Luigi Lorenzetti IL RINNOVAMENTO DELLA TEOLOGIA MORALE

Luigi Lorenzetti
IL RINNOVAMENTO DELLA TEOLOGIA MORALE IN ITALIA
ORIENTAMENTI DI METODO E DI CONTENUTO DI TULLO GOFFI
Ho* accolto volentieri l'invito dello Studio Teologico «Paolo VI»
di intervenire all'inaugurazione dell'Anno Accademico 1999 dedicata
a Tullo Goffi, non perché mi senta all'altezza del compito che mi è
stato affidato, ma per l'amicizia e la riconoscenza che mi legano al
compianto grande teologo moralista.
Con ammirazione possiamo
mostrare il contributo determinante di Goffi al rinnovamento della
teologia morale sia a livello di metodo sia di contenuto, ricostruendo, sia pure per tratti essenziali, la sua intensa attività prima e dopo il concilio Vaticano II.
Tullo Goffi è certamente tra i teologi moralisti di cui parla la
Veritatis splendor (1993) quando ricorda, a distanza di trent'anni
dal concilio Vaticano II, quanto si è fatto per rendere la morale cristiana, in quanto disciplina teologica, espressiva e manifestativa
del messaggio morale del Vangelo. «Lo sforzo di molti teologi sostenuti dall'incoraggiamento del concilio, ha già dato i suoi frutti
con interessanti e utili riflessioni intorno alle verità della fede da
credere e da applicare nella vita, presentate in forma più corrispondente alla sensibilità e agli interrogativi del nostro tempo» (VS 29).
Riflettere sul rapporto tra teologia e morale, fede e vita, e renderlo
contemporaneo al proprio tempo, è compito del teologo moralista.
Goffi vi ha dedicato una vita, la sua esistenza di uomo, di credente,
di sacerdote della diocesi di Brescia.l
La
teologia
è
discorso
su
Dio,
che
si
si
è
rivelato
compiutamente in Cristo e nel suo Spirito; è comprensione, sempre
*
Questo contributo è stato pubblicato nel volume C. BRESCIANI (a cura di),
Tullo Goffi, Morcelliana, Brescia 2001, 29-54.
2
imperfetta, del disegno di salvezza che si attua nel tempo e nella
storia.
Pertanto il discorso teologico, in quanto discorso su Dio,
non si riduce certamente a morale, ma fonda e origina una morale
corrispondente.
Vi è uno stretto legame tra teologia e morale:
quello che è accaduto, da parte di Dio (teologia), fonda quello che
deve accadere anche da parte dell'uomo (morale); l'essere cristiano
(teologia) fonda l'agire da cristiano (morale).
Il collegamento tra fede e vita può rompersi, purtroppo, a
livello di vissuto: «In realtà, i criteri di giudizio e di scelta assunti
dagli stessi credenti si presentano spesso, nel contesto di una
cultura ampiamente scristianizzata, estranei o perfino contrapposti
a quelli del Vangelo» (VS 88); ma può rompersi, come di fatto è
accaduto, a partire dal secolo XVI, anche a livello di riflessione
teorica e sistematica.
La morale teologica, come disciplina
teologica, era poco teologica, aveva interrotto il suo legame
intrinseco con la parola di Dio.
Così si può comprendere la forte
raccomandazione del concilio Vaticano II per una revisione di tutte
le discipline teologiche, mediante un contatto più vivo col mistero di
Cristo e la storia della salvezza: e, per la teologia morale, si
precisa: «Si ponga speciale cura nel perfezionare la teologia morale,
in modo che la sua esposizione scientifica, maggiormente fondata
sulla Sacra Scrittura, metta in luce l'altezza della vocazione dei
fedeli in Cristo» (Optatam totius 16). La morale, come era esposta
nei libri di testo (i manuali), era del tutto impari a rispondere a
questo progetto.
3
I. IL CONCILIO VATICANO II
1. Un prima e un dopo della teologia morale/morale cristiana
In una logica di continuità/discontinuità, il concilio Vaticano
II chiude una tradizione e ne apre un'altra: chiude la tradizione
della cosiddetta morale dei manuali che, dal secolo XVI, arriva
ininterrottamente fino al nostro tempo.
La morale si qualificava
prevalentemente, anzi quasi esclusivamente, nel ricordare «cosa
non bisogna fare», piuttosto che «cosa bisogna fare»; più esperta
nell'analisi dei peccati e della loro distinzione secondo il genere e la
specie, meno nella presentazione delle virtù e dei valori; più
preoccupata di formare le coscienze nel privato, meno nel pubblico
(economia, politica, cultura, ecc.); più attenta a valutare l'atto
umano
considerato
a
se
stante,
meno
preoccupata
di
contestualizzarlo nell'insieme della vita personale e comunitaria.
L'esigenza di ripensare il metodo e il contenuto si era fatta
sentire dentro e fuori la Chiesa già dagli anni '50. Era ormai chiaro
che la morale, elaborata dal concilio di Trento in poi, non reggeva di
fronte ai cambiamenti empirici e concettuali che si erano verificati
nel corso degli ultimi secoli. D'altra parte, non si notavano grandi
segni di cambiamento cosi che, all'apertura del concilio Vaticano II,
la riflessione morale è arrivata impreparato. I teologi moralisti
convocati erano pochi, per di più chiamati in un secondo tempo e
dirottati nell'elaborazione di quella che è ora la costituzione
pastorale La Chiesa nel mondo.
Come si sa, il concilio Vaticano II non ha prodotto nessun
testo o documento esplicitamente dedicato alla morale. Lo schema
preparatorio, De ordine morali, è stato rimosso e non sostituito da
alcun altro, come invece è avvenuto per altre discipline teologiche.
Si spiega così l'assenza di un testo o documento del concilio sulla
teologia morale/morale cristiana.
Il concilio tuttavia ha auspicato
fortemente che la teologia morale, in quanto disciplina teologica, si
4
rinnovasse e ne ha indicato le direttrici (cf. Optatam totius 16): la
strada era chiaramente indicata ma era tutta da percorrere.
Ora siamo in grado di verificare il percorso compiuto in questi
ultimi decenni. La Veritatis splendor (1993) traccia, nella seconda
parte, un bilancio segnalando, come in ogni bilancio, voci in passivo
e in attivo. Come valutazione globale della nuova teologia morale,
il giudizio è positivo.
Si riconosce che si è profondamente
rinnovata, cosi da rendere superflue e superate le critiche avanzate
da più parti, dentro e fuori la Chiesa, talora anche in modo radicale,
come quelle, ad es., di un moralista francese, A. Plé, che qualifica
la morale tradizionale con questi aggettivi: «una morale "cristiana"
non cristiana; una morale mutilante; una morale che favorisce
l'infantilismo;
una
morale
asservita
all'autorità
politica;
una
ideologia di classe; una morale sacralizzata; una morale legalistica
e casistica; una morale aprioristica; una morale depauperatrice di
energie»; e «altri aspetti negativi della morale "tradizionale"».2
Tale critiche sono fortunatamente datate. La teologia morale, come
disciplina teologica, si è profondamente rinnovata, come riconosce
la Veritatis splendor al numero 29 citato all'inizio.
