musicista - chitarrista - strumenti originali dell’800 via Trenno, 25 - 20151 Milano - Italia tel.: +39.02.30.88.117 - mob.:+39.335.544.61.69 fax: +39.02.40.01.20.43 - e-mail: [email protected] www.marcobattaglia.it PROFILO Marco Battaglia è nato nel 1969 a Milano dove dopo la Maturità Classica ha studiato Giurisprudenza e Filosofia presso l’Università Statale e si è dedicato alla chitarra formandosi presso la Civica Scuola di Musica. Diplomatosi in Conservatorio nel 1995, si è specializzato nel repertorio del XIX secolo seguendo corsi di perfezionamento sugli strumenti d’epoca. Fautore della “nuova filologia”, è stimato interprete di partiture dei periodi classico e romantico, mediante un approccio consapevole delle prassi esecutive, su preziose chitarre originali. Sono ormai quasi cinquecento i suoi concerti eseguiti e in programmazione in più di 40 paesi dei cinque continenti, sempre accolti con entusiasmo da pubblico, critica e media. Tra i vari docenti di fama internazionale cui si è accostato possono essere citati O. Ghiglia, R. Chiesa, P. O'Brien (U.S.A.), C. Wilson (Inghilterra) e D. Russell (Scozia). La chitarra appartenuta a Giuseppe Mazzini con etichetta a stampa tranne le ultime cifre scritte a penna Gennaro Fabricatore / anno 1811 Napoli / Strada S. Giacomo n.° 37 proprietà di Marco Battaglia. ESPERIENZE ARTISTICHE Per entrare in dettaglio è dal 1994 che svolge intensa attività come concertista oltre che come conferenziere, docente, ricercatore e nel 2001 ha curato la direzione artistica della Rassegna “Concerti per gli angeli” presso la Chiesa di Sant’Angelo di Milano. Ha tenuto concerti per chitarra sola (e più volte come solista con orchestra) presso prestigiose istituzioni in Russia (Conservatorio di Mosca, Sala Rachmaninoff – Festival “L’universo del suono” e masterclass presso l’Accademia Schnittke), in Nuova Zelanda (Auditorium del National Museum Te Papa, sotto gli auspici dell’Ambasciata d’Italia) e due tour in Australia (Sydney – University Conservatorium of Music, Sydney Italian Festival, Melbourne – Melba Hall (University of Melbourne), Canberra – Australian National University, Brisbane (Queensland Conservatorium – Recital Hall - Griffith University), Hobart (Conservatorium) (e ha tenuto masterclass e conferenze in tutte le sedi), Adelaide, Wollongong e Newcastle, anche grazie al sostegno dell’ Ambasciata Italiana, dei Consolati e degli Istituti Italiani di Cultura). Recentemente si è esibito in varie città della Tunisia. In territorio europeo ha tenuto recital nel Palazzo dell’UNESCO di Parigi, a Bonn (Museum Koenig, Sparkasse, Deutsch-Italienischen Gesellschaften), Duesseldorf (Goethe Museum, Castello Jaegerhof), Kiel (Università), in Slovenia (Festival della chitarra di Lipiza), Grecia (Atene - Istituto Italiano di Cultura, Volos, Zagorà, Festival chitarristico di Ermoupolis – in cui ha preso parte alla giuria del Concorso Internazionale di esecuzione chitarristica e ha tenuto un recital nel Teatro Apollon), in Svizzera – organizzazione: Società Dante Alighieri anche in collaborazione con il Centro di Studi Italiani di Zurigo - a Basilea (Stadthaus) oltre che a Losanna, Freiburg, Berna, Biel (Museo Neuhaus), Lucerna, Aarau, Neuchâtel (Centre des Terreaux), Olten, Winterthur, Frauenfeld, Locarno (Palazzo Borghese) e in Italia a Milano (più di 60 concerti per Enti quali Museo Teatrale alla Scala, Castello Sforzesco, Società Umanitaria, Fondazione Stelline, Università Statale, Istituto Austriaco di Cultura, Centro Culturale Spagnolo, collaborando anche con il Consolato della Repubblica Ceca, Ungherese e l’Istituto Slovacco in Roma etc.), Monza (Teatrino della Villa Reale e Società di Concerti “Corona Ferrea”), Lodi (Archivio Storico), Campione (Auditorium “Mons. Baraggia”), Cantù, Varese (Festival Internazionale – in cartellone anche la presenza del celebre chitarrista John Williams), Gallarate (“Aloisianum”), Boario (Terme), Mantova (Conservatorio: concerto, conferenza e masterclass), Pavia (Teatro Fraschini), Vigevano (Festival), Torino, Casale Monferrato (Teatro Municipale), Genova (Teatro “Carlo Felice”, per “Genova 2004 Capitale Europea della Cultura”: Palazzo Tursi (Municipio), Conservatorio - 14° Incontro Internazionale dei Conservatori del Mediterraneo (concerto, conferenza e masterclass), Congresso Internazionale “Paganini divo e comunicatore”, “Casa Paganini”, Palazzo Rosso - 62° Congresso dell’Istituto Italiano per la Storia del Risorgimento), ChitarraImperia Festival e Seminari di Primavera, Bordighera (inaugurazione della Rassegna “Note e Parole d’Estate”), Festival Carniarmonie, Salsomaggiore (Terme Berzieri), Firenze (“Il suono dell’anima”, Festival Firenze Estate), Pisa (Teatro Comunale “Verdi”), Empoli (Festival “Luci della città”, Centro Studi F. Busoni”), Montalcino, Forte dei Marmi (solista con l’Orchestra Sinfonica “Le Stanze di Orfeo” diretta da Lorenzo Parigi - Concerto op. 30 di Giuliani e Sinfonia n. 30 - con chitarra concertante - di Boccherini), Carrara (Teatro degli Animosi), nell’ Isola del Giglio, a Roma (Palazzo Barberini), Fiuggi (Teatro delle Fonti), per il festival internazionale Sagra Musicale Umbra, a Spoleto (“Estate Spoletina”- Rocca Albornoziana), Reggio Calabria (Accademia di Belle Arti, Piazza del Duomo), Messina (Filarmonica Laudamo, Teatro Savio), per “Taormina Arte” (Palazzo dei Congressi) e il Comune di Taormina (Palazzo dei Duchi di Santo Stefano), a Cagliari (Conservatorio), Villasimius e Tempio Pausania (Sassari). Ha al suo attivo la prima esecuzione assoluta di un brano di un autore contemporaneo, Alejandro Núñez Allauca (Perù). Sue revisioni sono pubblicate da Pizzicato Verlag Helvetia. LE CHITARRE DI GIUSEPPE MAZZINI In particolare nel 1998 ha debuttato al Teatro “Carlo Felice” di Genova riscuotendo grande successo di pubblico e di critica, suonando la chitarra appartenuta a Giuseppe Mazzini, di proprietà del Civico Museo del Risorgimento della città, anche in duo con il violino che, di proprietà di Paganini, fu acquistato dall’allievo prediletto, Camillo Sivori, preceduto da una conferenza del Professor Marcello De Angelis, docente di Storia della Musica nell’Università di Firenze. La manifestazione, realizzata anche in collaborazione con il Conservatorio “Niccolò Paganini” di Genova, seguiva il primo concerto in tempi moderni con lo storico strumento (Gennaro Fabricatore / anno 1821 Napoli / Strada S. Giacomo n.° 42), restaurato da una sua idea per l’occasione, presso la Fondazione Stelline di Milano - in sinergia con il Teatro Franco Parenti -: in programma sempre brani per chitarra sola di compositori citati nell’Epistolario e nella “Filosofia della musica” del Patriota. Il chitarrista, che ha replicato, tra l’altro, presso, l‘Istituto Mazziniano di Genova, a Torino per il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano presso lo storico Circolo degli Artisti, per la prestigiosa rassegna internazionale Sagra Musicale Umbra e, a Milano, sia presso il “Civico Museo di Milano” che a Palazzo Dugnani (in quest’ultimo caso, nel 2001, anche con il patrocinio del Comitato Nazionale per le Celebrazioni Verdiane), aveva già sottolineato la passione di Mazzini per la musica e per la chitarra in alcuni concerti e conferenze a Genova per il XXI Congresso dell’Associazione Mazziniana Italiana, a Torino per i Lions Club Torino Valentino e Moncalieri Castello, e a Milano sia presso Palazzo Greppi all’interno dei lavori del 58° Congresso dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano sia per la rassegna “W V.E.R.D.I.: musica per una Nazione” (svoltasi in collaborazione con l’ Orchestra Sinfonica “Giuseppe Verdi”) presso il Museo di Storia contemporanea delle Civiche Raccolte Storiche. Recentemente acquisita da Marco Battaglia dalla famiglia dei discendenti del Marchese Gaspare Ordoño de Rosales, patriota che aiutò Mazzini specialmente nel periodo dell’esilio svizzero, un’altra chitarra appartenuta al patriota, con etichetta Gennaro Fabricatore / anno 1811 Napoli / Strada S. Giacomo n.