Luigi Lorenzetti IL RINNOVAMENTO DELLA TEOLOGIA MORALE IN ITALIA ORIENTAMENTI DI METODO E DI CONTENUTO DI TULLO GOFFI Ho* accolto volentieri l'invito dello Studio Teologico «Paolo VI» di intervenire all'inaugurazione dell'Anno Accademico 1999 dedicata a Tullo Goffi, non perché mi senta all'altezza del compito che mi è stato affidato, ma per l'amicizia e la riconoscenza che mi legano al compianto grande teologo moralista. Con ammirazione possiamo mostrare il contributo determinante di Goffi al rinnovamento della teologia morale sia a livello di metodo sia di contenuto, ricostruendo, sia pure per tratti essenziali, la sua intensa attività prima e dopo il concilio Vaticano II. Tullo Goffi è certamente tra i teologi moralisti di cui parla la Veritatis splendor (1993) quando ricorda, a distanza di trent'anni dal concilio Vaticano II, quanto si è fatto per rendere la morale cristiana, in quanto disciplina teologica, espressiva e manifestativa del messaggio morale del Vangelo. «Lo sforzo di molti teologi sostenuti dall'incoraggiamento del concilio, ha già dato i suoi frutti con interessanti e utili riflessioni intorno alle verità della fede da credere e da applicare nella vita, presentate in forma più corrispondente alla sensibilità e agli interrogativi del nostro tempo» (VS 29). Riflettere sul rapporto tra teologia e morale, fede e vita, e renderlo contemporaneo al proprio tempo, è compito del teologo moralista. Goffi vi ha dedicato una vita, la sua esistenza di uomo, di credente, di sacerdote della diocesi di Brescia.l La teologia è discorso su Dio, che si si è rivelato compiutamente in Cristo e nel suo Spirito; è comprensione, sempre * Questo contributo è stato pubblicato nel volume C. BRESCIANI (a cura di), Tullo Goffi, Morcelliana, Brescia 2001, 29-54. 2 imperfetta, del disegno di salvezza che si attua nel tempo e nella storia. Pertanto il discorso teologico, in quanto discorso su Dio, non si riduce certamente a morale, ma fonda e origina una morale corrispondente. Vi è uno stretto legame tra teologia e morale: quello che è accaduto, da parte di Dio (teologia), fonda quello che deve accadere anche da parte dell'uomo (morale); l'essere cristiano (teologia) fonda l'agire da cristiano (morale). Il collegamento tra fede e vita può rompersi, purtroppo, a livello di vissuto: «In realtà, i criteri di giudizio e di scelta assunti dagli stessi credenti si presentano spesso, nel contesto di una cultura ampiamente scristianizzata, estranei o perfino contrapposti a quelli del Vangelo» (VS 88); ma può rompersi, come di fatto è accaduto, a partire dal secolo XVI, anche a livello di riflessione teorica e sistematica. La morale teologica, come disciplina teologica, era poco teologica, aveva interrotto il suo legame intrinseco con la parola di Dio. Così si può comprendere la forte raccomandazione del concilio Vaticano II per una revisione di tutte le discipline teologiche, mediante un contatto più vivo col mistero di Cristo e la storia della salvezza: e, per la teologia morale, si precisa: «Si ponga speciale cura nel perfezionare la teologia morale, in modo che la sua esposizione scientifica, maggiormente fondata sulla Sacra Scrittura, metta in luce l'altezza della vocazione dei fedeli in Cristo» (Optatam totius 16). La morale, come era esposta nei libri di testo (i manuali), era del tutto impari a rispondere a questo progetto. 3 I. IL CONCILIO VATICANO II 1. Un prima e un dopo della teologia morale/morale cristiana In una logica di continuità/discontinuità, il concilio Vaticano II chiude una tradizione e ne apre un'altra: chiude la tradizione della cosiddetta morale dei manuali che, dal secolo XVI, arriva ininterrottamente fino al nostro tempo. La morale si qualificava prevalentemente, anzi quasi esclusivamente, nel ricordare «cosa non bisogna fare», piuttosto che «cosa bisogna fare»; più esperta nell'analisi dei peccati e della loro distinzione secondo il genere e la specie, meno nella presentazione delle virtù e dei valori; più preoccupata di formare le coscienze nel privato, meno nel pubblico (economia, politica, cultura, ecc.); più attenta a valutare l'atto umano considerato a se stante, meno preoccupata di contestualizzarlo nell'insieme della vita personale e comunitaria. L'esigenza di ripensare il metodo e il contenuto si era fatta sentire dentro e fuori la Chiesa già dagli anni '50. Era ormai chiaro che la morale, elaborata dal concilio di Trento in poi, non reggeva di fronte ai cambiamenti empirici e concettuali che si erano verificati nel corso degli ultimi secoli. D'altra parte, non si notavano grandi segni di cambiamento cosi che, all'apertura del concilio Vaticano II, la riflessione morale è arrivata impreparato. I teologi moralisti convocati erano pochi, per di più chiamati in un secondo tempo e dirottati nell'elaborazione di quella che è ora la costituzione pastorale La Chiesa nel mondo. Come si sa, il concilio Vaticano II non ha prodotto nessun testo o documento esplicitamente dedicato alla morale. Lo schema preparatorio, De ordine morali, è stato rimosso e non sostituito da alcun altro, come invece è avvenuto per altre discipline teologiche. Si spiega così l'assenza di un testo o documento del concilio sulla teologia morale/morale cristiana. Il concilio tuttavia ha auspicato fortemente che la teologia morale, in quanto disciplina teologica, si 4 rinnovasse e ne ha indicato le direttrici (cf. Optatam totius 16): la strada era chiaramente indicata ma era tutta da percorrere. Ora siamo in grado di verificare il percorso compiuto in questi ultimi decenni. La Veritatis splendor (1993) traccia, nella seconda parte, un bilancio segnalando, come in ogni bilancio, voci in passivo e in attivo. Come valutazione globale della nuova teologia morale, il giudizio è positivo. Si riconosce che si è profondamente rinnovata, cosi da rendere superflue e superate le critiche avanzate da più parti, dentro e fuori la Chiesa, talora anche in modo radicale, come quelle, ad es., di un moralista francese, A. Plé, che qualifica la morale tradizionale con questi aggettivi: «una morale "cristiana" non cristiana; una morale mutilante; una morale che favorisce l'infantilismo; una morale asservita all'autorità politica; una ideologia di classe; una morale sacralizzata; una morale legalistica e casistica; una morale aprioristica; una morale depauperatrice di energie»; e «altri aspetti negativi della morale "tradizionale"».2 Tale critiche sono fortunatamente datate. La teologia morale, come disciplina teologica, si è profondamente rinnovata, come riconosce la Veritatis splendor al numero 29 citato all'inizio. 