Una Donna. Dieci anni senza Oriana Fallaci Dieci anni. Sono passati dieci anni dalla prematura scomparsa di Oriana Fallaci, sottratta al mondo da quel cancro – “l’Alieno”, come lo definiva lei – che per decenni ha logorato il suo corpo, ma non ha scalfito il suo spirito. Oriana Fallaci Nata il 29 giugno 1929, prima di quattro sorelle che, seguendo i suoi passi, intraprenderanno tutte la carriera di giornaliste. Ma per lei quella del giornalismo fu solo una fase transitoria, il suo fine ultimo era la scrittura. Da sempre si sentiva scrittrice, anzi scrittore (con buona pace delle femministe di oggi, tanto attaccate all’insulsa parità di genere linguistica), e il più grande contributo alla letteratura e alla cultura italiana Oriana lo dà proprio con i suoi libri, tradotti in varie lingue e venduti in oltre venti milioni di copie in tutto il mondo. Io più che il giornalista ho sempre pensato di fare lo scrittore. Quando ero bambina, a cinque o sei anni, non concepivo nemmeno per me un mestiere che non fosse il mestiere di scrittore. Io mi sono sempre sentita scrittore, ho sempre saputo d’essere uno scrittore, e quell’impulso è sempre stato avversato in me dal problema dei soldi, da un discorso che sentivo fare a casa: “Eh! Scrittore, scrittore! Lo sai quanti libri deve vendere uno scrittore per guadagnarsi da vivere? E lo sai quanto tempo ci vuole a uno scrittore per esser conosciuto e arrivare a vendere un libro?” (Archivio privato Oriana Fallaci, Appunto dattiloscritto) Ricordo ancora come la “conobbi” (letterariamente parlando, perché – ahimè – non ebbi il piacere di conoscerla di persona): era l’estate del 2004, una lettura consigliatami dal mio professore di storia e filosofia del liceo. La forza della ragione. Il libro, originariamente nato come post-scriptum alla 30ª edizione de La rabbia e l’orgoglio, diventa una sorta di apologia della scrittrice contro i continui assalti ricevuti per questo testo, versione estesa del celebre articolo che Oriana scrisse per il Corriere della Sera, interrompendo il silenzio in cui si era chiusa da anni per non mischiarsi alle cicale, come lei stessa afferma principiando la lettera. Tralasciando il contenuto del libro (che a quei tempi – mea culpa – travisai leggermente), ciò che mi colpì fu lo stile con cui scriveva questa donna: unico, ricercato, d’impatto, mai banale e sempre pungente. In pratica una perfetta trasposizione di ciò che era lei in vita, come potete osservare in questa intervista a Controfagotto, programma Rai degli anni ’60, condotto da un altro giornalista “cattivo”, come si definisce lui, Ugo Zatterin. Nell’intervista si parla (poco, a dirla tutta) de Il sesso inutile, libro pubblicato nel 1961 da Rizzoli e tradotto in undici Paesi, per poi discutere proprio della sua indole, del suo carattere, di quella fama – che spesso addirittura la precedeva – di giornalista cattiva, che poi è il modo di sminuire persone integerrime come lo era lei. E al perché fosse dipinta così, con semplicità rispondeva: “Tutte le volte che si cerca di raccontare la verità si è tacciati di (essere) cattivi, poi quando ci si fa la fama di cattivi lo si è anche se si scrive che il cielo è azzurro”. In realtà questa fama molto probabilmente se l’era guadagnata per il modo in cui conduceva le interviste: domande dirette, ben costruite, studiate fin nei minimi particolari, sicuramente non oggettive, ma lei non voleva la rispostina accomodante, lei cercava la verità, quasi conducesse un interrogatorio piuttosto che un’intervista. L’intervista all’Ayatollah Khomeini Si confrontò coi potenti della Terra, Oriana, senza mai farsi intimorire (e chissà quanti, invece, ne intimorì lei con il suo fascino e il suo carisma), neanche quando le circostanze le erano completamente sfavorevoli. Celebre è la sua intervista all’Ayatollah Khomeini, Capo spirituale e politico dell’Iran, che di certo non aveva molta stima di lei, in quanto donna e occidentale; senza curarsi di ciò, non solo prima si tolse il velo che le avevano imposto per la visita (visto che mi dice così, mi tolgo subito questo stupido cencio da medioevo), ma poi lo incalzò con domande sempre più affilate e precise, portando infine l’Imam a congedarsi in malo modo. Una donna così, forte e tenace, di quelle capaci di stare al mondo da sole, neanche te la riesci a immaginare con al fianco qualcuno. Eppure ci sarà qualcuno nella vita di Oriana, Un uomo, quel Panagulis a cui dedicherà uno dei libri più belli e intensi. Oltre che il suo cuore. Un’unione che sprigionava fuoco e fiamme, com’è naturale aspettarsi da due persone come loro, ma un’unione che generò anche un frutto, che purtroppo però non vide mai la luce; i pensieri della madre, quelli invece sì, presero vita, e li troviamo in quell’altra opera di rara bellezza che è Lettera a un bambino mai nato, poetico e romantico monologo, come quelli che qualsiasi madre fa con la creatura che porta in grembo. Con quella dolcezza Oriana parla alla sua creatura, pur trattando temi molto delicati e controversi, quali potevano essere la famiglia, l’aborto, ma anche la libertà e la violenza. Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi. Mi si è fermato il cuore. (Incipit del romanzo) Oriana fu questo e molto altro ancora: fu partigiana e soldato, cronista e giornalista, compagna e madre (di quel bambino mai nato, non per sua scelta), ma soprattutto fu Donna, una grande Donna, di quelle che tanto hanno dato a questo Paese e che molto di più avrebbero potuto dare, se solo fosse stata compresa meglio. La sua vita e le sue opere sono racchiuse in uno splendido libro, edito da Rizzoli, dal nome Oriana Fallaci, in parole e immagini. Ed è con questa raccolta postuma che voglio ricordarla e consegnarla a voi.