Totò: ironia ed eleganza nella sua vita, a 50

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Totò: ironia ed eleganza nella sua
vita, a 50 anni dalla morte
di Pierfranco Bruni
A Cinquant’anni dalla morte di Totò il profilo dell’ironia nella
letteratura cinematografica e teatrale ha lasciato segni tangibili nel
contesto contemporaneo. La sua ironia pulita e intelligente non è
comparabile ad alcuna comicità grezza e linguisticamente non
apprezzabile dei nostri giorni. L’unico erede può considerarsi
certamente Massimo Troisi: unico erede di una napoletanità dentro i
Mediterranei possibili.
Ci sono linee marcanti
tratteggiate dalla malinconia che nasce da Pirandello e si innesta nei
De Filippo. La malinconia della recita è la ricerca di trasformare
l’inquietudine in tentazione di armonia. Il sorriso a volte diventa un
riso. Pirandello diventa l’interprete del riso in malinconia. Totò
trasforma la malinconia in riso. La vita è un definire il legame tra
tristezza e nostalgia diventando personaggi, attori e maschere. Totò e
Pirandello sono altro rispetto allo sguardo di Wilde nello specchio.
Totò: “Perdere chi non conosce rispetto è un grandissimo guadagno”.
Bruni: “… è sempre doloroso perdere chi pensa di volerti bene ed è
triste perdere chi pensa di rispettarti. Ma si tratta soltanto di un
pensiero…”.
Totò: “L’ignorante parla a vanvera. /L’intelligente parla poco. /’O
fesso parla sempre”.
A Pirandello, Totò deve “L’uomo, la bestia e la virtù” del 1953
sceneggiato da Steno (che curò la regia) e da Vitaliano Brancati e che
andò in onda su Rai Tre addirittura nel 1993 e “La patente”, del 1954
per la regia di Luigi Zampa, un episodio all’interno della novella di
Pirandello “Questa è la vita”. Mario Gromo, molto attento, ebbe a
dire: “La patente trasforma in commediola , e talvolta in farsa, una
stridente situazione drammatica … e Totò è qua e là efficace …”. Due
pellicole che non ebbero (molto) successo. Ci furono problemi vari. Ma
la questione più vera fu che Totò si senti molto ‘imprigionato’ nelle
parti dei personaggi che recitava. In altri termini un Totò che non fu
lasciato libero di Totò.
Dovette seguire rigidamente il copione.
Questo non lo rese realmente autentico.
Totò a
50 anni dalla scomparsa,
personaggio esemplare di Totò. Ironia
L’uomo che è oltre l’improvvisazione.
“Era un uomo così antipatico che dopo
il bis».
ovvero Antonio de Curtis nel
e umorismo. Maschera e comicità.
La maschera e l’ironia di Totò:
la sua morte i parenti chiesero
Totò ha segnato un tempo che lega Pirandello e Eduardo De Filippo.
L’ironia che si fa riso/sorriso. Un concetto profondamente
pirandelliano: “Di notte, quando sono a letto, nel buio della mia
camera, sento d«La mia faccia non mi è nuova, ce l’ho da quando sono
nato“.
Totò e Pirandello hanno creato maschere. Eduardo De Filippo ha messo
sulla scena la sua maschera. Pirandello ha creato personaggi.
Scarpetta ha vissuto il personaggio e la maschera. Totò ha realizzato
la teatralità e il cinema come maschera e come personaggio: “Vi sono
momenti minuscoli di felicità, e sono quelli durante i quali si
dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di
attimi di dimenticanza“.
L’ironia e la poesia sono un colloquiare
tra le linee del
sorriso/consapevolezza del sogno tragico. Un personaggio complesso.
Un attore mai attore sul senso tout court del termine, ma personaggio
che recita la vita. O meglio che lascia che la vita si rappresenti
nella sua sfaccettatura con le maschere e con gli specchi. Non c’è
l’umorismo filosofico pirandelliano nel suo dire e nel suo essere come
umorismo di sorrisi vani. L’umorismo nella ironia tragica del
quotidiano, (cfr. anche Petrolini), vivere è già oltre il
riso/sorriso, ma è anche consapevolezza del senso inquieto del vivere.
Intorno alla figura di Totò, al personaggio Totò, ci sono dimensioni
teatrali, letterarie e chiaramente cinematografiche. Ma Totò nasce
nella letteratura: il Totò poeta e drammaturgo. Ovvero, nei linguaggi
e nella gestualità di un pirandelliano modello in cui sembra
incrociare Ionesco e Kafka, o meglio: l’assurdo e l’enigma. È un dato
letterario di non poca rilevanza sino a toccare uno scrittore italiano
che è sulla linea del ‘gioco’ fittizio e reale della vita/letteratura:
Tommaso Landolfi, Landolfi e il gioco.
