RICHIAMI DI TERMODINAMICA 1 Indice INTRODUZIONE........................................................................................ 3 DEFINIZIONI.............................................................................................. 4 EQUAZIONI CARATTERISTICHE DI STATO........................................... 6 Gas ideali ................................................................................................................ 7 Vapori saturi .......................................................................................................... 9 TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE .............................................. 10 CALORE E LAVORO .............................................................................. 13 Lavoro per i fluidi ( sistema chiuso) .................................................................. 14 Trasformazione isocora ..................................................................................... 15 Trasformazione isobara ..................................................................................... 15 Trasformazione isoterma ................................................................................... 15 Trasformazione adiabatica ................................................................................ 15 TRASFORMAZIONI REVERSIBILI E NON REVERSIBILI ..................... 16 2 Introduzione Le impostazioni che oggi si possono dare alla Termodinamica sono varie. Tra le più importanti si possono citare: a) classica b) generalizzata c) statistica L’impostazione classica, basata sui fatti sperimentali macroscopici, si limita a considerare sistemi che interagiscono energeticamente con il mezzo esterno unicamente sotto forma di calore e lavoro meccanico. Quella generalizzata amplia la classe dei sistemi includendo anche quelli che interagiscono con il mezzo coinvolgendo, oltre al calore, anche altre forme di energia (elettrica, chimica, magnetica, …). Ne sono esempio, le celle elettrolitiche, le superfici di un liquido o di un solido, le sostanze magnetiche, i solidi sottoposti a sforzi, etc. Infine la Termodinamica statistica, che costituisce l’orientamento più moderno ed attuale, si sviluppa a livello molecolare e collega il comportamento microscopico delle molecole alle proprietà macroscopiche dei sistemi termodinamici seguendo criteri che corrispondono a distribuzioni energetiche preferenziali delle molecole. Tali distribuzioni sono quelle che rendono massima l’entropia del sistema. Tenendo conto degli scopi che si prefigge una trattazione finalizzata alla soluzione dei problemi di ingegneria, si seguirà l’impostazione classica, con riferimento ai cosiddetti sistemi chiusi e la successiva estensione ai sistemi aperti che trovano applicazione nei processi tecnici. Nelle trattazioni classica e generalizzata, il punto di vista che si adotta è sempre quello macroscopico dove le “grandezze” termodinamiche acquistano un significato operativo, ossia sono grandezze misurabili mediante strumenti. Pressione, volume e temperatura sono grandezze cui si associa una serie di operazioni necessarie per addivenire alla misura e per renderla ripetibile entro i limiti di tolleranza che interessano ogni particolare esperienza. 3 Poche grandezze macroscopiche dunque, la cui definizione e misura prescindono da qualunque ipotesi sulla struttura della materia, sono sufficienti a descrivere stati e trasformazioni di un sistema termodinamico. Ciò non esclude, come si è detto, l’interesse per impostazioni diverse dove il punto di vista è microscopico. Tale mutamento si rende anzi necessario tutte le volte che le “dimensioni” del sistema diventano talmente “piccole” da rendere inaccettabili le ipotesi che ne permettono lo studio: la continuità e l'omogeneità fisica. E' in virtù proprio di queste ipotesi che risulta possibile introdurre, nella termodinamica classica, le grandezze di stato e i loro differenziali e concepire le operazioni di misura delle stesse. così ad esempio: 1) il differenziale dv deve essere sufficientemente piccolo rispetto al volume ma al tempo stesso sufficientemente grande da contenere un numero talmente elevato di molecole da produrre effetti interpretabili statisticamente, come avviene in tutti i sistemi macroscopici. 