° 37, è stata restaurata dal liutaio milanese Federico Gabrielli. Dopo la prima esecuzione assoluta il 25 aprile 2005 presso la Chiesa di Santa Chiara a Lovere - Bergamo, sotto gli auspici della Fondazione Oprandi e alla presenza del Sindaco, Battaglia si appresta a suonare il prezioso strumento in molte città del mondo. DISCOGRAFIA Recentemente il Gruppo Discografico M.A.P. di Milano per l’etichetta Lira Antiqua ha pubblicato un suo CD con musica per chitarra sola contenente rari brani di Mauro Giuliani e Luigi Moretti. Per il 2005 ha in programma, sotto l’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica e anche grazie al finanziamento e al patrocinio del Comitato per le Celebrazioni del Bicentenario della Nascita di Giuseppe Mazzini, la pubblicazione di un nuovo disco che ha registrato nel luglio scorso con le chitarre appartenute al patriota e a cui sarà allegato un libro sul tema della musica nel pensiero del personaggio storico e analisi degli strumenti. RASSEGNA STAMPA Sempre in modo elogiativo hanno scritto di lui riviste come “The Classic Voice” oltre a svariati quotidiani tra cui il “Canberra Times” (“...there was much to enjoy in his playing...a unique and most enjoyable recital.”), La Fiamma (Sydney), Il Globo (Melbourne), il “Kieler Nachrichten”, il ” General-Anzeiger-Bonn”(“ ...Battaglia interpretierte mit sehr viel Feinsinn und technischer Leichtigkeit...”), il “Corriere della Sera” (“…un virtuoso del repertorio dell’Ottocento…”), “Il Giorno”, “La Repubblica”, “La Stampa” (“…Battaglia suona con garbo e gusto, gioca di sfumature…; …pagine…che Marco Battaglia ha eseguito facendo risuonare sul tintinnante strumento le arie dell’”Italiana in Algeri”, dell’”Otello” e dell’”Armida” con un gusto per un suono intimo e quasi segreto” – Paolo Gallarati; “Piacevoli e stilisticamente approfondite le letture di Battaglia…” - Roberto Iovino), “Il Messaggero”, “Il Giornale”, “Il Mattino”, “Il Secolo XIX”, ”L’Unità”, “Avvenire”, “La Sicilia”, “L’Unione Sarda”. Tra i network che hanno pubblicizzato la sua attività e per i quali ha rilasciato interviste e ha registrato sue interpretazioni si possono ricordare numerose emittenti televisive e radiofoniche private europee oltre a RAI, RAI International, Kultura TV (Mosca), SBS (dagli studi di Sydney), ABC, Rete Italia (Australia), diffuse anche in diretta. PROSSIMI EVENTI Oltre a concerti in Italia (Roma - Campidoglio, Milano, Venezia, Torino, Genova – Palazzo Ducale e Teatro Carlo Felice, Bologna, Ravenna, Ancona, Bari, Cagliari...), sono di imminente realizzazione, anche grazie al supporto delle Ambasciate e degli Istituti Italiani di Cultura, numerosi recital in Germania (Francoforte, Bonn, Wiesbaden, Wuerzburg, Ratisbona, Lubecca, Wolfsburg, Berlino, Potsdam, etc.), Francia (Parigi, Nizza, Marsiglia, Lione, Grenoble..) e a Londra, Madrid, Santander (Festival), Zurigo, Copenhagen, Stoccolma, Cracovia, Varsavia, Lubiana, Belgrado, Zagabria, Istanbul, Ankara, Malta (Victoria International Arts Festival), Rabat, Algeri, Tunisi, Il Cairo, Addis-Abeba, Mosca, Bangkok, Jakarta (Festival Schouwburg, Teatro Gedung Kesenian), Delhi, Città del Messico, in Oceania, etc. SITO INTERNET www.marcobattaglia.it - nel Bicentenario della Nascita - LA CHITARRA DI GIUSEPPE MAZZINI MUSICA ITALIANA PER CHITARRA DI AUTORICITATI NELL’EPISTOLARIO E NELLA “FILOSOFIA DELLA MUSICA” DEL PATRIOTA CONCERTO di Marco Battaglia chitarra appartenuta a Giuseppe Mazzini Gennaro Fabricatore / anno 1811 Napoli / Strada S. Giacomo n.° 37 Proprietà di Marco Battaglia Niccolò PAGANINI (1782-1840) Mauro GIULIANI (1781-1829) Sonata M.S. 84 n. 2 [Minuetto], Allegretto ossia Rondoncino Sonata M.S. 84 n. 13 Minuetto, Andantino (5’) Variazioni sul tema favorito “Io ti vidi e t’adorai” dall’opera Amazilia di Giovanni Pacini op. 128 (9’) Rossiniana n. 5 op. 123 Parte orchestrale, Finale, Il Barbiere di Siviglia, Atto I “E tu quando tornerai”, Cavatina “Come dolce all’alma mia”, Tancredi, Atto I “Una voce poco fa”, Cavatina, Il Barbiere di Siviglia, Atto I “Questo è un nodo avviluppato”, Sestetto “Siete voi”, La Cenerentola, Atto II “Là seduto l’amato Giannetto”, Introduzione, La Gazza Ladra, Atto I “Zitti zitti, piano piano”, Terzetto “Ah! qual colpo”, Il Barbiere di Siviglia, Atto II (15’) *** Giuseppe VERDI (1813-1901) / Johann Kaspar MERTZ (1806-1856) “Opern-Revue” op. 8 n. 27 Fantasia su temi de “Il Trovatore” Giulio REGONDI (1822-1872) Tre Studi Luigi Rinaldo LEGNANI (1790-1877) Maestoso “Sull’orlo dei tetti alcun l’ha veduta” “Deserto sulla terra” “Mal reggendo all’aspro assalto” “Abbietta zingara” “Stride la vampa” Allegro brillante – Presto n. 1 in do maggiore, Moderato n. 4 in mi maggiore, Adagio n. 8 in sol maggiore, Allegretto con moto (12’) (17’) dai Trentasei Capricci op. 20: n. 2 in mi minore n.7 in la maggiore, Prestissimo n.15 in si minore n.29 in fa diesis minore, Prestissimo n.36 in mi maggiore, Moderato (7’) Durata totale (compreso intervallo di 15’): 80’ Mazzini: la musica, gli “affetti”, la chitarra di Marco Battaglia Non è molto noto che Giuseppe Mazzini fosse profondamente sensibile al linguaggio musicale e che oltre ad essere appassionato spettatore di concerti e di opere liriche fosse egli stesso buon dilettante del canto e della chitarra. Il Patriota si dimostrò anche fine esteta della musica, come appare scorrendo le brevi ma illuminanti pagine del suo testo dal titolo “Filosofia della musica”, al quale accennò in alcune lettere, tra cui quella del 15 dicembre 1835 a Luigi Amedeo Calegari, in questi termini: “Ho scritto, vuoi ridere? un opuscolo sulla musica - italiano - forse lo stamperanno in Italia.” Ebbene, il libro, uscito sui fascicoli de “L’Italiano” a Parigi nel 1836, è ricco di spunti interessanti relativamente alla sua capacità critica e alle sue frequentazioni nel campo dell’arte dei suoni. Un aspetto del testo forse non ancora ben sottolineato sembra essere l’attenzione che Mazzini riservò alla componente emotiva della musica, ovvero la capacità che essa ha di “muovere” quei sentimenti, quegli “affetti”, da cui si coniò il termine di una fondamentale codificazione musicale, la “teoria degli affetti”, appunto, sviluppatasi presso la fiorentina Camerata de’ Bardi, luogo di nascita dell’opera in musica, sul finire del Cinquecento e protrattasi fino verso la fine dell’Ottocento. Mazzini utilizzò spesso il termine “affetto” soprattutto quando in modo così sentito espresse il suo pensiero (citiamo dalla “Filosofia”): “La musica italiana è in sommo grado melodica (...). Lirica fino al delirio, appassionata sino all’ebbrezza, vulcanica come il terreno ove nacque, scintillante come il sole che splende su quel terreno, modula rapida, non cura - o poco - dei mezzi e delle transizioni, balza di cosa in cosa, di affetto in affetto (c.vo mio), di pensiero in pensiero, dalla gioja estatica al dolore senza conforto, dal riso al pianto, dall’ira all’amore, dal cielo all’inferno - e sempre potente, sempre commossa, sempre concitata ad un modo, ha vita doppia dell’altre vite: un cuore che batte a febbre.” Ancora, discettando della musica di Rossini, ch’Egli ama moltissimo, scrisse che essa “esprime passioni decise, energicamente sentite, ira, dolore, amore, vendetta, giubilo, disperazione - e tutte definite per modo che l’anima di chi ascolta è interamente passiva: soggiogata, trascinata, inattiva: gradazioni d’affetti (corsivo mio) intermedi, concomitanti, non sono o poche: aura del mondo invisibile che ci circonda, nessuna.” Infine descrivendo quelle che a suo avviso sarebbero le peculiari differenze tra la musica tedesca e quella italiana, così si riferì alla prima: “E’ una melodia breve, timida, disegnata sfuggevolmente; e mentre la musica italiana definisce, esamina e t’impone un affetto (c.vo mio), essa lo affaccia velato, misterioso, appena tanto che basti a lasciarti la memoria e il bisogno di ricrearlo, di ricomporre da per te quella imagine.” Nelle lettere che inviò dai suoi esilii ad amici e soprattutto alla madre in particolare dal 1835 fino al ‘56, Mazzini a volte accennò ai suoi interessi musicali e soprattutto chitarristici, citando, con competenza sorprendente, autori e opere che sono considerati unanimemente capisaldi della storia della chitarra dell’Ottocento. Nella missiva alla madre del 22 maggio 1835, ad esempio, scrive:“...bensì quando mi inviate qualche cosa, inviate pure qualche poca musica che deve rimanervi - mi distrarrebbe - intendo sempre di autori: Giuliani, Legnani, Moretti, etc. - Carulli no, per amor di Dio - non dimenticate certo grosso fascicolo grosso assai, trentasei studi, se ben ricordo, di Legnani - è un capriccio che m’è venuto, non so perché, ma me ne vengono assai di rado; sono scusabile -“ (sottolineature mie). Già da queste brevi righe si può facilmente comprendere quali conoscenze del repertorio chitarristico Mazzini possedesse tanto da sviluppare preferenze nell’ambito della produzione di vari autori, oggi considerati capisaldi della letteratura per lo strumento e presentati nel programma, tra i quali non poteva mancare il più grande virtuoso dell’Ottocento, il suo concittadino Niccolò Paganini. E’ certo che per Mazzini al musicista è affidato un compito rilevante nella società e nella Storia. Inoltre fondamentale risulta l’opera educatrice che informa le figure del compositore e dell’interprete, da cui deriva immediatamente la sua poca considerazione dell’individualità spiccata che trova in Paganini un’incarnazione perfetta. Nell’ambito della sua visione della musica come potente generatrice di coscienza civile, un’idea d’ispirazione di alti intenti morali, Mazzini arrivò a scrivere che “quello che io voglio non è l’Artista, ma l’Uomo-Artista: il gran sacerdote dell’Ideale, che l’Umanità cerca di conquistare, non già colui che professa il culto dei suoi propri feticci” (lettera a Mrs. Taylor, Londra, 20 aprile 1847). Nel vasto epistolario dell’esule Paganini appare spesso ma la considerazione per l’uomo, però, non va di pari passo con quella dell’artista: da un lato Mazzini non è contento di apprendere del busto di marmo in onore del violinista scolpito da Paolo Oliva a Genova su commissione del marchese Di Negro, mentre dall’altro apprezza e suona la sua musica per chitarra e trio d’archi. Tra questa musica sicuramente Mazzini conosceva i due Quartetti op. 4 e 5 pubblicati da Ricordi nel 1820 e probabilmente almeno parte dei rimanenti tredici quartetti o dei cinque terzetti, tutti con chitarra. Una testimonianza eloquente della competenza e della passione per il suonare la chitarra è, ad esempio, un passo dalla lettera alla madre da Londra del 4 maggio 1841 (che ci descrive le serate con gli amici che lo accoglievano nei loro appartamenti) e in cui chiede che gli siano mandate partiture lasciate a Genova tra cui, scrive “mi pare che vi fosse, non so più per quali strumenti, qualche cosa di Paganini”. Nel programma interpreto due Sonate tratte da manoscritti autografi per chitarra sola in cui il musicista esprime una grande cantablità e mostra fine perizia di scrittura. Nel programma interpreto alcuni dei Ghiribizzi e delle Sonate tratte da manoscritti autografi per chitarra sola in cui il musicista esprime una grande cantablità e mostra fine perizia di scrittura. Mauro Giuliani (Bisceglie, Bari 1781 - Napoli 1829) è autore citato a più riprese in molte missive: tra le prime composizioni scelte per il programma si trovano le Variazioni sul tema favorito “Io ti vidi e t’adorai” dall’opera Amazilia di Giovanni Pacini op. 128 (databile 1827, ed. Ricordi; Milano - ‘28 circa, ed. Diabelli, Vienna), opera ricordata nel seguente frammento tratto dalla lettera alla madre datata Londra, 14 ottobre 1843: “(...) Credo che tra la mia musica esistesse un tempo, un tema con variazioni di Giuliani, in sol sopra un motivo dell’Amazili (sic) di Pacini (...)”. Giovanni Pacini (Catania 1796 - Pescia, Pistoia, 1867) fu celebre autore di più di 90 melodrammi in cui spicca una vena d’ispirazione rossiniana: tra le sue migliori opere si ricordano “Saffo”, “Medea”, “La regina di Cipro”. Giuliani, che utilizzò anche in altre occasioni temi paciniani (ridusse per chitarra sola, tra l’altro, la cavatina “Se d’amor fra le ritorte” dall’ “Alessandro nelle Indie” e il duettino “Se i numi fausti” da “L’ultimo giorno di Pompei”), è in realtà non solo trascrittore della melodia e compositore delle appassionanti variazioni (tra cui l’intensissima terza), ma anche autore della seconda parte del tema. Ho già sottolineato la stima profonda del Patriota per la musica di Gioacchino