare, anche le nuove stelle potrebbero influenzarne la forma. L'opacità di una nebulosa viene valutata in base ad una scala di valori che va da 1 a 6. Un valore pari ad 1 indica una nebulosa poco opaca mentre un valore pari a 6 indica una nebulosa quasi completamente buia. MEZZO INTERSTELLARE E MORTE STELLARE Parlando di nascita stellare e mezzo interstellare abbiamo visto, con l’immagine ultravioletta della galassia di Andromeda, come le regioni di formazione stellare si dispongano lungo i bracci delle spirali della galassia stessa. Ora, la stessa galassia è stata osservata nell’infrarosso, alla ricerca delle zone più calde che mostrano gli addensamenti interstellari dovuti alla morte stellare. Come si nota dall’immagine, stavolta le stelle morte sono evidenziate soprattutto nelle regioni centrali di M31, con rari e sporadici casi nelle zone più FIGURA 11: LA GALASSIA M31 IN INFRAROSSO, CON I LUOGHI DI MORTE STELLARE periferiche. Alcune regioni del mezzo interstellare, quindi, nascono dalla materia espulsa dalle stelle negli ultimi stadi della loro vita. Questi addensamenti del mezzo interstellare, e quindi queste nebulose, sono rappresentati dalle nebulose planetarie e dai resti di supernovae. a. Le nebulose planetarie Quando una stella esaurisce il proprio combustibile, cessano le reazioni nucleari e viene a mancare la forza che si contrappone alla caduta gravitazionale degli strati più esterni. Questi strati, quindi, dal momento che non sono più tenuti sollevati dalle reazioni nucleari, sprofondano come se mancasse loro il pavimento sotto ai piedi. Se la stella è di piccola massa, questi strati esterni rimbalzano sul nucleo stellare, che viene condensato in uno spazio sempre più piccolo in cui la materia è compressa in modo che le particelle diventano degeneri, non “normali” per come siamo abituati a pensare. Alla fine della vita di una stella di piccola massa, quindi, tutto ciò che resta è il nucleo degenere di carbonio ed ossigeno, circondato da un'area nella quale avviene la reazione nucleare dell'idrogeno. Quest’area è dovuta al fatto che gli strati più esterni, cadendo verso il nucleo, si riscaldano raggiungendo temperature in grado da innescare di nuovo alcune reazioni. La polvere espulsa durante l’ultima fase viene spazzata via da venti stellari a decine di chilometri per secondo e, man mano che questi detriti vengono allontanati, il denso e caldo cuore della stella inizia a diventare visibile. Pagina 10 Charles Messier La stella va incontro ad esplosioni di luminosità e durante ciascuna di queste esplosioni espelle materiale, che riversa nello spazio interstellare. La stella, a fronte di una luminosità pressoché costante, inizia a riscaldarsi decisamente. Poche migliaia di anni consentiranno alla superficie stellare di raggiungere i 30.000 K (alcune stelle raggiungono addirittura i 100.000 K). A queste alte temperature, il nucleo stellare - ormai esposto - emette sempre più a lunghezze d'onda ultraviolette, più energetiche, che eccitano e ionizzano il gas in espansione intorno al nucleo stellare stesso. L'area di FIGURA 12: LA NEBULOSA PLANETARIA “OCCHIO DI GATTO” gas ionizzato e riscaldato inizia a crescere ed a produrre ciò che viene chiamato nebulosa planetaria. La nebulosa plenetaria è una nebulosità a forma di guscio che circonda una stella molto calda e piccola, il cui irraggiamento ultravioletto ionizza il gas espulso dagli strati superficiali della stella centrale stessa nel corso delle fasi avanzate della sua evoluzione. Si è detto che la stella mantiene la propria luminosità pur aumentando la temperatura. La conseguenza è che la stella sta diventando più piccola, altrimenti una temperatura maggiore porterebbe a brillare di più. La riduzione della dimensione della stella determina quindi l’aumento di temperatura che porta ad un nuovo impeto di combustione di idrogeno. Si crea, quindi, ulteriore elio e la stella si espande di nuovo, fino a quando anche la nuova scorta di idrogeno termina e la stella torna a comprimersi. Questo fenomeno di rimbalzo viene chiamato “pulsazione termica” e può essere reiterato più volte. Nel momento del flash dell’idrogeno, la luminosità della stella aumenta, anche se per poco tempo. Durante ogni pulsazione la massa del nucleo stellare aumenta: ad ogni pulsazione il tempo intercorrente è sempre minore mentre la luminosità della stella varia sempre di più. Durante la pulsazione, inoltre, la stella perde molta massa e gli strati più esterni, espulsi prima, possono staccarsi