2) Il differenziale dp deve anch’esso essere estremamente piccolo rispetto alla pressione ma enormemente più elevato delle fluttuazioni di pressione che si producono per effetto delle momentanee variazioni di concentrazione. Una volta quindi prescelto il punto di vista macroscopico, limitato all’impostazione classica, è possibile definire sistemi e grandezze che formeranno oggetto del particolare studio termodinamico che si intende compiere. Definizioni - sistema : s’intende una limitata regione dello spazio che ci si prefigge di studiare (volume di controllo). - mezzo : è la restante, illimitata, parte dello spazio. - superficie limite : è la superficie, reale o ipotetica, che racchiude il sistema e lo separa dal mezzo. 4 Non è inutile precisare che la definizione di mezzo non è cosmica ma tecnica, ossia è quella parte del mezzo capace di interazione con il sistema e non è necessario pensare a tutto il “resto dell’universo”. Così come, nella termodinamica classica, i sistemi non possono essere una molecola o una galassia ma fluidi, macchine termiche, reti di distribuzione di fluidi, Altrettanto importante è la scelta della superficie limite che deve essere effettuata tenendo presente i risultati che si vogliono conseguire. In un motore alternativo, la superficie limite può essere ubicata ai bordi del fluido operante oppure comprendere cilindro e pistone oppure estendersi in modo da avviluppare l’intero motore o tutta la macchina termica: mutano in ogni caso i criteri di impostazione dello studio, le grandezze in gioco, i risultati ottenibili. - sistema chiuso : è un sistema attraverso la cui superficie limite non passa massa ma possono fluire calore e lavoro. - sistema aperto : è un sistema in cui la massa attraversa la superficie limite e con essa, o separatamente da essa, calore e lavoro. nell’interno del sistema dunque, la massa non è necessariamente costante; può esserlo se quella entrante in un certo tempo corrisponde esattamente a quella uscente. Sistemi siffatti prendono il nome di sistemi con flusso di massa stazionario. - sistema isolato : è un sistema che non ha interazioni con il mezzo di nessun genere; attraverso la superficie limite non fluiscono né calore, né lavoro, né massa. I sistemi isolati hanno grande interesse teorico e scarso significato applicativo essendo necessario prendere in considerazione, in parte o totalmente, i rapporti che sussistono tra sistema e mezzo. Le grandezze termodinamiche di stato si distinguono in: - estensive quando i valori che esse assumono dipendono dall’estensione del sistema come il volume, l’energia, la superficie, … 5 - intensive quando i valori delle grandezze non dipendono dalla dimensione del sistema quali la pressione, temperatura, il potenziale elettrico, la velocità, l’altezza, la tensione superficiale, … Risulta evidente come i valori specifici delle grandezze estensive, riferite cioè all’unità di massa, possono riguardarsi come grandezze intensive. Nel seguito si farà sempre riferimento ai valori specifici delle grandezze estensive. Equazioni caratteristiche di stato Lo studio dei sistemi termodinamici viene effettuato introducendo un sufficiente numero di grandezze termodinamiche di stato atte a descriverne il comportamento. Nella trattazione classica sono: la pressione, la temperatura, il volume specifico e, come si vedrà nel seguito, anche l’energia interna, l’entalpia, l’entropia, l’energia libera, … tutte grandezze che godono sempre della proprietà di assumere valori definiti per ogni condizione o stato di equilibrio termodinamico del sistema. Per equilibrio termodinamico s’intende la coesistenza di tre tipi di equilibrio: meccanico (equilibrio di forze di pressione), termico (equilibrio di temperature), chimico (assenza di reazioni o fenomeni di diffusione o soluzione). L’esperienza mostra che non tutte le grandezze di stato sono tra loro indipendenti, ma le proprietà generali dei corpi sono tali che la conoscenza di alcune di esse permette di determinare i valori che assumono le restanti. Dal punto di vista analitico questo fatto si traduce nella conseguenza che, detti x1, x2, x3, …, xn i valori di n grandezze introdotte nello studio di un sistema e indicando con m il numero delle grandezze i cui valori possono essere