2. Gli innovatori
Se così è, non si può non riconoscere i meriti di teologi
moralisti che si sono impegnati a presentare, in base al Vangelo,
una morale più corrispondente alla sensibilità e agli interrogativi
degli uomini del nostro tempo; una morale chiaramente teologica
ma non per questo arazionale o irrazionale; una morale pertanto
della fede e, insieme, della ragione.
Noi parliamo a distanza di
oltre tre decenni dal concilio Vaticano II.
Nel frattempo, nei
Seminari e nelle Università pontificie e nelle Scuole di formazione
teologica, i manuali tradizionali sono scomparsi, troviamo quelli
nuovi, che sono frutto del lavoro e dell'impegno di teologi moralisti
che hanno preso sul serio la raccomandazione del Concilio vaticano
5
II che domandava di qualificare teologicamente l'esposizione della
morale, cosi da renderla idonea a rispondere, in base al Vangelo,
alla diffusa domanda etica del nostro tempo.
Tra questi, Goffi occupa un posto di primo piano per quantità
e qualità dì produzione teologico-morale.
Sono convinto che la
storia della teologia morale riconoscerà in lui uno dei teologi
moralisti più creativi, intuitivì e preparati del secolo che sta per
chiudersi. Goffi, nato nel 1916, appartiene alla prima generazione
del concilio. «Rappresenta bene _ osserva lo spagnolo Gómez Mier,
attento studioso dell'evoluzione della teologia morale prima e dopo
il concilio _ il gruppo di autori cattolici che nel 1962 avevano
raggiunto la piena maturità intellettuale e, identificati con il
progetto
del
concilio
Vaticano
II,
avrebbero
contribuito
alla
formazione di una nuova tradizione di ricerca».3
D’altra parte, la nuova tradizione che sì stava imponendo non
ha avuto un percorso indolore e pacifico. «Nel decennio 1965-1975
la ricostruzione della morale favorita dallo stesso concilio produsse
effetti dirompenti e nello stesso tempo suscitò reazioni involutive.
Per questo nell'immediato postconcilio, furono pochi i moralisti
cattolici, tra i 45 e i 55 anni, con un prestigio intellettuale che
permettesse loro di orientare la ricostruzione collaborando con
autori della generazione successiva e rendendo, in questo modo,
possibile un cambiamento costruttivo.
Autori così, per citame
alcuni, sono A. Gunthor (nato nel 1911), B. Haering (nato nel 1912),
G. Mattai (nato nel 1918) e T. Goffi».
II. L'ATTIVITÀ COME TEOLOGO MORALISTA
1. Primo periodo: 1946-1968: dal diritto alla morale
Goffi inizia l'insegnamento in teologia morale nel 1946 e,
quindi, a diciannove anni dal concilio Vaticano II (1963-1965). La
morale insegnata nei Seminari e nelle Università pontificie era quasi
6
interamente legata al diritto, canonico e civile.
Non a caso, il
docente di teologia morale proveniva dalla specializzazione in
diritto, come appunto si verifica per Goffi che si laurea in utroque
jure alla Pontificia università lateranense.
Nel 1984, ricordando
l'inizio del suo insegnamento in morale scriverà: «Iniziai nella bontà
strutturale canonica.4 In realtà, si trattava di una morale pervasa,
in tutti i suoi trattati, dal diritto canonico e civile. In altre parole,
si insegnava più diritto (canonico e civile) che morale, con il
risultato di proporre una morale legalistica e casistica, una morale
ridotta a un insieme di non-ne e di precetti positivi, civili o
ecclesiastici.
Goffi innova restituendo la morale alla morale e il
diritto al diritto, come si può osservare dai suoi scritti, alcuni
anteriori ed altri immediatamente successivi al 1965, nei quali si
occupa, prima, della morale matrimoniale (La morale familiare,
Morcelliana, Brescia 1958, 1962); Enciclopedia del matrimonio,
Queriniana, Brescia 1960; e dopo della spiritualità matrimoniale
(Spiritualità familiare, Sales 1966). «Sono libri piccoli, in edizione
tascabile, conosciuti tra i movimenti familiari cattolici più di quanto
lo fossero i trattati De matrimonio.
In questi testi si trovano
elementi che preannunciano il cambiamento della teologia morale
voluto dal concilio Vaticano II».5
2. Secondo periodo: 1969-1980: via italiana al discorso morale
E’ il periodo più impegnativo e intenso. Goffi si convince subito che non si tratta di apportare aggiunte o modifiche quantitative
alla morale tradizionale, urge ripensarla sia nel metodo come nel
contenuto. Si tratta anzitutto di dare il primato, in teologia morale,
alla parola di Dio; di ricuperare la dimensione cristocentrica;6 di
renderla significativa e pertinente non soltanto per la vita individuale, ma anche ed ugualmente per la vita pubblica. Non ci sono, infatti, due morali: l'una nel privato e un'altra nel pubblico.
E’
sta-
to un segretario di stato americano, non un rappresentante di un
7
paese ufficialmente ateo, a esprimere il proprio punto di vista su
come affrontare le questioni in politica: «Il criterio è di lasciarsi
guidare da un'estrema freddezza e concretezza.
Le decisioni non
diventano più facili se le si considerano alla luce dei sentimenti,
come l'amore fraterno, la "regola aurea" (non fare agli altri quello
che non vorresti fosse fatto a te) o, il desiderio di far andare i cittadini in paradiso».7 Insomma, il Discorso del Monte vale, secondo
lui, per l'etica individuale ma non per l'etica pubblica.
Inoltre si
tratta di mettere la morale cattolica in dialogo, anche dialettico,
con la cultura, con le culture, anche con quelle di fronte alle quali
non sembra possibile altra via che quella dello contrapposizione e
della condanna.8
In questo periodo, l'impegno di Goffi per la creazione di una
nuova
tradizione
all'Associazione
teologico-morale
dei
teologi
è
moralisti
particolarmente
italiani,
di
cui
legato
è
stato
cofondatore (1966) e primo presidente fino al 1974; alla Rivista di
Teologia Morale (1969); e alla composizione dei nuovi Manuali
(Trattato di etica teologica, a cura di L. Lorenzetti, in tre volumi,
EDB, 1981 [seconda edizione 1991]; e Corso di Morale, da lui curato
insieme a G. Piana, in cinque volumi, Queriniana, Brescia 1984
[seconda edizione 1995].
In questo periodo in cui si elabora una
via italiana al discorso morale, particolare importanza assume la
Rivista di Teologia Morale. Al II Congresso (Assisi 1968), i membri
dell'Associazione
avvertirono
la
necessità
di
una
rivista
per
divulgare e confrontare le loro ricerche e studi. Il Centro editoriale
dehoniano,
interpellato
in
proposito,
mostrò
vivo
interesse
all'iniziativa e si impegnò ad avviarla in tempi brevi. Il 27 giugno
1968 si programmò il primo incontro per costituire il gruppo della
rivista.9 Il primo numero della Rivista è del 1969 (gennaio-marzo).
L'editoriale, «Perché una nuova rivista?», è firmato da Goffi.
«L'apparire di una rivista puo, oggi , suscitare _ scrive _ un istintivo
segno
di
protesta.