del tutto dalla stella fino a che la stella stessa non perde completamente il proprio involucro. Ancora di più, la radiazione espulsa dalla stella, ormai spogliata del suo rivestimento, investe il gas la polvere espulsa. Proprio questa pulsazione termica è in grado di spiegare l’apparenza di cerchi concentrici nelle nebulose planetarie. Le nebulose planetarie sono tra gli oggetti più belli ed interessanti del cielo, tanto da essere definiti “farfalle cosmiche”, ed hanno molto da offrire agli amatori. Le spettacolari forme che assumono questi oggetti sono dovute anche ai forti venti stellari ed ai campi magnetici della stella. Questi spettacoli sono temporanei: dopo decine di migliaia di anni, infatti, il loro destino è quello di dissiparsi nello spazio interstellare: questo ci rende certi del fatto che le nebulose planetarie che oggi osserviamo non sono più anziane di 60.000 anni. Si tratta però di eventi comuni, se è vero che nella nostra Galassia se ne contano più di 1400. Visualmente, le nebulose planetarie sono tra i pochi oggetti ad apparire colorate. Circa il 90% della loro luce proviene dall'ossigeno due volte ionizzato, noto come OIII. Queste linee caratterizzano il colore blu-verde degli oggetti. Esiste una classificazione chiamata Vorontsoz-Vellyaminov Classification System che è in grado di descrivere l'apparenza delle nebulose planetarie, sebbene sia di uso limitato. In base a questa classificazione, la morfologia delle nebulose è riassunta come segue: Pagina 11 Charles Messier 1. Puntiforme 2. Piccolo disco o a. centro brillante o b. brillantezza uniforme o c. possibile struttura ad anelli 3. Disco irregolare o a. brillantezza distribuita irregolarmente o b. possibile struttura ad anelli 4. Struttura ad anelli definita 5. Forma irregolare 6. Forma non classificata (possibile combinazione delle precedenti) b. Resti di supernova Le stelle di piccola massa, quindi, perdono il proprio materiale con rilasci successivi relativamente tranquilli, dando vita a nebulose planetarie. Le stelle di grande massa, invece, sono più devastanti. Terminate le scorte di combustibili nucleari gli strati più esterni crollano sotto il loro stesso peso e la velocità del collasso è talmente forte da determinare l’evento più catastrofico dell’universo, l’esplosione di supernova. Una supernova che esplode non passa inosservata, né al momento dell'esplosione né dopo. Durante l'esplosione, la luminosità è tale da raggiungere quella dell'intera galassia in cui la stella esplode. Dopo l'esplosione restano nebulose in espansione tali da essere uno degli spettacoli più belli di tutto l'universo. Si tratta dei resti di supernova, abbreviati con SNR. Studiando queste nebulose, il loro spettro e le loro righe, le temperature, e tutto il resto si riesce a capire molto sulla stella esplosa. A volte al centro di questa nebulosa c'è una stellina molto compatta, una stella di neutroni che a volte dirige il proprio fascio di radiazione polare verso di noi, ruotando velocemente. In tal caso si parla di pulsar. Il resto di supernova è il resto di una esplosione di una stella di grande massa, formato dagli strati esterni della stella che sono stati espulsi nello spazio, e dal resto del cuore della stella esplosa (stella di neutroni o buco nero). Il materiale spazzato dall'esplosione subisce un ciclo di vita particolare, che può essere raccontato in fasi. Nella prima fase, il materiale appena espulso tende a rarefarsi a causa del fatto che la nube è in espansione a grande velocità. Gli strati più esterni, invece, entrano a contatto con il mezzo interstellare un po' spazzandolo via ed un po' assumendone il gas, che ne aumenta quindi la densità. Durante questa fase, nota come espansione libera, il gas del mezzo interstellare è talmente meno denso del materiale espulso dalla stella che l'espansione FIGURA 13: RESTO DI SUPERNOVA IC1018 Pagina 12 Charles Messier procede senza perdita di velocità e senza intoppi. Dopo più o meno 200 anni, quando l’espansione ha raggiunto qualche parsec di raggio, il materiale della nebulosa in espansione ha perso di densità e la densità del mezzo interstellare diventa maggiore. La conseguenza è che il fronte d’urto della nebulosa è maggiore, quindi l’espansione diminuisce. E’ un po’ come far passare dell’acqua in uno scolapasta: più grandi sono i fori e più acqua passa, ma se stringiamo i fori ne passa sempre meno perché aumenta il fronte d’urto che si oppone al materiale. Si parla di espansione adiabatica ad indicare questa fase: il gas in espansione, trovando un tappo, diventa più compresso e la temperatura aumenta fino a qualche milione di gradi, facendo ionizzare gli atomi. Questa fase dura un migliaio di anni. Per altri 100.000 anni circa, la nube irradia la propria energia attraverso dei processi fisici, in gradi di rendere i resti di supernova delle sorgenti radio. Questo è dovuto al moto degli elettroni nel campo magnetico residuo. Tale moto ha una velocità simile a quella della lue e genera una radiazione di sincrotone. Questa fase è detta radiativa. Durante le prime due fasi, i resti di supernova sono fonti di raggi X. Proprio dall'analisi dei raggi X è stato possibile verificare l'esistenza di righe legate a silicio, zolfo, argon. Il nome dei resti di supernovae prevede una G (iniziale di Green, che ha elaborato il catalogo) ed una serie di cifre rappresentanti le coordinate galattiche. Tuttavia, essendo alcuni resti stati scoperti da radiastronomi, alcuni hanno ancora il nome che queste persone hanno loro assegnato. Solitamente, i resti di supernova sono oggetti giovani, al massimo di qualche decina di migliaia di anni. E' difficile stimarne l'età precisa. Nel caso in cui al centro della nebulosa ci sia una pulsar, una indicazione può essere data dal periodo di pulsazione e dalla sua variazione nel tempo, ma negli altri casi risulta difficile. Tuttavia la giovane età è accertata dal fatto che dopo un certo numero di anni la nebulosa interagisce troppo con il mezzo interstellare e non è più visibile. Dal momento che quelle che vediamo sono visibili (ovviamente), si deduce che non sono più vecchie di qualche decina di migliaia di anni. La visibilità del resto di supernova dipende da vari fattori, quindi, quali l'età, la presenza di una fonte di energia che li alimenta ed il tipo di supernova dal quale hanno avuto origine. FIGURA 14: RESTO DI SUPERNOVA DELLA 1987A Pagina 13 Charles Messier Classificazione dei resti di supernova in base alla forma Tipologia Descrizione RESTI A GUSCIO Sono i resti più giovani, di forma prevalentemente circolare più densa ai bordi che all'interno PLERIONI Sono anch'essi resti giovani, ma è presente una pulsar e la luminosità è maggiore al centro della nebulosa. Tale luminosità, inoltre, è rafforzata dalla stessa pulsar IRREGOLARI Non si intravede più neanche la sembianza del guscio a causa della forte interazione con il mezzo interstellare Pagina 14 Charles Messier NEBULOSE DI MESSIER Le nebulose, quindi, sono di diversa tipologia riconoscibile spesso per forma e colore. Una forma sferica lascia pensare ad una nebulosa planetaria mentre una struttura filamentosa ad un resto di supernova. Le nebulose diffuse, invece, sono ad emissione se appaiono di colore rosso e di colore azzurrino se ad emissione. Quelle scure che si stagliano contro sfondi più chiari sono nebulose oscure. FIGURA 15: TIPOLOGIE DI NEBULOSE A questo punto possiamo passare in rassegna le nebulose del catalogo di Messier. M1 – NEBULOSA DEL GRANCHIO FIGURA 16: M1, RESTO DI SUPERNOVA NEL TORO Il primo oggetto del Catalogo di Messier è un resto di supernova nella costellazione del Toro, anche noto come Nebulosa del Granchio o Crab Nebula. Si tratta di ciò che resta della supernova osservata nel 1054, talmente brillante da risultare visibile anche in pieno giorno. La scoperta di M1 è attribuita a John Bevis nel 1731, mentre Messier la riscoprì nel 1758. Soltanto Lord Rosse tuttavia si accorse dei filamenti rosati presenti al suo interno, intorno alla zona più densa. Proprio questi filamenti portarono al nome di Nebulosa del Granchio. Proprio grazie a M1gli astronomi sono stati in grado di comprendere le ultime fasi di una stella di grande massa, ed ancora oggi la nebulosa fornisce spunti molto interessanti per nuove scoperte e nuove teorie. Al suo interno è presente la pulsar, la stella di neutroni a rapida rotazione che resta della stella esplosa. La sua rotazione ha un ritmo di 33 millisecondi. La pulsar è stata trovata da Jocelyn Bell ed è stata la prima ad essere stata scoperta, aprendo la strada anche all’accettazione teorica dei buchi neri. All’inizio, il ritmo precisissimo della sua rotazione fu scambiato per un segnale proveniente da una civiltà intelligente, tanto che la conferenza che ospitò la rivelazione della scoperta fu Pagina 15 Charles Messier chiamata per gioco LGM, Little Green Man, a ricordare i piccoli omini verdi che abitavano non si sa quale pianeta. Ben presto si scoprì ovviamente che nessuna civiltà evoluta si sarebbe