scelti ad arbitrio, sussistono tra le n grandezze (n - m) relazioni che le legano. si deve cioè avere: F1 (x1,x2,…..xn) = 0 F2 (x1,x2,…..xn) = 0 …………………. Fn-m (x1,x2,…..xn) = 0 6 Il numero e la forma delle equazioni dipendono dalla natura del corpo; il loro insieme prende il nome di sistema delle equazioni caratteristiche di stato e riassumono le leggi che caratterizzano il comportamento del corpo. Esiste quindi una corrispondenza biunivoca tra gli infiniti stati in cui può trovarsi un sistema e gli infiniti gruppi di m valori che possono assumere le variabili indipendenti. I sistemi monocomponenti, i cui stati possono essere individuati mediante 2 sole variabili indipendenti (fissata la massa pari all’unità), prendono il nome di fluidi o sistemi PVT. Sono fluidi termodinamici: i gas, i vapori surriscaldati, i vapori saturi, … Se con riferimento ai fluidi, ci si limita a considerare le sole tre variabili p, v e T, il sistema delle equazioni caratteristiche di stato si riduce a: F(p,v,T) = 0 che, in un sistema di riferimento cartesiano, rappresenta l’equazione di una superficie caratteristica di stato su cui giacciono tutti i punti che caratterizzano uno stato del sistema. Gas ideali Per un gas ideale se, oltre a p, v e T, interessi considerare anche la sua energia interna u, si avrà: pv RT u v 0 T Si osservi che la prima equazione di stato deriva da: pV = nR*T = (m/M)R*T p(V/m) = (R*/M)T pv = RT 7 dove V è il volume effettivo, n è il numero di moli1, M il peso molecolare, R* la costante universale dei gas. Il valore di R* si desume dalla legge di Avogadro, ossia che volumi uguali di gas nelle stesse condizioni di p e T contengono lo stesso numero di molecole (6.023x1023). Considerando allora la pressione di 1 atm e 273,15K (condizioni normali) una grammimolecola (1 mole espressa in grammi) di un gas occupa un volume di 22.4 litri. Pertanto: R* = 1(atm)x22.4(litri/mol)/273.15(K) = 0.082 litri.atm/mol.K Ora 1 atm è un’unità di pressione corrispondente a quella che una colonna di 760 mm di Hg esercita sulla sua base. Equivale a 760(mm) x 13.59(Hg/H2O)=10330 mm c.a. = 10330 kgf/m2 = 1.033 kgf/cm2 = 101325 Pa = 1.013 bar. L’atmosfera tecnica (at) = 1.00 kgf/cm2, mentre 1 bar = 105N/m2 = 105/9.81kgf/m2 = 1.019 kgf/cm2. Usando quindi le unità del SI si ha: 101325(N/m2) x 0.0224(m3) = R*T R* = 101325(N/m2) x 0.0224(m3/mol) /273.15(K) = 8.314 J/mol.K = 8.314 kJ/kmol.K = 8314 J/kmol.K U L’equazione di stato 0 è una diretta conseguenza dell’esperienza di v T Joule-Thompson che afferma ”L’espansione nel vuoto di un gas ideale non provoca né un riscaldamento né un raffreddamento” 1 Una mole è la quantità di materia contenuta in 12 grammi di 12C e l’unità secondo il SI è il mol. 8 Per il I° Principio della Termodinamica si ha Q = L + dU, ma essendo nulli L (espansione nel vuoto) e Q (trasformazione senza scambi con l’esterno) dovrà essere nullo anche dU. Esprimendo dU in funzione di v e T: dU u u u du dv dT dv 0 M v T T v v T u E poiché il volume v varia dovrà essere 0 v T Vapori saturi Per un miscuglio liquido-vapore (vapore saturo) in equilibrio di fase, scelti p, v, T, il titolo della fase vapore x = mv/(ml + mv), nonché s, i volumi specifici delle fasi del vapore saturo secco (x=1) e del liquido saturo (x=0), si hanno le seguenti equazioni caratteristiche di stato: p p(T ) (T ) s s(T ) v sx (1 x) La prima equazione esprime il fatto che l’equilibrio delle fasi implica un legame univoco tra pressione (o tensione del vapore) e temperatura. Ad ogni pressione corrisponde uno e un sol valore della temperatura che assicura l’equilibrio delle due fasi e viceversa2. Idem per i volumi specifici (liquido saturo) e s (vapore saturo secco) che dipendono univocamente dalla temperatura (o dalla pressione). La quarta equazione afferma che il volume del miscuglio è dato dalla somma dei 2 La regola delle fasi (Gibbs): L=C+2-F fornisce la varianza L del sistema, intesa come numero delle variabili intensive indipendenti. Per i sistemi monocomponenti (C=1), costituiti da due fasi (F=2), la varianza del è L=1, ossia p e T sono interdipendenti. La coesistenza invece delle tre fasi in equilibrio (liquido, solido e vapore) è zerovariante: l’equilibrio avviene per una coppia di valori determinata, caratteristica del sistema (punto triplo). 