Rossini: ecco, sempre dal testo “filosofico” citato con quale tono maestoso e teatrale presentò l’operista: “E venne Rossini. Rossini è un titano. Titano di potenza e d’audacia. Rossini è il Napoleone d’una epoca musicale.” Così prosegue affermando che “forse s’ei non osava non rimarrebbe a quest’ora speranza di risorgimento alla musica, dal languore che minacciava di occuparla e isterilirla.” Opportuno, dunque, proporre l’ascolto della Quinta Rossiniana op.123, in ricordo della duplice passione mazziniana per il sommo operista e per il più grande compositore e virtuoso della chitarra nel primo Ottocento, nella cui opera di si compendiano, nella loro più alta espressione, i caratteri intimistici e virtuosistici dello strumento. A Vienna Giuliani riscosse entusiastici consensi presso la Corte, e frequentò Beethoven, Salieri, pianisti del calibro di Hummel e Moscheles, il violinista Mayseder e il violoncellista Merck. Tornato in Italia nel 1819, vi soggiornerà per l’ultimo decennio della sua vita. Tra il 1821 e il ‘28 scrisse una serie di sei Rossiniane di dimensioni notevoli tra cui la prima, apparsa probabilmente nel 1821, in cui i prodigi pirotecnici e le vivide geometrie di arie e sinfonie del Pesarese sono legate con gusto e disinvoltura in un pot-pourris la cui struttura e inventiva rivelano una forza autonoma, grazie a geniali trascrizioni, variazioni e parti originali in perfetto equilibrio tra spiegate cantabilità e frasi trascinanti e scintillanti: momenti giocosi si alternano a istanti intrisi di patetismo, incisi d’opera buffa s’incastrano ad accenti dolorosi, un caleidoscopio di situazioni evocate e tradotte in un’inequivocabile immanenza del sentire. Un florilegio di melodie, dunque, che, potremmo dire, come scrisse il Patriota, sempre nella “Filosofia”, sembrano come “scolpite a bassorilievo” e che “diresti fossero sgorgate tutte dalla fantasia dell’artista sotto un cielo d’estate a Napoli, in sul meriggio, quando il sole inonda su tutte le cose, quando batte verticalmente e sopprime l’ombra de’ corpi.” Appare oggi di rilevante importanza il messaggio anche di natura politica che espresse certa musica di Giuseppe Verdi (Roncole di Busseto, Parma 1813 - Milano 1901) nella coralità del periodo risorgimentale, fino a divenire quasi il simbolo di un unico ininterrotto inno all’Unità Nazionale. Mazzini, già nella dedica “Ignoto Numini”, posta all’inizio della “Filosofia della musica” e nelle sue prime argomentazioni, sembrò alludere alla nascita futura (o forse già avvenuta?) di un “giovane ignoto” che potesse risollevare il destino democratico dell’Italia grazie alla sua musica che, a partire dal melodramma, generasse la forza delle idee e delle azioni. Sembra proprio il ritratto di Verdi. L’incontro tra i due si svolse a Londra nel 1847 e su questo episodio c’è incertezza tra gli storiografi (a casa Milner Gibson o Macready?); la lettera alla madre (Londra, 22 giugno 1847) così ci testimonia: “Ho veduto Verdi il compositore”. Certamente Verdi, come è noto, fu vicino a Cavour e fu deputato nel primo Parlamento Sabaudo. I rapporti successivi tra i due personaggi sono ricostruibili sempre attraverso lo studio di alcune lettere in cui si intrecciano momenti di adesione entusiastica, da parte di Verdi, alla causa, nello specifico quando si trattò di scrivere la musica, su richiesta del Genovese, per un inno nazionale su testo di Goffredo Mameli, composto da quest’ultimo appositamente per Mazzini. Ai tempi l’autore di opere d’intonazione patriottica come “Nabucco” e “Lombardi alla prima Crociata” si trovava a Parigi e così rispose a Mazzini: “ Vi mando l’inno, e sebbene un po’ tardi, spero vi arriverà in tempo. Ho cercato d’essere più popolare e facile che mi sia stato possibile. Fatene quell’uso che credete: abbruciatelo anche se non lo credete degno. Se poi gli date pubblicità, fate che il poeta cambi alcune parole nel principio della seconda e terza strofa in cui sarà bene fare una frase di cinque sillabe che abbia un senso a sè come tutte le altre strofe. Possa quest’inno, tra la musica del cannone, essere presto cantato nelle