2. Gli innovatori Se così è, non si può non riconoscere i meriti di teologi moralisti che si sono impegnati a presentare, in base al Vangelo, una morale più corrispondente alla sensibilità e agli interrogativi degli uomini del nostro tempo; una morale chiaramente teologica ma non per questo arazionale o irrazionale; una morale pertanto della fede e, insieme, della ragione. Noi parliamo a distanza di oltre tre decenni dal concilio Vaticano II. Nel frattempo, nei Seminari e nelle Università pontificie e nelle Scuole di formazione teologica, i manuali tradizionali sono scomparsi, troviamo quelli nuovi, che sono frutto del lavoro e dell'impegno di teologi moralisti che hanno preso sul serio la raccomandazione del Concilio vaticano 5 II che domandava di qualificare teologicamente l'esposizione della morale, cosi da renderla idonea a rispondere, in base al Vangelo, alla diffusa domanda etica del nostro tempo. Tra questi, Goffi occupa un posto di primo piano per quantità e qualità dì produzione teologico-morale. Sono convinto che la storia della teologia morale riconoscerà in lui uno dei teologi moralisti più creativi, intuitivì e preparati del secolo che sta per chiudersi. Goffi, nato nel 1916, appartiene alla prima generazione del concilio. «Rappresenta bene _ osserva lo spagnolo Gómez Mier, attento studioso dell'evoluzione della teologia morale prima e dopo il concilio _ il gruppo di autori cattolici che nel 1962 avevano raggiunto la piena maturità intellettuale e, identificati con il progetto del concilio Vaticano II, avrebbero contribuito alla formazione di una nuova tradizione di ricerca».3 D’altra parte, la nuova tradizione che sì stava imponendo non ha avuto un percorso indolore e pacifico. «Nel decennio 1965-1975 la ricostruzione della morale favorita dallo stesso concilio produsse effetti dirompenti e nello stesso tempo suscitò reazioni involutive. Per questo nell'immediato postconcilio, furono pochi i moralisti cattolici, tra i 45 e i 55 anni, con un prestigio intellettuale che permettesse loro di orientare la ricostruzione collaborando con autori della generazione successiva e rendendo, in questo modo, possibile un cambiamento costruttivo. Autori così, per citame alcuni, sono A. Gunthor (nato nel 1911), B. Haering (nato nel 1912), G. Mattai (nato nel 1918) e T. Goffi». II. L'ATTIVITÀ COME TEOLOGO MORALISTA 1. Primo periodo: 1946-1968: dal diritto alla morale Goffi inizia l'insegnamento in teologia morale nel 1946 e, quindi, a diciannove anni dal concilio Vaticano II (1963-1965). La morale insegnata nei Seminari e nelle Università pontificie era quasi 6 interamente legata al diritto, canonico e civile. Non a caso, il docente di teologia morale proveniva dalla specializzazione in diritto, come appunto si verifica per Goffi che si laurea in utroque jure alla Pontificia università lateranense. Nel 1984, ricordando l'inizio del suo insegnamento in morale scriverà: «Iniziai nella bontà strutturale canonica.4 In realtà, si trattava di una morale pervasa, in tutti i suoi trattati, dal diritto canonico e civile. In altre parole, si insegnava più diritto (canonico e civile) che morale, con il risultato di proporre una morale legalistica e casistica, una morale ridotta a un insieme di non-ne e di precetti positivi, civili o ecclesiastici. Goffi innova restituendo la morale alla morale e il diritto al diritto, come si può osservare dai suoi scritti, alcuni anteriori ed altri immediatamente successivi al 1965, nei quali si occupa, prima, della morale matrimoniale (La morale familiare, Morcelliana, Brescia 1958, 1962); Enciclopedia del matrimonio, Queriniana, Brescia 1960; e dopo della spiritualità matrimoniale (Spiritualità familiare, Sales 1966). «Sono libri piccoli, in edizione tascabile, conosciuti tra i movimenti familiari cattolici più di quanto lo fossero i trattati De matrimonio. In questi testi si trovano elementi che preannunciano il cambiamento della teologia morale voluto dal concilio Vaticano II».5 2. Secondo periodo: 1969-1980: via italiana al discorso morale E’ il periodo più impegnativo e intenso. Goffi si convince subito che non si tratta di apportare aggiunte o modifiche quantitative alla morale tradizionale, urge ripensarla sia nel metodo come nel contenuto. Si tratta anzitutto di dare il primato, in teologia morale, alla parola di Dio; di ricuperare la dimensione cristocentrica;6 di renderla significativa e pertinente non soltanto per la vita individuale, ma anche ed ugualmente per la vita pubblica. Non ci sono, infatti, due morali: l'una nel privato e un'altra nel pubblico. E’ sta- to un segretario di stato americano, non un rappresentante di un 7 paese ufficialmente ateo, a esprimere il proprio punto di vista su come affrontare le questioni in politica: «Il criterio è di lasciarsi guidare da un'estrema freddezza e concretezza. Le decisioni non diventano più facili se le si considerano alla luce dei sentimenti, come l'amore fraterno, la "regola aurea" (non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te) o, il desiderio di far andare i cittadini in paradiso».7 Insomma, il Discorso del Monte vale, secondo lui, per l'etica individuale ma non per l'etica pubblica. Inoltre si tratta di mettere la morale cattolica in dialogo, anche dialettico, con la cultura, con le culture, anche con quelle di fronte alle quali non sembra possibile altra via che quella dello contrapposizione e della condanna.8 In questo periodo, l'impegno di Goffi per la creazione di una nuova tradizione all'Associazione teologico-morale dei teologi è moralisti particolarmente italiani, di cui legato è stato cofondatore (1966) e primo presidente fino al 1974; alla Rivista di Teologia Morale (1969); e alla composizione dei nuovi Manuali (Trattato di etica teologica, a cura di L. Lorenzetti, in tre volumi, EDB, 1981 [seconda edizione 1991]; e Corso di Morale, da lui curato insieme a G. Piana, in cinque volumi, Queriniana, Brescia 1984 [seconda edizione 1995]. In questo periodo in cui si elabora una via italiana al discorso morale, particolare importanza assume la Rivista di Teologia Morale. Al II Congresso (Assisi 1968), i membri dell'Associazione avvertirono la necessità di una rivista per divulgare e confrontare le loro ricerche e studi. Il Centro editoriale dehoniano, interpellato in proposito, mostrò vivo interesse all'iniziativa e si impegnò ad avviarla in tempi brevi. Il 27 giugno 1968 si programmò il primo incontro per costituire il gruppo della rivista.9 Il primo numero della Rivista è del 1969 (gennaio-marzo). L'editoriale, «Perché una nuova rivista?», è firmato da Goffi. «L'apparire di una rivista puo, oggi , suscitare _ scrive _ un istintivo segno di protesta. Esiste tale saturazione di pubblicazioni periodiche che taluno invoca, perfino, una certa fusione delle riviste 8 esistenti, onde renderle più capaci a offrire un messaggio».10 Tuttavia egli appoggia la creazione della nuova rivista con una serie di ragioni: innanzitutto perché in Italia mancava un periodico che si dedicasse esclusivamente