Esiste
tale
saturazione
di
pubblicazioni
periodiche che taluno invoca, perfino, una certa fusione delle riviste
8
esistenti, onde renderle più capaci a offrire un messaggio».10
Tuttavia egli appoggia la creazione della nuova rivista con una serie
di ragioni: innanzitutto perché in Italia mancava un periodico che si
dedicasse esclusivamente alla teologia morale; inoltre di fronte ai
profondi cambiamenti d'epoca la vecchia morale dei manuali si era
resa inadeguata e insufficiente, come aveva riconosciuto il concilio
Vaticano II; e infine i teologi moralisti italiani, che nel frattempo si
erano costituiti in associazione (1966), intendevano superare la
condizione di passivi fruitori del discorso morale elaborato altrove,
per divenire essi stessi soggetto creativo di ricerca e di proposta
morale.
Vicente Go'mez Mier osserva che «forse per discrezione,
Goffi non volle riferirsi in nessun modo a una realtà: molte riviste
italiane, allora, funzionavano come organi di espressione della
tradizione di ricerca della scuola romana e, sia permesso il
paragone, in quel momento potevano essere otri vecchi per il vino
nuovo della ricerca che i fondatori della Rivista di Teologia Morale
volevano realizzare».11
L'obiettivo che si voleva raggiungere era quello di delineare
una via italiana alla morale. «La Rivista di Teologia Morale è nata
con il proposito di essere espressione della ricerca teologica dei
moralisti italiani».12 Vent'anni dopo, in una visione retrospettiva, si
poteva constatare che «Gli autori sono tutti, salvo qualche rara
eccezione, italiani.
Si è voluto che la Rivista di Teologia Morale
fosse espressione, in bene e in male, della cultura teologica
italiana».13 In breve, la Rivista si proponeva di farsi strumento di
una via italiana alla riflessione morale.
comportava un duplice impegno.
appropriarsi
attivamente
del
Tale ambizioso progetto
In primo luogo, bisognava
discorso
morale
che
era
quasi
monopolio dei teologi moralisti della scuola romana. Rompere tale
monopolio non significava affatto rompere con il magistero della
Chiesa, ma riviverlo secondo l'ecclesiologia della Lumen gentium (e
cioè della Chiesa intera: fedeli laici, gerarchia, teologi), ciascuno
nel riconoscimento del proprio ruolo e competenza.
La fedeltà al
9
magistero non è mai stata messa in questione. «Anche se orientata
nella ricerca morale, raffrontata con la realtà d'oggi, la Rivista di
Teologia Morale intende dare fede alla verità nell'ossequio al
magistero della Chiesa. La Chiesa è il luogo dove la Parola divina
prende forma».14 Fedeltà al magistero non vuol dire limitarsi a
ripetere quanto il magistero ha detto, rendendo nullo il ruolo del
teologo anche nei confronti del magistero stesso.
riguardo, il card.
A questo
Garrone, allora prefetto della Congregazione per
l'educazione cattolica, al III Congresso nazionale dei teologi
moralisti italiani ricordava i secoli di pigrizia dei teologi moralisti
che si limitavano a passare le medesime tesi da un manuale a un
altro, nonostante i profondi cambiamenti socio-culturali intervenuti
in tema di matrimonio e di famiglia, per cui lo stesso magistero
andava ripetendosi con monotonia e astoricità.
In secondo luogo, la via italiana al discorso morale esigeva
un'indipendenza di pensiero da altri paesi europei, specie la
Germania e la Francia, che, fino agli anni '50 circa, avevano
esercitato un ruolo direttivo del pensiero teologico europeo.
In
questa direzione, già negli anni '70,si potevano constatare i primi
risultati con un crescendo di ori inalità e di valore nei lavori di
sistemazione e di critica nell'ambito anglo-sassone, italiano e
spagnolo. E’ quanto osservava F. Furger dell'università di Lucerna in
un
esame
condotto
su
centocinquanta
riviste
teologiche
del
quinquennio 1968-1972).15
III. IL CONTRIBUTO DI METODO E DI CONTENUTO
Il contributo di T. Goffi alla nuova tradizione di ricerca della
teologia morale lo si può verificare nella triplice prospettiva che
qualifica la teologia morale in quanto teologica: prospettiva biblicoteologica; storica; ed ecclesiale. Nel considerare tale triplice
prospettiva, la mia riflessione si limita al contributo che ha dato
alla morale fondamentale e generale, lasciando, al momento,
10
quanto ha scritto su argomenti specifici o particolari: matrimonio,
bioetica, politica, ecc.
Inoltre, il riferimento è prevalentemente ai
suoi scritti sulla Rivista di Teologia Morale.
1. Prospettiva (o dimensione) biblico-teologica
La prospettiva biblico-teologica è essenziale per la teologia
morale.
Il mancato o insufficiente riferimento alla parola di Dio è
all'origine della crisi della morale tradizionale.
Goffi osserva con
favore che «Attualmente, in teologia morale, si tende a collegare il
discorso norinativo in modo prevalente alla visione biblica.
Anche
se questo nuovo orientamento deve essere accolto con senso
critico, esso è espressione dello Spirito di Cristo nella comunità
ecclesiale. Ad esso bisogna rimanere fedeli come a una grazia del
Signore».16 Ma subito avverte: «Non si deve pensare che il
collegamento del discorso morale alla Sacra Scrittura sia facile. Si
pensa che (il teologo moralista) possa limitarsi avverte non senza
una punta di ironia - a raccogliere, a grandi bracciate, il lavoro
paziente degli esegeti e le dotte sistemazioni teologiche dei
biblisti. Si immagina che l'insegnante di morale si limiti a disporre
il risultato degli studi biblici entro i propri trattati morali. Al pari di
un signore che, in autunno, emigra verso la sua campagna, coltivata
da contadini, e vi raccoglie i bei grappoli d'uva, disponendoli
graziosamente entro il proprio cesto».
Qui esiste - osserva - una
grave confusione. «Si confonde etica biblica con teologia morale.
Una cosa - egli chiarisce - è l'ermeneutica biblica, altra è quella del
teologo moralista, che deve preoccuparsi di attualizzare il dato
normativo biblico in rapporto alla realtà concreta ed esistenziale. Il
teologo moralista è chiamato a fare _ conclude _ ermeneutica
esistenziale, la qual cosa è di per sé estranea al biblista».
Nella prospettiva biblica, l'etica può ricuperare la dimensione
profetica, che è «la dimensione fondamentalmente trascurata e che
bisogna _ non dico farla primeggiare tra le altre _ ma illuminarla
11
accanto
alle
diffusamente
altre
già
che
l'etica
tradizionalmente
come
profezia
note».17
(o
Goffi
nella
spiega
prospettiva
profetica) permette di superare sia un'etica idealista, da un lato, sia
un'etica sociologica o situazionale dall'altro; e insiste sulla funzione
formativa di un'etica profetica. In altre parole, si tratta di formare
a saper andare sempre oltre quanto già si sa, a livello normativo,
del disegno di Dio (oltre le norme già stabilite).
Nella
dimensione
profetica
si
può
adeguatamente
comprendere, a suo parere, il vero significato dell'inattualità del
messaggio etico cristiano, e, insieme, l'autentico significato del
compromesso.18
Per
Goffi
è
importante
usare
un
linguaggio
appropriato sull'inattualità del messaggio etico evangelico, in caso
diverso sì genera confusione ed anche illusione, o forse possiamo
dire frustrazione e quindi abbandono.