9 volumi occupati dalle due fasi3. La stessa proprietà vale anche per tutte le altre grandezze estensive, energia interna U, entalpia H, entropia S e così via... Trasformazioni termodinamiche Per trasformazione s’intende ogni fenomeno capace di provocare una variazione nei valori di una o più grandezze di stato del sistema. 3 La proprietà additiva dei volumi di un miscuglio vale solo per i sistemi monocomponenti. 10 - trasformazione aperta: è una trasformazione che conduce il sistema ad uno stato finale diverso da quello iniziale. - trasformazione chiusa (o ciclica): è una trasformazione che, al contrario della precedente, riconduce il sistema allo stesso stato da cui è partito. La condizione necessaria e sufficiente affinché una trasformazione possa avvenire è che esistano condizioni di squilibrio nel sistema, tra il sistema ed il mezzo, nel mezzo. Ciò ha come conseguenza che durante le trasformazioni, le grandezze di stato hanno valori che dipendono dalla posizione sia nel sistema che nel mezzo. Gli stati attraversati da un sistema durante le trasformazioni non possono quindi essere descritti in termini di coordinate termodinamiche riferite all’intero sistema. Tale indeterminazione dipende, a parità di condizioni, dalla grandezza di stato considerata: gli squilibri di pressione saranno molto meno rilevanti rispetto a quelli di temperatura perché l’interazione elastica tra gli elementi del fluido tende a colmarli più rapidamente che non i fenomeni di trasmissione del calore, indispensabili a ridurre le differenze di temperatura. Dal punto di vista delle definizioni si supporrà che le trasformazioni siano condotte in modo tale che gli squilibri nelle grandezze di stato siano ridotti entro limiti talmente ristretti da non interessare la misura delle grandezze stesse. Ciò significa ammettere che trasformazioni di questo tipo siano realizzabili mediante il susseguirsi di una serie continua di stati di equilibrio. In tal modo le grandezze assumono valori univoci nel sistema e nel mezzo e gli effetti risultano indipendenti dal tempo. Per caratterizzare una trasformazione occorre esplicitare la legge con cui variano le grandezze interessate alla trasformazione stessa. Con riferimento ai fluidi termodinamici e alle grandezze p, v, T, tale legge può essere espressa analiticamente da una relazione funzionale tra le variabili di stato: (p,v,T) = 0 che è rappresentata anch’essa da una superficie caratteristica della trasformazione e alla quale appartengono i punti rappresentativi degli stati percorsi dal sistema 11 durante la trasformazione. Non tutti i punti di tale superficie sono compatibili con le leggi generali che riassumono le proprietà del sistema, ma solo quelli che appartengono contemporaneamente alla superficie caratteristica di stato. L’intersezione delle due superfici, quella di stato e quella di trasformazione, è rappresentata da una linea che prende il nome di linea caratteristica della trasformazione alla quale appartengono gli stati effettivamente descritti dal sistema durante la trasformazione. Trasformazioni di particolare interesse per le applicazioni: - isocore: dv = 0 oppure v = cost - isobare: dp = 0 oppure p = cost - isoterme: dT = 0 oppure T = cost - isodinamiche: dU = 0 oppure U = cost - adiabatiche: Q = 0 Particolare interesse presenta una rappresentazione grafica della trasformazione relativa ai fluidi per i quali, essendo soltanto 2 le variabili indipendenti, tutti gli stati possibili appartengono ad un piano. Qualora si scelgano la pressione ed il volume, tale piano rappresentativo prende il nome di piano di Clapeyron 12 Calore e lavoro Durante le trasformazioni di un sistema chiuso non isolato fluiscono, attraverso la superficie limite, soltanto due entità cui si dà il nome di calore e lavoro e precisamente: a) si ha passaggio di calore attraverso la superficie limite ogni qualvolta sussistono tra sistema e mezzo squilibri di temperatura. b) si ha passaggio di lavoro attraverso la superficie limite ogni qualvolta sussistono tra sistema e mezzo squilibri tra le altre grandezze intensive. La grandezza che interessa nella termodinamica classica è la pressione ed il conseguente lavoro è un lavoro meccanico. Pertanto, negli stati di equilibrio non esistono né calore né lavoro, entità che compaiono invece soltanto durante le trasformazioni. Calore e lavoro sono come si usa spesso dire grandezze di processo e, in nessun caso, possono considerarsi grandezze di stato. Per convenzione si attribuisce segno positivo al lavoro quando fluisce dal sistema verso il mezzo mentre, all’opposto, è positivo il calore quando è il mezzo che lo cede al sistema. 