alla teologia morale; inoltre di fronte ai profondi cambiamenti d'epoca la vecchia morale dei manuali si era resa inadeguata e insufficiente, come aveva riconosciuto il concilio Vaticano II; e infine i teologi moralisti italiani, che nel frattempo si erano costituiti in associazione (1966), intendevano superare la condizione di passivi fruitori del discorso morale elaborato altrove, per divenire essi stessi soggetto creativo di ricerca e di proposta morale. Vicente Go'mez Mier osserva che «forse per discrezione, Goffi non volle riferirsi in nessun modo a una realtà: molte riviste italiane, allora, funzionavano come organi di espressione della tradizione di ricerca della scuola romana e, sia permesso il paragone, in quel momento potevano essere otri vecchi per il vino nuovo della ricerca che i fondatori della Rivista di Teologia Morale volevano realizzare».11 L'obiettivo che si voleva raggiungere era quello di delineare una via italiana alla morale. «La Rivista di Teologia Morale è nata con il proposito di essere espressione della ricerca teologica dei moralisti italiani».12 Vent'anni dopo, in una visione retrospettiva, si poteva constatare che «Gli autori sono tutti, salvo qualche rara eccezione, italiani. Si è voluto che la Rivista di Teologia Morale fosse espressione, in bene e in male, della cultura teologica italiana».13 In breve, la Rivista si proponeva di farsi strumento di una via italiana alla riflessione morale. comportava un duplice impegno. appropriarsi attivamente del Tale ambizioso progetto In primo luogo, bisognava discorso morale che era quasi monopolio dei teologi moralisti della scuola romana. Rompere tale monopolio non significava affatto rompere con il magistero della Chiesa, ma riviverlo secondo l'ecclesiologia della Lumen gentium (e cioè della Chiesa intera: fedeli laici, gerarchia, teologi), ciascuno nel riconoscimento del proprio ruolo e competenza. La fedeltà al 9 magistero non è mai stata messa in questione. «Anche se orientata nella ricerca morale, raffrontata con la realtà d'oggi, la Rivista di Teologia Morale intende dare fede alla verità nell'ossequio al magistero della Chiesa. La Chiesa è il luogo dove la Parola divina prende forma».14 Fedeltà al magistero non vuol dire limitarsi a ripetere quanto il magistero ha detto, rendendo nullo il ruolo del teologo anche nei confronti del magistero stesso. riguardo, il card. A questo Garrone, allora prefetto della Congregazione per l'educazione cattolica, al III Congresso nazionale dei teologi moralisti italiani ricordava i secoli di pigrizia dei teologi moralisti che si limitavano a passare le medesime tesi da un manuale a un altro, nonostante i profondi cambiamenti socio-culturali intervenuti in tema di matrimonio e di famiglia, per cui lo stesso magistero andava ripetendosi con monotonia e astoricità. In secondo luogo, la via italiana al discorso morale esigeva un'indipendenza di pensiero da altri paesi europei, specie la Germania e la Francia, che, fino agli anni '50 circa, avevano esercitato un ruolo direttivo del pensiero teologico europeo. In questa direzione, già negli anni '70,si potevano constatare i primi risultati con un crescendo di ori inalità e di valore nei lavori di sistemazione e di critica nell'ambito anglo-sassone, italiano e spagnolo. E’ quanto osservava F. Furger dell'università di Lucerna in un esame condotto su centocinquanta riviste teologiche del quinquennio 1968-1972).15 III. IL CONTRIBUTO DI METODO E DI CONTENUTO Il contributo di T. Goffi alla nuova tradizione di ricerca della teologia morale lo si può verificare nella triplice prospettiva che qualifica la teologia morale in quanto teologica: prospettiva biblicoteologica; storica; ed ecclesiale. Nel considerare tale triplice prospettiva, la mia riflessione si limita al contributo che ha dato alla morale fondamentale e generale, lasciando, al momento, 10 quanto ha scritto su argomenti specifici o particolari: matrimonio, bioetica, politica, ecc. Inoltre, il riferimento è prevalentemente ai suoi scritti sulla Rivista di Teologia Morale. 1. Prospettiva (o dimensione) biblico-teologica La prospettiva biblico-teologica è essenziale per la teologia morale. Il mancato o insufficiente riferimento alla parola di Dio è all'origine della crisi della morale tradizionale. Goffi osserva con favore che «Attualmente, in teologia morale, si tende a collegare il discorso norinativo in modo prevalente alla visione biblica. Anche se questo nuovo orientamento deve essere accolto con senso critico, esso è espressione dello Spirito di Cristo nella comunità ecclesiale. Ad esso bisogna rimanere fedeli come a una grazia del Signore».16 Ma subito avverte: «Non si deve pensare che il collegamento del discorso morale alla Sacra Scrittura sia facile. Si pensa che (il teologo moralista) possa limitarsi avverte non senza una punta di ironia - a raccogliere, a grandi bracciate, il lavoro paziente degli esegeti e le dotte sistemazioni teologiche dei biblisti. Si immagina che l'insegnante di morale si limiti a disporre il risultato degli studi biblici entro i propri trattati morali. Al pari di un signore che, in autunno, emigra verso la sua campagna, coltivata da contadini, e vi raccoglie i bei grappoli d'uva, disponendoli graziosamente entro il proprio cesto». Qui esiste - osserva - una grave confusione. «Si confonde etica biblica con teologia morale. Una cosa - egli chiarisce - è l'ermeneutica biblica, altra è quella del teologo moralista, che deve preoccuparsi di attualizzare il dato normativo biblico in rapporto alla realtà concreta ed esistenziale. Il teologo moralista è chiamato a fare _ conclude _ ermeneutica esistenziale, la qual cosa è di per sé estranea al biblista». Nella prospettiva biblica, l'etica può ricuperare la dimensione profetica, che è «la dimensione fondamentalmente trascurata e che bisogna _ non dico farla primeggiare tra le altre _ ma illuminarla 11 accanto alle diffusamente altre già che l'etica tradizionalmente come profezia note».17 (o Goffi nella spiega prospettiva profetica) permette di superare sia un'etica idealista, da un lato, sia un'etica sociologica o situazionale dall'altro; e insiste sulla funzione formativa di un'etica profetica. In altre parole, si tratta di formare a saper andare sempre oltre quanto già si sa, a livello normativo, del disegno di Dio (oltre le norme già stabilite). Nella dimensione profetica si può adeguatamente comprendere, a suo parere, il vero significato dell'inattualità del messaggio etico cristiano, e, insieme, l'autentico significato del compromesso.18 Per Goffi è importante usare un linguaggio appropriato sull'inattualità del messaggio etico evangelico, in caso diverso sì genera confusione ed anche illusione, o forse possiamo dire frustrazione e quindi abbandono. L'etica evangelica è etica della perfezione