L'etica evangelica è etica
della perfezione ma della creatura finita e limitata, vale a dire che
la perfezione non sarà vissuta adeguatamente nella concretezza.
Egli chìarisce l'inattualità del messaggio etico cristiano con due
esemplificazioni: l'una relativa al comandamento dell'amore e /
l'altra all'autorità come servizio nella Chiesa. «Il dovere di amare
Dio con tutto il cuore è così totale e radicale da non essere
attuabile hic et nunc in modo perfetto e adeguato».
Cosi la
comprensione dell'autorità ecclesiastica come un servizio autentico
di carità ecclesiale, egli osserva che «Solamente in Cristo tale
prospettiva appare rispecchiata. Fra gli uomini l'autorità-servizio è
un ideale di carità escatologica, non mai vissuto adeguatamente
nella concretezza».
A questo punto, il discorso di Goffi si fa teologicopastorale,
collegando insieme la morale della perfezione con quella della
comprensione.
«Di
fronte
all'inattualità
del
messaggio
etico
cristiano non bisogna scoraggiarsi, abbandonando lo sforzo di
migliorare, né mostrando indignazione impaziente per quanto non
viene attuato... Bisogna avere paziente comprensione verso gli
uomini, anche se si situano sempre a metà strada tra il bene e il
12
male». In questo contesto, si comprende il significato e la funzione
del compromesso che consiste nel valorizzare la concreta possibilità
attuale che, a sua volta e nello stesso tempo, diviene ulteriore
possibilità di avanzamento.
Nella dimensione dell'etica profetica, vale a dire nel saper
indicare traguardi che vanno oltre la praticabilità contingente, pare
a Goffi di poter interpretare anche la norma dell'Humanae vitae. «La
morale cristiana deve prospettare non unicamente una condotta
spirituale, quale è attualmente praticabile, ma pure una prospettiva
di ideale in un certo qual modo escatologico. Il dovere di amare Dio
con tutto il cuore, ad es., è così totale e radicale da non essere
attuabile
hic
et
nunc
in
modo
perfetto
e
adeguato.
Di
conseguenza, lo stesso magistero può talvolta emanare una norma
etica, la quale può essere capita e valutata in tutto il suo
contenuto, soltanto in tempo successivo».
E cita K. Rahner che
parla di una Zielnorm (norma finale), per la quale non è chiaro che
possa essere realizzata veramente, nella sua obbligazione morale,
in ogni situazione storica, da ciascun individuo e da ogni gruppo
sociale.19
2. Dimensione storica (o della storia)
Il riferimento alla storia è essenziale dell'etica cristiana. La
morale cristiana è storica per il semplice fatto che è destinata a
essere contemporanea a ogni epoca storica. Per questo Goffi parla,
come si è precedentemente ricordato, della distinzione tra etica
biblica e teologia morale o tra ermeneutica biblica e ertneneutica
esistenziale che è estranea per sé al biblista ed è propria, invece,
del teologo moralista.
a:
Ancora più la dimensione storica della morale viene
chiarita quando riflette sulla morale evangelica, che è destinata a
inculturarsi o, meglio, acculturarsi come lui preferiva dire. «Si prefe-
13
risce usare l'espressione etica acculturata, per indicare una cultura
in cui il fermento evangelico è ancora in fase di realizzarsi; mentre
etica inculturata indica prevalentemente una cultura che testimonia
un proprio spirito cristiano già decisamente assimilato».
Goffi è
stato da qualcuno criticato quando ha esposto la morale in acculturazione marxista.20 Il suo pensiero, come penso, è stato equivocato
e forse strumentalizzato. Da un punto di vista metodologico, infatti, l'impostazione è esemplare.
Innanzitutto
chiarisce
che
«acculturazione
marxista
non
equivale per nulla a compromesso, ad adesione o a fusione con il
marxismo». Il punto di partenza è il fatto o fenomeno che domanda
interpretazione: «Il cristianesimo ha conosciuto la sua prima
esperienza di acculturazione marxista, non tanto nella sua dottrina
sociale, ma nell'esperienza concreta della comunità cristiana.
Il
marxismo lentamente e quasi inavvertitamente ha diffuso la propria
visione sociale tra gli stessi cristiani; ha mutato il loro stile di vita;
ha fatto accogliere comportamenti e atteggiamenti sociali nuovi; ha
suscitato sulle labbra del popolo di Dio slogans e detti sentenziosi;
ha saputo risvegliare nuove capacità di analisi sociali; ha conferito
un senso politico alle questioni personali».
egli
conclude
- di
rendersi
conto
Di qui la necessità -
criticamente del fenomeno
dell'inculturazione marxista avvenuta nell'esperienza cristiana.
La
comunità cristiana, poiché di fatto vive un'esperienza evangelica
integrata su talune prospettive marxiste, deve anche dal lato
teorico precisare in quali modalità possa formularsi una propria
etica in acculturazione marxista. Così facendo - osserva - si abilita
a vivere in modo più responsabile e più appropriato i valori
evangelici entro il contesto culturale odierno.
b:
La morale cristiana, che è (deve essere) inserita nella
storia, non soltanto può ma deve cambiare, pena il perdere di
contemporaneità e, quindi, di valere per tutti i tempi e per nessun
tempo.21 «Ogni epoca ecclesiale, se veramente fosse fedele alla
14
tradizione cristiana, dovrebbe presentare una propria teologia
morale, capace di riproporre il messaggio originale evangelico entro
la visione socio-culturale ed ecclesiale del proprio tempo.
Se
questo non si verifica, la teologia va peccando contro lo Spirito, non
sapendo corrispondere alla grazia del kairòs, non mostrando di far
colloquio con gli uomini del proprio tempo».
nell'epoca
attuale,
in
cui
è
dominante
industriale-democratica-secolarizzata
e
E aggiunge: «Se
una
in
cui
cultura
la
tecnico-
Chiesa
ha
conosciuto una profonda evoluzione post-conciliare, i teologi si
limitassero a presentare la teologia morale scolastica fiorita nel
grande medioevo, mancherebbero a un loro fondamentale dovere.
Ciò che qui viene esaminato non è propriamente se le affermazioni
dei moralisti siano vere o false, ma se con fiducia abbiamo
presentato il messaggio evangelico come rivoluzionamento nuovo
per ogni situazione od epoca. Per loro negligenza il vangelo nella
cultura odierna potrebbe non apparire credibile ...
Da qui l'impegnativa domanda: «La teologia morale può
ripresentare l'intramontabile messaggio evangelico in modo nuovo,
secondo la sensibilità degli uomini d'oggi?». Tale domanda non può
essere rimossa, dal momento che la teologia morale vuole essere
significativa e incisiva nella storia così da renderla storia di
salvezza.
Nella formulazione della domanda vi è anche la
consapevolezza che ogni
ripresentazione non è mai la
presentazione del messaggio evangelico.
Ci sono - secondo Goffi
tre metodi diversi che si propongono il medesimo obiettivo di
ripresentare oggi il messaggio evangelico. Tutti e tre - argomenta non sono soddisfacenti per il fatto che in tutti e tre il rapporto
Vangelo-cultura non trova soluzione adeguata: o si minimizza
l'aspetto evangelico oppure il dato culturale. «I moralisti odiemi
inclinano verso tre metodi, già usati e collaudati in passato. Gli uni
partono
dall'avvenimento
salvifico
attraverso riflessione teologica.
e
cercano
di
svilupparlo
In questa sistemazione teologica
dell'evento si fa uso implicitamente della cultura del proprio tempo;
15
si fa ricorso alla mentalità esistente.
