Individuazione degli indicatori di sintesi del “bene comune” e graduatoria finale
delle regioni italiane: analisi 2014
Premessa
A partire dalla ridefinizione e strutturazione di nuovi indicatori che potessero meglio ricostruire i
confini del concetto di “Bene Comune”, é stata condotta una nuova analisi statistica al fine di
determinare il posizionamento delle regioni italiane rispetto alle singole dimensioni del macro
concetto studiato. Una volta aggiornata la batteria degli indicatori socio-demografici per le 20
regioni italiane1, la fase successiva ha riguardato l’applicazione di un insieme di analisi statistiche
volte a: i) ridurre il numero di indicatori mediante una rilettura empirica e logica degli stessi che
tenga conto del loro diverso grado di rappresentatività del macrofenomeno studiato; ii) analizzare,
attraverso una tecnica che rientra nell’Analisi Multidimensionale dei Dati (Lebart et al., 1995), la
batteria ridotta di indicatori individuata al punto i) ed identificare quelli che meglio spiegano il
macroconcetto; iii) giungere, attraverso tecniche di sintesi degli indicatori sociali (Del Vecchio,
1995) ad un'unica misura statistica sintetica che permetta di ordinare le 20 regioni su un continuum
che esprime la diversa capacità di produrre “bene comune”.
Di seguito sono quindi spiegati nel dettaglio i diversi step che hanno guidato l’analisi statistica
dei dati.
1. La scelta degli indicatori
La fase di pulitura della banca dati sono stati conservati solo quegli indicatori che presentavano
al massimo un valore mancante, identificabile attraverso tecniche di stima aventi l’obiettivo di
prevedere o “stimare” i valori sostitutivi. Per tali indicatori, i valori mancanti sono stati così
ricostruiti sulla base di un metodo deterministico di stima nel quale si sostituisce la mancata risposta
nella variabile con un unico valore, rappresentato dalla media calcolata sul totale dei rispondenti
(Little et al., 1987). In generale tale metodo, pur preservando il valore medio, causa un’attenuazione
1
Sono state escluse dall’analisi le due province autonome di Trento e Bolzano.
1
della varianza della variabile per la quale è stata effettuata l’imputazione e genera delle distorsioni
nella forma della sua distribuzione, ma risulta valido nel caso in cui (come quello in esame) il
numero dei dati mancanti per ciascuna variabile è esiguo.
La matrice di partenza è una matrice (Mˈ120×75) contenente un insieme ridotto di variabili
suddiviso, rispetto alle diverse aree di interesse, così come riportato in tabella 1.1
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AREE DI INTERESSE
INDICATORI
Ambiente
6
Persona
12
Stato e Servizi
20
Famiglia
8
Lavoro
17
Corpi intermedi e partecipazione
7
Società
5
Totale
75
Tabella 1.1 - Numero di indicatori rispetto alle 7
aree di interesse
Al fine di individuare, tra la batteria di indicatori presenti nella matrice (Mˈ120×75), quelli che
meglio potessero rappresentare ogni singola area di interesse e ricostruire una graduatoria, sia
parziale che totale, delle regioni rispetto al macrofenomeno “Bene Comune”, è stata condotta
un’analisi esplorativa dei dati attraverso l’Analisi in Componenti Principali, al fine di ottenere una
sintesi degli indicatori elementari. Le graduatorie finali sono state, quindi, ricostruite (con modalità
differenti rispetto alla prima analisi condotta nell’anno 2012) a partire dai punteggi fattoriali che
l’Analisi in Componenti Principali restituisce sulle singole unità statistiche.
2. l’Analisi in Componenti Principali
L’Analisi in Componenti Principali (ACP) è una tecnica idonea a ridurre un sistema complesso
di variabili attraverso la ricostruzione di un nuovo sottoinsieme di variabili tra loro non correlate e
legate linearmente alle variabili di partenza. L’applicazione di tale tecnica al caso in esame ha visto
lo strutturarsi di due fasi principali: la preparazione della matrice-dati; l’analisi della struttura dei
dati e la scelta degli indicatori finali.
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2.1 La preparazione della matrice-dati
La prima fase è quella di osservare le correlazioni tra le variabili in modo da eliminare gli
indicatori “inutili” ai fini statistici (tecnica di riduzione dei dati), ossia quegli indicatori che,
essendo tra loro estremamente correlati, rappresentano una ridondanza di informazione. A partire,
quindi, dalle singole matrici suddivise per aree di interesse, si è proceduto ad una eliminazione di
quegli indicatori che risultavano ridondanti ai fini dell’analisi, ossia che avevano una correlazione
maggiore del valore fissato a 0.80.
Rispetto a quanto detto la fase di scelta degli indicatori ha prodotto 7 nuove matrici con un
numero ridotto di variabili, che hanno costituito poi la base per l’ACP.