ma della creatura finita e limitata, vale a dire che la perfezione non sarà vissuta adeguatamente nella concretezza. Egli chìarisce l'inattualità del messaggio etico cristiano con due esemplificazioni: l'una relativa al comandamento dell'amore e / l'altra all'autorità come servizio nella Chiesa. «Il dovere di amare Dio con tutto il cuore è così totale e radicale da non essere attuabile hic et nunc in modo perfetto e adeguato». Cosi la comprensione dell'autorità ecclesiastica come un servizio autentico di carità ecclesiale, egli osserva che «Solamente in Cristo tale prospettiva appare rispecchiata. Fra gli uomini l'autorità-servizio è un ideale di carità escatologica, non mai vissuto adeguatamente nella concretezza». A questo punto, il discorso di Goffi si fa teologicopastorale, collegando insieme la morale della perfezione con quella della comprensione. «Di fronte all'inattualità del messaggio etico cristiano non bisogna scoraggiarsi, abbandonando lo sforzo di migliorare, né mostrando indignazione impaziente per quanto non viene attuato... Bisogna avere paziente comprensione verso gli uomini, anche se si situano sempre a metà strada tra il bene e il 12 male». In questo contesto, si comprende il significato e la funzione del compromesso che consiste nel valorizzare la concreta possibilità attuale che, a sua volta e nello stesso tempo, diviene ulteriore possibilità di avanzamento. Nella dimensione dell'etica profetica, vale a dire nel saper indicare traguardi che vanno oltre la praticabilità contingente, pare a Goffi di poter interpretare anche la norma dell'Humanae vitae. «La morale cristiana deve prospettare non unicamente una condotta spirituale, quale è attualmente praticabile, ma pure una prospettiva di ideale in un certo qual modo escatologico. Il dovere di amare Dio con tutto il cuore, ad es., è così totale e radicale da non essere attuabile hic et nunc in modo perfetto e adeguato. Di conseguenza, lo stesso magistero può talvolta emanare una norma etica, la quale può essere capita e valutata in tutto il suo contenuto, soltanto in tempo successivo». E cita K. Rahner che parla di una Zielnorm (norma finale), per la quale non è chiaro che possa essere realizzata veramente, nella sua obbligazione morale, in ogni situazione storica, da ciascun individuo e da ogni gruppo sociale.19 2. Dimensione storica (o della storia) Il riferimento alla storia è essenziale dell'etica cristiana. La morale cristiana è storica per il semplice fatto che è destinata a essere contemporanea a ogni epoca storica. Per questo Goffi parla, come si è precedentemente ricordato, della distinzione tra etica biblica e teologia morale o tra ermeneutica biblica e ertneneutica esistenziale che è estranea per sé al biblista ed è propria, invece, del teologo moralista. a: Ancora più la dimensione storica della morale viene chiarita quando riflette sulla morale evangelica, che è destinata a inculturarsi o, meglio, acculturarsi come lui preferiva dire. «Si prefe- 13 risce usare l'espressione etica acculturata, per indicare una cultura in cui il fermento evangelico è ancora in fase di realizzarsi; mentre etica inculturata indica prevalentemente una cultura che testimonia un proprio spirito cristiano già decisamente assimilato». Goffi è stato da qualcuno criticato quando ha esposto la morale in acculturazione marxista.20 Il suo pensiero, come penso, è stato equivocato e forse strumentalizzato. Da un punto di vista metodologico, infatti, l'impostazione è esemplare. Innanzitutto chiarisce che «acculturazione marxista non equivale per nulla a compromesso, ad adesione o a fusione con il marxismo». Il punto di partenza è il fatto o fenomeno che domanda interpretazione: «Il cristianesimo ha conosciuto la sua prima esperienza di acculturazione marxista, non tanto nella sua dottrina sociale, ma nell'esperienza concreta della comunità cristiana. Il marxismo lentamente e quasi inavvertitamente ha diffuso la propria visione sociale tra gli stessi cristiani; ha mutato il loro stile di vita; ha fatto accogliere comportamenti e atteggiamenti sociali nuovi; ha suscitato sulle labbra del popolo di Dio slogans e detti sentenziosi; ha saputo risvegliare nuove capacità di analisi sociali; ha conferito un senso politico alle questioni personali». egli conclude - di rendersi conto Di qui la necessità - criticamente del fenomeno dell'inculturazione marxista avvenuta nell'esperienza cristiana. La comunità cristiana, poiché di fatto vive un'esperienza evangelica integrata su talune prospettive marxiste, deve anche dal lato teorico precisare in quali modalità possa formularsi una propria etica in acculturazione marxista. Così facendo - osserva - si abilita a vivere in modo più responsabile e più appropriato i valori evangelici entro il contesto culturale odierno. b: La morale cristiana, che è (deve essere) inserita nella storia, non soltanto può ma deve cambiare, pena il perdere di contemporaneità e, quindi, di valere per tutti i tempi e per nessun tempo.21 «Ogni epoca ecclesiale, se veramente fosse fedele alla 14 tradizione cristiana, dovrebbe presentare una propria teologia morale, capace di riproporre il messaggio originale evangelico entro la visione socio-culturale ed ecclesiale del proprio tempo. Se questo non si verifica, la teologia va peccando contro lo Spirito, non sapendo corrispondere alla grazia del kairòs, non mostrando di far colloquio con gli uomini del proprio tempo». nell'epoca attuale, in cui è dominante industriale-democratica-secolarizzata e E aggiunge: «Se una in cui cultura la tecnico- Chiesa ha conosciuto una profonda evoluzione post-conciliare, i teologi si limitassero a presentare la teologia morale scolastica fiorita nel grande medioevo, mancherebbero a un loro fondamentale dovere. Ciò che qui viene esaminato non è propriamente se le affermazioni dei moralisti siano vere o false, ma se con fiducia abbiamo presentato il messaggio evangelico come rivoluzionamento nuovo per ogni situazione od epoca. Per loro negligenza il vangelo nella cultura odierna potrebbe non apparire credibile ... Da qui l'impegnativa domanda: «La teologia morale può ripresentare l'intramontabile messaggio evangelico in modo nuovo, secondo la sensibilità degli uomini d'oggi?». Tale domanda non può essere rimossa, dal momento che la teologia morale vuole essere significativa e incisiva nella storia così da renderla storia di salvezza. Nella formulazione della domanda vi è anche la consapevolezza che ogni ripresentazione non è mai la presentazione del messaggio evangelico. Ci sono - secondo Goffi tre metodi diversi che si propongono il medesimo obiettivo di ripresentare oggi il messaggio evangelico. Tutti e tre - argomenta non sono soddisfacenti per il fatto che in tutti e tre il rapporto Vangelo-cultura non trova soluzione adeguata: o si minimizza l'aspetto evangelico oppure il dato culturale. «I moralisti odiemi inclinano verso tre metodi, già usati e collaudati in passato. Gli uni partono dall'avvenimento salvifico attraverso riflessione teologica. e cercano di svilupparlo In questa sistemazione teologica dell'evento si fa uso implicitamente della cultura del proprio tempo; 15 si fa ricorso alla mentalità esistente. Ma l'avvenimento salvifico rimane l'elemento primario e quasi unico; secondario l'apporto culturale [... ]. Altri teologi partono dalla cultura umanistica del proprio tempo, cercando di interpretarla con la sensibilità evangelica. E un umanesimo etico a ispirazione cristiana, in cui le categorie dominanti e le riflessioni portanti sono quelle culturali, del proprio tempo. Su una data etica culturale vengono inseriti i valori evangelici Altri teologi riducono il messaggio etico evangelico a un compromesso di valori d'umanesimo personale o di cultura secolarizzata [...]». Come si vede, nessuna delle tre posizioni è soddisfacente, in quanto il rapporto tra dato salvifico e dato culturale è risolto trascurando l'uno o l'altro dei due termini in questione. La soluzione va trovata, secondo Goffi, nel ripensare sia il dato culturale in base al Vangelo sia quello evangelico in base a quello culturale. «Oggi il teologo moralista è chiamato ad elaborare teologicamente il messaggio morale evangelico e ad innestarlo nella cultura presente. Oltre che ripensare la cultura odierna su dato biblico, il messaggio evangelico deve essere rimeditato nella visione teologica e culturale oggi». c. La dimensione storica o della storia dell'etica cristiana viene approfondita ulteriomente quando Goffi parla del metodo narrativo in teologia morale.22 Il metodo narrativo istruisce sui valori narrando l'evento salvifico. «L'etica cristiana deve mostrarsi una nonnatività ricavata non da una speculazione astratta, e neppure da un annuncio dottrinale rivelato, ma dalla lettura dell'evento salvifico che va fen-nentando nel vissuto umano e che la Parola ha saputo indicare e chiarire in modo autentico... Essa deve far emergere i valori normativi, mentre narra la storia della salvezza come si è venuta svolgendo dall'inizio fino ai tempi presenti; mostrare come il vissuto umano-ecclesiale odierno sia un cambiamento-continuità di quello dell’Antico e del Nuovo testamento; come gli eventi non 16 siano resi presenti in modo finito, ma unicamente momenti paradigmatici destinati ad evolversi fino all'attuazione assoluta nel secolo futuro; come i fatti legati al tempo facciano trasparire il volere divino che tutto orienta verso l'ultimo escatologico Kairòs». E chiarisce: «la teologia morale non è sollecitata a narrare fatti per presentare applicazioni concrete ai propri principi etici, né narrare semplicemente la storia o la cronaca delle vicende umane, né tratteggiare la situazione sociologica presente, ma mostrare come in essa e con essa si colgano i valori evangelici, come negli avvenimenti si possa e si debba vivere la salvezza personalecomunitaria, come valutare e vivere le situazioni nella fede». Il metodo narrativo in teologia morale («indicare i valori cristiani che emergono dalla storia salvifica vissuta»), non dispensa certo dalla riflessione speculativa e dottrinale, «ma è sempre una sistematizzazione dottrinale che deve apparire in permanente stretta dipendenza dal vissuto storico salvifico, così da mostrarsi tutta attenta ad aggiornarsi nel suo snodarsi storico». 3. Dimensione ecclesiale E’ un'altra dimensione o prospettiva caratterizzante la morale cristiana. La morale cristiana si qualifica come morale ecclesiale per diversi fattori: a: La comunità cristiana è luogo della conoscenza della verità morale, contro ogni forma individualistica.23 «Il cristiano è invitato a superare le proprie ottusità nel leggere il volere divino nelle situazioni concrete, non solo favorendo sempre più la propria pneumatizzazione da parte dello Spirito di Cristo, ma ricordando che la visione della verità etica è percettibile solo in dimensione ecclesiale. Come lo Spirito comunica la grazia pasquale ai singoli in quanto membri del popolo di Dio, parimenti non sappiamo leggere il disegno divino se non come il corpo mistico ecclesiale. In pratica, 17 ognuno deve partecipare all'altro quella luce dello Spirito che riesce a cogliere quefl'aspetto particolare che ritiene espressivo della volontà del Padre, quel senso evangelico che percepisce nell'ascolto della Parola, quell'orientamento al bene che intuisce nella condotta della comunità ecclesiale. Questo non tanto per imporre la propria prospettiva come l'unica vera, ma per giungere attraverso il raffronto con le altrui prospettive ad una percezione più autentica del volere divino. "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20). Nella comunità ecclesiale, anche in relazione alla conoscenza etica, a ciascuno è affidato un carisma, affinché lo integri in quello degli altri e per gli altri. Se fosse vissuto isolatamente esso apparirebbe sfigurato e privo della sua autentica realtà cristica». La conoscenza della verità etica è raggiunta nella Chiesa ma aperta all'umanità intera nella valorizzazione dell'apporto di tutti. La sua motivazione è teologica: lo Spirito diffonde i suoi carismi in tutta l'umanità. «Solo attraverso l'integrazione reciproca dei carismi molteplici sparsi tra tutti gli uomini salvati in Cristo è possibile percepire l'integrale luce che lo Spirito diffonde nell'intimo della propria storia». b: Vi è un altro fattore che fonda la dimensione ecclesiale della morale cristiana: il vissuto o la prassi cristiana sono fonti della conoscenza della verità morale.24 «I valori etici acquistano la loro nativa ricchezza evangelica se vissuti nella prassi ecclesiale. In tale situazione appaiono relazionati alle esigenze di oggi; si manifestano tradotti nella cultura del tempo; si esprimono nelle problematiche correnti; si mostrano animatori delle aspirazioni spirituali dominanti. Nella comunità cristiana, i valori etici appaiono diffusi per iniziativa, più che dei singoli cristiani, dei carismi dello Spirito Santo». Ritiene che questo' sia il pensiero del concilio Vaticano Il quando invita a cogliere il senso cristiano della vita "alla luce del Vangelo e dell'esperienza umana". Si intende indicare 18 come fonte dell'etica il Vangelo che fermenta nell'esperienza umana, l'evento che lievita nella prassi cristiana, lo spirito di Cristo impegnato a liberalizzare l'attuale società». D'altra parte, la prassi ecclesiale non diventa immediatamente fonte di conoscenza etica, in quanto resta sempre sotto la categoria della grazia ma anche del peccato. La prassi ecclesiale richiede pertanto discernimento secondo alcuni criteri. «La prassi ecclesiale non è perspicuamente limpida nello svelare e comunicare i valori