limitata a mandare un segnale sempre uguale, perché in tal caso più che di segnale intelligente si sarebbe avuta la sensazione di una civiltà abbastanza stupida. Tuttavia, nonostante la paternità della scoperta sia da attribuire alla Bell, il nobel andò a due astronomi dell’università di Tucson, Hewish e Ryle. Il diametro della stella residua dovrebbe aggirarsi sui 30 chilometri. In vita, la stella aveva una massa compresa tra le 9 e le 11 masse solari, anche se la somma della massa della pulsar e quella della nebulosa non arrivano a questo totale. Si presume, quindi, che molta massa sia stata espulsa prima dell’esplosione sottoforma di vento solare. La dimensione apparente di 6x4 primi d’arco corrisponde a 11,7 anni luce, dati i 6.000 anni luce di distanza. L’analisi fotografica dell’oggetto ha consentito di studiarne, nel tempo, l’evoluzione e l’espansione. Nel 1921 fu Lundmark a stimare la velocità di espansione in 1500 chilometri per secondo. Tornando indietro nel tempo come con una moviola, si è risaliti quindi al 1054 come data di “inizio” dell’espansione e quindi della supernova, perfettamente in linea con le osservazioni dei cinesi che riportarono di una magnitudine compresa tra -7 e -4.5 fino ad aprile del 1056. A testimonianza di quanto abbiamo detto per il calore, la temperatura nella zone più calda è intorno ai 15.000 °K. Si compone di filamenti disposti ad ovale intorno al nucleo più denso, composti da carbonio, ossigeno, azoto, ferro e zolfo. M1 si trova a 1.5° dall’eclittica quindi può essere in congiunzione o può venir occultata dai corpi del Sistema Solare. Nel 2003 è stato infatti Saturno a transitare sulla nebulosa, con il prossimo passaggio fissato per il 2267. Proprio a gennaio 2011 il satellite italiano Agile ha scoperto invece una forte emissione gamma proveniente da M1: tra il 19 ed il 22 settembre 2010, infatti, è stato registrato un picco inaspettato ad energie elevatissime. M1 è famosa per essere una sorgente molto importante nello spettro dei raggi X e gamma, ma finora non c’erano mai stati segni di variabilità nel segnale tanto da essere presa a riferimento per il calcolo delle distanze dei segnali. E’ stata subito esclusa la pulsar come possibile sorgente, puntando l’indice sulla parte più interna della nebulosa, dove le particelle vengono accelerate proprio dal forte vento proveniente dalla stella centrale creando onde d’urto instabili. Un evento simile si era già verificato nel 2007 ma per iniziare a prenderlo con metodo scientifico occorre una ripetizione. M8 – Nebulosa Laguna La nebulosa Laguna, oggetto numero 8 del Catalogo di Messier, è una nebulosa diffusa ad emissione, intuibile dal colore rosso che appare nelle immagini telescopiche, ed una delle regioni HII più brillanti del cielo. FIGURA 17: M8 NEL SAGITTARIO, LA NEBULOSA LAGUNA La scoperta è attribuita a Le Gentil, nel 1747, che ne comprese la natura non stellare. Nel 1764 fu Messier a fornirne, invece, la prima descrizione completa parlando di un “piccolo ammasso di stelle che si osserva sottoforma di nebulosa… nei pressi di questo ammasso si trova una stella abbastanza brillante circondata da una luce molto debole: è la Pagina 16 Charles Messier nona stella di Sagittarius”. Messier quindi si concentrò più sull’ammasso aperto, mentre William e John Herschel notarono i chiaroscuri della nebulosa. Al suo interno, come notò Messier, è presente un ammasso aperto ben visibile, noto come NGC 6530. Nei cieli più puliti con declinazioni australiani si rende visibile anche ad occhio nudo, rivaleggiando con la più famosa nebulosa di Orione. Il suo nucleo centrale è infatti molto brillante, solcato da un canale scuro che si estende da Nord Ovest a Sud Ovest passando per la parte più orientale. E’ dominata da due stelle brillanti, divise da 3 primi d’arco. La prima è più a sud ed è 9 Sagittarii, blu e caldissime di magnitudine 6 e classe spettrale O6. Foto dettagliate di Hubble mostrano numerosi globuli di Bok, macchie scure che spiccano sullo sfondo illuminato e che rappresentano stelle in formazione. La distanza della nebulosa è incerta, ma si stima compresa tra 2.500 e 5.100 anni luce. Prendendo una distanza media intorno ai 4.000 anni luce, quindi, il suo diametro apparente di 90x40 primi d’arco corrisponde a 110x50 anni luce reali FIGURA 18: DETTAGLIO DI M8 RIPRESO DA HUBBLE M16 – Nebulosa Aquila L’oggetto numero 16 del Catalogo di Messier è noto come Nebulosa Aquila dalla forma della struttura centrale che appare nelle immagini. Si tratta