Corrado Alvaro scrive riferendosi a “Guardie e ladri” del 1952 del
regista Mario Monicelli: “Verso la fine del film, Totò e Fabrizi, uno
da ladro e l’altro da poliziotto, inseguito e inseguitore, devono
dirsi alcune parole sulla loro condizione, giustificandosi e quasi
scusandosi reciprocamente sulla ineluttabilità del loro mestiere..[..]
Dietro al ladro e al poliziotto c’è una società che si difende dai
ladri per mezzo dei poliziotti; ma gli uni e gli altri, almeno in
questo film, senza una vera vocazione per il loro mestiere…[..] Totò e
Fabrizi qui sono, nella loro parte, in vena come in pochi altri
lavori…” (“Mondo”, gennaio 1952).
È chiaro che Totò incarna la napoletanità nella gestualità e nel
linguaggio poetico di Eduardo Scarpetta. Ma Napoli è il centro della
recita trecentesca e barocca e rivoluzionaria. La napoletanità è la
bufera della metafora nerudiana della maschera di Troisi, ma è anche
l’eccezionale messa in scena del salotto Serao e delle gesta di
Eduardo Scarfoglio, inquieto esploratore dei mondi sommersi e
viaggiatore elettrizzante/estetizzante con D’Annunzio, che intreccia
la scena, la ribalta e il retroscena.
Totò, comunque, conosce l’incastro sottile e letterario che si vive
tra il Pirandello delle maschere muse nude ed Eduardo De Filippo nel
suo equilibrio di un riso terribilmente ironico inquieto. Come
Pirandello, non è essenzialmente teatro dell’umorismo, ma dell’ironia
tragico, Totò rappresenta il sorridere nella consapevolezza della
tragico nella solitudine delle vite. E non è solo cinema. Credo che
bisogna partire da un ritaglio di fondo che è quello letterario.
Non c’è uno spartiacque definito tra Pirandello De Filippo Totò e
Eduardo Scarpetta. È la recita propriamente mediterranea sicula/
campana alla quale aveva dato un forte contributo Giovanni Boccaccio
nel suo abitare luoghi e personaggi napoletani con una Fiammetta
popolano. Totò in fondo conosce molto bene questi ruoli e queste
appartenenze e rende il tutto in una intelaiatura in cui il linguaggio
e la fisicità dei gesti restano fondamentali. Sempre Totò: “A volte è
difficile
fare
la
scelta
giusta
perché
o
sei
roso
dai morsi della coscienza o da quelli della fame”.
Totò crea un linguaggio rompendo tutti gli schemi semantici. La sua è
propriamente una lingua non solo popolare, ma ironico/aristocratica.
Può sembrare strano ciò, ma il popolare e il nobiliare sono parte
integrante di quella livella che è la filosofia del quotidiano. Per
questo credo che non si possa prescindere da una visione letteraria in
cui la lingua e il linguaggio dei gesti e delle forme sono
rappresentazione di una estetica dei personaggi, del personaggio Totò
e dell’uomo Antonio de Curtis.
Certo, ritornerò a scrivere e a parlare in più occasioni su Totò,
Antonio de Curtis (per abbreviazione perché i titoli e i nomi sono
molti), e su questi percorsi. Totò era nato a Napoli il 15 febbraio
1898 ed è morto a Roma il 15 aprile del 1967. Un personaggio oltre la
maschera stessa. Sempre nostro ironico e italico contemporaneo.
L’ironia tra umorismo e tragedia di Pirandello è dolorosa
consapevolezza in De Filippo. Resta sempre maschera in Scarpetta e in
Totò è il sorriso del senso tragico.
Totò? Non una maschera ma un personaggio! Un personaggio che
ironicamente sa di saggezza: “Vi sono momenti minuscoli di felicità, e
sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La
felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza“. Mi sembra
che il tutto possa corrispondere ad una bella osservazione di Alberto
Bevilacqua che tanto amava Totò: “Devo per forza costruire sempre
un’altra realtà nella realtà perché, di quello che è, io non riesco
mai ad accontentarmi”.
Totò, un maestro di stile in una contemporaneità in bianco e nero. Un
Totò che ha vissuto nella malinconia uno stile ed una eleganza … “Vi
sono momenti minuscoli di felicità, e sono quelli durante i quali si
dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di
attimi di dimenticanza” .. che si intrecciano con il Troisi di …
“L’amore è tutto quello che sta prima e quello e che sta dopo. Magari
bisognerebbe tenere più in considerazione il durante”.
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