pianure lombarde. Ricevete un cordiale saluto da chi ha per voi tutta la venerazione“ (mio grassetto) (Parigi, 18 ottobre 1848, in G. Cesari - A. Luzio, I copialettere di Giuseppe Verdi, Milano, 1913, pp. 469-470). I versi di Mameli erano i seguenti: “All’armi, all’armi! Ondeggiano/Le insegne gialle e nere” (Poeti minori dell’Ottocento, a cura di E. Janni, Milano, 1955, pp. 140-141). Si potrebbero dare diverse interpretazioni di ciò che successe a seguito dei questa lettera specialmente perché, in una missiva a Scipione Pistrucci (Marsiglia, 23 gennaio 1849). Mazzini non si dimostrò contento delle modifiche apportate dal maestro di Busseto al testo letterario stampato, anche con errori, a Firenze nel gennaio del 1849 con titolo “L’Inno Nazionale, poesia di G. MAMELI, musica di G. VERDI” : il ricavato della vendita fu a disposizione dell’Associazione Nazionale per la Costituente Italiana. D’altronde in un’altra lettera al Pistrucci (Marsiglia, 1 febbraio 1849), il Nostro scrisse: “Il clan di Londra è entusiasta dell’inno di Verdi”, riferendosi alle famiglie Ashurst e Stansfeld. Mazzini stesso, comunque, si comportò in modo simile a Verdi, nella manipolazione del testo di Mameli, al quale scrive: ”Ho mandato l’inno, che mi piace assai, a Verdi: ho tolto due strofe, l’una perché concernente il re di Napoli, che non esisterà più quando durerà l’inno, l’altra per un avemo che in un canto popolare non può stare” (Milano, 17 luglio 1848). Egli inoltre sarà preciso (quanto lo fu sempre Verdi!) sul diritto di proprietà dell’inno quando, sotto la sua egida, nascerà, nel 1865, una raccolta di canti popolari, Euterpe Patria, che si aprirà proprio con la composizione in questione (lettere a Giovanni Ghislanzoni, Londra, 22 giugno 1865 e a Paolo De Giorgi, il curatore del volume, Londra, medesimo giorno della lettera appena citata). Nell’enorme Epistolario Mazziniano Verdi è spesso citato dal Patriota musicofilo, che, ad esempio, tesse le lodi del Don Carlos. Vista la consuetudine con il repertorio chitarristico e la conoscenza anche delle opere di Verdi, è ipotizzabile che Mazzini abbia conosciuto le brillanti riduzioni per chitarra sola di tante arie del famoso compositore realizzate da Johann Kaspar Mertz (Pressburg (Bratislava) 1806 - Vienna 1856). Il massimo chitarrista del periodo romantico rivela magistrali doti di trascrittore in brani piuttosto sottovalutati dalla critica fino ad oggi e che meriterebbero maggiore attenzione per la capacità di restituzione della filigrana, diremmo, della partitura originale. Giulio Regondi (Ginevra? 1822 - Londra 1872) è una figura di grande rilievo per la storia della letteratura chitarristica poiché forse nessuno come il nostro compositore riuscì ad esprimere la più pura essenza del Romanticismo. Rivelatosi come enfant-prodige, si dedicò ad una intensa carriera concertistica e fu più di una volta chiamato da Mazzini che scopriamo in un’altra inconsueta prospettiva, nel coinvolgere strumentisti e cantanti in concerti di beneficenza per il sostegno della scuola fondata a Hatton Garden a favore dei piccoli italiani emigrati a Londra. Una lettera del maggio del ’46 ci mostra un Mazzini ormai abile organizzatore di stagioni musicali, in cui propone a Regondi, quasi anticipando il Pistrucci, il direttore della scuola, di esibirsi, anziché con la chitarra, con la concertina, strumento ad ance libere e a soffietto, di guisa esagonale od ottagonale, di cui era pure grande virtuoso. Tratti da una raccolta manoscritta di 10 studi recentemente scoperti da fonte russa i brani in programma rivelano con magniloquenza di quali doti di raffinatezza sia permeata l’opera di questo dotto compositore dall’anima appassionata. Chiudono il programma cinque dei 36 Capricci op. 20 (la cui prima edizione - Artaria & Co., Vienna - è del 1822 ca.) di Luigi Rinaldo Legnani (Ferrara 1790 - Ravenna 1877), autore al quale Mazzini si riferisce addirittura ricordandone sicuramente questa opera specifica nella seconda lettera sopra citata: è un finale volutamente brillante, percorso da un tipo di virtuosismo, che, essendo parte costitutiva di un’opera di assoluto rilievo, è in realtà sempre una visione interiore di quel “Bel Canto” tanto amato allora, permeato da un’effettistica funambolica di stampo paganiniano, ma mirante a esprimere, con profondità di sentire, “affetti” di impressionanti proporzioni e intensità. Nell’Istituto Mazziniano del Comune di Genova, di cui fa parte il Museo del Risorgimento, posto nella sede della storica dimora natale del Nostro, è conservata una chitarra appartenuta a Mazzini, la cui etichetta recita Gennaro Fabricatore / anno 1821 Napoli / Strada S. Giacomo n.