di una nebulosa ad emissione nella costellazione del Serpente. E’ un oggetto altamente spettacolare ma molto controverso. Scoperto da Philippe Loys de Chéseaux nel 1746, fu descritto come un insieme di stelle mentre nel 1764 Messier aggiunse alla descrizione una nebulosità ad avvolgere l’ammasso. William Herschel non si sbilanciò, mentre FIGURA 19: M16, LA NEBULOSA AQUILA NEL SERPENTE suo figlio John parlò di una nube con un ammasso al suo interno. Alla luce dei fatti, quindi, con M16 si tende a comprendere sia la nebulosità (nota come IC 4703) sia l’ammasso aperto (anche noto come NGC 6611). L’ammasso contiene molte stelle giovani di classe O e B, quindi caldissime, in grado di ionizzare il gas della nebulosa, distante circa 5.700 anni luce dalla Terra. Proprio queste stelle sono state in grado di modellare la forma dei gas attraverso il loro vento stellare, dando vita a strutture bellissime rese note dalle immagini dettagliate dell’Hubble Space Telescope. L’età delle stelle dell’ammasso si aggira intorno ai 2 o 3 milioni di anni, con magnitudine massima di 8,24. Pagina 17 Charles Messier Le strutture presenti all’interno della nebulosa Aquila sono chiamate Proboscidi di Elefante o meglio Pilastri della Creazione. Si tratta di strutture molto dense di gas e polveri al bordo sudorientale della nebulosa, che prendono vita dal vento stellare delle stelle dell’ammasso, in grado di dar loro una forma. La radiazione delle stelle ionizza il gas e lo comprime, aumentandone la pressione superficiale e generando un flusso di materiale che si estende in direzione opposta a quella della provenienza del vento. Le singole strutture sono state battezzate con numeri romani, dalla Colonna I alla colonna V. FIGURA 20: I PILASTRI DELLA CREAZIONE Oltre a queste strutture, la nebulosa Aquila presenta molti oggetti di Herbig-Haro, fronti d’urto creati dall’espulsione di vento proveniente da stelle in formazione. Come se non bastasse, la nebulosa contiene anche due associazioni OB, gruppi di stelle molto calde. La prima è nota come Serpentis OB-1 e contiene una ventina di elementi supergiganti blu, la seconda è Serpentis OB-2 e presenta un centinaio di stelle giganti blu, tra le quali una binaria di tipo Wolf-Rayet nota come CV Serpentis, gigante e potentissima. M17 – Omega Nebula Scoperta da Philippe Loys de Cheseaux nel 1746, Charles Messier la riscoprì in maniera indipendente parlando di una nebulosa molto allungata simile a M31. John Herschel ed il figlio John parlarono invece di una scia luminosa con nodo separato mentre il nome di Nebulosa Omega o anche Ferro di Cavallo è dovuto all’ammiraglio Smyth. Dai cieli più limpidi di declinazione australe la nebulosa può addirittura essere scorta ad occhio nudo. Si tratta di una nebulosa ad emissione, il cui gas è quindi ionizzato dalla presenza della radiazione di calde stelle di classe spettrale B FIGURA 21: M17, NELLA COSTELLAZIONE DEL SAGITTARIO adiacenti. Una regione HII quindi, in cui la formazione stellare è attiva. Alcune delle stelle che ionizzano la nebulosa fanno parte di un ammasso aperto di 35 stelle. La distanza è stimata in 6.000 anni luce, che rende la dimensione apparente di 11 primi d’arco pari a circa 15 anni luce reali. Pagina 18 Charles Messier La nebulosa è posta all’interno del Braccio del Sagittario della nostra Galassia, quindi un altro braccio rispetto al nostro il che rende la visuale parzialmente oscurata dalla grande condensazione di polveri e gas. E’ molto vicina alla nebulosa Aquila, dalla quale dista soltanto 2,5° di cielo ed alla quale sembra legata da una debole fascia di nebulosità. Oltre a queste nubi si aggiunge un altro complesso noto come Sh2-54, cui è connesso l’ammasso aperto NGC 6604. Dalle immagini, gli astronomi hanno elaborato addirittura una mappa temporale di formazione stellare: i processi sarebbero iniziati nella parte più settentrionale di Sh2-54 circa 4 milioni di anni fa, per poi estendersi circa 2,5 milioni di anni fa alla Nebulosa Aquila e solo 1 milione di anni fa alla nebulosa Omega. L’espansione della formazione stellare potrebbe FIGURA 22: IMMAGINE A GRANDE CAMPO DI M17 essere dovuta ai venti solari delle stelle nascenti, che come in un domino si sono propagati all’interno del mezzo interstellare comprimendo il gas e dando vita ad ulteriori stelle. M20 – Nebulosa Trifida Scoperta da Guillaume Le Gentil nel 1747, la Nebulosa Trifida, oggetto 20 del catalogo di Messier, fu aggiunta proprio a questo catalogo nel 1764 dopo la descrizione di