operativi cristiani. profeticamente Deve essere considerata con discemimento critico e, insieme raffrontata con altre fonti normative di spiritualità. I cristiani, nel cogliere i valori salvifici della prassi ecclesiale, devono contemporaneamente ascoltare i carismi profetici esistenti presso i fedeli; devono lasciarsi illuminare dalle nonne pubblicamente già formulate; soprattutto devono mostrarsi docili alle direttive del magistero della Chiesa. Tutti questi sono aiuti integrativi necessari; sono verifiche esteriori irrinunciabili; sono guide magistrali fondamentali, in quanto i valori salvifici (pasquale, liberante, caritativo) appaiono vissuti e praticati in una chiesa "che comprende nel suo seno i peccatori, una chiesa santa insieme e sempre bisognosa di purificazione" (Lumen gentium 8)». c: La morale cristiana come morale ecclesiale viene esplicitata anche quando Goffi parla del ruolo del teologo.25 «Il teologo morale, per ufficio, ricerca, studia, elabora e comunica l'etica cristiana. Non presenta la morale come se fosse incontrastato possessore di essa... Il moralista è chiamato a testimoniare nella chiesa come si accede alla verità morale in maniera ecclesiale. Egli deve procedere avvalendosi dei carismi di tutti e secondo la loro portata. La sua esposizione etica deve essere arricchita delle conoscenze indicate dai molteplici doni elargiti nella chiesa dallo Spirito e in una loro integrazione vicendevole. Fra questi doni in primo luogo vanno ricordati: il carisma dello Spirito, il carisma della testimonianza popolare 19 dei fedeli, il carisma della scienza morale». Il lavoro del teologo non si sovrappone alla morale che emerge dalla comunità cristiana, ma la individua e la serve, dando ad essa una approfondimento anche teorico, si fonda sullo «Spirito che è diffuso in tutta la comunità cristiana». d: Infine, la dimensione ecclesiale della morale è esplicitata quando descrive il ruolo del magistero gerarchico.26 Il vissuto ecclesiale è al centro del magistero ecclesiale. «Il magistero in via normale è chiamato a cogliere la verità salvifica in forma critica (ossia alla luce della Parola e della tradizione) sul vissuto spirituale del popolo di Dio... Il magistero non è fatto per sostituire lo Spirito, non è incaricato di svolgere un potere magisteriale divenuto vacante, non è l'annunciatore del volere del Signore che si è reso assente. Il magistero gerarchico è autentico, giacché si impegna e di fatto riesce ad essere in attuale dipendenza dallo Spirito di Cristo». D'altra parte, il riferimento al vissuto etico dei fedeli non si riduce a prendere atto o registrare acriticamente i comportamenti. Il magistero deve nello stesso tempo aiutare la comunità ecclesiale a orientarsi sempre più evangelicamente. E’ questo un suo compito, il problema è piuttosto quello del metodo, del come trasmettere la verità etica. Bisogna evitare che si pensi che la fede cristiana si riduca a etica, che il Vangelo sia ridotto a un codice di norme conservate scrupolosamente nella Chiesa e sui cui sarà dettata la sentenza finale. «è- augurabile che il magistero gerarchico inciti il popolo fedele a raffrontare le proprie posizioni essenziali su dati valori evangelici; a impegnare la propria condotta privata e pubblica su linee di fede; a incoraggiare verso una testimonianza cristiana nell'oggi armonizzata sulla grande tradizione spirituale evangelica; a considerarsi in continua dipendenza dallo Spirito di Cristo; a mostrarsi istruibile anche verso le forme nuove a cui la comunità eccle- 20 siale si apre; a essere l'araldo che annuncia quanto il Signore attesta nell'oggi». IV. MORALE POSTCONCILIARE INSODDISFACENTE? L'identità della teologia morale, in quanto teologica, è caratterizzata da queste tre dimensioni, che abbiamo delineato. Ora, sembra a Goffi che l'andamento della teologia morale postconciliare sia poco teologico, soprattutto per un difetto di prospettiva biblica. L'andamento della teologia morale postconciliare non è, secondo lui, soddisfacente. Nel 1989, così si esprime: «La dottrina morale cattolica, pur mostrando alta venerazione per la parola evangelica, in concreto l'ha abbandonata. Ha preferito essere voce universale di valori umani che vengono affiorando nel vissuto di tutti i popoli».27 In questo deficit due ambiti sono, secondo lui, esemplari: l'etica della solidarietà e l'etica sessuale coniugale. Sono due aree dove appare che tali etiche non sono ben formulate nella loro prospettiva evangelica. non è soddisfatto del rinnovamento della Insomma, teologia morale postconciliare: «Attualmente la teologia morale è semplice etica umana situata in un orizzonte limitato di fede. Invita il cristiano alla precomprensione della realtà in vista dell'attuazione della propria umanità. La rivelazione non gli reca novità contenutistica di norme nuove. culturale. Il senso morale si ricava dall'umano in evoluzione Così che la cultura laica secolare influenza più la comunità ecclesiale di quanto il Dio della fede influenzi le culture modeme. E lontano il tempo in cui il concilio ecumenico IV sanciva: ”Abbiamo stabilito che il vescovo abbia l'autorità della filantropia” (c. 16), cioè di orientare i fedeli alla legge evangelica». In altre parole, la morale postconciliare, secondo Goffi, è lodevolmente umanistica, ma con il rischio di rimuovere la pertinenza della fede in ordine all'agire umano. «E’ un'etica umana, ma l'etica cristiana non è semplicemente umana». Forse è questo uno dei motivi che lo 21 spinge a dedicarsi alla spiritualità, non per evadere dall'etica, come molti hanno commentato, ma per ricuperare la pertinenza della fede in ordine all'agire umano. Negli anni '80, nella sua riflessione predominano lavori nell'ambito della spiritualità. E il terzo periodo dell'attività scientifica di Goffi dedicata ad approfondire il rapporto morale-spirituale. Egli è tra i pochi teologi moralisti cattolici che si sono dedicati a tale questione molto coltivata in Oriente, poco o scarsamente in Occidente. Nella tradizione occidentale rapporto è stato risolto spesso in termini di dualismo: da tale una parte, lo spirituale per delle élites, l'etico per tutti, dall'altra. Goffi considera invece l'etico e lo spirituale in un rapporto di reciprocità così che l'uno presuppone ed esige l'altro. Lo spirituale non annulla l'etico (né ispira atteggiamenti integralistici) e l'etico, a sua volta, ha bisogno di aprirsi e ravvivarsi nello spirituale (pena il decadere in sterile moralismo). «Al presente il cristiano, per una propria amabile vita aperta al trascendente, percepisce la necessità della fede con i propri contenuti e norme. Apprezza il proprio agire contemporaneamente esprime anche un aspetto spirituale. se Un discorso etico sia virtuoso sia spirituale deve essere offerto tanto al credente che al non credente, perché lo Spirito è operante in ogni vissuto umano».28 V. CONCLUSIONI E NUOVI ORIZZONTI Vorrei concludere con tre considerazioni: l'evoluzione del pensiero teologico di Goffi; l'esemplarità del suo legame intergenerazionale; la sua descrizione del ruolo del teologo del futuro. 