13 Lavoro per i fluidi ( sistema chiuso) Per l’ipotesi fatta nella definizione di trasformazione, tutte le grandezze di stato macroscopiche hanno valori che non dipendono né dalla posizione nel sistema né dal tempo. Da ciò scaturisce che lungo una trasformazione non potrà mai verificarsi la presenza di lavoro all’interno del sistema ma soltanto tra sistema e mezzo (lavoro esterno). In linea generale allorché avviene una trasformazione infinitesima che fa passare il sistema da un assetto delle variabili di stato x1, x2, … , xn ad un altro x1+dx1, x2+dx2 , … , xn+dxn, il lavoro scambiato sarà in generale espresso dalla forma differenziale: n L X i ( x 1 , x 2 ,, x n ) dx i i 1 in cui Xi sono funzioni delle variabili di stato xi. per un sistema fluido, Il lavoro è provocato dagli squilibri di pressione e, se questa si esplica normalmente ed uniformemente sull’intera superficie limite, il L si riduce a pdv. Per convincersi è sufficiente considerare l’espansione dell’unità di massa di un fluido in due stati infinitamente prossimi. il lavoro elementare compiuto su d è dato da: (p d) dx = p d3 v e integrando sull’intera superficie : l pd3v p d3v pdv 14 Per una trasformazione finita che conduca il sistema dallo stato 1 allo stato 2: 2 l12 pdv 1 Trasformazione isocora 2 l12 pdv 0 1 Trasformazione isobara 2 l12 pdv p(v2 v1 ) 1 Trasformazione isoterma pv cos t c (legge di Boyle ) pdv vdp 0 2 dv v c ln 2 v v1 1 l12 c Trasformazione adiabatica pv k cos t c (equazione di Poisson ) k cp cv 2 l12 cv k dv 1 c 1 k v 2 c p v p1v1 1 k v ]v1 v2 v11 k 2 2 1 k 1 k 1 k Il lavoro di una trasformazione è rappresentato sul piano di Clapeyron dall’area sottesa dalla trasformazione e l’asse dei volumi. 15 Per valutare il lavoro occorre conoscere la legge con cui varia la pressione lungo la trasformazione. Nel caso di cicli chiusi di trasformazioni il lavoro, ove i cicli siano percorsi in verso orario (cicli diretti) sarà positivo nel senso che il sistema avrà ceduto al mezzo più lavoro di quanto non ne abbia ricevuto e quantitativamente sarà rappresentato dall’area racchiusa dal ciclo. Viceversa, per i cicli percorsi nel verso antiorario (cicli inversi) il lavoro sarà negativo, ossia sarà questa volta il mezzo a fornire al fluido operante più lavoro di quanto non ne riceva. Trasformazioni reversibili e non reversibili L’ipotesi fondamentale della termodinamica classica di considerare le trasformazioni reali come una successione continua di stati di equilibrio in cui le grandezze termodinamiche di stato assumono valori univoci all’interno del sistema, pone due ordini di problemi: 1) un’indeterminazione nei risultati finali conseguibili da una trattazione così schematizzata quando la si applichi alle trasformazioni reali 2) importanti conseguenze quando si prendono in considerazione contemporaneamente il sistema ed il mezzo con cui interagisce 16 Si pensi ad esempio ad un qualunque processo di riscaldamento o di raffreddamento a pressione costante di un corpo. Esso richiede sempre la presenza di fenomeni di trasmissione del calore all’interno del sistema e tra sistema e mezzo ed è proprio la presenza di tali squilibri di temperatura a creare durante il processo l’indeterminazione nei valori della temperatura. E' peraltro possibile ridurre tali squilibri procedendo con opportune cautele: per esempio volendo riscaldare un liquido da 20C a 80C è sufficiente metterlo a contatto con una sorgente di calore a 80C ed aspettare il raggiungimento dell’equilibrio termico. Le differenze di temperatura nel sistema durante la trasformazione sarebbero di svariate decine di gradi. Per ridurle, si potrebbe mettere il sistema a contatto anziché con una sorgente a 80C con una a 21C, aspettare che si raggiunga all’interno del sistema una distribuzione tale che le differenze risultino inferiori ovunque ad 1/10c, elevare di 1C la temperatura della sorgente, attendere che si instauri