Messier. Le bande scure che la attraversano furono scorte per la prima volta soltanto da William Herschel, che proprio per questo ritenne di aver osservato quattro oggetti differenti che enumerò quindi in maniera sequenziale. Il nome Trifida è dovuto, invece, a John Herschel, quando la osservò meglio dal Capo di Buona Speranza. I suoi 20 primi d’arco apparenti sono dovuti alla distanza di circa 5.200 anni luce che la separa da FIGURA 23: NEBULOSA M20, TRIFIDA, NEL SAGITTARIO noi e che la fa appartenere al Braccio del Sagittario, più interno rispetto al nostro Braccio di Orione.. Si compone di due parti: la parte più a Nord è una giovane nebulosa a riflessione, illuminata dalla luce di alcune stelle molto brillanti. Si riconosce dal colore rosso ed il gas è ionizzato principalmente dalla potente stella che occupa la parte centrale. L’età è stimata in 300.000 anni luce, quindi dovrebbe trattarsi della regione di formazione stellare più giovane. Le stelle che determinano la ionizzazione del gas sono giganti blu di spettro O, con età stimata intorno ai 7 milioni di anni. La zona blu della nebulosa è invece formata da una nebulosa a riflessione. E' chiamata Trifida a causa della caratteristica forma della zona più brillante che sembra dividere la nebulosa in tre parti da parte di tre scie radiali di polvere. Pagina 19 Charles Messier Le stelle al centro della nebulosa sono la Si pone a soli 1°,5 rispetto alla Nebulosa Laguna. sorgente della radiazione ultravioletta. Anche stavolta, il telescopio spaziale Hubble è sceso in profondità mostrando strutture e dettagli spettacolari. Si notano infatti strutture simili a quelle che rappresentano i Pilastri della Creazione nella nebulosa Aquila: una culla stellare piena di astri in formazione. La nube dell’immagine si trova a circa 8 anni luce dalla stella centrale che ionizza la nebulosa ed il getto posto nella parte superiore, che sembra creare corna sulla nube stessa, è originato dal vento di una stella nascosta dentro la nube. Più a sinistra la foto evidenzia una struttura verticale del tutto simile a quella della nebulosa Aquila: si tratta di materiale gassoso in evaporazione che resiste grazie alla densità della sua parte più superiore. FIGURA 24: DETTAGLI DELLA NEBULOSA TRIFIDA M27 – Nebulosa della Volpetta M27 è conosciuta anche con il nome Dumbbell Nebula (Nebulosa Manubrio o Batacchio di Campana), ed è una nebulosa planetaria nella costellazione della Volpetta, tra le più belle di tutto il cielo. La caratteristica di nebulosa planetaria è riconoscibile già dalla sua forma circolare con la quale si presenta ai nostri occhi. Scoperta nel 1764 da Messier, è una delle più facili nebulose da osservare. E’ stata la prima nebulosa planetaria ad essere stata scoperta. La sua natura e la sovrapposizione ad un ampio campo stellare fece pensare a William Herschel ad un ammasso di stelle, anche se con la sua strumentazione non riuscì a risolverlo. Suo figliò John non cadde nello stesso errore e ne riconobbe la natura nebulare. FIGURA 25: NEBULOSA PLANETARIA M27 NELLA VOLPETTA Attraverso uno strumento con apertura da 20 centimetri, la nebulosa rivela la tipica forma a clessidra. La stella centrale ha una magnitudine di 13,5 ma riesce ad eccitare il gas in fuga grazie a potenti radiazioni ultraviolette. La nebulosa assorbe questa radiazione e la riemette nello spettro visibile. La temperatura superficiale della stella è stimata in 85.000 Kelvin. Storicamente, si tratta della prima nebulosa planetaria ad essere stata scoperta, ha un diametro angolare di quasi 6' ed un alone molto debole esteso per più di 15'. La forma della nebulosa non è simmetrica. L'espansione avviene alla velocità di 31 km/s, il che riporta l'esplosione a circa 48 mila anni fa quando sulla Terra c'era l'uomo di Neanderthal. Altre stime parlano invece di circa 15.000 anni a testimonianza della aleatorietà delle valutazioni e dei parametri. Pagina 20 Charles Messier M42 – Grande Nebulosa di Orione M42 è conosciuta meglio con il nome di 'Nebulosa di Orione', chiaramente visibile anche ad occhio nudo come una nebulosità diffusa che si estende dalla cintura di Orione in giù, a formare la spada del cacciatore. La sua distanza di circa 1.270 anni luce rende M42 la regione di formazione stellare a noi più vicina, estesa per circa 24 anni luce che noi percepiamo come circa 60 primi d’arco, quindi superiore alla Luna piena. La scoperta di un oggetto così grande e brillante è di sicuro una cosa molto antica, e sempre che lo stesso