2.2 L’analisi della struttura dei dati e la scelta degli indicatori finali2
Sulla base del sottoinsieme di indicatori così ottenuto, per ogni area di appartenenza definita
precedentemente, l’ACP ha permesso di individuare in quale proporzione i fattori latenti, ovvero le
variabili relative al bene comune originariamente raccolte, costituiscano la struttura di fondo delle
relazioni osservate. L’idea di base è quella di ridurre il numero di variabili (o componenti) che
descrivono il profilo delle unità e di riprodurre le caratteristiche di queste ultime attraverso un
numero ristretto di nuove variabili, scomponendo il fenomeno secondo degli assi strutturali di
importanza decrescente. Si ricerca quella riduzione ottimale che conservi al massimo la struttura
relazionale esistente fra le unità nella matrice dei dati, in termini di distanze fra i punti
corrispondenti. In tal modo, le componenti principali rappresentano delle variabili inosservabili che
consentono di attribuire dei punteggi complessi alle unità. Tali punteggi sono espressi dalle
coordinate dei punti unità sugli assi fattoriali, intesi come strutture latenti o “punti di vista” del
fenomeno studiato (Bolasco, 1999, p. 79).
Nello specifico, la fase di analisi della struttura dei dati ha riguardato, per ogni singola area di
interesse:
a. la lettura della matrice di correlazione tra le variabili (e l’eventuale eliminazione di nuove
variabili estremamente correlate e portatrici di informazioni ridondanti);
b. la scelta del numero di componenti principali, il calcolo delle comunalità3 per ogni
indicatore e l’eliminazione di nuovi indicatori con valori estremamente bassi in termini di
capacità di spiegare gli assi fattoriali scelti;
2
L’analisi dei dati attraverso l’ACP è stata effettuata con il software statistico Spad 5.5
4
c. l’analisi finale sui nuovi indicatori che meglio rappresentano la sotto-dimensione analizzata.
Una volta definito il numero di indicatori per ogni sotto-dimensione analizzata, la costruzione
delle graduatorie finali è avvenuta, quindi, a partire dai punteggi (scores) normalizzati delle diverse
componenti, per le 20 regioni considerate.
Al fine di non tralasciare nessuna quota di informazione, si è scelto di prendere tutti i punteggi e
costruire l’indice sintetico per ciascuna unità utilizzando le coordinate che essa presenta su ciascuno
degli assi principali, secondo la formula proposta da Rizzi4:
K

Di  (sgn C i1 )  cir2 
 r 1 
dove:
- c ir2 rappresenta le coordinate delle componenti principali associate alla i-ma unità statistica;
- (sgn Ci1 ) è il segno della prima componente principale relativo alla unità i-ma (assegnato
all’indice che, essendo calcolato come somma dei quadrati, risulterebbe sempre positivo).
Viene assunto il segno della prima componente principale in quanto essa, per definizione, è
quella che spiega più variabilità rispetto a tutte le altri componenti.
3. La trasformazione dei dati e la costruzione delle graduatorie
Una volta individuata la batteria di indicatori per le 7 aree di interesse, il passo successivo è stato
quello di costruire le graduatorie finali trasformando i punteggi fattoriali in numeri indici più chiari
e facilmente confrontabili. Tra i diversi metodi di sintesi degli indicatori semplici si è scelto di
utilizzare la somma dei valori relativizzati con il campo di variazione. Per mezzo di tale
trasformazione gli indicatori non solo vengono svincolati dall’unità di misura nella quale sono
espressi ma anche dalla loro variabilità visto che vengono relativizzati con il campo di variazione.
Ciò consentirà di far variare gli indicatori trasformati tutti entro la medesima scala da 0 a 1,
facilitandone le valutazioni comparative. Tale trasformazione può essere espressa mediante la
seguente formula:
3
La comunalità rappresenta la quota di varianza di ciascuna variabile (standardizzata) spiegata dalle componenti
principali estratte, ossia la capacità di spiegazione delle componenti principali estratte per ciascuna delle variabili.
4
Rizzi A., Un metodo di graduazione di più unità statistiche, op. cit.
5
xij 
xij  min xij 
max xij   min xij 
La graduatoria finale è stata poi ricostruita attraverso una semplice somma dei punteggi ottenuti
dalle regioni sulle singole sotto-dimensioni del macroconcetto “Bene Comune”.
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Bibliografia
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BARCAROLI G., D’AURIZIO L., LUZI O., MANZARI A. e PALLARA A., 1999, Metodi e
software per il controllo e la correzione dei dati, Quaderni di Ricerca, n. 1/1999, ISTAT.
BOLASCO S., 1999, “Analisi multidimensionale dei dati”, Carocci Editore, Roma
CASTELLANO, R.,1993, “Problemi di imputazione di mancate risposte parziali. Il caso simulato di
una indagine economica”. Rocco Curto Editore, Napoli.
DEL VECCHIO F., 1995, “Scale di misura e indicatori sociali”, Cacucci Editore, Bari
LEBART L., MORINEAU A., PIRON M., 1995, “Statique exploratoire multidimensionnnelle”,
Dunod, Paris.
LITTLE R. J. A., RUBIN D. B., 1987, “Statistical analysis with missing data”, John Wiley & Sons,
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ZAMAGNI S., 2007, “L’economia del bene comune”, Città Nuova, Roma
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