1. L'evoluzione del suo pensiero teologico-morale Goffi parla di tre tappe attraverso le quali ha maturato il suo pensiero teologico-morale. Nel 1984, al termine del suo libro,, 22 L'esperienza spirituale oggi, scrive: «Un teologo mi raccontò il suo itinerario sapienziale. Incominciò dedicandosi alla bontà strutturale canonica; in seguito divenne un esperto della riflessione etica; infine, rivelò con soddisfazione di essere maturato teologicamente nella meditazione spirituale».( Dieci anni dopo, in Etica cristiana trinitaria,29 che è tra gli ultimi scritti, rivela una quarta ed ultima fase del suo cammino, forse meno conosciuta anche da chi gli era vicino. Dopo aver confidato: «Ho abbandonato il campo etico per dedicarmi con parole e scritti a quello spirituale», confessa che non è pervenuto al traguardo ultimo. Si sente chiamato ad andare oltre la stessa riflessione sullo spirituale: «L'amore al discorso spirituale rappresenta unicamente un passaggio pur sempre all'interno di mie riflessioni: da quelle etiche a quelle spirituali. rimanere entro propri pensieri». E sempre un Ed ecco la nuova prospettiva: si tratta di «far zittire le mie riflessioni, lasciar cadere le parole mie, trascurare i miei sentimenti così da situarmi nel solo ascolto del tuo Spirito». Avverte come rivolto a lui il rimprovero di Maister Eckhart: «Rinnega il tuo Dio spirituale; vedi se puoi incontrare il Dio reale ... ». Come interpretare questa volontà di abbandonare la riflessione in generale compresa quella spirituale? E certamente più che un bisogno di passare dalla teoria alla pratica, dal pensiero al vissuto. Sembra di scorgervi un richiamo a un vissuto mistico dove la stessa teorizzazione è, in qualche modo, di ostacolo e va comunque relativizzata. In questa quarta ed ultima fase, le ragioni dello studioso si fondono e si confondono con quelle del credente così che resta difficile distinguere le une dalle altre. Saremmo lontani da una valutazione oggettiva se pensassimo che Goffi sia passato dall'altra all'altra fase per semplice successione, si tratta piuttosto di un processo di integrazione, dove la fase successiva supera, integrando, quella precedente, e dove quella successiva porta a ricuperare e leggere quella precedente. 23 2. Collaborazione tra generazioni diverse E’ una caratteristica della sua attività: scrive individualmente, partecipa a opere collettive come direttore o come semplice collaboratore con teologi della seconda e della terza generazione del concilio Vaticano II. «Certamente anche altri autori, hanno contribuito al formarsi, dopo il 1965, di una tradizione. Per quanto riguarda il legame tra la prima, la seconda e terza generazione del concilio, nell'ambito della teologia morale, Goffi è una figura eccezionale».30 «Nel periodo di cambiamenti successivo al concilio Vaticano II era anche importante scrivere opere in collaborazione con le nuove generazioni di teologi moralisti». Tra le opere numerose collettive sono, in primo luogo, i due manuali: il Trattato di etica teologica, in tre volumi, edito dalle Edizioni dehoniane di Bologna, a cura di L. Lorenzetti e il Corso di Morale, in cinque volumi, edito dall'Editrice Queriniana di Brescia, curato da Goffi insieme con G. Piana. A Goffi, quale autore della prima generazione, viene riconosciuto un ruolo sapienziale rispetto agli autori più giovani. Nel Trattato i contributi maggiori sono degli autori della seconda generazione, «che però - si osserva - è assistita dalla saggezza di quelli della prima generazione»31 ... Analoga conclusione per il Corso:32 «T. Goffì, nel Corso, ricorda simbolicamente il biblico autore sapienziale: da una parte, lascia parlare lungamente autori di generazioni più giovani e persino più erudite e, d'altra parte, si preoccupa soprattutto che non manchino le parole della saggezza, in quelle parti in cui l'etica cristiana prende la forma di una teologia sapienziale». Gómez Mier evidenze, tra gli altri, due momenti che ritiene emblematici della capacità di Goffi di inserirsi intergenerazionale: il primo, Goffi in una collaborazione a assieme a G. Piana (nato nel 1939), le 48 pagine del capitolo 1 del vol. II, Il vissuto personale virtuoso. «Egli quindi lascia che il suo pensiero si arricchisca e si completi unendosi al pensiero di un autore nato 27 anni dopo»; il 24 secondo (parte finale del 1 volume), Goffi si limita a continuare l'ampio discorso in 19 pagine sulle Virtù cardinali e teologali di F. Compagnoni (nato nel 1941), aggiungendo le sue 7 pagine di teologia sapienziale. «Sono due fatti _ conclude Gómez Mier _ che dimostrano come T. Goffi sia riuscito a mantenersi in contatto vivo con gli autori della seconda e terza generazione del concilio. Questo è tanto più importante, in quanto l'assenza di autori con queste caratteristiche è una delle cause dei conflitti che, dal 1965, si sono verificati in vari cattolicesimi locali». 3. Il ruolo del teologo moralista del futuro Si può rileggere un testo dove Goffi descrive una tipologia del teologo moralista del futuro.. 33 Questo testo è del 1993, quindi del periodo in cui si dedicava ormai da alcuni anni ad approfondire la dimensione spirituale della vita e dell'etica cristiane. Questa pagina è un'ulteriore conferma che lo spirituale non era per lui evasione dall'etico, ma prospettiva entro cui comprendeva e orientava l'etico, l'umano, lo storico. Il ruolo del teologo moralista del futuro è da lui delineato in rapporto ad altrettanti sfide (o problemi nuovi) a cui il teologo moralista è chiamato a rispondere: la sfida del cambiamento rapido e profondo; la sfida di un nuovo metodo di giudicare; la sfida dell'etica laica o, meglio, delle etiche laiche; la sfida della necessità di un ethos mondiale; la sfida del pluralismo delle confessioni cristiane e delle religioni. Su ognuna di queste sfide _ che non sono da considerare solo come rischi ma anche come opportunità _ Goffi dà una sua valutazione e propone un orientamento in termini essenziali. Ecco il testo nei diversi passaggi, che ho sommariamente anticipato: - «Il tempo presente, aperto a mutamenti estremamente rapidi, richiede di accogliere criticamente valori fino ad ora inediti. Certamente tutto ciò è stato operante in ogni epoca ecclesiale. 