° 42. Lo strumento è di ottima fattura (frutto di una celebrata scuola di liuteria) e fu donato al Museo, come si evince dal pregevole Catalogo del Museo curato dal direttore dell’Istituzione, Professor Leo Morabito, nel 1933 da Josephine Shaen, prima figlia di quel William Shaen che fu, oltre che fondatore dell’Associazione “Amici d’Italia”, amico e biografo di Mazzini. Durante le fasi dell’intervento, tecnicamente definito di “manutenzione straordinaria”, da me ideato e realizzato nel 1997 dal laboratorio di liuteria di Pio Montanari (Genova), sono state scoperte alcune sorprendenti modifiche all’originale apportate dal liutaio londinese Edwin Richards nel 1880 (firma, anno e luogo sono scritti a matita sotto il piano armonico). L’opera di ripristino funzionale ha mirato alla conservazione delle parti originali e delle caratteristiche del precedente intervento, consolidando le strutture sempre in modo reversibile. Oltre a questo strumento, secondo circostanziate testimonianze riportate da scritti del Professor Adami, già direttore della Domus Mazziniana di Pisa, stabile ove Mazzini morì il 10 marzo 1872, un’altra chitarra presente in questo museo - la seconda, dunque! - fu di proprietà del Nostro. Sembra inoltre che esista addirittura una terza chitarra appartenuta a Mazzini di cui un giornale dell’Italia centrale della primavera del 1873 riporta il restauro... Infine una notizia recentissima: dopo sette anni di trattative sono riuscito ad acquisire la proprietà di una chitarra appartenuta a Giuseppe Mazzini, che, secondo la tradizione orale, fu donata dal patriota al Marchese Gaspare Ordoño de Rosales (Milano, 10 agosto 1802 – Como, 12 gennaio 1887). La chitarra, il cui restauro si concluderà a metà marzo, sarà da me suonata in occasione dei numerosi Convegni e giornate di studio su Mazzini alle quali sono stato invitato da numerosi Istituti Italiani di Cultura. Tale strumento, frutto della bottega di liuteria napoletana del celebre Gennaro Fabricatore, lo stesso costruttore di chitarre che realizzò anche quella conservata nel Museo del Risorgimento di Genova, è datato 1811, ed è quindi di dieci anni precedente lo strumento di Genova. Che tale chitarra sia appartenuta a Mazzini è attestato da una dichiarazione sottoscritta dalla vedova di Luigi Rosales, il cui bisnonno fu il Marchese citato, il quale fu egli stesso patriota e aiutò finanziariamente Mazzini per le attività patriottiche, nonché dalle lettere inviate da Mazzini proprio nei giorni in cui scrive al Rosales. Ulteriori cimeli che testimoniano la passione di Mazzini per la musica e per la chitarra sono due manoscritti musicali, conservati nei musei genovese e pisano, contenenti la medesima trascrizione di un canto “mandriano” di Berna di cui secondo l’Adami sembra sia impossibile decidersi su quale sia l’originale... Nel programma, dunque, propongo brani di autori che Mazzini conobbe e amò. Con l’auspicio che la figura del Patriota possa stagliarsi anche ai raggi di questa luce singolare, desidero ricordare quale significato ebbero per il nostro Apostolo la musica, definita da lui stesso “profumo dell’universo”, e in particolare la chitarra, la cui importanza fu già sottolineata da Maria Rita Brondi, la prima studiosa che, nel Novecento, dedicò all’argomento di questo scritto alcune pagine nel suo libro “Il liuto e la chitarra” pubblicato a Torino nel 1926: “la chitarra, così intima, tutta personale, che riflette meglio di qualsiasi strumento l’anima di chi la suona (…) era per Mazzini parte della sua vita stessa”. Marco Battaglia