Ma l'avvenimento salvifico
rimane l'elemento primario e quasi unico; secondario l'apporto
culturale [... ]. Altri teologi partono dalla cultura umanistica del
proprio
tempo,
cercando
di
interpretarla
con
la
sensibilità
evangelica. E un umanesimo etico a ispirazione cristiana, in cui le
categorie dominanti e le riflessioni portanti sono quelle culturali,
del proprio tempo.
Su una data etica culturale vengono inseriti i
valori evangelici
Altri teologi riducono il messaggio etico evangelico a un
compromesso
di
valori
d'umanesimo
personale
o
di
cultura
secolarizzata [...]». Come si vede, nessuna delle tre posizioni è
soddisfacente, in quanto il rapporto tra dato salvifico e dato
culturale è risolto trascurando l'uno o l'altro dei due termini in
questione. La soluzione va trovata, secondo Goffi, nel ripensare sia
il dato culturale in base al Vangelo sia quello evangelico in base a
quello culturale. «Oggi il teologo moralista è chiamato ad elaborare
teologicamente il messaggio morale evangelico e ad innestarlo
nella cultura presente.
Oltre che ripensare la cultura odierna su
dato biblico, il messaggio evangelico deve essere rimeditato nella
visione teologica e culturale oggi».
c. La dimensione storica o della storia dell'etica cristiana viene
approfondita ulteriomente quando Goffi parla del metodo narrativo
in
teologia
morale.22 Il metodo narrativo istruisce sui valori
narrando l'evento salvifico. «L'etica cristiana deve mostrarsi una
nonnatività ricavata non da una speculazione astratta, e neppure da
un annuncio dottrinale rivelato, ma dalla lettura dell'evento salvifico
che va fen-nentando nel vissuto umano e che la Parola ha saputo
indicare e chiarire in modo autentico... Essa deve far emergere i
valori normativi, mentre narra la storia della salvezza come si è
venuta svolgendo dall'inizio fino ai tempi presenti; mostrare come il
vissuto umano-ecclesiale odierno sia un cambiamento-continuità di
quello dell’Antico e del
Nuovo testamento; come gli eventi non
16
siano
resi
presenti
in modo finito, ma unicamente momenti
paradigmatici destinati ad evolversi fino all'attuazione assoluta nel
secolo futuro; come i fatti legati al tempo facciano trasparire il
volere divino che tutto orienta verso l'ultimo escatologico Kairòs».
E chiarisce: «la teologia morale non è sollecitata a narrare fatti per
presentare applicazioni concrete ai propri principi etici, né narrare
semplicemente la storia o la cronaca delle vicende umane, né
tratteggiare la situazione sociologica presente, ma mostrare come
in essa e con essa si colgano i valori evangelici, come negli
avvenimenti si possa e si debba vivere la salvezza personalecomunitaria, come valutare e vivere le situazioni nella fede».
Il metodo narrativo in teologia morale («indicare i valori cristiani che emergono dalla storia salvifica vissuta»), non dispensa
certo dalla riflessione speculativa e dottrinale, «ma è sempre una
sistematizzazione dottrinale che deve apparire in permanente stretta dipendenza dal vissuto storico salvifico, così da mostrarsi tutta
attenta ad aggiornarsi nel suo snodarsi storico».
3. Dimensione ecclesiale
E’ un'altra dimensione o prospettiva caratterizzante la morale
cristiana.
La morale cristiana si qualifica come morale ecclesiale
per diversi fattori:
a:
La comunità cristiana è luogo della conoscenza della
verità morale, contro ogni forma individualistica.23 «Il cristiano è
invitato a superare le proprie ottusità nel leggere il volere divino
nelle situazioni concrete, non solo favorendo sempre più la propria
pneumatizzazione da parte dello Spirito di Cristo, ma ricordando che
la visione della verità etica è percettibile solo in dimensione
ecclesiale. Come lo Spirito comunica la grazia pasquale ai singoli in
quanto membri del popolo di Dio, parimenti non sappiamo leggere il
disegno divino se non come il corpo mistico ecclesiale. In pratica,
17
ognuno deve partecipare all'altro quella luce dello Spirito che riesce
a cogliere quefl'aspetto particolare che ritiene espressivo della
volontà del Padre, quel senso evangelico che percepisce nell'ascolto
della Parola, quell'orientamento al bene che intuisce nella condotta
della comunità ecclesiale. Questo non tanto per imporre la propria
prospettiva come l'unica vera, ma per giungere attraverso il
raffronto con le altrui prospettive ad una percezione più autentica
del volere divino.
"Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io
sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20). Nella comunità ecclesiale, anche
in relazione alla conoscenza etica, a ciascuno è affidato un carisma,
affinché lo integri in quello degli altri e per gli altri.
Se fosse
vissuto isolatamente esso apparirebbe sfigurato e privo della sua
autentica realtà cristica».
La conoscenza della verità etica è raggiunta nella Chiesa ma
aperta all'umanità intera nella valorizzazione dell'apporto di tutti.
La sua motivazione è teologica: lo Spirito diffonde i suoi carismi in
tutta l'umanità. «Solo attraverso l'integrazione reciproca dei carismi
molteplici sparsi tra tutti gli uomini salvati in Cristo è possibile percepire l'integrale luce che lo Spirito diffonde nell'intimo della propria
storia».
b:
Vi è un altro fattore che fonda la dimensione ecclesiale
della morale cristiana: il vissuto o la prassi cristiana sono fonti
della conoscenza della verità morale.24 «I valori etici acquistano la
loro nativa ricchezza evangelica se vissuti nella prassi ecclesiale.
In tale situazione appaiono relazionati alle esigenze di oggi; si
manifestano tradotti nella cultura del tempo; si esprimono nelle
problematiche correnti; si mostrano animatori delle aspirazioni
spirituali dominanti. Nella comunità cristiana, i valori etici appaiono
diffusi per iniziativa, più che dei singoli cristiani, dei carismi dello
Spirito Santo».
Ritiene che questo' sia il pensiero del concilio
Vaticano Il quando invita a cogliere il senso cristiano della vita "alla
luce del Vangelo e dell'esperienza umana".
Si intende indicare
18
come fonte dell'etica il Vangelo che fermenta nell'esperienza
umana, l'evento che lievita nella prassi cristiana, lo spirito di Cristo
impegnato a liberalizzare l'attuale società».
D'altra parte, la prassi ecclesiale non diventa immediatamente
fonte di conoscenza etica, in quanto resta sempre sotto la categoria
della grazia ma anche del peccato.
La prassi ecclesiale richiede
pertanto discernimento secondo alcuni criteri. «La prassi ecclesiale
non è perspicuamente limpida nello svelare e comunicare i valori
operativi cristiani.
profeticamente
Deve essere considerata con discemimento
critico
e,
insieme
raffrontata
con
altre
fonti
normative di spiritualità. I cristiani, nel cogliere i valori salvifici
della prassi ecclesiale, devono contemporaneamente ascoltare i
carismi profetici esistenti presso i fedeli; devono lasciarsi illuminare
dalle
nonne
pubblicamente
già formulate; soprattutto devono
mostrarsi docili alle direttive del magistero della Chiesa.