Tolomeo la scorse anche se la indicò come una stella di magnitudine 3 nella spada di Orione. Nonostante questo, la prima indicazione chiara della nebulosa è datata soltanto 1610 ad opera di Nicolas-Claude Fabri de Peiresc mentre Charles Messier la annotò per la prima volta nel 1769 insieme a tre stelle del Trapezio. Nel 1880 ci fu la prima astrofotografia dell’oggetto, ad opera di Henry Draper. Si è giunti infine al 1993, anno in cui sulla nebulosa è stato puntato l’occhio di Hubble e da allora i dati sono stati sempre più numerosi e precisi, fino a scorgere dischi proto planetari intorno alle stelle dell’ammasso del Trapezio. FIGURA 26: M42, LA GRANDE NEBULOSA DI ORIONE La forma è quella di un'aquila in volo, o di un pipistrello, verso Nord-Est e la parte più brillante della nebulosa contiene un gruppo di stelle tra la magnitudine 5 e la 8, chiamato 'Trapezio' e noto come Theta Orionis. Si tratta di una nebulosa mista di riflessione e di emissione. Proprio la luce delle stelle del Trapezio non solo illumina la nebulosa, ma fa sì che la nebulosa stessa emetta luce a testimonianza del fatto che si tratta di una nebulosa ad emissione o regione HII. Intorno, una luce verdina tradisce un fenomeno che invece è di riflessione e non di ionizzazione del gas. Una zona scura, invece, si sovrappone alla nebulosa da est fino al trapezio ed è chiamata 'Bocca di Pesce'. Due brillanti archi si estendono intorno alla parte più brillante della nebulosa, divenendo più piccoli verso Sud. Il gas che compone la nebulosa è estremamente rarefatto, nella misura di molti milioni di volte rispetto alla nostra aria terrestre. Si dice, e sembra vero, che una 'carota' con diametro di 2,5 centimentri presa dalla nebulosa M42, da parte a parte, pesi come una moneta da due euro. La massa della nebulosa, però, è davvero enorme date le dimensioni. M42 rappresenta la parte più brillante di una immensa nube molecolare che abbraccia gran parte della costellazione di Orione e che comprende anche la Nebulosa Fiamma e la famosa Testa di Cavallo. Pagina 21 Charles Messier M43 M43 è una nebulosa presente nella parte più a Nord della più estesa nebulosa di Orione M42. Le due nebulose sono divise da una striscia scura. Nel centro di M43 brilla una stellina blu di magnitudine 7. Anche questa, come la sorella più grande M42, unisce una parte ad emissione affiancata da una zona di pura riflessione di luce. La scoperta è dovuta a Jean-Jacques Dortous de Mairan nel 1731, e solo in seguito fu osservata di nuovo da Messier che la introdusse come oggetto numero 43 nel FIGURA 27: M43 NELLA COSTELLAZIONE DI ORIONE proprio catalogo. La nebulosa avvolge la stella variabile NU Orionis, al suo centro, ed è proprio questa stella che dovrebbe eccitare gli atomi della nebulosa determinando la riflessione. La distanza è stimata in 1.600 anni luce ed ha un diametro apparente di 20’x15’. M57 – Ring Nebula M57 è la famosa 'Ring Nebula', la nebulosa ad anello scoperta da Antoine Darquier de Pellepoix nel 1779 che la vide “larga come Giove e simile ad un pianeta”. Charles Messier la scoprì indipendentemente e la inserì nel suo catalogo al numero 57, anche se in prima battuta parlò di un ammasso stellare impossibili da risolvere con la strumentazione a sua disposizione. La sua forma è facilmente rintracciabile già con strumenti da 10 centimetri di apertura, dove si mostra come una ellisse sfumata con un buco nero (ovviamente soltanto figurato e non in senso astrofisico) al centro. FIGURA 28: M57, NEBULOSA PLANETARIA NELLA LIRA La stellina centrale che ionizza il gas in fuga ha una magnitudine pari a 14 ed una massa di 1,2 masse solari, che la rende difficilmente osservabile, ed è stata scoperta nel 1800 dal conte Friedrich von Han. Per molti anni si è pensato che si trattasse di una nebulosa sferica che decresce in intensità allontanandosi dal centro, mentre ora si pensa che sia un reale 'toro' (anello) di gas. Posta circa a metà tra Gamma e Beta Lyrae, un po' più vicina a Beta, misura 80''x60'', circa un trentesimo del disco apparente della Luna. La bolla di plasma si espande alla velocità di 20 chilometri al secondo. Sebbene sembri un anello per motivi prospettici, la sua struttura è molto complessa, con numerosi fronti di espansione interagenti tra loro. Si trova a circa 2.300 anni luce da noi ed ha una magnitudine estesa di 8,8. Pagina 22 Charles Messier M76 – LITTLE DUMBBELL M 76 è una nebulosa planetaria scoperta nella costellazione del Perseo da Hodierna nel 1754. Messier la