una condizione simile alla precedente e così fino al raggiungimento degli 80C. Con questa modalità operativa la trasformazione comporterà un’indeterminazione della temperatura all’interno del sistema inferiore a 1.1C. Naturalmente è possibile pensare ad operazioni ancora più lente tali da originare squilibri inferiori alla sensibilità degli strumenti disponibili e quindi non rilevabili da un punto di vista macroscopico. Trasformazioni siffatte possono riguardarsi come successioni di stati di quasi equilibrio o quasi statiche. Una trasformazione costituita da una successione continua di stati di equilibrio richiederebbe per avvenire un tempo infinito, il che significa in pratica che non inizia. Ma la differenza tra trasformazioni costituita da stati di equilibrio e trasformazioni reali è ben più profonda quando si consideri simultaneamente il sistema più il mezzo. Ad esempio il riscaldamento ed il successivo raffreddamento alla temperatura originaria di 20C della massa precedentemente considerata, non lascerebbe alcuna traccia se l’intero processo avvenisse in modo da mantenere costantemente in equilibrio sistema e mezzo: entrambi si troverebbero alla fine alla stessa temperatura di 20C. Ma se, come avviene nella realtà, occorre creare uno squilibrio di temperatura, piccolo che sia, tra sistema e mezzo perché il processo 17 possa realmente svolgersi, allora al termine delle due trasformazioni percorse in senso inverso (riscaldamento e raffreddamento), mentre il sistema ritorna allo stato di partenza, il mezzo dovrà necessariamente trovarsi ad una temperatura inferiore. Una trasformazione reale, dunque, percorsa nei due sensi non riconduce sistema e mezzo nelle condizioni iniziali, in uno dei due resta una traccia che consegue inevitabilmente dal verificarsi di una trasformazione. Si chiamano reversibili le trasformazioni che possono essere percorse nei due sensi dal sistema e dal mezzo riconducendo entrambi nelle condizioni di partenza. Ovviamente tutte le trasformazioni reali sono irreversibili. Esempi analoghi a quello citato potrebbero farsi per tutte le altre trasformazioni in cui varino una o più grandezze di stato. L’espansione di un fluido da uno stato A ad uno stato B richiede che la pressione del mezzo pm sia inferiore a quella del sistema, ps. il lavoro compiuto dal sistema è: B LS p S dv A quello ricevuto dal mezzo: B LM pM dv A ora se ps > pm, Ls > Lm e la differenza sembra energia apparentemente perduta. Per riportare il sistema nelle condizioni iniziali, occorrerà che pm sia maggiore di ps e quindi Lm > Ls : un’altra parte del lavoro non si ritroverà nel bilancio finale. Consegue, da quanto sommariamente esposto, che il lavoro utilizzabile effettivamente corrisponde a pdv solo nel caso di trasformazioni reversibili. Ogni volta dunque che avviene una trasformazione o un fenomeno, sistema e mezzo, che nel loro insieme formano un sistema isolato, possono ritornare entrambi nelle condizioni iniziali soltanto se la trasformazione o il fenomeno e’ reversibile. Nei fenomeni reali resta localizzata nel mezzo una traccia che testimonia che la trasformazione e’ avvenuta. Sarà possibile vedere nel seguito in maniera molto più rigorosa alla luce del II° Principio, come l’insieme di queste tracce tenda ad accumularsi, abbiano cioè tutte uno stesso senso. 18 Le considerazioni svolte sconsiglierebbero di considerare le trasformazioni reali tenendo conto del loro grado di irreversibilità. Per la maggior parte delle applicazioni è sufficiente infatti considerare le trasformazioni reali come se fossero reversibili, il che permette di trattarle mediante leggi semplici in cui le grandezze non dipendono né dalla posizione né dal tempo. E' pur vero che tale impostazione schematica è causa di indeterminazione la cui ampiezza, tuttavia, dipende e dalle grandezze di stato considerate e dalle modalità con cui è condotta la trasformazione, ma il vantaggio di non dover giungere a delle disequazioni, come sarebbe necessario se si volesse tener conto della reale natura irreversibile delle trasformazioni, è indubbiamente considerevole. Sarà comunque possibile, quando ciò risulti necessario, tenere conto, caso per caso, delle incidenze dell'irreversibilità mediante correzioni dei valori finali delle varie grandezze. 19