Tutti
questi sono aiuti integrativi necessari; sono verifiche esteriori
irrinunciabili; sono guide magistrali fondamentali, in quanto i valori
salvifici (pasquale, liberante, caritativo) appaiono vissuti e praticati
in una chiesa "che comprende nel suo seno i peccatori, una chiesa
santa insieme e sempre bisognosa di purificazione" (Lumen gentium
8)».
c: La morale cristiana come morale ecclesiale viene esplicitata
anche quando Goffi parla del ruolo del teologo.25 «Il teologo morale,
per ufficio, ricerca, studia, elabora e comunica l'etica cristiana. Non
presenta la morale come se fosse incontrastato possessore di essa... Il moralista è chiamato a testimoniare nella chiesa come si accede alla verità morale in maniera ecclesiale. Egli deve procedere
avvalendosi dei carismi di tutti e secondo la loro portata.
La sua
esposizione etica deve essere arricchita delle conoscenze indicate
dai molteplici doni elargiti nella chiesa dallo Spirito e in una loro integrazione vicendevole. Fra questi doni in primo luogo vanno ricordati: il carisma dello Spirito, il carisma della testimonianza popolare
19
dei fedeli, il carisma della scienza morale».
Il lavoro del teologo
non si sovrappone alla morale che emerge dalla comunità cristiana,
ma la individua e la serve, dando ad essa una approfondimento anche teorico, si fonda sullo «Spirito che è diffuso in tutta la comunità
cristiana».
d: Infine, la dimensione ecclesiale della morale è esplicitata
quando descrive il ruolo del magistero gerarchico.26 Il vissuto
ecclesiale è al centro del magistero ecclesiale. «Il magistero in via
normale è chiamato a cogliere la verità salvifica in forma critica
(ossia alla luce della Parola e della tradizione) sul vissuto spirituale
del popolo di Dio... Il magistero non è fatto per sostituire lo Spirito,
non è incaricato di svolgere un potere magisteriale divenuto
vacante, non è l'annunciatore del volere del Signore che si è reso
assente. Il magistero gerarchico è autentico, giacché si impegna e
di fatto riesce ad essere in attuale dipendenza dallo Spirito di
Cristo».
D'altra parte, il riferimento al vissuto etico dei fedeli non si riduce a prendere atto o registrare acriticamente i comportamenti. Il
magistero deve nello stesso tempo aiutare la comunità ecclesiale a
orientarsi sempre più evangelicamente. E’ questo un suo compito, il
problema è piuttosto quello del metodo, del come trasmettere la
verità etica. Bisogna evitare che si pensi che la fede cristiana si riduca a etica, che il Vangelo sia ridotto a un codice di norme conservate scrupolosamente nella Chiesa e sui cui sarà dettata la sentenza finale. «è- augurabile che il magistero gerarchico inciti il popolo
fedele a raffrontare le proprie posizioni essenziali su dati valori evangelici; a impegnare la propria condotta privata e pubblica su linee di fede; a incoraggiare verso una testimonianza cristiana nell'oggi armonizzata sulla grande tradizione spirituale evangelica; a
considerarsi in continua dipendenza dallo Spirito di Cristo; a mostrarsi istruibile anche verso le forme nuove a cui la comunità eccle-
20
siale si apre; a essere l'araldo che annuncia quanto il Signore attesta nell'oggi».
IV. MORALE POSTCONCILIARE INSODDISFACENTE?
L'identità della teologia morale, in quanto teologica, è
caratterizzata da queste tre dimensioni, che abbiamo delineato.
Ora,
sembra
a
Goffi
che
l'andamento
della
teologia
morale
postconciliare sia poco teologico, soprattutto per un difetto di
prospettiva
biblica.
L'andamento
della
teologia
morale
postconciliare non è, secondo lui, soddisfacente. Nel 1989, così si
esprime:
«La
dottrina
morale
cattolica,
pur
mostrando
alta
venerazione per la parola evangelica, in concreto l'ha abbandonata.
Ha preferito essere voce universale di valori umani che vengono
affiorando nel vissuto di tutti i popoli».27 In questo deficit due
ambiti sono, secondo lui, esemplari: l'etica della solidarietà e l'etica
sessuale coniugale. Sono due aree dove appare che tali etiche non
sono ben formulate nella loro prospettiva evangelica.
non
è
soddisfatto
del
rinnovamento
della
Insomma,
teologia
morale
postconciliare: «Attualmente la teologia morale è semplice etica
umana situata in un orizzonte limitato di fede.
Invita il cristiano
alla precomprensione della realtà in vista dell'attuazione della
propria umanità. La rivelazione non gli reca novità contenutistica di
norme nuove.
culturale.
Il senso morale si ricava dall'umano in evoluzione
Così che la cultura laica secolare influenza più la
comunità ecclesiale di quanto il Dio della fede influenzi le culture
modeme. E lontano il tempo in cui il concilio ecumenico IV sanciva:
”Abbiamo stabilito che il vescovo abbia l'autorità della filantropia”
(c. 16), cioè di orientare i fedeli alla legge evangelica».
In altre
parole, la morale postconciliare, secondo Goffi, è lodevolmente
umanistica, ma con il rischio di rimuovere la pertinenza della fede in
ordine all'agire umano. «E’ un'etica umana, ma l'etica cristiana non
è semplicemente umana».
Forse è questo uno dei motivi che lo
21
spinge a dedicarsi alla spiritualità, non per evadere dall'etica, come
molti hanno commentato, ma per ricuperare la pertinenza della fede
in ordine all'agire umano.
Negli anni '80, nella sua riflessione
predominano lavori nell'ambito della spiritualità. E il terzo periodo
dell'attività scientifica di Goffi dedicata ad approfondire il rapporto
morale-spirituale. Egli è tra i pochi teologi moralisti cattolici che si
sono dedicati a tale questione molto coltivata in Oriente, poco o
scarsamente
in
Occidente.
Nella
tradizione
occidentale
rapporto è stato risolto spesso in termini di dualismo:
da
tale
una
parte, lo spirituale per delle élites, l'etico per tutti, dall'altra. Goffi
considera invece l'etico e lo spirituale in un rapporto di reciprocità
così che l'uno presuppone ed esige l'altro. Lo spirituale non annulla
l'etico (né ispira atteggiamenti integralistici) e l'etico, a sua volta,
ha bisogno di aprirsi e ravvivarsi nello spirituale (pena il decadere in
sterile moralismo). «Al presente il cristiano, per una propria amabile
vita aperta al trascendente, percepisce la necessità della fede con i
propri
contenuti
e
norme.
Apprezza
il
proprio
agire
contemporaneamente esprime anche un aspetto spirituale.
se
Un
discorso etico sia virtuoso sia spirituale deve essere offerto tanto al
credente che al non credente, perché lo Spirito è operante in ogni
vissuto umano».28
V. CONCLUSIONI E NUOVI ORIZZONTI
Vorrei concludere con tre considerazioni: l'evoluzione del
pensiero
teologico
di
Goffi;
l'esemplarità
del
suo
legame
intergenerazionale; la sua descrizione del ruolo del teologo del
futuro.
1. L'evoluzione del suo pensiero teologico-morale
Goffi parla di tre tappe attraverso le quali ha maturato il suo
pensiero teologico-morale.