descrisse, nel 1764, come una nebulosa molto debole che al minimo accenno di inquinamento luminoso sparisce. E' chiamata 'Piccola campana muta' (Little Dumbbell Nebula) a causa della sua somiglianza con la più grande M 27. Appare formata da due distinti noduli, uniti in un alone visibile soltanto sotto cieli molto scuri. Nebulosa planetaria, si trova all'estremità nordoccidentale del Perseo ed è tra gli oggetti di Messier più difficili, date le dimensioni e la debolezza: appare infatti come un anellino di 2,5 primi d’arco distante circa 3.400 anni luce da noi, per una dimensione reale di soli 2.6 anni luce. FIGURA 29: M76, NEBULOSA PLANETARIA NEL PERSEO Tra gli altri nomi con cui è stata appellata, c'è anche quello di 'Butterfly Nebula', mentre nel catalogo NGC le sono stati assegnati due numeri (650 e 651) proprio perché si riteneva che fossero due nebulose a contatto. L'espansione dell'anello centrale sembra avvenire a circa 42 Km/s, mentre il gas laterale si propaga più rapidamente e va a formare le ali della farfalla. La stella centrale ha una temperatura di 140.000 °K ed una magnitudine di 16.6. M78 Scoperta da Mechain nel 1780 nella costellazione di Orione e descritta come due nuclei brillanti circondati da nebulosità, M78 si trova in pratica sull'equatore celeste ed è la nebulosa a riflessione più brillante del cielo. Messier la osservò sempre nel 1780 e la descrisse come “gruppo di poche stelle circondate da molta nebulosità”. FIGURA 30: NEBULOSA M78 IN ORIONE Si estende intorno alla più famosa M42 ed ospita nei suoi paraggi decine di stelle piccole in fase di formazione. L'irraggiamento avviene soprattutto da parte di due stelle blu di magnitudine 10, che tuttavia non sono in grado di eccitarne gli atomi determinando un processo di riflessione della luce e non di emissione per ionizzazione. Per poter essere vista, M78 ha bisogno di un cielo relativamente buio nel quale potrebbe apparire come una piccola cometa. La parte nord possiede una nebulosa oscura sovraimpressa, battezzata Barnard Loop, mentre la parte sud sfuma gradualmente, ed è proprio questa sfumatura che fa assumere ad M78 le sembianze di una cometa. Pagina 23 Charles Messier Distante 1.600 anni luce, ci appare di dimensioni pari a 8 primi d’arco. M97 – NEBULOSA GUFO M97, più conosciuta come Nebulosa del Gufo o della Civetta, è stata scoperta da Mechain nel 1781 ed è una nebulosa planetaria presente nell'Orsa Maggiore, posta vicino a Merak, la beta della costellazione. Con una magnitudine integrata intorno alla dodicesima, la nebulosa appare come una delle più larghe nebulose planetarie, un soffice circoletto in grandi strumenti di circa 4 primi d’arco. Soltanto con strumenti di almeno 15 centimetri di diametro si riescono a vedere due macchie scure che ricordano gli occhi FIGURA 31: NEBULOSA PLANETARIA M97 IN ORSA MAGGIORE di un gufo, con un po' di fantasia. Il nome si deve a Lord Rosse oppure a William Parsons, che la osservarono nel 1848 scorgendo in ciascuno dei due 'occhi' una piccola stellina. La sua età è stimata in circa 6.000 anni, il diametro angolare fornisce una dimensione di almeno 3 anni luce, alla distanza di circa 3.000 anni luce, ma la distanza delle nebulose è sempre molto incerta. Si tratta di uno degli oggetti più difficili del catalogo di Messier, un ottimo test osservativo. La stella collassata che ha dato origine alla nebulosa è di magnitudine 14, quindi fuori dalla portata di strumenti amatoriali piccoli e medi. Si tratta di una caldissima nana bianca, con temperatura di 85.000 gradi, con massa pari al 15% della massa solare e un diametro di circa 50.000 chilometri. Pagina 24 Charles Messier Il corso online “Speciale Messier” , viene trasmesso utilizzando il Network Skylive Telescopi Remoti. Per poter accedere al Network Skylive, è necessario collegarsi al sito www.skylive.it e scaricare il Client Skylive NG. Per mezzo di questo è possibile osservare in diretta dai telescopi siti in Italia e in Australia, nonché seguire eventi online. Le fotografie utilizzate nelle lezioni e nelle dispense sono di proprietà della NASA e dell’ESA, oppure sono di libero utilizzo su web. Gli argomenti trattati nelle lezioni sono frutto di conoscenze personali nonché dell’utilizzo di fonti varie: libri, dispense, internet. Relatori lezioni online: Antonio De Pieri Stefano Capretti Grafica: (acer_35) (Algol) Daniela Gozzi (dany) Realizzazione dispense: Antonio De Pieri Daniela Gozzi Stefano Capretti Testi lezioni: Antonio De Pieri Stefano Capretti Pagina 25