25 Oggi sembra che i mutamenti si susseguono più profondi e più avvicinati. Ogni cultore di etica ha modo di prendere coscienza di essere facilmente superato di fronte a ulteriori richieste emergenti. Deve educarsi ad avere uno sguardo proteso verso il futuro... Oggi una novità clamorosa suscita generale interesse e accoglienza appassionata; ingenera un corrispondente modo di osservare e giudicare; crea una forma inconsueta di mentalità; interdipendenza fra ambiti già prima indipendenti. ricordare come l'invenzione cibernetica ha genera Si potrebbe rivoluzionato il tradizionale modo di pensare, comunicare e lavorare. «In particolare il teologo moralista ha abbandonato il suo consueto metodo di riflessione che si raccoglieva esclusivamente sulle singole azioni o situazioni. Preferisce indagare sul senso etico emergente dall'insieme personale e comunitario. Onnai affronta i singoli ambiti (economico, politico, culturale, ecc.) in un'ottica interdipendente planetaria. «Il laicato non appare più passivamente recettivo del discorso etico ecclesiale. Esso ama tratteggiare un proprio sistema etico almeno in relazione all'ambito della propria competenza professionale. L'etica laica, proprio per il fatto di ritenersi legittimata a fondarsi sulla razionalità personale, conosce molteplicità di possibili normative, di proposte morali e di visioni culturali eterogenee. E il teologo morale deve mostrarsi uno stratega nel dibattito fra sistemi etici laici in se stessi proclamati rispettabili. - «Il teologo moralista avverte che i popoli si mescolano; masse enormi di immigrati passano da una nazione ad un'altra; credenti e non credenti si incontrano, maschi e fenunine vivono in generalizzata promiscuità. Questa nuova umanità può accettare l'etica cristiana come l'unica vera? O ha bisogno che si formi un unico costume internazionale con la collaborazione delle varie culture e delle grandi religioni? - «Il teologo moralista odierno è stato orientato dal concilio Vaticano II a verificare la bontà del proprio discorso morale sulla Parola. Un impegno altamente 26 favorito dalla odierna esegesi. Tuttavia la Parola è diversamente interpretata e usata in teologia morale a seconda delle chiese confessionali. Essa non appare proponibile con finalità apologetica in favore della propria comunità ecclesiale, sconfessando le altre etiche cristiane. Nello spirito ecumenico, le etiche delle varie chiese appaiono unite nell'ispirarsi primariamente insieme sullo Spirito di Cristo. - «Il teologo morale odierno è consapevole che lo Spirito di Cristo è operante nell'intimo dell'intera storia umana. Si sente sollecitato al dialogo inter-religioso allo scopo di orientare vaste popolazioni di credenti a percorrere vie proprie per assestarsi in modalità sempre più autentica entro la fede adorante il Dio creatore e rivelatore. H.G. Gadamer asseriva: "Chi non ha un orizzonte (vasto) è un uomo che non vede abbastanza lontano e perciò sopravvaluta ciò che gli sta vicino. Avere un orizzonte significa, invece, non essere limitato a ciò che è più vicino, ma sapere vedere al di là di questo. Chi ha un orizzonte sa valutare correttamente all'interno di esso il significato di ogni cosa secondo la prossimità e la lontananza, secondo le dimensioni grandi e piccole" (H.G. Gadamer, Verità e metodo, Milano 1983, 353)». Certamente il contesto socio-culturale rispetto ai tempi del concilio Vaticano II. è molto diverso Sembra di dover riconoscere che la fase postconciliare si stia chiudendo e se ne stia aprendo un'altra. Questa pagina di Goffi può essere letta come una sorta di Manifesto della nuova fase che la teologia morale deve saper percorrere. Goffi l'ha intravista con chiarezza, l'ha percorsa per un certo tratto. Avvicinare e approfondire il suo pensiero può aiutarci a proseguire con la sua stessa passione nel presentare «le verità da credere e da applicare nella vita in forma corrispondente alla sensibilità e agli interrogativi degli uomini del nostro tempo» (cf. Veritatis splendor 29). NOTE 27 1 LORENZETTI L., «In ricordo di Tullo Goffi», in Rivista di Teologia Morale 28(1996)112, 463-466. 2 PLÉ A., Per dovere o per piacere? Da una morale colpevoliz- zante a una morale liberatrice, Gribaudi, Torino 1967, 93-112. 3 GÓMEZ MIER V., La refundación de la moral catolica. El cambio de matriz disciplinar después del Concilio vaticano II, Editorial Verbo Divino, Estella 1995, 464; tr. it. La rifondazione della morale cattolica. Il cambiamento della "matrice disciplinare" dopo il concilio Vaticano II, EDB, Bologna 2002. 4 GOFFI T., L'esperienza spirituale oggi. Linee essenziali della spiritualità cristiana contemporanea, Brescia 1984. 5 GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 466. 6 GOFFI T., Morale pasquale, Queriniana, Brescia 1968. 7 ZAHN G., in Concilium (1993)4, 60. 8 GOFFI T., Etica cristiana in acculturazione marxista, Querinia- na, Brescia 1975. 9 LORENZETTI L., «I venti anni della Rivista di Teologia Morale» 1968-1989)», in Rivista di Teologia Morale 21(1989)84, 10. 10 GOFFI T., «Perché una nuova rivista?», in Rivista di Teologia Morale 1(1969)1, 13. 11 GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 415. 12 GOFFI, «Perché una nuova rivista?», 14. 13 LORENZETTI, «I venti anni della "Rivista di Teologia Morale"», 14 GOFFI, «Perché una nuova rivista?», 14. 15 LORENZETTI, «I venti anni della Rivista di Teologia morale», 10. 11. 16 GOFFI T., «L'uso della parola di Dio in teologia morale», in Rivista di Teologia Morale (19ìM9, 13-24. 17 GOFFI T., «Etica come profezia», in Rivista di Teologia Morale (1973)18, 221-236. 18 GOFFI T., «Etica della totalità», in Rivista di Teologia Morale (1973)19, 347-360. 28 19 GOFFI T., «Il valore della norma proposta e l'obbedienza del cristiano», in Rivista di Teologia Morale (1969)1, 43. 20 GOFFI T., «Etica sociale cristiana in acculturazione marxista», in Rivista di Teologia Morale (1980)45, 83-93 21 GOFFI T., «Etica come cristiana», in Rivista di Teologia Morale (1974)21, 9-28. 22 GOFFI T., «Etica cristiana narrativa», in Rivista di Teologia Morale (1980)47, 345-352. 23 GOFFI T., «Presupposto teologico alla lettura del fenomeno morale oggi», in Rivista di Teologia Morale (1984)61, 103-116. 24 GOFFI T., «Etica come cristiana», in Rivista di Teologia Morale (1974)21, 9-28. 25 GOFFI T., «La funzione del teologo moralista nella Chiesa», in Rivista di Teologia Morale (1979)44, 583-584. 26 GOFFI T., «Magistero ecclesiale ed etica cristiana», in Rivista di teologia Morale (1984)63, 431-440. 27 GOFFI T., «La morale cristiana è semplicemente umana?», in Rivista di Teologia Morale (1989)84, 87-90. 28 GOFFI T., Etico-spirituale. Dissonanze nell'unitaria armonia, EDB, Bologna 1984. 29 GOFFI T., Etica cristiana trinitaria, EDB, Bologna 1995. 30 GÓMEZ MIER V., La refundación de la moral catolica. El cambio de matriz disciplinar después del Concilio vaticano II, 464. 31 GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 426-427. 32 GÓMEZ MIER, La refundación de la moral catolica, 464-465. 33 GOFFI T., «Verso nuove prospettive etiche», in Rivista di teo- logia Morale (1993)100, 556-557.