Nel 1984, al termine del suo libro,,
22
L'esperienza spirituale oggi, scrive: «Un teologo mi raccontò il suo
itinerario sapienziale. Incominciò dedicandosi alla bontà strutturale
canonica; in seguito divenne un esperto della riflessione etica;
infine, rivelò con soddisfazione di essere maturato teologicamente
nella meditazione spirituale».( Dieci anni dopo, in Etica cristiana
trinitaria,29 che è tra gli ultimi scritti, rivela una quarta ed ultima
fase del suo cammino, forse meno conosciuta anche da chi gli era
vicino.
Dopo aver confidato: «Ho abbandonato il campo etico per
dedicarmi con parole e scritti a quello spirituale», confessa che non
è pervenuto al traguardo ultimo. Si sente chiamato ad andare oltre
la stessa riflessione sullo spirituale: «L'amore al discorso spirituale
rappresenta unicamente un passaggio pur sempre all'interno di mie
riflessioni: da quelle etiche a quelle spirituali.
rimanere entro propri pensieri».
E sempre un
Ed ecco la nuova prospettiva: si
tratta di «far zittire le mie riflessioni, lasciar cadere le parole mie,
trascurare i miei sentimenti così da situarmi nel solo ascolto del tuo
Spirito». Avverte come rivolto a lui il rimprovero di Maister Eckhart:
«Rinnega il tuo Dio spirituale; vedi se puoi incontrare il Dio reale ...
». Come interpretare questa volontà di abbandonare la riflessione in
generale compresa quella spirituale?
E certamente più che un
bisogno di passare dalla teoria alla pratica, dal pensiero al vissuto.
Sembra di scorgervi un richiamo a un vissuto mistico dove la stessa
teorizzazione è, in qualche modo, di ostacolo e va comunque
relativizzata.
In questa quarta ed ultima fase, le ragioni dello
studioso si fondono e si confondono con quelle del credente così
che resta difficile distinguere le une dalle altre.
Saremmo
lontani
da
una
valutazione
oggettiva
se
pensassimo che Goffi sia passato dall'altra all'altra fase per
semplice
successione,
si
tratta
piuttosto
di
un
processo
di
integrazione, dove la fase successiva supera, integrando, quella
precedente, e dove quella successiva porta a ricuperare e leggere
quella precedente.
23
2. Collaborazione tra generazioni diverse
E’ una caratteristica della sua attività: scrive individualmente,
partecipa a opere collettive come direttore o come semplice
collaboratore con teologi della seconda e della terza generazione
del concilio Vaticano II. «Certamente anche altri autori, hanno
contribuito al formarsi, dopo il 1965, di una tradizione. Per quanto
riguarda il legame tra la prima, la seconda e terza generazione del
concilio, nell'ambito della teologia morale, Goffi è una figura
eccezionale».30 «Nel periodo di cambiamenti successivo al concilio
Vaticano II era anche importante scrivere opere in collaborazione
con le nuove generazioni di teologi moralisti».
Tra le opere numerose collettive sono, in primo luogo, i due
manuali: il Trattato di etica teologica, in tre volumi, edito dalle
Edizioni dehoniane di Bologna, a cura di L. Lorenzetti
e il
Corso di Morale, in cinque volumi, edito dall'Editrice Queriniana di
Brescia, curato da Goffi insieme con G. Piana. A Goffi, quale autore
della prima generazione, viene riconosciuto un ruolo sapienziale
rispetto agli autori più giovani.
Nel Trattato i contributi maggiori
sono degli autori della seconda generazione, «che però - si osserva
- è assistita dalla saggezza di quelli della prima generazione»31 ...
Analoga conclusione per il Corso:32 «T.
Goffì, nel Corso, ricorda
simbolicamente il biblico autore sapienziale: da una parte, lascia
parlare lungamente autori di generazioni più giovani e persino più
erudite e, d'altra parte, si preoccupa soprattutto che non manchino
le parole della saggezza, in quelle parti in cui l'etica cristiana
prende la forma di una teologia sapienziale».
Gómez Mier
evidenze, tra gli altri, due momenti che ritiene emblematici della
capacità
di
Goffi
di
inserirsi
intergenerazionale: il primo, Goffi
in
una
collaborazione
a assieme a G. Piana (nato nel
1939), le 48 pagine del capitolo 1 del vol. II, Il vissuto personale
virtuoso. «Egli quindi lascia che il suo pensiero si arricchisca e si
completi unendosi al pensiero di un autore nato 27 anni dopo»; il
24
secondo (parte finale del 1 volume), Goffi si limita a continuare
l'ampio discorso in 19 pagine sulle Virtù cardinali e teologali di F.
Compagnoni (nato nel 1941), aggiungendo le sue 7 pagine di
teologia sapienziale. «Sono due fatti _ conclude Gómez Mier _ che
dimostrano come T. Goffi sia riuscito a mantenersi in contatto vivo
con gli autori della seconda e terza generazione del concilio.
Questo è tanto più importante, in quanto l'assenza di autori con
queste caratteristiche è una delle cause dei conflitti che, dal 1965,
si sono verificati in vari cattolicesimi locali».
3.
Il ruolo del teologo moralista del futuro
Si può rileggere un testo dove Goffi descrive una tipologia
del teologo moralista del futuro..
33
Questo testo è del 1993, quindi
del periodo in cui si dedicava ormai da alcuni anni ad approfondire
la dimensione spirituale della vita e dell'etica cristiane.
Questa
pagina è un'ulteriore conferma che lo spirituale non era per lui
evasione
dall'etico,
ma
prospettiva
entro
cui
comprendeva
e
orientava l'etico, l'umano, lo storico.
Il ruolo del teologo moralista del futuro è da lui delineato in
rapporto ad altrettanti sfide (o problemi nuovi) a cui il teologo
moralista è chiamato a rispondere: la sfida del cambiamento rapido
e profondo; la sfida di un nuovo metodo di giudicare; la sfida
dell'etica laica o, meglio, delle etiche laiche; la sfida della necessità
di un ethos mondiale; la sfida del pluralismo delle confessioni
cristiane e delle religioni.
Su ognuna di queste sfide _ che non sono da considerare
solo come rischi ma anche come opportunità _ Goffi dà una sua
valutazione e propone un orientamento in termini essenziali. Ecco
il testo nei diversi passaggi, che ho sommariamente anticipato:
- «Il tempo presente, aperto a mutamenti estremamente
rapidi, richiede di accogliere criticamente valori fino ad ora inediti.
Certamente tutto ciò è stato operante in ogni epoca ecclesiale.
25
Oggi sembra che i mutamenti si susseguono più profondi e più
avvicinati. Ogni cultore di etica ha modo di prendere coscienza di
essere facilmente superato di fronte a ulteriori richieste emergenti.
Deve educarsi ad avere uno sguardo proteso verso il futuro... Oggi
una novità clamorosa suscita generale interesse e accoglienza
appassionata; ingenera un corrispondente modo di osservare e
giudicare;
crea
una
forma
inconsueta
di
mentalità;
interdipendenza fra ambiti già prima indipendenti.
ricordare
come
l'invenzione
cibernetica
ha
genera
Si potrebbe
rivoluzionato
il
tradizionale modo di pensare, comunicare e lavorare.
«In particolare il teologo moralista ha abbandonato il suo
consueto metodo di riflessione che si raccoglieva esclusivamente
sulle singole azioni o situazioni. Preferisce indagare sul senso etico
emergente dall'insieme personale e comunitario.
Onnai affronta i
singoli ambiti (economico, politico, culturale, ecc.) in un'ottica
interdipendente planetaria. «Il laicato non appare più passivamente
recettivo del discorso etico ecclesiale.
Esso ama tratteggiare un
proprio sistema etico almeno in relazione all'ambito della propria
competenza professionale.
L'etica laica, proprio per il fatto di
ritenersi legittimata a fondarsi sulla razionalità personale, conosce
molteplicità di possibili normative, di proposte morali e di visioni
culturali eterogenee.
E il teologo morale deve mostrarsi uno
stratega nel dibattito fra sistemi etici laici in se stessi proclamati
rispettabili.
- «Il teologo moralista avverte che i popoli si mescolano;
masse enormi di immigrati passano da una nazione ad un'altra;
credenti e non credenti si incontrano, maschi e fenunine vivono in
generalizzata promiscuità.
Questa nuova umanità può accettare
l'etica cristiana come l'unica vera? O ha bisogno che si formi un
unico costume internazionale con la collaborazione delle varie
culture e delle grandi religioni?
- «Il teologo moralista odierno è
stato orientato dal concilio Vaticano II a verificare la bontà del
proprio discorso morale sulla Parola.
Un impegno altamente
26
favorito dalla odierna esegesi.
Tuttavia la Parola è diversamente
interpretata e usata in teologia morale a seconda delle chiese
confessionali. Essa non appare proponibile con finalità apologetica
in favore della propria comunità ecclesiale, sconfessando le altre
etiche cristiane.
Nello spirito ecumenico, le etiche delle varie
chiese appaiono unite nell'ispirarsi primariamente insieme sullo
Spirito di Cristo.
- «Il teologo morale odierno è consapevole che
lo Spirito di Cristo è operante nell'intimo dell'intera storia umana.
Si sente sollecitato al dialogo inter-religioso allo scopo di orientare
vaste popolazioni di credenti a percorrere vie proprie per assestarsi
in modalità sempre più autentica entro la fede adorante il Dio
creatore e rivelatore.
H.G. Gadamer asseriva: "Chi non ha un
orizzonte (vasto) è un uomo che non vede abbastanza lontano e
perciò sopravvaluta ciò che gli sta vicino.
Avere un orizzonte
significa, invece, non essere limitato a ciò che è più vicino, ma
sapere vedere al di là di questo.
Chi ha un orizzonte sa valutare
correttamente all'interno di esso il significato di ogni cosa secondo
la prossimità e la lontananza, secondo le dimensioni grandi e
piccole" (H.G. Gadamer, Verità e metodo, Milano 1983, 353)».
Certamente
il
contesto
socio-culturale
rispetto ai tempi del concilio Vaticano II.
è
molto
diverso
Sembra di dover
riconoscere che la fase postconciliare si stia chiudendo e se ne stia
aprendo un'altra. Questa pagina di Goffi può essere letta come una
sorta di Manifesto della nuova fase che la teologia morale deve
saper percorrere.
Goffi l'ha intravista con chiarezza, l'ha percorsa
per un certo tratto.
Avvicinare e approfondire il suo pensiero può
aiutarci a proseguire con la sua stessa passione nel presentare «le
verità da credere e da applicare nella vita in forma corrispondente
alla sensibilità e agli interrogativi degli uomini del nostro tempo»
(cf. Veritatis splendor 29).
NOTE
27
1
LORENZETTI L., «In ricordo di Tullo Goffi», in Rivista di Teologia
Morale 28(1996)112, 463-466.
2
PLÉ A., Per dovere o per piacere? Da una morale colpevoliz-
zante a una morale liberatrice, Gribaudi, Torino 1967, 93-112.
3
GÓMEZ MIER V., La refundación de la moral catolica. El cambio
de matriz disciplinar después del Concilio vaticano II, Editorial
Verbo Divino, Estella 1995, 464; tr. it. La rifondazione della morale
cattolica. Il cambiamento della "matrice disciplinare" dopo il concilio Vaticano II, EDB, Bologna 2002.
4
GOFFI T., L'esperienza spirituale oggi. Linee essenziali della
spiritualità cristiana contemporanea, Brescia 1984.
5
GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 466.
6
GOFFI T., Morale pasquale, Queriniana, Brescia 1968.
7
ZAHN G., in Concilium (1993)4, 60.
8
GOFFI T., Etica cristiana in acculturazione marxista, Querinia-
na, Brescia 1975.
9
LORENZETTI L., «I venti anni della Rivista di Teologia Morale»
1968-1989)», in Rivista di Teologia Morale 21(1989)84, 10.
10
GOFFI T., «Perché una nuova rivista?», in Rivista di Teologia
Morale 1(1969)1, 13.
11
GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 415.
12
GOFFI, «Perché una nuova rivista?», 14.
13
LORENZETTI, «I venti anni della "Rivista di Teologia Morale"»,
14
GOFFI, «Perché una nuova rivista?», 14.
15
LORENZETTI, «I venti anni della Rivista di Teologia morale»,
10.
11.
16
GOFFI T., «L'uso della parola di Dio in teologia morale», in
Rivista di Teologia Morale (19ìM9, 13-24.
17
GOFFI T., «Etica come profezia», in Rivista di Teologia Morale
(1973)18, 221-236.
18
GOFFI T., «Etica della totalità», in Rivista di Teologia Morale
(1973)19, 347-360.
28
19
GOFFI T., «Il valore della norma proposta e l'obbedienza del
cristiano», in Rivista di Teologia Morale (1969)1, 43.
20
GOFFI T., «Etica sociale cristiana in acculturazione marxista»,
in Rivista di Teologia Morale (1980)45, 83-93
21
GOFFI T., «Etica come cristiana», in Rivista di Teologia Morale
(1974)21, 9-28.
22
GOFFI T., «Etica cristiana narrativa», in Rivista di Teologia
Morale (1980)47, 345-352.
23
GOFFI T., «Presupposto teologico alla lettura del fenomeno
morale oggi», in Rivista di Teologia Morale (1984)61, 103-116.
24
GOFFI T., «Etica come cristiana», in Rivista di Teologia Morale
(1974)21, 9-28.
25
GOFFI T., «La funzione del teologo moralista nella Chiesa», in
Rivista di Teologia Morale (1979)44, 583-584.
26
GOFFI T., «Magistero ecclesiale ed etica cristiana», in Rivista
di teologia Morale (1984)63, 431-440.
27
GOFFI T., «La morale cristiana è semplicemente umana?», in
Rivista di Teologia Morale (1989)84, 87-90.
28
GOFFI T., Etico-spirituale. Dissonanze nell'unitaria armonia,
EDB, Bologna 1984.
29
GOFFI T., Etica cristiana trinitaria, EDB, Bologna 1995.
30
GÓMEZ MIER V., La refundación de la moral catolica. El
cambio
de matriz disciplinar después del Concilio vaticano II, 464.
31
GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 426-427.
32
GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 464-465.
33
GOFFI T., «Verso nuove prospettive etiche», in Rivista di teo-
logia Morale (1993)100, 556-557.